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I TENTATIVI DI ATTUAZIONE DELLA LEGGE DELEGA: I DECRETI LEGISLAT

L’ATTUAZIONE DELL’ART 119 DELLA COSTITUZIONE E LA LEGGE DELEGA SUL FEDERALISMO FISCALE

4. I TENTATIVI DI ATTUAZIONE DELLA LEGGE DELEGA: I DECRETI LEGISLAT

Al fine di dare attuazione al processo di decentramento fiscale, sono stati approvati otto decreti legislativi, volti a sviluppare gli ambiti di intervento individuati dalla legge delega 42/2009.

Il d.lgs. 85/2010, primo a essere emanato, provvede a dotare Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni di un proprio patrimonio, in attuazione dell’articolo 19 della legge n. 42 del 2009 (c.d. federalismo demaniale), mediante

statuto speciale e delle Province autonome. Il tavolo individua linee guida, indirizzi e strumenti per assicurare il concorso delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome agli obiettivi di perequazione e di solidarietà e per valutare la congruità delle attribuzioni finanziarie ulteriori intervenute successivamente all'entrata in vigore degli statuti, verificandone la coerenza con i principi di cui alla presente legge e con i nuovi assetti della finanza pubblica. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da adottare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, è assicurata l'organizzazione del tavolo”.

192 Legge n. 42/2009, Art. 23, comma 5: “Con regolamento da adottare entro novanta giorni dalla

data di entrata in vigore della presente legge, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 Agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell'interno, di concerto con i Ministri della giustizia, per le riforme per il federalismo, per la semplificazione normativa e per i rapporti con le Regioni, è disciplinato il procedimento di indizione e di svolgimento del referendum di cui al comma 4, osservando le disposizioni della legge 25 Maggio 1970, n. 352, in quanto compatibili”.

193 T. Groppi, Audizione di esperti alle Commissioni Riunite 1°, 5° e 6° del Senato della

Repubblica nella indagine conoscitiva sui disegni di legge di attuazione dell’art. 119 della Costituzione in materia di federalismo fiscale del 12 Novembre 2008 - resoconto stenografico n. 2.

l’attribuzione di beni demaniali disponibili che, una volta individuati dal Consiglio dei Ministri in accordo con la Conferenza unificata, verranno assegnati sulla base di specifiche richieste di assegnazione avanzate dalle Regioni e dagli Enti locali interessati, nel rispetto dei criteri di sussidiarietà, adeguatezza, territorialità, semplificazione, capacità finanziaria, correlazione con competenze e funzioni, valorizzazione ambientale.

Si è in secondo luogo approvato, in attuazione dell’art. 24 della l. 42/2009, il d.lgs. 156/2010, recante la definizione dell’ente territoriale Roma Capitale, che sostituisce il Comune di Roma. Il decreto tuttavia rimandava a successivi interventi il completamento della normativa. A tal proposito, un secondo decreto, approvato dal Governo il 6 Aprile 2012 a seguito del parere favorevole rilasciato dalla Commissione bicamerale per il federalismo fiscale il 29 Marzo 2012, ha definito le funzioni amministrative e relative risorse finanziarie che spetteranno tale ente territoriale.

Il Governo ha poi approvato un primo decreto in materia di costi e fabbisogni standard di Comuni, Città metropolitane e Province. Il d.lgs. 216/2010 delinea la disciplina di determinazione dei fabbisogni standard, demandando l’intera attività pratica alla SOSE (Soluzioni per il Sistema Economico) S.p.A., società per gli studi di settore, che, in collaborazione con l’IFEL (Istituto per la Finanza e l’Economia Locale) ha provveduto all’individuazione delle metodologie e alla raccolta ed elaborazione di dati. Il fabbisogno standard viene determinato con riferimento a ciascuna di quelle funzioni che la legge statale qualifica come fondamentali (dall’assistenza sociale alla polizia locale). Il metodo di calcolo del fabbisogno tiene in considerazione un numero elevatissimo di variabili, nonché delle specificità legate ai recuperi di efficienza ottenuti attraverso l’unione dei Comuni, o l’esercizio di funzioni in forma associata. Considera, inoltre, la spesa relativa a servizi esternalizzati.

In questo processo si individuano, laddove è possibile, anche gli obiettivi di servizio cui devono tendere le amministrazioni locali nell’esercizio delle loro funzioni fondamentali; ciò permette di calibrare il finanziamento anche in relazione a quanto un Ente locale offre concretamente alla propria comunità.

Nel decreto, infine, si precisa che eventuali economie realizzate dall’Ente locale (che avesse una spesa effettiva inferiore rispetto al fabbisogno standard), siano acquisite al bilancio dell’ente stesso, che viene quindi premiato per la sua efficienza194.

Inoltre costi e fabbisogni standard rappresentano un processo di razionalizzazione della spesa pubblica decisivo per superare la logica dei tagli lineari a Regioni e Enti locali, infatti laddove imprescindibili esigenze di finanza pubblica imponessero un ridimensionamento della spesa locale, il legislatore nazionale dovrà intervenire sulla rimodulazione dei livelli essenziali delle prestazioni, assumendosi la responsabilità della scelta195.

Con il passaggio dal sistema della spesa storica (che finanzia indistintamente servizi ed inefficienze) a quello dei fabbisogni standard (che finanzia solo i servizi) si tende a coniugare solidarietà ed economicità. I fabbisogni standard si raccordano infatti alla perequazione e quindi anche all’attuazione del principio di eguaglianza: anche un Comune molto povero, con bassa capacità fiscale, deve ricevere le risorse necessarie a garantire le funzioni fondamentali, calcolate secondo i fabbisogni standard. Questi ultimi consentono pertanto di superare la pesante eredità della spesa storica rispettando, però, il principio di uguaglianza196. Lo scopo che si intende raggiungere con la determinazione dei fabbisogni standard è abbandonare gli effetti discorsivi e deresponsabilizzanti generati dal modello della spesa storica, nonché rafforzare l’efficienza e il controllo democratico dell’elettorato. I Comuni, infatti, sono tenuti a pubblicare sui propri siti i fabbisogni standard, che metteranno in evidenza la spesa efficiente e la spesa storica relative alle funzioni fondamentali; ciò creerebbe una possibilità effettiva per l’elettore di monitorare la spesa effettuata dall’amministrazione locale. Quindi, con i fabbisogni standard, vengono altresì resi evidenti a tutti gli elettori

194 L. Antonini, Federalismo all’italiana: Dietro le quinte della grande incompiuta. Quello che

ogni cittadino dovrebbe sapere, Marsilio, Venezia, 2013, p. 143.

195 L. Antonini, L’autonomia finanziaria delle regioni tra riforme tentate, crisi economica e

prospettive, in Rivista dell’Associazione Italiana dei Costituzionalisti, N. 4, 10 Ottobre 2014, pp.

11-12.

gli eventuali mancati risparmi ovvero la mancata riduzione della pressione fiscale197.

Il d.lgs. 23/2011 disciplina la devoluzione e l’istituzione di tributi a favore delle amministrazioni comunali. Con riferimento al primo profilo, il decreto assegna ai Comuni compartecipazioni al gettito IRPEF e IVA e disciplina e riconosce una percentuale sulla c.d. cedolare secca198 nelle locazioni ad uso abitativo; viene inoltre disposta l’istituzione di imposte di soggiorno, di scopo, nonché l’imposta municipale propria (o unica, IMU) e municipale secondaria. Nel decreto sono altresì introdotti incentivi alle amministrazioni comunali per la lotta all’evasione fiscale. Il decreto in oggetto rimanda tuttavia a decreti ministeriali integrativi il completamento della disciplina, con il risultato di rendere piuttosto complicata la lettura e la comprensione della regolamentazione in esso contenuta.

Il d.lgs. 68/2011 provvede alla disciplina in materia di autonomia di entrata delle Regioni a statuto ordinario e delle Province, nonché alla determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario. In particolare, il decreto sancisce la soppressione dei trasferimenti che abbiano caratteristiche di generalità e permanenza dallo Stato alle Regioni, a partire dal 2013, stabilendo che si proceda ad una contestuale rimodulazione dell’addizionale IRPEF, per la cui disciplina puntuale rimanda ad un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri da adottarsi entro un anno dall’approvazione del decreto stesso. Con riferimento all’IVA, la Regione godrà di una compartecipazione al gettito, basata sul principio di territorialità e per un ammontare fissato “al livello minimo assoluto e sufficiente ad assicurare il pieno finanziamento del fabbisogno corrispondente ai livelli essenziali delle prestazioni”.

Per quanto riguarda le Province, il decreto abolisce fin dal 2012 i trasferimenti statali generali e permanenti, attribuendo a tali Enti locali una compartecipazione al gettito IRPEF, anche in tal caso la disciplina di dettaglio è demandata a successivi decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri. Inoltre, pur ribadendo che tra le spese essenziali di carattere regionale vanno annoverate la sanità,

197 L. Antonini, Federalismo all’italiana cit., pp. 145-146.

198 Si tratta di un’imposta che il locatore può scegliere di sostenere, in alternativa all’IRPEF,

che si calcola applicando una percentuale sul canone di locazione annuo percepito e che sostituisce anche l’imposta di registro e di bollo da versare per la registrazione del contratto, la proroga o la risoluzione di esso.

l’assistenza, l’istruzione e il trasporto pubblico locale, il decreto prende in considerazione solo la quantificazione di costi e fabbisogni standard in ambito sanitario. Proprio in merito a questi ultimi, il decreto prevede il finanziamento da destinare ad ogni singola Regione, il quale si determina in base al rapporto tra fabbisogno sanitario standard della Regione e la somma dei fabbisogni regionali standard risultanti dall’applicazione a tutte le Regioni dei costi rilevati in tre Regioni benchmark199. Sulla base di tale rapporto, vale a dire il valore percentuale di fabbisogno di ciascuna Regione, viene effettuato il riparto regionale del fabbisogno sanitario nazionale.

Il d.lgs. 88/2011 introduce la disciplina relativa alla destinazione e all’utilizzazione delle risorse aggiuntive che lo Stato trasferisce a Regioni ed Enti locali, e individua gli strumenti e i principi volti a favorire lo sviluppo economico, la coesione sociale e territoriale, nonché la rimozione degli squilibri economici e sociali. Ferma restando la normativa vigente in tema di contributi speciali e interventi diretti dello Stato ex art. 119, quinto comma Cost., che abbiano finalità diverse da quelle appena indicate, il decreto intende dunque contribuire a rimuovere gli squilibri esistenti sul territorio nazionale, ispirandosi ai criteri della leale collaborazione, della programmazione pluriennale della gestione delle risorse, uniformandosi alla programmazione in merito dell’Unione Europea, nonchédell’addizionalità dei fondi UE200.

Con il d.lgs. 118/2011 si è mirato ad introdurre, attraverso una prima fase di sperimentazione biennale a partire dal 2012201e con l’adozione di ulteriori decreti correttivi ad integrazione della disciplina, un sistema omogeneo di contabilità economico-gestionale a cui si uniformino Regioni ed Enti locali, ciò al fine non solo di permettere un agile raccordo tra i conti delle amministrazioni pubbliche e il Sistema europeo dei conti nazionali, ma altresì per facilitare la programmazione e il confronto tra i bilanci, incrementando la trasparenza e l’efficienza della

199 Si tratta di tre delle cinque Regioni scelte dalla Conferenza Stato-Regioni in sostanziale

equilibrio economico.

200 Si intende il principio secondo cui le risorse assegnate dall’Unione Europea per la rimozione

degli squilibri economici e sociali vanno sommate e non possono pertanto sostituirsi alle spese ordinarie del bilancio dello Stato e degli Enti locali.

201 Durante la fase sperimentale, alcune amministrazioni considerate rappresentative in base alla

loro collocazione geografica e alla dimensione demografica, hanno applicato fin dal 2012 le norme previste dal decreto, al fine di verificare l’efficacia del sistema introdotto e correggere le eventuali criticità.

pubblica amministrazione202. L’allegato I al decreto contiene i principi contabili generali, identificati dalla COPAFF, al cui rispetto sono tenute le Regioni e gli Enti locali.

Il d.lgs. 149/2011203 chiude infine la serie degli interventi governativi in attuazione della legge delega. Attraverso tale decreto si è inteso rafforzare il rapporto tra amministratori e amministrati (i cittadini elettori), da un lato aumentando il livello di responsabilizzazione dei primi, dall’altro favorendo il controllo su di essi dei secondi. In particolare, si prevede: l’obbligo per i Presidenti delle Regioni e delle Province e per i Sindaci di redigere una relazione finale sulle spese effettuate e sulle attività amministrative e normative attuate nel corso del mandato; la responsabilità politica degli amministratori locali che abbiano causato il dissesto finanziario dell’ente, per i quali è comminata la sanzione politica dell’incandidabilità alle cariche elettive locali, statali e dell’Unione Europea e dell’interdizione dalle cariche di governo locali, nazionali ed europee per un periodo di dieci anni; una serie di meccanismi premiali per incentivare gli Enti locali alla gestione equilibrata dei bilanci e alla lotta all’evasione e all’elusione fiscale.

Dall’analisi condotta in questo capitolo, si può rilevare come effettivamente nella riforma contenuta nella legge delega e nei successivi decreti delegati mancano gli elementi essenziali di una vera riforma federale. L’autonomia finanziaria degli enti territoriali risulta fortemente compressa. Manca, peraltro, un efficace sistema sanzionatorio e premiale delle amministrazioni territoriali, tale per cui altro elemento essenziale di uno stato confederato, la responsabilità, è assente. Per di più la recente crisi finanziaria ha solo messo in innegabile evidenza le pecche del sistema, la cui mancanza di organicità ha condotto il legislatore, negli ultimi anni, a ridurre lo spazio delle autonomie nazionali. E’ pertanto necessario rilevare, nel successivo capitolo, l’impatto dei recenti interventi legislativi sul tema dell’autonomia finanziaria e del federalismo fiscale.

202 In tal senso già la legge di stabilità n. 196/2009 aveva auspicato il coordinamento tra Stato,

Regioni ed Enti Locali in tema di armonizzazione dei bilanci, rimanendo tuttavia inascoltate le relative disposizioni e silente il dialogo tra le parti coinvolte.

203 Il decreto è stato emanato senza che si raggiungesse un accordo in sede di Conferenza unificata,

dal momento che le misure introdotte non incontravano il consenso dei rappresentanti degli Enti Locali.

CAPITOLO 5

L’ALTERAZIONE DEL FEDERALISMO FISCALE