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I Sistemi di Costing nelle aziende di servizi: il caso Ecol Studio S.p.A

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Academic year: 2021

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Ringraziamenti

La realizzazione di questo lavoro mi vede debitrice nei confronti di numerose persone che mi hanno in vario modo supportata, chi materialmente, chi con un semplice consiglio o incoraggiamento.

Un primo ringraziamento va al Prof. Giannetti, relatore di questa tesi, per essersi sempre dimostrato un ottimo docente e avermi indicato la possibilità di svolgere questa

esperienza, rivelatesi molto formativa, professionalmente e umanamente.

La mia gratitudine va poi a tutto il personale e alla dirigenza di Ecol Studio per la cordialità con cui sono stata accolta e per il clima di collaborazione che ha

accompagnato questa mia prima esperienza in un ambiente di lavoro. Ringrazio il mio tutor, il Dott. Fornari, per la quotidiana fiducia e sostegno dimostratomi e per aver sempre trovato il tempo di ascoltarmi e consigliarmi, nonostante i mille impegni da amministratore delegato. Desidero inoltre ringraziare tutto il Laboratorio, in particolare il settore MCA, che mi ha 'sopportata' in questi cinque mesi di tirocinio; grazie per le lezioni di chimica, per la costante disponibilità e simpatia dimostratemi. Se questo lavoro ha qualche speranza di essere apprezzato è anche grazie a voi. Prezioso è stato il contributo di Andrea S., al quale va un ringraziamento speciale, per avermi aperto, con le sue osservazioni, punti di vista inesplorati, consentendo un affinamento del lavoro. Grazie alle mie Amiche.

A Babi, Enio, Joy e Nora, da qualche tempo la mia seconda famiglia, decisive

nell'aiutarmi a smussare il mio non facile carattere, anche se c'è ancora un po' di strada da fare! Grazie per la vostra presenza costante, per essere sempre pronte ad ascoltare, grazie per le infinite serate per festeggiare e/o dimenticare.

A Ludo, presente sin dall'inizio del mio percorso universitario nonostante vicende personali ci abbiano talvolta un po' allontanate; grazie della generosità e sincerità che mi hai sempre dimostrato.

Ringrazio la mia amica Mathilde perché, anche se ormai le occasioni di vedersi sono sempre minori, ogni volta che ci sentiamo o vediamo è come se fossero passati pochi giorni.

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Un ultimo ringraziamento, certamente il più importante, va alla mia famiglia. . Grazie di cuore a nonna Ida, zia Alberta e zio Peppe per avermi cresciuta nell'amore e per accogliermi sempre con gioia dopo le mie lunghe assenze da casa.

Grazie mio nonno Carlo, il migliore amico, sempre un passo avanti a tutti nel comprendermi e consigliarmi; la prima telefonata, dopo gli esami, era per te.

Grazie a mio fratello Matteo, punto di riferimento da sempre e ancora per molti anni; grazie, perché mi hai insegnato a sdrammatizzare, mostrandomi come ogni ostacolo possa rivelarsi meno insormontabile del previsto.

Infine, ringrazio mio padre e mia madre per aver sempre creduto in me e aver supportato le mie scelte, moralmente ed economicamente.

Spero di avervi in qualche modo ripagati.

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"Il risultato è questo: che più Leonia espelle roba più ne accumula; le squame del suo passato si saldano in una corazza che non si può togliere; rinnovandosi ogni giorno la città conserva tutta se stessa nella sola forma definitiva: quella delle spazzature d'ieri che s'ammucchiano sulle spazzature

dell'altroieri e di tutti i suoi giorni e anni e lustri."

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Indice

pag.

Introduzione

I Parte "Le aziende erogatrici di servizi"

1. Il dibattito sul concetto di servizio 1

1.1 Service vs Goods 1

1.2 Il servizio come processo o attività 3

1.3 La Servitization nelle aziende manifatturiere 3

1.4 Il servizio come modello di business: la Service Dominant Logic 5

2. Il servizio come oggetto di costo 6

2.1 Introduzione 6

2.2 La validità dei tradizionali scopi di misurazione dei costi 7

2.3 Specificità del service costing 8

2.3.1 Le incertezze nella misurazione del valore legate all'intangibilità 8 2.3.2 Le scelte di dimensionamento della capacità produttiva 9 2.3.3 L'eterogeneità dell'offerta e la limitata controllabilità dei costi 10 2.4 Un modello per la classificazione delle aziende di servizi 11 2.5 Il modello di costing secondo un approccio contingente 14

2.5.1 Introduzione alla Contingency Theory 14

2.5.2 L'influenza del tipo di processo: tracciabilità dei costi e 15 rigidità dei controlli

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2.5.3 L'evoluzione dei sistemi di controllo nelle diverse fasi del ciclo 17 di vita

2.5.4 La complessità del modello di costing legata alla differenziazione 19 dei servizi: alcuni contributi empirici

2.5.5 L'importanza dell'informazione di costo per i processi decisionali 21 2.5.6 L'adeguatezza dei sistemi di controllo rispetto alla strategia 21

dell'impresa

2.5.7 Il ruolo dell'ambiente esterno 22

2.6 La scelta del modello di costing 23

2.6.1 I livelli di complessità nei modelli di costing: un modello 23 di classificazione

2.6.2 Le opportunità per le service companies di un modello di 26 costing basato sulle attività

3. I costi per le decisioni 29

3.1 Costi diversi per scopi diversi 29

3.2 Il costo per la determinazione del prezzo 30

3.2.1 L'adozione del cost plus pricing secondo la Contingency Theory 30 3.2.2 La scelta della configurazione di costo: full cost vs variable cost 33 3.2.3 Criteri di allocazione degli Overhead Costs: full cost causale 35

o full cost di copertura?

3.2.4 I limiti del cost plus pricing e i nuovi metodi market oriented: 39 value-based pricing e target costing

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II Parte "Il caso Ecol Studio S.p.A

1. Il progetto Costing: obiettivi e fasi attuative 42

2. Il laboratorio di analisi 44

2.1 Descrizione dell’attività 44

2.2 La struttura organizzativa: i ruoli principali e le relative 47 responsabilità

2.3 Il sistema di contabilità analitica preesistente 48 2.4 Il servizio di analisi: mappatura del processo di erogazione 51

2.5 Definizione dell’oggetto di costo 53

2.6 Variabili chiave della performance di Ecol Studio 55

3. La gerarchia dei costi e delle attività 56

3.1. Le attività operative a livello di singola analisi 56

3.1.1 Analisi Preparativa 57

3.1.2 Analisi Strumentale 58

3.2 Le attività amministrative 71

3.2.1 Il livello di riferibilità: singola analisi o pacchetto di analisi? 71

3.2.2 La studio dei tempi standard 71

3.3 Le attività di supporto a livello di Settore e ASA 76 3.3.1 I centri di costo nel modello preesistente e i relativi driver 76

di allocazione

3.3.2 Revisione del piano dei centri di costo e analisi delle attività 77

3.3.3 Un modello flessibile 86

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3.3.5 Un'applicazione del modello: la Migrazione globale in olio 88

Considerazioni conclusive 99

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Introduzione

Il presente lavoro nasce e si sviluppa intorno alle esigenze informative di una realtà, Ecol Studio S.p.A, operante nel settore dei servizi ambientali e delle analisi di

laboratorio. Obiettivo della tesi è la progettazione di un modello di analisi e gestione dei costi a supporto del pricing e dei giudizi di convenienza economica dei servizi offerti. Il settore terziario ha conosciuto negli ultimi vent'anni una profonda espansione, in gran parte legata all'introduzione di nuove tecnologie e alle opportunità di business derivanti dalla loro applicazione. Nella prospettiva del management accounting questo pone nuove sfide in termini di adeguatezza dei sistemi di costing. L'erogazione dei servizi presenta, infatti, caratteristiche profondamente diverse dalla produzione tradizionale e tali divergenze si traducono in differenti assetti organizzativi e strutture dei costi. Questi sono solo alcuni dei contingent factor proposti in letteratura come guida nella

progettazione dei modelli di costing, la cui adeguatezza deve essere valutata rispetto al contesto nel quale vengono implementati.

L'inasprirsi della concorrenza, derivante anche dalla deregulation che ha caratterizzato alcuni settori (trasporti, telecomunicazioni), ha altresì stimolato l'attenzione verso il tema del controllo dei costi; i mercati richiedono alle imprese prodotti/servizi di elevata qualità, in tempi brevi e a prezzi più bassi. Ma per essere in grado di ridurre i prezzi è indispensabile disporre di accurate informazioni di costo. Inoltre al crescere della pressione competitiva aumenta l'impatto economico dell'errore nelle decisioni basate su informazioni distorte, elaborate da sistemi di costing inadeguati.

La tesi si articola in due parti: la prima affronta il tema del 'service costing' da un punto di vista teorico, descrivendone le peculiarità e le principali difficoltà operative secondo gli approcci metodologici proposti in letteratura; la seconda parte fornisce

un'applicazione pratica di tali concetti. Nella prima parte, dopo una breve rassegna sul dibattito letterario intorno al concetto di 'servizio', saranno delineati gli aspetti di specificità delle 'service companies' e le principali implicazioni per il management accounting. Nel II capitolo si indagherà, secondo l'approccio della Contingency Theory, come la scelta del modello di costing sia influenzata da alcune variabili, interne ed esterne, attinenti la realtà di riferimento. Sarà poi presentato un modello per la classificazione dei sistemi di costing, che supera la tradizionale e semplicistica distinzione, tra sistemi tradizionali e sistemi Activity-Based Costing. Al termine del

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capitolo si approfondiranno le opportunità per le imprese di servizi di una misurazione dei costi basata sulle attività. L'ultimo capitolo della prima parte è dedicato all'impiego delle informazioni di costo nelle decisioni di prezzo e ai criteri di allocazione dei costi comuni.

Nella seconda parte del lavoro sarà presentato il caso Ecol Studio; dopo una breve descrizione dell'attività del laboratorio e delle esigenze informative alla base del progetto, si procederà alla mappatura dei processi aziendali, individuando le macro e micro-attività e i diversi livelli di riferibilità rispetto alle singole analisi, oggetto di costo. Per ogni attività del processo saranno descritte le principali criticità riscontrate dal punto di vista del costing e la soluzione proposta. L'ultimo capitolo fornirà un esempio applicativo del modello.

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I Parte

"Le aziende erogatrici di servizi"

1. Il dibattito sul concetto di 'servizio'

Le definizioni di 'servizio' proposte in letteratura hanno conosciuto un'evoluzione connessa alle trasformazioni macroeconomiche e all'introduzione di nuove tecnologie che hanno reso necessario un ripensamento del concetto tradizionale di 'prodotto' nelle aziende manifatturiere e, in generale, dei modelli di business delle imprese.

Le numerose interpretazioni delle quali il servizio è stato oggetto possono essere ricondotte alle seguenti categorie (Laine, 2009):

a) il servizio definito in base alle caratteristiche di differenziazione rispetto ai beni; b) il servizio inteso come processo;

c) la servitization dei prodotti delle aziende manifatturiere;

d) il servizio come modello di business: la 'service-dominant logic'. 1.1 Service vs Goods

In origine gli studi che hanno cercato di proporre una definizione del concetto di servizio si sono focalizzati sulle caratteristiche discriminanti dell'output ('service') rispetto ai beni tangibili ('goods'). Le quattro caratteristiche tradizionalmente richiamate come distintive delle 'service companies' sono: intangibility, heterogeneity,

inseparability e perishability, da cui l'acronimo IHIP (Shostack G. Lynn, 1977):

1) Intangibilità. Questa caratteristica va intesa in una duplice prospettiva, fisica e concettuale: i servizi sono attività e non beni fisici, quindi non possono essere toccati, trasportati o stoccati (physical intangibility). Questa intangibilità fisica ostacola la possibilità di comprendere e definire in maniera univoca l'output del processo (mental intangibility). (Bateson, 1979; Bielen and Semples, 2003);

2) Eterogeneità. Si riferisce alla non standardizzazione dei processi di erogazione, che sono unici ed irripetibili in riferimento alle condizioni nelle quali hanno luogo relative

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a: momento temporale, luogo di erogazione, combinazione delle risorse utilizzate per rispondere alle richieste di un dato cliente;

3) Inseparabilità delle fasi di erogazione e fruizione del servizio, che sono simultanee: il cliente è coinvolto in tutto il processo dalla richiesta della prestazione fino al consumo. 4) Deperibilità: i servizi non possono essere stoccati. Questa caratteristica, dal punto di vista del fornitore, introduce un certo grado di incertezza nella gestione della capacità e fa sì che si abbia un costo opportunità quando le risorse, predisposte per un determinato periodo, rimangono inattive a causa dell'assenza di domanda (L.Cinquini, A. Tenucci, 2011). Il prestatore non può infatti 'stoccare' il servizio in vista di una futura erogazione; può eventualmente reindirizzarlo ad un altro cliente che lo richiede. Ad esempio un posto rimasto vuoto su un aereo non può essere assegnato una volta che l'aereo è decollato. La deperibilità comporta però anche un'altra conseguenza: una volta che la prestazione è stata erogata 'scompare' irreversibilmente perché è stata consumata dal cliente. Ad esempio quando il passeggero è giunto al luogo di destinazione, altri clienti non possono essere trasportati di nuovo allo stesso luogo in quel momento (L.Cinquini, et al, 2011).

Studi più recenti hanno criticato la validità delle caratteristiche IHIP ed, in particolare, il tentativo di proporle come una definizione generale di 'servizio', quando in realtà sono solo un insieme di attributi spesso debolmente connessi tra loro (Laine, 2009). Alla luce infatti dell'evoluzione e della diversificazione che ha conosciuto il settore negli ultimi vent'anni, risulta difficile formulare una definizione di validità generale. Tali

caratteristiche devono essere assunte piuttosto come punti di riferimento, dai quali partire per adattare la nozione a fenomeni specifici. Lovelock e Gummesson (2004) fanno notare come la realtà metta in discussione la validità generale delle IHIP. Ad esempio nei settori sanitario e del trasporto aereo l'introduzione di nuove tecnologie ha permesso di standardizzare alcune attività, se non interi processi; pertanto secondo gli autori, l'eterogeneità non può essere considerata una caratteristica distintiva di tutti i servizi. In riferimento all'inseparabilità, gli autori osservano come la fruizione di molti servizi finanziari, di manutenzione e riparazione, trasporto merci non avvenga

simultaneamente all'erogazione. Prendiamo ad esempio il servizio di riparazione di autoveicoli: in questo caso, solo dopo la restituzione dell'autoveicolo, quindi dopo che la prestazione ha avuto luogo, il cliente potrà trarne i relativi benefici. Analogamente, in

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ambito finanziario, accade che il cliente esegua un'operazione, ad esempio un bonifico, che non viene elaborato immediatamente ma solo dopo qualche giorno. Queste

numerose eccezioni alla simultaneità della produzione e del consumo nei servizi non giustificano, secondo Lovelock e Gummesson, la generalizzazione di tale caratteristica. 1.2 Il servizio come processo o attività

Negli studi di marketing il servizio è stato tradizionalmente inteso come processo, ovvero "un insieme di attività eseguite da un soggetto, un prestatore di servizi, a favore di un altro soggetto, un consumatore, e finalizzate alla soluzione di un problema di quest'ultimo"(Grӧnroos, 2008: p.30). Si tratta di una definizione che pone in risalto il contrasto rispetto ai prodotti fisici ('pre-produced'). Hill (1977) definisce il servizio come ''un'azione finalizzata ad apportare un cambiamento alla condizione o stato di un'entità C di proprietà di un cliente B effettuata da un prestatore di servizi A''. La nozione di servizio proposta dall'autore si focalizza sui processi e sulle esigenze dei clienti: sono i processi, realizzati dal prestatore di servizi, a consentire le modifiche desiderate nel mondo del cliente. L'entità C, posseduta dal cliente, può essere costituita non solo da beni fisici ma anche da condizioni o status che potrebbero essere migliorati dal prestatore (Laine, 2009). I clienti possono acquistare i prodotti dal fornitore sia come beni sia come processi (servizi) e mediante il loro consumo creano valore per loro stessi. Il prestatore deve essere quindi consapevole delle preferenze del cliente al fine di facilitarne il processo di creazione del valore (Grӧnroos, 2008). Un altro studio che guarda al servizio come un insieme di processi e attività risale a Gallouj e Weinstein (1997). Gli autori identificano tre elementi nell' erogazione dei servizi: 1) le

caratteristiche dei processi, relative alle attività e alle risorse impiegate; 2) le caratteristiche interne, che si riferiscono agli attributi tecnici degli output; 3) le

caratteristiche finali relative al valore-in-uso dell'output. Nello svolgimento delle attività del processo vengono impiegate diverse risorse: materiali fisici, informazioni,

conoscenza: al variare delle risorse coinvolte varia l'output del processo (Morris and Johnson, 1987).

1.3 La Servitization nelle aziende manifatturiere

In un articolo pubblicato su "Harvard Business Review"(1999) Wise e Baumgartner esortavano le imprese manifatturiere ad 'andare a valle' e a 'guardare la catena del valore attraverso gli occhi del cliente', integrando la loro offerta con dei servizi. Il termine 'servitization', introdotto da Vandermerwe e Rada alla fine degli anni '80, si riferisce

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proprio alla tendenza ad associare dei servizi ai prodotti offerti, assottigliando sempre di più il confine che separa le aziende industriali dalle 'service companies'.A partire dal 2003 IBM, nata come produttore di hardware, ha avviato un ripensamento del proprio business che ha condotto alla messa a punto di soluzioni ingegneristiche/manageriali ai problemi delle imprese, reinventandosi come azienda di servizi. Secondo Oliva e Kallenberg (2003) sono tre le ragioni per le quali le imprese dovrebbero 'servitizzare' la propria offerta:

- in una prospettiva meramente economica, i servizi hanno margini più elevati rispetto ai prodotti e assicurano un'entrata più stabile in quanto resistenti ai cicli economici che guidano gli investimenti nelle attrezzature;

- crescente domanda di servizi da parte dei clienti;

- considerazioni di natura strategica secondo le quali la servitization consentirebbe di: allontanare il confronto competitivo dal prezzo, aumentare il grado di differenziazione della propria offerta, innalzando barriere alla concorrenza, e, infine, elevare i costi di sostituzione per i clienti, ottenendo così una maggiore fedeltà.

Se dal lato del fornitore la servitizzazione costituisce un mezzo per accrescere i ricavi, dal lato del cliente essa offre un percorso per la riduzione o stabilizzazione del rischio, rendendo i costi di manutenzione e supporto tecnico maggiormente prevedibili (Slack, 2005, cit. in Neely, 2008).

Come osserva Neely, la letteratura nell'ambito della 'servitization' ha tradizionalmente distinto quattro concetti:

- Product service system (PSS): un sistema integrato di beni e servizi che fornisce valore-in-uso;

- Servitization definita come "l'innovazione delle competenze e dei processi

organizzativi al fine di creare un valore reciproco attraverso il passaggio dai prodotti a Product-Service Systems";

- Global Value System: il network di fornitori, clienti e partners che collabora per assicurare che i PSS creino valore.

L'autore inoltre distingue cinque tipologie di product service systems (PSS):

1) integration oriented PSS: l'impresa si integra verticalmente a valle con servizi relativi alla distribuzione, al trasporto, finanziari e di consulenza. La proprietà del bene

tangibile è trasferita al consumatore;

2) product oriented PSS: al bene fisico il produttore associa dei servizi ad esso direttamente correlati come l'installazione, la manutenzione e supporto tecnico;

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3) service oriented PSS: i servizi diventano parte integrante di un pacchetto;

4) use oriented PSS: la proprietà del bene tangibile rimane al fornitore il quale vende le funzionalità dello stesso mediante diverse modalità di pagamento quali:'sharing', 'poolin', 'leasing'. Il servizio viene quindi scambiato attraverso il prodotto;

5) result oriented PSS: il prodotto viene sostituito da un servizio. Un classico esempio sono i servizi di segreteria telefonica.

In una prospettiva 'ambientale' Goedkoop et Al (1999) vede nella servitizazzione un percorso per migliorare l'impatto ambientale dei prodotti. L'idea di fondo è che è possibile ridurre l'impatto negativo dei prodotti sull'ambiente se le imprese, da un alto, ripensano i loro modelli di business, i consumatori, dall'altro, rivedono il loro concetto di proprietà. Un esempio spesso citato è quello dell'affitto delle lavatrici: i consumatori, anziché acquistare la lavatrice, la noleggiano pagando una quota fissa ad ogni lavaggio. Il cliente è così incentivato a ridurre il numero di lavaggi, minimizzando l'impatto ambientale del bene.

1.4 Il servizio come modello di business: la Service-dominant logic

Il processo di servitizzazione trova compimento in un nuova logica, la Service-Dominant Logic (SDL), proposta da Vargo e Lush (2004), secondo i quali i clienti ricercano soluzioni, quindi servizi, non beni fisici. Questo recente approccio amplia la definizione di servizio, che diventa il fulcro dello scambio economico. Inoltre le relazioni con i clienti, le dimensioni immateriali e la co-creazione del valore sono alla base della prestazione di servizi. La SDL si contrappone alla Good-Dominant Logic (GDL). Le due logiche differiscono sostanzialmente per l'interpretazione del concetto di 'servizio'. La SDL definisce il servizio (al singolare) come "l'applicazione di conoscenze e abilità attraverso azioni, processi e prestazioni a favore di un'altra entità o dell'entità stessa". Nella SD-logic la fornitura di una prestazione a favore o in collaborazione con una controparte, al fine di ottenere un servizio reciproco, è il fine dello scambio economico. I beni ('goods') vengono invece interpretati come strumenti o meccanismi per la distribuzione, in quanto derivano il loro valore dall'utilizzo dal servizio che forniscono. Quindi, sia nell'ipotesi che il servizio sia erogato direttamente o attraverso dei beni, sono le conoscenze e le competenze del prestatore la fonte essenziale di creazione di valore e non le merci, che sono un semplice strumento per la loro trasmissione. In questa ottica tutte le imprese sono imprese di servizi nel senso che operano secondo la 'service-dominant logic', il cui fine ultimo è creare valore attraverso

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lo scambio di conoscenze. Opposta alla SDL è la Good-Dominant Logic (GDL), che è incentrata sul prodotto nelle sue parti tangibili ('goods') e intangibili ('services'). Secondo tale logica oggetto dello scambio economico sono i prodotti che vengono arricchiti di valore attraverso il processo produttivo, al quale il cliente non prende parte e che dà come risultato unità di output standardizzabili e stoccabili. Qui emerge il contrasto con la SD-Logic, secondo la quale le risorse aziendali sono in grado, autonomamente, di creare valore. L'utilizzo del plurale 'services', in contrasto con 'service', impiegato nella SD-Logic rivela la diversa interpretazione del termine nelle due logiche: mentre la GDL interpreta i servizi come componenti dell'output, la SDL vede il servizio come un processo, un insieme di attività svolte a favore di una controparte. Un'altra importante differenza è il superamento della distinzione tra produttore e consumatore: mentre nella GD-Logic il cliente rappresenta il target del processo, colui che consuma o distrugge valore, nella SD-Logic il cliente è invece co-creatore di valore. "L'impresa non è in grado di fornire/creare valore da sola, ma può solo formulare una proposta di valore ('value proposition'), contribuendo ad esso solo a seguito dell'accettazione da parte del cliente" (L.Cinquini, R.Giannetti, et al, 2011). Sulla scia della SD-Logic, Edvardsson et al (2005) afferma: "service represents a perspective on value creation rather than a category of products or market offerings". Grӧnroos (2008) ha criticato la SDL in quanto essa si limiterebbe ad enfatizzare ciò che la logica dei servizi significa per il consumatore. Secondo l'autore il cliente non è un co-creatore di valore bensì il principale, se non l'unico. Il prestatore di servizi può diventare co-produttore fornendo processi e attività: mettendo a disposizione le proprie risorse è semplicemente un facilitatore di valore.

2. Il servizio come oggetto di costo

2.1 Introduzione

Dagli studi, anche i più recenti, non risulta una chiara ed univoca definizione del concetto di servizio. Come sottolinea Strauss (2005), ogni definizione deve essere valutata in modo critico ed adattata alla singola realtà. Il settore delle 'service companies' risulta, infatti, molto diversificato al suo interno; tuttavia è possibile individuare alcuni elementi ricorrenti, dai quali partire per sviluppare una definizione che sia in grado di catturare il fenomeno specifico:

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- la natura intangibile dell'output;

- la presenza del cliente nel processo di erogazione;

- la creazione e scambio di conoscenza, sia codificata che tacita; - la simultaneità di produzione e consumo;

- la combinazione di conoscenza che si crea all'interno dei sistemi; - lo scambio come processo ed esperienza;

- il ruolo dell'ICT e il suo contributo al processo di scambio.

Queste caratteristiche dell'output e dei processi di erogazione fanno emergere nuove key performance variables, modificando così le esigenze di pianificazione e controllo delle imprese; sotto il profilo del controllo dei costi, le modalità di svolgimento dei processi incidono sulle risorse da utilizzare, sulle loro interdipendenze, modificando così la struttura dei costi aziendali e, di conseguenza, la scelta dei modelli per la loro analisi e gestione

2.2 La validità dei tradizionali scopi di misurazione dei costi

Secondo Drury (2004) i sistemi di rilevazione e gestione dei costi devono assolvere tre funzioni:

1) valorizzazione delle rimanenze e quindi del profitto per il reporting finanziario esterno;

2) fornire al management informazioni rilevanti per i processi decisionali: pricing, analisi della profittabilità dei prodotti, introduzione di una nuova linea, stipula di contratti di fornitura con i clienti. La misurazione dei costi consente inoltre di tener conto delle interdipendenze tra le linee di prodotto, legate alla presenza di risorse comuni, il cui ammontare è particolarmente rilevante nelle imprese di servizi: per tali risorse i costi incrementali/evitabili relativi all'introduzione/eliminazione di un singolo prodotto sono pari a zero (Drury, 2004). Cooper (1990) afferma: "The decision to drop one product will typically not change `fixed' overhead spending. In contrast, dropping 50 products might allow considerable changes to be made. Stated somewhat tritely, the sum of the parts (the decision to drop individual products) is not equal to the sum of the whole (the realisable savings from having dropped 50 products). To help them make

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effective decisions, managers require cost systems that provide insights into the whole, not just isolated individual parts.". In altre parole Cooper afferma che le decisioni relative ai prodotti non dovrebbero essere considerate in modo indipendente:

l'inclusione nel costo unitario di una quota dei costi delle risorse congiunte consente di apprezzare la variazione nel lungo periodo dei costi aziendali associata

all'introduzione/eliminazione di una linea di prodotti. 3) supportare i processi di pianificazione e controllo.

La rilevanza nelle aziende di servizi delle finalità sopra elencate deve essere rivista alla luce delle caratteristiche che contraddistinguono l'output del processo: ad esempio l'intangibilità fisica e la conseguente assenza del magazzino fanno venir meno il primo scopo di misurazione dei costi. In realtà, anche nelle aziende manifatturiere la

valorizzazione del magazzino ha assunto un peso minore a seguito dell'adozione di nuove tecniche di gestione del magazzino, come il Just in Time, che hanno comportato una contrazione delle scorte medie. Anche il riferimento al costo per la determinazione del prezzo ha assunto nel tempo una minore rilevanza: i cambiamenti intervenuti nel contesto competitivo, le dinamiche tecnologiche, le trasformazioni della domanda, evidenziano l'esigenza di integrare nella definizione del prezzo considerazioni relative alla concorrenza e alle preferenze della clientela.

2.3. Specificità del service costing

2.3.1. Le incertezze nella misurazione del valore legate all'intangibilità

Brignall (1991) è stato uno dei primi ad affrontare il tema della misurazione dei costi nei servizi; secondo l'autore le problematiche del service costing originano

dall'intangibilità, che impedisce l'identificazione del 'servizio' come unità di scambio e ne ostacola la misurazione del valore, strettamente legata alle percezioni del cliente. Quest'ultimo, non entrando in possesso di qualcosa di fisico, non è sempre in grado di cogliere il valore di ciò che ha pagato; è indispensabile quindi per il prestatore dare valore al servizio, che rappresenta un mezzo per dare risposta ai problemi e alle esigenze dal cliente. L'orientamento al valore ha una rilevanza duplice: dal punto di vista competitivo, il perseguimento della massimizzazione del valore percepito consente di acquisire la preferenza dei clienti; quest'ultimi sono infatti disposti ad accettare l'offerta dell'impresa quando il valore d'uso del prodotto supera i relativi costi di acquisizione, comprensivi quest'ultimi del prezzo monetario pagato. Nell'ottica del

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controllo di gestione l'orientamento al cliente migliora la gestione delle risorse aziendali e, quindi, il governo dei costi: l'erogazione delle prestazioni è infatti all'origine

dell'utilizzo delle risorse aziendali ed ha pertanto un impatto diretto sui costi (A. Carù, A. Cugini, 2000).

Nel caso dei servizi il concetto di valore per il cliente presenta alcune peculiarità. Sul tema, Zeithaml (1981) afferma che l'intangibilità fisica, la non-standardizzazione e l'inseparabilità rendono più difficile per i consumatori valutare i servizi, rispetto ai beni fisici. Riprendendo la classificazione di Nelson (1970) e Darby e Karni (1973) sulle caratteristiche dei prodotti, l'autore afferma che i servizi si caratterizzano principalmente per esperience attributes, valutabili solo dopo il consumo (ad esempio uno spettacolo teatrale), e per credence attributes, che non possono essere valutati con certezza

neppure dopo l'erogazione in quanto basati su competenze specialistiche (come nel caso dei servizi di consulenza legale o sanitari). L'incertezza nella percezione del valore modifica il tradizionale ruolo informativo del prezzo e condiziona la sensibilità allo stesso da parte dei clienti. Prendiamo ad esempio le prestazioni sanitarie; queste si basano essenzialmente su un rapporto fiduciario tra prestatore e fruitore, che infatti non ha le competenze per valutare in maniera puntuale le caratteristiche del servizio, ed assumerà l'immagine del professionista o la continuità della relazione quali garanti di qualità. In questi casi dunque la sensibilità al prezzo è più contenuta, come anche la tendenza a confrontare servizi concorrenti o sostitutivi, a causa degli elevati switching costs (A. Carù, A. Cugini, 2000). La valenza informativa del prezzo è poi limitata dalla scarsa comparabilità che caratterizza molti settori (Zeithaml e Bitner, 1996): ad

esempio, nel caso dei servizi bancari, si possono conoscere i tassi attivi e passivi praticati dalla banca, ma non le spese di tenuta conto corrente, o viceversa. Le

incertezze legate alla percezione del valore che caratterizzano i servizi influenzano le decisioni relative al prezzo, che è influenzato non solo dai costi, che rappresentano il limite minimo al di sotto del quale non si può scendere, almeno in un'ottica di lungo periodo, ma anche dalla disponibilità del cliente a pagare quel prezzo, a fronte dei vantaggi derivanti dal consumo (A. Carù, A. Cugini, 2000).

2.3.2 Le scelte di dimensionamento della capacità produttiva

Un'altra caratteristica ricorrente in molti servizi è la simultaneità della produzione e del consumo e la conseguente impossibilità di stoccaggio, che rendono i processi di

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nel momento stesso in cui è erogato: il processo è il servizio, il che comporta che la capacità produttiva debba essere immediatamente disponibile, per rispondere in ogni momento alle richieste del cliente. Ne consegue che la maggior parte dei costi sono costi di capacità, relativi alle risorse, umane e tecniche, impiegate nei processi di erogazione. Dal lato dell'impresa, l'impossibilità di ricorrere al supporto delle scorte, condiziona le scelte di dimensionamento della capacità produttiva, le modalità di gestione della stessa e la gestione delle relazioni tra domanda e offerta. In presenza di picchi l'impresa deve essere in grado di adattare la capacità disponibile alla domanda, per sfruttare pienamente le opportunità di volume. Nei periodi in cui invece il livello della domanda è inferiore alla capacità disponibile, l'impresa sopporta degli sprechi. Il non corretto allineamento tra domanda e offerta comporta dei rischi che sono tanto maggiori quanto più ampie sono le fluttuazioni della domanda (A. Carù, A. Cugini 2000). Uno dei principali driver di redditività nelle aziende di servizi è quindi lo sfruttamento della capacità produttiva: in quest'ottica la stipula di contratti di fornitura può ridurre la variabilità e l'imprevedibilità della domanda, assicurando un maggiore livello (medio) di sfruttamento della capacità installata (Oliva R., Kallenberg R., 2003). Inoltre l'assenza delle scorte fa venir meno uno dei tradizionali scopi di misurazione dei costi: la valorizzazione del magazzino. Dal lato della domanda il problema legato al tempo comporta il rischio di dover sopportare disservizi, ovvero di non poter usufruire del servizio nei tempi richiesti.

Nelle aziende di servizi la tradizionale distinzione tra costi fissi e variabili perde significato, data la difficoltà di separare i costi nelle loro componenti fisse e variabili : emergono nuove determinanti della variabilità dei costi, non riconducibili ai volumi ma alla tendenza ad offrire un prodotto/servizio sempre più variegato per rispondere alle differenti preferenze dei clienti. Si parla, infatti, di costi della complessità, sui quali è possibile incidere nel medio/lungo periodo con interventi nella gamma dei servizi offerti, dei clienti e dei canali distributivi. Questa differenziazione sempre più marcata è, inoltre, all'origine di interdipendenze, che ostacolano la specializzazione delle voci di costo ai singoli servizi (B.Terzioglu, E.S.K Chan, 2013).

2.3.3 L'eterogeneità dell'offerta e la limitata controllabilità dei costi

La natura personalizzata del servizio comporta la non-standardizzazione dei processi, che hanno come destinatari clienti con esigenze diverse. Diversamente dai beni fisici, nel caso dei servizi è difficile definirne a priori le caratteristiche che ne rappresentino il

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contenuto standard, in quanto esse sono spesso definibili solo in relazione al cliente (A. Carù, A. Cugini, 2000). A ciò si collega l'incertezza nelle risorse che saranno impiegate nel processo; l'impresa può solo predisporre gli elementi necessari per attivare il

processo, ma le modalità di utilizzo varieranno in relazione alle scelte del cliente. Questa variabilità comporta una scarsa controllabilità dei costi da parte dell'impresa: se l'impresa non è in grado di definire a priori il modo e il grado di utilizzo delle risorse nel processo, non può prevedere in maniera puntuale il relativo costo. . L'eterogeneità dell'offerta assume gradi diversi all'interno del settore dei servizi: in certi casi il servizio può essere identificato in maniera chiara ed univoca (si pensi al caso dell'installazione di un impianto), in altri è definibile solo in relazione al cliente. Prendiamo ad esempio il servizio di consulenza e assistenza nella stipula delle polizze da parte degli agenti di assicurazione: questo servizio si configurerà diversamente in relazione alle esigenze del cliente ed al suo livello di conoscenza/competenza. Ma se l'unità di servizio è difficile da definire, allora anche il costo lo è, in quanto legato alla tipologia di clienti che ne fruisce; la riferibilità dei costi all'unità di servizio presupporrebbe la conoscenza a priori dei clienti a cui lo stesso si rivolge, le loro preferenze e modalità di utilizzo. Tra le soluzioni proposte per rimediare a queste difficoltà vi sono: la stima del tempo medio impiegato dal personale per svolgere le diverse attività che compongono il processo di erogazione oppure la ricerca di una standardizzazione delle prestazioni così da definire in modo univoco il servizio offerto (A. Carù, A. Cugini, 2000). Secondo le autrici l'elevata differenziazione dell'offerta che caratterizza molte aziende di servizi non consente di adottare una politica di pricing basata sui costi, proponendo così di assumere il valore percepito dal cliente come riferimento per la misurazione e la gestione dei costi e, quindi, per la determinazione del prezzo; diventa fondamentale "ridurre i costi nell'ottica del cliente, ossia intervenire sui costi che non aggiungono valore, al fine di ridistribuire le risorse aziendali a favore delle attività che migliorano la performance degli attributi dell'offerta percepiti come rilevanti dal cliente".

2.4 Un modello per la classificazione delle aziende di servizi

Il settore dei servizi è molto ampio ed eterogeneo al suo interno e comprende aziende operanti in diversi ambiti: consulenza, formazione, servizi sanitari, trasporti, etc.. Silvestro et Al (1992) ha proposto una classificazione delle aziende di servizi (Fig. 2.1), focalizzandosi su alcune dimensioni chiave del processo:

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- natura prevalente delle risorse utilizzate: 'people-focused service' sono quei servizi, la cui erogazione prevede il coinvolgimento di personale dedicato, mentre 'equipment-focused service' si basano prevalentemente sull'impiego di apparecchiature.

- focus sul processo/prodotto: se il focus può essere sul prodotto, ovvero su ciò che il cliente compra, oppure sul processo, cioè sulle modalità di fornitura al cliente; - durata di contatto con il cliente per ogni transazione:

- fonte del valore aggiunto: può risiedere nelle attività di front office o di back office; - grado di personalizzazione/standardizzazione dell'offerta:

- livello di discrezionalità: si riferisce alla possibilità, da parte del personale, di apportare modifiche al processo.

Fig. 2.1: Service classification scheme (fonte: Brignall et Al, 1991, p. 328, cit. in Brignall, 1997, p.328)

Le categorie individuate da Silvestro sono:

1) Professional service: eseguono giornalmente un numero limitato di prestazioni, altamente personalizzate. Il valore aggiunto risiede principalmente nelle attività di front-office: infatti il processo si caratterizza per un'elevata interazione con il cliente, al fine di comprenderne le esigenze. L'input primario è quindi il personale, altamente

specializzato, al quale è riconosciuto un certo grado di autonomia nella definizione delle modalità di erogazione del servizio. Esempi: servizi di consulenza manageriale e legale, corporate banking, servizi sanitari.

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2) Mass service: erogano un elevato numero di prestazioni giornaliere, che si caratterizzano per un ridotto tempo di contatto ed una limitata 'customization'.

L'erogazione coinvolge non solo staff ma anche apparecchiature e una maggiore enfasi è posta sul servizio in quanto tale piuttosto che sul modo in cui questo viene erogato. Lo staff che si interfaccia con il cliente ha limitata possibilità di apportare modifiche al servizio. Ad esempio nell'ambito dei trasporti pubblici, le risorse tecniche, hanno un ruolo fondamentale nell'erogazione del servizio e si riferiscono ai mezzi di trasporto impiegati (bus, treni), alle biglietterie automatiche, alle macchine obliteratrici; il personale coinvolto, che comprende ad esempio i conduttori dei mezzi, non può

personalizzare il servizio, offrendo ai passeggeri un mezzo 'speciale' o una destinazione particolare.

3) Service shop: si pongono ad un livello intermedio tra le professional service e le mass service, in termini di tempo di contatto, livello di personalizzazione, ruolo delle funzioni di front-office e back-office e coinvolgimento di risorse tecniche. Sono esempi di

service shop gli hotel, i ristoranti, i servizi di manutenzione e riparazione.

Questo schema non deve essere interpretato in maniera rigida: non sempre è possibile ricondurre ogni realtà ad una delle tre categorie, anzi alcune potranno presentare caratteristiche miste, in base alla scala su cui operano e all'importanza attribuita al 'customer service'. Prendiamo ad esempio la categoria dei retail: in base numero di transazioni eseguite, all'enfasi posta sul contatto con il cliente questi potranno

configurarsi come service shop o mass service. All'interno della categoria si collocano infatti sia i supermercati della grande distribuzione, sia i piccoli negozi al dettaglio, che presentano caratteristiche di processo molto diverse tra loro. I primi eseguono un elevato numero di transazioni giornaliere, limitatamente personalizzate e basate su processi ripetitivi; fanno inoltre uso estensivo di mezzi tecnici per lo stoccaggio e la vendita dei prodotti; sono pertanto configurabili come mass service. Al contrario, i piccoli alimentari servono un limitato numero di clienti e la vendita prevede un contatto individuale e più prolungato, caratteristiche che ci portano a identificarli come service shop.

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2.5 Il modello di costing secondo un approccio contingente

2.5.1 Introduzione alla Contingency Theory

La Contingency theory, nata nell'ambito degli studi organizzativi, si è originariamente focalizzata sull'impatto che l'ambiente esterno e la tecnologia hanno sulla struttura organizzativa delle imprese (Woodward, 1965; Perrow, 1970; Lawrence e Lorsch 1967). I primi ricercatori di management accounting hanno attinto da questi studi per indagare la relazione tra l'ambiente esterno, la tecnologia, la struttura e le dimensioni organizzative sulla progettazione dei sistemi di controllo manageriale. Più recentemente la contingency theory è stata applicata per esaminare i fattori alla base dell'adozione dell'ABC da parte delle imprese. In generale la teoria della contingenza afferma che la scelta dei sistemi di misurazione e controllo delle perfomance nelle imprese, sia manifatturiere che di servizi, è influenzata da una serie di fattori, interni ed esterni; l'adeguatezza dei modelli tradizionalmente proposti in letteratura deve essere infatti valutata rispetto alle caratteristiche della realtà aziendale nella quale vengono implementati (Otley, 1980); al contrario l'incoerenza tra le due variabili rischia di condurre al fallimento dell'impresa nel lungo periodo. Tali sistemi, infatti, producono informazioni che supportano i manager nell'adozione di decisioni fondamentali quali: la fissazione dei prezzi nell'ottica del 'cost-plus-pricing' e decisioni relative

all'introduzione/abbandono di linee di prodotto. Date le implicazioni che tali decisioni hanno nel lungo periodo è indispensabile per il management disporre di accurate informazioni di costo. In altre parole, poiché i sistemi di controllo hanno, tra gli altri, il compito di supportare l'organizzazione nel conseguimento dei suoi obiettivi, le imprese di maggiore successo sono quelle che perseguono un allineamento tra questi fattori di contesto ed i sistemi di controllo prescelti. Le contingent variables proposte in

letteratura per spiegare le diverse caratteristiche dei sistemi di controllo si possono distinguere in due macro-categorie: esterne e interne (Waterhouse e Tiessen, 1978; Gordon e Narayanan, 1984; Govindarajan, 1984; Govindarajan e Gupta, 1985; Chenhall e Morris, 1986; Fisher, 1995).

Tra le variabili esterne vi sono: - livello di competizione; - volatilità della domanda;

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- regolamentazione.

Alcune delle variabili interne proposte in letteratura sono:

- mission e strategia competitiva e la sua evoluzione connessa al ciclo di vita dell'organizzazione;

- caratteristiche del processo in termini di osservabilità dell'output e tracciabilità dei costi delle risorse impiegate;

- tecnologia produttiva: Just in time (JIT), Advanced Manufacturing Technology (AMT), Total Quality Management (TQM), Lean Production;

- struttura dei costi in termini di incidenza degli overehead costs; - grado di diversificazione produttiva;

- impiego delle informazioni di costo.

Il modello teorico (Fig.2.2) alla base della Contingency Theory può essere sintetizzato nello schema sottostante:

Fig. 2.2: Contingency Theory Framework (fonte: Huda A. H., 2006, adattamento da Otley, 1980)

2.5.2 L'influenza del tipo di processo: tracciabilità dei costi e grado di rigidità dei controlli

Brignall et Al (199), riferendosi alla classificazione di Silvestro, osservano che il diverso livello della domanda e del mix di risorse utilizzate per rispondere ad essa incide sulla struttura dei costi, sulla loro controllabilità e tracciabilità rispetto all'oggetto

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di costo e quindi sul sistema di costing prescelto. In particolare l'autore afferma che la tracciabilità dei costi è massima nelle 'professional service' e minima nelle 'mass

service' (Fig.2.3): all'aumentare del numero di transazioni e dell'incidenza dei costi fissi indiretti è più difficile ricondurre tali costi ai singoli servizi. Delle cinque service company da lui esaminate (società di consulenza manageriale, un catena di hotel, un istituto di credito, una catena di rivenditori di giornali, una compagnia di trasporti), solo tre hanno calcolano un full cost per le decisioni di prezzo. Infatti al ridursi della

tracciabilità aumentano anche i costi di implementazione di tali sistemi (absorption costing), che devono essere confrontati con i relativi benefici.

Fig. 2.3: Cost traceability in services (fonte: Brignall et Al., 1991, cit. in Brignall, 1997, p.328) Un altro studio empirico sull'argomento è stato condotto da Fitzgerald et Al (1991), il quale, comparando i MCS adottati da diverse tipologie di aziende di servizi, ha dimostrato l'esistenza di una relazione diretta tra le caratteristiche del processo e gli strumenti di misurazione e controllo. Questi ultimi possono essere definiti rispetto alla natura dei controlli su cui si basano, che possono essere:

- formali/informali;

- basati sulle azioni o sui risultati; - rigidi/flessibili;

- personali/interpersonali.

Le aziende che erogano servizi professionali devono far fronte ad una maggiore incertezza nella gestione del processo, rispetto alle mass service, a causa dell'elevato

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grado di 'customization' e dell'incertezza temporale di fornitura della prestazione. Queste condizioni impongono una certa flessibilità per operare efficacemente: quindi sono più appropriate forme di controllo informali, basate sui risultati piuttosto che sulle azioni, in quanto quest'ultimi finirebbero per ostacolarne la creatività dei dipendenti ed essere controproducenti. Le mansioni non sono rigidamente definite ed è riconosciuta al personale una certa libertà d'azione per negoziare i tempi di fornitura con i clienti. Nelle 'mass service' la minore variabilità del servizio e il minore coinvolgimento del cliente rendono il processo più programmabile; inoltre le mansioni sono definite più

chiaramente, quindi in questo caso sono più appropriati controlli sulle azioni, in quanto indirizzano i comportamenti delle persone verso il perseguimento degli obiettivi

aziendali. In generale si può affermare che le mass service sono portate, per le caratteristiche del processo, ad implementare MCS più 'burocratici'.

2.5.3. L'evoluzione dei sistemi di controllo nelle diverse fasi del ciclo di vita Secondo la "Teoria del Ciclo di Vita", sviluppata in ambito organizzativo, le imprese adattano la loro struttura all'ambiente esterno per rispondere in modo più efficace ed efficiente alle sfide dei mercati e della concorrenza. Miller e Friesen (1983) individuano cinque fasi all'interno del ciclo di vita dell'impresa:

- nascita (birth), detta anche fase 'imprenditoriale' perché il potere decisionale è

incentrato nelle mani del proprietario i cui sforzi principali sono indirizzati alla vendita e allo sviluppo di nuovi prodotti; le decisioni si basano su un numero limitato di

informazioni. La struttura organizzativa è semplice ed informale.

- crescita (growth), nella quale l'impresa sperimenta una rapida crescita delle vendite, l'ampliamento della gamma prodotti e l'ingresso in nuovi mercati. Le accresciute dimensioni e la maggiore complessità della gestione impongono la delega di alcune decisioni a manager di medio livello, che si dedicano alla raccolta ed elaborazione di una quantità maggiore di dati a supporto dei processi decisionali.

- maturità (maturity). In questa fase le vendite si stabilizzano e gli investimenti in innovazione sono più contenuti. La gestione più complessa richiede una struttura organizzativa formale e burocratica; il potere decisionale è concentrato in mano ad un numero ristretto di managers, che pongono maggiore enfasi sull'efficienza e sul profitto.

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- ripresa (revival), si caratterizza per l'adozione di strutture divisionali per far fronte ad una maggiore complessità organizzativa e la diversificazione dei prodotti e dei mercati. Le imprese in questa fase tendono ad adottare sistemi di pianificazione controllo più sofisticati.

- declino (decline). In questa fase del ciclo di vita l'impresa conosce un calo della redditività, legata alla stagnazione dei mercati, da un lato, e alla mancanza di

innovazione, dall'altro. Le imprese in declino, infatti, reagiscono in modo conservativo alle avversità dei loro mercati; cercano di preservare le risorse aziendali, impoverite dalle scarse prestazioni, astenendosi dall'innovazione. Le linee di prodotto/servizio sono così rese antiquate, al punto che si rende necessario un taglio dei prezzi per mantenere un certo livello di vendite. L'impresa si trova così imprigionata in un circolo vizioso: le vendite sono basse perché i prodotti sono poco attraenti, i profitti tendono a diminuire, contraendo le risorse finanziarie disponibili e facendo apparire qualunque innovazione di prodotto troppo costosa. Studi più recenti nell'ambito della Contingency Theory (Fisher, 1995, 1998; Simons, 1995, Auzair e Langfield Smith, 2005) hanno ipotizzato un'interazione nelle diverse fasi del ciclo di vita tra la mission, la strategia e l'ambiente competitivo, da un lato, e l'adeguatezza dei sistemi di pianificazione e controllo, dall'altro. Le imprese modificano i loro piani d'azione nelle diverse fasi del ciclo di vita per adattarsi ai cambiamenti intervenuti nei mercati di riferimento. Modifiche dei piani strategici si traducono spesso in investimenti che incidono sulla struttura organizzativa, sui processi di erogazione, quindi sui costi. Di conseguenza, anche i sistemi di controllo devono essere adeguati, per supportare l'organizzazione nel raggiungimento degli obiettivi. Studi più recenti hanno testato empiricamente tale ipotesi. S. Md. Auzair e K. Langfield Smith (2005) hanno per esempio indagato, su un campione di aziende di servizi, l'influenza che il tipo di processo, il ciclo di vita e la strategia competitiva hanno sulla tipologia di controlli adottati: formali/informali, impersonali/interpersonali, basati sulle azioni o sui risultati, stringenti/flessibili. Questi strumenti contribuiscono a definire il grado di 'burocrazia' (bureaucracy), ovvero di rigidità dei sistemi di gestione e controllo. In riferimento alla variabile 'ciclo di vita' i risultati dello studio mostrano che le imprese nella fase di crescita puntano

sull'innovazione e la flessibilità di risposta, quindi controlli troppo rigidi in questa fase potrebbero limitarne lo sviluppo; al contrario aziende mature, normalmente di maggior dimensioni, sono orientate verso controlli più formali. Un altro recente contributo (J.

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Kallunki, H. Silvola, 2008) ha indagato come l'adozione di sistemi di costing sofisticati, in particolare l'Activity-Based Costing (ABC), differisca nelle diverse fasi del ciclo di vita, per riflettere le differenze organizzative, gestionali e competitive. L'ABC risulta maggiormente diffuso tra le imprese che attraversano la fase di maturità e di ripresa: la maggiore complessità e competizione rendono la gestione più complessa creando il bisogno di approcci decisionali formali. Inoltre la riduzione dei margini di profitto, connessa all'intensificarsi della concorrenza, induce le imprese 'mature' a ricercare una maggiore efficienza produttiva, per essere più competitive sul mercato; diventa quindi indispensabile per tali imprese disporre di sistemi di management accounting evoluti, che assicurino un controllo stretto dei costi. Infine la maggiore complessità dei processi aziendali derivante dall'ampliamento dell'offerta e dalla diversificazione porta ad enfatizzare le problematiche relative alla comprensione dei driver dei costi, nell'ottica del loro controllo e riduzione. Generalmente le imprese in fase di maturità e ripresa hanno dimensioni maggiori, alle quali è associata una più significativa divisione del lavoro e specializzazione delle mansioni, con la creazione di sub-unità organizzative che riuniscono persone con compiti simili; si rendono perciò necessari sistemi informativi integrati per coordinare le attività delle diverse subunità. Il bisogno di controllare e comprendere le cause di variabilità dei costi, la necessità di migliorare e affinare i processi decisionali sono alcune delle ragioni a favore dell'utilizzo dell'ABC nelle imprese che attraversano le fasi di maturità e ripresa.

2.5.4 La complessità del modello di costing legata alla differenziazione dei servizi: alcuni contributi empirici

La 'customizzazione' comporta un 'incremento della varietà dei prodotti/servizi offerti, in termini di: volumi, processi, attività di supporto (Drury e Tales, 2005). Si ha varietà nei volumi (volume diversity) quando i prodotti/servizi sono realizzati in lotti di differenti dimensioni; la varietà nel processo (process diversity) fa sì che i prodotti/servizi consumino un diverso ammontare di risorse nelle attività che

compongono il processo; support diversity si riferisce invece alla diversa domanda delle attività svolte dai 'support departements'. L'elevato grado di personalizzazione e la non ripetitività di molte attività non consente di stabilire degli standard; al contrario in presenza di prodotti non differenziati, basati su attività standardizzate, un sistema a costi standard è realizzabile.

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dell'incidenza degli overhead costs, sia operativi che di struttura, non sempre riferibili ai diversi oggetti di costo secondo driver di tipo volumetrico. Hughes e Gjerde (2003) osservano infatti che quando l'impresa realizza un solo prodotto, tutti gli overhead costs sono sostenuti per quell'unica linea, e possono essere quindi allocati in base ad un unico driver, tipicamente le unità prodotte, il numero di ore-uomo o di ore macchina. Invece, in presenza di un'elevata varietà di prodotti, ai quali i costi indiretti non sono sempre riferibili in base a driver 'volume-related', è opportuno individuare delle basi di

imputazione che spieghino il diverso consumo di tali risorse per evitare distorsioni nelle informazioni di costo. Infatti, in tali contesti, l'impiego di driver volumetrici che non riflettono la reale domanda di tali attività da parte degli oggetti di costo, conduce al fenomeno del sovvenzionamento incrociato, ovvero alla sovrastima del costo, quindi del prezzo, dei prodotti realizzati in maggiori volumi, e alla sottostima del costo di quei prodotti che sono realizzati in minori volumi ma la cui complessità dei processi comporta una maggiore domanda delle attività di supporto. Gli overhead costs comprendono comunque alcune voci, come ad esempio le tasse, costi legati agli immobili (ammortamenti, vigilanza, etc...), che non è possibile ricondurre ai singoli prodotti/servizi in quanto sostenuti per l'intera produzione (Hughes and Gjerde, 2003). Quindi in generale la varietà dell'offerta e la conseguente complessità dei processi sono associati all'implementazione di sistemi di costing più sofisticati, in termini di

allocazione dei costi indiretti. Abernathy et Al (2001) hanno condotto un'indagine empirica sulla relazione tra la varietà della produzione e la struttura dei costi aziendali, da un lato, e le caratteristiche del sistema di costing prescelto, dall'altro. Le autrici concludono che la varietà della produzione e la variabilità nello svolgimento delle attività sono positivamente associate all'implementazione di sistemi di costing più evoluti, in particolare ABC, perché comportano una maggiore incidenza dei costi indiretti, il cui andamento non risulta correlato solo ai volumi ma anche al numero e alla dimensione dei lotti; tuttavia questa relazione risulta mediata dal modo in cui l'impresa gestisce tale complessità attraverso la tecnologia ed in particolare attraverso tecniche ATM (Advanced Manufacturing Technology). Queste tecniche infatti permettono di gestire meglio le transizioni sia di volume che di prodotto, riducendo così i costi a livello di lotto e di linea e quelli del lavoro indiretto. In pratica queste tecniche trasformano i costi della diversità in costi di struttura ('facilitiy-sustaining costs'), relativi agli ammortamenti. In questi contesti, secondo Abernathy, l'implementazione di sistemi del tipo ABC, basati su driver 'batch-related' e 'product-related', non appare

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giustificabile perché non consentirebbe di migliorare la qualità delle informazioni. Piuttosto, un sistema basato un maggiore numero di cost pools a ciascuno dei quali corrisponde un processo consente di catturare la diversità tra i prodotti in termini di tipologia e durata dei rispettivi processi, fornendo informazioni sufficiente accurate. 2.5.5 Importanza dell'informazione di costo per i processi decisionali

La letteratura suggerisce che maggiore è il peso che le informazioni di costo hanno nei processi decisionali dell'impresa, più elevato sarà il livello di accuratezza desiderato e, quindi, più probabile è l'implementazione di sistemi di costing più sofisticati del tipo ABC. Secondo Drury e Tayles (2005) il ruolo principale dei sistemi di costing è quello di fornire informazioni rilevanti per gestire il mix di attività, prodotti, servizi, clienti e mercati; tali informazioni giocano un ruolo cruciale nell'analisi periodica delle attività per distinguere tra quelle remunerative e non remunerative. Una volta individuate le attività non remunerative, si valutano alternative per una riduzione dei costi, come l'outsourcing o la riprogettazione. Se tali azioni non consentono di migliorare la redditività e non ci sono ragioni strategiche per la prosecuzione dell'attività (come il mantenimento di un'intera linea di produzione), si prende in considerazione la loro eliminazione. Quindi se il sistema di costing non cattura accuratamente il consumo di risorse, c'è il rischio che i manager siano portati ad eliminare linee apparentemente redditizie e mantenere invece le linee in perdita, a causa delle distorsioni nelle

informazioni di costo. Il livello di accuratezza desiderato varia da azienda a azienda e determina l'adeguatezza del sistema rispetto alla realtà di riferimento: a proposito dell'ABC, Cagwin e Bouwman (2002) affermano che, anche se anche il sistema

potrebbe ridurre sostanzialmente le distorsioni nel costo del prodotto, non è adeguato se non produce, a costi sostenibili, informazioni rilevanti, cioè utili per i processi

decisionali dell'impresa.

2.5.6 L'adeguatezza dei sistemi di controllo rispetto alla strategia dell'impresa La strategia, più che una variabile di contesto, rappresenta un mezzo mediante il quale i managers influenzano l'ambiente esterno, la tecnologia e la struttura organizzative, la cultura aziendale e gli strumenti di controllo. Le organizzazioni mediante le loro scelte strategiche possono posizionarsi in certi mercati piuttosto che altri; pertanto se l'attuale portafoglio prodotti è troppo incerto, l'impresa può ridefinirlo e ridurre così la pressione esterna (Chenhall, 2003). Nonostante la direzione strategica scelta, la contingency theory afferma che alcune tipologie di sistemi di misurazione e controllo sono più adatti

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a particolari tipi di strategie. Le imprese che perseguono una strategia di costo puntano alla minimizzazione dei costi attraverso il perseguimento di economie di scala e di scopo ed il controllo degli overhead costs (Porter, 1980). I cost leaders sono portati ad implementare forme di controllo più rigide, impersonali, basate sulle azioni, in modo da ridurre le inefficienze e orientare i comportamenti individuali verso il perseguimento degli obiettivi dell'organizzazione (S. Md. Auzair, K. Langfield Smith, 2005). Questa strategia è perseguita da imprese che realizzano prodotti scarsamente differenziati e con elevati volumi; in queste condizioni i sistemi di costing tradizionali, basati su driver volume-related, possono assicurare un sufficiente livello di accuratezza nelle informazioni di costo. Al contrario, le imprese che perseguono una strategia di

differenziazione realizzano prodotti/servizi percepiti come unici dai clienti per le loro caratteristiche tecniche, innovazione, 'brand-image', assistenza; questa unicità consente loro di spuntare un premium price rispetto a quello degli altri operatori non

differenziati. Tuttavia le imprese che adottano tale strategia non possono ignorare i costi; per ottenere infatti un vantaggio competitivo di differenziazione, e quindi avere una redditività superiore alla media, gli extra costs sostenuti per differenziare la propria offerta devono essere inferiori al premio di prezzo riconosciuto dal mercato (Porter, 1980). Le imprese che puntano sulla differenziazione tendono ad adottare sistemi di costing più sofisticati a causa della maggiore complessità dei processi produttivi messi in atto per dare unicità alla propria offerta (Huda Al-Hussari, 2006). Numerosi studi (S. Md. Auzair, K. Langfield Smith, 2005; Govindarajan, 1988; Van der Stede, 2000; Sim e Teoh, 1997) hanno dimostrato che i 'differentiators' tendono ad adottare forme di

controllo più flessibili, basate sui risultati piuttosto che sulle azioni in modo da non limitare la creatività e l'innovazione.

2.5.7. Il ruolo dell'ambiente esterno

I sistemi di gestione e controllo sono uno strumento che supporta i managers nel perseguimento degli obiettivi organizzativi; pertanto, se mutano le variabili ambientali mutano anche le esigenze di controllo dell'impresa e quindi l'adeguatezza di tali sistemi nel gestire le opportunità ed i rischi provenienti dall'esterno (Chenall, 2003). L'intensità della concorrenza è stata individuata da numerosi studi (Libby and Waterhouse, 1996; Simons, 1990; Johnson H.T., Kaplan R.S., 1987) come uno dei fattori alla base

dell'adozione di MAS (management accounting system) più evoluti. L'intensificarsi della competizione riduce infatti i margini di profitto per le imprese che per essere più

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competitive puntano ad una maggiore efficienza produttiva. Tutto ciò innalza la

necessità di modelli che assicurino un controllo stretto dei costi e consentano di stimarli in maniera accurata. Un sistema accurato riduce la probabilità di commettere errori di sottostima/sovrastima dei costi, quindi di under/over-pricing, dai quali potrebbero trarre vantaggio i competitors. Il sistema di costing più adatto è quello che assicura il livello di accuratezza desiderato. Questa dipendenza dall'esterno si avverte in modo particolare nelle aziende di servizi secondo Brignall et Al (1996): la simultaneità della produzione e del consumo e l'assenza di un magazzino rendono queste imprese più vulnerabili alla competitività, all'incertezza e volatilità della domanda.

2.6 La scelta del modello di costing

2.6.1 I livelli di complessità nei sistemi di costing: un modello di classificazione Nella maggior parte degli studi sulla contingency theory la scelta dei sistemi di costing è stata ricondotta a due alternative: sistemi tradizionali o sistemi ABC. Drury e Tales (2005) sostengono che questa dicotomia non esaurisca l'insieme delle possibili soluzioni a disposizione delle aziende. I due tipi di modelli si possono infatti configurare

diversamente in funzione di tre variabili, che ne determinano il livello di complessità (Fig. 2.4):

- numero e natura dei cost pool (activity cost pools versus responsibility cost pools); - numero di cost driver;

- tipo di cost driver: 'volume-related' e 'non-volume-related'; - natura dei cost driver: transaction, duration o intensity driver.

I sistemi tradizionali possono prevedere un singolo centro di costo e un'unica base di riparto oppure una struttura gerarchica, basata su un'allocazione a due stadi degli overhead costs, prima allocati in cost pool (firt-stage allocation) e poi imputati agli oggetti di costo in base a driver di tipo volumetrico (second-stage allocation).

Analogamente, i sistemi ABC possono avere un diverso grado di complessità in termini di numero di activity cost pool e numero e tipo di activity drivers. Il confine che separa gli ABC system dai sistemi di costing tradizionali più sofisticati è sottile ed in molti casi è difficile distinguere tra i due (Drury, Tales, 2005).

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Fig.2.4: Dimensions determining varying levels of cost system complexity (fonte: Drury C., Tayles M.,

2005, p. 56)

Inoltre, durante il primo stadio del processo di allocazione, gli overhead costs possono essere imputati direttamente ai cost pool oppure assegnati utilizzando dei resource cost driver.

Un secondo fattore ad incidere sul livello di complessità dei sistemi di costing è la tipologia di driver impiegati nella seconda fase del processo di allocazione, per imputare i cost pool agli oggetti di costo. Ogni driver individua una relazione di causa-effetto tra le risorse allocate nei cost pool e la domanda delle stesse da parte dei prodotti/servizi. In questo modo è possibile per ogni cost pool confrontare la resource spending, il totale dei costi allocati nel centro, con la resource consumption, la quota parte dei costi che è stata allocata ai prodotti; la differenza tra i due valori esprime il costo delle risorse inutilizzate (Cooper R., Kaplan R.S., 1992). Le cause che determinano la domanda di attività da parte dei prodotti/servizi non è sempre riconducibile ai volumi. Cooper e Kaplan hanno infatti sviluppato una modello gerarchico per l'analisi della variabilità dei costi delle attività. Il modello individua quattro livelli di riferibilità dei costi all'oggetto di costo:

- attività a livello di unità di prodotto (unit-level activities): più che di attività si tratta di risorse (MOD, materiali, apparecchiature), il cui consumo è proporzionale ai volumi; - attività a livello di lotto di produzione (batch-level activities): la causa di insorgenza dei costi è in questo caso costituita dal lotto di produzione;

- attività a livello di linea di prodotto (product-sustaining activities); sono attività indirette rispetto alle singole unità di output, realizzate ad esempio in sede di progettazione e finalizzate alla definizione delle caratteristiche del prodotto;

- attività generali di supporto (facility sustaining activities): queste attività riguardano l'azienda globalmente considerata e non sono quindi imputabili ai singoli

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prodotti/servizi secondo criteri causali e dovrebbero essere quindi considerati costi periodo.

Questa gerarchia agevola l'individuazione di driver che riflettano le cause di insorgenza dei costi.

Infine il terzo fattore che incide sul livello di complessità dei sistemi di costing è dato dalla natura dei cost driver. Cooper e Kaplan (1998) distinguono tra:

- transaction driver: misurano la frequenza di esecuzione di una data attività a favore dell'oggetto di costo; questi driver sono indicati quando gli output domandano la stessa quantità di risorse ogni volta che l'attività è eseguita;

- duration driver: misurano il tempo di svolgimento di una data attività. E' opportuno ricorrere a duration driver se, a parità di numero di transazioni, ogni oggetto di costo comporta un diverso tempo unitario di svolgimento;

- intensity driver: misurano direttamente le risorse impiegate ogni volta che l'attività è eseguita. Cooper e Kaplan notano infatti che neppure i duration driver sono indicati se, a parità di durata dell'attività, ogni prodotto richiede l'impiego di risorse diverse, che determinano un diverso costo nell'unità di tempo: in questo caso solo rilevando direttamente i costi delle risorse impiegate per quel particolare prodotto è possibile ottenere un'accurata informazione di costo.

La scelta dell'activity driver secondo Drury deve basarsi su due ulteriori considerazioni: la relativa facilità di ottenimento dei dati e il trade-off tra livello di accuratezza ricercato e i costi della misurazione, che non devono essere proibitivi.

Drury osserva che all'aumentare del numero di cost pool, del numero e del tipo di driver aumenta la complessità dei sistemi di costing ma non necessariamente aumenta il livello di accuratezza delle informazioni, che dipende dal contesto di riferimento. Abernathy (2001) ha dimostrato che in un contesto caratterizzato da una limitata incidenza degli overhead costs, e in cui i prodotti consumano in misura uguale le risorse indirette, un sistema di costing semplice che imputa i costi indiretti in base ad un unico cost pool, assicura delle informazioni di costo sufficientemente accurate. In un contesto invece in cui i prodotti servizi richiedono un differente numero e tipo di processi, all'interno dei quali consumano un diverso ammontare di risorse, è opportuno individuare per ogni processo un distinto cost pool, per catturare la variabilità nel consumo di risorse da parte degli oggetti di costo. Se poi un unico process cost driver non è in grado di spiegare il consumo di risorse nelle diverse attività che compongono il processo, questo può essere

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ulteriormente disaggregato in attività: per ogni attività si individuerà un cost pool, quindi un activity driver che misuri la relativa domanda da parte dei prodotti/servizi. Tuttavia all'aumentare della complessità del sistema aumentano anche i relativi costi di implementazione; il problema fondamentale, in sede di progettazione di un modello di costing, attiene alla realizzazione di un bilanciamento tra i costi della rilevazione e il livello di accuratezza desiderato delle informazioni.

2.6.2 Le opportunità per le service companies di un modello di costing basato sulle attività

L'ABC è un sistema che pone al centro del calcolo dei costi le 'attività' e non i prodotti; la logica sottostante l'ABC è che i prodotti domandano attività, attraverso le quali consumano risorse che sono impiegate nello svolgimento di queste attività. Kaplan and Cooper (1998) vedono nelle aziende di servizi delle "candidate ideali" per l'ABC: le specificità del processo e dell'output finale fanno sì che '' la maggiore parte delle risorse debbano essere fornite in anticipo'' (Kaplan, Cooper 1998; Drury, 2004). Quindi i processi di erogazione nei servizi si basano su una serie di attività le cui risorse sono prevalentemente costanti nel breve termine e rappresentano committed costs. Le

fluttuazioni di breve termine nella domanda delle attività,e quindi delle risorse, da parte dei servizi o dei clienti (resource consumption) non influenza la spesa sostenuta per fornire tali risorse (resource spending). Nei sistemi tradizionali questi costi non

verrebbero assegnati in quanto trattati come fissi ed irrilevanti per la maggior parte delle decisioni economiche oppure verrebbero 'spalmati' in maniera arbitraria in base a driver di tipo volumetrico. Ma in contesti, come quello dei servizi, caratterizzati da una

significativa ampiezza e varietà dell'offerta e in cui tali costi incidono in maniera significativa sul costo finale, un'allocazione arbitraria condurrebbe ad informazioni distorte. Al contrario la metodologia activity-based costing, individua le reali cause di insorgenza dei costi, assicura una valorizzazione più accurata del costo dei servizi erogati.

Il riferimento alle attività per la misurazione dei costi nei servizi origina dalle

caratteristiche strutturali e di processo di tali aziende. Mentre nelle aziende industriali si assiste spesso ad una coincidenza tra le fasi che compongono il processo produttivo e le unità organizzative/reparti, nelle aziende di servizi non si riscontra tale coincidenza e quindi un sistema a centri di costo non consentirebbe di conoscere il costo delle singole

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