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Vulnerabilità, obbligo e responsabilità in Simone Weil

Nel documento Vulnerabilità. Etica, politica, diritto. (pagine 91-95)

Sandra Rossett

3. L’etica “ebraica” della vulnerabilità nel Novecento

3.1. Vulnerabilità, obbligo e responsabilità in Simone Weil

Vissuta in Francia nella prima metà del Novecento, Simone Weil ha individuato come punto di partenza della sua riflessio- ne la filosofia marxiana che, pur criticata per le derive a cui era andata incontro nel regime staliniano dell’Unione sovietica,

borghese, il meccanicismo che si andava affermando entro le scienze della vita e, non da ultimo, l’imborghesimento della classe operaia che, in pensa- tori come Sorel, ha determinato una esaltazione sconsiderata della violenza come manifestazione più appropriata della vita che è capace di rigenerare se stessa.

14 Basti pensare, ad esempio, a due dei libri più importanti dell’Antico Testamento: a) la Genesi: «I loro occhi si aprirono e si resero conto di essere nudi» (Genesi, 3:7), in cui la parola nudi (“arumìm”) ‒ che descrive tutto il senso della condizione umana dopo il peccato ‒ è traducibile anche con l’aggettivo vulnerabili; b) il Libro di Giobbe, costruito intorno al lamento e al grido del suo protagonista che si rivolge a Dio chiedendogli spiegazione della sua misera vita all’insegna della vulnerabilità e del dolore.

le appariva, agli inizi degli anni Trenta, come la strategia più adeguata per affrontare l’asimmetria delle relazioni di potere e di riconoscimento. Nel terzo paragrafo del libro del 1934 Sulle

cause della libertà e dell’oppressione sociale, intitolato “Quadro

teorico di una società libera”15, nel provare a mettere a punto

un concetto di libertà adeguato alla vita umana, l’autrice sce- glie di passare infatti attraverso una declinazione del tema del lavoro, argomento che è stato centrale in tutto il pensiero mar- xiano e marxista. Coerentemente con la riflessione marxiana, anche secondo Weil con il lavoro l’essere umano sceglie di non rispondere con immediatezza al pungolo del bisogno; sceglie di procrastinare la soddisfazione per dedicarsi ad un’attività più complessa che contribuisce ad una sua presa maggiore sulla natura e ad una garanzia migliore di autoconservazio- ne. L’essere umano diventa, così, padrone delle condizioni di conservazione della sua esistenza. La figura contemporanea di questa idea di libertà è quella dell’operaio specializzato che l’autrice, nel corso di tutti i suoi scritti, ha esaltato e contrap- posto alle forme servili del lavoro di cui la catena di montaggio rappresenta l’espressione più matura e contraddittoria. Pur non essendo autonomo da rapporti di produzione di tipo pro- prietario, l’operaio specializzato attraverso la sincronizzazione tra il lavoro della mano e l’esercizio del pensiero è infatti capa- ce di esprimere una forma di libertà compatibile con la dignità umana e con l’affrancamento, seppur parziale, dalle forme di dominazione che sviliscono e umiliano la vita delle classi so- ciali più diseredate.

Il periodo successivo alla scrittura di questo libro viene a coincidere però con una profonda crisi personale che porta Weil a prendere le distanze dal marxismo, giudicato incapace di intervenire in modo efficace entro la condizione di vulnera- bilità di natura politica e sociale a cui è esposta la vita umana.

15 S. Weil, Riflessioni sulle cause della libertà e dell’oppressione sociale, Adelphi, Milano, 1997, pp. 74-107.

Questa crisi troverà il suo approdo e la sua soluzione qualche anno dopo nell’esperienza mistica che la condurrà ad avvici- narsi al cristianesimo e alla sua concezione del mondo e della vita. Ma anche in questa svolta il tema della vulnerabilità uma- na, ancora centrale nel suo discorso, fa di Weil un’“eretica” e provoca, al contempo, una sua polemica con il personalismo filosofico, corrente di pensiero del suo tempo, come lei intenta a valorizzare la religione e la filosofia cristiana in contrapposi- zione alle derive politiche e sociali del Novecento. Questa po- lemica, dalla quale emerge una delle definizioni più belle che siano state date della vulnerabilità del vivente, è svolta dall’au- trice ne La persona e il Sacro, saggio del 1942 incentrato sulla contrapposizione tra una concezione spiritualistica della per- sona e una sua comprensione come unicità incarnata e vivente. Scrive infatti Simone Weil:

C’è in ogni uomo qualcosa di sacro. Ma non è la sua persona. Non è neppure la persona umana. È semplicemente lui, quest’uomo […]. Se la persona umana in lui corrisponde a quanto per me è sacro, potrei facilmente cavargli gli occhi. Una volta cieco, sarà una persona umana esattamente quanto lo era prima. Non avrò assolutamente colpito in lui la persona umana. Avrò distrutti soltanto i suoi occhi16.

Obiettivo critico di questa considerazione, tesa a valorizzare gli aspetti corporei e carnali dell’individuo a cui si lega la vul- nerabilità è, come si è detto, il personalismo filosofico ‒ da lei conosciuto soprattutto tramite Maritain, Mounier e i loro ami- ci17 ‒ che le appare come una filosofia troppo astratta, troppo

16 S. Weil, Pagine scelte, Marietti, Genova, 2009, pp. 177-178.

17 Il personalismo è una corrente di pensiero di matrice cristiana (pre- valentemente cattolico) che nasce in Francia nella prima metà del Nove- cento e che trova una delle sue espressione più importanti nel dibattito su- scitato dalla rivista Esprit, fondata da E. Mounier nel 1932, a cui si affianca- vano autori come J. Maritain, D. de Rougemont, P.A. Touchard, R. Biot. Il personalismo rappresentava il tentavo di trovare una soluzione alternativa sia al socialismo, sia al capitalismo; una soluzione che intendeva valorizzare

ancorata a valori di tipo spirituale e, soprattutto, troppo legata agli ambienti borghesi medio alti, in contrasto con quelli che lei aveva scelto di frequentare: gli ambienti degli operai e dei contadini, delle persone umili, delle più sofferenti e vulnerabi- li, esposte ogni giorno alle violenze fisiche e psicologiche tipi- che di un’epoca storica in cui le protezioni sociali nei confronti della povertà e del disagio sociale erano ancora pressoché ine- sistenti18. In contrapposizione ad una concezione troppo idea-

listica dell’essere umano, Weil sceglie di definirlo in relazione alla sua concreta vita carnale, alla sua vulnerabilità e al rischio di esposizione al dolore e alla sofferenza che ne derivano:

C’è nell’intimo di ogni essere umano, dalla prima infanzia sino alla tomba e nonostante tutta l’esperienza dei crimini commessi, sofferti e osservati, qualcosa che si aspetta invincibilmente che gli si faccia del bene e non del male. È questo, prima di tutto, ciò che è sacro in ogni essere umano. Il bene è l’unica fonte del sacro. Solo il bene è sacro, e quanto è relativo al bene19.

La connessione che, in questa riflessione, viene istituita tra l’i- dea del bene e la richiesta di protezione nei confronti della vul- nerabilità consente a Weil di definire un altro concetto decisi- vo nella sua riflessione, quello di giustizia, da lei usato in con- trapposizione e in sostituzione del diritto incapace, nella sua analisi, di garantire una reale protezione agli esseri più deboli. La giustizia secondo Weil consiste infatti “nel badare che non venga fatto del male agli uomini”, né alla loro anima, né al loro corpo. Con questa idea di giustizia, viene definito un percor- so molto diverso rispetto alla giustizia nel senso moderno del termine, un percorso che impone di sostituire il “diritto” con

il concetto di persona contro la crisi di civiltà che si andavano affermando in tutta Europa. Weil riteneva però che questo concetto di persona fosse troppo legato al prestigio sociale e ad un’idea di io autoreferenziale e ripie- gato su di sé.

18 Cfr. G.P. Di Nicola - A. Danese, Persona e impersonale. La questione

antropologica in Simone Weil, Rubettino, Soveria Mannelli, 2009, pp. 7-39.

l’“obbligo”: «Il diritto è dunque estraneo al bene. Al contrario, il compimento di un obbligo è un bene sempre, dovunque»20.

Si tratta dell’obbligo di promuovere il bene psicofisico degli esseri umani e di evitare che venga fatto loro del male. In altri due scritti del periodo londinese, Studio per una dichiarazione

degli obblighi verso l’essere umano21 e L’enracinement22, Weil

approfondisce la sua analisi della nozione di obbligo, giun- gendo a proporre la sostituzione della Dichiarazione univer- sale dei diritti umani con quella degli obblighi verso l’essere umano. Contro le ontologie individualistiche dell’autonomia e dell’autosufficienza prodotte in età moderna, Weil definisce, in queste riflessioni, un’etica della responsabilità radicale ver- so l’Altro; un’etica fondata su un’ontologia della debolezza del soggetto, costantemente esposto al rischio del disconoscimen- to e del dolore.

Nel documento Vulnerabilità. Etica, politica, diritto. (pagine 91-95)