LE ZONE FRANCHE URBANE E IL MERCATO EUROPEO: IL RUOLO DEL FEDERALISMO FISCALE NAZIONALE
2. Le Zone Franche Urbane quale misura sistemica.
2.1. Un primo tentativo di intervento positivo comunitario per lo sviluppo urbano: la Comunicazione sulla “disciplina degli aiuti di Stato
alle imprese nei quartieri urbani svantaggiati” all’interno del “Libro bianco”.
La Commissione europea, in passato, ha posto in essere un esempio di interventismo di politica urbana comunitaria: il provvedimento attuato tramite la Comunicazione sugli “aiuti di Stato alle imprese nei quartieri
urbani svantaggiati”256
si pone quale tentativo per la soluzione alla
256
problematica della crescita, della competitività e dell’occupazione posta dal
Libro bianco del 1993.257
Constatata l’inadeguatezza degli strumenti allora presenti nell’Ordinamento comunitario, la Commissione dichiara che l’obiettivo di simile forma di aiuto consiste nel far fronte alle inefficienze del mercato presenti nei quartieri urbani svantaggiati attraverso strumenti agevolativi fiscali a favore delle imprese. La condizione principe dell’intervento è costituita dal garantire che la teorica alterazione della concorrenza e degli scambi
compatibilmente avvenga compatibilmente con l’interesse comune.258
2.1.1. Le difficoltà attuative e il confronto con le Zone Franche Urbane tra selettività e autorizzazione comunitaria: il profilo territoriale della disciplina degli aiuti di Stato alle imprese nei quartieri urbani svantaggiati e le differenze rispetto quello delle Zone Franche Urbane.
Si mostra l’occasione d’indagare se tale strumento, introdotto dalla Commissione a favore dei quartieri urbani svantaggiati presenti sul territorio degli Stati membri, sia stato capace di elaborare una deroga territoriale e un’agevolazione concordata con l’Unione europea tale da consentire un effettivo utilizzo dello stesso da parte dei consociati.
257
Cfr. Libro bianco della Commissione “crescita, competitività, occupazione. Le sfide e le vie da percorrere per entrare nel XXI secolo”. Decisione del 5 dicembre 1993, Bollettino CE, supplemento 6/93.
258
In tal senso cfr. GU C 146 del 14 maggio 1997, p. 6, paragrafo 1, Introduzione.
Con la Comunicazione C 146/1997 la Commissione europea delinea lo schema della disciplina degli aiuti di Stato alle imprese nei quartieri urbani svantaggiati. La selettività territoriale della misura si esplica sia sul piano territoriale che su quello soggettivo: nel primo, laddove si prevede l’individuazione di zone territoriali omogenee e geograficamente identificabili, caratterizzati da una determinata popolosità, e da specifici indici socioeconomici che devono attestarsi su valori sensibilmente inferiori
alla media nazionale o del restante agglomerato urbano;259 nel secondo,
escludendo dalle imprese beneficiarie quelle di grandi dimensioni, ponendo quale condizione essenziale l’esistenza di una sede produttiva all’interno del quartiere svantaggiato e riservando una quota delle assunzioni a lavoratori
domiciliati nell’aree agevolata260
.
Una distinzione che tende a differenziare le imprese che operano su un determinato territorio piuttosto che nella restante parte, proprio perché esso è stato individuato sulla base di parametri che ne dimostrano la diversità.
259
A p. 8 della Comunicazione C 146/1997, parte IV, “Criteri di ammissibilità delle zone”, la Commissione precisa che i quartieri svantaggiati devono possedere una popolazione compresa tra i 10.000 e i 30.000 abitanti, far parte di una città o di un agglomerato urbano che conti almeno 100.000 abitanti; indici socioeconomici si esemplificano il tasso di disoccupazione, la percentuale di giovani under 25 anni, over 15 anni privi di diploma, il reddito per abitante.
260
Vedasi in particolare le pp. 9 e 10 della Comunicazione C 146/1997, parte V, “Beneficiari degli aiuti”, ove si ammettono sia imprese nuove che già esistenti, e si stabilisce che almeno il 20% dei lavori sia domiciliato nel quartiere svantaggiato.
La selettività, quindi, non appare essere discriminatoria in quanto si basa su una qualificazione oggettiva ed obiettiva del territorio tale da consentire di enucleare un territorio omogeneo e differenziarlo dalla restante parte, garantendo una parità di trattamento ai territori con uguali caratteristiche e, viceversa, una misura diversa (e di favore) per quelli differenti.
Un simile inquadramento della misura di vantaggio non pare discostarsi, a livello di principio, dalla disciplina delle Zone Franche Urbane. Sebbene in queste ultime la regolamentazione di dettaglio abbia precisato i soggetti beneficiari e quelli esclusi, in linea di principio vengono rispettate le medesime intenzioni di individuare e agevolare un determinato territorio
urbano sofferente sulla base di valori socioeconomici261.
2.1.2. (Segue) L’autorizzazione comunitaria e la notifica dell’aiuto.
Di egual interesse l’osservazione del rapporto tra la disciplina degli aiuti di Stato alle imprese nei quartieri urbani svantaggiati e il regime comunitario degli aiuti di Stato con riferimento al ruolo di controllo esercitato dalla Commissione. Questa, pur mantenendo salvo l’obbligo di notifica dell’aiuto elaborato dallo Stato membro, afferma che la misura, se dovesse rispettare le indicazioni fornite nella Comunicazione, verrà giudicata o quale aiuto non vietato sulla base del primo paragrafo dell’art. 107 TFUE in quanto non in grado di influire sugli scambi, o quale aiuto compatibile se l’alterazione di questi ultimi non avvenga contrariamente al comune interesse.
261
Sulla individuazione non priva di elementi critici delle aree urbane avvenuta in sede di attuazione delle Zone Franche Urbane in Italia si rimanda a quanto osservato nel paragrafo 2.1. del Capitolo 2.
La misura finalizzata al rilancio dei quartieri urbani svantaggiati godeva di una “corsia preferenziale” tracciata dalla Commissione europea, in base alla quale in via preventiva si sarebbe potuto creare un aiuto di portata generale ovvero ammissibile nel rispetto degli interessi della comunità. In altre
parole, la Commissione aveva aperto una “finestra temporale”262 che
consentiva di intraprendere un percorso sperimentale volto ad incentivare la politica urbana statale all’interno di aiuti fiscali di carattere generale o compatibili con l’interesse comunitario della coesione economica e sociale. Tuttavia, tale opportunità non è stata colta da nessun Stato membro e, in sede di analisi consuntiva, la Commissione europea ha stabilito di non rinnovare la disciplina degli aiuti di Stato a favore dei quartieri urbani svantaggiati, attribuendo la principale difficoltà di concreta attuazione ai
particolari criteri di ammissibilità263 e alla forma dell’agevolazione
rappresentata essenzialmente da aiuti all’investimento.
Il percorso sperimentale offerto dalla Commissione a sostegno della politica urbana per il rilancio dei quartieri svantaggiati ha mostrato un corretto orientamento di simili misure di vantaggio rivolte, da un lato, all’interno di uno schema di misura generale, non pattizia, svincolata dalle procedure
262
Si ricorda che la Comunicazione in oggetto copriva un arco di tempo quinquennale dal 1997 al 2002, al termine del quale la Commissione europea ha deciso di non prorogare il regime visti gli scarsi risultati conseguiti in termini di adesione (C 119/2002 in GUCE 22/05/2002, Scadenza della disciplina degli aiuti di Stato alle imprese nei quartieri urbani svantaggiati).
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La Commissione ritiene che sia stato di ostacolo l’individuazione dei beneficiari solo all’interno di specifiche aree urbane e il coinvolgimento di una popolazione inferiore all’1% della popolazione nazionale.
autorizzatorie comunitarie, dall’altro, un indirizzo di compatibilità previo esame di coerenza con il terzo paragrafo dell’art. 107 TFUE.
Orientamento che, tuttavia, non marca probabilmente a sufficienza le strade a disposizione degli Stati membri, ovvero in alternativa sono questi ultimi che non hanno saputo cogliere le opportunità tratteggiate dalla Comunicazione comunitaria a favore del rilancio delle aree urbane svantaggiate.
In alcuni casi gli Stati membri264 hanno tentato di creare un collegamento tra
alcune agevolazioni e la disciplina sugli aiuti di Stato alle imprese collocate nei quartieri urbani svantaggiati, ma secondo un approccio che risulterebbe maggiormente propenso ad un tentativo di giustificazione ex post della misura di favore piuttosto che una scelta effettuata “a monte” ancor prima della creazione della misura di favore.
2.2. Il nuovo Regolamento 651/2014 sugli aiuti compatibili con il