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2. Il crowdfunding per il portico di San Luca

2.7. Territorio e cultura

A questo punto è utile condurre una riflessione sulla modalità di raccolta fondi utilizzata da “Un passo per San Luca”, mettendola in relazione con quelle precedentemente usate per sostenere la costruzione e i restauri del portico di San Luca, in modo tale da mettere in luce come il contesto storico e sociale associato ad esso possa aver influenzato lo svolgimento dell’iniziativa.

Il rapporto tra cultura e territorio è stato oggetto di numerosi studi accademici (Grandinetti e Moretti, 2004; Tamma e Curtolo, 2009), di volta in volta declinato in maniera diversa per esplorare aspetti specifici della questione, come ad esempio la relazione tra cultura e turismo (Moretti, 2009), tra organizzazioni culturali e produzioni locali (Tamma, 2011; Tamma e Artico, 2015a, 2015b), oppure tra sviluppo economico e crescita culturale delle città d’arte (Mossetto, 1992). Ciò è dovuto principalmente al fatto che la cultura è stata riconosciuta un elemento fondamentale nell’ottica della competitività di una determinata località (Franch, 2011; Tamma, 2011). Negli ultimi tempi si è assistito a un crescente processo di “dematerializzazione” in ambito produttivo (Bernardi, 2000a); in altri termini, nel processo di creazione e valutazione del valore, la componente immateriale sta guadagnando un peso sempre maggiore rispetto a quello delle risorse materiali. Con il termine “immateriale” ci si riferisce a tutto ciò che è conoscenza, informazione, esperienze, relazioni, significati simbolici ed estetici. Secondo questa prospettiva sarebbero proprio la creatività, la conoscenza e la diffusione dell’informazione i fattori determinanti dell’innovazione e dello sviluppo sociale ed economico di un territorio (Tamma, 2006, 2011; Tamma e Artico, 2015b).

Il risultato di queste considerazioni è il riconoscimento di una profonda relazione di interscambio, influenza e condizionamento tra territorio e cultura, intesa in senso lato, e

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soprattutto tra la cultura associata a una determinata località e le modalità attraverso le quali essa è in grado di creare valore. Le tradizioni, i saperi e le pratiche di un territorio costituiscono alcuni degli input che portano alla realizzazione dei prodotti, delle attività e dei progetti culturali che avranno luogo in quei determinati contesti. Di conseguenza le istituzioni, le organizzazioni e le imprese locali tendono molto spesso a incorporare la cultura associata al territorio in cui operano all’interno dei propri processi produttivi e dei beni e servizi offerti (Moretti, 2009; Tamma e Curtolo, 2009; Franch, 2011; Tamma, 2011; Cerquetti, 2015; Tamma e Artico, 2015a, 2015b).

Soprattutto considerata nel suo rapporto con il territorio, la cultura, immateriale, “vive” nella materialità, nel senso che si crea, si sedimenta, si rigenera, nelle persone, nelle relazioni, negli artefatti, nelle istituzioni, e anche nelle organizzazioni di produzione e nei prodotti. [...] La produzione culturale (densa di contenuti simbolici ed estetici, di emozioni, di esperienze) vive di supporti e strutture fisiche, di risorse umane, di organizzazione, di investimenti; in “luoghi” caratterizzati da una storia, da una posizione geografica, da una vita sociale particolari (Tamma, 2011, p. 31).

Sempre in quest’ottica, Grandinetti e Moretti (2004) richiamano la teoria del vantaggio competitivo delle nazioni formulata da Porter (1990), che aveva evidenziato come il fatto di vivere a stretto contatto con un patrimonio artistico, nonché con attività e manifestazioni culturali di grande valore, possa aver contribuito a formare una domanda di prodotti di alta qualità, espressione di un segmento di consumatori particolarmente esigenti e sensibili al bello. Sarebbe proprio questa elevata qualità della domanda ad aver spinto le imprese italiane a sviluppare prodotti altamente sofisticati, in particolar modo sotto il profilo estetico, nei settori caratteristici del made in Italy (Porter, 1990; Grandinetti e Moretti, 2004).

Sulla base di quanto si è detto fino a questo momento, è interessante capire se le pratiche e le tradizioni associate al territorio bolognese, e più in particolare al portico di San Luca, abbiano in qualche modo contribuito a influenzare l’iniziativa in esame.

Alla luce di quanto si è detto nel capitolo precedente, la raccolta fondi collettiva avviata per la Statua della Libertà è qualcosa di molto simile a quanto era avvenuto in precedenza nel caso della costruzione e dei restauri del portico di San Luca. Gli elementi distintivi, infatti, sono gli stessi. Anche in quel caso, dopo alcuni tentativi non andati a buon fine, fu organizzata una grande sottoscrizione collettiva indirizzata a tutta la cittadinanza, senza distinzioni sociali, facendo appello al senso di appartenenza alla città per sostenere la realizzazione di un’opera di

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interesse pubblico. Inoltre, in entrambi i casi si dimostrò fondamentale l’impegno di personalità influenti della società e il meccanismo di ricompensa dei donatori, che vedevano celebrata la loro generosità.

La scelta di ricorrere al crowdfunding per finanziare il restauro del portico di San Luca appare dunque coerente con l’approccio partecipativo che, come si è detto nel capitolo precedente, ha da sempre caratterizzato le iniziative portate avanti a favore del monumento e più in generale dei portici di Bologna (Lodi, 2015). Riprendendo le considerazioni sul rapporto tra la cultura di un determinato territorio e i processi produttivi che si attivano al suo interno, è possibile ipotizzare una particolare predisposizione del contesto bolognese per il successo di un’iniziativa di crowdfunding, proprio in virtù delle numerose e consolidate esperienze collettive di raccolta fondi che fanno parte del background storico associato al portico di San Luca. Ciò va ad aggiungersi a quanto già detto su Bologna in quanto terreno fertile per iniziative fondate sulla collaborazione, facendo riferimento al caso della social street di Via Fondazza.

Un’ulteriore conferma di quanto detto ci viene data da altre iniziative di crowdfunding civico avviate nel territorio bolognese in seguito alla conclusione di “Un passo per San Luca”, di cui si parlerà nel capitolo conclusivo della tesi.

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