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Il testo del trattato in Polibio e le altre fonti

I. I rapporti internazionali nel mondo romano

2. Il testo del trattato in Polibio e le altre fonti

Dopo aver sottolineato la necessità di approfondire la natura e le vicende dei rapporti passati tra Roma e Cartagine, Polibio inizia dal primo accordo:

“I primi accordi tra Roma e Cartagine risalgono al consolato di L. Giunio Bruto e Marco Orazio, i primi consoli istituiti dopo la caduta dei re, sotto i quali avvenne anche la consacrazione del tempio di Giove Capitolino. [2] Questo avvenne ventotto anni prima che Serse passasse nella Grecia. [3] Li ho trascritti, dopo averli tradotti il più precisamente possibile: c’è infatti una tale differenza presso i Romani tra la lingua di ora e quella arcaica che anche le persone più istruite alcune cose possono spiegarle a fatica con grande impegno.

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[4] Gli accordi sono più o meno questi: “a tali condizioni vi sia amicizia tra i Romani e i loro alleati e i Cartaginesi e i loro alleati: [5] I Romani e i loro alleati non navighino [con navi lunghe]93 al di là del Promontorio Bello, a meno che non vi siano

costretti da una tempesta o da nemici. [6] Se qualcuno vi fosse portato per forza maggiore, non gli sia consentito né vendere, né acquistare alcunché, ad eccezione di ciò che gli è indispensabile per riparare la nave o per compiere un sacrificio, [7-8] ed entro cinque giorni riparta. Per coloro che vengono per commercio, nessun contratto abbia valore se non in presenza di un banditore o di un segretario, [9] e il prezzo di tutto ciò che venga venduto alla presenza di questi, sia assicurato al venditore da pubblica garanzia, se la vendita avviene in Libia o in Sardegna. [10] Se un Romano arriva nella parte della Sicilia che si trova sotto dominio cartaginese, egli goda in tutto diritti uguali ai Cartaginesi. [11] I Cartaginesi non rechino alcun torto alle popolazioni di Ardea, Anzio, Laurento, Circei, Terracina, né ad alcun altro popolo latino soggetto (ai Romani). [12] Quanto a quelli non soggetti (ai Romani), (i Cartaginesi) si tengano lontani dalle loro città. Nel caso che ne prendano qualcuna, la consegnino intatta ai Romani. [13] Non costruiscano (i Cartaginesi) fortificazioni nel Lazio. Qualora entrino nel territorio come nemici, non vi trascorrano la notte.94

a) La datazione stando alle fonti

Con la datazione di Polibio (507 o, secondo alcuni95, 509 a.

C.), Livio e Diodoro non concordano: entrambi collocano il primo trattato tra Roma e Cartagine nel 348 a. C.

93 I commentatori hanno aggiunto ᾶις  (con navi lunghe). 94 Trad. di B. Scardigli, I trattati romano-cartaginesi, Pisa 1991, pp.

53-54.

95J. Serrati, Neptune’s Altars cit., pp. 114 ss., G. Brizzi, Cartagine e

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Diodoro usa come riferimento temporale il nome dell’arconte eponimo ateniese (Licisco) e, ad uso del lettore romano, quello dei consoli (Marco Valerio Corvo e Marco Popilio Lenate):

“ἐπ᾽ ἄρχοντος δ᾽ Ἀθήνησι Λυκίσκου Ῥωμαῖοι κατέστησαν ὑπάτους Μάρκον Οὐαλέριον καὶ Μάρκον Ποπίλιον, Ὀλυμπιὰς δ᾽ ἤχθη ἑκατοστὴ καὶ ἐνάτη, καθ᾽ ἣν ἐνίκα στάδιον Ἀριστόλοχος Ἀθηναῖος. ἐπὶ δὲ τούτων Ῥωμαίοις μὲν

πρὸς Καρχηδονίους πρῶτον συνθῆκαι ἐγένοντο96.”

Sulla stessa linea si muove Livio e, facendo prima riferimento ai supremi magistrati M. Popilio Lenate e M. Valerio Corvo, scrive:

[2] eodem anno Satricum ab Antiatibus colonia deducta

restitutaque urbs quam Latini diruerant. et cum

Carthaginiensibus legatis Romae foedus ictum, cum

amicitiam ac societatem petentes venissent97.

Una fonte molto più tarda, l’apologeta cristiano Paolo Orosio, fa riferimento al primo trattato tra Roma e Cartagine datandolo in modo simile a Livio e Diodoro:

“Numerandum etiam inter mala censeo, primum illud ictum cum Carthaginiensibus foedus, quod iisdem temporibus fuit: praesertim ex quo tam gravia orta sunt mala, ut exin coepisse videantur. Anno siquidem ab Urbe condita CCCCII legati a

Carthagine Romam missi sunt, foedusque pepigerunt98”.

Polibio fa ricorso a tre riferimenti, già menzionati, per inquadrare cronologicamente l’accordo:

antichi ai moderni, Bearzot-Landucci-Zecchini (a cura di), Milano 2005, p. 30 ss.

96 Diod. 16.69.1.

97 Liv. Ab Urbe Condita 7.27.2.

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• il consolato di L. Giunio Bruto e Marco Orazio (i primi istituiti post reges exactos-μετὰ τὴν τῶν βασιλέων κατάλυσιν, a detta dello storico di Megalopoli),

• la consacrazione del tempio di Giove Capitolino, e

• il passaggio di Serse in Grecia, avvenuto ventotto anni dopo la stipulazione.

Per spiegare la contemporaneità, professata da Polibio, tra la consacrazione del tempio di Giove Capitolino e i primi consoli istituiti dopo la cacciata dei Re (μετὰ τὴν τῶν βασιλέων κατάλυσιν) occorre un brevissimo cenno ai sistemi di datazione nel mondo romano. In Roma si usava la datazione ab Urbe

Condita, cioè dalla fondazione della Città Eterna (tradizionalmente il 21 aprile 753 a. C.), e quella post aedem

Capitolinam dicatam, cioè dalla consacrazione del tempio di

Giove sul Campidoglio. A quando risale questo evento, così importante da assurgere a riferimento per il conto degli anni (e non è certo estranea ai moderni l’idea che gli anni siano numerati a partire da un evento riguardato come decisivo e rivoluzionario, un fatto o un atto che muta, nella percezione di

una società, la direzione stessa della Storia99)? Con il nuovo

tempio si introdusse l’uso dell’affissione annuale di un clavus (annualis) nella cella di Minerva, al ricorrere della data della consacrazione, cioè le idi di settembre. Nel 304 a. C., l’edile

Gneo Flavio100 attestò la presenza di 204 clavi: “la Era

Capitolina se remontaba así, de una manera exclusiva al año 508 a.C. y de manera inclusiva –la propia de los Romanos– al año 507 a.C., dos años después de la expulsión de los reyes, si

99 A partire almeno dal secondo millennio dell’era volgare si

computano gli anni dalla nascita di Cristo, il messia della rivelazione giudaico-cristiana.

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atendemos a la tradición literaria101”. Secondo Espada

Rodríguez, la cui opinione pare condivisibile, i Fasti consulares possono ritenersi attendibili solo fino al 503 a. C. Il fatto che per Polibio non ci sia alcuno spatium temporis significativo tra la cacciata del re Tarquinio e la consacrazione del tempio di Giove Capitolino discende dalla circostanza che, nei secoli successivi, l’Annalistica, su questo punto seguita sia dallo storico acheo che da Livio, finì per rendere i due eventi sincronici. Polibio ricorre al συγχρονισμός anche per il suo valore letterario giacché, presso gli autori antichi, se ne usava per istituire paralleli tra accadimenti storici pregnanti di significato ma non direttamente correlati.

b) Alcune opinioni moderne sulla datazione

Il problema della datazione del primo trattato, appena illustrato sulla base delle fonti, ha visto molti influenti studiosi del recente passato scontrarsi. Ecco alcuni esempi delle opinioni discordanti:

• Theodor Mommsen nella Storia di Roma102 colloca il

foedus all’inizio dell’età repubblicana salvo poi adottare,

nell’opera “Die Römische Chronologie103”, una datazione

basata su Livio, e quindi sull’Annalistica romana, pensando al 348 a. C.;

• Beloch finisce per accettare la datazione “bassa” del IV

sec. a. C.104;

101 J. Espada Rodríguez, El primer tratado romano-cartaginés:

análisis historiográfico y contexto histórico, Valencia 2009, pp. 546- 548.

102T. Mommsen, Storia cit.

103 T. Mommsen, Die Römische Chronologie, Berlin 1859, pp. 320-

325.

104 K. J. Beloch, Der italische Bund unter Roms Hegemonie, rist. Rom

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• Gaetano De Sanctis aderisce alle posizioni liviane, sostenendo che la conclusione del primo trattato

avrebbe avuto luogo nell’anno 348 a. C.105;

• Barbara Scardigli106 analizza puntualmente il contesto

storico relativo al trattato concluso dai primi consoli (secondo Polibio), optando per la datazione “alta” (507 a.C.);

• Piganiol ritiene che il primo trattato sia il secondo che Polibio ci riporta e che sia stato stipulato intorno al 348

a. C.107;

• Capogrossi Colognesi, constatando il valore “probatorio” delle lamine auree di Pyrgi, opta per la tradizionale collocazione del foedus agli albori della respublica (la

data tradizionale è il 509 a. C.)108;

• Serrao, sempre esaltando le implicazioni della scoperta delle suddette lamine auree, ritiene confermata la

datazione del 509 a. C.109