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Le tombe di Cività Turchino nell’opera sognata da Byres

ABILI MERCANTI E CICERONI NEL CUORE DELL’ETRURIA

II. 5. Le tombe di Cività Turchino nell’opera sognata da Byres

L’esperienza archeologia di James Byres in Italia è legata al mondo degli Etrurschi e principalmente alla città di Tarquinia, la Corneto della Dodecapolis dei tempi andati.

Quando, agli inizi del 1764, Byres decise di dedicarsi alla professione di antiquario e cicerone, probabilmente fu spinto anche da un progetto che iniziava a formarsi nella sua mente proprio in quel periodo. Verso la fine del 1763, visitando per la prima volta le grotte dipinte di Tarquinia, aveva concepito l’idea di una pubblicazione

di una History of the Etruscans and their Antiquities, corredata da incisioni tratte da disegni dal vero, come annunciava nel settembre del 1766 in una lettera a Sir W. Hamilton156, aggiungendo che presto gli avrebbe fatto vedere alcune tavole incise da Christopher Norton. L’idea dell’“antiquario” scozzese ebbe, probabilmente, origine dalla maggiore attenzione maturata tra gli eruditi romani nei confronti della civiltà degli Etruschi, forse derivato dall’ambiente toscano: a Roma tra i più noti studiosi in quegli anni erano R. Venuti e G. G. Bottari157.

L’interesse di Byres verso le tombe di Corneto fu senz’altro stimolato dall’apprendimento delle scoperte fatte durante gli scavi effettuati negli anni Trenta e Quaranta del XVIII secolo nella necropoli di Tarquinia. Ulteriore spinta fu sicuramente il fatto che il connazionale Thomas Jenkins aveva ripreso gli scavi nuovamente e sistematicamente nel 1761.

I lavori di riproduzione delle grotte di Tarquinia, i cui disegni avrebbero costituito le illustrazioni del libro che aveva in mente, occuparono Byres negli anni dal 1763 al 1767.

Nello stesso periodo furono molti i giovani pittori, soprattutto inglesi, che si impegnarono a disegnare ciò che veniva alla luce dagli scavi, anche perché sembra che questa attvità di riproduzione fosse piuttosto proficua. L’interesse suscitato dagli scavi indusse a visitare la necropoli anche Gian Battista Piranesi158, mandato dal conte di Caylus, mentre Byres prese con sé il giovane

pittore Franciszek Smuglewicz (1745 - 1807), da poco giunto in Italia.

156 Sir William Douglas Hamilton (1730 - 1803) archeologo, diplomatico, antiquario e vulcanologo britannico. Venne in

Italia come ambasciatore alla corte di Napoli dal 1764 al 1800. Durante questi anni studiò le attività vulcaniche e i terremoti, scrisse un libro su Pompei, acquistò il ricco museo del conte di Pianura Francesco Grassi e raccolse una notevole collezione di vasi antichi, in parte trasferita nel 1772 al British Museum.

157 F. Prinzi, Viaggi e viaggiatori in Etruria nei secoli XVIII e XIX, p. 128.

158Piranesi fu a Corneto nel 1764. I disegni che realizzò in quell’occasione vennero pubblicati nell’opera Dell’Introduzione e del Progresso delle Belle Arti in Europa nei tempi antichi; inoltre dedicò ancora spazio a Corneto e

all’opera lì svolta da James Byres nell’opera Diverse maniere d’adornare i cammini ed ogni altra parte degli edifici (Roma, 1769).

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Smuglewicz arrivò a Roma nel 1763, a soli diciotto anni. Le sue conoscenze riguardo alla pittura erano limitate a ciò che aveva potuto apprendere in Polonia dal padre, Lukasz Smuglewicz e da un cugino, Sxymon Czechowiez. Il giovane artista rimase in Italia per venti anni, sviluppando le proprie capacità artistiche e formando il proprio carattere. I successi ottenuti a Roma non fecero che accrescere la stima e il rispetto del pittore nel suo paese natio, dove aveva ottimi rapporti con la casa reale. Tutti i documenti che possediamo su di lui lo descrivono come un uomo modesto, a cui non piaceva vantarsi, pur essendo consapevole del proprio valore artistico. Non amava scrivere lettere: ne scrisse solo al fratello, al re Stanislaw August e a pochi altri personaggi.

Anche se il merito gli fu riconosciuto tardi, Smuglewicz fu l’autore di diversi disegni destinati a completare l’album che stava progettando James Byres.

Oltre che al giovane polacco, Byres commissionò a sir William Hamilton l’incisione di alcune tavole che avrebbero dovuto corredare l’opera. Sappiamo che nel settembre 1766, Hamilton già vi stava lavorando, anche se il lavoro fu completato dal socio e amico di Byres, Crhistopher Norton159.

Le vicende che ruotano attorno alla preparazione dell’album, che avrebbe dovuto intitolarsi Etruscan Antiquities of Corneto, non sono bene documentate160.

È certo che il lavoro dovesse essere a buon punto, quando nell’estate del 1767 Byres si recò a Londra con l’intenzione di trovare un editore che pubblicasse la sua opera, o qualcuno disposto a finanziarla.

Byres però tornò dal viaggio senza successo, probabilmente perché l’argomento del progetto, poco conosciuto dal pubblico inglese, non aveva suscitato il sufficiente interesse, nonostante un’inserzione sul Gentleman’s Magazine:

Mr. Byres, Architect at Rome, proposing to publish by Subscription The Etrurscan

Antiquities of CORNETO, the antientTARQUINII,sent over to England, 1767, the annexed five inscriptions engraved on copperplates, copied from the sepulchral grots cut in the solid rock, and ornamented with paintings, bas reliefs, and inscriptions161.

159 Norton fece ritorno in Gran Bretagna intorno al 1792, lì sposò la nipote del suo amico Byres, Janet Moir, e quando

sette anni più tardi morì, nel 1799, lasciò a Byres tutti i suoi dipinti, i disegni e gli anelli.

160 Cfr. W. Dobrowoski, The Drawings of Etruscan Tombs by Franciszek Smuglewicz and his Cooperation with James Byres, traduzione di Piotr Paszkiewicz, in Bulletin du Musée National de Varsovie, Vol. XIX, 1978, n° 4.

Cfr. H. Möbius, Zeichnungen Etruskischer Kammergräber und Einzelfunde von James Byres.

Cfr. D. Ridgway, James Byres and the Ancient State of Italy: unpublished documents in Edinburgh, in Atti del II

Congresso Internazionale Etrusco, Firenze, 1985, supplemento da Studi Etruschi, 1989.

161 In D. Ridgway, James Byres and the Ancient State of Italy: unpublished documents in Edinburgh, Appendix 2, p.

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L’insuccesso è documentato anche da una lettera del luglio 1767, nella quale l’estensore, l’abate Grant, chiedeva a James Adam un’opinione in merito al progetto. Grant giudicava Byres un buon giovane, degno, bravo e meritevole di incoraggiamento, ma allo stesso tempo temeva che l’opera non fosse sufficientemente interessante per il pubblico dell’epoca. Le paure di Grant erano più che giustificate, dal momento che si trattava di un lavoro piuttosto specialistico in materia di etruscologia, e infatti Byres non riuscì a trovare nessun editore in tutta la sua vita.

L’opera – secondo un copione ripetuto anche nella storia di altri viaggiatori che cominciavano a manifestare un primo interesse nei confronti della pressocché sconosciuta Etruria – rimase per lungo tempo inedita162. I disegni e le tavole raccolti da Byres ottennero la meritata

fortuna soltanto dopo la eco creata dalla mostra dei fratelli Campanari del 1837 in Pall Mall e dall’interesse per l’etruscologia suscitato da Tour to the Sepulchres of Etruria in 1839 della signora Hamilton Gray.

Le tavole di Byres, nel frattempo ben conservate, vennero pubblicate nel 1842 in un album dal pittore Frank Haward, con il titolo di Hypogaei or Sepulcral Caverns of Tarquinia, the Capital of Ancient Etruria by the late James Byres Esq. of Tonley Aberdeenshire, nearly forty Years Antiquarian resident at Rome prior to 1791.

Qui sono raffigurate l’architettura e le decorazioni di cinque tombe dipinte. Tra quelle visitate da Byres e dal suo seguito di viaggiatori, solo due sono pervenute fino ai nostri giorni, benché piuttosto danneggiate: la tomba del Cardinale e quella della Mercareccia. Delle altre, tramandateci con i nomi di tomba dei Ceisinie, tomba della Tappezzeria e tomba del Biclinio, ci restano solo, come unica testimonianza, disegni, incisioni e brevi note contenuti, appunto, nell’opera di Byres.

Hypogaei or Sepulcral Caverns of Tarquinia, the Capital of Ancient Etruria by the late James Byres Esq. of Tonley Aberdeenshire, nearly forty Years Antiquarian resident at Rome prior to 1791 si rivelerà fondamentale per George Dennis, il quale, in una annotazione in The Cities and Cemeteries of Etruria, si dice “smarrito, nelle illustrazioni delle tombe di Byres”. In particolare, nell’osservazione dei disegni riferiti alla Tomba del Cardinale, Dennis cercherà di confrontare con i dipinti originali tutta la serie di incisioni di Byres che riuscirà a rintracciare. Purtroppo, molte delle figure che Byres aveva disegnato erano ormai molto sfocate e indistinguibili163.

Se le riproduzioni raccolte da Byres sono confluite nell’album Hypogaei successivamente pubblicato, probabilmente rispettando – eccetto che nel titolo – le aspettative del suo ideatore, stessa

162 Cfr. B. Ford, James Byres. Principal Antiquarian for the English Visitors to Rome, p. 452. 163

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sorte non ha avuto la parte scritta che, nelle intenzioni dell’autore avrebbe dovuto accompagnarle con il titolo di History of the Etruscans and their Antiquities: di questa non restano che pochi appunti, scoperti solamente quando si andarono a ricercare i materiali da raccogliere per poter pubblicare l’album.

Negli anni Ottanta del secolo scorso, un discendente della famiglia di Byres ha donato al Dipartimento Manoscritti della Biblioteca Nazionale di Scozia, a Edimburgo, una serie di documenti: un inventario dei dipinti e dei mobili contenuti nella casa romana in strada Paolina, un catalogo sommario della biblioteca romana di Byres (circa duecento volumi), il suo testamento, delle lettere e, cosa interessante, una serie di bozze incomplete relative a quanto avrebbe voluto trattare nella History of the Etruscans and their Antiquities.

Da questi documenti emerge che l’intento di Byres, relativo alla pianificazione dell’opera, andava oltre la prima sezione dedicata ai primi abitanti dell’Italia antica e che doveva intitolarsi The Ancient state of Italy. Qui avrebbe voluto proporre le sue idee riguardo all’area mediterranea come fonte di migrazione e causa di mescolamenti di etnie sostenuto dalla sua idea che l’Europa e l’Africa erano in origine un unico corpo terrestre privo di separazioni marine.

Dall’esame di questo materiale è inoltre acclarato che Byres era a conoscenza delle opere di Mario Guarnacci (Origini italiche), dedicata a far luce sui primi abitanti della penisola, e di altri autori italiani che si erano avvicinati all’argomento, infatti tra i suoi documenti vi è un riassunto rigorosamente scritto in italiano e non di sua mano, tratto dall’opera del Guarnacci, intitolato Ragioni ed autorità che provano che prima della Romana Repubblica l’impero degli Etrurschi si estendeva per tutta l’Italia e anche al di fuori di essa.

Dalle bozze di Byres sulla storia degli Etruschi emerge anche una forte, e per certi aspetti preoccupante, critica nei confronti dei Romani: egli addossa a questi ultimi delle responsabilità, formulando l’ipotesi che la letteratura, la scienza e le arti in generale della civiltà etrusca non siano giunte fino a noi perché, dopo essere sate ampiamente copiate, imitate e studiate dai Romani, questi ultimi abbiano volutamente distrutto tutti i documenti originali che le contenevano e le illustravano per la vanità di apparire loro stessi come la grande e unica nazione. A causa di questa ambizione demolitrice, secondo Byres, sono andate perdute anche quelle testimonianze che avrebbero potuto fare luce sull’origine del popolo etrusco.

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CAPITOLO I