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Capitolo 3 Metodologia di Costruzione della

3.4 Metodologia di annotazione

3.4.5 Varianti linguistiche

3.4.5.1 Varianti regionali e social

Malgrado Forlixt 1 non sia stato costruito in maniera specifica per lo studio delle varietà regiolettali, dialettali e sociali, il supporto multimediale consente di analizzare le caratteristiche fonologiche, morfologiche, sintattiche e lessicali delle varianti prese in esame, anche in mancanza di una trascrizione fonetica mirata. Per quanto riguarda la categoria regioletto, questa include etichette specifiche che identificano le possibili aree di variazione geografica (nord, centro, sud, est, ovest). Ciò consente di attribuire le etichette in maniera trasversale alle varie lingue presenti nel database senza utilizzare denominazioni specifiche, come invece succede per i dialetti. È naturale che nella fase di “spoglio” e confronto interlinguistico, l’etichetta sud connoterà varietà nazionali distinte, a seconda che venga attribuita a scene in cui si parla italiano, francese o tedesco. L’altra categoria di variazione diatopica è il dialetto, che include etichette specifiche per ciascuna lingua, nella misura in cui per alcune di esse è ancora possibile parlare di “dialetto”.38 Anche questa categoria è soggetta a integrazioni continue man mano che nuovi film sono inseriti. I dialetti sinora identificati sono: piemontese, lombardo, siciliano, romano, emiliano, napoletano, veneziano, toscano, provenzale, Berlinisch, Bayerisch, Hessisch, Koelsch. Entrambe, regioletto e dialetto, sono abbinate tipicamente nel corpus ad altre etichette specifiche quali le varianti di registro (cfr. più avanti). La tendenza strutturale dell’italiano ad associare in maniera esclusiva usi bassi, in senso diafasico e diastratico, con usi regionali e dialettali, porta spesso a una normalizzazione del codice e a un

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Berruto (1993) parla al riguardo di “enunciazione mistilingue” indicando con questa espressione l’uso alternato di (varietà di) italiano e (varietà di) dialetto nel corso dello stesso evento comunicativo da parte dello stesso parlante o, addirittura, all'interno della stessa battuta o frase.

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Nello spazio d’uso del francese metropolitano, la variazione diatopica è minima e in forte regressione da almeno due secoli cosicché nella tradizione linguistica francese più che di dialetto si parla di patois, che costituisce una varietà intermedia fra varietà regiolettale e varietà dialettale, rispetto all’accezione comunemente utilizzata per descrivere la situazione sociolinguistica dell’italiano (Blanche-Benveniste/Jean-Jean 1987: 61-65; Gadet 1989).

appiattimento della varietà nella trasposizione da e verso altre lingue anche vicine, come il francese, contraddistinto da una forte variazione in senso diafasico e diastratico, quasi del tutto scevra, però, da marcatezza diatopica. I diversi percorsi storici di unificazione nazionale, di politica linguistica, e di concentrazione di immigrati, dimostrano, infatti, come sia problematico stabilire una classificazione interlinguisticamente valida, non solo sull’asse diatopico, ma anche su quello diastratico, poiché le informazioni extralinguistiche veicolate dall’impiego di un dialetto o di un socioletto sono intrinsecamente ancorate a ogni cultura (Valentini 2007).

Per quanto riguarda le varietà diastratiche o sociali, la banca dati prevede l’annotazione della macro-categoria del gergo. In senso proprio, per gergo s’intende la lingua parlata da gruppi sociali marginali: vagabondi, mendicanti, ambulanti, malviventi. È però assai diffuso un uso estensivo e improprio del termine gergo: il gergo dei medici, il gergo dei giornalisti, il gergo sportivo. In questa accezione, con il termine gergo si allude a un tipo di linguaggio settoriale o tecnico, cioè a una terminologia specifica legata a un’attività che nel database verrà segnalata da un apposito attributo. A metà tra uso proprio e improprio del termine gergo stanno le espressioni gergo militare e gergo giovanile. Posto che, anche questo uso estensivo è in parte improprio, perché non si tratta di gerghi storici in senso stretto, vi è però un’indubbia comunanza tra le lingue speciali, militare, studentesca, giovanile e i gerghi storici che forniscono loro parte dei termini usati. Le lingue speciali militare e giovanile possono quindi essere definite “gerghi transitori” cioè gerghi in uso in determinate fasce di età (i giovani) e in determinate condizioni (servizio militare).39 A tal riguardo, Berruto (1987: 155 e ss.) distingue tra lingue speciali in senso stretto, lingue speciali in senso lato e gerghi, che dispongono di un lessico particolare, con propri meccanismi semantici e di formazione delle parole, ma senza il carattere di nomenclatura, e sono legati non a sfere di argomenti ed aree extralinguistiche, ma piuttosto a gruppi o cerchie di utenti, con funzione criptica e di antilingua (Halliday 1983). Nella banca dati sono stati pertanto classificati sotto la categoria gergo gli attributi: giovanile40, militare, malavitoso (che include quello mafioso), poliziesco, bambinesco (baby

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Vedasi Sanga (1993) per una disamina specifica delle caratteristiche linguistiche del gergo. 40

talk), mentre tutte le altre varietà di lingue speciali, seguendo la tassonomia illustrata, sono state incluse nella categoria linguaggi specialistici (cfr. più avanti). Altra etichetta che interessa un fenomeno di particolare importanza, soprattutto nel parlato filmico, è quella dell’idioletto, inteso come repertorio linguistico individuale, nel caso specifico, di un personaggio/attore. L’etichetta identifica la somma delle variazioni personali rispetto a uno standard linguistico (Cardona 1988), ivi inclusi tratti squisitamente individuali, quali fatti paralinguistici (qualità e impostazione della voce) e rumori e manifestazioni foniche varie che possono accompagnare la produzione verbale, nonché tic linguistici, intercalari, ecc.

Ulteriori caratteristiche significative della variabilità linguistica sono indicate da attributi quale quello di lingua franca, che contraddistingue un tipo funzionale di lingua usata come mezzo di comunicazione veicolare tra parlanti o gruppi di parlanti di diversa lingua materna (Berruto 1995: 206) e quello di lingua parlata da stranieri, che connota, nell’accezione da noi utilizzata, qualunque varietà di lingua seconda parlata da stranieri, nonché tentativi di madrelingua di imitare detta lingua (foreigner talk). È stata, infine, creata la categoria altre caratteristiche specifiche che riunisce etichette altrove non classificate come i forestierismi, indicanti i prestiti di tipo lessicale, sintattico, morfologico o fonetico, che una lingua deriva da un’altra lingua; i neologismi e la variante nazionale, che recensisce i casi in cui si abbia a che fare con lingue parlate in più paesi.