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La «Bozza Violante» – XV Legislatura (28 aprile 2006 6 febbraio 2008) Il mancato compimento della riforma del 2005, costituì un input per il riavvio del

7. Tentativi di riforma del Senato dalla Costituente alla XVII Legislatura

7.6 La «Bozza Violante» – XV Legislatura (28 aprile 2006 6 febbraio 2008) Il mancato compimento della riforma del 2005, costituì un input per il riavvio del

dibattito attorno alle riforme costituzionali ed, in particolare, circa l’assetto bicamerale dell’ordinamento italiano.

La bocciatura della riforma, votata a maggioranza, ad opera del corpo elettorale tramite la consultazione referendaria, convinse il Parlamento a ricercare una soluzione che fosse la più condivisa possibile.

Il provvedimento, frutto di una complessa mediazione intervenuta tra le varie parti politiche, dal titolo «Modificazioni di articoli della parte seconda della Costituzione, concernenti forma di Governo, composizione e funzioni del Parlamento nonché limiti di età per l’elettorato attivo e passivo per le elezioni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica», conosciuto come «Bozza Violante», costituisce il progetto

126 L’art. 70, co. 3 del Ddl costituzionale AS n. 2544 prevedeva che fossero necessariamente bicamerali le

leggi riguardanti la perequazione delle risorse finanziarie, la determinazione delle funzioni fondamentali di comuni, province e città metropolitane nonché dei sistemi elettorali di Camera e Senato, oltre ai casi in cui la Costituzione avesse espressamente rinviato ad una legge dello Stato.

di riforma della Costituzione approvato il 17 ottobre 2007 dalla I Commissione Affari Costituzionali della Camera dei Deputati, allora presieduta dall’onorevole Luciano Violante.

La discussione del progetto si arenò in Parlamento sino alla successiva caduta del secondo Governo Prodi, con conseguente scioglimento anticipato delle Camere, avvenuta in data 6 febbraio 2008.

Il progetto avrebbe inciso su ben ventotto articoli della Costituzione riguardanti specificamente:

• il superamento del bicameralismo paritario ed indifferenziato; • rinnovate competenze per le Commissioni parlamentari;

• l’introduzione di una corsia preferenziale per il Governo che avrebbe, d’altro canto, avuto alcuni limiti alla decretazione d’urgenza;

• l’attribuzione alla competenza esclusiva dello Stato dell’individuazione di principi fondamentali per la formazione e la composizione dei Consigli delle Autonomie Locali, in modo da uniformarne il funzionamento nell’ottica di una nuova partecipazione in seno al Senato;

• una rivisitazione dell’istituto dello scioglimento dei Consigli regionali.

Anche questa bozza di riforma prevedeva che il Parlamento si componesse della Camera dei deputati e del Senato federale della Repubblica.

Veniva così designato un Senato con natura e funzioni di «Camera territoriale», non chiamato a votare la fiducia al Governo e che non poteva essere sciolto dal Presidente della Repubblica127. I senatori sarebbero stati eletti dai Consigli regionali e dai

Consigli delle autonomie locali (elezione di secondo grado), tra i propri componenti, con voto limitato, al fine di garantire la rappresentanza delle minoranze. Il numero dei senatori sarebbe sceso a 186, di cui 6 eletti nella circoscrizione estero.

Relativamente alla Camera dei deputati, la riforma prevedeva la diminuzione del numero dei deputati da 630 a 512.

Passando all’esame del procedimento legislativo, si può osservare come la Bozza Violante si ponesse in soluzione di continuità rispetto ai precedenti progetti riformatori. Infatti, oltre alla già vista espunzione della Seconda Camera dal circuito

127 Soltanto la Camera dei deputati sarebbe stata chiamata a votare la fiducia al Governo e poteva essere

fiduciario con il Governo, il progetto riformatore prevedeva una tripartizione della funzione legislativa: a leggi «necessariamente bicamerali» si affiancavano leggi «eventualmente bicamerali», con prevalenza rispettivamente della Camera dei deputati o del Senato (ove la prevalenza va intesa come «prima lettura» del disegno di legge).

Quanto alla prima categoria (leggi «necessariamente bicamerali», che prevedevano l’esercizio collettivo della funzione legislativa da parte di entrambi i rami del Parlamento), si trattava di leggi ricadenti in ambiti molto delicati per la politica nazionale, sicché era imprescindibile l’apporto partecipativo, sia per l’esame che per l’approvazione, di entrambi i rami del Parlamento. Esse erano sostanzialmente quelle costituzionali e di revisione costituzionale; quelle elettorali e quelle che disciplinavano le funzioni fondamentali degli enti territoriali; le leggi istitutive delle Autorità di garanzia nonché quelle poste a presidio delle minoranze linguistiche. Quanto alle leggi «eventualmente bicamerali», a «prevalenza» della Camera dei deputati, era previsto che quest’ultima esaminasse ed approvasse il testo del disegno di legge, salvo poi trasmetterlo al Senato e, nel caso in cui un quinto dei componenti di quest’ultimo ne avesse fatto richiesta (tramite l’istituto, già più volte citato, del richiamo), esso, nel termine di trenta giorni, dimezzato per le leggi di conversione dei decreti legge, avrebbe potuto procedere ad un esame in seconda lettura, eventualmente approvando degli emendamenti che, a loro volta, avrebbero dovuto ottenere il benestare della Camera dei deputati. In difetto della suddetta richiesta, il progetto di legge doveva ritenersi approvato secondo i contenuti deliberati in prima lettura dalla Camera.

Sempre rientranti nella categoria «eventualmente bicamerali» erano le leggi a «prevalenza» del Senato, nella quale erano ricompresi tutti i provvedimenti vertenti sulla determinazione di principi fondamentali in materie a legislazione concorrente tra Stato e regioni: in questo caso l’iter legis sarebbe iniziato presso il Senato che ne avrebbe approvato il testo in prima lettura, anche se la Camera dei Deputati avrebbe comunque potuto modificarne i contenuti, seppur a maggioranza assoluta dei suoi componenti, e avrebbe avuto il compito di approvarlo in via definitiva.

È agevole comprendere che in ciascuna delle tre procedure sin qui descritte la prevalenza della Camera era assai netta ed indiscussa rispetto a quella del Senato.

A queste due tipologie di leggi, se ne affiancava un terzo tipo, riconducibile alla locuzione «leggi di interesse regionale e locale», devolute alla prima lettura ed approvazione da parte del Senato, ma che erano rimesse alla deliberazione definitiva da parte della Camera, che avrebbe potuto superare la prima approvazione solo a maggioranza assoluta dei propri componenti.

7.7 La “Proposta ABC” – XVI Legislatura (29 aprile 2008 - 23 dicembre