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Il social banking: stato dell'arte e prospettive

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Academic year: 2021

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Introduzione

Capitolo 1 I social media 1.1 Il Web 2.0

1.2 Le tipologie di applicazioni del web 2.0 1.3 Verso il Web 3.0

1.4 La diffusione dei Social Network

1.5 Breve storia dei social media nelle aziende 1.6 L'influenza della Rete nella comunicazione 1.7 Gli organismi sociali

1.8 L'integrazione dei social all'interno delle aziende 1.9 Fallimenti nell'uso dei Social Media

1.10I Social media e la comunicazione

1.11Social business: obiettivi, benefici e rischi dei social media Capitolo 2 L'uso dei Social Media in Banca

2.1 Introduzione dei social media nel settore finanziario 2.2 Il cliente bancario diventa social

2.3 L’impatto della diffusione dei social network sul business delle banche 2.4 Dalla multicanalità alla omnicanalità

2.5 Opportunità di utilizzo dei Social Network nelle banche 2.6 L'implementazione dei social media all'interno delle banche 2.7 I cinque modi per organizzare il social business

2.8 Come aumentare l'engagement nei social media: il viral marketing e la gamificazione

2.9Valutazioni e recensioni: come le banche dovrebbero usarle 2.10Ridisegnare i prodotti finanziari nell'era dei social network 2.11Sviluppare conoscenze tramite le Social Analysis

2.12Come misurare i social media 2.13Criticità

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Capitolo 3 Analisi del social banking in Italia e all'estero 3.1 L'approccio utilizzato nella analisi

3.2 Analisi delle banche italiane

3.3 Esempio di calcolo del Social Media Roi 3.4 Quali prospettive

3.5 Esempi concreti di utilizzo dei social network

3.6 Il confronto internazionale: i social media nel mondo Considerazioni conclusive

Ringraziamenti Bibliografia

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Introduzione

Il presente lavoro di tesi ha lo scopo di mettere in evidenza, attraverso diverse prospettive, l'influenza che i social media hanno avuto negli ultimi anni sulle banche ed il loro rapporto con i clienti: l'importanza dei social media e la forte diffusione che questi hanno ottenuto negli ultimi anni ha fatto in modo che anche le banche, come altre realtà, guardassero con attenzione al modello sociale, comunicativo e mediatico da essi proposto. Per raggiungere questo obiettivo, ho iniziato con il presentare il mondo dei social media. Nel primo capitolo, dunque, ho cercato di descrivere innanzitutto quali cambiamenti hanno portato alla diffusione globale di questi strumenti per poi presentare le più importanti e popolari piattaforme social. Facebook, Youtube, Twitter per citarne solo alcuni, grazie alle caratteristiche tipiche dei social media, non sono solo entrati nella vita di tutti giorni di milioni di persone ma si sono diffusi anche all'interno delle aziende di tutto il mondo. Proprio su quest'ultimo aspetto è proseguito il primo capitolo: come le aziende hanno integrato al proprio interno con successo e non i social media e come sono cambiate dando origine ad "organismi sociali".

Se nella prima parte della tesi mi sono soffermato in modo generalizzato sul fenomeno dei social media e sulle aziende, la seconda e terza parte della tesi sono incentrate sul rapporto delle banche con i social media. In particolare il secondo capitolo cerca di spiegare con quale intensità il settore bancario si stia adattando ai social media e alle conseguenze che ha comportato la loro diffusione. In primis, quindi nel secondo capitolo è stata descritta la "nuova" clientela bancaria generata dai social media: la possibilità di scambiarsi opinioni ed esperienze tramite queste piattaforme nonché la capacità di reperire informazioni ovunque ed in qualsiasi momento attraverso il web ha di fatto influito sul comportamento dei clienti. La rivoluzione digitale portata dall'evoluzione del web, infatti, sta modificando il profilo della clientela bancaria, oggi più attenta, informata e consapevole. Tale evoluzione costringe perciò le banche a doversi adattare a nuovi modelli di comunicazione: si è passati da un modello di comunicazione uni-direzionale dove i clienti subivano passivamente il messaggio a un modello di comunicazione laterale dove gli utenti scambiano e condividono tra loro contenuti. I Social Media non influenzano soltanto i modelli di comunicazione ma influiscono anche sul canale distributivo del settore bancario. Nasce così il concetto di omnicanalità: un’evoluzione della multicanalità che introduce la nozione di uniformità di

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esperienza attraverso tutti i canali a disposizione degli utenti (sportello, sito web istituzionale, call center, internet banking, mobile banking, social network e community online) per migliorare la customer experience. Sempre nella seconda parte della tesi vengono messe in evidenza le moltiplici opportunità di utilizzo dei social network da parte delle banche e i numerosi benefici che ne possono trarre. Per poter però sfruttarle al meglio è necessario implentare in modo corretto i social media all'interno della banca; in tal senso ho cercato di illustrare delle possibili regole da seguire nel processo di integrazione e delle possibili formule organizzative di cui le banche possono avvalersi per divenire a tutti gli effetti una organizzazione sociale.

Il terzo ed ultimo capitolo si apre con l'analisi di un campione di 20 banche italiane quotate. L'obiettivo di tale analisi è cercare di capire come il settore bancario si stia adeguando alla diffusione dei social media, in relazione anche a quanto detto nel capitolo precedente. I dati ottenuti dall'analisi sono stati quindi rielaborati secondo questa ottica e attraverso l'utilizzo di specifici KPI è stato possibile giudicare parzialmente le iniziative intraprese dalle banche. Tale analisi è stata condotta sulle principali piattaforme social e in particolare sul social network Facebook, per un periodo intercorrente tra il 18 dicembre 2014 e il 7 aprile 2015. Successivamente nel capitolo vengono presentate le prospettive future e gli scenari più probabili attinenti al futuro del social banking nonché dei possibili esempi concreti di utilizzo dei social media all'interno della banca. Infine la terza ed ultima parte della tesi si chiude con uno sguardo a casi di banche internazionali già affermate nell'ambito del social banking. Questi istituti bancari hanno beneficiato dell'utilizzo dei social media ottenendo un importante vantaggio competitivo e tracciando la strada nell'utilizzo di tali strumenti.

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Capitolo 1 – I social media 1.1 Il Web 2.0

Negli ultimi venti anni abbiamo assistito ad una vera e propria rivoluzione tecnologica, principalmente riguardante l'evoluzione del Web e la conseguente nascita dei social media. Il web è diventato un fenomeno di massa che ha cambiato i modi di agire e di pensare delle persone. E' entrato a far parte della nostra quotidianità e delle nostre abitudini, ci raggiunge e ci coinvolge in qualsiasi luogo siamo, anche grazie a strumenti tecnologici di tipo mobile, sempre più diffusi. Permette a milioni di persone di scambiarsi informazioni, di comunicare e di creare contenuti da qualsiasi parte del mondo. La globalizzazione dei sistemi economici, sociali e soprattutto informativi, ha permesso la nascita del Web 2.0, che ha completamente cambiato il modo di agire e di pensare, sia della singola persona che delle aziende. Il creatore di questo concetto è Tim O'Reilly, il quale nel 2004 lo coniò durante un brainstorming tra lui e Media Live International. Da quel momento nacque anche la Web 2.0 Conference, dove viene analizzato lo sviluppo del web e delle sue nuove possibilità di business. Successivamente, circa un anno dopo, il 30 settembre 2005 Tim O'Reilly pubblicò un articolo What Is Web 2.0 Design Patterns and Business Models for the Next Generation of Software. (Tim O'Reilly, 2005)

Grazie a questo articolo si può capire come siano state gettate le basi del web 2.0, cosa lo differenzia dal web 1.0 e quali sono i nuovi strumenti che rappresentano e rappresenteranno il futuro della rete. Uno dei principi fondamentali sicuramente risiede nel fatto di concepire il Web come piattaforma, che si basa sulla partecipazione, sulla collaborazione e sulla condivisione. E' interessante notare come il Web 2.0 nasca dai superamenti e dall'avere una diversa concezione della piattaforma rispetto al Web 1.0. Dovendo fare infatti una differenza tra Netscape, protagonista del Web 1.0, e Google, possiamo affermare che mentre Netscape utilizzava il suo browser web come applicazione desktop, cercando di stabilire un mercato di prodotti server (a pagamento) di fascia alta, Google nasce come applicazione web nativa, non come pacchetto in vendita ma fornita come servizio open source. La cosa che stupisce di più è che Google non è considerato nè un browser nè un server, ma solo un intermediario tra l'utente e la rete. Allo stesso modo possiamo prendere come esempio un altro colosso di internet, Double Click, che a differenza di Yahoo e Google è stato limitato perchè adottava una politica secondo cui internet potesse essere dominato dai siti più importanti e non dai

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piccoli siti. La realtà però dimostra che non è così, infatti viene sposata la tesi di Yahoo e Google, ovvero quella di valorizzare i piccoli siti, che vantano già migliaia di inserzionisti. Tutto questo crea un altro principio chiave del Web 2.0 ovvero che il servizio migliora automaticamente con l'aumentare del numero degli utenti. E grazie all'intelligenza collettiva il web acquista sempre maggiore potenza. Proprio per questo motivo il fondamento del Web 2.0 diventa l'Hiperlinking, cioè quando gli utenti aggiungono nuovi contenuti e nuovi siti, questi vengono integrati alla struttura web da altri utenti che ne scoprono il contenuto e creano il link. Le connessioni del Web in questo modo crescono organicamente come risultato dell'attività di partecipazione degli utenti. Se consideriamo un documento linkato da 50 persone e uno da 20 persone, possiamo dedurre, nella maggior parte dei casi, che il primo sia più famoso del secondo e che di conseguenza abbia un potere informatico maggiore. Il page rank, termine nato e portato aventi dal più noto motore di ricerca, Google, è facilmente riconducibile al concetto di popolarità tipico delle relazioni sociali umane. Il page rank, che è appunto un metodo che utilizza la struttura dei link anzichè semplicemente la pagina web, fornisce risultati di ricerca migliori. Il metodo introdotto da Google può essere paragonato al sistema di votazione dove, chiunque abbia una pagina web, avrà diritto di voto ed esprimerà la sua preferenza attraverso collegamenti presenti nella suddetta pagina. Ai siti che hanno un page rank elevato viene attribuita una notevole autorevolezza e quindi il loro voto risulterà più influente nella determinazione del page rank dei siti ad esso collegati creando, di fatto, una gerarchia. Naturalmente il page rank non è l'unico parametro tenuto in considerazione per fornire risultati di ricerca migliori. Viene tenuto in grande considerazione anche l'esame delle caratteristiche di una pagina web, come ad esempio lo studio della frequenza delle parole in essa presenti. (Tim O'Reilly, 2005)

Un altro principio fondamentale del Web 2.0 è il cambiamento del ruolo dell'utente. Quest'ultimo passa da un ruolo passivo ad un ruolo attivo, non è più semplicemente fruitore delle informazioni. Infatti l'utente stesso elabora i dati, produce nuove informazioni e pubblica nuovi contenuti sul web con estrema facilità. Questo può avvenire sia con sistemi di editing di pagine web, quali i blog o i wiki, sia nella produzione di materiale multimediale come foto o video. Possiamo dire quindi che l'idea fondamentale è che il Web deve essere lo strumento attraverso il quale gli utenti possono scambiare conoscenze e condividere le opinioni. Sulla base di questa partecipazione attiva, anche i modelli

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multimediali si sono adattati, avvicinandosi sempre di più alla filosofia di sviluppo Open Source, dove l'utente finale non è solo un fruitore passivo del servizio ma parte integrante dello sviluppo e dell'evoluzione del servizio stesso. I siti internet perdono la loro staticità e diventano quindi qualcosa di dinamico e mutevole di fronte alle esigenze ed ai gusti di chi li frequenta. Oltre al ribaltamento del modello di fruizione da parte dell'utente, un altro concetto molto importante è quello della socialità. Con questo termine si vogliono sottolineare le conseguenze dell'effetto di networking e di sfruttamento dell'intelligenza colletiva, poichè gran parte delle applicazioni viene posta in essere proprio dalla produzione dei contenuti da parte degli utenti e dalla relativa condivisione degli stessi con il resto della comunità virtuale. I concetti di interazione, partecipazione e scambio sono alla base del Web 2.0 e ne garantiscono la sopravvivenza. Uno dei problemi riscontrati nell'era del Web 1.0 era l'organizzazione delle informazioni, poichè il metodo di classificazione utilizzato creava una struttura poco gestibile rispetto alla grande quantità di dati che venivano raccolti. L'evoluzione dl Web 2.0 ha consentito di risolvere il problema della classicazione e ricerca girando il problema all'utente stesso; egli infatti può indicizzare le informazioni con delle parole chiave, dette tag, da lui selezionate secondo le sue esigenze e preferenze. Si è quindi introdotta la folksonomia, ovvero una classificazione decretata dagli utenti che sfrutta la conoscenza collettiva della comunità in rete. Non viene più utilizzato un metodo mono-dimenzionale statico, rappresentabile tramite un albero, ma un sistema multi-dimensionale rappresentabile attraverso una nuvola chiamata tag cloud. Per questo l'utente può classicare e ricercare contenuti secondo proprie parole chiave, condividendo le stesse e creando conoscenza condivisa sia sui contenuti sia sulle modalità. Una conseguenza della folksonomia è la nascita di siti web che aiutano gli utenti nella ricerca di informazioni, essa infatti raccoglie segnalazioni di notizie o contenuti ritenuti rilevanti da parte degli utenti. In sostanza l'utente non viene più bombardato da informazioni, ma mette in atto una selezione rispetto a contenuti già condivisi da altri utenti e potenzialmente interessanti per lui.

Come detto in precedenza, la diffusione del Web 2.0 è stata favorita da un radicale cambiamento delle abitudini degli utenti di Internet e del mondo in generale. In particolare, negli ultimi tempi, si è visto il consolidamento di:

- Nuovi modelli sociali. I contenuti che vengono creati dagli utenti sono validi tanto quanto quelli proposti dai media tradizionali, e nel contempo si ha anche la formazione e la crescita

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di reti sociali ad alta velocità.

- Nuovi modelli di business: i software vengono ormai usati come servizi, il marketing è ormai guidato da un effetto rete virale.

- Nuovi modelli tecnologici: internet diventa la piattaforma di sviluppo e i servizi sono utilizzati insieme ai dati.

Per raccogliere tutti gli aspetti più importanti che coinvolgono il Web 2.0 possiamo articolarli come segue:

- Architettura della partecipazione: facendo leva sugli effetti di networking rende semplice agli utenti aggiungere valore ai software con i propri contributi e quindi viene sfruttata l'intelligenza collettiva nell'arricchimento dei contenuti;

- Nuova classificazione dei dati: i dati sono l'elemento distintivo del Web 2.0, la cui organizzazione all'interno di un'applicazione è fondamentale per risultare competitivi. Ciò signica che avere una strategia delle informazioni è più rilevante che avere una strategia di prodotto;

- Innovazione nell'assemblazione: una strategia di piattaforma nel Web 2.0 comporta la progettazione di servizi in grado di essere facilmente utilizzati da chiunque grazie al rilascio delle API (Application Programming Interface);

- Arricchimento delle esperienze degli utenti: dalla pagina statica tipica del Web 1.0, si è giunti alla creazione di Rich Internet Application (RIA) in grado di creare l'esperienza di un desktop unendola alle peculiarità del web;

- Software al di sopra di un singolo dispositivo: ovvero disegnare delle applicazioni in grado di adattare il proprio comportamento al mezzo di fruizione, permettendo all'utente di avere un'esperienza soddisfacente qualunque dispositivo utilizzi;

- Sfruttamento dell'effetto Long Tail: le nicchie di mercato ed i gruppi meno influenti hanno, all'interno della rete, lo stesso potere dei grandi numeri tanto nel senso della domanda di prodotti quanto nel campo comunicativo-informativo. Nasce perciò un sistema più democratico e personalizzato.

Per concludere i concetti espressi da O'Reilly possiamo citarne un ultimo riguardante la suddivisione delle aziende o prodotti in livelli. O'Reilly prende in considerazione due elementi: la possibilità dell'applicazione di esistere online e offline e quanto l'applicazione dipenda dall'effetto di networking e dal contributo dato dagli utenti nella generazione di

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contenuti. I livelli definiti partono dallo zero per arrivare fino a tre.

- Livello 0: comprende tipi di applicazioni che possono esistere sia online che offline. Vengono citati come esempi MapQuest, Yahoo! Local e Google Maps.

- Livello 1: comprende le applicazioni che esistono offline, ma che possiedono maggiori opzioni on-line. Un esempio può essere iTunes, un programma che permette di ascoltare la musica ma anche di poter accedere alla sezione music store per acquistare brani mp3.

- Livello 2: comprende le applicazioni che possono operare off-line, ma che guadagnano vantaggi on-line. In questo caso O'Reilly cita Flickr, che beneficia del suo database di foto condivise e di quello costituito dai tag generati dagli utenti facenti parte della community. - Livello 3: comprende le applicazioni che possono esistere soltanto online e sono definite Web 2.0 oriented. Le loro potenzialità derivano, infatti, dalle connessioni tra gli utenti ed i conseguenti effetti di networking, crescono grazie al crescente numero di persone che fa uso del servizio.

Alcuni esempi possono essere eBay, Skype, Facebook, Wikipedia, ecc. 1.2 Le tipologie di applicazioni del web 2.0

Fino ad ora abbiamo analizzato il mondo del Web 2.0 in maniera generale analizzando tutte le sue caratteristiche e i suoi vari aspetti. Adesso si vuole approfondire il discorso presentando le varie applicazioni che vengono classificate sotto il nome di "Social Media" dividendole in categorie in base alla loro funzione principale.

Multimedia file sharing

Le principali applicazioni di file-sharing sono sicuramente Youtube e Flickr.

- Youtube: E' un sito web che consente la condivisione e visualizzazione di video. È stato creato da Chad Hurley, Steve Chen e Jawed Karim, in California, nel febbraio 2005. Il primo aveva 28 anni, gli altri due 26. Karim ha spiegato che l’ispirazione gli è venuta dal seno (destro) di Janet Jackson, sbucato durante il Super Bowl 2004. Dell’insolita apparizione non si trovavano filmati online, così ha pensato: «ehi, un sito di condivisione video potrebbe funzionare». Ha funzionato.

Il 23 aprile 2005 Karim ha caricato il primo video su YouTube (Me at the Zoo, 19 secondi), nel quale spiegava che le proboscidi degli elefanti erano «davvero, davvero, davvero interessanti». Un ragazzino di terza elementare, oggi, saprebbe fare di meglio. Ma contava l’idea. Nel 2006 YouTube è stato acquistato da Google per 1,65 miliardi di dollari. Oggi è il

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terzo sito più visitato al mondo dopo lo stesso Google e Facebook.

Ogni giorno un miliardo di persone guardano 300 milioni di video; ogni minuto ne caricano 300 ore. Nel novembre 2014, scrive il «New York Times», l’83% degli utenti internet negli Usa ha guardato almeno un filmato su YouTube. In Italia le visualizzazioni sono 1,2 miliardi al mese, gli utenti unici 20 milioni: un italiano su tre, neonati e novantenni compresi. Quattro utenti su dieci hanno un’età compresa 18 e 34 anni. Gli adolescenti sono molti, ma Google Italia dice di non sapere quanti.

Cos’è successo in questi dieci anni? Questo: la piattaforma fai-da-te per appassionati di video — il motto era «Broadcast Yourself», trasmetti te stesso — è diventata uno strumento professionale. YouTube oggi produce più filmati di successo di qualsiasi studio di Hollywood. Il passaggio dall’artigianato al mercato ha creato nuovi mestieri, portato pubblicità, generato redditi, aperto questioni di diritto d’autore e censura.

L’utente medio oggi non carica video, guarda quelli degli altri. YouTube è oggi una delle forme della televisione. Un luogo nuovo dove i tradizionali produttori di contenuti — dalla Bbc alla Rai, la prima più della seconda — competono con dilettanti fantasiosi, eccentrici professionisti, microproduzioni specializzate nella compilazione, nella provocazione, nell’insolito. Tutte cose che, su YouTube, funzionano. Gli utenti oltre ad effettuare il caricamento dei propri video, possono decidere di partecipare a gruppi con cui condividere i propri filmati, interagire con persone che hanno gli stessi interessi, creare proprie playlist e confrontarsi. Oltre alle persone comuni, possono creare canali su Youtube anche aziende e persone famose che, caricando video di cui detengono il copyright, aumentano la propria popolarità. I canali ufficiali di Youtube vengono definiti partner, i principali sono:CBS, BBC e VEVO. ( Beppe Severgnini, 2015)

- Flickr: E' un sito web multilingua che permette agli iscritti di condividere fotografie personali con chiunque abbia accesso a internet, in un ambiente Web 2.0. Flickr è stato sviluppato dalla Ludicorp, una compagnia canadese di Vancouver fondata nel 2002 da Stewart Butterfield e sua moglie Caterina Fake. I due coniugi dirigevano una start up di giochi on line a Vancuver, British Columbia, e proprio uno degli addetti alla programmazione di questa start up ha progettato il primo tool che poi diventerà Flickr che noi tutti conosciamo.

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diventato una delle community di foto sharing più grande del web. Caterina Fake ha più volte dichiarato: “Se ci fossimo seduti e avessimo deciso a tavolino di dar vita ad una applicazione di foto sharing avremmo fallito, avremmo sicuramente fatto troppi passi falsi”. Quindi, secondo la co-founder del servizio, la casualità è stata la fonte di tutti i successi di Flickr. Più che la casualità, a dettare i ritmi esponenziali del servizio di foto-sharing è stata la competenza di chi lo ha progettato e gli ha dato il taglio che ha. (Giorgio Marandola, 2008 )

In poche parole:

- Grafica eccellente, minimale, non invasiva, chiara e semplice, così da non distogliere l’utente finale dal prodotto al centro del sito, le foto;

- Semplicità di utilizzo;

- Logo e colori pienamente distinguibili;

- Widgets e integrazioni con servizi di terze parti, così da creare una circolazione del brand attraverso gli utenti;

- Investimenti pubblicitari mirati;

La Ludicorp, non ha mai rilasciato il videogame su cui stava lavorando, ma è stata acquistata da Yahoo dopo poco tempo dalla creazione di Flickr e tutto il suo staff è stato trasferito a Sunnyvale, in California. Il traffico di Flickr è cresciuto esponenzialmente del 448% aggiudicandosi 3.4 milioni di visitatori da Dicembre 2004 allo stesso mese del 2005, secondo l’agenzia Nielsen/NetRatings. Dopo l’acquisto da parte di Yahoo, il sito è passato da 250.000 utenti registrati a più di 2 milioni, con la bellezza di 100 milioni di foto condivise. Perfino Chad Hurley, CEO di YouTube, è diventato un fan di Flickr, ed imputa il successo del sito alla sua funzionalità base che, “ha risolto il problema di molti utenti internet, come condividere efficacemente le foto”. Ed è da osservare come questo è il motivo per cui è stato fondato il sito YouTube, permettere agli utenti di condividere video che altrimenti non sarebbero potuti circolare tramite mezzi più convenzionali ( ovvero 1.0 ) quali la webmail.

Le innovazioni di Flickr rispetto agli altri siti di foto-sharing possono essere riassunte in: - Gli amici possono controllare le foto appena postate attraverso la funzionalità di ricerca ed aggiungere commenti e note;

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account Flickr;

- Il sistema di tag che permette l’aggiunta di “tags” così da rendere le foto più facilmente trovabili;

- L'aspetto socializzante con tutte le caratteristiche di una community, ovvero l'opportunità di condivisone, aggregazione e divertimento.

Anche se il co-founder Stewart Butterfield ama ricordare che la più grande innovazione di Flickr è stata quella di riconoscere la natura sociale della fotografia.

Uno degli esecutivi di Yahoo, Bradley Horowitz, in proposito ci ricorda che Flickr è stato acquisito da Yahoo ed in seguito a ciò non è mai stato promosso nella homepage Yahoo.com, riconoscendo al passaparola un valore molto più remunerativo che non il solito modus operandi pubblicitario. Ed è stato così: non c’è mai stato un link sulla homepage del motore di ricerca, e Flickr ha mantenuto la sua indipendenza fino a divenire il colosso che è adesso. (Giorgio Marandola, 2008 )

Creazione di contenuti

- Il Wiki: è un spazio web che permette di sviluppare contenuti in modo collaborativo e partecipativo. Wiki significa “veloce” in hawaiano. Il termine è stato coniato nel 1995 dal programmatore Ward Cunningham per indicare un sistema editoriale –wikiwikiweb-caratterizzato dalla possibilità data agli utenti di collaborare alla creazione dei contenuti. La modifica dei contenuti è aperta e libera, ma viene registrata in una cronologia permettendo in caso di necessità di riportare la parte interessata alla versione precedente; lo scopo è quello di condividere, scambiare, immagazzinare e ottimizzare la conoscenza in modo collaborativo. Il termine wiki indica anche il software collaborativo utilizzato per creare il sito web. Nei wiki tradizionali, ci sono tre rappresentazioni per ogni pagina: il codice HTML, la pagina che risulta dalla visione di quel codice con un browser web ed il codice sorgente modicabile dagli utenti, dal quale il server produce l'HTML. Quest'ultimo formato, noto come wikitext, è scritto in un linguaggio di markup semplicato il cui stile e la cui sintassi variano tra le implementazioni. Il successo di un sistema wiki è dato sostanzialmente da:

1. facilità con cui una singola informazione può essere modificata o cancellata dai partecipanti;

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volontariamente o meno in modo errato un articolo;

3. il sistema non è di tipo real-time quindi l'utente può riflettere, informarsi prima di apportare modifiche;

4. non necessita alcuna installazione di software e quindi risulta accessibile ovunque; 5. si viene a formare uno spirito comunitario che giova al sito.

La comunità wiki si può dividere in 3 tipologie di utente:

1. WikiGnome: una persona che contribuisce positivamente ad un wiki attraverso piccole modifiche e aggiunte, rendendosi utile pur restando in genere nell'ombra;

2. WikiFairy: una persona che collabora positivamente dedicandosi in particolare ad abbellire le pagine di un wiki;

3. WikiGremlin: una persona che produce danni con le proprie modifiche.

Il wiki più importante e conosciuta è Wikipedia, un’enciclopedia online – lanciata nel 2001 da Jimbo Wales - elaborata e scritta in modo aperto, potenzialmente da tutti gli utenti della rete che possono aggiungere e scrivere nuovi voci, modificare, correggere o integrare le voci già esistenti. Wikipedia è resa unica dal fatto che dà la possibilità a chiunque di scrivere quello che sa, dando l'occasione di fornire delle informazioni gratuitamente a chiunque abbia la voglia o il tempo di leggerle. In Wikipedia la veridicità delle informazioni è garantita dagli utenti stessi e, nonostante l'enorme numero di utenti di cui dispone, diverse volte i suoi contenuti sono stati oggetto di manomissioni o scherzi. Questo dimostra i potenziali pericoli e le manomissioni di cui possono essere oggetto le piattaforme wiki. (Dipartimento della Funzione Pubblica, 2015)

- Google Drive: è un servizio, in ambiente cloud computing, di web storage e sincronizzazione online introdotto da Google il 24 aprile 2012, che permette il file hosting, file sharing e editing collaborativo di documenti, inizialmente, fino a 5 GB; da ottobre 2013 fino a 15 GB gratuiti (inclusivi dello storing di Gmail e delle foto di Google+) estendibili

fino a 16 TB in totale. Google Drive è un'applicazione online gratuita che consente agli

utenti di creare e lavorare su documenti di testo simili a Microsfot Word e su fogli elettronici simili a Microsoft Excel. L'utente può decidere con chi condividere i propri documenti e fogli di lavoro e può collaborare con altri utenti ad uno stesso progetto. Le persone invitate a collaborare possono aggiungere altri collaboratori fino a raggiungere la capienza massima definita per ogni foglio di lavoro. Una delle caratteristiche più importante

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è quella che dà la possibilità di accedere da qualsiasi computer ai documenti o fogli elettronici. La piattaforma consente il salvataggio di tutti i dati on-line, senza alcun bisogno di effettuare il download dei file in locale. (Wikipedia,2015)

- Blog: Il termine blog deriva dalla contrazione di “web” (letteralmente, “ragnatela estesa sul mondo”) e “log” (nome di file generati da sistemi operativi e da programmi per registrare le operazioni da essi compiuti) e può quindi essere tradotto con l’espressione "diario di bordo in rete”. Il blog è un sito dove l'autore scrive degli articoli che vengono poi visualizzati in ordine cronologico inverso, a partire dal più recente fino al più vecchio. La struttura del sito è solitamente costituita da un programma di pubblicazione guidata che consente di creare in maniera molto semplice delle pagine web, a cui è associato un "permalink", ossia un link che punta direttamente all'articolo in questione, corrispondente agli articoli che vogliamo rendere pubblici. I permalink sono molto importanti perchè una volta assegnati, identificheranno in maniera univoca e permanente il contenuto in ogni possibile citazione che verrà fatta al di fuori del proprio blog. Rispetto a un normale periodico cartaceo, il blog si caratterizza per la spiccata presenza di un individuo e delle sue preferenze di scelta e di giudizio. Rispetto al puro passaparola, invece, il blog può contare su tutte le risorse della Rete (link al sito dell’editore, ad altri commenti e fonti). Tuttavia dal passaparola il blog ha ereditato la necessità del coinvolgimento relazionale nel passaggio della notizia, che non è più solamente «trasmessa» (cosa che caratterizza i broadcast media e che rende l’utente uno «spettatore»), ma condivisa in contesti di relazioni, sebbene esse siano «virtuali». Quella della «piazza» e della comunicazione spontanea resta una buona immagine esplicativa del fenomeno. Tuttavia ogni paragone (col giornale, il passaparola, il diario…) è insufficiente: il blog può essere ciascuna e tutte insieme queste cose, ma è anche radicalmente «altro». Un diario è sempre un diario, e un giornale è sempre un giornale, mentre il blog non prevede uno stile uniforme: a un post rappresentato da una cronaca obiettiva può seguirne un altro che è una pura espressione emotiva o la citazione di qualche pagina di un romanzo. Oltre alla tipologia di blog classica, costituita da testi ed ipertesti, esiste anche il Vlog, o Videoblog, che si presenta in formato video. Il post che viene pubblicato dal blogger può essere visionato e commentato in forma anonima o dichiarata da altri utenti. In questo modo si generano delle conversazioni, la cui evoluzione può essere gestita dal meccanismo dei feed RSS. Il RSS (Really Simple Syndication) è uno dei più

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popolari formati per la distribuzione di contenuti Web e per la presentazione degli stessi sotto altre forme; esso è basato su XML (eXtensible Markup Language), da cui ha ereditato la semplicità, l'estensibilità e la flessibilità RRS. RSS definisce una struttura adatta a contenere un insieme di notizie, ciascuna delle quali è composta da vari campi (nome autore, titolo, testo, ecc). Quando vengono pubblicate delle notizie in formato RSS,la struttura viene aggiornata con i nuovi dati. Essendo un formato predefinito, qualunque lettore RSS potrà presentare in una maniera omogenea notizie provenienti dalle fonti più diverse. Il grande successo di questo formato lo portò ad essere adottato progressivamente dalla comunità dei blogger, permettendo l'esportazione dei post. La popolarità dei blog è una delle ragioni principali del successo di RSS: migliaia di weblog iniziarono a produrre contenuti in RSS ed iniziarono a proliferare siti che raccoglievano una selezione di post dai blog più seguiti e programmi per fruire i contenuti di un blog direttamente sul proprio desktop.

(Corrado Marchi, 2006) I social network

I Social network possono essere definiti come delle piattaforme web o dei web based services che hanno come principale funzione d’uso quella di ricreare online il network delle relazioni esistenti nel mondo reale. Un social network è in pratica, una struttura sociale composta da individui (o organizzazioni) chiamati “nodi”, che sono collegati da uno o più tipi di interdipendenza, come amicizia, parentela, conoscenze o prestigio, ma anche da dati anagrafici quali scuole frequentate, circoli sportivi e fan club e banalmente luogo ed anno di nascita. I nodi costituiscono i singoli attori all’interno delle reti e le relazioni presenti tra loro sono i legami. Ogni utente è il centro della propria rete e al contempo nodo di altre reti. Come rilevano le ricercatrici americane Danah Boyd e Nicole Ellison, vi sono tre caratteristiche principali idonee a descrivere un social network: (Vincenzo Cosenza, 2014)

– la presenza di uno «spazio virtuale» in cui l’utente può costruire ed esibire un proprio profilo. Il profilo deve essere accessibile, almeno in forma parziale, a tutti gli utenti dello spazio;

– la possibilità di creare una lista di altri utenti con cui è possibile entrare in contatto e comunicare;

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connessioni degli altri utenti.

Più in generale i Social Network rappresentano un nuovo modello di interazione tra gli utenti della rete basato sul continuo confronto, la libera partecipazione e lo scambio tempestivo di informazioni e contenuti (foto, link, documenti, ecc.).

Ciò che differenzia i social network dai media come chat, forum ecc. è la capacità di rendere visibile e utilizzabili le proprie reti sociali. Infatti attraverso di essi è possibile identificare opportunità personali, relazionali e professionali altrimenti non evidenti immediatamente. Rispetto al web 1.0, caratterizzato dal concetto di community, la quale tendeva ad aggregare un gruppo di persone intorno ad un interesse comune, il social network è uno strumento condiviso che abilita e facilita le relazioni attraverso una moltiplicità di strumenti a disposizione degli individui. In questo senso il social network rispecchiano la natura partecipativa del web 2.0 e rappresentano una nuova fase della socializzazione in rete in quanto ribaltano la modalità d'approccio al web; essi infatti non mirano alla semplice presenza, ma anche all'atto del connettersi. I social network sono gli strumenti che per antonomasia consentono di esprimere appieno la natura di internet come rete di telecomunicazione in grado di collegare tra loro persone anche molto distanti fisicamente. Internet ha amplicato e reso accessibile a tutti la possibilità di sfruttare in maniera esponenziale il social networking, ed in questo modo sono nati molti tipi di social network. Il loro funzionamento è molto semplice: una volta registrato, ciascun utente spontaneamente o su invito di un altro membro costituisce il proprio profilo con informazioni personali a sua discrezione. Una volta creato il profilo, l'utente può creare la sua rete virtuale, invitando a farne parte i propri amici, i quali in una sorta di contagio virale faranno lo stesso, ottenendo un allargamento indiretto della cerchia ci contatti. Di seguito si può trovare una descrizione dei più conosciuti ed utilizzati.

- Facebook

Facebook fu messo online il 4 febbraio 2004 con il nome "The Facebook" dal diciannovenne Mark Zuckerberg. L'obiettivo era creare un social network esclusivo (inizialmente si poteva accedere soltanto avendo un indirizzo di posta di Havard) e basato su identità reali, un servizio di comunicazione per rimanere in contatto con persone conosciute. Nei primi anni il merito del team fu quello di portare avanti una strategia di crescita e una execution precisa e oculata. Solo in seguito arriveranno quelle innovazioni che renderanno

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unico il social network, come l'applicazione Foto, la prima ad avere caratteristiche sociali come il tagging, e il news fedd, fondamentale per portare in superficie le novità del network di amici senza il minimo sforzo. Successivamente, l'intuizione di trasformare il servizio, in vera e propria piattaforma, in un sistema operativo in grado di ospitare applicazioni di terze parti, porrà le basi per garantire all'azienda quel fondamentale vantaggio che l'ha portata ad essere il secondo sito più visitato al mondo, preceduto solo da Google. Disponibile in oltre 70 lingue, nel maggio 2013 contava circa 1,1 miliardi di utenti attivi che effettuavano l’accesso almeno una volta al mese, classificandosi come primo servizio di rete sociale per numero di utenti attivi. (Marketing and sales innovation – https://marketingandsalesinnovation.wordpress.com/statistiche-sulle-reti-sociali/).

Nel maggio del 2012 Facebook si è quotato sulla Borsa di New York.

Il fenomeno Facebook in Italia esplode nella prima settimana del settembre 2008, in coincidenza del ritorno degli italiani dalle vacanze. L'ipotesi che si può fare, rafforzata dagli studi sociologici che ritengono Facebook uno strumento di bonding (cioè utile a rafforzare i rapporti esistenti), è che alla fine dell'estate molti italiani si sono lasciati con la promessa di restare in contatto attraverso questo nuovo strumento di relazioni. Una volta iscritti, gli utenti sono stati catturati dai suoi meccanismi virali di scoperta di nuovi contatti, dalle sue applicazioni giocose, dalla chat interna e dal fascino di poter condividere parte della propria vita in tempo reale.

A novembre 2013 Facebook ha superato 26 milioni di iscritti italiani. Di questi 17 milioni si connettono ogni giorno e 10 milioni accedono da dispositivo mobile ogni giorno. Sono numeri impressionanti se si pensa che Audiweb rileva che nel giorno medio sono 13,9 milioni gli italiani che usano internet da desktop, mentre 8,4 milioni quelli quelli che navigano da smartphone e 3,1 milioni quelli che usano il tablet. Quindi la maggioranza degli utenti della Rete, ogni giorno, accede a Facebook. Gli italiani di sesso maschile rappresentano il 52%, mentre quelli di sesso femminile il 46% (con un 2% non classificati), un dato in controtendenza rispetto agli altri Paesi occidentali, dove il rapporto è invertito. A differenza di quanto si potrebbe pensare, gli italiani presenti su Facebook appartengono a tutte le fasce d'età. I giovani di età compresa tra i 19 e i 24 anni rappresentano solo il 18% degli iscritti e gli italiani compresi tra i 25-29 anni il 12%. Con gli anni la popolazione più anziana ha assunto un peso prevalente, sopratutto quella di età 36-45, che ora rappresenta il

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21% ossia 5,4 milioni di individui. (Vincenzo Cosenza, 2014) (KPMG, 2013) - Twitter

Twitter è un servizio gratuito di social network e microblogging che fornisce agli utenti una pagina personale aggiornabile tramite messaggi di testo con una lunghezza massima di 140 caratteri. Questi messaggi possono essere etichettati con l’uso di uno o più hashtag: parole o combinazioni di parole concatenate precedute dal simbolo cancelletto.

Twitter venne ideato durante una giornata di brainstorming tra i dirigenti dell'azienda di podcasting Odeo. Fu Jack Dorsey ad abbozzare l'idea di un servizio che permettesse di mandare messaggi brevi a piccoli gruppi. Il 15 luglio 2006 fu la data del debutto pubblico del social network asimmetrico per eccellenza. Grazie a esso ogni utente può decidere di seguire l'aggiornamenti di qualsiasi altro utente senza dover chiedere il consenso. Inoltre di default è una rete pubblica in cui i messaggi di tutti sono visibili e indicizzabili dai motori di ricerca.

Se da un punto di vista tecnologico si può considerare Twitter un vero e proprio social network, da quello comunicativo tende a contribuire allo sviluppo di processi sociali più vicini ai media broadcast come radio e televisione. La conferma della natura di mezzo broadcast e poco conversazionale di twitter giunge anche da una ricerca di Sysomos ( una compagnia di analisi dei social media), che ha scoperto che soltanto il 29% dei tweet è in grado di generare una reazione. Twitter deve parte della sua popolarità all'innamoramento dei media dovuto principalmente a due ragioni:

– la comparsa di molti personaggi dello star System, che usano lo strumento per fare Life Broadcasting, pubblicando notizie senza dover utilizzare l'ufficio stampa;

– l'utilizzo come strumento leggero di reporting sia da parte dei giornalisti professionisti sia da parte di non professionisti, testimoni di eventi difficilmente raccontabili dai mass media.

L'uso di Twitter è stato fortemente aiutato dall'attenzione che gli hanno tributato i media tradizionali, esaltato come strumento per comunicare, bypassando le censure dei regimi, o come fonte cui attingere per misurare l'interesse dei cittadini attorno grandi eventi. Il 22 febbraio 2012 ha raggiunto i 500 milioni di utenti attivi che fanno accesso almeno una volta al mese. Il numero degli utenti attivi di Twitter in Italia si sta avvicinando ai 10 milioni: è interessante notare come il 35% (3.4 milioni) lo utilizzino effettivamente (utenti attivi al

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mese). Un altro dato molto rilevante riguarda il modo in cui le persone vi accedono: il 64% degli utenti italiani attivi accede a Twitter da mobile (il dato è perfettamente in linea con quello che accade a livello globale, dove sono il 56% degli utenti ad accedere da smartphone o tablet). (Vincenzo Cosenza, 2014) (KPMG, 2013)

- LinkedIn

Nel maggio 2003 Reid Hoffman e i membri di PayPal e Socialnet.com idearono LinkedIn. Pur non essendo, in ordine di tempo, il primo social network orientato al mondo del lavoro, divenne ben presto quello più utilizzato. Da un punto di vista dell'utente, il profilo personale qui diventa il proprio curriculum vitae. Le relazioni non sono quelle amicali, ma sopratutto quelle professionali. Lo scopo è quello di intessere relazioni utili alla propria carriera. Grazie a una gestione oculata che ne ha guidato la crescita graduale, LinkedIn oggi ha solide basi: 5000 dipendenti,447 milioni di dollari di fatturato e circa 4 milioni di profitto (ultimo trimestre 2013). Gli introiti provengono da tre fonti: la tipica vendita di abbonamenti premium ( 27% delle revenue), le hiring solution ( 41%) e le marketing solution (32%). La prima tipologia di soluzioni racchiude servizi di consulenza (ìn particolare LinkedIn Corporate Solutions) e pubblicità (LinkedIn Jobs) che aiutano le aziende a individuare i migliori candidati da assumere; la seconda è pensata per offrire ai marketer nuove occasioni per entrare in contatto con partner e consumatori ( attraverso advertising, anche fai da te, sondaggi di opinione, e-mailing mirato, test di campagne su gruppi selezionati ecc.). Facendo leva su questi asset l'azienda il 19 maggio 2011 ha deciso di quotarsi al New York Stock Exchange. La sfida più complessa è, però, quella di riuscire a convincere i suoi membri a usare più frequentemente e più a lungo la rete sociale: la maggioranza di questi non visita il sito neache una volta al mese.

LinkedIn in Italia vanta circa 7 milioni di istritti (ad aprile 2014) e in prevalenza uomini(53%). Le età più rappresentate sono quelle della fascia 25-34(38%) e 35-54(37%). I 18-24enni sono il 17% e gli ultra 55enni solo l'1,8%. Nel nostro paese i settori con più addetti sono il manifatturiero (14%), l'hi-tech (10%) e i beni di consumo (10%), mentre i ruoli più rappresentati sono quelli di vendita (11%), quelli ingegneristici(9%) e l'insegnamento (9%). Dal 2009 a oggi LinkedIn è riuscito a crescere con gradualità e costanza, pur non avendo compiuto azioni specifiche di marketing sul nostro territorio. (Vincenzo Cosenza, 2014) (KPMG, 2013)

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- Pinterest

Pinterest è un social network fondato nel 2010, dedicato alla condivisione di fotografie, video ed immagini. Basato sull’idea di creare un catalogo on-line delle ispirazioni, Pinterest permette agli utenti di creare bacheche per gestire la raccolta di immagini in base a temi predefiniti o da loro generati. Gli utenti a gennaio 2012 erano 11 milioni e Pinterest è tra i 100 siti web più visitati al mondo. Pinterest è integrato e integrabile con altri social network, come Facebook e Twitter, e con i siti web. ( Social media ROI - Vincenzo Cosenza) ( Social Banking – KPMG)

1.3 Verso il web 3.0

Nonostante il web 2.0 abbia dato e stia tutt'ora dando una direzione al web, si è già iniziato a parlare del web 3.0. Con Web 3.0 si vorrebbe indicare una nuova evoluzione della rete, nella quale i dati vengono raccolti in un database, per essere utilizzati e più volte pubblicati dagli utenti. L’elemento basilare del web 3.0 è indubbiamente il "cloud computing", ossia un insieme di tecnologie che permettono, tipicamente sotto forma di un servizio offerto da un provider al cliente, di memorizzare, archiviare ed elaborare dati (tramite CPU o software) grazie all'utilizzo di risorse hardware e software distribuite e virtualizzate in Rete.

Il nuovo web dovrebbe essere inoltre in grado di rispondere ad interrogazioni complesse, avvicinandosi così al concetto di Intelligenza Artificiale, in grado di interagire con il web e di capire le informazioni in esso contenute. Le applicazioni di questo sistema rivoluzionario saranno molto leggere e non necessiteranno di potenti computer e grandi hard disk, esse sfrutteranno i social network senza appoggiarsi ad un server centrale anche per utilizzi estremamente penalizzanti dal punto di vista delle risorse impiegate, a titolo di esempio con piattaforme come Brightcove un utente con un normale pc da casa può allestire una web tv con server streaming a costi irrisori fornendo film anche in alta definizione su pc, tablet e telefoni cellulari. (Greta Giusti, 2011). Tim Berners-Lee, il co-inventore del World Wide Web, crede molto in questa terza fase di evoluzione del Web caratterizzata da un approccio semantico dove le macchine non si limiteranno ad archiviare i contenuti ma anche di capirli. Come è stato detto nei paragrafi precedenti la partecipazione dell'utente ha iniziato ad arricchire il Web con i propri contenuti d'informazione. Questo ha dato una nuova linfa vitale al Web che è cresciuto in maniera esponenziale. Questa crescita vertiginosa della informazione presente in rete ha creato alcuni problemi, uno dei più importanti consiste

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nella difficoltà da parte di un utente di reperire le informazioni precise di cui ha bisogno tra la moltitudine delle informazioni presenti nel Web. Per gli esseri umani il processo di combinare informazioni, spesso incomplete, provenienti da fonti diverse e memorizzate in formati diversi (pagine web, database, fogli elettronici, ecc.) per ottenere una risposta adeguata alle proprie esigenze è ragionevolmente semplice, anche se talvolta noioso e/o ripetitivo. Sarebbe desiderabile che le macchine potessero, automaticamente, combinare la conoscenza proveniente dalle diverse fonti ed, ancor meglio, da queste derivarne di nuova. Per superare questi limiti del Web attuale, da qualche anno, i ricercatori stanno lavorando intensamente per la realizzazione del "Semantic Web", che può essere anche definito come un'infrastruttura, basata su "metadati" per svolgere ragionamenti sul Web. Nel Web Semantico la conoscenza è rappresentata in maniera elaborabile dalla macchine e può essere utilizzata da componenti automatizzati, detti agenti semantici. I metadati sono informazioni che possono essere elaborate in modo automatico, relative alle "risorse" presenti nel Web, che vengono identicate univocamente dagli "Uniform Resource Identifier". La tecnologia di riferimento per la codifica, lo scambio ed il riutilizzo di questi metadati strutturati è la Resource Description Framework, basata su un modello molto semplice di "statement", rappresentabili come triple. Per esprimere le relazioni sulle associazioni, quindi per evitare che possano essere codicati degli statement sintatticamente corretti, ma privi di senso, è necessario un meccanismo per rappresentare classi di oggetti. Da questa esigenza nasce l' RDF Vocabulary Description Language, più noto come RDF Schema. Per poter effettuare dei ragionamenti, per definire le classi e per altre esigenze, l' RDF Schema da solo non è sufficiente ed occorre, quindi, un modo per rappresentare la conoscenza e le regole che permettano di dedurre ulteriore conoscenza: qui entrano in gioco le ontologie.

Il Web ha la caratteristica fondamentale di essere distribuito ed è inoltre necessario anche un linguaggio, che non solo consenta di esprimere dati e regole sui dati, ma anche che consenta di esportare queste conoscenze per renderle disponibili a qualsiasi applicazione. Il W3C, ente americano che sovrintende alla realizzazione del Web Semantico, ha definito per questa esigenza il "Web Ontology Language". I principali protagonisti del Web Semantico dovrebbero essere gli agenti semantici come descritto nel famoso articolo "The Semantic Web" del 2001 di Tim Berners-Lee, . In questo articolo viene presentato un esempio di cosa saranno e cosa potranno fare questi agenti in un prossimo futuro. Nell'esempio si racconta di

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due fratelli, Lucy e Pete, che devono far fare delle sedute di fisioterapia alla madre, secondo le indicazioni mediche fornite dallo specialista. Per far ciò essi si affidano a degli agenti web semantici. Questo agente, che fa parte integrante del browser dei fratelli, si collega in maniera automatica con l'agente del medico per avere i dati relativi al tipo di cure da far eseguire al centro fisioterapico. Nello stesso tempo, cerca e consulta gli agenti dei centri fisioterapici della città per trovarne uno in grado di fornire le prestazioni richieste e per combinare tra loro le disponibilità di orari di apertura del centro con i tempi liberi dei fratelli, segnati questi ultimi nelle rispettive agende. In un tempo ragionevole l'agente di Lucy, o quello di Pete, propone una soluzione, che dovrà essere valutata dai fratelli. In caso positivo, cioè se la soluzione proposta è accettata, l'agente prenota le sedute; in caso negativo, l'agente rielabora da solo il tutto proponendo una soluzione alternativa. Tutte queste operazioni, svolte dagli agenti, non possono essere svolte nell'ambito del Web tradizionale, come utilizzato finora, ma dalla sua evoluzione futura, ma anche abbastanza imminente, rappresentata dal Web Semantico. Tutto questo è dovuto al fatto che la maggior parte del Web è stata progettata per un uso da parte degli umani e non dalle macchine, che non hanno un sistema proprio per trattare la semantica. Secondo la visione di Berners-Lee non serve applicare l'intelligenza articiale a ciò, ma basta solo codicare l'aspetto semantico direttamente nelle pagine web. Anchè il Web Semantico funzioni i computer devono avere accesso a serie strutturate di informazioni e a regole di deduzione che permettano un ragionamento automatizzato. Berners-Lee illustra inoltre che la vera potenza del Web Semantico si realizzerà quando verranno creati molti programmi che raccolgano il contenuto Web da diverse fonti, elaborino le informazioni e scambino i risultati con altri programmi. La potenza di questi agenti software crescerà esponenzialmente via via che saranno disponibili sempre più pagine web leggibili da macchine e servizi automatizzati. Inoltre anche agenti che non erano progettati per lavorare assieme possono scambiarsi dati, se questi sono dotati di una semantica. Un'altra capacità ipotizzata per questi agenti è quella dello scambio di prove, scritte in un linguaggio unificato, tra agenti, al fine di controllare la veridicità delle informazioni scambiate; altra caratteristica importante è che questi agenti potranno sviluppare, nel tempo, nuove capacità di ragionamento quando scoprono nuove ontologie, queste ultime utilizzate per definire il signicato semantico dei dati, che permettono all'agente di capire i contenuti, di interagire con i siti e di usare i servizi

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automatizzati.

Questi agenti sono uno dei tre componenti su cui si basa il Web Semantico,assieme alla rappresentazione della conoscenza e all'utilizzo delle ontologie. Questi tre componenti sono infatti legati da un rapporto di dipendenza reciproco, che li sostiene ed aumenta le capacità di ognuno di essi: infatti se gli agenti semantici non hanno motivo di esistere senza una rappresentazione della conoscenza e senza l'utilizzo delle ontologie, questi ultimi, senza gli agenti, non porterebbero ad alcuna reale evoluzione della conoscenza. (Time Berners Lee -2001)

1.4 La diffusione dei social media

Al centro dell'essere umano vi è l'essere sociale. Secondo Alan Fiske, professore di antropologia presso la UCLA, "la sopravvivenza degli esseri umani, nel corso di centinaia di migliaia di anni, è stata organizzata socialmente. Nessuno di noi potrebbe vivere molto a lungo da solo. " Shelley Taylor, professore dell'UCLA della psicologia va inoltre affermando che "il contatto sociale con gli altri ha effetti sul corpo che sono più potenti del fumo di una sigaretta e del livello di colesterolo". E il professore di informatica Alfred C. Weaver all'Università di Virginia afferma che "le persone sono sempre state creature sociali; la nostra capacità di lavorare insieme in gruppo, creando valore maggiore della somma delle sue singole parti, è una delle nostre più grandi qualità ". Dal punto di vista filosofico e cultarale non c'è quindi da meravigliarsi se i social media stanno oggi prosperando e diffondendosi molto rapidamente. (Jesse Torres, 2008)

Nella diffusione dei social media, la penetrazione di internet nella popolazione ha svolto un ruolo fondamentale. Se nel 2000 erano solo poco più di 13 milioni gli italiani che utilizzavano internet, oggi sono quasi 36 milioni, con un aumento medio annuo del 9% circa. Nei prossimi anni le aspettative sono di un ulteriore incremento: nel 2016 saranno 39 milioni gli italiani con accesso ad internet. Internet sta entrando nella vita quotidiana del 30% degli italiani che utilizza la rete ogni giorno, per lavoro, per utilità personale o per svago. Gli utenti internet passano circa 4 ore e 41 minuti connessi alla rete tramite computer fisso o portatile ogni giorno. Un fattore abilitante all’utilizzo di internet è la diffusione della tecnologia mobile. Un numero crescente di utenti accede, infatti, ad internet attraverso l’uso di dispositivi mobile come cellulari/smartphone e tablet. Coloro che hanno un accesso internet da cellulare, il 47% dell’intera popolazione, vi trascorrono in media 2 ore e 13

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minuti ogni giorno solo tramite questo mezzo. Il 41% della popolazione possiede uno smartphone, che viene utilizzato dalla maggior parte degli utenti per ricercare informazioni relative alla localizzazione (92%) o sui prodotti (84%), mentre il 30% effettua anche acquisti tramite mobile. Impressionanti sono i numeri che riguardano non solo l'Italia ma tutto il mondo: si è passati dai 394 milioni di utenti nel 2000 ai quasi 3 miliardi, ovvero circa il 40% di tutte le persone sulla Terra, nel 2014. E’ la “dimensione” che ha raggiunto Internet in 14 anni. (KPMG, 2013)

Internet insieme alla diffusione di dispositivi “mobile” in grado di supportare i social network (oggi quasi tuttigli smartphone e tablet escono dalla fabbrica con le applicazioni dedicate a Facebook e Youtube) ha portato ad una crescita esponenziale sia degli utilizzatori che del tempo di utilizzo delle piattaforme social.. L’ascesa del fenomeno “Social Media” (l’adozione di massa di modalità di fruizione di contenuti e di interazione sociale attraverso strumenti di social networking o di collaborazione online) tra il 2005 e il 2010 è stata estremamente intensa ed inarrestabile. Secondo “Wave 5”, la ricerca annuale sui social media di Universal McCann, nel 2010:

– Oltre il 70% dei rispondenti usava un social network;

– Le persone che avevano creato un blog erano circa il 50% dei rispondenti;

– Coloro che guardavano un video online passarono in cinque anni dal 30% a quasi il 90%.

(Marco Massarotto, 2011)

Se il successo è avvenuto soprattutto nella popolazione più giovane, il trend si sta spostando anche su fasce di età più adulte. Si può dire ormai che i Social Network stanno coinvolgendo una parte crescente della popolazione, appartenente a diverse fasce di età. Gli italiani, in particolare, (come è possibile osservare dalla figura numero 1.1) si caratterizzano per un’attitudine fortemente social e risultano primi al mondo per intensità di utilizzo misurata in numero di ore giornaliere trascorse sui social network.

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Figura numero 1.1

( Social Banking – KPMG)

Con le esigenze sempre più complesse della vita quotidiana come il lavoro, la famiglia e altri impegni, che riducono il tempo a disposizione di ogni persona, i social network sono diventati un'alternativa attraente alla tradizionale comunicazione. Anche se l'interazione non è in tempo reale, gli utenti si sentono comunque socialmente soddisfatti leggendo e rispondendo ai "messaggi" lasciati sulle "bacheche" virtuali. Gli utenti possono diventare parte di una conversazione a cui altrimenti non avrebbero potuto partecipare e sono tenuti aggiornati sugli eventi che interessano amici e collaboratori. Gli utenti che desiderano comunicare in tempo reale possono utilizzare la funzionalità della chat che è integrata nella maggior parte delle piattaforme social network.

Il fenomeno si sta diffondendo anche nel business. Secondo l’osservatorio SocialMediAbility condotto dallo IULM, su un campione di oltre 700 aziende, appartenenti a diversi settori, quasi la metà (49,9%) ormai utilizza almeno un social media. Tuttavia appare ancora poco chiaro il rapporto che le aziende mostrano di avere con questi canali visto che solo il 24,5% di esse rimanda dal sito ai propri ambienti social.

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1.5 Breve storia dei social media nelle aziende

La storia dell’interesse dei manager aziendali per i social media si può far risalire al periodo in cui i blog iniziarono a diventare oggetto d’interesse per i mass media e il Web cominciò a rivelarsi come complesso sistema non solo di fruizione (readable) ma anche di produzione dal basso (writable). Fu in quel momento, fotografato dalla famosa “copertina specchio” del Time che decretava “YOU” persona dell’anno (Time, volume 168, numero 26, dicembre, 2006), che iniziò a insinuarsi nei comunicatori più illuminati un tarlo, alimentato dalle prime agenzie di digital PR. Queste, intuendo la dirompente portata sociale, e naturalmente commerciale, del fenomeno, provarono a offrire nuovi servizi in grado di consentire alle aziende di comprendere quella magmatica realtà. I blogger iniziarono a incuriosire e, a volte, impensierire per primi gli uomini delle pubbliche relazioni, che non capivano né quanto fossero davvero importanti né come “catalogarli”. I blog, offrivano nuovi punti di vista e nuove opinioni rispetto ai tradizionali mass media, e in qualche modo potevano danneggiare la granitica reputazione delle aziende; costituivano quindi un potenziale rischio e in quanto tale era un fenomeno da analizzare attentamente. Dal tentativo di comprensione si passò ben presto alla sperimentazione di inediti approcci alle relazioni pubbliche. Alcuni azzardarono i primi contatti con i blogger, inviando loro prodotti in cambio di un feedback sincero. In Italia lo fece per primo Antonio Tombolini con il progetto “pesto ai blogger” (febbraio 2006), sulla scia del successo dell’iniziativa di Stormhoek (maggio 2005), piccolo produttore di vini sudafricano, che con un investimento di 40.000 dollari in due anni riuscì a ottenere una visibilità tale da essere accolto dal colosso Tesco sui suoi scaffali. Lo spirito dell’idea fu chiarito dalle parole del suo creatore Hugh MacLeod, marketer e disegnatore, “un’azienda vinicola non dovrebbe essere come un country club, ma avere la stessa attitudine di una start-up della Rete” (Tom McNichol, 2007). Altre aziende provarono a incontrarli informalmente per stabilire un contatto personale. Un altro esempio i risale al febbraio del 2006. Microsoft aveva deciso che era giunto il momento di dialogare con i sostenitori dell’open source e così provò a mettere a confronto una decina di blogger con i più alti rappresentati dell’azienda di Bill Gates. Si incominciò a parlare dei blog come di strumento utile a modificare la percezione delle aziende quali opache “macchine macinasoldi”. Fecero scuola le esperienze di Microsoft e del suo Channel 5, dei blog dei CEO di Sun Microsystem e della catena di hotel Marriott. Erano nati i corporate blog e i

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CEO blog. Questi ultimi, in particolare, erano animati da manager che decisero di “metterci la faccia” e dar vita a un dialogo il meno ingessato possibile, fuori dagli schemi imposti dalla tradizione delle relazioni pubbliche, a volte arrivando anche all’estremo di dare la notizia di odiosi licenziamenti dalle colonne del blog. Alcune aziende riuscirono così a migliorare la propria immagine e i rapporti con i consumatori. Con l’aumentare degli strumenti di condivisione però aumentò anche la complessità di gestione delle attività aziendali sui social media e il disorientamento del management. L’equazione “social web uguale blog” sembrava rivoluzionaria e destinata a vivere anni felici, ma contrariamente alle aspettative successe qualcosa del tutto inaspettato: l’avvento dei social network. Il successo planetario di Facebook indusse molti a sostituire o evitare il corporate blog, delicato e impegnativo, a favore della pagina su Facebook, più snella e meno rischiosa. È l’inizio della grande illusione zuckerberghiana: l’idea implicitamente indotta che basti una pagina infarcita di promozioni e post ammiccanti, nel più trafficato centro commerciale online, per diventare social e raggiungere migliaia di persone. La storia dei servizi web mostra un pattern che si ripete: introduzione, adozione da parte degli utenti (innovator prima ed early adopter poi), osservazione e successiva sperimentazione da parte delle aziende più innovatrici. Qui il vantaggio dell’azienda first mover si rivela sempre molto importante: quella che per prima riesce a superare l’iniziale ritrosia naturale verso le novità e a esplorare i modi più genuini e innovativi per comunicare attraverso il nuovo servizio è nella giusta posizione per costruire una credibilità duratura. Per di più, solitamente, gli utenti sono disposti a perdonare anche i piccoli incidenti di percorso che possono capitare quando si esplora per primi un territorio sconosciuto. Ecco perché uno degli obiettivi dell’azienda moderna dovrebbe essere quello di interiorizzare quella cultura della Rete, quella curiosità verso il nuovo, tale da spingerla naturalmente verso la sperimentazione di approcci innovativi di comunicazione. Oggi siamo in una fase delicata di passaggio. I social media ormai rappresantano una realtà consolidata e le aziende non possono più ignorarli. Quest'ultime quindi stanno cercando di comprendere questa realtà: cercano di capire quali siano i vantaggi che si possono ricevere dall'integrazione dei social al proprio interno e quali invece siano i limiti e i pericoli. In questa fase le aziende stanno passando dalla consapevolezza delle sfide che pone il nuovo ambiente mediale ai primi tentativi di gestione professionale; dalla gestione esclusiva delle nuove pratiche di comunicazione da parte della

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funzione marketing o relazioni esterne all’idea di social business o social organization. ( Social Media ROI – Vincenzo Cosenza)

1.6 L'influenza della Rete nella comunicazione

Con l'affermarsi della società in rete e il successivo, inevitabile, dissolvimento della rete dentro la società, il ruolo della comunicazione nelle aziende sta cambiando inesorabilmente. Le aziende devono cercare di adattarsi al cambiamento generato dal web 2.0 e magari addirittura cercare di anticipare le future evoluzioni del web (il web semantico è un esempio), per ottenere un importante vantaggio competitivo.

I grandi vettori che hanno generato questo cambiamento sono quattro: – la rete quale infrastruttura reticolare di relazioni;

– il peso dei motori di ricerca;

– l'introduzione di strumenti di pubblicazione semplici da usare; – l'affermarsi di nuovi spazi di relazione.

La rete è in grado di mettere in relazione in tempo reale individui dislocati in punti diversi nello spazio e ha reso possibile una diffusione rapida e spesso imprevedibile dei dati, delle informazioni e delle notizie. La notizia spesso non segue più il percorso rigido disegnato dall'alto, ma origina dall'esperienza di un reporter non professionista o di un cliente, magari insodisfatto.

L'invenzione di Google ha notevolmente migliorato i motori di ricerca: da un lato le notizie vengono ottenute con maggiore facilità e rapidità rispetto al passato, dall'altro la traccia delle stesse permane in Rete ed è facilmente rinvenibile grazie a banali ricerche. E' evidente quindi che le banche devono essere il più possibile lungimiranti a attente nella gestione della propria reputazione.

L'introduzione di strumenti semplici di pubblicazione come i blog e i microblog ha consentito a chiunque di esprimere le proprie opinioni e i propri giudizi pubblicamente, rivolgendosi cioè, a un pubblico potenzialmente molto ampio.

Agli stakeholder tradizionali si sono così affiancati nuovi soggetti che mossi dalla pura passione, dialogano con i propri pari, stabilendo un rapporto di fiducia, in grado di influire sulle decisioni di acquisto e sull'immagine pubblica delle aziende.

L'influenza di tali soggetti è ampliata dalla crescente importanza di nuovi spazi di relazione, in primis i social network, che permottono di creare gruppi di opinione di sostegno o di

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critica. Inoltre questi spazi di relazione diventano spesso determinanti nell'esperienza di acquisto dei navigatori.

I consumatori di servizi finanziari hanno modificato i propri comportamenti d’acquisto e si fidano sempre di più delle opinioni dei peers raccolte su forum, blog, siti e social network. Si sta diffondendo sempre di più tra i consumatori la tendenza a reperire in rete e attraverso i canali digitali le informazioni a supporto delle scelte d’acquisto; pertanto, il loro corretto e adeguato presidio è il punto di partenza per fidelizzare la clientela e cogliere nuove opportunità. In particolare, in rete i clienti possono reperire informazioni attraverso molteplici canali:

– motori di ricerca (Google, Yahoo, ecc.);

– esperienze di community di compratori (passaparola online); – forum e community generalisti;

– siti/blog tematici su specifici argomenti; – social media;

– siti, blog e profili corporate.

Gran parte dei consumatori ormai adotta questo approccio nelle scelte d’acquisto dei più disparati prodotti e, ben oltre rispetto a quanto si possa immaginare, circa il 40% degli utenti dichiara di cercare informazioni in rete per la scelta di servizi finanziari, anche più complessi rispetto a quelli semplici pensati per il segmento mass/retail. Le scelte d’acquisto dei prodotti/servizi finanziari si distinguono, tuttavia, perché, sia in fase di informazione preliminare, sia in fase di approfondimento, si basano più su fonti ‘istituzionali’ che sul ‘passaparola’ tradizionale ed online. In generale il processo di acquisto sta diventando, comunque, più complesso e fonti di informazione estremamente diverse concorrono alla formazione della decisione di acquistare o meno un determinato prodotto. Se nel primo step, quello del reperimento delle informazioni preliminari, risultano più importanti le informazioni reperite dai siti, blog e profili corporate, nella seconda e nella terza fase, quelle di approfondimento e decisione, assumono maggiore rilevanza le esperienze di altri utenti, che siano esperti del settore, altri clienti, oppure contatti personali.

La maggior parte delle imprese hanno familiarità con il cammino decisionale del consumatore (si veda figura numero 2), che spiega come i consumatori gradualmente dalla scelta tra diversi marchi arrivano a una selezione finale prima di effettuare un acquisto.

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Figura numero 2

Il percorso d'acquisto del consumatore

(Grasping the Power of Social Networking for Financial Services - IBM)

Oggi, i ricercatori affermano che i consumatori si stanno muovendo fuori dall'imbuto di acquisto, cambiando notevolmente il modo in cui ricercare e acquistare prodotti. Il nuovo i paradigma del viaggio decisionale per il consumatore è CEPEA – Consider – Evaluate – Purchase – Enjoy - Advocate con un anello di collegamento tra fedeltà e riacquisto che farà saltare in futuro le fasi considerare e valutare, se il godimento provato risponde o batte le aspettative.

Oggi grazie soprattutto all'interazioni digitali, il consumatore rimane impegnato con il marchio attraverso i social media anche dopo un acquisto. Se dopo l'acquisto, saranno soddisfatti dal prodotto, lo consiglieranno ad altri, diventando così loro stessi un punto di contatto, influenzando ulteriori acquisti, e entreranno nel ciclo Enjoy-Advocates-Repurchase loyalty. Il social networking è la versione digitale del "passaparola" e si adatta molto bene con la fase di sostegno nel processo decisionale del consumatore, dove i consumatori stessi diventano autorevoli punti di contatto del brand.

Concentrarsi sull'esperienza del cliente non è una novità di per sé. La realtà di oggi, però, è che i canali digitali consentono una drammatica espansione della "superficie" con cui un marchio può estendere l'esperienza che offre. (IBM, 2012)

1.7 Gli organismi sociali

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