2.1. Febbraio – ottobre 1922: campagna anticlericale per la confisca dei beni ecclesial
2.2.1 Uno luogo sacro non è vuoto 237 : l’apertura del Museo
Rublev
Nel 1947, sulla scia dell’entusiasmo patriottico del dopoguerra, nell'anno che segnò l’800° anniversario della fondazione di Mosca, sul territorio del monastero Spaso-Andronikov, fu fondato il Museo Centrale della cultura antico-russa e dell'arte
235 EVGENIJ TARLE, Admiral Ušakov na Sredizemnom more, 1798- 1800
[L’ammiraglio Ušakov nel Mar Meditteraneo, 1798-1800], Moskva, Voenizdat, 1948, pp. 3-4.
236 Dopo che Israele rafforzò i suoi rapporti con l’Occidente, iniziò una forte campagna antisemita. Le persecuzioni per motivi legati alla nazionalità erano già avvenute in Unione Sovietica; basti pensare alla deportazione dei coreani in Estremo Oriente prima della Seconda guerra Mondiale o all’esilio in Siberia del 1943-44 dei popoli accusati di collaborazionismo, come i tartari e i Calmucchi.
Andrej Rublev238. Il suo primo direttore fu David Arsenišvili (1905-1963).
Al momento della fondazione del Museo il monastero era completamente distrutto. La collezione del museo si sarebbe formata letteralmente a poco a poco, in un clima di atteggiamento estremamente negativo dello stato nei confronti del patrimonio religioso nazionale. Le opere raccolte spesso richiesero un restauro accurato e lungo. Tuttavia, 13 anni dopo, il 21 settembre 1960, in piena epoca chruščeviana, in occasione dei 600 anni della nascita di Andrej Rublev, il museo fu inaugurato e furono presentati ai visitatori sale con decine di icone recuperate dai depositi e dalle pareti delle chiese in rovina. La raccolta di attività e restauro lavoro continua fino ai giorni nostri ed è parte integrante della vita quotidiana del museo.
Tutt’oggi il museo conserva ed esplora le opere d'arte sacra russa del periodo pre-petrino. L'esposizione, che si sviluppa su 4 piani, occupa più di dieci sale e introduce i visitatori a eccellenti esempi di arte religiosa dei secoli XI-XVII. 2.3. 1954: ripresa delle campagne religiose e persecuzioni di massa dei fedeli La lotta alla religione, che si era affievolita negli ultimi dieci anni di vita di Stalin, riprese con maggior vigore dal 1954. La fede in Dio fu un elemento di dissonanza con la nuova fase di sviluppo della ricerca scientifica e tecnologica. La politica anti-religiosa fu una manifestazione del processo di modernizzazione della società sovietica. Non fu colpita soltanto la Chiesa come istituzione, ma si cercò di penetrare nel profondo, iniziando dall’ideologia.
Il momento più acuto si registrò nella primavera del 1958. A maggio, il Comitato Centrale del Partito Comunista tenne una
238 FGBUK - Central’nyj muzej drevnerusskoj kul’tury i iskusstva imeni Andreja
riunione, in cui si discusse delle possibilità e dei mezzi da impiegare per rafforzare la campagna scientifico-ateista. Nel mese di ottobre, la Direzione del PCUS emanò un decreto, nel quale si obbligavano le sedi dei partiti locali e le organizzazioni pubbliche a condurre un’offensiva per sottrarre al popolo tutti i “resti di vita religiosa”. Si attuarono una serie di iniziative volte a moderare le attività culturale delle organizzazioni religiose; il Consiglio dei Ministri approvò due risoluzioni per limitare e controllare anche l’aspetto economico della Chiesa Ortodossa: O
monastyrjach v SSSR [Sui monasteri in URSS] e O nalogovom obloženii dochodov predprijatij eparchial’nych upravlenij [Sulla
tassazione del reddito degli uffici diocesani, e sui ricavi dei monasteri]. Sulla base di questi emendamenti, ci fu un aumento sulle tasse che ogni monastero dovette versare al governo e si vietò loro di ospitare persone al di sotto dei 30 anni.
Nacquero speciali organi statali per il controllo sulle organizzazioni religiose (il “Consiglio per gli affari della Chiesa Ortodossa Russa” e il “Consiglio per gli affari dei culti religiosi”), che ostacolarono l’ingresso dei giovani sovietici agli istituti di formazione religiosi. Nel novembre del 1958 il Comitato Centrale del Partito adottò una risoluzione O merach po
prekraščeniju palomničestv i tak nazyvaemym ‘svjatym mestam’
[Sulle misure per arrestare il pellegrinaggio nei cosiddetti «luoghi santi»]. Furono distrutte tombe e reliquie, aumentò il controllo sulla letteratura religiosa, furono prese “misure speciali” per ripulire le biblioteche dai “resti del passato” e si limitò la letteratura straniera. Per facilitare la propaganda ateista, si produssero decine di film a tema anti-religioso e si pubblicarono “lettere aperte” di sacerdoti che negavano la fede e rivedevano la propria posizione. Dal settembre 1959 vide la luce una speciale rivista mensile “Nauka i religija” [Scienza e religione]; il periodico si prefiggeva la formazione scientifica e atea del popolo, supportato dall’organizzazione di cicli di lezioni, convegni, seminari, scuole serali e corsi nelle università.
Nelle scuole superiori fu introdotto il corso obbligatorio di “ateismo scientifico”.
Nel 1961, la politica di controllo e limitazione si convertì in un vero attacco alla religione. Il 16 marzo il Consiglio dei Ministri varò due risoluzioni Ob usilenii kontrolja za vypolneniem
zakonodatel’stva o kul’tach [Rafforzamento del controllo
sull'applicazione della legislazione sui culti] e Ob uveličenii
naloga na služitelej religioznych kul’tov [Sull’aumento delle
imposte per i ministri dei culti religiosi]. Il primo emendamento diede pieni poteri alle autorità locali, che poterono decidere liberamente la chiusura degli edifici religiosi, snellendo e velocizzando le procedure di liquidazione. Il risultato fu la chiusura di 2992 chiese ortodosse, 31 sinagoghe e lo scioglimento di circa 2000 comunità musulmane. Con il secondo decreto, invece, si aumentò la tassazione sui servizi per tutti coloro che fossero coinvolti in attività religiose. Alle organizzazioni religiose fu vietato di “attirare” i bambini verso il culto della religione, organizzare assemblee e riunione, fare la carità, investire i fondi per la ristrutturazione di chiese e monasteri, pubblicare articoli e letteratura. Il clero perse ogni funzione; i preti erano solo lavoratori dipendenti, eletti da un organo del governo, per soddisfare il “fabbisogno religioso”. Il 13 settembre 1961 fu emanato un ulteriore provvedimento che riduceva in maniera drastica la lista dei beneficiari della protezione sindacale. In pratica, tutti i dipendenti delle organizzazioni religiose furono discriminati e non poterono iscriversi ai sindacati e godere della loro protezione. Il controllo dello stato scese fino al più piccolo dettaglio della vita di un uomo di chiesa: gli furono vietati gli spostamenti, anche nelle cittadine vicine; gli fu negato di fare riti religiosi in casa; non gli fu permesso di assistere i laici; gli fu negata la possibilità di scegliere il contenuto del sermone. Molti preti vennero arrestati per “violazione delle leggi sovietiche”. Chi non sottostava alle regole e veniva sospettato di dissidenza, veniva percosso bruscamente e in pubblico, a scuola o sul luogo di lavoro. Fu
rafforzata la repressione contro i fedeli e il clero. Nello stesso anno cominciarono i primi processi giudiziari contro i fedeli che non rispettavano il Codice Penale della Repubblica Socialista Federativa Sovietica Russa, in particolare: l’articolo 142 che sanzionava la violazione delle leggi sulla separazione della Chiesa dallo Stato e della scuola dalla Chiesa, con una pena che poteva arrivare fino a 3 anni di carcere; mentre l’articolo 227 puniva le attività di proselitismo e in sostanza quelle che avvenivano al di fuori dei luoghi di culto239. Nel biennio 1961- 1964 furono condannate diverse migliaia di rappresentanti di fedi religiose. Le misure prese in questi anni furono più aspre e dure del periodo precedente; si rafforzarono i programmi per diffondere l’educazione atea nelle scuole e si stabilì che, entro il 1980, si sarebbe costituita una società comunista integralmente atea. Oltre alle misure sopra descritte, si pensò di cancellare ogni festa religiosa e di sostituirla con nuovi riti sovietici.
Durante gli anni della campagna anti-religiosa, il numero di studenti iscritti alle scuole teologiche diminuì drasticamente rispetto al 1958, così come il numero di sacerdoti. Tuttavia, le misure prese non portarono i risultati sperati. La religiosità diminuì solo dell’1-2% nella popolazione e, in alcune regioni dell’Ucraina e della Moldavia, era addirittura aumentata.