Subiaco al tempo di Assisi Le Storie di san Benedetto negli spazi della cripta
II.2 Il vuoto di potere della seconda metà del secolo
Il primo Duecento si era svolto a Subiaco sotto le insegne del durevole interesse papale per il cenobio di San Benedetto, e la memoria di questa speciale attenzione
chiaramente il profilo delle integrazioni. Anche le colonnine corinzie dipinte ai lati dell’arco, inusitatamente lunghe, sono solo parzialmente originali: lo stacco si nota distintamente poco al di sotto del capitello della colonna di destra. L’accentuata intenzionalità neo-gotica dei rifacimenti, spinta fino alla dissimulazione, le candida a possibile impresa ottocentesca. Sono invece novecenteschi gli interventi pittorici effettuati nella Grotta della preghiera: dalle integrazioni delle fasce inferiori degli affreschi duecenteschi, alla realizzazione degli stemmi araldici sul muro meridionale della Grotta della preghiera. Il piano di questi ultimi interventi pittorici è in un bozzetto datato 27 luglio 1914 (cfr. BELLANCA 2004, p. 89). Cfr., in ultimo,
VARAGNOLI,TURCO 2018, pp.159-161, figg. V.7, V.8, V.9, V.10.
16 Cfr. MIRZIO DA TREVIRI,[1628-1630], ed. 2014, II, p. 205; RIGHETTI 1982a, pp. 130-131. 17 Cfr. MIRZIO DA TREVIRI, [1628-1630], ed. 2014, II, pp. 606-607. Per l’altro altare, da
ricollocare nella seconda nicchia, non abbiamo notizie, ma se ne potrebbe supporre l’originaria intitolazione a San Romano.
18 Non è da escludere la volontà di preservare l’aspetto trogloditico dello Speco, fatto che dà
ragione anche della scelta di affrescare solo le pareti più alte della spelonca e che rispecchia una mentalità piuttosto comune negli edifici sviluppatisi intorno a grotte. Cfr. su questi aspetti BRENK 2014, p. 277.
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costituisce la raison d’être delle imprese artistiche, specie pittoriche, che ebbero luogo in quei decenni di profondi cambiamenti: della Donazione della bolla di Innocenzo III, della fondazione e dipintura della cappella di San Gregorio.
La fioritura del monastero continuava con l’abbaziato del munifico Enrico di Montanea (1245-1273), rettore tanto gradito a Innocenzo IV, poi ad Alessandro IV, da innescare una sequela di atti pontificali di conferma di antichi privilegi e ratifica
di nuove e ulteriori donazioni20. L’intervento più importante, promosso da
Alessandro IV, fu la riforma dei monasteri del 1260, preceduta quattro anni prima da una stabilizzazione della comunità monastica specuense a dodici unità – numero poi riconfermato da Gregorio X nel 1273 e dall’abate Bartolomeo II nel secolo
successivo21 –, oltre che dalla riaffermazione delle prescrizioni dell’osservanza22.
Quest’ultima circostanza potrebbe aver determinato in modo decisivo l’adeguamento o l’erezione degli spazi comunitari situati sul versante orientale del complesso, al livello inferiore: sono forse da riconoscere a questo scopo le «nonnullas (…) habitaciones» volute dall’abate Enrico per i monaci e ricordate da
Mirzio23.
Tra le imprese artistiche più rilevanti promosse da questo nuovo Salomone sublacense vanno poi annoverati il dormitorio di Santa Scolastica e forse anche un
primitivo refettorio al Sacro Speco, ampliato in date più tarde24.
Lo stato di benessere del Sublacense parve comunque precipitare rapidamente alla morte di Enrico, sotto i colpi di un grave scisma interno provocato dai dissidi sorti intorno all’elezione dell’abate successore, delle velleità di potere dei
singoli monaci25, dell’allentarsi del protagonismo pontificale relativamente alle cure
economiche e giurisdizionali dei monasteri. Si fa salvo un momentaneo interesse di Innocenzo V, papa per meno di un anno nel 1276, responsabile della fine dello scisma del Sublacense e fautore dell’elezione ad abate del cassinese Guglielmo (1276-1285), ricordato per aver sconfitto il terribile monaco Pelagio, ormai famelico signore di Cervara laziale e responsabile del saccheggio del monastero di Santa
20 Allo Speco Enrico avviò, sin dai primi anni del suo abbaziato, una vera riforma della disciplina
monastica, allentatasi per i «morbidis (…) actibus» dei monaci, molti dei quali appartenenti a nobili famiglie locali. Dotò inoltre la comunità del cenobio minore delle rendite delle chiese sublacensi di San Giovanni Battista dell’Arco, di San Biagio e Sant’Angelo. I privilegi abbaziali concessi allo Speco furono confermati da Innocenzo IV con due bolle datate 1249 (ASS, arca VIII, 6; ASS, arca I, 37).
Non si curò meno dei monasteri sublacensi papa Alessandro IV, eletto nel 1254, che concesse a uso perpetuo numerose chiese del frusinate, ratificò le donazioni già concesse allo Speco da Innocenzo III e rinnovò nella medesima circostanza gli obblighi della vita claustrale. Cfr.
MIRZIO DA TREVIRI,[1628-1630], ed. 2014, II, pp. 339-347, per la serie di provvedimenti di
Rinaldo di Jenne.
21 La bolla di Gregorio X è conservata presso ASS, arca II, 10; cfr. anche MIRZIO DA TREVIRI,
[1628-1630], ed. 2014, II, p. 357.
22 Per il documento papale (ASS, arca I, 80 e 81), cfr. ivi pp. 336-340. 23 Cfr. MIRZIO DA TREVIRI,[1628-1630], ed. 2014, II, p. 330. 24 Cfr. CERONE 2015, pp. 75-79; sul refettorio, cfr. supra, nota 10. 25 Cfr. MIRZIO DA TREVIRI,[1628-1630], ed. 2014, II, pp. 350-351.
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Scolastica26; d’altro canto, il silenzio dei documenti sublacensi su nuovi
provvedimenti curiali attesta, indirettamente, che i monasteri non erano più al
centro dell’attenzione papale27. Questo stato di fatto coincideva con il progressivo
avanzamento dei minori nella città di Roma, dove essi si erano dotati – o lo stavano per fare - di residenze eminenti, con il pieno favore della Curia e della nobiltà; la lettura può forse sembrare semplicistica, ma è forte il dubbio che la concomitanza degli eventi non sia casuale e che il crescere del nuovo astro francescano avesse
abbattuto il prestigio dell’antichissimo sacrario benedettino28.
La nomina di procuratori apostolici, Giacomo Sciarra Colonna e Nicola di
Mileto, rispettivamente per mano di Niccolò IV e Bonifacio VIII29, poco servì a
recuperare lo stato di entrambi i monasteri, messi a dura prova anche dall’occorrere, nel 1298 e nel 1305, di due cataclismi: un terribile terremoto, per Mirzio causa della rovina del dormitorio di Santa Scolastica e di una parte del chiostro, e il crollo della
diga neroniana30. La narrazione del cronista seicentesco si tinge di toni foschi per
questi anni, schiarendosi solo per l’intervallo del breve abbaziato di Bartolomeo I
(1286-1296), appartenente alla famiglia Caetani e nipote di Bonifacio VIII31, retto
amministratore dei monasteri, che si curò di rimpinguare le finanze dello Speco32.
Molto diverso fu invece il governo del successore Francesco I (1297-1303), che per la sua condotta improba fu deposto e sostituito dal citato Nicola di Mileto (1304- 1310), il cui governo si svolse in seno all’egemonia politica che ormai a quel tempo
esercitava sul monastero Giacomo Colonna33.
26 Ivi, p. 352. 27 Ivi, p. 361. 28 Cfr. § I.2.
29 Qui lo Sciarra si rifugiava a seguito dello schiaffo di Anagni (1303) e della conseguente
sollevazione del popolo anagnino in difesa di Bonifacio VIII, cfr. WALEY 1982, con bibliografia
precedente.
30 Sul terremoto del 1298 occorre muoversi con estrema prudenza di giudizio, evitando di
incappare in automatismi causali che legano troppo saldamente l’andamento dei cantieri artistici al sisma, che sembrerebbe aver toccato con maggior danno la sola provincia di Rieti; non è neppure da escludere che i crolli di Santa Scolastica fossero, in realtà, dipesi dalla fatiscenza delle strutture. A tal proposito, rimando a Luchina Branciani, in MIRZIO DA TREVIRI,[1628- 1630], ed. 2014, II, p. 373 nota 3 (con bibliografia); per il crollo della diga neroniana, responsabile dell’alterazione della fisionomia topografica e idrografica della valle sublacense, cfr. ivi, p. 376.
31 L’appartenenza dell’abate alla famiglia Caetani è stata recentemente recuperata da CERONE
2015, p. 82 nota 217, che ha dato giusto rilievo a una notizia riportata in DOLCI, Chronicon
sublacense scritto da don Pietro Clavarini monaco Sublacense 1819-1831, cc. 341-342. Quest’ultimo diceva infatti di aver visto nella cattedrale di Anagni la sua lapide, con l’epigrafe che enunciava l’appartenenza alla famiglia Caetani. Il testo è trascritto in PANTANELLI, CAETANI, [1710-1787
circa], ed. 1909, I, p. 343.
Mirzio, facendo confusione, dice nipote di Bonifacio VIII il successore di Bartolomeo I, il dissipato Francesco I: cfr. MIRZIO DA TREVIRI,[1628-1630], ed. 2014, II, pp. 364-365.
32 All’abate, che aveva peraltro ottenuto la protezione di Giacomo Colonna, si deve il recupero
della proprietà di Marano Equo (ASS, arca XXVII, 3); inoltre, Bartolomeo I aveva concesso allo Speco i proventi dei mulini del castello di Jenne e Monte Porcario, oltre che possedimenti e beni della mensa dell’abate. Cfr. MIRZIO DA TREVIRI,[1628-1630], ed. 2014, II, pp. 363-364,
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