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L'implementazione dei social media all'interno delle banche

Capitolo 2 L'uso dei Social Media in banca

2.6 L'implementazione dei social media all'interno delle banche

L'evoluzione verso una piena integrazione dei social media richiede innanzitutto un salto di paradigma culturale dei dipendenti a tutti i livelli: dal più alto fino al più basso. Implica passare dalla comunicazione unilaterale alla costruzione di relazioni durature con i pubblici di riferimento, attraverso l'uso dei social media. Necessita apertura, chiarezza e trasparenza nei rapporti interni ed esterni, e la capacità di guardare oltre i silos organizzativi cercando così di istaurare un rapporto di dialogo tra le varie funzioni aziendali. L'azienda che si ispira

a questo nuovo modello, essenziale per essere riconosciuta all'esterno come social brand, deve fare i conti con tre dinamiche principali: persone, processi e tecnologia.

– L'appoggio e il coinvolgimento del top management e il loro supporto al cambiamento è fondamentale. Inoltre è importante rompere le barriere tra le varie funzioni aziendali, a volte in contrapposizione tra di loro, per permettere ai dipendenti di comunicare più facilmente per raggiungere gli scopi aziendali.

– I processi devono essere ridisegnati mettendo al centro i bisogni del consumatore sociale. In questo contesto diventano fondamentali le policy, il training e le procedure di ascolto e reazione.

– La tecnologia, rappresentata dall'investimento in piattaforme che facilitano la collaborazione interna, l'ascolto, la misurazione e la comprensione non frammentaria del social consumer.

Le aziende hanno bisogno di abbracciare questo cambiamento con una nuova strategia: il social customer relationship management (CRM). Paul Greenberg, uno dei principali esperti in materia, definisce il Social CRM “una filosofia e una strategia di business (supportata da piattaforme tecnologiche, regole di business, processi e fattori sociali) finalizzata all’engagement del consumatore con lo scopo di fornire mutuo beneficio; il tutto all’interno di una conversazione collaborativa in un ambiente di business affidabile e trasparente”. Il Social CRM non è il sostituto del CRM tradizionale, ma una sua evoluzione: se da una parte il CRM si è incentrato su sofisticati sistemi di gestione tecnologici finalizzati alla raccolta e all’elaborazione dei dati relativi ai comportamenti di consumo della clientela, il Social CRM, al contrario, si contraddistingue dal precedente approccio per la sua forte componente social e relazionale. L’obiettivo principale di questa strategia, infatti, non è più solo gestire il consumatore attraverso un’offerta di prodotti/servizi personalizzata che ne aumenti il livello di soddisfazione e di fedeltà, il Social CRM mira piuttosto a sviluppare una relazione tra impresa e cliente più interattiva, fondata sul dialogo e l’ascolto e orientata alla collaborazione con i consumatori e tra i consumatori, sfruttando al massimo le potenzialità offerte dagli ambienti virtuali del Web 2.0 particolarmente adatti a favorire questi nuovi tipi di interazioni. Il ricorso ai social media (purché supportato da strategie di Social CRM mirate), rappresenta un fattore in grado di aggiungere valore al business delle imprese, essendo questi gli strumenti principali capaci di trasformare la relazione con il

consumatore da semplice transazione a vera e propria relazione basata sulla collaborazione, sulla trasparenza e sull’autenticità. Affinchè l’impresa possa sfruttare in pieno le potenzialità offerte dai social media e dal Social CRM, è però necessario che vi sia un’evoluzione della cultura, dei processi, delle competenze e dei ruoli interni all’azienda: nel rapporto "Social Business Readiness: how Advanced Companies Prepare Internally", la società di consulenza Altimeter Group sostiene che le aziende che vogliono prepararsi al social business devono scalare la "gerarchia dei bisogni dell'azienda sociale", un adattamento dell'abusata scala dei bisogni di Maslow.

La scalata presuppone una serie di passi da compiere, associati ai livelli della piramide. Alla base della piramide risiedono anzitutto gli obiettivi che l'azienda deve avere ben chiari, prima di cominciare a pianificare il social business. Gli obiettivi devono riguardare il business e non i social media. Sviluppare una presenza sui social network non è un obiettivo di business ma un modo per raggiungere gli obiettivi finali di business come una dimunizione di costi o un aumento dei ricavi. E' fondamentale che gli obiettivi vengano identificati con il contributo di tutti i decisori aziendali, di tutte le aree funzionali. Tra i bisogni primari si colloca anche l'esigenza di creare delle linee guide coerenti riguardanti l'uso dei social (policy) rivolte non solo all'esterno dell'organizzazione, ma sopratutto all'interno. Il training rappresenta un altro importante bisogno di base dell'organizzazione sociale, necessario a dare ai dipendenti il giusto livello di conoscenza per comprendere i social media e affrontarne le sfide.

Il secondo scalino della piramide è rappresentato da tutte quelle attività che servono a mettere in sicurezza l'azienda, ossia a prepararla a rispondere alle sollecitazioni quotidiane della Rete e ad affrontare le crisi. Per far ciò è necessario anzitutto predisporre un team dedicato all'ascolto e alla gestione dei social e gli strumenti necessari allo scopo. Il tutto curandosi di aver ottenuto la approvazione dei vertici aziendali affinché le decisioni del gruppo di lavoro siano quanto più autonome e rapide possibili. Per arrivare a questo punto bisognerà disegnare dei processi comportamentali e delle responsabilità chiari che possono anche coivolgere agenzie di supporto esterne. Inoltre non va sottovalutata la previsione di momenti formativi che simulino la crisi e dunque le risposte più adeguate.

Il terzo passo riguarda il coordinamento e la connessione di tutte le unità di business aziendali. Avere una visione chiara di tutte le attività social portate avanti singolarmente

aiuta a capire come riorganizzare l'intera struttura, riducendo le ridondanze. Tutti i responsabili di business dovranno essere coinvolti nella nuova avventura aziendale, individuando le migliori pratiche e il contributo che ognuno può dare e le risorse che possono essere coinvolte. L'obiettivo è ricondurre l'agire dei singoli a un fine comune, non distruggere quanto di buono è stato già fatto o le energie creative dei singoli. Coerente con tale biettivo è la creazione di un centro di eccellenza, che non sia accentratore di attività, ma fornitore di servizi per tutte le unità di business. Secondo Altimeter tale centro emergerà dopo l'espletamento delle seguenti attività: creazione e condivisione di policy legali, definizione di processi che interessano tutta l'azienda, consolidamento delle risorse educative e facilitazione delle best practice.

L'abilitazione è la quarta fase del processo verso il social business. Ha l'obiettivo di mettere le business unit nella condizione di crescere dando loro supporto e flessibilità. In questa fase il centro di eccellenza passa dal coordinamento all'abilitazione degli hub, trasformandosi in "allenatore". Tra i suoi compiti c'è anche quello di creare le risorse tecniche per consentire una più semplice condivisione di esperienze e un framework di misurazione che serva da bussola per le differenti unità di lavoro.

Alla fine di questo percorso, secondo gli analisti di Altimeter, c'è "l'illuminazione" che coincide con un modello organizzativo olistico. E' uno stato che consentirebbe alle aziende di rispondere immediamente agli stimoli provenienti dai social media e di prendere le decisioni più importanti sulla base dei feedback ricevuti in tempo reale dagli utenti. Per cui risulta fondamentale il ruolo svolto dai social analyst e dagli strumenti più avanzati di analisi dei big data.

(Vincenzo Cosenza, 2014)