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Verso la proprietà perfetta: conflittualità fra villaggi contermini per il controllo del territorio

Su questa realtà nel corso del Settecento e nella prima metà dell’Ottocento verranno a calarsi le misure legislative del governo sabaudo, al quale la Sardegna era stata ceduta nel 1720, per l’instaurazione di un nuovo ordinamento terriero, oltretutto particolarmente sentito dai ceti rurali più dinamici, che avrebbe dovuto portare, anche se non in tempi brevi, al superamento della struttura fondiaria feudale, incentrata sul sistema alternativo della vidazzone e sull’uso collettivo delle terre. La messa in discussione di assetti territoriali consolidati nel tempo sollevava fra le comunità interessate conflitti sociali sovente assai aspri, nè valeva a risolvere pacificamente tali vertenze l’intervento del governo regio.

Le disposizioni emanate col Pregone del 21 ottobre 1800, con le quali il governo piemontese sollecitava i Comuni ad eliminare, o quantomeno a ridurre l’estensione dei terreni ademprivili allo scopo di favorire le diffusione della proprietà perfetta della terra, considerata quale unica soluzione per l’incremento e lo sviluppo dell’agricoltura, non ebbero seguito soprattutto per i forti contrasti sorti tra pastori cussorgiali, agricoltori e consigli comunitativi, che impedivano qualsiasi operazione di divisione e di assegnazione. Lo stesso Editto sulle Chiudende del 6 ottobre 1820, che avrebbe dovuto riguardare migliaia di ettari soggetti ai diritti di cussorgia e di ademprivio, interessò una limitata estensione di territorio, di fatto già goduto in diritto di possesso, anche se precario, dalle popolazioni. Nelle aree in cui l’Editto ebbe una maggiore applicazione, come nelle Barbagie, l’opposizione del ceto pastorale, che si vedeva, tra abusi e prevaricazioni d’ogni genere, ridurre gli spazi destinati alla pastorizia brada e che, d’ora in avanti, per usufruire dei pascoli recintati avrebbe dovuto pagare esosi canoni d’affitto, fu talmente violenta che il governo ritirò prontamente il provvedimento per poi riproporlo, a seguito di sostanziali e profonde modifiche, soltanto nel 1830. Nei territori del Sarrabus e del Gerrei l’applicazione dell’Editto tese più che altro a codificare una situazione di atto preesistente, soprattutto per quanto si riferiva alle aree destinate alle diverse colture (MURGIA,

1982). La popolazione del rinato centro di Carbonara, ad esempio, chiederà con forza al governo dell’isola di poter essere nuovamente immessa nel possesso di quei territori appartenenti alla giurisdizione dell’antico centro abbandonato, ed ora occupato da pastori di Sinnai e Settimo. In tale direzione si muovevano anche le comunità di Muravera, di San Vito e Villaputzu che, rivendicando antichi diritti, sollecitavano un’equa ripartizione e assegnazione al territorio comunale di competenza di quelle aree, già in parte controllate, della vasta piana di Castiadas e di quella di Villamaggiore, con l’intento, apertamente dichiarato, di espellere la presenza ogliastrina con la quale i rapporti si erano andati sempre più deteriorando, fino a esplodere in scontri armati e sanguinosi. Ugualmente la comunità di Armungia premerà sulla feudalità per avere l’assegnazione del salto di Murdega, mentre il ceto pastorale di Villanova S. Andrea Frius premerà per estendere i pascoli verso il territorio del Gerrei.

La contesa giudiziaria fra sarrabesi ed ogliastrini per il controllo dei salti di Quirra, Alussera e Castiadas iniziava il suo iter davanti alla Sezione civile della Reale

Udienza il 6 gennaio del 1771, e non si era ancora conclusa alla fine del secolo XIX, per le difficoltà di ordine legislativo e sociale a individuare una soluzione equa per entrambe le parti in causa. L’approdo in tribunale, d’altra parte, rappresentava l’unico sbocco praticabile per risolvere una situazione ormai insostenibile che, nonostante la convenzione del 1480 ed i successivi accordi, lacerava da secoli, i rapporti fra le due comunità. Di fronte a questi continui scontri, ai danneggiamenti arrecati al bestiame ed ai seminativi di reciproca pertinenza, e ad una situazione di rapporti sociali sfilacciata, il vicerè Des Kayes, che aveva fatto visita generale del Regno per rendersi personalmente conto del suo stato, si domandava, evocando la questione al tribunale della Reale Udienza, se non fosse più opportuno, per riportare la pace tra quelle comunità, eliminare la promiscuità nei salti del Sarrabus, procedendo nel contempo alla divisione di quei territori fra le due parti in causa.

Non meno aspri, e di lunga data, si presentavano anche i rapporti fra i villaggi di Sinnai, Maracalagonis, Settimo e Burcei, che in più di una occasione erano sfociati in episodi drammatici. La sempre più massiccia ed invadente presenza sinnaese nei territori appartenenti alle ville spopolate, che per convenzione dovevano essere gestite a promiscua, aveva scatenato fra queste popolazioni lunghe e dispendiose liti. Per risolvere tale situazione nel 1842, in seno alla Regia Delegazione per l’abolizione dei feudi, venne nominata un’apposita commissione con il preciso compito di definire i limiti giurisdizionali territoriali delle comunità di Sinnai, Settimo, Maracalagonis, Quartu e Quartucciu. Se il villaggio di Maracalagonis ebbe partita vinta sui territori contesi di pianura, e rivendicati a pieno titolo, Sinnai di contro venne ripagata con l’assegnazione di gran parte dei salti di montagna, dove massiccia era la presenza dei suoi armenti. Infatti la ristrettezza dei territori coltivati, che la presenza dei villaggi contermini di Maracalagonis, Settimo e Quartucciu non consentiva di ampliare, aveva spinto la popolazione sinnaese a praticare l’attività pastorale su larga scala, possibile oltretutto per la vasta estensione dei territori di collina e di montagna. Particolarmente colpite risultavano le popolazione ricadenti nei territori del Sarrabus e del Gerrei in seguito all’emanazione, tra il 1863 ed il 1865, delle Leggi abolitive degli ademprivi e dei diritti di cussorgia nell’Isola di

Sardegna. Questa legge, nata dopo un estenuante dibattito che vide quali

protagonisti principali i ceti della borghesia sarda, aveva come obiettivo quello di favorire lo sviluppo della proprietà terriera, gravata fino ad allora dagli ademprivi, e di scaricare i costi della costruenda ferrovia, che doveva congiungere Cagliari al Capo di Sopra, sulla popolazione. La reazione della popolazione rurale del sud est si manifestò vibrante e compatta contro tali provvedimenti, e l’uccisione di cinque funzionari regi, inviati dal governo dell’Isola per far applicare il provvedimento, ebbe un’ampia risonanza in sede parlamentare e sulla stampa nazionale.

Nei territori del Sarrabus e del Gerrei, interessati dal presente studio, ancora oggi i terreni soggetti ad un uso civico risultano di poco più di 21.500 ettari ripartiti in 9 centri abitati (Tab. 10).

Il cantone del Campidano è molto vasto e nei suoi confini, all’interno dell’area di studio, sono compresi i territori comunali di Burcei, Maracalagonis, Quartu S. Elena, Sinnai e Villasimius. Il cantone di Colostrai ha il territorio compreso tra il massiccio del Monte Sette Fratelli, a est la riva destra del basso corso del Riu Picocca, a nord e a sud il confine con il cantone del Campidano. Segue poi quello del Sarrabus che comprende le terre appartenenti ai comuni di S. Vito, Villaputzu e la parte settentrionale di Muravera. Il cantone di Villasalto comprendeva i territori degli attuali comuni di Armungia, Ballao, S. Nicolò Gerrei, Villasalto e parte di altri territori amministrativi contigui, esterni all’area di studio. Alla zona più orientale dei cantoni

della Trexenta apparteneva solamente il territorio di S. Andrea Frius e a quello del Parte Olla gli attuali territori comunali di Dolianova e Soleminis.

Tab. 10 – Superficie territoriale attualmente soggetta ad uso civico, divisa per comune amministrativo. Comune Ettari Sinnai 6500 Maracalagonis 4500 Villaputzu 2959 Dolianova 2886 S. Nicolò Gerrei 2404 Muravera 1700 Armungia 555 Quartu S. Elena 3 S. Vito 0,34 Totale 21507,34

Pertanto il quadro territoriale dal punto di vista dei diritti d’uso, di possesso e di proprietà si presenta ancora oggi assai articolato e intricato sul piano giuridico- legislativo e sociale, retaggio questo delle varie dominazioni che si sono succedute nel corso dei secoli nel governo dell’isola, e che ha finora impedito uno sviluppo razionale ed armonico di un territorio ricco di risorse naturali, paesaggistiche ed economico-produttive.

Alcuni aspetti storici sull’utilizzo delle risorse ambientali del