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ANALISI DEL POTENZIALE TURISTICO LOCALE

2.4 I vecchi mulini e l'architettura rurale

L'ambiente rivierasco sembra irriconoscibile oggi, rispetto a ciò che riportano in dettaglio i documenti antichi e le memorie dei suoi abitanti.

Ville, casoni, insediamenti rurali hanno beneficiato per lungo tempo della ramificata idrografia insita in questo territorio che ha dato luogo ad una vera e propria “civiltà del mulino ad acqua”. L'abilità dell'uomo nello sfruttare l'acqua per generare forza idrica fu fondamentale nello sviluppo di una forte economia.

La costruzione dell'alveo di Battaglia favorì l'installazione di un numero consistente di mulini dislocati tra Mezzavia, Rivella, Bagnarolo e la nascita, tra l'altro, del primo centro protoindustriale di Battaglia dove, oltre agli impianti molitori, trovano spazio i folli da panni, il maglio da ferro e l'unica cartiera padovana attiva nei secoli XIV- XVIII. A Battaglia era situata la foce artificiale delle acque provenienti dal canale Bisatto e dal canale Battaglia, scaricate dal manufatto regolatore, denominato Arco di Mezzo, che diede vita ad un dislivello di oltre sette metri, così che le acque dirette nel canale Vigenzone venivano incanalate per diversi metri al fine di poter sfruttare l'energia idraulica che si veniva a creare.107

L'economia pedecollinare è stata alimentata senza dubbio da diverse poste molitorie, le più importanti sono quelle di Mezzavia, Pontemanco, Battaglia, Rivella, Pernumia 107 GRANDIS C., I mulini ad acqua dei Colli Euganei, Padova, Il Prato, 2001, pag. 11.

e Monselice.

L'impianto di Mezzavia, proprietà del monastero di San Benedetto di Padova, era attivo già nel 1209. Tanto era proficuo il rendimento ottenuto dall'opificio che nel XV secolo vi erano otto palmenti per la macinazione dei cereali utilizzati da tanti contadini della zona. Con la fine della Repubblica Veneta a fine Settecento le ruote vennero tolte ai monaci e vendute a famiglie private. Oggi di questi mulini non vi è più alcuna traccia poiché con l'allargamento della strada statale sono stati totalmente abbattuti per lasciar spazio alle automobili.

A Battaglia invece erano attive due poste molitorie: il Mulino dei Quattro verso Monselice e il Mulino dei Sei verso Padova. Il Mulino dei Quattro apparteneva alle monache di Sant'Agata e rimase sotto il controllo religioso fino al XIX secolo mentre l'impianto dei Sei era in possesso della signoria carrarese fino alla sua caduta, quando fu posto all'asta e finì in mano di privati. Con le soppressioni monasteriali il mulino dei Quattro passò ad imprenditori che lo potenziarono in maniera massiccia finché nel Novecento divenne quel famoso fabbricato che sovrasta Battaglia Terme e che ora è residenziale. Rimase in attività fino al 1965.108

Questi impianti furono di sovente a rischio a causa delle forti piene e delle esondazioni del canale, inoltre vi era un perenne conflitto con i barcaioli che usufruivano delle acque, tanto che si dovette decidere per una regolamentazione dell'uso della acque: cinque giorni erano destinati alla macinazione e due alla navigazione.

Anche delle tre ruote idrauliche di Rivella per folloni da panni non rimane traccia visibile, ne abbiamo memoria dalle testimonianze cartacee dei monasteri di S. Agata, di Lispida e altri cenobi padovani.

108 GRANDIS C., I mulini ad acqua dei Colli Euganei, Padova, Il Prato, 2001, pag. 60.

Cfr. ANTONELLO G., “I mulini sul canale della Battaglia” in ZANETTI P.G. (a cura di), La riviera Euganea: acque e territorio del canale Battaglia, Padova, Editoriale Programma, 1989.

Le poste molitorie più rilevanti rimangono quelle di Bagnarolo e di Pontemanco. La posta molitoria di Bagnarolo, composta di tre ruote, era un bene comunale dalla indubbia importanza, testimonianza di ciò sono le polizze d'estimo dell'età moderna, dove compare sempre al primo posto dal 1518 al 1797 come bene immobile della comunità. Oggi nell'antico fabbricato dei mulini, ancora di proprietà del Comune di

Illustrazione 24: Mulini lungo il canale Battaglia e le sue diramazioni, tratta da ANTONELLO, “I mulini...”, Op. cit., pag. 247. (A.S.P.-Acque Diverse, b 28, 24 gennaio 1754)

Monselice, opera un autoriparatore.109

Questo mulino, che ha segnato la storia monselicense, andrebbe recuperato quale bene storico potenzialmente fruibile da turisti e cittadini, dato che è stato il motore dell'economia della città per lunghissimo tempo.

Una sorte più fortunata hanno avuto i mulini di Pontemanco situati in località Due Carrare sul fiume Biancolino. Nel Cinquecento contavano ben dodici ruote che continuarono la loro funzione fino a metà del Novecento, facendo di Pontemanco un centro proto-industriale all'avanguardia.

Recentemente l'antico mulino è stato restaurato e restituito alla comunità da parte di un noto imprenditore del settore della moda e della cultura, Roberto Chinellato, nativo proprio della zona di Due Carrare. Il restauro è finalizzato ad ospitare un museo all'interno della struttura del vecchio mulino che possa essere fruibile dai cittadini e dal turista.110

109 GRANDIS, I mulini dei Colli Euganei, Op. cit, pag. 61.

110 Il restauro è stato eseguito tra il 2008 e il 2012 da parte del laboratorio LAIRA s.r.l. Cfr. http://www.laira.it.

Illustrazione 25: I resti del mulino di Bagnarolo oggi. Fonte: personale.

Assieme ai mulini d'acqua, tipici del paesaggio fluviale, vi sono anche i “casoni”: abitazioni rurali con pianta generalmente rettangolare, che presenta una copertura costituita da un tetto a spioventi ricoperti di canna palustre o paglia. Questa tipologia architettonica si trova nella Regione Lagunare, principalmente nelle campagne padovane ed è una struttura che l'uomo ha saputo creare in perfetta simbiosi con l'ambiente circostante.111

Questi atipici edifici, denominati casoni, si incontravano anche nei terreni di Lispida, come riportano documenti del quattrocento, in cui viveva la manodopera che lavorava nelle cave di trachite. Codesti ripari, costruiti in legno e paglia sul posto, 111 Cfr. PREVIATO G.-STOCCO A., Casoni Padovani. Caratteri originari e regole costruttive,

Provincia di Padova 2006.

Illustrazione 26: Il mulino di Pontemanco dopo il restauro operato da LAIRA s.r.l., Due Carrare (PD).

Fonte: http://www.laira.it/laira05/index.php/attivita- svolte/architettura-storica-monumentale/84-mulino-di- pontemanco.html

erano edificati a spese dei manovali che non vi potevano ospitare le mogli e la famiglia, se non dopo aver ricevuto un'apposita licenza. Dai testi antichi emerge la rigidità delle normative imposte dai padri certosini e la peculiarità di queste costruzioni a Lispida, la cui unica funzione era quella di “alloggi lavorativi”.112

I casoni erano dunque la case dei contadini più poveri, che dopo le bonifiche operate dalla Serenissima, hanno iniziato a popolare le rive dei canali e dei fiumi; potevano sorgere isolati nei campi o, più comunemente, raggruppati a formare una sorta di villaggio. I dipinti paesaggistici che ritraggono le terre veneziane testimoniano, nei loro sfondi, la presenza cospicua di queste costruzioni dal tetto molto spiovente in paglia, in effetti nelle pitture di Giorgione, Bellini e Tiziano sono elementi compositivi ricorrenti. Come sempre l'iconografia campestre e lagunare forniscono un'ottima visione per ricostruire le vicende passate riguardanti le proprietà terriere e il paesaggio. Il casone divenne simbolo stesso dell'esistenza umana, indivisibile dalla natura, esercitando una sorta di spiritualità che gli artisti hanno voluto cogliere.113

112 BILLANOVICH, Attività estrattiva, Op. cit., pp. 15-16. 113 CANOVA, Di villa in villa, Op. cit., pag. 154.

Illustrazione 27: Casone di Gorgo a Cartura (PD). Immagine tratta da Previato-Stocco, Casoni Padovani, Padova 2006, pag. 37.

Dal Quattrocento al Novecento queste furono le abitazioni più usuali per i contadini veneti, la cui architettura era molto semplice: sul prospetto principale un piccolo portico, dal quale si dipanano più porte che danno nelle camere da letto e nella cucina, orientato sempre a mezzogiorno per proteggersi dalle intemperie. Il camino era l'unico elemento che dava carattere e personalizzazione al casone, in quanto era una sorta di “abbellimento funzionale” nel quale la famiglia proprietaria si identificava; molto dipendeva anche dalla zona.114

Nell'ultimo secolo i casoni, che a fine Ottocento erano 942, scompaiono quasi totalmente con estrema rapidità, oggi nella provincia di Padova se ne contano solo sei, uno a Cartura, poco lontano dal territorio preso in esame. Anche a Monselice lungo la riviera vi erano alcuni casoni, come testimoniano i reperti fotografici databili agli anni '60. Nel 2003 è stato presentato un progetto di legge per la tutela e la valorizzazione dei casoni veneti.115

Numerose nel territorio sono invece le case rurali che si possono intravvedere nelle campagne, distribuite lungo il naviglio Euganeo. Gli edifici rurali potevano variare in base alla destinazione, al tipo di unità produttive e alle colture. La casa rurale veneta solitamente è un fabbricato a pianta rettangolare che si sviluppa molto più in orizzontale che verticale in modo molto semplice: una fila di stanze al piano terra e una fila al piano di sopra a cui si accede tramite una piccola scala posta al centro dell'abitazione. Anche in questa tipologia di case, come per i casoni, ha un ruolo fondamentale il camino che spesso forma un piccolo ambiente abitabile.

Questo genere architettonico non è riconducibile ad una precisa cronologia o ad un chiaro stile poiché rimane sostanzialmente immutato nel tempo, presentando anzi delle caratteristiche comuni nei particolari costruttivi: ad esempio il portico era composto da tre archi a tutto sesto, il camino aveva forma sorgente o la presenza di ampie aie lastricate di pietra trachitica dei Colli.116

114 I camini più frequenti erano a campana rovesciata, a ventaglio e a pettine; compare a partire dal XIV secolo con l'evoluzione della costruzione del casone rispetto all'epoca medievale.

Cfr. PREVIATO-STOCCO, Casoni padovani, Op.cit., pag. 17. 115 Cfr. PREVIATO-STOCCO, Casoni padovani, Op. cit., pag. 33,37. 116 Cfr. ZANETTI, Andar per acque, Op. Cit., pp. 206-207.

Molte di queste case rurali sono state recuperate e oggi sono dei funzionali agriturismi che valorizzano il territorio e promuovono i prodotti tipici della zona. A tutela di queste forme di architettura vi è il Programma di Sviluppo Rurale 2007- 2013 con una apposita misura per la “Tutela e Riqualificazione del patrimonio rurale”, con l'obiettivo di conservare, migliorare e valorizzare il patrimonio di edilizia rurale. Queste normative tutelano implicitamente anche il turismo rurale, che è in continua crescita nella nostra Regione, quasi a simboleggiare un voler ritornare alle tradizioni e al bisogno di fuggire dall'urbanizzazione diffusa.117

117 Cfr. http://www.piave.veneto.it per quanto concerne il Programma di Sviluppo Rurale. Il 4 ottobre 2014 presso il Castello di Lispida è stata con segnata la “Borsa per il Turismo Rurale del Veneto” per la promozione e l'offerta del turismo della Regione Veneto.

Cfr. http://www.galdogado.it/eventi/la-borsa-del-turismo-rurale-del-veneto-monselice.

Illustrazione 28: Casa rurale nei pressi di Abano, immagine tratta da BANDELLONI Enzo, La casa rurale