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Un inglese “italianato” 121 nell’arte del vendere

ABILI MERCANTI E CICERONI NEL CUORE DELL’ETRURIA

II. 2. Un inglese “italianato” 121 nell’arte del vendere

Thomas Jenkins nacque nel 1722 nel Devon, in Inghilterra; di suo padre, William Jenkins non si sa nulla, sappiamo invece che ebbe due fratelli, William e John.

Dopo aver studiato diversi anni a Londra, si formò come pittore nella bottega di Thomas Hudson122 e decise di venire in Italia per studiare pittura a soggetto storico.

Quando il giovane Jenkins arrivò a Roma per la prima volta aveva con sé delle lettere di raccomandazione compilate da importanti personalità, tanto che Sir Horace Mann (1706 - 1786), ministro britannico a Firenze, si interessò affinché il cardinale Albani lo prendesse sotto la sua protezione. Frequentando il circolo del cardinale Albani, Jenkins avrebbe incontrato Winckelmann e Mengs123.

Dei dipinti storici di Jenkins non rimane quasi nulla; uno dei suoi soggetti più cari è Hagar and Ishmael, conosciuto grazie a una copia disegnata da Nikolaus Mosman124 e ora al British

Museum.

Nel 1753 il suo nome risulta nei registri comunali come residente in Piazza di Spagna, a Roma, e convivente con Richard Wilson, già noto paesaggista, al quale ordinò dei disegni che risultano elencati in due liste compilate da Stephen Beckingham125.

Giunto a Roma per perfezionare la sua tecnica pittorica, non passò molto tempo che Jenkins scoprì che i suoi obiettivi potevano essere altri e molto più redditizi: diventare un esperto venditore di antichità grazie alla sua competenza e passione per la neonata archeologia. Non mancò di dimostrarlo alla prima occasione, quando nel marzo del 1754, inviando in Inghilterra due dei suoi paesaggi, aggiunse alla spedizione una notevole quantità di marmi, colonne e altri oggetti classici di antiquariato.

121 Espressione rintracciabile in C. De Seta, Il fascino dell’Italia nell’età moderna. Dal Rinascimento al Grand Tour,

Milano, Raffaello Cortina Editore, 2011.

122 Thomas Hudson (1701 - 1779), pittore e ritrattista inglese.

123 Anton Raphael Mengs (1728 - 1779) pittore, critico e storico dell’arte tedesco. Acclamato da tutta Europa come

maggiore esponente del Neoclassicismo. Fu attivo anche in Italia, particolarmente a Roma, e in Spagna, a Madrid.

124 Nicolaus Mosman (1727 - 1787) incisore, pittore e disegnatore tedesco. Si trasferì a Roma e lavorò come guardia

pontificia. Visse insieme a C. Unterberger e collaborò alla preparazione delle lastre di rame per l’opera del Winckelmann.

125 Stephen Beckingham (1697 - 1752) artista inglese, noto soprattutto per aver fatto dipingere, da Hogarth, il suo

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La sua innata capacità per gli affari ci viene testimoniata da Thomas Jones126, che così ne

interpreta la scalata verso il successo:

[…] Thomas Jones […] says that Jenkins came to Rome in the same humble situation as other artists ‘but soon after, his Genius breaking forth in its proper direction, he luckily contracted for part of a cargo of an English Ship at Civita Vecchia, which being disposed of to great advantage in Rome, he thereby laid the foundation of his future fortune’127.

Probabilmente Jenkins fu indotto a rinunciare alla pittura sia dalla consapevolezza di non avere un grande talento in quest’arte, sia dalla volontà e dal forte desiderio di farsi strada nella vita e godere di ampie disponibilità economiche, che potevano derivargli da quelle attività turistiche e commerciali, che, come intuì bene, si rivelavano il grande affare del momento.

Precisamente non è noto quando effettivamente Jenkins rinunciò a dipingere. I suoi interessi per la pittura, come anche accadrà successivamente a James Byres, andarono diminuendo col tempo. Nel frattempo conquistò stima internazionale come conoscitore e come cicerone italiano, in grado di offrire souvenirs e reperti (soprattutto falsi) ai viaggiatori:

Jenkins forniva ai turisti stranieri “intagli e cammei fatti dai suoi artigiani, che lavoravano furtivamente in una parte del Colosseo adibita appositamente per loro, vendendoli via via che venivano prodotti” […] Uomo assai colto, volgeva la sua scienza a profitto del commercio speculando sul prodotto degli scavi, vendendo a caro prezzo agli inglesi suoi compatrioti e gli oggetti antichi e le lezioni che impartiva loro su quei preziosi monumenti […]128

.

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Thomas Jones (1742 - 1803) pittore gallese, famoso per le pitture paesaggistiche del Galles e dell’Italia. Fu nel settembre del 1776 che Jones si imbarcò nel viaggio tanto atteso che lo avrebbe portato in Italia, dove ebbe l’occasione di familiarizzare con artisti suoi conterranei, espatriati come lui, fra i quali Jacob More, John Robert Cosenz e Thomas Banks. Jones visitò per la prima volta Napoli nel settembre 1778, quando vi si fermò per cinque mesi. Quindi ritornò a Roma per un periodo, vivendo in un’abitazione nei pressi della scalinata di Trinità dei Monti. Nell’aprile 1779 assunse come domestica una vedova danese, Maria Moncke, fuggendo con lei l’anno dopo a Napoli. Questa città, allora la più grande d’Italia, offriva a un artista più opportunità di quante non ne promettesse Roma, e Jones vi cercò, in particolare, il patronato dell’ambasciatore britannico Sir William Hamilton. Fu a Napoli che nacquero le sue due figlie Anna Maria (nel 1780) ed Elizabetha (nel 1781). Dopo la morte del padre si decise a tornare in patria; nell’agosto 1783 si mise in viaggio per Londra, con Maria, Anna ed Elizabetha, imbarcati su un brigantino svedese. Giunse a destinazione in novembre solo per trovare molti dei suoi beni distrutti dall’umidità, inclusi tutti i suoi studi di natura dal vivo.

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B. Ford, Thomas Jenkins. Banker, Dealer and Unofficial English Agent, in Apollo, XCIX, 1974, p. 418.

128 A. Cesareo, “He had for years the guidance of the taste in Rome” Per un profilo di Thomas Jenkins, in E. De

Benedetti (a cura di), Collezionisti, disegnatori e teorici dal Barocco al Neoclassicismo, I, in Studi sul Settecento

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Si è a conoscenza di questi suoi affari grazie al racconto di Joseph Nollekens129, un giovane

scultore venuto a Roma per perfezionare i segreti della propria arte, e che, grazie alla collaborazione con Jenkins, si arricchì restaurando statue di marmo e colorandole con succo di tabacco per dare loro una patina più antica130

.

La casa di Jenkins in via del Corso divenne ben presto meta prediletta dell’aristocrazia erudita, non solo inglese ma di tutta Europa, di passaggio nella città.

In seguito divenne la figura più influente e più ricca della colonia inglese a Roma durante la metà del XVIII secolo, soprattutto svolgendo il ruolo di antiquario e mercante d’arte, fino a raggiungere l’apice sotto il papato di Clemente XIV (1769-1774).

Negli anni Sessanta del XVIII secolo, specialmente subito dopo il Trattato di Parigi (1763) che segnava defnitivamente la fine della guerra dei Sette Anni, numerosi furono i viaggiatori inglesi che si riversavano lungo la penisola. Ciò consentì a Jenkins di incrementare notevolmente e rapidamente la sua già vasta clientela131.

Nel 1765 Jenkins trasferì la sua residenza dalla parte opposta del Corso, in una casa molto più grande della quale inizialmente occupò soltano il piano nobile. Dieci anni più tardi, quando ormai poteva ritenersi veramente ricco, prese in affitto una villa a Castel Gandolfo, abitata in passato dal Padre Generale dei Gesuiti. Questa villa era ricca di attrazioni per i viaggiatori ospiti di Jenkins, i quali potevano ammirare al suo interno le rovine di un acquedotto e persino un’antica tomba romana, che si supponeva fosse appartenuta a Tullia, figlia di Cicerone.

Nella villa soggiornò anche Goethe132 nell’ottobre del 1787, durante il suo viaggio in Italia, il

quale, nel resoconto del suo soggiorno romano, riferendosi al carattere di Jenkins, racconta di aver consegnato al cuoco, affinché li cucinasse, dei funghi raccolti durante una passeggiata, e di come, una volta a tavola, l’inglese avesse reagito infastidito perché non era stato preventivamente interpellato133

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129 Joseph Nollekens (1737 - 1823) scultore inglese, membro della Royal Academy, considerato il migliore scultore

britannico del tardo XVIII secolo. Dal 1760 al 1762 fu a Roma per studiare e lavorare come un antiquario, restauratore e copista.

130 Cfr. B. Ford, Thomas Jenkins. Banker, Dealer and Unofficial English Agent, p. 416.

131 Cfr. G. Vaughan, Thomas Jenkins and his International Clientele, in Antikensammlungen des Europaischen Adels im 18. Jahrundert. Internationales Kolloquium in Düsseldorf vom 7.2-10.2.1996, Mainz a.R., 2000.

Cfr. A. Cesareo, “He had for years the guidance of the taste in Rome” Per un profilo di Thomas Jenkins.

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Johann Wolfgang von Goethe (1749 - 1832) scrittore, poeta, drammaturgo, nonché viaggiatore, tedesco. Nel 1786, all’età di 37 anni, Goethe intraprese il suo primo viaggio in Italia, durato quasi due anni, e visitò anche il Trentino. Nel 1788 tornò a Weimar e due anni dopo, nel 1790 tornò in Italia per un breve soggiorno a Venezia.

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Nel 1786 Jenkins fece un vero colpo da maestro acquistando una collezione di statue e oggetti d’antiquariato nella Villa Montalto-Negroni, che divenne poi la sua nuova residenza. La collezione della villa conteneva numerosi raffinati rilievi classici, molti dei quali furono donati o venduti successivamente al British Museum; tra questi c’era il magnifico gruppo marmoreo Nettuno e Tritone di Bernini. Il commercio degli oggetti contenuti in questa collezione non interessò soltanto il mercato inglese: un numero non specificato di acquisti fu effettuato dal principe Poniatowski; altre offerte di acquisto furono avanzate dal principe Gagarin134, mentre, in occasione

della loro visita a Roma, la principessa Isabella Lubomirska135 e il conte Stanislao Kostka Potocki

acquistarono statue che oggi sono collocate nel museo nazionale di Varsavia136.

Jenkins godeva del rispetto di alcune personalità rilevanti dell’epoca ed era indubbiamente un brillante venditore. Quando qualcuno si presentava per acquistare una medaglia, il gentleman iniziava a raccontarne il significato storico, articolando un discorso persuasivo, ricco di eloquenza, sulla rarità e la preziosità di tale oggetto, al punto che l’acquirente era disposto a sborsare cifre notevolissime, se non altro per l’alone, presentato da Jenkins, che fascinosamente circondava l’oggetto. Una volta concluso l’affare, l’abile mercante inscenava un pianto commosso ispirato al pensiero di doversi separare dall’oggetto della vendita. È con questo toccante finale che invitava il suo acquirente, qualora si fosse pentito dell’acquisto, a restituire l’oggetto e a essere rimborsato del suo denaro. Ma con questa strategia non faceva altro che insinuare nel povero compratore l’idea che l’acquisto fosse realmente un affare, lasciandolo andar via felice e soddisfatto.

Grazie al suo talento e alla sua abilità nel gestire i rapporti con grandi personalità del momento, Jenkins cercò di estendere ai familiari le proprie fortune.

Nel 1788, dopo essersi recato in Inghilterra – probabilmente per acquistare una tenuta nel Devonshire, dove avrebbe voluto ritirarsi in futuro – tornò a Roma dove lo raggiunse la nipote Anna Maria, figlia del fratello William. Probabilmente il soggiorno romano della giovane inglese fu progettato dallo zio con l’intento di offrirle la possibilità di migliorare la propria condizione contraendo un matrimonio importante, cosa che non sarebbe riuscita a fare in Inghilterra. Infatti di lì a qualche anno, nel 1794, la giovane Anna Maria si sposò con Giovanni Martinez, figlio di

134 Forse da identificare con il Principe Fëdor Sergeevič Gagarin (1757 - 1794) ufficiale e politico russo.

135 Elżbieta Izabela Lubomirska (1736 - 1816) principessa polacca e importante mecenate, collezionista d’arte e di libri.

Nel 1785 la Lubomirska fece un giro in Europa (Ginevra, Napoli, Roma, Londra), stabilendosi inizialmente in Francia e durante la Rivoluzione francese in Svizzera. Più tardi fu a Vienna, dove morì.

136 Cfr. G. Vaughan, Thomas Jenkins and his International Clientele, in Antikensammlungen des Europaischen Adels im 18. Jahrundert. Internationales Kolloquium in Düsseldorf vom 7.2-10.2.1996, Mainz a.R., 2000.

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Ferdinando Martinez e Maria Bourbon del Monte, nonché nipote di Monsignor Pio Martinez che viveva al Corso proprio vicino a Mr. Jenkins.

Subito dopo la Rivoluzione francese, Roma iniziò a perdere popolarità: i viaggiatori, soprattutto gli inglesi, cominciarono a scarseggiare e i pochi che arrivavano restavano poco a causa dei percorsi resi tortuosi dai frequenti rumori di guerra; inoltre non erano più disposti a spendere come facevano un tempo. L’economia romana, che aveva da sempre avuto il suo fulcro intorno ai grand-tourists, stava ormai collassando. Nel 1796 le armate francesi invasero l’Italia. I membri della colonia inglese a Roma vivevano in uno stato perpetuo di ansia; alcuni scapparono, altri come Jenkins rimasero nella città che amavano fino al febbraio 1798 quando Roma fu occupata. A questo punto anche Jenkins si decise ad abbandonare la città e a tornare in Inghilterra. Tutta la sua collezione fu interamente confiscata dai francesi. Riuscì a portare con sé solamente l’amata collezione di gemme. Purtroppo non ebbe modo di godersi in Inghilterra il frutto delle proprie fortune, poiché nello stesso anno morì, prima ancora di arrivare a casa, poco dopo lo sbarco a Great Yarmouth.

Sulla vita lussuosa condotta dal mercante inglese, sui beni raccolti in quaranta anni di attività e sul suo personaggio, oltre alle testimonianze dei suoi contemporanei, si può avere un’idea da ciò che emerge dal suo testamento, nel quale dispone dei suoi averi. Scritto il 22 luglio 1798 a Firenze, dove si era ritirato intuendo la precarietà del presente e del futuro di fronte alla rapida invasione dei francesi e al contestuale mutamento della scena internazionale, il documento, conservato presso l’Accademia di San Luca, offre un’ampia panoramica dei beni posseduti. In esso, tra gli eredi, oltre alla discendenza del fratello William, cui andrà la maggiore fortuna, vengono ricordati anche i suoi dipendenti durante il soggiorno romano: il cuoco, il servitore, il cocchiere e la serva, a ciascuno dei quali sarebbe stata pagata una pensione al momento della sua morte. La casa romana e la villa di Castel Gandolfo non sembrano essere state di sua proprietà, poiché, a parte i beni in esse contenuti, non compaiono in nessun passo del testamento137

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