Walter Giuliano
I N T R O D U Z I O N E
Gli ambienti acquatici o semi-acquatici ri-vestono un interesse particolare non solo per la loro alta produttività biologica, ma anche per la loro crescente rarità.
Le zone umide scompaiono più rapida-mente di altri ambienti naturali e con loro vi è il rischio che scompaiano le specie che vi hanno fatto la propria dimora.
Stagni, paludi, zone umide in genere, sono state considerate sino a pochi anni or sono, unicamente come oggetto di bonifiche: non era infatti nota l'immane ricchezza natura-listica che tali zone rappresentano. Questa errata concezione, peraltro giustificabile in parte con la scarsa conoscenza scientifica, ha fatto si che il patrimonio ambientale delle zone umide presente sul nostro terri-torio fosse rapidamente dilapidato. All'e-poca romana erano circa tre milioni gli et-tari di territorio italiano occupati da sta-gni, paludi, lagune. Attraverso imponenti opere di bonifica si è giunti nel 1970 a ri-durre tali zone a 150.000 ettari.
Quell'anno segnò il momento di svolta nel-la considerazione delle zone umide. Rimossa l'ormai superata ottica bonifica-toria, due circolari emanate dal Ministro per l'Agricoltura, facevano notare che con le tecnologie disponibili si potevano am-piamente neutralizzare alcuni aspetti ne-gativi delle preesistenze naturali di questo tipo, che andavano invece conservate e va-lorizzate.
Il valore naturalistico ed ambientale delle zone umide assume notevole rilevanza in quanto, costituendo un sistema biologico di transizione tra gli ecosistemi terrestre e acquatico, rappresentano una gamma di condizioni ecologiche estremamente varie, ospitante una quantità infinitamente ricca e specializzata di organismi viventi, ani-mali e vegetali. Questi requisiti fanno delle zone umide un campo di ricerca sia pura che applicata di notevole consistenza e pregio.
Il progetto internazionale MAR, stabilisce una classificazione per categorie ecologiche basata su otto tipi di ambienti umidi così descritti:
1) Acque costiere
Sono parti di mare. Esse includono: — zone intertidali (determinate dall'al-ta marea). Si trovano frequentemente
nel Mare del Nord e sulle coste Atlanti-che;
— zone basse di mari privi di maree. Regioni profonde meno di 6 metri nei mari Baltico, Mediterraneo, Nero e Ca-spio.
I fondali possono essere: fango, sabbia, ghiaia, roccia, artificiali.
2) Lagune costiere poco profonde Sono superfici di acqua libera al livello del mare con una o più vie di comuni-cazione permanenti con il mare, relati-vamente strette se paragonate con la su-perficie della laguna.
Esse includono:
— lagune salate (o parti salate di la-guna);
— lagune salmastre (o parti salmastre di laguna);
— lagune dolci (o parti dolci di la-guna);
— saline. 3) Paludi costiere
Si tratta di luoghi temporaneamente o permanentemente ricoperti d'acqua, con vegetazione emergente ed alcune vie di comunicazione col mare. Essendo piuttosto complicata la delimitazione delle paludi costiere e di quelle interne, si decise di definire «lagune costiere» tutte quelle ricadenti entro i 10 chilo-metri dal bagnasciuga o dall'onda di alta marea. Esse possono essere: perma-nenti, stagionali, salate, salmastre, dol-ci; interessate alla marea, regolarmente, irregolarmente, mai.
4) Acque basse interne salate, salmastre,
alcaline
Si trovano soprattutto nel Mediterraneo e nell'Europa sud-orientale.
Possono essere: salate, salmastre, alcali-ne; stagionali, permanenti; paludi (con vegetazione emergente), laghi (senza ve-getazione emergente).
5) Acque dolci interne, basse, ferme Sono connesse con veri habitat acquati-ci con o senza vegetazione emergente. Ivi si comprendono anche i canali che sono prevalentemente statici. Possono essere:
a) permanenti:
— situazione: altura-pianura, urbana-rurale;
— fondale: fango, ghiaia, sabbia, roc-cia;
naturale-artificiale (diga, bacino per al-levamento del pesce, ecc.);
— produttività: eutrofico, oligotrofico, b) temporanei:
— regolarmente inondati (alcuni im-pianti per la produzione de! pesce allo stato naturale);
— irregolarmente inondati (alcuni ba-cini artificiali per il pesce, ecc.). 6) Acque correnti interne basse, dolci
Superfici basse in fiumi o canali che sono più correnti che ferme (canali irri-gazione, drenaggio, ecc.). Gli argini ed il fondale possono essere: fango, sabbia, ghiaia, roccia, artificiali.
7) Paludi di acqua dolce interne e di
natu-ra minenatu-rale
Si tratta di terreni temporaneamente o permanentemente imbevuti di acqua, con vegetazione emergente e suolo mi-nerale (inorganico, non torba); possono essere paludi isolate o sponde paludose di laghi più profondi. Esse includono: — acquitrini (ricoperti di acqua duran-te la maggior parduran-te della stagione di ve-getazione);
— habitat umidi (temporaneamente ri-coperti di acqua, generalmente umidi solo durante la maggior parte della sta-gione della vegetazione);
Entrambe le sottocategorie possono esse-re specificate secondo i seguenti criteri: alberate, con canneto, con prati (canne, carici, erba); paludi isolate; sponde di laghi, alture, pianure.
8) Torbiere
— alcaline (calcaree o torbiere neutre); — acide minerotrofiche;
— acide, essenzialmente acquitrini om-brotrofici (acquitrini alti e coperti); — miste (in molti complessi torbosi del nord).
Già in precedenza, nel 1971, un atto im-portante nella politica di tutela delle zone umide, era stata la «Conferenza Interna-zionale sulla protezione degli ambienti umidi e degli uccelli acquatici» tenutasi a Ramsar. Una convenzione, elaborata al termine dei lavori, impegna i paesi stipu-lanti ad indicare le zone del proprio territ-torio idonee all'inserimento in una apposi-ta «Lisapposi-ta» delle zone umide di imporapposi-tanza internazionale e si impegna a promuovere la conservazione in tali zone degli uccelli acquatici. La Convenzione di Ramsar, contiene una definizione ufficiale di zona umida che così le classifica: «le paludi, gli
LEGENDA CARTINA AREE UMIDE DEL PIEMONTE 1 ) Lago di Viverone
2 ) Laghi di Avigliana e palude dei Maraschi 3 ) Lago di Candia
4 ) Valle del Ticino 5 ) Oasi sul Tanaro 6 ) Bosco-parco di Racconigi 7 ) Lagoni di Mercurago 8 ) Lame del Sesia 9 ) Oasi di Cascina Bava 10) Palude di Casalbeltrame 11 ) Isolone di Oldenico 12) Garzaia di Valenza 13) Garzaia di Villarboit 14) Garzaia di Carisio 1 5) Garzaia di Montarolo 16) Tenuta Baraccone 1 7) Garzaia di San Marco 18) Garzaia sul Marchiazza 19) Garzata di Bosco Marengo 20) Garzaia di Cassano
21) Garzaia di Tenuta S. Bernardino 22) Oasi confluenza Erro-Bormida 23) Lanca « Madama Cappelli » 24) Stagno di Oulx
25) Stagni di Villardora
26) Biotopo dei Mareschi di San Antonino 27) Po Morto
28) Stagnidella zona Carmagnola-Pralormo 29) Oasi di Crava - Morozzo
30) Area deltizia del fiume Toce 31) Baraggia Vercellese 32) Sorgenti del Belbo 33) Torbiera di Pian del Re 34) Pian Valasco 35) Lago della Maddalena
acquitrini, le torbe oppure i bacini, natura-li o artificianatura-li permanenti o temporanei, con acqua stagnante o corrente, dolce o salmastra o salata, ivi comprese le distese di acqua marina la cui profondità durante la bassa marea non superi i sei metri. Vengono inoltre fissati i criteri e metodi per la definizione di zona umida di impor-tanza internazionale. Secondo tali criteri il Piemonte presenta una di tali zone e preci-samente il lago di Viverone. Esistono però in Piemonte altre zone umide minori che presentano un grande interesse naturalisti-co e per le quali ocnaturalisti-corre promuovere
effi-P R I N C I effi-P A L I REALTÀ P I E M O N T E S I
Lago di Viverone
Inserita nella lista della Convenzione di Ramsar come zona umida di importanza internazionale, l'area si estende su circa 1.087 ettari di cui 578 occupati dalla su-perficie lacustre propriamente detta. Am-ministrativamente il territorio ricade nei comuni di Viverone, Azeglio, Settimo Rot-taro, Borgo d'Ale e Piverone a cavallo tra le Provincie di Torino e di Vercelli. Il lago ha una profondità media di 20 m con un massimo di 50 m; il perimetro è di circa 10,41 km con una quota media al pelo del-l'acqua di 230 m sul livello del mare. Non ha imissari ma è alimentato da una rete di rogge, dalle precipitazioni meteoriche (cir-ca 1.000 mm annui), da sorgenti di fondo e falde sotterranee che filtrano attraverso la piattaforma compresa tra Palazzo ed Aze-glio, costituita da alluvioni fluvioglaciali ciottolose non alterate, a terreni grigi (wur-miani), sia attraverso i depositi morenici delle fascie collinari costituiti da strati di alterazioni giallo rossastre a ciottoli note-volmente alterati, delimitanti Ja cerchia media e più elevata dei resti dell'anfiteatro morenico di Ivrea (pleistocene). Funziona da emissario la roggia Fola o Tina che confluisce nella roggia Violana solcando l'area detta Maresco. Il ricambio delle ac-que è molto lento ed il rimescolamento può avvenire solo quando la temperatura dell'acqua è uguale a tutte le profondità ed il peso specifico dell'acqua tocca il valore
Fig. 1 - Lo stagno di Ouix. con l'ampia fascia a canneto; purtroppo recenti progetti ne minacciano l'esistenza. Fig. 2 - Una visione del lago di Candia dalla zona a can-neto.
Fig. 3 - Angolo del lago di Viverone nella zona S. Anto-nio.
massimo; ciò avviene a circa 4 °C in due periodi dell'anno, a fine inverno ed in au-tunno.
Per il resto dell'anno il lago rimane stratifi-cato in epilimnio, metalimnio ed ipolim-nio. Questa situazione favorisce il fenome-no dell'eutrofizzazione, accelerato dagli sca-richi di rifiuti immessi dalle reti fognarie dei ^ caci azioni di tutela, di gestione ed in certi 1
casi di recupero ambientale. Tali provvedi-menti, vanno presi con urgenza, visti i gra-j vi pericoli di manomissione che tali zone j per intrinseca natura corrono più di altre.
Se per alcune si impone la tutela attraverso lo strumento del parco o della riserva na-turale, per altre sarebbe sufficiente una presa di coscienza della loro importanza ^ da parte delle pubbliche amministrazioni che ne potrebbero garantire l'integrità già con vincoli di carattere locale.
Anche per le aree già attualmente protette, 3 si rendono in taluni casi necessari
inter-venti di gestione attiva, mantenendole in condizioni ottimali.
centri abitati che gravitano sul bacino, e dalla navigazione da diporto a motore. Le sponde ricadenti nel comune di Vivero-ne sono state pesantemente deturpate ed in parte interrate per la costruzione artificiale di spiagge, pontili, porticcioli ed altre at-trezzature turistiche. Situazione migliore si registra per le sponde situate nei comuni di Azeglio e Piverone che hanno conservato in gran parte intatte le loro condizioni na-turali caratterizzate da estesi canneti, aree paludose e boscate. Vi si osservano le ca-ratteristiche fasce vegetazionali che accom-pagnano le fasi di graduale interramento dei laghi. Troviamo, a partire dalla zona ove l'acqua è più alta la vegetazione natan-te del Trapetum con la castagna d'acqua
(Trapa natans) ed il ceratofillo (Cerato-phillum demersum). La fascia seguente
presenta la vegetazione radicata sul fondo con la presenza della ninfea (Nymphaea
alba), il nannufaro (Nuphar luteum) cui
se-gue il canneto a Phragmites communis cui si intervallano verso terra varie specie di
Typha e Juncus.
Nella fascia di torbiera bassa, le specie pre-cedenti lasciano lo spazio alle carici
(Ma-gnocaricion) riunite in folti cespi in cui si
inserisce in taluni stagioni l'acqua libera. Oltre questa fascia ci troviamo in presenza del bosco paludoso e della torbiera che ca-ratterizzano un lungo tratto di sponda a sud-ovest, in comune di Azeglio. Alla fa-scia costiera di salici, con prevalenza di
Salìx alba segue il bosco di farnia e di
fras-sino, intervallato a tratti da canneto a carici. Farnie e frassini sono presenti con esem-plari a volte centenari. Si tratta di un esempio di relitto di bosco planiziario pa-ludoso, di estremo interesse.
Non meno interessante è la fauna che oltre al germano reale specie per la quale l'area è stata riconosciuta di importanza interna-zionale, comprende lo svasso maggiore
(Podiceps cristatus), la folaga (Fulica atra)
il gabbiano comune (Larus ridibundus). In totale la popolazione di anatidi si aggira sui 12.000 esemplari. Nidificano nell'area anche numerose specie di uccelli divenuti molto rari in Piemonte, come ad esempio il tarabuso (Botarus stellaris).
Altre specie piuttosto rare che frequentano la zona sono il cormorano (Phalacrocorax
carbo), la strolaga mezzana (Gavia arctica),
lo svasso dal collo rosso (Podiceps
grise-gena). Il resto della fauna non presenta
aspetti particolari fatta eccezione per gli
in-setti; il lago di Viverone costituisce infatti una delle più importanti stazioni di Odonati d'Italia con la presenza accertata di ben 26 specie tra cui alcune rare per il Piemonte. A questi elementi di interesse ambientale-naturalistico si aggiungono i pregi archeo-logici ulteriormente avvalorati da recenti scoperte. Si tratta di tre villaggi palafittico-li sommersi riferibipalafittico-li all'età del bronzo. Sin dal 1970 l'area gode di protezione ve-natoria essendo istituita un'oasi di prote-zione ai sensi della legge sulla caccia. Nel
1975 fu richiesto ed ottenuto dalle associa-zioni naturalistiche l'inserimento nel Piano Regionale dei parchi, dal quale venne tut-tavia stralciato nel 1977 a seguito delle pressioni politiche locali.
Il Ministero Agricoltura e Foreste ha pre-disposto una bozza di decreto per l'inseri-mento del lago nella lista della Convenzio-ne di Ramsar, che è in attesa del parere della Regione Piemonte.
Laghi di Avigliana e palude dei Mareschi
L'area comprende il Lago Piccolo ed il Lago Grande di Avigliana, nonché la palu-de palu-dei Mareschi e la torbiera di Trana. Si estende per circa 430 ettari nei comuni di Avigliana e Trana in provincia di Torino, al centro dell'anfiteatro morenico di Rivo-li-Avigliana, originato dal ghiacciaio della valle di Susa che nell'epoca mindeliana si spense dallo sbocco della vallata alpina nella pianura torinese. L'area costituisce un biotopo di rilevante interesse floristico e faunistico.
Per quanto attiene l'elemento vegetaziona-le, esso trova la zona di maggiore interesse nella palude dei Mareschi, con la presenza della tipica vegetazione palustre: tra le spe-cie arboreo-arbustive troviamo l'ontano nero (Alnus glutinosa), varie specie di
Sa-lix, pioppo e frassino. Tra la flora palustre
presente nel canneto a Phragmites
com-munis, troviamo il giglio giallo (Iris pseuo-doacorus), la ninfea (Nymphaea alba) il
nannufaro (Nuphar luteum), la grazia di palude (Heleocharis palustris), la lingua d'acqua (Potamogeton natans).
Per quanto riguarda la fauna le emergenze di maggior pregio vanno ovviamente ricer-cate nell'avifauna acquatica che presenta specie piuttosto tipiche sia tra quelle nidi-ficanti sia tra quelle svernanti e di passo. Tra le specie più caratteristiche segnalia-mo il germano reale, lo svasso maggiore, il nibbio bruno. Altre specie presenti o di
passo sono il tuffetto, l'airone rosso, l'airo-ne cil'airo-nerino, la nitticora, il tarabuso, il mo-riglione, la moretta, la folaga, la gallinella d'acqua, il gabbiano comune. Le aree mag-giormente frequentate da queste specie sono la palude dei Mareschi ed alcune zone a canneto lungo le sponde del Lago Piccolo. Meno frequentato il Lago Grande che è molto più antropizzato.
I maggiori pericoli che minacciano l'area, sono gli scarichi inquinanti nel Lago Grande che presenta già un alto grado di eutrofizzazione, lo scarico abusivo di rifiu-ti nell'area palustre, la navigazione a mo-tore sulla superficie lacuale che crea note-vole danno alla fiidificazione lungo le sponde.
Tutto ciò nonostante la istituzione della zona a parco naturale regionale, avvenuta con L. R. 16-5-1980, n. 46.
Lago di Candia
Si trova nel lobo sud-occidentale dell'anfi-teatro morenico di Ivrea, originato dal ghiacciaio della Valle d'Aosta. Il biotopo comprende oltre allo specchio lacustre che si estende per una superficie di km2 1,603, un'area palustre nella parte nord-occidentale che copre circa 0,5 km2. II lago presenta tutte le caratteristiche mor-fologiche dovute alla sua origine: scarsa profondità (massima di 7,60, media di 4,70) dimensioni ridotte (larghezza massi-ma km 0,930, media km 0,713; lunghezza massima km 2,250), presenza dell'area pa-lustre che indica il progressivo interramento. La ridotta antropizzazione delle sponde ha consentito la sopravvivenza di una vegeta-zione acquatica molto interessante, ove è ancora possibile distinguere la caratteristi-ca zonazione della vegetazione spontanea che rappresenta la transizione dall'ambien-te acquatico a quello dall'ambien-terrestre.
Si può comporre un profilo vegetazionale ideale delle sponde del lago; sulla sponda nord-occidentale si osserva una prima fa-scia di vegetazione acquatica radicata sul fondale limoso comprendente piante com-pletamente sommerse e piante a foglie gal-leggianti (Ceratophillum demersum, Najas
marina, Najas minor, Miriophillum spica-tum, Potamogeton nodosus). La superficie
marginale è coperta da un'ampia fascia a
Trapa natans (30-60 metri verso centro
lago) con piccoli popolamenti di
Hydro-choris Morsus ranae, Nymphoides peltata, Ludwigia palustris, Lemma minor Salvi-lo
Fig. 4 - La collina di Montarolo sede di un'importante garza/a
Fig. 5 - I laghi di San Gillio al tramonto.
Fig. 6 - Gli stagni di Villardora di origine artificiale han-no nel tempo visto l'insediamento di specie animali e vegetali di grande interesse naturalistico.
nia natans. Segue una fascia di vegetazione
costiera costituita da canneto a Phragmites
communis preceduta da cespi di Typha angusti/olia, Juncus articulatus e Scoeno-plectus lacustris.
Sempre procedendo verso l'esterno della superficie acquatica incontriamo ancora una fascia di Magnocariceto o Carex elata, una ristretta fascia alberata con la presenza di Alnus glutinosa ed il terreno consolidato in cui le carici lasciano il posto alle Poacee ed altre specie tipiche del prato polifita umido.
Sul lato meridionale si possono individua-re tindividua-re fascie. La prima di vegetazione ac-quatica con piante sommerse e gallegianti costituite soprattutto da un tappeto di
Tra-pa natans misto a Nymphaea alba e Nu-phar luteum; la seconda ristrettissima è
co-stituita dal canneto a Phragmites
commu-nis con la presenza di Typha angusti/olia e Schoenoplectus lacustris; la terza è
rappre-sentata dal prato polifita umido e dal piop-peto di impianto artificiale. Nell'area si ri-trovano ancora specie rare o minacciate come Ranunculus Flammula, Viola
palu-stris, Menyanthes trifoliata, Comarum pa-lustre e Hottonia palustris.
Interessante anche la fauna, ricca di specie acquatiche tra cui segnaliamo oltre al co-mune germano reale, altre specie più rare come ad esempio il cannareccione
(Acroce-phalus arundinaceus) che vi nidifica o il
moriglione (Aythya ferina), il piro piro bo-schereccio (Tringa gloreola) e la pavoncel-la ( Vanellus vanellus) che fanno del Lago di Candia una zona privilegiata per la so-sta.
Valle del Ticino
Comprende undici comuni (Castelletto So-pra Ticino, Varallo Pombia, Pombia, Ma-rano Ticino, Oleggio, Bellinzago Novarese, Cameri, Galliate, Romentino, Trecate e Cerano), in provincia di Novara.
Si tratta della sponda destra del Ticino, che fronteggia il parco naturale istituito nel
1976 dalla Regione Lombardia. Il terreno è prevalentemente agricolo, anche se non mancano aree di interesse naturalistico. Si tratta in particolare degli ambienti acquati-ci (canali, lanche, stagni, paludi più o meno interrate), cenosi pressoché intatte con grande varietà di flora palustre ed ac-quatica.
La flora è notevolmente varia e va dalle formazioni pioniere (su greti e rive
sabbio-se del Ticino) alle formazioni forestali chiuse sui terrazzi alluvionali. Le principa-li essenze forestaprincipa-li sono le querce (Farnia, Rovere, Roverella), il carpino ed il Pino Silvestre. Non autoctone ed infestanti la Robinia ed il Ciliegio tardivo. Il bosco oc-cupa 3.440 ettari della superficie totale di 6.120 ettari istituiti a parco naturale regio-nale dalla Regione Piemonte (L.R. 21-8-1978, n. 53).
Purtroppo esso è fortemente degradato da-gli interventi antropici.
Importanti dal punto di vista vegetazionale sono alcune aree di interesse storico-archeologico-mineralogico in località Cam-po dei Fiori (Varai lo Pombia).
Si tratta di pietraie determinate a seguiti dell'attività di estrazione di oro da giaci-menti di tipo sedimentario svolta secoli or sono; sono le uniche zone del Piemonte in-sieme con la Bessa Biellese, in cui si può datare l'inizio del ciclo evolutivo della ve-getazione.
Sotto il profilo faunistico pur non regi-strandosi elementi esclusivi od eccezionali, permane un discreto interesse naturalistico per la presenza di varie specie acquatiche principalmente anatidi e migratori, tra cui il germano reale, l'alzavola, la nitticora, la folaga, l'occhione, la sterna di mare, il fra-ticello.
Con la legge regionale l'area è stata istitui-ta a parco naturale (L.R. 21-8-1978, n. 53).
Rimangono tuttavia numerosi motivi di preoccupazione per la tutela dell'integrità ambientale dovuti alla presenza all'interno dell'area di numerose cave di ghiaia e sab-bia nonché di un'industria chimica inqui-nante e di numerose discariche di rifiuti. Oltre alle aree sin qui descritte che rappre-sentano le principali zone umide ancora