3. La Pratica della Mente
3.3 La teoria della simulazione secondo Alvin Goldman
3.3.2 Tra azione e simulazione: l’imagery motoria
Il termine simulazione ha fondamentalmente due differenti accezioni:
1. Descrivere azioni intraprese con l’intento di ingannare gli altri.
2. Connota il tentativo di imitare le caratteristiche di un processo o situazione, impiegando mezzi o strategie analoghe, col fine di comprenderlo meglio.
Ė la seconda accezione del termine quella che richiama a processi
offline di modellizzazioni di eventi o di circostanze, volta ad una loro
comprensione, per così dire, dall’ “interno”. In tal senso il termine simulazione è utilizzato per connotare un meccanismo implicito di modellizzazione epistemica della conoscenza, di oggetti e di eventi che il sistema organismo controlla nel corso della costante interazione con essi. La simulazione puà essere considerata, infatti, come un meccanismo funzionale di controllo, la cui funzione è quella di modellare gli oggetti di conoscenza del processo di controllo. Secondo un autorevole modello di controllo motorio, infatti, la simulazione è considerata come il meccanismo impiegato dai modelli proiettivi anticipatori (forwards model) per predire le conseguenze sensoriali delle azioni prima che queste siano intraprese. Il processo di simulazione consente, così, di produrre delle conseguenze simulate che divengono “predizioni” (Wolpert et al., 2001). Uno dei requisiti più importanti della percezione è rappresentato dalla capacità di predire gli eventi sensoriali futuri. Allo stesso modo ogni azione intrapresa implica la capacità di predirne le conseguenze. Entrambi i tipi di predizione sono il risultato di un processo automatico e inconscio di simulazione che dipendono dall’attivazione di specifiche ragioni sensori-motorie del cervello. Ė in tal senso che il concetto di simulazione trova il suo “antecedente fisico” ma anche sperimentale negli studi sull’imagery motoria. Parlare di “imagery” motoria non riguarda, infatti, semplicemente il mondo che ci circonda, ma coinvolge quelle proprietà più anatomiche e
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nucleari del sé che includono una rappresentazione di noi stessi (Jeannerod, Decety, 1995).
Studi recenti indicano che l’imagery motoria consiste in una sorta di attivazione subliminale del sistema motorio (Decety, Jeannerod, 1996). In sintesi, il processo immaginativo comporta una particolare forma di rappresentazione della realtà, che produce ed elabora un oggetto di conoscenza senza che gli stimoli relativi ad esso siano effettivamente presenti nel sistema senso-percettivo. Inoltre se in base alla definizione classica l’immaginazione simulativa del sistema motoria fa riferimento ad una rappresentazione consapevole ed esplicita di un’azione, la visione più recente allarga questa nozione e include nel concetto anche aspetti impliciti e non consapevoli. Si tratta di un tipo particolare di immaginazione mentale coinvolto in una varietà di comportamenti e processi: nel produrre movimenti ma anche nell’immaginare azioni, nell’imparare mentre si osserva, nel comprendere il comportamento altrui e nel riconoscere artefetti immaginando la loro possibile funzione. Ad esempio, il tempo impiegato per scrutare attivamente con gli occhi una scena visiva coincide con quello inpiegato per limitarsi ad immaginarla (Kosslyn et al., 1978). Una serie di studi di brain imaging, ad esempio, hanno dimostrato che quando immaginiamo una scena visiva attiviamo regioni del nostro cervello che sono normalmente attive durante la reale percezione della stessa scena (Farah, 1989; Kosslyn at al., 1993; Kosslyn, 1994), comprese aree corticali che sono coinvolte nelle analisi delle caratteristiche elementari dello stimolo visivo, come la corteccia visiva primaria. In questo senso la funzione dell’imagery motoria è un classico esempio di simulazione della mante, anzi sotto molti aspetti è possibile parlare di simulazione quasi esclusivamente in virtù dei processi cognitivi sottostanti alla funzioni di imagery motoria. Bruner (1988) sottolinea, ad esempio, l’emergere sequenziale di tre modi di rappresentazione: motoria (enactive), iconica (imagery) e simbolica (verbale). Dallo schema dell’azione si passa allo schema spaziale e all’immagine, che si ferma però alla “superficie delle cose”, cioè agli aspetti sensoriali degli oggetti, e poi agli aspetti invarianti, astratti, simbolici della realtà. Anche Piaget e Inhelder (1966) condividono in parte questa
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distinzione tra rappresentazioni immaginative e rappresentazioni verbali in termini di concreto/astratto, ma sottolineano come l’immagine sia essenziale per rappresentare la realtà in termini simbolici: essa forma infatti la base degli schemi mentali su cui si fonda l’intero processo di costruzione della conoscenza, dalle forme più semplici a quelle più complesse di simbolizzazione. Le immagini codificate dagli stimoli esterni vengono ‘assimilate’ e integrate negli schemi esistenti, ma al tempo stesso le discrepanze tra i nuovi stimoli e gli schemi pregressi vengono risolte creando nuove immagini e nuovi schemi “accomodati” basandosi su di esse. Dal punto di vista evolutivo, l’immaginazione appare in una prima fase all’età di 18-24 mesi, mentre il secondo decisivo momento è lo stabilirsi delle immagini anticipatorie (6-7 anni) che consentono la ricostruzione di processi dinamici e la previsione delle conseguenze degli atti motori. Il “non qui e non ora” (presupposto per il pensiero astratto) si basa anche sulla capacità di visualizzare realtà non presenti (visualizzazione anticipatoria nei termini di Piaget e Inhelder).
L’immaginazione ha una valenza simulativa che può riprodurre o anticipare percezioni della realtà esterna, in rapporto allo sviluppo delle attività operatorie. La simulazione mentale di un esercizio fisico, ad esempio, induce un incremento della forza muscolare che è paragonabile a quello ottenuto col reale esercizio fisico. Quando immaginiamo di compiere una data azione vari parametri fisiologici corporei si comportano come se noi stessimo effettivamente eseguendo quella stessa azione (Decety, 1996). Come nel caso dell’immaginazione visiva, infatti, anche l’immaginazione motoria condivide diverse caratteristiche con la propria controparte attiva nel mondo reale. Studi di brain imaging, hanno, difatti, dimostrato che sia l’immaginazione di esercizi fisici che la loro reale esecuzione attivano una rete di centri corticali e sottocorticali comprendente la corteccia motoria primaria, l’area motoria supplementare, la corteccia premotoria, i gangli della base, ed il cervelletto (Roland at. ali., 1980; Fox et al., 1987; Parsons, 1995; Roth, 1996).
Questi dati dimostrano che attività cognitive tipicamente umane quali l’immaginazione visiva o motoria, lungi dall’essere caratterizzate da una
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natura simboloco-proposizionale, riposano e dipendono dall’attivazione di regioni sensori-motorie del cervello. L’immaginazione visiva è equivalente alla simulazione di una reale esperienza visiva, così come l’immaginazione motoria è equivalente alla simulazione di una reale esperienza motoria. Si consideri un esempio che illustra similarità e differenze fra immagini mentali e immagini motorie. In questo esperimento riportato da Jeannerod e Frak (1999) ai partecipanti viene mostrati un bicchiere e viene indicato loro dove l’indice e il pollice dovrebbero essere collocati per afferrarlo. Poi viene chiesto di stimare, per diverse posizioni delle due dita, se l’azione di sollevare il bicchiere e versare l’acqua è semplice, difficile o impossibile. I risultati indicano che i giudizi tengono conto delle limitazioni di natura biomeccanica del movimento della mano. Questo risultato suggerisce l’esistenza di un processo di simulazione, ovvero di una forma di riproduzione interna, inconsapevole, del movimento che i soggetti si creano. Questa simulazione ha luogo automaticamente, senza che il compito richieda esplicitamente di far uso di immagini. Altri esperimenti rappresentano una sorta di controparte motoria di esperimenti classici sulle immagini mentali. Ad esempio, vengono utilizzati paradigmi di cronometria mentale, in cui si chiede ai soggetti di immaginare di eseguire un movimento. I risultati mostrano che le azioni simulate richiedono lo stesso tempo di quelle effettivamente eseguite e che più le azioni (simulate ed effettivamente eseguite) sono complesse, più tempo richiedono. Questo induce a pensare che i meccanismi alla base della simulazione motoria siano analoghi a quelli alla base dell’esecuzione dei movimenti.
Per quanto riguarda, in aggiunta, le basi neurali dei processi di
imagery motoria, questi sono da ricercarsi quasi esclusivamente nel sistema
motorio101. In aggiunta, sembrerebbero essere implicati anche i circuiti
101
Nel modello di Kosslyn (1984, 1990, 1994) le abilità che compongono l’immaginazione non sono localizzabili con precisione, anche se la ricerca neuropsicologica ha dimostrato che alcuni dei processi non coincidenti (“subsistemi processuali”) possono essere riferiti a certe strutture anatomo-fisiologiche. Così ad esempio il subsistema della analisi delle forme (Shape) prevede un collegamento tra il lobo occipitale e quello temporale inferiore (sistema ventrale); mentre nel subsistema della analisi della posizione (Location) il collegamento avviene tra il lobo occipitale e il parietale superiore (sistema dorsale). Una volta generata l’immagine, la ispezione dell’immagine usa
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neuronali del sistema specchio. Come si è precedentemente visto, nelle scimmie i neuroni scaricano anche quando il compito non richiede esplicitamente di compiere un’azione. Alle diverse evidenze relative ai neuroni specchio, sia nelle scimmie sia negli esseri umani (Buccino, 2001), si aggiungono altre prove ottenute con tecniche di scansione cerebrale. Alcuni studi hanno dimostrato che la visione o la denominazione di strumenti o oggetti afferrabili attivano la corteccia premotoria anche qualora non venga richiesta una esplicita risposta motoria e in letteratura è molto dibattuto in che misura la simulazione motoria attivi la corteccia motoria primaria. Se alcuni studi con la PET sembravano indicare che la corteccia motoria primaria non era attivata in modo significativo durante l’immaginazione, ad esempio, dei movimenti delle dita, gli studi con la risonanza magnetica funzionale e alcuni studi recenti con la registrazione magnetica tranascranica (TMS) sembrano indicare il contrario (Stefan, 2005). Il livello di attivazione corticale durante i processi immaginativi è comunque più basso di quello che si ha durante l’effettiva esecuzione dei movimenti. A livello esplicativi, ci sono dimostrazioni recenti del fatto che l’imagery motoria e l’osservazione rappresentino strumenti utili a migliorare il funzionamento del sistema motorio. Il coinvolgimento del sistema dei neuroni specchio nell’apprendimento motorio è supportato da prove che mostrano che l’osservazione porta alla formazione di memorie motorie simili a quelle che sottostanno ai cambiamenti nella rappresentazione indotti dal movimento. In uno studio recente con la TMS, è stato dimostrato che la corteccia motoria primaria mette in luce attività legate al sistema dei neuroni specchio in risposta all’osservazione del movimento, è in grado di influenzare la formazione di memorie motorie ed è coinvolta nell’apprendimento motorio. Ad esempio Stefen e colleghi (ibidem) registravano i potenziali evocati motori di due gruppi di partecipanti. Ad un gruppo (condizione di osservazione) veniva mostrato un video con attori che compivano bruschi e ripetitivi movimenti del pollice. Questi movimenti
in gran parte processi sovrapponibili a quelli della percezione visiva (analisi delle forme col sistema ventrale, delle localizzazioni con il sistema dorsale).
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erano prevalentemente in direzione opposta rispetto a quelli della baseline. Per esempio, se la direzione principale della baseline era l’estensione, ai partecipanti venivano presentati video che mostravano movimenti di flessione. Ad un secondo gruppo (condizione di addestramento motorio) veniva richiesto di eseguire i movimenti del pollice, e di compierli prevalentemente in direzione opposta rispetto a quella della baseline. I risultati evidenziano che, nonostante gli effetti indotti dalla pratica basata sull’osservazione fossero meno duraturi di quelli basati sulla pratica fisica, tuttavia si trattava di effetti assai simili per specificità e qualità: in entrambe le condizioni si osservavano cioè chiari cambiamenti quando i movimenti si discostavano per direzione da quelli della baseline.
Ė noto in letteratura che la formazione di memorie motorie costituisce
un passo importante per l’acquisizione di abilità motorie (Pascual-Leona, 1999). Questi risultati sembrano, dunque, dimostrare che le pratiche di natura osservativa portino a migliorare la performance motoria tramite meccanismi simili a quelli utilizzati durante il training fisico. Uno studio recente dimostra che anche l’immaginare di svolgere un movimento porta a migliorare considerevolmente le proprie capacità motorie, dunque, favorisce l’apprendimento motorio. Nyberg e colleghi (2006) hanno sottoposto due gruppi di partecipanti a due sessioni di scansioni di risonanza magnetica funzionale a una settimana di distanza l’una dall’altra, mentre con le dita tamburellavano diverse sequenze. Metà di loro riceveva un addestramento motorio mentre l’altra metà faceva pratica tramite l’immaginazione motoria. I risultati hanno evidenziato come entrambe le procedure portano ad un miglioramento considerevole di tamburellare con le dita. Si tratta sia di un miglioramento specifico, legato cioè alla sequenza sulla quale fanno pratica, sia di un miglioramento generale della capacità di tamburellare con le dita in entrambe le sequenze. L’aspetto cruciale dell’esperimento è la chiara dimostrazione che anche l’immaginazione motoria fornisce l’apprendimento motorio.
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