QUESITI CLINICI
2. Nelle pazienti con carcinoma mammario invasivo sottoposte a chirurgia e con indicazione a chemioterapia adiuvante (regimi contenenti antracicline e/o taxani), la
2.3. Terapia Sistemica Adiuvante
2.3.1 Generalità
Per terapia sistemica adiuvante si intende il trattamento medico somministrato dopo la chirurgia. La decisione di sottoporre la paziente a tale cura ed il tipo di trattamento selezionato dipendono fondamentalmente da due fattori: il rischio individuale della paziente di presentare una ripresa di malattia con la sola terapia locale e le caratteristiche biologiche della malattia. La decisione finale di eseguire la terapia sistemica adiuvante, ed in particolar modo la chemioterapia, rappresenta un bilancio tra il beneficio atteso da tale intervento [16], la possibile tossicità che il trattamento potrebbe procurare e le comorbidità della paziente [17, 18].
Per quanto riguarda la combinazione della terapia adiuvante con il trattamento radioterapico, anche in questo caso la pianificazione integrata e condivisa dei trattamenti tra i diversi specialisti consente di ottimizzare il timing, evitare potenziali peggioramenti degli effetti collaterali e garantire
La RT non dovrebbe essere somministrata simultaneamente a trattamenti antiblastici che contengano derivati antraciclinici e/o taxani [19], in considerazione dell’aumentato rischio di effetti collaterali sui tessuti molli e cutanei, con possibile peggioramento del risultato estetico. Deve essere altresì essere considerato il potenziale aumento del rischio di tossicità polmonare e cardiaca, qualora sia irradiata la regione mammaria sinistra [20-23] (vedi Capitolo 5). In base ai risultati di studi randomizzati e di revisione sistematica, si ritiene indicato posticipare la RT al termine del trattamento sistemico [24]. Dopo chemioterapia adiuvante la RT dovrebbe, preferibilmente, iniziare entro 4-6 settimane dal termine della stessa. È necessario conoscere e registrare il tipo di farmaci
impiegati e il numero di cicli programmati e/o somministrati, nonché i dati relativi all’eventuale
tossicità correlata alla chemioterapia. Al contrario, RT e chemioterapia adiuvante con schema CMF possono essere somministrate contemporaneamente [25].
2.3.2 Fattori Prognostico-predittivi nella scelta della Terapia Adiuvante
I fattori prognostici consolidati che permettono di stratificare il rischio di ripresa di malattia sono:
• Dimensioni del tumore; • Stato dei linfonodi ascellari; • Grado istologico;
Attività proliferativa (Ki67) (determinati secondo Dowsett M, et al. J Natl Cancer Inst 2011);
• Tipo istologico; • Invasione vascolare;
• Stato di HER2 (determinato secondo linee guida ASCO/CAP 2018 [26]);
• Stato dei recettori ormonali (determinazione secondo linee guida ASCO/CAP 2010 [27]); • Età̀ della paziente.
Molti di questi fattori presentano anche un valore predittivo. Ad esempio, le pazienti con positività per il recettore HER2, da studi retrospettivi, hanno un beneficio dalla terapia adiuvante con antracicline rispetto a regimi che non la prevedono [28-32] così come presentano un vantaggio in termini di ripresa di malattia e sopravvivenza globale con l’utilizzo di regimi contenenti trastuzumab nel setting adiuvante [33-38].
L’analisi del DNA attraverso tecnologie di microarray ha permesso di distinguere cinque sottotipi
molecolari: ER-positivi/HER2-negativi (luminal A e luminal B); ER-negativi/HER2-negativi (basal like); HER2-positivi; tumori che hanno caratteristiche simili al tessuto mammario normale (normal breast like). Tali sottotipi sono stati associati a sopravvivenza libera da ripresa di malattia e sopravvivenza globale differenti [39-41]. In particolare, il sottotipo luminale A presenta la migliore
prognosi a distanza di tempo, mentre il sottotipo basal like, luminal B ed HER2 positivo presentano un rischio di ricaduta a distanza ed una sopravvivenza globale peggiore.
Nonostante esista una certa corrispondenza tra i sottotipi molecolari e quelli clinico-patologici a cui è stata attribuita una rilevanza nella discriminazione prognostica [42], non è possibile stabilire con le sole analisi clinico patologiche ed immunoistochimiche una corrispondenza esatta con la prognosi [43]. Al fine di migliorare la stratificazione del rischio di ripresa di malattia ed orientare le scelte terapeutiche, sono stati sviluppati dei test genetici in grado di caratterizzare i sottotipi molecolari e/o generare un rischio di ricorrenza che può essere utilizzato per predire la prognosi nelle pazienti.
Ad oggi in commercio sono disponibili diversi test molecolari: Oncotype DX®, Mammaprint®,
Breast Cancer Index (BCI)®, PAM50®, ROR/Prosigna® ed EndoPredict® che sono stati
implementati a livello clinico in particolare nei tumori recettori ormonali positivi in cui forniscono un dato prognostico indipendente. Il loro valore prognostico è complementare a quello dei classici parametri clinico-patologici mentre sono utili per la loro valenza predittiva in quanto supportano i clinici nella scelta delle pazienti alle quali può essere evitata la chemioterapia: dagli studi prospettici randomizzati [44] Oncotype DX® sembra rappresentare, nei casi con negatività linfonodale, un valido mezzo decisionale, in particolare nelle situazioni in cui la sola valutazione clinica, pur rafforzata dai dati prognostici, potrebbe non essere univoca. Non sono stati ad oggi
pubblicati dati certi riguardanti l’impatto dei test genetici sulle indicazioni alla RT.
2.3.3 Cenni sulle Combinazioni Farmacologiche
Le combinazioni farmacologiche utilizzate nella pratica clinica per la terapia adiuvante della neoplasia mammaria sono state tutte testate in studi di fase III. Nella scelta del trattamento chemioterapico adiuvante è stato dimostrato che un trattamento che comprende la combinazione di più farmaci è superiore ad un trattamento mono-chemioterapico [45].
Il trattamento chemioterapico, la cui durata ottimale è compresa tra i 3 ed i 6 mesi, dovrebbe essere iniziato al termine del decorso post-operatorio e possibilmente entro i 60 giorni dalla chirurgia, soprattutto per le neoplasie ad alto rischio (ad es. stadio II e III, sottotipo triplo negativo ed HER2-positivo) [46].
Esistono oggi numerose combinazioni farmacologiche che differiscono tra loro per profilo di
tossicità e beneficio clinico, in termini di DFS ed OS, in assoluto ed all’interno dei diversi sottotipi
clinico-patologici. La metanalisi dell’EBCTCG del 2012 [16] ha classificato i differenti schemi polichemioterapici in regimi di prima, seconda e terza generazione:
- Regimi di 1a generazione (anni Settanta): sono basati sulla combinazione di ciclofosfamide, methotrexate, fluorouracile (CMF), riducono mediamente il rischio relativo di recidiva a 10 anni del 30% (RR=0.70; 95%CI 0.63-0.77) e di mortalità globale del 16% (RR=0.84; 95%CI 0.76-0.93). Sono oggi poco utilizzati.
- Regimi di 2agenerazione (anni Novanta): contengono antracicline e sono mediamente più efficaci dei regimi precedenti. Non tutte le associazioni contenenti antracicline sono ugualmente efficaci: ad esempio epirubicina-ciclofosfamide per 4 cicli trisettimanali (ECx4 cicli) presenta lo stesso profilo di efficacia del CMF, con diverso profilo di tossicità (minor tossicità gonadica, maggiore alopecia e cardiotossicità). Un beneficio clinico maggiore si ottiene con altri regimi di 2a generazione (ad es. FEC/ECF; FAC/CAF, somministrati di solito per 6 cicli); tali regimi determinano una ulteriore
riduzione del rischio di recidiva (RR=0.89) dell’11% e di mortalità (RR=0.84) del 16% rispetto al
CMF. Tuttavia, tali schemi sono gravati da una maggior tossicità acuta e cronica, bilanciata tuttavia dal beneficio clinico che tali regimi determinano, soprattutto nelle pazienti ad alto rischio.
Regimi di 3a generazione (1990-2000): comprendono regimi contenenti antracicline e taxani somministrati in sequenza (ad es. AC/EC/FEC x 3-4 cicli seguiti da taxano) oppure in combinazione (ad es. TAC/TEC). Questi regimi di terza generazione sono mediamente superiori a quelli di seconda generazione e producono una ulteriore riduzione del rischio di recidiva (RR=0.84) del 16% e di morte (RR=0.86) del 14%.
Dagli anni 2000 sono stati disegnati e pubblicati una serie di studi randomizzati di fase III che hanno permesso di chiarire quale fosse il migliore regime di combinazione tra antracicline e taxani (sequenziale vs concomitante), il miglior taxano (paclitaxel vs docetaxel) e modalità di somministrazione (settimanale vs trisettimanale) con miglior profilo tra beneficio clinico e tossicità,
nonché l’utilità dei trattamenti dose-dense nella pratica clinica.
Riguardo alla somministrazione concomitante vs sequenziale, i risultati degli studi BIG 2-98 [47] e BCIRG005 orientano per una preferenza degli ultimi rispetto ai primi. Sulla scelta tra docetaxel vs paclitaxel e schedula trisettimanale vs settimanale, la maggior parte dei lavori ha dimostrato che è preferibile somministrare paclitaxel secondo la schedula settimanale oppure docetaxel secondo la schedula trisettimanale. In caso di tumore triplo negativo, la schedula con paclitaxel potrebbe essere la scelta preferenziale. Tali considerazioni derivano in particolare dallo studio americano North American Breast Cancer Intergroup Trial E1199. Per quanto riguarda la tossicità, una incidenza più elevata di neutropenia febbrile, di neutropenia ed infezioni è stata osservata con il docetaxel, mentre la neurotossicità è stata più frequente con il paclitaxel settimanale. Un aggiornamento dello studio [48, 49], con oltre 12 anni di follow-up mediano, evidenzia un particolare vantaggio del paclitaxel settimanale sia in termini di DFS che di OS nelle pazienti con tumore a fenotipo triplo-negativo.
Qualità dell’evidenza SIGN Raccomandazione clinica Forza della raccomandazione clinica A
Nelle pazienti con carcinoma mammario invasivo sottoposte a chirurgia conservativa, quando si ritiene indicato un trattamento con antracicline e taxani, la schedula sequenziale dovrebbe essere preferita a quella concomitante
Positiva forte
QUALITA’ GLOBALE DELL’EVIDENZA: Alta
Al fine di ridurre al minimo il rischio di cardio-tossicità una combinazione di docetaxel e ciclofosfamide (TC) per 4 cicli ogni 21 giorni è stata confrontata con un regime contenente adriamicina e ciclofosfamide (AC) per 4 cicli ogni 21 giorni. Sulla base di un importante studio randomizzato [50] lo schema TC può essere preso in considerazione nelle pazienti non candidate a terapia con antracicline. Nella pratica clinica questo schema viene spesso utilizzato nelle pazienti con malattia recettori positiva, HER2-negativa con indicazione a chemioterapia ma rischio di ricaduta considerato intermedio-basso.
2.3.4 La Chemioterapia Adiuvante e la RT nella malattia HER2 Positiva
Tutti gli studi di fase III che hanno incluso il trastuzumab nella terapia adiuvante hanno dimostrato
un vantaggio in termini di DFS. L’analisi combinata degli studi NSABP B31 and NCCTG N9831
[36, 38] (linfonodi positivi, tumore maggiore di 1 cm con recettori ormonali negativi o tumore maggiore di 2 cm indipendentemente dallo stato recettoriale), lo studio BCIRG 006 [51] e lo studio HERA [33] (linfonodi positivi o tumore uguale o maggiore di 1 cm) hanno mostrato anche un vantaggio in termini di OS nei pazienti ad alto rischio. Il beneficio del trastuzumab è indipendente dallo stato recettoriale [36]. Nel trial FNCLCC-PACS-04 che ha randomizzato 528 pazienti con
linfonodi positive a ricevere trastuzumab vs l’osservazione dopo il completamento della terapia
adiuvante non è stato evidenziato beneficio statisticamente significativo in DFS ed OS [52]. Questi
risultati suggeriscono che l’utilizzo concomitante del trastuzumab con la chemioterapia a base di
efficace nel setting adiuvante. La durata ottimale della terapia con trastuzumab è di 12 mesi [35, 53].
Un beneficio in termini di DFS di trastuzumab nella malattia HER2 positiva è stata evidenziato anche per i tumori piccoli (<1 cm) con stato linfonodale negativo [54-57] e nei pazienti trattati con schemi senza antracicline (ad es. docetaxel e ciclofosfamide [58]). Il disegno non randomizzato ed il breve follow-up di alcuni studi [57, 58] non consentono di assegnare a questa scelta terapeutica un alto livello di evidenza (Livello di evidenza SIGN 3), tuttavia rendono tali combinazioni valide alternative terapeutiche nella pazienti con tumori HER2-positivi a basso rischio clinico, dove un
trattamento adiuvante con trastuzumab potrebbe offrire un beneficio clinico e l’utilizzo di regimi
contenenti antracicline presentare un bilancio rischio/beneficio sfavorevole.
Negli studi randomizzati di fase III e negli studi di Fase II che hanno impiegato il trastuzumab nella terapia adiuvante come mantenimento, il trattamento radioterapico è stato somministrato in
concomitanza e non è stata prevista una randomizzazione rispetto all’utilizzo della radioterapia in
contemporanea o meno rispetto al farmaco. Al fine di valutare se l’aggiunta della radioterapia alla
terapia con trastuzumab aumenti il rischio di effetti collaterali abbiamo a disposizione l’analisi
retrospettiva su 1503 pazienti trattati nello studio di fase III N9831 [59], in cui l’aggiunta della radioterapia non comporta un aumento significativo di effetti avversi, indipendentemente dalla sede della neoplasia mammaria. Nelle pazienti con carcinoma mammario operato HER2-positivo, il trastuzumab è pertanto considerato sicuro somministrato contemporaneamente alla radioterapia adiuvante.