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Sia Y un sottospazio di (X, τ ) allora:

Nel documento TOPOLOGIA StefanoFrancaviglia (pagine 37-40)

Spazi topologici

Teorema 1.4.3. Sia Y un sottospazio di (X, τ ) allora:

38 1. SPAZI TOPOLOGICI

(1) I chiusi di Y sono le intersezioni con Y dei chiusi di X.

(2) Se un sottoinsieme di Y `e aperto (o chiuso) in X, allora lo `e anche in Y .

(3) Se Y `e aperto (risp. chiuso) in X allora gli aperti (risp. chiusi) di Y sono anche aperti (risp. chiusi) di X.

DIMOSTRAZIONE. (1) Dire che C ⊆ Y `e chiuso in τ |Y equivale a dire che Y \ C `e un aperto di τ |Y

e cio`e che esiste B ∈ τ tale che Y \ C = B ∩ Y . Siccome Y = (B ∩ Y ) ∪ (Bc∩ Y ) si ha che C = Bc∩ Y . Ma per definizione B `e aperto se e solo se Bc`e un chiuso di τ .

(2)Se A ⊆ Y `e aperto in X allora A = A ∩ Y `e aperto in Y per definizione di topologia indotta. Stessa cosa, per il punto (1), se A `e chiuso.

(3)Per definizione A ⊆ Y `e aperto in τ |Y se e solo se esiste U ∈ τ d tale che A = U ∩ Y . Ma se Y `e aperto in X, allora U ∩ Y `e un aperto di X. Per il punto (1), lo stesso ragionamento vale se Y `e

chiuso e A `e chiuso in Y . 

ATTENZIONE: a parte i casi elencati nel Teorema 1.4.3 in generale pu `o succedere di tutto ed `e bene ricordare che la nozione di essere aperto/chiuso ha una natura relativa.

Esempio 1.4.4. Sia (X, τ ) uno spazio topologico e sia A ⊆ X. Non importa se A sia aperto, chiuso o nessuno dei due, ma A `e sempre sia aperto che chiuso per τ |A.

Esempio 1.4.5. [0, 1) non `e n´e aperto n´e chiuso in R, ma `e chiuso in (−1, 1) ed `e aperto in [0, ∞). Esempio 1.4.6. Sia Y = {(x, y) ∈ R2: y > 0}. L’insieme {(x, y) ∈ R2: x2+ y2≤ 1, y > 0} non `e un chiuso di R2, ma `e un chiuso di Y con la topologia indotta.

Esempio 1.4.7. Sia Y = {(x, y) ∈ R2: y = 0}. L’insieme {(x, y) ∈ R2: 1 < x < 2, y = 0}non `e un aperto di R2ma `e un aperto di Y con la topologia indotta.

Allo stesso modo, quando si parla di parte interna e chiusura in una situazione A ⊆ Y ⊆ X, si deve sempre specificare se si sta considerando la topologia di X o quella indotta su Y . Lo si pu `o fare usando le notazioni apicali e pedicali AY, AXe IntY(A), IntX(A).

Esempio 1.4.8. Il punto 2 non `e interno a [2, 3) rispetto alla topologia di R ma `e un punto interno di [2, 3) con la topologia indotta da R su [2, ∞).

Teorema 1.4.9. Sia Y un sottospazio di (X, τ ). Per ogni A ⊆ Y si ha AY = AX∩ Y .

DIMOSTRAZIONE. Per definizione AX∩ Y `e un chiuso di τ |Y contenente A quindi AY ⊆ AX∩ Y . D’altronde AY `e un chiuso di τ |Y contenente A quindi esiste un chiuso C di τ , contenente A, tale che

AY = C ∩ Y. Siccome AX ⊆ C si ha AX∩ Y ⊆ C ∩ Y = AY. 

Corollario 1.4.10. Sia A un sottoinsieme di uno spazio topologico X. Allora A `e denso in ¯Arispetto alla topologia indotta da X su ¯A.

DIMOSTRAZIONE. Per il Teorema 1.4.9, ponendo Y = ¯A, si ha che la chiusura di A per la

topolo-gia di ¯Anon `e altro che ¯A ∩ ¯A = ¯A. 

Bisogna per `o usare cautela ch´e in generale non `e vero che A ∩ YY = AX∩ Y :

Esempio 1.4.11. In R2sia Y la palla chiusa di centro l’origine e raggio 1 e sia A = Yc. Chiaramente A ∩ Y = ¯∅ = ∅; ma A ∩ Y `e la circonferenza di centro l’origine e raggio 1.

Con la parte interna le cose non vanno meglio e in generale IntY(A) 6= IntX(A) ∩ Y:

Esempio 1.4.12. In R2 sia Y = {(x, y) : y = 0} e sia A = Y . Chiaramente IntY(A) = Y; ma IntR2(A) ∩ Y = ∅ ∩ Y = ∅.

1.5. ASSIOMI DI NUMERABILIT `A 39

Non ci sono problemi invece con le catene di inclusioni.

Teorema 1.4.13. Sia (X, τ ) uno spazio topologico e siano B ⊆ A ⊆ X. Allora

τ |B = (τ |A)|B.

DIMOSTRAZIONE. Per definizione C ∈ τ |B se e solo se esiste D ∈ τ tale che C = B ∩ D. Ma B ∩ D = B ∩ (A ∩ D)quindi (ponendo E = A ∩ D) si ha che C ∈ τ |B se e solo se esiste E ∈ τ |Atale che C = B ∩ E, che per definizione equivale a dire che C ∈ (τ |A)|B. 

Il passaggio a sottospazio mantiene le distanze...

Teorema 1.4.14. Sia (X, d) uno spazio metrico e sia τdla topologia indotta da d su X. Sia Y ⊆ X. Sia dY la restrizione della funzione distanza a Y e sia τdY la topologia che essa induce su Y . Allora

d)|Y = τdY.

DIMOSTRAZIONE. Una base per entrambe le topologie `e data dalle palle metriche.  ... ma non rispetta gli ordini!

Esempio 1.4.15. Sia X = (−∞, 0] ∪ (1, +∞) ⊆ R. L’ordine naturale ≤ di R induce un ordine ≤X

su X. (La topologia indotta su R da ≤ `e quella Euclidea.) l’intervallo (−1, 0] `e un aperto di X per la topologia indotta da R su X perch´e (−1, 0] = (−1, 1) ∩ X. Ma rispetto alla topologia dell’ordine ≤X, ogni intervallo aperto contenente 0 deve contenere anche qualche punto in (1, 1 + ε). Quindi 0non `e interno a (−1, 0] che quindi non `e aperto per la topologia indotta da ≤X. Ne segue che la topologia indotta da R su X `e diversa dalla topologia indotta su X da ≤X. In versione scioglilingua: la topologia indotta dall’ordine indotto non `e la topologia indotta dalla topologia indotta dall’ordine.

Esercizio 1.4.16. Nell’esempio precedente, quale topologia induce ≤Xsu X?

1.5. Assiomi di numerabilit`a

Definizione 1.5.1(Assiomi di numerabilit`a). Uno spazio topologico (X, τ ) si dice a base

nume-rabilese τ ammette una base numerabile; si dice localmente numerabile se ogni x ∈ X ammette un sistema fondamentale di intorni numerabile. `E in uso la seguente terminologia:

• Primo assioma di numerabilit`a: X `e localmente numerabile. (In inglese X si dice First countable, in riferimento al primo assioma, ma in italiano rende proprio male);

• Secondo assioma di numerabilit`a: X `e a base numerabile. (In inglese Second countable. Come sopra, “secondo numerabile” suona da far ribrezzo).

Chiaramente il secondo implica il primo.

Esempio 1.5.2. Se τ `e numerabile, allora `e ovviamente a base numerabile. Per esempio la topologia della palle annidate su R2lo `e (Esempio 1.1.10).

Esempio 1.5.3. La topologia delle successione aritmetiche (Esempio 1.2.5) `e a base numerabile perch´e l’insieme delle successioni aritmetiche {S(x, a), x, a ∈ Z} `e numerabile.

Esempio 1.5.4. R2 `e localmente numerabile, cos`ı come ogni spazio metrico: basta considerare le palle di raggio razionale. (Come nell’Esempio 1.3.7).

Esempio 1.5.5. La topologia discreta `e localmente numerabile, infatti ogni punto ha un sistema fondamentale di intorni fatto da un solo elemento: il singoletto di s´e stesso.

Non tutti gli spazi localmente numerabili hanno base numerabile.

Esempio 1.5.6. La topologia discreta su R non `e a base numerabile. Infatti ogni base della topologia discreta deve contenere la famiglia dei singoletti {{x}, x ∈ R}, che non `e numerabile perch´e R non lo `e. La stessa cosa vale per la discreta su un qualunque insieme non numerabile.

40 1. SPAZI TOPOLOGICI

Ci sono alcune propriet`a degli spazi topologici che, pur suonando come “intuitivamente vere” non lo sono in generale. Ci `o dipende dal fatto che spesso si `e abituati a pensare che tutto funzioni come in R2Euclideo. I seguenti teoremi ci dicono che, per quanto riguarda il comportamento delle successioni, negli spazi localmente numerabili le cose funzionano come ci si aspettava.

Teorema 1.5.7(Degli intorni inscatolati). Sia X uno spazio topologico localmente numerabile. Allora ogni x ∈ X ha un sistema fondamentale di intorni (numerabile) (Bn)n∈Ninscatolati, cio`e

n > m ⇒ Bn⊆ Bm.

DIMOSTRAZIONE. Sia (Ni)i∈Nun sistema fondamentale di intorni di x numerabile. Per ogni n definiamo Bn = N1∩ · · · ∩ Nn. In quanto intersezione finita di intorni, Bn `e intorno di x. Inoltre se A ∈ I(x) esiste Ni tale che Ni ⊆ A. Ma per ogni n > i si ha Bn ⊆ Ni. Quindi la famiglia numerabile (Bi)i∈N`e un sistema fondamentale di intorni di x. Per come sono definiti, se n > m allora

Bn⊆ Bm. 

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