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Il trust c.d di salvataggio nei concordati preventivi alla luce della

Gli strumenti di tutela del patrimonio e le procedure concorsual

5. Il trust c.d di salvataggio nei concordati preventivi alla luce della

recente giurisprudenza di merito

Come è noto l’art. 160, comma 1, lett. a), l. fall. prevede che il piano di concordato raggiunga l’obbiettivo della ristrutturazione dei debiti e della sod- disfazione dei crediti “attraverso qualsiasi forma, anche mediante cessione dei beni, accollo o altro operazioni straordinarie, ivi compresa l’attribuzione i cre- ditori, nonché a società da questi partecipate di azioni, quote, ovvero obbliga- zioni, anche convertibili in azioni o altri strumenti finanziari e titoli di debito”.

Possiamo dunque ipotizzare la fattispecie di un imprenditore in stato di cri- si che presenta una proposta di concordato preventivo incentrata su un trust con finalità liquidatorie (il trustee ha l’incarico di pagare i creditori dopo aver liquidato i beni) ovvero conservative (ai fini del risanamento dell’azienda) ov- vero prima conservative e poi liquidatorie. Questa figura è suscettibile di un ulteriore possibile configurazione nei c.d. concordati misti, ossia con interven- to di soggetti terzi che forniscono beni al fabbisogno concordatario: nel fondo

in trust in aggiunta o in alternativa ai beni dell’imprenditore vengono conferiti beni di terzi al fine di destinarli alla soddisfazione di creditori.

Acconto alla fattispecie della cessione delle attività all’assuntore non è in- frequente nella prassi delle procedure concorsuali la formulazione di piani di concordato basati sulla presenza di terzi che apportano propri beni a garanzia del soddisfacimento delle obbligazioni dell’imprenditore. Tali figure sono det- te di concordato misto. La presenza di beni del terzo può essere funzionale o semplicemente a garantire in modo maggiore i creditori ovvero a colmare la differenza negativa tra i valori di realizzo dei beni dell’imprenditore e la per- centuale offerta ai creditori.

Vantaggi di questa soluzione negoziale:

– possibilità di anticipare il vincolo di destinazione istituendo il trust prima del deposito della domanda di concordato preventivo, fermi gli effetti del nuo- vo art. 2929-bis c.c.;

– possibilità della nomina del commissario giudiziale/ liquidatore quale

trustee e del comitato dei creditori quale guardiano;

– possibilità di condizionare sospensivamente il conferimento in trust al- l’accoglimento della domanda o alla omologazione del concordato preventivo e di condizionare risolutivamente il conferimento nel caso di successivo falli- mento della società ammessa alla procedura; andrebbe inoltre regolata la sorte di eventuali atti di disposizione compiuti dal trustee durante la pendenza della condizione, al fine di chiarire se essi restano efficaci oppure vengono travolti retroattivamente in seguito al verificarsi dell’evento dedotto in condizione ri- solutiva. Rispetto ad un conferimento dei beni nella società in procedura (che avrebbe comportato per il terzo l’irrimediabile perdita dei beni sia in caso di mancata omologazione del concordato sia in caso di fallimento) la maggiore flessibilità e vantaggiosità del trust appare di immediata evidenza.

Nell’ambito di una procedura di concordato la semplice “offerta” di beni da parte del terzo o dell’assuntore non solo non assicura la successiva liquidazio- ne dei beni in favore dei creditori, ma, soprattutto, non attribuisce ai creditori del concordato alcun diritto di prelazione (e tanto meno di esclusiva) sui beni del terzo o dell’assuntore, che restano esposti alle azioni esecutive dei rispetti- vi creditori nonché a sequestri o iscrizioni di ipoteche giudiziali. Infatti, trat- tandosi di soggetti diversi dal debitore assoggettato a procedura il c.d. ombrel- lo protettivo previsto dagli artt. 168 e 182-bis l. fall. non può trovare attuazio- ne, sicché è possibile che anche in pendenza del concordato i creditori perso- nali del terzo, agendo a tutela dei propri crediti, riescano a vanificare in pratica la “messa a disposizione” dei beni in favore dei creditori concordatari.

provvedere a liquidare i beni onde consentire compiutamente, con il ricavato della vendita il soddisfacimento dei creditori secondo quanto deve essere indi- cato nella proposta di concordato. La durata del vincolo segregativo deve co- incidere con la durata della procedura concordataria. In tal senso essa dovrà alternativamente essere determinata in un termine fisso (attualmente cinque o sei anni sembrano una prospettiva temporale plausibile per l’esecuzione di un concordato, ma i tempi variano in base alle diverse sedi giudiziarie) ovvero deve essere resa coincidente con l’avvenuta realizzazione dello scopo liquida- torio qualora si tratti di un trust di scopo.

Opportuno appare prevedere la facoltà per il giudice di sostituire il trustee ed il guardiano rispettivamente con la persona del commissario giudiziale e con il comitato dei creditori, per assicurare l’effettivo adempimento delle fina- lità per le quali il trust è stato costituito.

Trib. Ravenna, 4 aprile 201310 ha ammesso una società a r.l. in liquidazio- ne alla procedura del concordato preventivo che nel caso di specie si caratte- rizzava per la natura liquidatoria e per la messa a disposizione, in favore della procedura, di nuova finanza ad opera di un terzo mediante il conferimento di due beni immobili in un trust disciplinato dalla legge di Jersey.

L’apporto dei cespiti avveniva attraverso la costituzione di un trust di sco- po la cui efficacia era condizionata risolutivamente alla mancata omologazio- ne del concordato entro il termine di diciotto mesi dall’istituzione del trust. Una seconda condizione risolutiva era costituita dal fallimento “in qualsiasi momento” della società in procedura.

Il trust ravennate non era della tipologia del trust auto-dichiarato poiché il terzo finanziatore assumeva la posizione di disponente e di guardiano; il figlio del medesimo quella di trustee, i creditori concorsuali erano indicati beneficia- ri del vincolo segregativo, sia pure sotto le predette condizioni risolutive. Era prevista la facoltà per il giudice delegato di revocare e sostituire sia il trustee sia il guardiano.

Trib. Forlì, 4 febbraio 2015 ha ritenuto meritevole di tutela un trust liquida- torio auto-dichiarato con il quale il fideiussore di una società, in procinto di presentare una domanda di concordato preventivo, appone sui propri beni un vincolo di destinazione a favore dei creditori del concordato.

La vicenda oggetto del contenzioso trae origine dalla concessione di una fideiussione a garanzia dell’adempimento di più crediti contratti da una società e rimasti non soddisfatti. Il fideiussore costituisce un trust, vincolando più be- ni immobili al fine di assicurare ai creditori della società garantita la non di- spersione del patrimonio e la successiva liquidazione in previsione della do- manda di ammissione alla procedura di concordato preventivo che la società era in procinto di presentare. Si tratta nella specie di un trust interno, auto-

dichiarato con soggetti giuridici italiani e beni posti in Italia retto dalla legge di Jersey. Nel caso in esame il trust conteneva la previsione che il ricavato della vendita fosse versato al guardiano per saldare i creditori secondo un cri- terio strettamente proporzionale tra l’entità dei loro rispettivi crediti e quella del patrimonio facente parte del fondo in trust posto a garanzia dei loro diritti.

Con ricorso ex art. 702-bis c.p.c. il trustee (che nel caso coincide con il di- sponente) chiede al giudice di merito di accertare l’insussistenza del diritto di due istituti bancari creditori di iscrivere ipoteca su alcuni beni immobili vinco- lati in trust.

I convenuti in via riconvenzionale domandano al tribunale di accertare la nullità dell’atto istitutivo o in subordine di revocare ai sensi dell’art. 2901 c.c. l’atto dispositivo relativo agli immobili destinati in trust.

Il tribunale con ampia motivazione rigetta la domanda della ricorrente; ri- getta la domanda riconvenzionale di nullità dell’atto istitutivo del trust e acco- glie la domanda riconvenzionale subordinata rivolta ad ottenere la dichiara- zione di inefficacia dell’atto di disposizione di tutti i beni in trust, cioè l’azio- ne revocatoria ordinaria ex art. 2901 c.c.

Occorre dunque sottolineare come il tribunale abbia in primo luogo ricono- sciuto la piena legittimità al trust auto-dichiarato oggetto della controversia. In secondo luogo reputa riconoscibile e valido il trust liquidatorio che realizza un programma di segregazione funzionale alla liquidazione del patrimonio del di- sponente al fine di facilitare la procedura di concordato della società garantita, rassicurando i creditori della stessa sulla non dispersione dei beni.

Il giudice tuttavia accoglie l’azione revocatoria ordinaria, risolvendo il con- flitto tra l’interesse del disponente a favorire la soluzione della crisi e l’in- teresse dei suoi creditori a mantenere inalterata la situazione patrimoniale del loro debitore, a favore di questi ultimi.

Il ragionamento svolto da tribunale per affermare la ricorrenza dei presup- posti oggettivi e soggettivi dell’azione pauliana è articolato. L’eventus damni è ravvisato nella modifica della situazione patrimoniale del debitore. Ancorché non vi sia trasferimento di beni ma mera funzionalizzazione ad uno scopo connessa alla segregazione patrimoniale, ciò è sufficiente a rendere più diffi- coltosa la realizzazione coattiva del credito e ciò integra pregiudizio per il cre- ditore, secondo un consolidato orientamento della Cassazione, a partire da Cass. n. 19131/2004.

Il consilium fraudis del disponente è ravvisato dal tribunale nella consape- volezza del pregiudizio che sarebbe derivato ai propri creditori, trattandosi di atto di segregazione successivo alla nascita del credito. Il tribunale, inoltre, equipara l’atto di dotazione dei beni al trust ad un atto a titolo gratuito (poiché non vi è uno spostamento patrimoniale e non trattandosi di atto di natura solu-

toria), in rapporto all’interesse dei terzi beneficiari cioè i creditori della società garantita, escludendo conseguentemente la necessità della partecipatio frau-

dis.

In tema di atti di destinazione patrimoniale anche diversi dal trust nell’am- bito del concordato preventivo, pare interessante soffermarsi sulla sentenza del Trib. Prato, 12 agosto 2015, n. 942.

Nel caso concreto, una banca titolare di un credito per circa un milione e mezzo di euro nei confronti di due società (una debitrice principale e l’altra quale fideiubente), aveva convenuto in giudizio quest’ultima al fine di far ac- certare e dichiarare la nullità e/o inefficacia e/o inopponibilità nei suoi con- fronti dell’atto di destinazione ex art. 2645-ter avente ad oggetto beni immobi- li, compiuto dalla convenuta per supportare la domanda di concordato preven- tivo svolta dalla società debitrice principale (sotto condizione sospensiva del- l’omologazione della stessa), domanda che poi era stata valutata favorevol- mente ed omologata; di tale circostanza l’attrice si era avveduta, sulla base della nota di trascrizione, nel momento in cui era andata ad iscrivere ipoteca giudiziale sulla base del decreto ingiuntivo ottenuto.

La banca sosteneva che l’avvenuta omologazione del concordato preventi- vo avrebbe causato un pregiudizio al creditore prelatizio in via ipotecaria e so- prattutto che l’atto di destinazione ex art. 2645-ter c.c. fosse del tutto inidoneo al raggiungimento dello scopo indicato dalla norma quale specificamente me- ritevole di tutela, essendo stati tali interessi testualmente limitati dal legislato- re a quelli riferibili a persone con disabilità o alla P.A. o ad altri enti e persone fisiche.

La questione giuridica a cui dare risposta – sulla quale la dottrina e la giuri- sprudenza di merito sono divise e non vi sono state pronunce di legittimità – è se la norma in questione sia strumento idoneo a realizzare soltanto interessi giuridicamente rilevanti collegati alla tutela della disabilità e della P.A. o an- che in funzione di un rapporto causale sottostante per scopi ulteriori e diversi di natura patrimoniale rilevanti ex art. 1322 c.c.

In proposito, il Tribunale di Prato ha ritenuto che l’atto di destinazione ex art. 2645-ter c.c. sia efficace e meritevole di tutela ex art. 1322 c.c., con rife- rimento al patrimonio posto a garanzia e nell’interesse del soddisfacimento dei creditori di società in crisi, ove vi sia l’intenzione di instaurare procedure di concordato preventivo: è infatti degna di riconoscimento e tutela da parte dell’ordinamento giuridico italiano la finalità di assicurare una soddisfazione proporzionale ai creditori non muniti di causa di prelazione.

Una lettura restrittiva della norma che ritenga utilizzabile l’atto di destina- zione solo per finalità di pubblica utilità sarebbe illegittima e non costituzio-

nalmente orientata, oltre che in contrasto con le altre esperienze internazionali (“fiducie” in Francia e “trust” nei paesi anglosassoni, stante il fatto che la nor- ma in questione è stata definita come il trust italiano), in cui gli atti di destina- zione sono utilizzati per le più svariate finalità, anche di tipo commerciale o finanziario.

In tal senso, il controllo di meritevolezza ex art. 1322 c.c. imposto dalla norma non coincide da un lato con la mera non illiceità del contratto né dal- l’altro con l’utilità sociale. Non è sostenibile che solo gli scopi di tutela di un soggetto debole o disabile giustificherebbero la limitazione della responsabili- tà del debitore. Al contrario, il concetto di meritevolezza ed il rinvio all’art. 1322 c.c. assumono il significato di richiedere la presenza, quale base dell’atto di destinazione, di una causa diversa ed ulteriore rispetto alla mera intenzione del disponente di limitare la propria responsabilità.

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