La vita artistica di Leningrado nella seconda metà del XX secolo rappresentò un'immagine complessa, multiforme e contraddittoria nelle sue manifestazioni. Nel complesso alcuni anni del «disgelo» furono caratterizzati da una relativa libertà nella ricerca della forma e del carattere del linguaggio plastico nelle arti figurative, e furono particolarmente significativi per lo sviluppo di una coscienza artistica tra gli artisti della città.
336 GEORGIJ KIZEVAL’TER, Eti strannye semidesjatye ili Poterja nevinnosti. Esse,
interv’ju, vospominanija [Questi strani settantasettini o la perdita
dell’ingenuità. Saggi, interviste, ricordi], Moskva, Novoe literaturnoe obozrenie, 2010, p. 6.
Importanti modifiche furono introdotte dalla guerra nella vita della società leningradese. La guerra attutì un po' gli “umori antireligiosi” e la propaganda antireligiosa, nel dopoguerra, non fu così manifesta. Questo periodo, nonostante tutte le sofferenze e privazioni del sistema della tessera alimentare337, fu segnato da un risveglio vitale e da una ripresa eroica del lavoro. Un impulso potente fu dato dalla Grande Vittoria del 1945, ma ancora prima, in pratica subito dopo la fine dell'assedio di Leningrado, iniziarono i restauri nei musei e nei palazzi fuori città, furono riportati dai luoghi in cui erano stati evacuati numerosi oggetti d'arte, furono ricostruiti gli impianti distrutti. Nel più breve tempo furono restaurati i maggiori musei della città. Già alla data del 4 novembre 1945, dopo i lavori di restauro, furono aperte 69 sale dell'Ermitage (per un'estensione di più di 10000 metri quadrati); e se temporaneamente si entrò al museo dall'ingresso di via Chalturin338, dopo tre settimane, il 25 Novembre, i visitatori poterono nuovamente accedere dalla scalinata Iordanskij339. Per il primo anniversario della vittoria nella Grande guerra patriottica, il 9 maggio del 1946340, furono aperte le sale del primo piano del Museo Russo; il 7 novembre furono aperte tutte le sale.
Tra i primi musei a essere ricostituiti anche il Museo di storia della religione, che si trovava nella Cattedrale della Madonna di Kazan': in esso fu allestito una grande esposizione dedicata alla storia delle religioni del mondo; furono presentate alcune sezioni come «Le religioni della Cina», «Le religioni dell'Antico Egitto», «Religione e ateismo dell'Antica Grecia», «Origine del
337 La razione di pane giornaliera dei lavoratori era di 800 gr., degli impiegati 500 gr., delle persone a carico e dei bambini 300 gr.; oltre al pane, la razione mensile includeva, per i lavoratori, 1,5 kg. di carne, 800 gr. di burro, 900 gr. di zucchero e 2 kg. di grano (per gli impiegati, le persone a carico e i bambini due volte meno); nei mercati i prezzi degli alimenti razionati eccedevano di 4 – 6 volte rispetto al loro reale valore.
338 L'attuale via Millionnaja.
339 Da Iordan', rito della Chiesa Ortodossa legato al Battesimo di Cristo. 340 Conosciuto in Russia come Den' Pobedy.
cristianesimo», «Storia della religione ortodossa e dell'ateismo russo», «Storia del Papato e dell'Inquisizione», «Scienze naturali e religione» che lo resero celebre non solo in Unione Sovietica, ma anche all'estero. Furono attivate anche numerose mostre fotografiche itineranti, accompagnate dalle lezioni dei collaboratori scientifici.
Nella seconda metà degli anni Quaranta e negli anni Cinquanta videro la luce monografie dedicate a diverse questioni di storia della religione e libertà di pensiero341. Nel 1945 iniziarono i lavori di ricostruzione della Cattedrale di Sant'Isacco, e sebbene proseguirono fino al 1963, il museo aprì le porte ai visitatori già nel dicembre 1948, anche se l'esposizione del dopoguerra includeva solo alcuni settori («La Cattedrale di Sant'Isacco come monumento architettonico e storico-artistico», «Storia della costruzione della Cattedrale di Sant'Isacco», «Dalla chiesa al museo», «Il pendolo di Foucault»).
Pavlovsk, grazie agli sforzi del direttore del complesso (costituito dal palazzo e dal parco), Anna Zelenova, che aveva lavorato al metodo di ricostruzione scientifica già negli anni dell'assedio, divenne il primo sobborgo imperiale ricostruito dopo la guerra342. La ricostruzione dei monumenti distrutti restituì letteralmente alla gente una dimensione estetica, la
341 Negli anni dal 1957 al 1963 furono pubblicati sette volumi dell'«Annuario della Pace», fondamentale pubblicazione periodica di scienza delle religioni che mantiene il suo valore scientifico fino ai giorni nostri. Fino al 1955, anno della sua morte, a capo del museo ci fu l'esimio conoscitore di Storia delle correnti religiose B. Bonč-Bruevič, che visse stabilmente a Mosca e che da lì diresse il museo. Nel complesso tutte le attività del museo dal 1944 al 1960 furono realizzate alle dipendenze e con la partecipazione di M. Šachnovič, vice-direttore per gli affari scientifici. In anni diversi con il museo collaborarono I. Amusin, P. Boriskovskij, B. Bogaevskij, S. Balk, A. Gorfunkel', A. Klibanov, I. Klibanov, S. Lozinskij, S. Lur'e, A. Makovel'skij, M. Mat'e, V. Rutenburg, A. Predtečtnskij, V. Propp, A. Ranovič, V. Struve, A. Okladnikov, V. Šarevskaja, V. Šaskol'skij, e altri
342 Le prime sale del palazzo furono aperte ai visitatori nel 1957. Utilizzato per la prima volta a Pavlovsk, il metodo di ricostruzione scientifica, elaborato sotto la direzione di Anna Zelenovа, trovò un largo impiego non solo nella ricostruzione dei sobborghi imperiali di Leningrado, ma anche in altri progetti, sia in Russia che all'estero.
sfera del bello; il lavoro eroico dei restauratori (come pure in precedenza gli artisti343 rimasti nella città sotto assedio) fu associato inconsciamente a un servizio cristiano disinteressato. Immaginiamo che questo poté avere influenza nella formazione della visione del mondo ortodossa e, di conseguenza, nell'apertura al tema religioso.
Sostenendo durante la guerra i migliori e i più forti lati dello spirito umano, la vita teatrale di Leningrado, al pari dell'attività espositiva, non si era spenta. Già nel febbraio del 1943 tornò da Kirov la compagnia del Grande Teatro d'Arte drammatica, dove era stata evacuata dall'agosto 1941; nel 1944, con l'opera «Ivan Susanin344» di Michail Glinka, aprì nella città liberata la nuova stagione il Teatro Marinskij, tornato dal periodo di evacuazione a Perm'. Nel 1944, per decisione del Comitato Esecutivo locale345, venne fondato il Piccolo Teatro d'Arte drammatica, noto attualmente con il nome di «Teatro d'Europa»346. Negli
343 Sull'attività dell'Unione dei pittori negli anni di guerra, vedi: IRINA NIKIFOROVSKAJA, Chudožniki osaždennogo goroda. Leningradskie chudožniki v
gody Velikoj Otečestvennoj vojny [Pittori della città assediata. Pittori di
Leningrado negli anni della Seconda Guerra Mondiale], Sankt-Peterburg, Iskusstvo, 1985.
344 La vicenda è ambientata nel cosiddetto “Periodo dei Torbidi”, tra la fine del XVI secolo e l’inizio del XVII. Ivan Susanin era un contadino che, fingendosi un traditore, propose di guidare un esercito di polacchi per uccidere lo zar della nuova dinastia dei Romanov, Michail. Invece, Ivan condusse i polacchi in una palude e quando questi scoprirono l’inganno, lo uccisero. Ma Ivan morì felice di aver dato la sua vita per lo zar e la fede ortodossa. Questo mito prese corpo all’epoca delle guerre napoleoniche come espressione del patriottismo popolare e fiorì nell’ideologia nazional- romantica dell’età della Restaurazione, quando Glinka ne scrisse la prima opera russa, Una vita per lo zar. Nel 1834 Nicola I fece costruire un monumento a Susanin come eroe che si era battuto per la difesa della Santa Russa. All’epoca dei bolscevichi, Susanin sparì dalla memoria nazionale e il suo monumento fu distrutto. Ma alla fine degli anni ’30 Stalin decise di attingere dal mito per stimolare il patriottismo di massa. L’opera tornò a essere rappresentata con il titolo Ivan Susanin e Stalin ne seguì personalmente la sceneggiatura, facendo modificare alcuni episodi.
345 Oblastnoj ispolnitel'nyj komitet, organo esecutivo del Soviet locale. 346 Dapprincipio questo teatro non aveva un preciso programma artistico né un proprio stabile, e gli spettacoli avvenivano, essenzialmente, solo nelle
studi della «Lenfilm», durante gli anni del dopoguerra, furono realizzati film diventati capolavori dell'arte cinematografica347. All'inizio degli anni '50, in conformità con il piano generale di sviluppo di Leningrado adottato nel 1951, incrementò significativamente l'edilizia, mentre furono distrutte ampie arie verdi348. Nel 1955 fu aperto il primo tratto della metropolitana; l'atrio della stazione «Puškinskaja» fu abbellita dalla statua del poeta, scolpita da Michail Anikušin. Su suo stesso progetto fu realizzato il monumento a Puškin, eretto nel 1957 in piazza delle Arti. L'aspetto della città divenne più signorile, rispecchiando in un certo modo anche il rinnovamento dei «destini» dei cittadini.
Un particolare avvenimento nella vita artistica della città, che segnò l'inizio di una nuova tappa nell'interesse per l'antica Rus', fu la pubblicazione, nel 1950, del Slovo o polku Igoreve349 [Canto piccole città e nei villaggi della regione. Prevalentemente tra gli anni '60 e '80 furono rifondati quasi tutti i teatri esistenti fino alla guerra, e se ne aprirono di nuovi.
347 Dal 1941 al 1944 gli studi furono evacuati ad Alma-Ata, tuttavia gli operatori rimasti effettuarono riprese al fronte e nella città liberata. Già nel 1950 alla «Lenfilm» fu girato il primo film a colori («Musorgskij», del regista G. Rošal'), nel 1954 fu realizzato il primo allestimento congiunto di «Gli eroi dello Šipka [vetta dei Balcani nel territorio bulgaro, ndt]» (URSS-Bulgaria, per la regia di S. Vasil'ev), e già nel 1963 apparve il primo film su pellicola da 70 mm [al posto di quella usuale da 35 mm, ndt] («L'attrice contadina», regia di R. Tichomirov). Negli anni '50 e '60 videro la luce altri significativi film della vecchia e della nuova generazione, come «Estranea parentela» (1955) di M. Švejtser, «La signora col cagnolino» (1960) di I. Chejfits, «Sangue fraterno» (1963) di M.I. Eršov, «Amleto» (1964) di G. Koznicev; «Il capo della penisola dei Čiučki» (1966) di V. Mel'nikov, e altri. 348 Giova ricordare che la “città–eroina” Leningrado scontò duramente il suo atto eroico: in seguito al “caso Leningrado” vi furono aspre repressioni negli anni tra il 1949 e il 1951; fu vietato tutto ciò che aveva a che fare con l'eroica resistenza della città. Una parziale riabilitazione avvenne già dopo la morte di Stalin e la fine del suo periodo di terrore, nel 1954. E sebbene nel 1947 fosse stato interrotto il sistema della tessera alimentare e, allo stesso tempo, fosse stata condotta una riforma monetaria, solo verso la metà degli anni Cinquanta si profilarono alcuni miglioramenti, quando le paghe raggiunsero l'entità che avevano prima della guerra.
349 Il “Canto della schiera di Igor’, figlio di Svjatoslav, nipote di Oleg” è un poema anonimo, risalente al XII secolo e scritto in antico slavo orientale. Si
della schiera di Igor’] e della Povest’ vremennich let350 [Cronaca di Nestore] tradotti e commentati da Dmitrij Lichačëv. È difficile sminuire il ruolo di questo esimio studioso e personaggio pubblico. Proprio nel 1955 intervenne per primo sulla “Literaturnaja gazeta” [Gazzetta Letteraria] con un articolo in difesa dei monumenti dei tempi passati.
Nel 1956, con l'arrivo di Georgij Tovstonogov al Grande Teatro d'Arte Drammatica, si aprì una nuova epoca nella vita teatrale di Leningrado: ogni spettacolo del Maestro divenne un chiaro avvenimento, che colpì per originalità e per la novità dell'interpretazione. Nel 1955, sulle scene del teatro Puškin (Aleksandrinskij), Grigorij Kozincev mise in scena un in precedenza «non consigliabile» Amleto, e presto molti teatri del Paese trattarono le pièce shakesperiane. E l'adattamento cinematografico negli studi della «Lenfilm» del «Don Chisciotte» (1957, per la regia di Kozincev) divenne un avvenimento clamoroso anche per un altro motivo: fu il primo film di largo formato a colori.
Nel 1959 fu aperta a Leningrado un'esposizione di pittura inglese, e per la prima volta furono esposti i lavori di John Constable, William Turner, dei Preraffaelliti e anche dei Surrealisti e degli Astrattisti. Proprio in questi anni avveniva la legalizzazione dell'arte europea contemporanea.
Dalla fine degli anni Cinquanta agli anni Sessanta l'intelligencija artistica si attivò, intraprendendo tentativi di “allargare” lo spazio creativo. Nelle esibizioni dei pittori più influenti si osservarono tentativi di reinterpretazione delle tradizioni, un
narra l’infelice sconfitta del 1185 dell’esercito russo, guidato dal principe Igor’, contro un popolo del Mar Nero, i polovcy [Polovesiani].
350 Letteralmente “Cronaca degli anni passati”, è conosciuta come “Manoscritto Nestoriano” o “Cronaca di Nestore” dal nome del monaco Nestor, al quale vienne attribuita la stesura. È la più antica cronaca russa, stilata a Kiev intorno al 1116. Narra la storia della Rus’ kieviana dall’’850 al 1110 circa.
tangibile e costante appello alla personalità dell’artista, che assume la consapevolezza di una grandezza autosufficiente. Ma, allo stesso tempo, durante il periodo di Chrušëv si rinforzò la «linea ateistica». Il Museo Statale di Storia della religione e dell'ateismo (che ricevette questa denominazione già nel 1954, quando ricadde sotto il controllo dell'Accademia delle Scienze dell'URSS) nel 1961 fu messo sotto la direzione del Ministero della Cultura sovietico, e proprio da questo momento si profilò un cambio di rotta dell'attività del museo verso una manifesta propaganda ateistica che non poteva non riflettersi sia nell'attività scientifica, che nell'attività espositiva. Le trasformazioni riguardarono anche la Chiesa-Museo di S. Isacco, che nel 1963 divenne filiale del Museo Statale di Storia di Leningrado (comunque già nel 1969 il Ministero della Cultura, dopo aver considerato il particolare valore artistico della chiesa e la sua unicità, la rese un’istituzione museale autonoma). Nel dicembre del 1962, dopo la partecipazione di Chrušëv alla Mostra del «Maneggio» («Trent'anni dell'Associazione dei Pittori di Mosca», il primo Dicembre351), e dopo il primo incontro dei rappresentanti del partito e del Governo con i giovani artisti dell'intelligencija (il 17 Dicembre), cominciò la campagna contro le tendenze innovatrici nell'arte nazionale. Un'ondata di controlli e perquisizioni da parte del KGB colse appartamenti e studi «sospetti». Dal 1963, considerato l'anno finale del «disgelo» chrušëviano, divennero oggetto di attacchi da parte degli organi anche i Musei di Stato.
Nel 1964 un gruppo di “artisti liberi” Viktor Kravčenko, Oleg Ljagačev, Viktor Ovčinnikov, Michail Šemjakin e Vladimir Ufljand (quest’ultimo più noto come scrittore che come artista) riuscirono ad allestire una mostra dei propri lavori nella galleria Rastrelli dell’Ermitage, poiché lavoravano nel museo come
351 Si veda: IRINA ALPATOVA, LEONID TALOČKIN, NATAL’JA TAMRUČI, Drugoe
iskusstvo: Moskva 1956-1988, [L'altra arte. Mosca, 1956 – 1988], Moskva,
ausiliari. La mostra restò aperta solo per due giorni, il 30 e il 31 marzo. Dato che l’iniziativa non fu sanzionata dalla direzione, il direttore Michail Artamonov fu licenziato e il suo vice, il celebre storico dell’arte Vladimir Levinson-Lessing fu costretto ad andare in pensione. La repressione colpì pure coloro che, visitando la mostra, avevano lasciato dei commenti positivi sul libro degli ospiti
Nello stesso periodo furono organizzate una mostra del gruppo Peterburg [Pietroburgo], composto da Anatolij Vasil’ev, Oleg Ljagačev, Michail Šemjakin 352 , nell’appartamento del collezionista Lev Kacnel’son (1963), un’esposizione degli artisti Kirill Lil’bok e Jurij Sorokin (1965), una collettiva artistica nello studio di Ovčinnikov (1971) e una mostra di 23 artisti nell’appartamento di Kostantin Kuz’minskij (1974).
La partecipazione a mostre non ufficiali fu condannato, così come tutte le attività non regolamentate dal partito. Il potere sovietico si rese conto che qualsiasi manifestazione del libero pensiero, anche in forma artistica, minava le basi della sua stabilità e la sua influenza sulle menti e sui sentimenti del cittadino. Verso questo periodo si formò la «consolidata» tradizione delle mostre allestite negli appartamenti dagli anticonformisti, che rappresentò una delle sfere base dell'“altra” vita artistica di Leningrado (se ne ha riscontro dal 1965353). Per molti esse diventarono l'alternativa a tutta quella attività espositiva monopolizzata, «sanzionata», che era controllata dagli organi di partito.
Nello stesso anno della Bul’dozernaja vystavka di Mosca, dal 22 al 25 dicembre a Leningrado, presso il Palazzo della Cultura
352 Secondo i racconti di Kostantin Kuz’minskij, Michail Šemjakin vendette alcuni quadri a un’americana, Dine Verni, che lo pagò in jeans e dischi, che arrivarono in Russia con l’aiuto di turisti. Šemjakin vendette il materiale e utilizzò il ricavato per l’acquisto di vernici al mercato.
353 Si veda: LEV GUREVIČ, Vystavki neoficial’nych chudožnikov [Le mostre dei pittori non ufficiali], in Novyj chudožestvennyj Peterburg [La nuova Pietroburgo dell'arte], Sankt-Peterburg, Editrice N.I. Novikov, 2004, pp. 77 – 100.
Ivan Gaz, con il permesso ufficiale delle autorità cittadine, furono presentati i lavori di 52 artisti, per un totale di 220 opere. I giorni dell’apertura della mostra erano stati scelti con un intento ben preciso. Il potere, infatti, sperava che molti diplomatici stranieri non potessero prendervi parte, in quanto impegnati con le festività religiose per la celebrazione del Natale cattolico. La situazione reale fu molto diversa delle aspettative iniziali. La mostra ebbe esiti sensazionali. Certamente, mostre di artisti non ufficiali si erano svolte anche precedentemente, ma nessuna aveva visto la partecipazione di 52 artisti contemporaneamente. Il numero di persone che si auspicò di vedere la mostra di artisti indipendenti fu così alto, che la fila lungo il perimetro del palazzo si sviluppò per diverse centinaia di metri e la stampa estera diede nuovamente grande impulso alla vicenda. L’anno successivo, nel 1975, si organizzò una mostra di artisti- non conformisti leningradesi al Palazzo della Cultura “Nevskij”. Parteciparono più di 80 artisti, tra cui anche alcuni membri dell’Unione degli Artisti. Dato il numero elevato di visitatori, si decretò la lunghezza di ogni tour. Ogni visita poté durare solo 40 minuti, e ciò volle dire che ci si poteva soffermare su ciascun quadro per non più di 5 secondi. Gli organizzatori della mostra sottoposero ai visitatori un questionario per chiarire quali fossero i motivi che li avevano spinti a visitare la mostra e quali emozioni essa avesse prodotto in loro. I risultati mostrarono un vivo interesse della maggior parte degli spettatori per l’arte non ufficiale e il desiderio di vedere in futuro simili esposizioni. L’indebolimento del controllo statale permise un proliferare di artisti non allineati. Per molte persone, questi eventi non regolamentati dalle autorità acquisirono un significato simbolico, il cui valore fu associato con i primi passi verso il superamento del regime totalitario e la possibilità di esprimere liberamente la propria opinione nella forma desiderata. Queste mostre insegnarono un nuovo tipo di comportamento, la capacità di pensare e sentire liberamente e criticamente. Fu
significativo percepire come il campo delle arti visive fosse diventato espressione del libero pensiero354.
Un gruppo di artisti non ufficiali, capeggiati da Jurij Žarkich, si rivolse al potere con la richiesta di organizzare una mostra. Dopo varie trattative, si raggiunse un compromesso. La sessione statale della Cultura si sarebbe fatta carica dell’affitto degli spazi presso il Palazzo di Cultura Ivan Gaz, mentre l’allestimento della mostra sarebbe stato a carico degli artisti; l’ingresso sarebbe stato gratuito. Nella tipografia della fabbrica Kirovskij furono stampati 500 inviti. Si discusse molto sul nome da dare all’esposizione. Il governo propose la dicitura “Mostra di artisti indipendenti”, ma gli artisti rifiutarono in tronco. Così i visitatori furono semplicemente invitatati alla “Mostra di opere di pittura, scultura e grafica”. I lavori esposti non avrebbero dovuto contenere elementi pornografici, religiosi o di propaganda antisovietica. Ma i confini di tali categorie furono sempre vaghi e fumosi. Bisogna notare che molti artisti non si sarebbero mai aspettati l’appoggio statale. Ciò creò anche ansia e tensione tra molti esponenti, che all’ultimo minuto, deciso di non prendere parte alla manifestazione. Tuttavia, il coraggio degli artisti fu premiato dal numero elevatissimo di visitatori. Furono concessi venti minuti per la visita alla mostra. Possibilmente, le intenzioni del partito erano altre. Forse il potere si aspettava una reazione negativa dei visitatori alla vista di quelle opere. Invece, dei 1465 giudizi lasciati, 901 erano positivi, 491 negativi e 415 neutrali.
Come gli stessi artisti riconobbero, la mostra non si distinse per la qualità dei lavori, che furono molto mediocri, ma per l’impatto che ebbe sugli spettatori. La polizia e il limite imposto di 20 minuti per ogni visita fecero sì che il visitatore andasse via con un senso di scontentezza, ma stimolato mentalmente. Fu
354 Ci sono molte prove analitiche che dimostrano la priorità delle informazioni visive nella cultura moderna, come evidenziato in alcuni scritti di Umberto Eco e Theodor Adorno.
importante non la qualità dei lavori, ma il fatto stesso che la mostra fosse stata allestita.
I successi della mostra al Palazzo di Cultura Ivan Gaz furono ripetuti dal 10 al 20 settembre 1975 presso il Palazzo di Cultura