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L’uso distorto del diritto brevettuale con riferimento al mercato farmaceutico

4.1.1 (segue) Proprietà intellettuale e rifiuto a contrarre Passando alle implicazioni in materia antitrust, si rilevi innanzitutto la non

4.2 L’uso distorto del diritto brevettuale con riferimento al mercato farmaceutico

Negli ultimi anni, hanno fatto molto discutere alcuni casi di abuso, con implicazioni in materia di proprietà intellettuale, verificatisi nel settore farmaceutico398 . Preliminarmente, occorre sottolineare la pur ovvia

importanza che l’evoluzione della scienza medica riveste per la società. La ricerca in materia assume una chiara funzione strumentale rispetto all’attuazione del diritto alla salute sancito all’art. 32 della Costituzione, rapporto che potrebbe far ritenere, almeno in linea di principio, inopportune le limitazioni che conseguirebbero dal riconoscimento del diritto di privativa sui principi attivi e sugli strumenti di cura in generale. Eppure, la ricerca biomedica non sfugge alle medesime osservazioni già fatte rispetto alla necessità di garantire adeguati incentivi alla ricerca riconoscendo i diritti di privativa, la cui mancanza non potrebbe che scoraggiare i privati dal porre in essere gli ingenti investimenti necessari al progresso e causare, verosimilmente, un detrimento della concreta tutela della salute in ragione delle minori innovazioni conseguibili.

397 Cfr. Orientamenti, p. 87; La Commissione di riferisce ancora al caso Microsoft per attribuire alla

dominante la possibilità di dimostrare, seguendo i criteri dell’efficiency defense, “i potenziali effetti negativi prodotti dall’obbligo di fornitura sul suo livello di innovazione” [ivi, p. 90]

398 Cfr. AGCM, provv. n. 15175/2006, A363, Glaxo-Principi Attivi; AGCM, provv. n. 22558/2011, A415, Sapec Agro/Bayer-Helm; CG, sent. 6 dicembre 2012, C‑457/10 P, AstraZeneca; AGCM, provv. n.

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Prendendo atto di tali implicazioni, il legislatore ha previsto la tutela brevettuale anche rispetto alle invenzioni con impiego in campo biomedico, sempre riconoscendo la durata ventennale della privativa. Alla scadenza del periodo, viene consentito anche ai concorrenti del titolare del brevetto di adoperare i principi attivi per finalità commerciali, ottenendo l’autorizzazione a immettere in commercio i farmaci c.d. generici: prodotti idonei al medesimo impiego previsto per i farmaci di riferimento, ma commercializzati ad un prezzo notevolmente inferiore. Tuttavia, le peculiari esigenze di carattere pubblico rendono necessario subordinare all’immissione in commercio di un nuovo farmaco all’Autorizzazione all’Immissione in Commercio (AIC) – emanata dall’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco) in seguito all’espletamento degli appositi controlli – con la conseguenza di lasciar decorrere anche diversi anni dal momento in cui la casa farmaceutica ottiene il brevetto, al momento in cui viene consentita la commercializzazione del relativo prodotto.

Al fine di integrare, anche solo parzialmente, il periodo di vigenza della privativa “inutilmente” decorso, salvaguardando i suddetti incentivi all’innovazione alla base del diritto brevettuale, viene prevista la possibilità di ottenere un “certificato complementare”, con esclusivo riferimento alle invenzioni industriali relative alla ricerca biomedica, allo scopo di prolungare otre l’ordinario periodo ventennale la scadenza della protezione brevettuale399.

Il brevetto e i relativi certificati complementari, possono conseguirsi anche attraverso la domanda all’Ufficio Europeo dei Brevetti, ottenendo protezione negli ordinamenti degli Stati membri, specificamente indicati dal richiedente, in seguito all’espletamento della procedura di convalida

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nazionale. Il relativo intreccio di procedure, tuttavia, può prestarsi ad un uso improprio e sproporzionato rispetto alle ragioni alla base della privativa, ritardando indebitamente la scadenza della protezione brevettuale ai danni dei genericisti e dei consumatori.

Ciò è quanto venne appurato con riferimento al caso “AstraZeneca”, laddove la Corte di Giustizia introdusse un indirizzo tale da ripercuotersi profondamente nei rapporti fra antitrust e proprietà intellettuale.

Nello specifico, l’abuso “atipico” integrato da AstraZeneca si articolava in due distinte condotte, parte di un’unitaria strategia escludente, delle quali una prima, consistente nel rilascio di dichiarazioni ingannevoli agli uffici brevetti di diversi Stati dell’Unione, finalizzata all’ottenimento dei certificati complementari a protezione del farmaco “Losec” 400 nonostante

l’assenza delle condizioni prescritte, ed una seconda sostanziatasi nella richiesta di revoca dell’AIC relativa al suddetto farmaco in tre Stati, contestualmente alla richiesta di autorizzazione all’immissione in commercio del “Losec MUPS” (versione differente del farmaco basata sullo stesso principio attivo del Losec)401.

La condotta determinò una preclusione anticoncorrenziale nei confronti dei “genericisti”, determinando un’incertezza circa la commercializzazione del principio attivo attraverso farmaci generici nonostante la scadenza del brevetto originario402. In sede di riesame, il Tribunale avallò in larga parte

400 “[…] medicinale a base di omeprazolo, utilizzato nel trattamento di patologie gastrointestinali legate

all’iperacidità e, in particolare, per inibire in maniera proattiva le secrezioni acide dello stomaco, è stato il primo sul mercato ad agire direttamente sulla pompa protonica, che è l’enzima specifico all’interno delle cellule parietali, lungo le pareti dello stomaco, che pompa acido nello stomaco.” [Ivi, p. 15]

401 Cfr. CG, sent. 6 dicembre 2012, C‑457/10 P, AstraZeneca, p. 18

402 “Secondo la Commissione, tali operazioni miravano ad assicurare che i produttori di omeprazolo

generico non potessero accedere alla procedura di registrazione abbreviata prevista ai sensi dell’articolo 4, terzo comma, punto 8, lettera a), sub iii), della direttiva 65/65, e avevano altresì la conseguenza che gli importatori paralleli perdessero le loro licenze. La Commissione contestava in particolare alle

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le valutazioni della Commissione403 e la relativa sentenza venne in seguito

confermata dalla Corte di Giustizia, la quale contribuì a chiarire gli aspetti più controversi della vicenda. In particolare, rigettando le censure nelle quali la ricorrente sottolineava la correttezza della seconda condotta imputata rispetto alle procedure normalmente previste in materia brevettuale, la Corte affermò che:

“[…] l’illegittimità di un comportamento abusivo alla luce dell’articolo [102] non ha alcuna relazione con la sua conformità o meno ad altre norme giuridiche, e gli abusi di posizione dominante consistono, nella maggioranza dei casi, in comportamenti peraltro legittimi alla luce di branche del diritto diverse dal diritto della concorrenza.”404

L’indirizzo della Corte chiariva inequivocabilmente che i comportamenti leciti in base a differenti normative, anche se estranei rispetto ai normali mezzi impiegati nel “gioco della concorrenza”, possono risultare suscettibile di determinare una distorsione nel mercato, infrangendo la speciale responsabilità che grava sull’impresa in posizione dominante405.

ricorrenti lo sfruttamento strategico del contesto normativo al fine di tutelare artificialmente dalla concorrenza i prodotti che non erano più protetti da un brevetto e per i quali era scaduto il periodo di esclusiva dei dati.” [Ivi, p. 19]

403 Eccezion fatta l’abusività della revoca delle autorizzazioni per il commercio del farmaco,

limitatamente ai mercati danesi e norvegesi: “occorre tuttavia accogliere il secondo motivo nella misura in cui deduce un errore della Commissione là dove questa ha ritenuto che il comportamento censurato costituisse un abuso di posizione dominante in Danimarca e in Norvegia dal momento che restringeva il commercio parallelo delle capsule di Losec. Infatti, la Commissione non ha sufficientemente dimostrato che la revoca delle autorizzazioni all’immissione in commercio delle capsule di Losec fosse idonea a restringere le importazioni parallele di capsule di Losec in questi due paesi. [Trib. I grado, sent. 1 luglio 2010, T‑321/05, p. 865]

404 Cfr. CG, sent. 6 dicembre 2012, C‑457/10 P, AstraZeneca, p. 132

405 “[…] la presentazione alle autorità pubbliche di informazioni ingannevoli, idonee a indurle in errore

[…] costituisce una pratica estranea alla concorrenza basata sui meriti, che può essere particolarmente restrittiva della concorrenza. Simile comportamento non corrisponde alla responsabilità particolare che incombe ad un’impresa in posizione dominante di non compromettere, con un comportamento estraneo alla concorrenza basata sui meriti, lo svolgimento di una concorrenza effettiva e non falsata nel mercato comune” [Ivi, p. 355]

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In effetti, attraverso l’indebito prolungamento dell’esclusiva, AstraZeneca provocava un danno rilevante ai sistemi sanitari nazionali oltre che un’indebita restrizione del mercato ai danni dei produttori di farmaci generici. La chiara contrarietà all’art. 102 del Trattato FUE, non sarebbe venuta meno neanche in ragione dell’eventuale sussistenza di rimedi specificamente previsti dalla normativa brevettuale, posta l’autonomia riconosciuta all’enforcement antitrust406.