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La tutela delle minoranze alla luce del Trattato di Lisbona.

LA TUTELA DELLE MINORANZE NELL’U.E.

7. La tutela delle minoranze alla luce del Trattato di Lisbona.

Con il trattato di Lisbona entrato in vigore il 1 Dicembre 2009 la tutela delle minoranze nel contesto comunitario sembra aver ricevuto una forte implementazione.

La Costituzione Europea prima ed il Trattato di Lisbona ora, non vogliono espropriare i 27 Stati dell’Unione della disciplina di una materia

180 A. CELOTTO, Commento agli artt. 21-22 della Carta di Nizza, in R. BIFULCO, M.

CARTABIA, A. CELOTTO (a cura di) L’Europa dei Diritti. Commento alla Carta dei diritti

così delicata rispetto alla quale la Comunità svolge un ruolo sussidiario ed integrativo.

L’art. 6, 3° comma, infatti, del Trattato di Lisbona nella parte in cui incide sul Trattato UE indica come, in tema di diritti fondamentali, la politica comunitaria si informi tanto alla CEDU quanto soprattutto “alle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri”: in altri termini, sul piano della tutela delle minoranze e dei diritti in generale, si cerca di sottolineare e valorizzare il rapporto di filiazione del Trattato rispetto alle Costituzioni nazionali, inaugurando un indirizzo di interpretazione adeguatrice delle disposizioni della prima rispetto a quelle delle Costituzioni nazionali.

Le novità degne di nota che nella materia in esame ha interessato il nuovo trattato sono molteplici e verranno di seguito analizzate.

Le prime derivano di riflesso dalle innovazioni concernenti la materia dei diritti umani in quanto possiamo considerare il sistema di protezione delle minoranze quale lex specialis del più ampio contesto dei diritti umani.

Il trattato di Lisbona è stato considerato una pietra fondamentale nell’architettura di protezione dei diritti umani in considerazione delle rilevanti innovazioni che ha apportato in tale materia.

Innanzitutto come precedentemente annunciato l’art.6 del TEU riconosce alla carta fondamentale dei diritti lo stesso valore giuridico dei trattati.

Il cambiamento dello status legale della carta ha delle ripercussioni in un duplice ambito.

In primis i membri delle minoranze potranno intraprendere vie

giudiziali e ricorrere pertanto alla Corte di Giustizia UE nell’eventualità di una lesione nell’esercizio dei loro diritti.

Inoltre con l’attribuzione di forza vincolante alla Carta sembra venir meno l’asimmetria di tutela tra le minoranze dei paesi candidati e quelli dei

paesi membri posto che anche per questi la protezione delle minoranze diventa un’obbligazione pienamente vincolante.

La portata innovativa dell’attribuzione alla Carta della stessa forza vincolante dei trattati non si estende fino all’attribuzione di nuove competenze all’Unione Europea in tema di protezione dei diritti delle minoranze.

L’art.6 del nuovo trattato stabilisce infatti che la carta shall not extend

in any way the competences of the Union as defined in the Treaties”.

La seconda innovazione in tema di diritti umani sancita sempre all’art.6 è l’accesso dell’U.E. alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo del 1950 e non il solo rispetto delle sue disposizioni cosi come previsto nelle precedenti versioni del trattato.

Ma sul tema delle minoranze il nuovo trattato non si occupa solo trasversalmente nell’ambito dei diritti umani ma si riferisce alla tematica in maniera espressa.

La disposizione particolarmente innovativa introdotta con la nuova formulazione del trattato è l’art. 2 che nel prevedere che l’Unione “si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di Diritto e del rispetto dei diritti umani”, ricomprende anche “i diritti delle persone appartenenti ad una minoranza”.

Article 2 del TEU procede affermando che questo valore “common to

the Member States in a society in which pluralism, nondiscrimination, tolerance […] prevail”.

Analizzando nello specifico il contenuto della disposizione prevista all’art.2 va messo in evidenza che questo non si riferisce alle minoranze bensì alle persone che appartengono alle minoranze.

Il che significa, sulla scia di quanto emerso dall’ analisi e dallo studio della Convenzione-Quadro per la protezione delle minoranze nazionali del 1995, il riconoscimento di veri e propri diritti soggettivi in capo ai singoli

soggetti minoritari, accogliendo pertanto la sola dimensione individuale e non quella collettiva di protezione.

Dalla previsione inoltre emerge come il sistema dei diritti delle minoranze appaia una sorte di lex specialis nel più ampio contesto dei diritti umani : general human rights and special minority can thus have a

mtually reinforcing effect.181.

Il riferimento alle minoranze senza alcuna tipo di aggettivazione ha dato vita ad un vivace dibattito sulle ragione di tale assenza.

Per alcuni studiosi dovrebbe comunque farsi riferimento alle sole minoranze nazionali in forza di un’argomentazione sistematica basata sul rinvio all’art. 21 della Carta di Nizza che esplicitamente si riferisce a soli questi gruppi minoritari.

Altri motivano l’assenza in considerazione del fatto che gli stati abbiano cosi facendo implicitamente ritenuto che in considerazione delle difficoltà di pervenire ad un’universale definizione di minoranze questa debbano essere intese nel più ampio senso possibile offrendo una tutela omnicomprensiva nei confronti di tutti i gruppi minoritari.

L’inserimento per la prima volta di un riferimento esplicito alle minoranze in un documento di primary law sicuramente aiuterà ad allontanare l’impressione che secondo la prospettiva europea la protezione delle minoranze sarebbe solo “an export article and not one for domestic

consumption”. 182

Tuttavia sulla reale efficacia di tale disposizione sul sistema di tutela delle minoranze non vi è accordo tra i commentatori.

Secondo alcuni la previsione avrebbe solo una portata simbolica, in quanto ad essa non si accompagna una specifica competenza all’unione in

181 DRZEWICKI, KRYSZTOF, “National Minority Issues and the EU Reform Treaty. A

Perspective of the OSCE High Commissioner on National Minorities”, in Security and Human

rights, 2008, 2, p.137.

tale materia né una politica di attuazione, né ancora fornirebbe le basi per obbligare gli stati membri ad introdurre azioni positive a favore delle minoranze ma va considerata solo una foundation on which it would be

difficult to build a solid edifice .183

Diversa opinione è sostenuta da coloro che ritengono che con il trattato di Lisbona si sia dato vita d un sistema sebbene embrionale di effettiva protezione nei confronti dei gruppi minoritari.

Sebbene infatti sia confermata in capo all’Unione una mancanza di competenza legislativa in tale settore è pur vero che la stessa ha la possibilità di legiferare su materie che hanno un’indubbia rilevanza nei confronti delle persone che appartengono alle minoranze.

Questo appare palese nel contesto dell’antidiscriminazione, un’area rispetto alla quale il Trattato di Lisbona è intervenuta mediante la previsione dell’art.10 del trattato sul funzionamento dell’Europa in forza del quale “in defining and implementing its policies and activities, the

Union shall aim to combat discrimination based on sex, racial or ethnic origin, religion or belief, disability, age or sexual orientation.”

Questa previsione va oltre l’art. 21 della carta di Nizza il quale si limitava a proibire le discriminazioni, a differenza dell’art. 10 che obbliga gli stati a combattere le stesse in vista del raggiungimento di una eguaglianza sostanziale.

Inoltre non meno rilievo assume la possibilità di attivare la particolare procedura di infrazione prevista dall’art.7 del trattato nei confronti degli Stati che non rispettino i valori espressamente sanciti nell’art.6 e tra i quali come abbiamo visto trova spazio il rispetto dei diritti delle persone appartenenti alle minoranze.

183 B. DE WITTE, The Constitutional Resources for an EU Minority Protection Policy, in G.