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Le nuove figure professionali nel settore turistico: opportunità oltre la normativa vigente.

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Academic year: 2021

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INDICE

INTRODUZIONE ...5

CAPITOLO PRIMO LA NASCITA DI NUOVE FIGURE PROFESSIONALI NEL SETTORE TURISTICO: ANALISI DEI FATTORI DETERMINANTI 1.1. La professione turistica ...8

1.2. La disciplina amministrativa che regola le professioni turistiche ed i principi comunitari ...16

1.3. Il mercato del lavoro nel turismo ...18

1.4. Il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro del settore Turismo (commercio e servizi) ...22

1.5. Il Trattamento fiscale dei lavoratori dipendenti e dei lavoratori autonomi nel turismo ...25

1.6. Istruzione e formazione nel turismo ...31

1.7. La nascita di nuove figure professionali: analisi dei fattori determinanti ...35

1.7.1. Lean Organization e outsourcing del personale ...35

1.7.2. Evoluzione dell’Information and Communications Technology (ICT) ...39

1.7.3. Disintermediazione del cliente e personalizzazione del viaggio ...42

1.7.4. Creazione di network ...46

1.7.5. Crisi economica ...48

1.7.6. Disposizioni in materia di professioni non regolamentate ...50

1.8. Schema concettuale utilizzato per descrivere le professioni ...53

CAPITOLO SECONDO LE NUOVE PROFESSIONI NEL COMPARTO ALBERGHIERO 2.1. Introduzione ...54

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2.3. Revenue manager ...62

2.4. Sales manager...66

2.5. Room division manager ...68

2.6. Food and beverage manager ...71

2.7. Guest relation manager ...74

2.8. Schema di sintesi e analisi: le professioni nel comparto alberghiero ..76

CAPITOLO TERZO L’EVOLUZIONE PROFESSIONALE NEL COMPARTO DELL’INTERMEDIAZIONE TURISTICA 3.1. Introduzione ...81

3.2. Le professioni tradizionali ...87

3.2.1. Dal banconista al consulente di viaggio ...87

3.2.2. L’organizzatore di eventi ...92

3.2.3. Dal programmatore turistico al controller viaggi ...97

3.2.4. Dal giornalista e fotografo al travel blogger ... 101

3.2.5. Dalla guida turistica al freelance turistico ... 104

3.2.6. Promoter turistico ... 108

3.3. Le nuove professioni ... 111

3.3.1. Network marketing manager e responsabile associati aggregazione agenzie di viaggio ... 111

3.3.2. Mystery guest o shopper ... 115

3.3.3. Destination manager... 118

3.3.4. Heritage promoter ... 122

3.3.5. Travel designer ... 126

3.3.6. Consulente ambientale per il turismo/ promotore di turismo sostenibile ... 129

3.4. Le professioni di frontiera ... 132

3.4.1. Golf club manager ... 132

3.4.2. Operatore del turismo enogastronomico ... 134

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3.5. Schema di sintesi e analisi: le professioni nel comparto

dell’intermediazione turistica ... 154

CONCLUSIONI ... 164

SITOGRAFIA ... 169

BIBLIOGRAFIA ... 170

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INTRODUZIONE

I cambiamenti sociali, economici e tecnologici hanno da sempre determinato mutamenti nel modo di fare impresa e nel campo delle professioni. Per quanto riguarda il settore turistico, si può osservare una forte dinamicità: accanto alle figure tradizionali si sono avvicendate nuove professioni mentre, nello stesso tempo, altre hanno subito delle trasformazioni. Infatti, se cambia il modo di fare turismo, cambiano anche le competenze e le abilità richieste ai professionisti o a chi vuole lavorare in questo campo. Tali mutamenti

rendono sempre più evidenti le esigenze di formazione e

professionalizzazione all’interno del settore turistico, che in Italia impiega circa un milione di lavoratori dipendenti, i quali si trovano a modificare le loro competenze in relazione ai cambiamenti nel modo di viaggiare.

Il turismo è, infatti, una delle vocazioni naturali dell’Italia, uno dei pochi campi che, seppur in tempi di crisi, è in grado di generare ricchezza ed occupazione. Se si desidera che queste caratteristiche rimangano immutate è necessario, non solo pensare a rimodernare le strutture e le infrastrutture turistiche, ma anche a scovare profili professionali capaci di alimentare quelle qualità che contribuiscono allo sviluppo di questo settore.

L’esigenza di un’analisi di questo tipo è nata dalla considerazione dell’attuale situazione lavorativa, caratterizzata da una forte disoccupazione che è arrivata a toccare nel giugno del 2013 il 12,1% secondo i dati ISTAT.

Per combattere questa crisi strutturale del mercato del lavoro è sorta la necessità di reinventare le occupazioni tradizionali e crearne delle nuove per adattarsi ad un contesto, come quello italiano, che ad oggi non offre molte possibilità di lavoro soprattutto ai più giovani. Infatti, la disoccupazione giovanile (15-24 anni) è cresciuta a giugno fino a toccare il 39,1% sempre secondo i dati ISTAT.

Nella presente tesi vengono prese in considerazione le professionalità emergenti che operano nel turismo al fine di individuare le relazioni che ci sono tra le varie figure e la loro evoluzione futura.

L’obiettivo è quello di creare una sorta di “guida” che orienti coloro che sono interessati a lavorare in questo campo e che aiuti a capire quali siano i lavori

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più promettenti nel futuro, considerando sia quelli che necessitano di una qualifica, laurea o diploma, sia quei lavori che non richiedono particolari qualifiche o certificazioni. Di queste figure professionali si è analizzato le attività che caratterizzano il lavoro; le competenze e le skills necessarie per poter svolgere nel miglior modo possibile le proprie funzioni; il grado di istruzione; l’inquadramento normativo; la retribuzione; ed infine l’evoluzione futura.

Lo scopo è quello di andare incontro alle nuove necessità ed esigenze del mercato del lavoro e di interpretarne gli scenari futuri che sono sempre meno comprensibili a causa delle vicissitudini innescate dalla crisi economica. Nel turismo si trovano vari e differenti profili professionali a causa della molteplicità di attività produttive che direttamente o indirettamente intervengono nel ciclo dell’offerta turistica o che soddisfano la domanda dei turisti. Non tutti, però, ricoprono ruoli professionali che possono essere riferiti in modo esclusivo all’ambito turistico. Per cui al fine di individuare le principali occupazioni emergenti in tale settore si ritiene utile classificarle in due macro categorie quella alberghiera e quella dell’area dell’intermediazione turistica. L’obiettivo di fondo di questa tesi quindi è quello di individuare e analizzare le nuove professioni che si stanno facendo spazio nel turismo per indagare quali professionalità e skills si ritengono fondamentali per essere inclusi nel mercato del lavoro.

Si è deciso perciò di seguire alcuni criteri che spieghino i motivi per cui si sono prese in considerazione determinate professioni piuttosto che altre. Un primo criterio consiste nel considerare le professioni emergenti e professioni tradizionali. Di queste ultime però si sono prese in considerazione solo quelle che hanno subito un’evoluzione nel corso del tempo. Per cui non rientrano in questa trattazione tutte le occupazioni che dalla loro nascita fino ad oggi non sono state interessate da cambiamenti significativi.

Un secondo criterio riguarda il fatto di prendere in esame non solo, profili direttamente attinenti all’ambito turistico, ma anche le professioni di frontiera, ad esempio quelle vicine ad altri settori come quello sportivo- ricreativo, enogastronomico o quello relativo alle Internet Company.

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Per cui l’analisi affrontata in questa tesi si concentra su due aree o comparti dell’industria turistica e sulle relative professioni.

Nel primo capitolo si analizza la situazione attuale del mercato del lavoro nel turismo al fine di avere una panoramica generale che permetta di comprendere l’origine dei cambiamenti che hanno interessato le professioni. In questa sezione della tesi viene specificato anche il percorso normativo che va dalla nascita del concetto di professione turistica fino a considerarne l’attuale disciplina.

Inoltre si considerano le caratteristiche del contratto collettivo di lavoro nel turismo e le relative retribuzioni per indicare poi successivamente quali professioni vi rientrano. Alla fine si analizzano quali sono i fattori principali che hanno determinato l’emergere di nuove occupazioni.

Nel secondo capitolo si delineano quali siano le nuove professioni presenti nel comparto alberghiero come il reputation manager, il revenue manager, il sales manager, il room division manager, il food and beverage manager e il guest relation manager.

Infine, il terzo capitolo considera l’evoluzione professionale nel comparto dell’intermediazione. Al suo interno si differenziano professioni tradizionali come il banconista, l’organizzatore di eventi ed il programmatore turistico che nel corso del tempo hanno subito un’evoluzione, le professioni emergenti come il destination manager, il mystery guest e l’heritage promoter e quelle di frontiera come l’operatore del turismo enogastronomico, l’e-commerce specialist e il mobile application developer che si trovano a cavallo tra il turismo ed un altro settore.

Al termine del secondo e del terzo capitolo si riassumono tutte le professioni analizzate attraverso uno schema analitico concettuale che permette, attraverso una scala Likert basata su delle variabili qualitative, l’individuazione delle professioni più attrattive ed interessanti per un futuro lavorativo nel settore turistico.

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CAPITOLO PRIMO

LA NASCITA DI NUOVE FIGURE PROFESSIONALI NEL SETTORE TURISTICO: ANALISI DEI FATTORI DETERMINANTI

1.1. La professione turistica

La professione turistica è un’attività svolta professionalmente in maniera autonoma che ha per oggetto la prestazione di servizi a favore dei turisti ovvero attività finalizzate a consentire una migliore fruizione del viaggio e della vacanza. Il requisito della professionalità sta ad indicare che essa è svolta in maniera autonoma e abituale da chi intende soddisfare la domanda dei turisti-consumatori, dalla fase d’acquisto del prodotto/servizio a quella relativa alla fruizione dello stesso.

Nell’ordinamento italiano si trovano leggi di natura differente che non permettono di definire in modo preciso e dettagliato la disciplina delle professioni turistiche. Il grande numero di norme emanate da diverse fonti ha generato una regolamentazione disomogenea delle professioni.

La prima definizione a livello normativo di un’attività professionale connessa al turismo è presente nella legge 23 dicembre 1888 n. 5888, con riferimento alla categoria delle guide turistiche. Tale norma considerava la professione di guida turistica tra i “mestieri girovaghi”, assoggettandone l’esercizio alla vigilanza degli organi di polizia ed al possesso di un certificato di iscrizione nell’apposito registro, il cui rilascio era affidato ad un preventivo giudizio di affidabilità morale e di idoneità tecnica. La finalità della sopracitata legge fu quindi quella di sottoporre tale attività ad un controllo pubblico.

La normativa in materia di professioni turistiche rimase immutata fino agli anni ’70. Negli anni successivi subì invece un’evoluzione a seguito del processo di regionalizzazione1 delle competenze in materia turistica. Questo

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Processo attraverso il quale si trasferiscono alle regioni funzioni amministrative statali attraverso il d.p.r n. 6 del 1972 e attraverso il d.p.r n. 616 del 1977.

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progresso iniziò con il primo trasferimento alle regioni di funzioni amministrative statali, e si concluse in virtù dell’art. 19 del d.p.r 616 del 1977 con il quale si attribuì ai comuni la competenza a rilasciare le licenze per l’esercizio del mestiere di guida, interprete, corriere o portatore alpino e per il maestro di sci.

Negli anni ’80 il legislatore statale, chiamato a dettare i principi fondamentali in materia di professioni turistiche, si trovò di fronte a due esigenze: la prima fu quella di introdurre nuove professioni e disciplinare quelle esistenti, la seconda fu quella di affrancare le attività turistiche dalla precedente qualificazione di “mestieri girovaghi’’.

La soluzione a queste due questioni venne data dall’art. 11, della prima legge quadro sul turismo n. 217 del 1983, il quale disponeva che: «le regioni accertano i requisiti per l'esercizio delle professioni di guida turistica, interprete turistico, accompagnatore turistico o corriere, organizzatore professionale di congressi, istruttore nautico, maestro di sci, guida alpina, aspirante guida alpina o portatore alpino, guida speleologica, animatore turistico ed ogni altra professione attinente al turismo». Così si arrivò ad una definizione analitica e rigida di queste professioni che vennero suddivise in tre differenti gruppi:

1. Le professioni turistiche tradizionali rappresentate da2:

 guida turistica, ovvero chi, per professione, accompagna persone singole o gruppi di persone alle visite ad opere d’arte, gallerie, musei, scavi archeologici, illustrando le attrattive storiche, monumentali, artistiche, paesaggistiche e naturali. La figura si connota per l’oggetto dell’attività stessa, in altre parole, l’illustrazione del patrimonio storico, culturale e paesaggistico dell’ambito territoriale di riferimento;

 l’interprete turistico, ovvero colui che, per professione presta la propria opera di traduzione nell’assistenza ai turisti stranieri;

 l’accompagnatore turistico o corriere, ovvero chi, per professione, accompagna persone singole o gruppi di persone nei viaggi attraverso il territorio nazionale o all’estero, fornendo elementi significativi e

2

V. Franceschelli e F. Morandi, Manuale di diritto del turismo, Torino, Giappichelli, 2010, pp. 141-142

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notizie di interesse turistico sule zone di transito, fuori dell’ambito di competenza delle guide.

2. Le professioni che trovano nella legge quadro un primo riconoscimento normativo3:

 animatore turistico, ovvero chi, per professione, organizza il tempo libero di gruppi di turisti con attività ricreative, sportive e culturali;  organizzatore congressuale, ovvero chi, per professione, svolge la

propria opera nell’organizzazione di iniziative, simposi o manifestazioni congressuali.

3. Le attività turisticamente rilevanti ma che attengono anche a discipline sportive4:

 maestro di sci, ovvero chi, per professione, insegna a persone singole o a gruppi di persone la pratica dello sci;

 guida alpina, ovvero chi, per professione, accompagna singole persone o gruppi di persone in scalate o gite di alta montagna;

 portatore alpino, ovvero chi, per professione accompagna singole persone o gruppi di persone in ascensioni di difficoltà non superiori al terzo grado potendo altresì fungere da capo cordata in ascensioni superiori solo insieme ad una guida alpina;

 istruttore nautico, ovvero chi, per professione, insegna a persone singole o a gruppi di persone, la pratica del nuoto o di attività nautiche;  guida speleologica, definita come chi, per professione, accompagna

persone singole o gruppi di persone nell’esplorazione di grotte o di cavità naturali.

Tale elenco non era tassativo, poiché le regioni potevano disciplinare altre tipologie di attività turistiche; nacquero così una serie di figure professionali ulteriori rispetto a quelle previste dalla legge quadro.

Da questo derivarono due conseguenze: una negativa e una positiva. Quella negativa risiedeva nel fatto che le nuove figure create a livello regionale, spesso, si sovrapponevano con quelle regolamentate a livello statale o da

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Ibidem

4

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altre regioni. Si consideri come esempio di ciò la figura della “guida naturalistica” definita da altre leggi regionali come “accompagnatore naturalistico” non facilmente distinguibile dall’altra professione di “accompagnatore di media montagna”. Quella positiva invece, riguardava l’attenzione e la sensibilità mostrata dalle regioni nel proporre e legiferare nuove occupazioni.

La prima definizione di professioni turistiche è dettata però dalla seconda legge quadro la L. n. 135/2001. L’art. 7 comma 5, infatti, recita che: «Sono professioni turistiche quelle che organizzano e forniscono servizi di promozione dell'attività turistica, nonché servizi di assistenza, accoglienza, accompagnamento e guida dei turisti». In tale ottica, la legge abbandonò la scelta di individuare dettagliatamente le professioni turistiche e ne dette una definizione generale ed unitaria.

Inoltre, se da un lato tale norma aveva disposto di rinviare ad un successivo DPCM, la definizione dei requisiti e delle modalità d’esercizio su tutto il territorio nazionale per quelle occupazioni che necessitano di profili omogenei e uniformi, dall’altro permetteva alle regioni la possibilità di definire e disciplinare nuove tipologie di professioni che non avessero rilievo nazionale. Il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 13 settembre 2002 prevedeva che fossero le regioni a determinare, disciplinare ed accertare i requisiti per l’esercizio delle professioni turistiche tradizionali e nuove esercitate in maniera autonoma. Inoltre spettava sempre alle regioni anche la definizione dei criteri uniformi per l’abilitazione che garantisse l’accesso alla professione.

Si evidenziò quindi la distinzione fra professioni turistiche di rilevanza nazionale (da prefigurare con norme di principio statali) e professioni turistiche a livello regionale e locale, che potevano quindi trovare diretta disciplina nelle leggi regionali.Questa differenziazione non sembrava valere nella pratica, in quanto le figure professionali disciplinate in modo originale da talune regioni, senza relative norme di principio statali, erano di evidente rilevanza ultraregionale, come le figure professionali di guida ed istruttore subacqueo e di maestro di mountain bike e di ciclismo fuoristrada (introdotte,

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dopo la riforma costituzionale del 2001, rispettivamente dalla l.r. Calabria n. 17 del 2004 e dalla l.r. Valle d’Aosta n. 1 del 2003) e quella del direttore d’albergo (autonomamente istituita, già prima della riforma costituzionale del 2001, con l.r. Umbria n. 20 del 1989, l.r. Piemonte n. 44 del 1992, l.r. Liguria n. 58 del 1993, l.r. Abruzzo n. 42 del 1995, l.r. Calabria n. 14 del 1995). Quindi si ha a che fare con una legislazione piuttosto frammentaria, che varia da regione a regione.

Pochi mesi dopo l’entrata in vigore della seconda legge quadro, venne modificato il Titolo V della Costituzione con la conseguenza che il turismo passò da materia oggetto di competenza concorrente tra Stato e Regioni, a materia di competenza esclusiva regionale.

Per quanto riguarda le professioni, invece, rimasero materia di competenza concorrente tra Stato e Regioni, per cui, spettava allo Stato la determinazione di principi fondamentali.

Per risolvere questa ambiguità normativa, si dovranno attendere le sentt. Nn. 222 del 2008 e 271 del 2009 della Corte Costituzionale, in quest’ultima si dispose che: «quale che sia il settore in cui una determinata professione si esplichi, la determinazione dei principi fondamentali spetta sempre allo Stato, nell’esercizio della propria competenza concorrente, ai sensi dell’art. 117, comma 3, Cost.», il cui ambito «prescinde dal settore nel quale l’attività professionale si esplica e corrisponde all’esigenza di una disciplina uniforme sul piano nazionale che sia coerente anche con i principi dell’ordinamento comunitario».

A seguito di tali pronunce, tutt’oggi, lo Stato conserva titoli trasversali che gli consentono di dettare principi fondamentali vincolanti nei confronti delle leggi regionali in materia di professioni.

Nonostante tutte queste vicissitudini legislative le professioni del turismo, anche quelle più antiche e tradizionali, sono prive di normativa. A causa di tale vuoto normativo l’Unione Europea ha emanato una direttiva per la regolamentazione delle professioni nel quadro della liberalizzazione del

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mercato. Infatti, il DPR 27 aprile 20045 ha annullato l’Art. 7 della nuova legge quadro sul turismo n. 135, del 2001, e il successivo Accordo Stato/Regioni 13 settembre 2002, nella parte in cui definiva le professioni turistiche e demandava alle regioni la loro regolamentazione.

Secondo il Consiglio di Stato, l’Art. 7 appare incongruo non tenendo conto che le prestazioni dei professionisti non sono rivolte in via esclusiva al turista, ma alla generalità della società. Ciò appare evidente a una lettura più attenta e moderna del fenomeno turismo che non riguarda unicamente il turista straniero che viene in vacanza in Italia ma concerne l’intera società nelle sue più intime strutture.

Il Consiglio ha quindi rivolto al Governo l’invito a creare gli Albi Nazionali per dare la necessaria dignità agli operatori e qualificare il mercato.

L’esigenza della costituzione di ordinamenti professionali deriva dal bisogno di regolamentare alcuni aspetti di rilevanza nazionale legati ad una data professione al fine di tutelare sia chi la esercita sia il pubblico. Infatti la competenza statale a disciplinare in maniera uniforme ed omogenea i principi relativi al campo delle professioni deriva proprio dalla rilevanza pubblica dell’attività professionale stessa.

L’ultima novità normativa in materia di professioni turistiche proviene dal nuovo Codice del Turismo. In tale Codice è stata inserita una norma generica che riconosce solo l’esistenza delle professioni turistiche e, in pratica, rinvia ad altro provvedimento legislativo. Infatti l’art 6 recita che «sono professioni turistiche quelle attività, aventi ad oggetto la prestazione di servizi di promozione dell'attività turistica, nonché servizi di ospitalità, assistenza, accompagnamento e guida, diretti a consentire ai turisti la migliore fruizione del viaggio e della vacanza, anche sotto il profilo della conoscenza dei luoghi visitati.6 »

Il Codice del turismo ha inoltre dettato disposizioni in materia di percorsi formativi per l’inserimento nel mercato del lavoro turistico, attraverso la

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Parziale annullamento del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 13 settembre 2002, concernente «Recepimento dell'accordo fra lo Stato, le regioni e le province autonome sui principi per l'armonizzazione, la valorizzazione e lo sviluppo del sistema turistico».

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creazione di collegamenti con l’ambito della formazione, per lo svolgimento di corsi orientati alla preparazione dei giovani operatori.

L’art. 7 infatti dispone che «allo scopo di realizzare percorsi formativi finalizzati all'inserimento lavorativo nel settore del mercato turistico dei giovani laureati o diplomati, il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro delegato, di concerto con i Ministri dell'istruzione, dell'università e della ricerca, del lavoro e delle politiche sociali e della gioventù, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, e' autorizzato, nell'ambito delle risorse allo scopo disponibili a legislazione vigente, a stipulare accordi o convenzioni con istituti di istruzione, anche universitaria, con altri enti di formazione e con gli ordini professionali per lo svolgimento di corsi orientati alla preparazione dei giovani operatori.7»

I dubbi relativi alla natura professionale (nel senso tecnico giuridico del termine) delle attività turistiche risultano da tempo superati con riferimento alle guide alpine e ai maestri di sci da quando le relative attività sono state oggetto di due apposite leggi statali (legge 2 gennaio 1989, n.6, contenete “Ordinamento della professione di guida alpina” e la legge 8 marzo 1981, n81 “Legge quadro per la professione di maestro di sci e ulteriori disposizioni in materia di ordinamento della professione di guida alpina”).

Tali norme hanno determinato la definitiva professionalizzazione delle categorie. Le stesse debbano ritenersi a tutti gli effetti vigenti e dotate di efficacia vincolante per le regioni anche dopo la riforma del Titolo V della Costituzione poiché lo Stato interviene in questo caso con una disciplina al fine di tutelare interessi unitari e pubblici.

Le due norme citate, nate sulla spinta della necessità di riportare un minimo di omogeneità a fronte di una fioritura di leggi regionali, si preoccupano in primo luogo di integrare e precisare le definizioni contenute in proposito all’art.11 della legge n. 217 del 1983, al fine di chiarirne i diversi ambiti di attività ed evitare, per quanto possibile, margini di incertezza e confusione.

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Le leggi in questione sono inoltre caratterizzate da un impianto simile e da un analogo schema, essendo accumunate dalla stessa ispirazione costituita, da un lato, dalla volontà di dettare principi uniformi che garantiscano una parità di preparazione tecnica e didattica per gli esercenti le attività considerate; dall’altro, di far assumere una rilevanza di livello nazionale alle relative professioni. Dal primo punto di vista, viene previsto in ambedue i casi che, per lo svolgimento della professione, ci si debba munire di apposita abilitazione conseguita attraverso il superamento di un esame. L’abilitazione costituisce il presupposto per la necessaria iscrizione ad appositi albi regionali, tenuti dai nuovi organi di autogoverno delle rispettive categorie.

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1.2. La disciplina amministrativa che regola le professioni turistiche ed i principi comunitari

L’esercizio delle maggior parte delle professioni turistiche è soggetto all’abilitazione professionale, che si ottiene con il superamento di appositi esami. Lo svolgimento di tale prova è disciplinato dalle leggi regionali, anche se, dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 271 del 2009, spetta allo Stato «la definizione e la disciplina dei requisiti e dei titoli necessari per l’esercizio delle professioni stesse» non essendo permesso alle regioni nemmeno «l’indicazione di specifici requisiti per l’esercizio delle professioni, anche se in parte coincidenti con quelli stabiliti dalla normativa statale». Gli esami sono fondamentali perché rilevano se il candidato possiede titoli di studio e specifici requisiti di idoneità tecnica e affidabilità per gli utenti. Sono apposite commissioni di esperti istituite a livello regionale o provinciale che valutano i candidati.

Una volta superato l’esame di abilitazione è possibile l’iscrizione in albi o elenchi tenuti dalla regione o dalle provincie.

Per quanto riguarda i principi comunitari in materia di professioni è con l’entrata in vigore il primo dicembre 2009 del Trattato di Lisbona che si definiscono azioni da attuare a favore del turismo europeo. Tra queste vi rientra quella di migliorare le competenze professionali nel settore, attraverso la promozione delle opportunità offerte dai vari programmi dell’UE, come Leonardo o il Programma quadro per la competitività e l’innovazione attraverso «Erasmus per giovani imprenditori» e «E-skills per l’innovazione»; Un secondo ambito di intervento comunitario è quello relativo al riconoscimento delle qualifiche professionali. La direttiva dell’Unione Europea n. 2005/36 è stata recepita in Italia con il decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206. Tale decreto stabilisce le procedure per:

1. il riconoscimento delle qualifiche professionali già acquisite in uno o più Stati membri dell’Unione europea per lo stabilimento in Italia; 2. la prestazione di servizi in maniera occasionale e temporanea.

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Ne consegue che l’applicazione di tali principi comporta l’uguale diritto per tutti i cittadini degli Stati membri di esercitare le corrispondenti attività nel territorio dell’Unione ed il corrispondente obbligo per gli ordinamenti nazionali di rimuovere qualsiasi ostacolo che impedisca il completo esplicarsi dei suddetti principi. Per la sola professione di guida turistica il riconoscimento è, al momento, relativo ad un ambito territoriale provinciale o regionale. Per le professioni di accompagnatore turistico e di direttore tecnico di agenzia di viaggi e turismo il riconoscimento è possibile anche solo sulla base dell’esperienza professionale purché rispondente ai criteri indicati rispettivamente dagli artt. 30 e 29 del d.lgs. 206/07.

Il professionista che intende svolgere in Italia una prestazione di servizi in regime temporaneo e occasionale deve, ai sensi dell’art. 9 del d.lgs. 206/07, dimostrare di essere legalmente stabilito in un altro Stato membro ove esercita egualmente la professione di guida turistica.

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1.3. Il mercato del lavoro nel turismo

Nel corso degli anni il modo di fare turismo è cambiato. Le professioni relative al settore turistico hanno subito dei mutamenti causati anche dal fatto che il turismo appare un settore dove sono presenti molteplici prospettive occupazionali.

Durante il 2012 però la domanda di lavoro si è ridotta a causa di un indebolimento del ciclo economico connesso ad un periodo di profonda incertezza. Secondo quanto si può osservare dal grafico di Fig.1 contenuto nel documento Italy Economic Impact Report pubblicato da The World Travel & Tourism Council (WTTC) il contributo diretto all’occupazione generato dal settore turismo nell’anno 2012, è stato del 4,8% dell’occupazione totale8

. Questo dato però dovrebbe scendere dello 0.3% nel 2013.

Fig.1. Contributo diretto del settore turismo all’occupazione in Italia.

Fonte: www.wttc.org

8 Considerando che l’occupazione diretta comprende il lavoro direttamente originato

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Il contributo totale del settore viaggi e turismo all’occupazione, in Italia, è stato di 9,7% dell’occupazione totale (Fig. 2). Anche in questo caso la previsione per il 2013 è negativa poiché il dato dovrebbe diminuire di 1,1%. Entro il 2022, si prevedono 2.386,000 posti di lavoro (10,4% dell’occupazione totale), con un incremento dello 0,9% annuo.

Fig.2. Contributo totale del settore turismo all’occupazione in Italia

Fonte: www.wttc.org

Da quanto raffigurato, invece, nella seguente tabella (Fig.3) è possibile osservare la distribuzione degli occupati nelle varie attività della filiera turistica in Italia, che si concentra per la maggior parte nel comparto ristorativo (39,2%) e alberghiero (24,1%). Segue poi il comparto dell’intermediazione con il 4,2% degli occupati9

. In media ogni anno, circa il 70% delle assunzioni ha carattere stagionale e solo il 30% non stagionale; in

9

E. Becheri, (a cura di) Rapporto sul turismo italiano 2008-2009, XVI ed., Con il patrocinio del Ministero del Turismo, Firenze, Mercury, 2009, p. 239

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media l’80% di queste ultime riguarda profili intermedi come camerieri, baristi, receptionist, e solo il 3% profili elevati10.

Fig.3. Occupati totali per ramo e branca direttamente e indirettamente attivati dalla domanda di consumi turistici (migliaia di occupati)

Fonte: E. Becheri, (a cura di) Rapporto sul turismo italiano 2008-2009, XVI ed., Con il patrocinio del Ministero del Turismo, Firenze, Mercury, 2009, p. 239

Nel settore turistico le assunzioni di lavoratori dipendenti avvengono per i seguenti motivi (Fig.4):

1. a causa della stagionalità tipica del settore (circa metà delle imprese assume con questa finalità);

2. per sostituire persone che hanno l’età per la pensione o che lasciano l’azienda;

3. per supportare la crescita della domanda.

Difficilmente le imprese turistiche assumono per migliorare la qualità del servizio offerto o per incrementare lo staff al fine di aprire nuovi stabilimenti o sedi e ciò presumibilmente a causa della dimensione familiare delle imprese

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B. Pacelli, Il rilancio dell'industria turistica punta sulla formazzione di qualità, ItaliaOggi, 2012.

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turistiche che non possiedono le risorse necessarie per aumentare l’organico del personale.

Gli altri fattori che frenano l’assunzione di nuovi dipendenti sono legati all’andamento del mercato.

Fig.4. Motivazione delle assunzioni previste nel 2011

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1.4. Il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro del settore Turismo (commercio e servizi)

Il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) è l’accordo stipulato tra le contrapposte organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro allo scopo di disciplinare gli aspetti principali del rapporto di lavoro.

Le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative nel settore turismo sono, per la parte dei lavoratori, i sindacati:

 FILCAMS CGIL;  FISASCAT CISL;  UIL TUCS;

 UGL.

Per la parte dei datori di lavoro, i sindacati:  Confindustria (AICA);

 Confcommercio (Federalberghi).

La contrattazione da cui derivano le norme del CCNL viene definita di primo livello o di livello nazionale. Essa può essere integrata dalla contrattazione di secondo livello, termine con il quale ci si riferisce sia alla contrattazione aziendale e/o di Ente rivolta alle singole realtà produttive, sia alla contrattazione Territoriale e/o Provinciale rivolta a singoli settori e/o categoria e che, in questo secondo caso, si applica in tutti i luoghi di lavoro inerenti il settore e/o categoria.

Le norme dei Contratti Collettivi hanno efficacia ergaomnes, nel senso che il CCNL non ha validità solo nei confronti degli iscritti alle organizzazioni stipulanti, ma anche nei confronti di coloro che appartengono alla stessa categoria, anche se non iscritti. Tale efficacia discende dall’ultimo comma dell’art. 39 della Costituzione, nel quale si afferma che: «I sindacati registrati hanno personalità giuridica. Possono, rappresentati unitariamente in proporzione dei loro iscritti, stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce.»

(23)

23

La classificazione del personale nel CCNL del settore turistico è inquadrata in dieci livelli professionali che sono: quadro A, quadro B, primo, secondo terzo, quarto, quinto, sesto, sesto super e settimo livello (Fig.5).

Appartengono alla categoria dei quadri i prestatori di lavoro subordinato, esclusi i dirigenti, che svolgono con carattere continuativo funzioni direttive di rilevante importanza per lo sviluppo e l'attuazione degli obiettivi dell’impresa, in ampi settori aziendali specifici o, con responsabilità generale, in organizzazioni di ridotta dimensione e struttura, anche decentrata, e quindi vi rientrano coloro che:

 abbiano poteri decisionali e responsabilità gestionale anche nei confronti di terzi e nella conduzione e coordinamento di risorse umane e materiali, in settori o servizi di particolare complessità operativa;  siano preposti, in condizione d’autonomia decisionale, di

responsabilità e di elevata professionalità di tipo specialistico, allo sviluppo ed all’attuazione degli obiettivi generali dell'impresa di ridotte dimensioni, garantendo adeguato supporto sia nella fase d’impostazione sia in quella di sperimentazione e realizzazione, controllandone la regolare esecuzione e rispondendo dei risultati complessivi.

I lavoratori, impiegati ed operai, sono inquadrati in un’unica scala classificatoria articolata su sette livelli.

L’inquadramento delle varie mansioni nei singoli livelli, dovrà essere effettuato sulla base delle declaratorie, dei profili e delle esemplificazioni previste dal CCNL.

Resta perciò fermo che l’assegnazione dei lavoratori ai diversi livelli dovrà effettuarsi esclusivamente rispetto alle mansioni in concreto esercitate dagli stessi, indipendentemente dalle denominazioni in uso presso l’azienda.

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Fig.5. Inquadramenti professionali

Livelli Declaratoria

Quadro A

Appartengono a questo livello i lavoratori con funzioni direttive che, per l'alto livello di responsabilità gestionale ed organizzativa loro attribuito, forniscano contributi qualificati per la definizione degli obiettivi dell'Azienda e svolgano, con carattere di continuità, un ruolo di rilevante importanza ai fini dello sviluppo e dell'attuazione di tali obiettivi. A tali lavoratori, inoltre, è affidata, in condizioni di autonomia decisionale e con ampi poteri discrezionali, la gestione, il coordinamento ed il controllo dei diversi settori e servizi dell'Azienda.

Quadro B

Appartengono a questo livello i lavoratori con funzioni direttive che, per l'attuazione degli obiettivi aziendali correlativamente al livello di responsabilità loro attribuito, abbiano in via continuativa la responsabilità di unità aziendali la cui struttura organizzativa non sia complessa o di settori di particolare complessità organizzativa in condizioni di autonomia decisionale ed amministrativa

Primo Livello

Appartengono a questo livello i lavoratori che svolgono funzioni ad elevato contenuto professionale, caratterizzate da iniziative ed autonomia operativa ed ai quali sono affidate, nell'ambito delle responsabilità ad essi delegate, funzioni di direzione esecutiva di carattere generale o di un settore organizzativo di notevole rilevanza dell'azienda

Secondo Livello

Appartengono a questo livello i lavoratori che svolgono mansioni che comportano sia iniziativa che autonomia operativa nell'ambito ed in applicazione delle direttive generali ricevute, con funzioni di coordinamento e controllo o ispettive di impianti, reparti e uffici, per le quali è richiesta una particolare competenza professionale

Terzo Livello

Appartengono a questo livello i lavoratori che svolgono mansioni di concetto o prevalentemente tali che comportano particolari conoscenze tecniche ed adeguata esperienza; i lavoratori specializzati provetti che, in condizioni di autonomia operativa nell'ambito delle proprie mansioni, svolgono lavori che comportano una specifica ed adeguata capacità professionale acquisita mediante adeguata preparazione teorica e/o tecnico pratica; i lavoratori che, in possesso delle caratteristiche professionali di cui ai punti precedenti, hanno anche responsabilità di coordinamento tecnico-funzionale di altri lavoratori

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autonomia esecutiva, anche preposti a gruppi operativi, svolgono mansioni specifiche di natura amministrativa, tecnico-pratica o di vendita e relative operazioni complementari, che richiedono il possesso di conoscenze specifiche comunque acquisite

Quinto Livello

Appartengono a questo livello i lavoratori che, in possesso di qualificate conoscenze e capacità tecnico pratiche, svolgono compiti esecutivi che richiedono preparazione pratica di lavoro

Sesto Livello Super

Appartengono a questo livello i lavoratori in possesso di adeguate capacità tecnico-pratiche comunque acquisite che eseguono lavori di normale complessità

Sesto Livello

Appartengono a questo livello i lavoratori che svolgono attività che richiedono un normale addestramento pratico ed elementari conoscenze professionali

Settimo Livello

Appartengono a questo livello i lavoratori che svolgono semplice attività anche con macchine già attrezzate

Fonte: www.lavorareturismo.it

Fig.6. Tabella retributiva lavoratori qualificati CCNL turismo decorrenza 01/04/2013

Livello Paga Base Contingenza Scatti anzianità Totale QA 1542,04 542,7 40,8 2125,54 QB 1392,49 537,59 39,25 1969,33 1 1261,54 536,71 37,7 1835,95 2 1112,0 531,59 36,15 1679,74 3 1021,85 528,26 34,86 1584,97 4 937,75 524,94 33,05 1495,74 5 849,38 522,37 32,54 1404,29 6 779,81 520,51 30,99 1331,31 6 S 798,37 520,64 31,25 1350,26 7 700,05 518,45 30,47 1248,97 Fonte: http://www.ilccnl.it/

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1.5. Il Trattamento fiscale dei lavoratori dipendenti e dei lavoratori autonomi nel turismo

Secondo l’art.49 del T.u.i.r. i redditi di lavoro dipendente «sono quelli che derivano da rapporti aventi per oggetto la prestazione di lavoro, con qualsiasi qualifica, alle dipendenze e sotto la direzione di altri, compreso il lavoro a domicilio quando è considerato lavoro dipendente secondo le norme della legislazione sul lavoro». Per cui rientrano nella categoria fiscale dei redditi di lavoro dipendente:

i. i redditi di lavoro dipendente pubblico e privato;

ii. le somme che il datore di lavoro deve corrispondere al lavoratore, a seguito di sentenza di condanna;

iii. i redditi del lavoro a domicilio;

iv. le pensioni e gli assegni ad esse equiparati.

La regola basilare, in materia di determinazione del reddito di lavoro dipendente è contenuta nell’art. 51 del T.u.i.r. ed è la seguente: «Il reddito di lavoro dipendente è costituito da tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro».

Da ciò si deduce che il reddito imponibile non è solo quello derivante dal lavoro effettivamente svolto, ma anche da quello che si collega al rapporto, e prescinde dalle prestazioni effettivamente svolte (indennità di malattia, di maternità, ecc.). La retribuzione fiscalmente imponibile è dunque un concetto onnicomprensivo, con le sole deroghe espressamente previste.

È dunque reddito di lavoro dipendente innanzitutto la retribuzione, che comprende il salario e lo stipendio, le indennità, gli scatti di anzianità, i compensi di lavoro straordinario, le diarie, gli interessi, la rivalutazione monetaria, il trattamento di fine rapporto, le somme corrisposte in occasione di trasferimento di sede, ecc.

Sono in generale compresi tra i redditi imponibili di lavoro dipendente tutti i proventi percepiti dal lavoratore, e corrisposti dal datore di lavoro, che si

(27)

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collegano allo status di lavoratore, tra cui i rimborsi, le liberalità e le indennità.

Sono tassate le indennità risarcitorie, quando il risarcimento sostituisce un reddito, ma non quando il risarcimento non ha natura retributiva. Perciò sono state ritenute tassabili dalla giurisprudenza, l’indennità di contingenza dei lavoratori privati, l’indennità di malattia, di maternità, di rischio, di residenza, di trasferta; le somme corrisposte in occasione di trasferimenti di sede ecc. Inoltre sono compresi nel reddito di lavoro dipendente:

i. le liberalità che il lavoratore riceve dal datore di lavoro; ii. i compensi ricevuti sottoforma di partecipazione agli utili;

iii. le somme non corrisposte dal datore di lavoro ma da terzi (indennità previdenziali dovute dall’Inps o dall’Inail).

Dal punto di vista dell’imputazione temporale i redditi di lavoro sono governati dal principio di cassa, sono quindi imponibili non quando maturano, ma nel periodo d’imposta in cui sono percepiti.

Nella determinazione del reddito imponibile di lavoro dipendente non sono direttamente rilevanti le spese di produzione: in luogo della deduzione delle spese effettivamente sostenute, il legislatore prevede una detrazione forfettaria dall’imposta lorda. Perciò, le somme che il datore di lavoro corrisponde al lavoratore a titolo di rimborso delle spese sostenute sono comprese nella base imponibile del reddito del lavoratore, e le spese effettivamente sostenute dal lavoratore non sono deducibili.

Nella retribuzione imponibile sono inclusi anche i compensi in natura denominati talvolta fringe benefit, ossia vantaggi concessi in aggiunta alla normale retribuzione in denaro, attribuiti in particolare ai dirigenti.

Sono assimilati ai redditi di lavoro dipendente anche quelli di collaborazione coordinata e continuativa, ossia i redditi derivanti da «rapporti di collaborazione aventi per oggetto la prestazione di attività svolte senza vincolo di subordinazione, a favore di un determinato soggetto, nel quadro di un rapporto comunitario e continuativo, senza l’impiego di mezzi organizzati e con retribuzione periodica prestabilita». Per cui anche a questi redditi si applicano tutte le regole dei redditi da lavoro dipendente.

(28)

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Per quanto riguarda i redditi di lavoro autonomo, secondo la definizione contenuta nell’art. 53 del Testo unico, «sono quelli che derivano dall’esercizio di arti e professioni. Per esercizio di arti e professioni si intende l’esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, di attività di lavoro autonomo diverse da quelle nel capo VI, compreso l’esercizio in forma associata di cui alla lettera c) del comma 3 dell’art. 5»11

.

I redditi di lavoro autonomo sono definibili come redditi derivanti da un’attività che ha tre connotati:

 è un’attività svolta in modo autonomo;  è un’attività abituale;

 è un’attività di natura non commerciale.

Il primo carattere distingue i redditi in esame da quelli di lavoro dipendente. Inoltre l’attività deve essere continua sennò si parla di redditi diversi. Il terzo requisito distingue i redditi di lavoro autonomo dai redditi d’impresa. Per cui il lavoro autonomo si distingue dall’esercizio di impresa commerciale sotto il profilo dell’oggetto dell’attività: se l’attività ha uno degli oggetti considerati nell’art. 2195 si ha impresa commerciale sennò lavoro autonomo.

Rientrano dunque tra i redditi di lavoro autonomo non solo le attività artistiche e professionali ma altre varie attività. Del resto anche nel codice civile sotto il profilo dedicato al lavoro autonomo (art.2222 ss.), non sono disciplinati solo i contratti delle professioni intellettuali ma tutti i contratti d’opera.

Il principale componente positivo della base imponibile dei redditi di lavoro autonomo è costituito dai compensi; ma concorrono a formare la base imponibile anche le plusvalenze dei beni strumentali e degli immobili. I compensi sono i corrispettivi percepiti a titolo di remunerazione dell’attività. Sono deducibili le spese sostenute «nell’esercizio dell’arte o della professione» ossia «inerenti» a tale esercizio, nonché le minusvalenze dei beni strumentali.

Il primo requisito generale in materia di spese deducibili è quello dell’inerenza; altra regola generale è quella per cui le spese si deducono

11

La formula legislativa definisce i termini arte e professione attribuendo ad essi la stessa estensione del lavoro autonomo.

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secondo il principio di cassa, ossia nel periodo d’imposta in cui avviene il pagamento.

Il criterio temporale di imputazione delle componenti di reddito di lavoro autonomo è il principio di cassa, ma si applica il principio di competenza ai

canoni di leasing, all’ammortamento dei beni strumentali e

all’accantonamento al fondo per il trattamento di fine rapporto dei dipendenti maturate nel periodo d’imposta.

Vi sono regole particolari che limitano la deducibilità di particolari costi o li forfetizzano:

a) gli ammortamenti e le spese relative all’auto utilizzata nell’esercizio della professione sono deducibili per il 40 per cento;

b) le spese relative agli impianti di telefonia fissa e mobile sono deducibili per l’80 per cento;

c) le spese per alberghi e ristoranti sono deducibili entro il limite del 2 per cento dei compensi percepiti;

d) le spese di partecipazione a congressi, convegni e simili o a corsi di aggiornamento professionale incluse quelle di viaggio e soggiorno sono deducibili nella misura del 50 per cento del loro ammontare. Il lavoratore autonomo nel turismo deve aprire la partita IVA e rispettare gli obblighi contabili ai fini delle imposte dirette e indirette.

Per cui nel turismo si parla soprattutto di lavoratori autonomi non obbligati all’iscrizione nel Registro delle imprese, poiché si tratta di lavoratori iscritti a un Ordine, oppure liberi professionisti non iscritti ad alcun albo.

Quindi per aprire la partita Iva è necessario presentare all’Agenzia delle Entrate la dichiarazione di inizio attività, compilando il modello AA9/11.

Chi ha la partita IVA è obbligato a:

 emettere ricevuta fiscale o fattura;  tenere la contabilità IVA

Inoltre è assoggettato anche a ritenuta d’acconto IRPEF qualora la ricevuta o la fattura emessa risulti intestata ad altri soggetti IVA e non a consumatori privati.

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I lavoratori autonomi devono pagare i contributi previdenziali che cambiano a seconda delle categorie alle quali essi appartengono.

Chi invece opera non professionalmente e quindi occasionalmente come ad esempio la guida turistica, è esonerato dagli obblighi relativi all’IVA e perciò non deve emettere le ricevute fiscali o le fatture.

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1.6. Istruzione e formazione nel turismo

L’erogazione di servizi/prodotti turistici avviene attraverso l’interazione tra persone per cui la presenza e disponibilità di risorse umane con competenze e capacità specifiche per ogni tipo di prodotto e servizio è fondamentale. Si ritiene, quindi, necessario che manager e operatori del turismo siano in grado di adattarsi alle evoluzioni tecnologiche, avere conoscenza delle lingue straniere e siano flessibili per soddisfare la domanda dei consumatori.

Infatti, in un settore come questo non solo, contano le caratteristiche del prodotto in sé, ma soprattutto conta l’esperienza vissuta dal turista che si crea attraverso l’interazione con i vari professionisti che vi operano.

A tal proposito si dovrebbero attuare progetti mirati a formare in modo sempre più efficace gli operatori e i manager per far in modo che siano aggiornati sulle nuove tendenze.

Si reputa che l’Italia dovrebbe, quindi, migliorare il sistema di istruzione e formazione in ambito turistico al fine di soddisfare le esigenze delle imprese che vi operano, le quali, a loro volta, devono riconoscere che un miglioramento nel livello di istruzione è basilare per:

 offrire ai turisti un servizio di qualità migliore;  potenziare le gestione delle imprese turistiche;

 promuovere un’immagine positiva del mercato del lavoro turistico. Secondo la Fig.7 il personale qualificato che lavora nel settore turistico è aumentato; infatti, le assunzioni di laureati sono raddoppiate nel quadriennio tra il 2005 e il 2009. Ma nonostante ciò sono sempre molti i lavoratori che vengono assunti senza il possesso di specifici requisiti professionali.

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Fig.7. Nuove assunzioni non stagionali per livello d’istruzione

Fonte: OECD, Studi OCSE sul Turismo: Italia: Analisi delle criticità e delle politiche, OECD Publishing, 2011, p.145

Al fine di attrarre professionisti qualificati, si dovrebbe migliorare la gestione delle risorse umane attraverso la diversificazione delle competenze e l’attrattività delle carriere. Infatti, questo settore non attira i giovani lavoratori a causa di:

 retribuzioni non elevate;

 impegnative condizioni di lavoro;

 alta flessibilità lavorativa per l’elevata stagionalità;  basse prospettive di carriera.

Secondo i dati riportati nella Fig.8 le competenze turistiche più richieste che arrivano a toccare l’83% sono le occupazioni impiegatizie, commerciali e di servizio. Mentre è invece elevato il valore relativo alle occupazioni non qualificate (10,9%).

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Fig.8. Competenze richieste dalle imprese turistiche

Fonte: OECD, Studi OCSE sul Turismo: Italia: Analisi delle criticità e delle politiche, OECD Publishing, 2011, p.146

In conclusione si può affermare che le assunzioni nel mercato del lavoro turistico sono soprattutto stagionali e riguardano per la maggior parte, profili di livello intermedio.

Nel settore del turismo, le imprese hanno difficoltà nel reperire persone che esercitano la professione o che siano interessate ad esercitarla. La causa di ciò, come si evince dalla Fig.9 può essere rinvenuta in una scarsa adeguatezza dei candidati rispetto alle esigenze delle aziende dovuta alla mancanza di una formazione adeguata (riguarda circa il 20% delle assunzioni difficili da reperire). Le strutture turistiche rispondono allora a questa difficoltà assumendo risorse umane con abilità e skills simili a quelle ritenute necessarie per svolgere il lavoro.

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Fig.9. Motivi della difficoltà di reperimento delle figure nel 2011

Fonte: Unionecamere- Ministero del Lavoro, Sistema Informativo Excelsior, 2011

In futuro, per risolvere il gap tra le competenze acquisite nel percorso formativo e quelle richieste dalle imprese turistiche si auspica un coordinamento e una convergenza tra questi due mondi, promuovendo tirocini e periodi formativi nelle aziende al fine di definire percorsi formativi idonei ai bisogni del settore imprenditoriale.

Le imprese turistiche impiegano, oltre ai dipendenti, altre tipologie di lavoratori, definiti atipici come: collaboratori professionali, lavoratori interinali e altri lavoratori non dipendenti quali i titolari di partita IVA e lavoratori occasionali.

Le assunzioni di questo tipo di lavoratori previste per il 2012, secondo quanto riportato dal rapporto dell’ISNART Impresa Turismo 2013, sono così distribuite: «19.800 lavoratori interinali, 5400 collaboratori e 800 altri indipendenti o liberi professionisti per un totale di circa 26.100 lavoratori non dipendenti stagionali e non stagionali».12

12

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35

1.7. La nascita di nuove figure professionali: analisi dei fattori determinanti

1.7.1. Lean Organization e outsourcing del personale

Per generare nuovo valore si ritiene che le organizzazioni debbano possedere una forte attitudine al mutamento non solo di prodotti e strutture, ma anche di strategie e di cultura. Ciò a causa del cambiamento nel comportamento del consumatore il quale, si comporta, infatti, in modo instabile e non più secondo atteggiamenti prevedibili.

La soluzione migliore per rendere flessibile una struttura è rendere flessibili le risorse umane che devono farsi interpreti dei mutamenti esterni. Questo ha portato alla nascita della lean organization13 che permette:

 una maggiore e più generalizzata flessibilità operativa con forme di trasferimento della responsabilità;

 un adeguato sistema informativo capace di collegare clienti e fornitori;  una riduzione dei livelli gerarchici;

 lo sviluppo di team work;  un decentramento decisionale;

 una riduzione e uno smobilizzo dei costi fissi come spese di locazione, luce, gas, telefono e imposte.

Tutto questo consente di far funzionare l’organizzazione in modo adeguato poiché, la lean organization mira alla massima valorizzazione della professionalità e creatività del capitale umano a tutti i livelli, orientandolo verso la soddisfazione del cliente.

Per questo, nasce nelle risorse umane uno spirito di self organization, ossia la capacità dei membri di un’organizzazione di assumere liberamente

13 Lean Organization definita da Richard Daft come un sistema che: “utilizza personale

altamente specializzato in ogni stadio del processo produttivo, adottando un approccio scrupoloso ai dettagli e alla soluzione dei problemi per ridurre lo spreco e migliorare la qualità. Essa incorpora elementi tecnologici ma ruota soprattutto intorno alle persone e non a macchinari o software. Richiede cambiamenti nei sistemi organizzativi, nuovi processi gestionali e decisionali e una cultura organizzative che supporti l’attiva partecipazione dei dipendenti in un’ottica di qualità e focalizzazione sul cliente.” Cfr R. L. Daft, Organizzazione aziendale, Milano, Apogeo, 2009 pp. 232-233

(36)

36

decisioni e di comportarsi secondo un asset di valori condivisi. Essa consiste nell’abilità di autorganizzarsi rapidamente grazie anche ad una diminuzione del controllo esercitato dai manager che si orientano verso l’ascolto delle persone sul posto di lavoro e l’ascolto dei loro suggerimenti, favorendo così una cultura dell’attenzione nella quale le persone sono altamente sensibili nei confronti dei bisogni dell’azienda14

. Infatti, secondo Giovanni Padroni:

La creatività e l’innovazione sono ritenuti motori in grado di assicurare un successo stabile. Proprio mediante l’empowerment, presente con caratteri di spontaneità informale nella piccola media dimensione, può realizzarsi un avvicendamento del lavoro subordinato al lavoro autonomo, si favoriscono opportunità professionali interne, la carriera si muove su traiettorie di sviluppo orizzontale e l’acquisizione di competenze.15

Inoltre, un secondo aspetto che determina un’organizzazione sempre più snella è quello dell’outsourcing16, ossia l’esternalizzazione a una terza azienda di alcune attività produttive complementari considerate non strategiche per l’esercizio dell’attività d’impresa.

Ultimamente il ricorso all’outsourcing riguarda anche le figure professionali per cui l’esternalizzazione concerne compiti a carattere progettuale organizzativo e di controllo17.

La delocalizzazione di fasi del processo produttivo o del personale, consente così la creazione di un’organizzazione flessibile che risponde in modo proattivo e veloce ai cambiamenti del consumatore sempre più dinamico e imprevedibile.

L’impiego di lavoratori esterni e professionali permette di conseguire una flessibilità ed una diminuzione dei costi fissi rispetto all’auto-produzione degli stessi beni e servizi al fine di raggiungere l'obiettivo del rinnovamento e del contenimento dei costi in risposta ai rapidi mutamenti del mercato.

14

G. Padroni, Organizzazione dei beni culturali, Pisa, Il Borghetto, 2012, p. 127

15

Ivi,p. 141

16 Il termine deriva, per contrazione, dall’inglese outside resourcing ossia reperire risorse

all’esterno, questo il significato e anche lo scopo principale di tale pratica manageriale che ha come scopo quello di commissionare un’azione o un intervento a un’impresa estera alla propria.

17

Bartezzaghi, E., Guerci, M., & Paoletti FG (2008). L'outsourcing dei processi di gestione del personale. Sviluppo e Organizzazione, 226(Marzo/Aprile), 30-43.

(37)

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Secondo Angela Domenici un altro elemento non trascurabile che deriva dai benefici di un servizio in outsourcing è la «trasformazione del rapporto datore di lavoro-dipendente in mandante-committente, dove il datore di lavoro diventa cliente e la relazione gerarchica il servizio al cliente.

Questo nuovo rapporto rappresenta un grande cambiamento culturale rispetto al ricorso alle risorse interne che si ripercuote direttamente sulla qualità del servizio erogato.

L’outsourcer è pagato in funzione dei servizi erogati; di conseguenza l’attività chiave risulta essere il controllo esteso di tutte le voci di servizio prestate, favorendo in tal modo la trasparenza ed il controllo della prestazione». 18 La novità risiede nel fatto che, nel lavoro con il fornitore di personale in

outsourcing, si debbano condividere valori e risultati al fine di scegliere

risorse umane conformi ai propri standard.

Se si vuole migliorare la relazione con i clienti e costruire un servizio di qualità, nessun dipendente in outsourcing dovrebbe essere considerato in modo diverso dagli altri poiché transitorio.

Soprattutto nel comparto alberghiero si esternalizzano i servizi di gestione del personale, della pulizia camere, di lavanderia garantendo un notevole risparmio economico poiché è l’azienda che fornisce il personale a pensare alla ricerca, alla selezione e alla formazione delle risorse umane permettendo all’albergatore di risparmiare altro tempo.

Alcuni tra i vantaggi dell’outsourcing alberghiero possono essere così riassunti:

 Formazione del personale non più di competenza dell’albergatore , ma della società che offre il servizio di outsourcing che si occupa non solo di ricerca e selezione, ma anche di formazione del personale.

 Controllo e qualità garantiti poiché l’ outsourcing alberghiero spesso è certificato ISO 9001. Grazie a uno staff di esperti, durante ogni processo lavorativo, le attività vengono monitorate al fine di offrire un servizio caratterizzato da standard qualitativi elevati, secondo i parametri ISO 9001. Questa norma, stabilisce per l’outsourcing i

18

A. Domenici, Gestione del personale in outsourcing: una nuova opportunità per le PMI,Ticino business, n. 4, , 2004, pp. 34-35

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38

relativi processi affidati all’esterno, in base a precisi criteri come la qualifica del fornitore, la capacità di controllo, la criticità, etc.

 Sistema network: partnership e accordi commerciali garantiscono alle strutture alberghiere l'accesso a un network di imprese con cui interagire e stabilire canali preferenziali su tutto il territorio al fine di ricercare il contenimento dei costi e il miglioramento dei servizi.

 Tutela legale e sindacale: vengono offerti servizi di tutela in ambito legale e sindacale, relativi a eventuali problemi di gestione del personale.

Perciò si passa dalla prevedibilità alla probabilità perché se il prodotto o il servizio fossero assemblati dalla solita azienda, a mutamenti della domanda essa dovrebbe adeguarvi la tecnologia e le risorse sia umane che finanziarie. Questo non accade se l’organizzazione mette insieme e riunisce parti del prodotto o servizio realizzate da altri operatori.

Si ritiene, quindi, che le aziende debbano avere la capacità di organizzarsi rapidamente perché l’importante è riuscire a cambiare prima di essere costretti a farlo in tempi brevi e concisi.

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39

1.7.2. Evoluzione dell’Information and Communications Technology (ICT)

Il progresso tecnologico applicato alla circolazione, allo stoccaggio e al trattamento dei dati d’informazione e di transazione, determina una modifica delle dimensioni spazio-tempo sulla gestione della transazione turistica. Queste innovazioni hanno portato ad un’evoluzione delle procedure collegate all’accoglienza e al management dell’offerta turistica.

Parallelamente sono cambiate anche le abitudini e i comportamenti dei consumatori di beni e servizi turistici. Il 41% dei clienti presenti nelle strutture turistiche nel 2012 ha prenotato tramite l’uso di Internet, dato in crescita rispetto all’anno precedente19

.

Lo sviluppo, quindi, delle nuove tecnologie dell’informazione ha introdotto tre cambiamenti principali: il primo riguarda una capacità di risposta più obiettiva delle fasi dell’accoglienza da parte dell’operatore; il secondo, concerne un miglior accesso del cliente alle informazioni collegate al suo progetto turistico (Internet, centri d’informazione e di prenotazione) al fine di ottimizzare la gestione delle relazioni tra soggetti dell’offerta e quelli della domanda. Il terzo, invece, riguarda la relazione tra le diverse funzioni organizzative impegnate nella gestione dei prodotti turistici di singole organizzazioni.

La convergenza tra i nuovi media e le ICT ha determinato la nascita di uno spazio comunicativo multiforme e differenziato con ottime potenzialità per il settore turismo e viaggi, in quanto oggi i contenuti delle informazioni possono essere veicolati al consumatore finale in modo differente rispetto ai tradizionali media. Inoltre, attraverso la rete, si possono apprendere informazioni su un turista che ha prenotato perché inserito in una mailing list attraverso la quale si può raggiungere il consumatore con altre proposte o informazioni anche utilizzando i mezzi tradizionali.

Da ciò deriva che gli intermediari tradizionali sono stimolati, a causa della presenza di prodotti turistici sulla rete, a ridefinire il proprio ruolo.

19

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40

A tale proposito sono nati nuovi intermediari turistici web-based che operano attraverso un sito web consentendo, non solo la ricerca di informazioni, ma anche la prenotazione online.

Il settore turistico è quindi il campo in cui gli sviluppi di’internet e del commercio elettronico (e-commerce) hanno trovato maggior successo e applicazione. Il prodotto turistico è complesso per cui presenta le caratteristiche ideali per il commercio elettronico.

In Italia, però, ci sono molte piccole e medie imprese che sono caratterizzate da una gestione di tipo familiare. Quindi, le risorse umane che operano in tali organizzazioni sono prive di necessarie conoscenze tecnologiche ma anche di risorse finanziarie e umane idonee allo sviluppo delle nuove tecnologie. L’evoluzione delle figure professionali nel settore ICT si è, infatti, adeguata alle esigenze ed alle nuove tecnologie esistenti sul mercato.20

Di conseguenza, emergono nuove figure professionali in un mondo che, essendo sempre più digitalizzato, finisce con lo spingere l’individuo a essere più “connesso”.

Per questo, c’è bisogno di web manager, internet programmer, del system administration, e-commerce specialist e del reputation manager che scandaglia la rete per analizzare i commenti degli utenti.

Si considera pertanto che gli operatori turistici debbano attentamente valutare le rilevanti opportunità offerte dalla rete, la quale costituisce non solo un canale di vendita e di approvvigionamento, ma anche uno strumento per mettersi in relazione con i consumatori e comprenderne le esigenze.

Il grande sviluppo e diffusione della telefonia mobile che integra videocamera, GPS, accesso a Internet, rende conveniente la nascita di tecnologie innovative che abilitino il telefono cellulare ad essere un vettore per la diffusione di informazioni e servizi turistici che sostituiscono quelli precedenti (guide cartacee, audio guide e navigatori).

Alcune imprese, infatti, sono riuscite a sfruttare le potenzialità offerte dalla tecnologia per offrire modelli di business innovativi basati sul più attivo

20

Ebinter, (a cura di) Dario Campeotto, Alfonso Miola, Giorgio Rapari, Franca Salis-Madinier, Le nuove professioni nel settore terziario. Le alte professionalità nell’Ict, Romana Editrice, Roma, 2012, p.17

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coinvolgimento del cliente, sull’ampliamento della varietà di opzioni offerte e sull’attivazione di relazioni di apprendimento con il consumatore nell’ottica di accrescere il livello di personalizzazione dell’offerta.

Appare chiaro perciò, come l’evoluzione delle professioni nell’ICT permetta alle strutture turistiche non solo di avere una relazione diretta con i clienti, ma anche di offrire un servizio migliore in termini di efficienza, comodità e personalizzazione.

In conclusione, essere abili nell’utilizzo delle nuove tecnologie e della rete è necessario per intercettare quel segmento di clienti che prenota le proprie vacanze attraverso tale canale; per questo che sono nate nuove professioni che coniugano la passione per i viaggi a quella per le nuove tecnologie.

Figura

Tabella orientativa per la comprensione delle professioni trattate
Fig. 15 Struttura organizzativa di un’agenzia di grandi dimensioni dotata di più punti vendita.

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