• Non ci sono risultati.

Questioni aperte in materia di prelievi biologici coattivi e conservazione di dati genetici nella banca dati nazionale del DNA

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Questioni aperte in materia di prelievi biologici coattivi e conservazione di dati genetici nella banca dati nazionale del DNA"

Copied!
294
0
0

Testo completo

(1)

INDICE:

Premessa...4

CAPITOLO I

CONSIDERAZIONI SUL PRELIEVO DI MATERIALE

BIOLOGICO E PRINCIPI COSTITUZIONALI

1.1 Esigenze processuali e diritti fondamentali...11

1.2 Osservazioni sul prelievo biologico: una sua qualificazione giuridica...15

1.3 Prelievi biologici e libertà personale...22

1.4 Prelievi coattivi e diritto di non autoincriminarsi...26

1.5 Prelievi biologici e riservatezza...34

CAPITOLO II

L'EVOLUZIONE DELLA GIURISPRUDENZA

COSTITUZIONALE RIGUARDO AL PRELIEVO

BIOLOGICO

2.1 Premessa...40

2.2 La sentenza costituzionale n. 30 del 1962...41

2.3 Prelievo ematico e poteri coercitivi del giudice: la sentenza costituzionale n. 54 del 1986...46

2.4 La portata della sentenza costituzionale n. 238 del 1996 e il conseguente vuoto normativo...56

2.5 Prelievi ematici o prelievi biologici: estensibilità delle conclusioni della Consulta...68

2.6 Le implicazioni della sentenza n. 238 del 1996 nella pratica investigativa e la risposta della giurisprudenza di legittimità...70

CAPITOLO III

LACUNE NORMATIVE ALLA LUCE DELLE

MODIFICHE INTRODOTTE DALLA LEGGE N. 155

DEL 2005

3.1 Quadro generale...81 3.2 Prelievi biologici di polizia con finalità identificativa e di

(2)

accertamento...82

3.3 I dubbi sollevati sul piano sistematico:...88

3.3.1 I soggetti legittimati ad eseguire le operazioni di prelievo biologico ed i soggetti sottoposti alla medesima operazione. 88 3.3.2 Il requisito dell'urgenza ex art. 354 c.p.p...91

3.3.3 Esigenze di identificazione genetica, tempi tecnici di analisi ed esigenze di comparazione...93

3.4 La novella n. 155 del 2005 e il rispetto dei principi costituzionali 94 3.5 Le soluzioni della giurisprudenza di legittimità alle lacune della legislazione del 2005: il caso degli accertamenti radiologici...102

CAPITOLO IV

I PRELIEVI BIOLOGICI COATTIVI NELLA

VIGENTE NORMATIVA

4.1 Gli accertamenti coattivi già disciplinati nel processo penale: i prelievi coattivi per l'individuazione di patologie sessualmente trasmissibili...106

4.2 Quadro generale in cui si inserisce il nuovo intervento normativo del 2009...115

4.3 L'adesione dell'Italia al Trattato di Prüm...116

4.4 Le proposte di riforma per una nuova disciplina della materia presentate tra il 2007 e il 2008...121

4.5 Le nuove disposizioni in materia di accertamenti idonei ad incidere sulla libertà personale introdotte dalla legge 30 giugno 2009 n. 85 ...127

4.6 Il nuovo art. 224 bis c.p.p.: un'analisi dettagliata...129

4.7 (segue) gli «accertamenti medici»...137

4.8 Le modalità esecutive della perizia ex art. 224 bis c.p.p...140

4.9 L'ordinanza del giudice che dispone la perizia coattiva e le cause di invalidità...149

4.10 I soggetti passivi dei prelievi o accertamenti medici coattivi....158

4.11 I prelievi effettuati dal pubblico ministero ex art. 359 bis c.p.p.167 4.12 (segue) profili problematici dell'istituto...175

4.13 “Identificazione” ed “individuazione” dell'autore: quale sorte per l'art. 349, comma 2 bis c.p.p.?...181

(3)

CAPITOLO V

QUESTIONI APERTE IN TEMA DI

CONSERVAZIONE E UTILIZZAZIONE DEI DATI

GENETICI ALL'INTERNO DELLA BANCA DATI

NAZIONALE DEL DNA ALLA LUCE DEL

DIBATTITO EUROPEO

5.1 Conservazione di dati genetici e processo penale...188

5.2 Linee guida europee...194

5.3 La decisione della Corte europea dei diritti dell'uomo: il caso S. e Marper c. Regno Unito...198

5.4 (segue) le decisioni giurisprudenziali successive: una conferma dei principi elaborati nella sentenza S. e Marper c. Regno Unito...207

5.5 I canali di alimentazione della banca dati del DNA e i profili problematici...212

5.6 (segue) la conservazione dei campioni e dei profili del DNA: una scelta non condivisibile...220

5.7 Tecniche di analisi...231

5.8 Criticità del regolamento di attuazione della legge n. 85 del 2009 ...236

5.9 Dubbi sollevati dal Consiglio di Stato nel parere n. 1286/2015 e il successivo parere parlamentare...240

CONCLUSIONI

UN BILANCIO COMPLESSIVO DELLA NORMATIVA ITALIANA SUI PRELIEVI BIOLOGICI COATTIVI E LA BANCA DATI DI PROSSIMA OPERATIVITÀ: URGENZA, APPROSSIMAZIONE E VINCOLI EUROPEI...246

Bibliografia:...274

Giurisprudenza costituzionale:...291

Giurisprudenza della Cassazione:...292

(4)

Premessa

L’articolo 13 della Costituzione così recita ai suoi primi due commi: «La libertà personale è inviolabile. Non è ammessa forma alcuna di detenzione, di ispezione o perquisizione personale, ne’ qualsiasi altra restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dall’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge…» All’esplicita volontà dei Padri Costituenti, fino a poco tempo fa, corrispondeva una normativa di legge ordinaria incompatibile; il legislatore ordinario, infatti, non aveva contemplato espressamente un aspetto procedimentale tanto delicato, quale quello relativo ai prelievi biologici dalla persona dell’imputato (o dell’indagato) o da quella di terzi comunque coinvolti nell’accertamento penale. Tale atto rientra, tra quelli tipicamente idonei ad incidere (in maniera più o meno invasiva) nella sfera personale di detti soggetti, al fine dell’espletamento di perizie implicanti prelievo di materiale biologico di vario genere (sangue, capelli o formazioni pilifere) diretto a consentire di eseguire, su disposizione dell’autorità giudiziaria, ricerche ed analisi utili a fini investigativi. Queste attività risultano quanto mai importanti nell’ambito delle investigazioni, sia inerenti all’identità personale, sia intese a collegare, attraverso una serie di comparazioni, tracce correlate ad un reato con il materiale biologico prelevato da un individuo.

La disciplina generale di riferimento si rinveniva ex art. 224 c.p.p. rubricato «Provvedimenti del giudice»; tale articolo, al comma 2, consentiva a tale magistrato di adottare «tutti gli altri provvedimenti che si rendono necessari per l’esecuzione delle operazioni peritali», così, di fatto, si sanciva l’esistenza di un potere arbitrario quanto a casi e modi di esplicazione. Risultava dunque icto oculi l’incompatibilità

(5)

tra questa situazione e la riserva assoluta di legge sancita dall’art.13, comma 2, Cost. Decisivo, per l’impulso a rivedere siffatto assetto normativo, fu l’intervento della Corte costituzionale; quest’ultima, dopo averlo ritenuto legittimo in svariate occasioni, successivamente, il 9 luglio 1996, si pronunciò con la sentenza n. 238, censurando la stessa disposizione proprio nella parte in cui consentiva al giudice, nel corso delle operazioni peritali, di disporre misure comunque incidenti sulla libertà personale dell’indagato, dell’imputato o di terzi, senza che vi fosse un’espressa previsione di «casi» e «modi» da parte della legge. Con tale pronuncia, infatti, è stata espunta dall'art. 224 comma 2 c.p.p., la parte con cui veniva affidata al giudice l'adozione degli «altri provvedimenti […] necessari per l'esecuzione delle operazioni peritali», previsione che, per la sua genericità, determinava una restrizione della libertà personale in violazione della riserva di legge prevista dall'art. 13 Cost. poiché autorizzava il giudice a legittimare l'impiego della coercizione nonostante la volontà contraria dell'interessato, al di là dei casi e dei modi previsti tassativamente dalla legge.

Si mise in evidenza come il disposto dell’art. 224 comma 2 c.p.p. fosse in palese contrasto con il sistema del nuovo codice di rito, che cura in modo dettagliato il tema della libertà personale dell’indagato, prevedendo una serie di restrizioni dei poteri della polizia giudiziaria, del pubblico ministero e dello stesso giudice, graduando l’entità delle misure coercitive in relazione alla situazione concreta, e, riservandole alle sole fattispecie di una certa gravità.

Tale pronuncia è in realtà la terza, in ordine cronologico, in tema di accertamenti personali coattivi: la prima, la sentenza n. 30 del 27 marzo 1962 verteva sulla legittimità costituzionale di una disposizione relativa all'effettuazione di rilievi segnaletici; la seconda, la sentenza n.

(6)

54 del 24 marzo 1986 affrontava invece, analogamente alla terza, la questione dei prelievi ematici coattivi, disposti attraverso un provvedimento di esecuzione di un esame peritale. Il filo conduttore di queste tre pronunce è rappresentato dalla valutazione della legittimità di tali accertamenti in relazione all'art. 13 Cost., al fine di definire, da un lato, quali tipi di accertamenti integrino una restrizione della libertà personale, e, dall'altro, se i presupposti costituzionali per procedere a tale restrizione siano di volta in volta soddisfatti dalla legge.

L'esito a cui è pervenuta la valutazione della Consulta nei tre casi, tuttavia, non si è rivelato del tutto univoco, potendosi registrare, al contrario, difformità e incoerenze da una pronuncia all'altra.

Gli interventi della Corte costituzionale hanno segnato pesantemente la disciplina della materia dei prelievi biologici coattivi, soprattutto per effetto della sentenza n. 238 del 1996, che, sancendo l'illegittimità costituzionale della seconda parte dell'art. 224 c.p.p., creò una grave lacuna nella nostra disciplina processual-penalistica in tema di accertamenti personali coattivi a causa della perdurante inerzia legislativa a cui non si è ovviato per tredici anni.

L'Italia ha rappresentato per lungo tempo il caso emblematico in Europa della totale assenza di norme che disciplinassero in maniera compiuta e specifica i casi e i modi in cui si potesse procedere ad un prelievo coattivo di campioni biologici, lacuna normativa che ha a lungo precluso alle nostre forze dell'ordine l'utilizzo di uno degli strumenti più efficaci a disposizione per le indagini penali.

Nonostante negli ultimi anni, infatti, l'uso della scienza nel processo penale avesse introdotto nuove metodologie di indagine a disposizione degli operatori giudiziari e nuovi strumenti in grado di consentire lo svolgimento di indagini più rapide, efficaci e meno dispendiose, (in particolare la prova del DNA), a tale evoluzione di carattere scientifico

(7)

non è corrisposta, nel nostro ordinamento, una pari ricettività da parte del diritto1.

Soltanto di recente, di fronte all'esigenza di tutelare più efficacemente la società, in un momento in cui si verificavano alcuni atti di grave violenza, con la legge 30 giugno 2009 n. 85, è stato colmato il vuoto normativo lasciato dalla ormai nota sentenza costituzionale n. 238 del 1996 in tema di prelievo biologico coattivo.

Tale vuoto non era stato riempito dalla legge 31 luglio 2005 n. 155 che aveva convertito con modificazioni il decreto-legge 27 luglio 2005 n. 144 recante «Misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale».

Difatti questo provvedimento non aveva dettato una disciplina organica relativa ai poteri coercitivi e decisori dell'autorità inquirente, valevole per qualsiasi ipotesi in cui apparisse necessario un prelievo di materiale biologico o un accertamento medico su una persona vivente, in assenza del consenso di quest'ultima.

Dopo numerosi anni di attesa il legislatore è intervenuto a disciplinare i prelievi coattivi di materiale biologico e gli accertamenti medici effettuati senza il consenso dell'interessato con l'introduzione, ad opera della legge n. 85/2009, degli artt. 224 bis e 359 bis c.p.p., prevedendo

1 A differenza dell'Italia che si è mossa legislativamente in ritardo al riguardo, in tutti gli altri paesi europei è riscontrabile una generale tendenza a promulgare leggi finalizzate ad incrementare i poteri dell'autorità giudiziaria per un più efficace utilizzo della tecnologia, in difesa dell'interesse pubblico alla repressione dei reati, parallelamente al progressivo sviluppo tecnologico e scientifico incidente sulle indagini penali. Nella maggior parte degli Stati, il prelievo coattivo di campioni organici è stato ritenuto pratica rispettosa delle libertà fondamentali. Si sono facilmente giustificati mezzi di sorveglianza e leggi che attribuiscono maggiori poteri alle forze di polizia in nome della “sicurezza” e della “tutela dell'ordine pubblico”. Proprio le leggi che sono intervenute in tema d'investigazioni scientifiche sembrano dimostrare che sistemi da sempre basati sul contraddittorio, come quelli di Common Law, stanno rapidamente cominciando ad utilizzare gli strumenti d'indagine tipici di un modello inquisitorio, nel tentativo di aggirare le garanzie dibattimentali. (Riflessioni espresse da C. FANUELE,

(8)

un'inedita regolamentazione dei prelievi e degli accertamenti coattivi su persone viventi nell'ambito della perizia e della consulenza tecnica. In tal modo, gli auspici dottrinali di riforma si sono finalmente realizzati, allineando la nostra legislazione a quelle di altri Stati (europei e americani), che già da tempo disponevano di una normativa in materia.

Inoltre, la legge 30 giugno 2009, n. 85, nell'adempiere ad un obbligo internazionale in materia di cooperazione giudiziaria, ha finalmente previsto l'istituzione della banca dati nazionale del DNA: questa innovazione, sebbene munisca le forze di polizia di uno strumento investigativo prezioso per l'accertamento dei reati e la sicurezza dei cittadini, non sempre garantisce un autentico bilanciamento tra i diritti inviolabili della persona e la necessità di tutelare la collettività.

L'elaborato affronterà il tema dei prelievi biologici coattivi nel procedimento penale, analizzando soprattutto il modo in cui il legislatore lo ha recentemente disciplinato e le questioni più discutibili in materia di conservazione ed utilizzazione dei dati genetici che emergono nella fase immediatamente successiva all'acquisizione del campione biologico mediante il prelievo2, ritornate attuali alla luce

della recente approvazione, in via definitiva, da parte del Consiglio dei ministri, del regolamento attuativo della legge n. 85 del 2009.

Nel primo capitolo si affronterà il problema della compatibilità con i contrapposti valori costituzionali in gioco (libertà costituzionali ed esigenze probatorie) analizzando il rapporto tra efficienza del processo e garanzie individuali attinenti ai diritti di libertà.

Tale equilibrio appare particolarmente delicato poiché, proprio nel 2 Tali questioni non riguardano solo il campione biologico ottenuto mediante il prelievo ma emergono, come si vedrà nel prosieguo, anche in relazione ai reperti biologici acquisiti in ogni procedimento penale i cui relativi profili genetici, ai sensi dell'art. 10 della legge n. 85 del 2009, devono essere trasmessi alla banca dati nazionale del DNA per la «raccolta e i confronti».

(9)

processo «può accadere che tali diritti debbano venire sacrificati per esigenze di giustizia ricollegabili al valore dell’efficienza3».

Le principali problematiche ravvisate sul punto, come si vedrà, sono riferibili alla necessità di rendere conciliabili gli atti di indagine con la garanzia della libertà personale, nonché del diritto dell'indagato o imputato a mantenere un comportamento “non collaborativo”.

Si affronterà la questione relativa alla qualificazione del prelievo biologico, sia da un punto di vista giuridico, sia medico legale, al fine di rendere chiaro che cosa si debba intendere quando ci si riferisce a questa operazione.

Successivamente, prima di analizzare la relazione fra l’operazione così qualificata e la libertà personale si individuerà il “contenuto” di quest’ultima4. Invero, l’indeterminatezza dei confini della libertà

personale emergerà proprio dalle motivazioni delle sentenze citate in tema di prelievo ematico coattivo che si esamineranno nel secondo capitolo in cui si ripercorrerà, in maniera sistematica, l'evoluzione del pensiero della Consulta sulla legittimità dello stesso. Attraverso questo percorso che ha come oggetto di analisi, in particolare, l’esecuzione coattiva di un prelievo ematico, si considereranno altre tipologie di prelievo biologico, al fine di valutare in che misura per esse possano “ritagliarsi” le conclusioni raggiunte limitatamente al prelievo ematico. Nel terzo e quarto capitolo la trattazione continuerà esaminando la legislazione introdotta con la novella del 2005 sottolineandone le

3 V. GREVI, Garanzie individuali ed esigenze di difesa sociale nel processo

penale, in V. GREVI, Alla ricerca di un processo penale «giusto», Milano, 2000,

p. 14.

4 G. VASSALLI., Le Libertà della persona nel sistema delle libertà Costituzionali, in G. VASSALLI, Il processo e le libertà, Scritti Giuridici, vol. III, Milano, 1997, pp. 189 e ss.; C. CERETI, Corso di Diritto costituzionale italiano, Torino, 1949, pp. 91 e ss. osserva, però, come la portata della libertà personale sia amplissima perché in essa si riconduce sia l’inviolabilità della persona fisica, sia l’inviolabilità della libertà di autodeterminazione.

(10)

disarmonie e le lacune normative e, infine, illustrando criticamente l'attuale normativa in tema di prelievi biologici coattivi nel procedimento penale, così come introdotta a seguito della legge n. 85 del 2009, verificandone le implicazioni con i dettami costituzionali e affrontando le ulteriori questioni “aperte” che hanno creato diverse incertezze interpretative.

L'ultimo capitolo è dedicato alle questioni ancora irrisolte in tema di conservazione e utilizzazione dei dati genetici che confluiranno nella banca dati nazionale del DNA di prossima operatività. Nella prospettiva di inquadrare queste problematiche in una cornice europea, si prenderanno in considerazione le principali raccomandazioni emanate dai vari organi dell'U.E. in materia di raccolta e scambio di informazioni ricavabili dal DNA, e l’art. 8 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU), come interpretato nella giurisprudenza della Corte di Strasburgo. Ci si soffermerà poi sulle disposizioni relative alla conservazione di campioni biologici e di profili di DNA contenute nella legge n. 85 del 2009 e nel successivo regolamento attuativo approvato in via definitiva il 25 marzo 2016, al fine di valutarne eventuali incompatibilità con i principi affermati dalla Corte di Strasburgo. Tale ultimo provvedimento, dando il via libera al decollo della Banca dati anche sull'onda dell'emergenza terrorismo, ha di fatto reso di nuovo attuali nel nostro ordinamento le problematiche attinenti alla legittimità e ai limiti alla conservazione del materiale biologico e dei relativi profili genetici.

(11)

CAPITOLO I

CONSIDERAZIONI SUL PRELIEVO DI

MATERIALE BIOLOGICO E PRINCIPI

COSTITUZIONALI

1.1 Esigenze processuali e diritti fondamentali

Non sembra possibile parlare di prelievi biologici coattivi nell'ambito del processo penale italiano senza aver prima considerato i limiti e le garanzie previsti a favore della persona, e in particolare dell'imputato nella nostra Costituzione.

La tutela dei diritti dell’uomo è uno dei pilastri sui quali si basa il nostro ordinamento: essa risulta garantita dall’intero testo costituzionale e in particolare dall’art. 25, che si pone come norma

generale che mira a garantire i diritti inviolabili dell’individuo.

Alla base del riconoscimento di tali diritti, vi è la volontà di sancire la «precedenza sostanziale della persona umana rispetto allo Stato e la destinazione di questo a servizio di quella6».

5 In base all’art 2 Cost: «La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo...». Sulla portata dell’art 2 Cost in dottrina si riscontrano posizioni diverse che possono essere così sintetizzate. Da una parte, si ritiene che l’articolo in esame debba essere inteso come “clausola” aperta al riconoscimento di altre libertà e valori che possono emergere dalla coscienza sociale, v. C. MORTATI,

Istituzioni di diritto pubblico, vol II, Padova, 1975-76, pp. 1038 e ss. Dall’altra,

invece, si sottolinea come la portata dell’art 2 Cost. non dovrebbe essere “forzata” dagli interpreti e dai giudici: L. PALADIN, Diritto costituzionale, Padova, 1991, p. 572, P. BARILE, Istituzioni di diritto pubblico, Padova, 1991, pp. 584 - 585. 6 Parole dell'On. Dossetti durante la seduta dell'Assemblea Costituente del 10

settembre 1946. I punti su cui devono poggiare le basi, anche giuridiche, del patto costituzionale, sono individuati dall'On. Dossetti nell'anteriorità logica della persona rispetto allo Stato e nell'integrazione della persona dentro il pluralismo sociale, (G. DOSSETTI, Atti dell'Assemblea costituente, I Sc., 10 settembre 1946, VI, in F. PIZZOLATO, Finalismo dello Stato e sistema dei diritti nella

(12)

L’individuo è assunto, quindi, come il più alto valore giuridico positivo7. Da qui deriva l’inviolabilità8 della libertà personale, che è la

prima tra quelle individuate nel Testo costituzionale.

Pur tuttavia, in alcuni settori rispondenti a diverse esigenze, in particolar modo in quello del processo penale, può accadere che, per il conseguimento di determinati fini meritevoli di tutela, possano venir compressi o limitati i diritti della persona.

La libertà personale, come del resto altri fondamentali diritti della persona trovano infatti un peculiare campo di applicazione proprio nel rapporto tra autorità e individuo caratterizzante il processo penale, atteso che possono subire restrizioni e limitazioni più o meno incisive in nome dell’efficienza dell’accertamento processuale.

E' noto infatti che l’attività svolta dalla polizia giudiziaria all’interno del processo penale, seppur entro limiti determinati dal pubblico ministero e dal giudice, comporta spesso l’invasione nella sfera individuale della persona, in molti casi superando la resistenza della stessa e provocando dunque inevitabilmente la compressione delle libertà fondamentali tutelate dalla Costituzione (così è per le ispezioni, le perquisizioni, le intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, i prelievi coattivi di materiali biologici).

«Rispetto a tali diritti il processo penale, dunque, non è tanto il luogo di radicamento delle relative garanzie, bensì il luogo in cui operano i meccanismi garantistici previsti per la tutela di tali diritti, nell’ipotesi in cui si renda eventualmente necessaria una loro limitazione9».

In sostanza, tali diritti di libertà non hanno un valore assoluto di fronte

Costituzione italiana, 1999, Milano, p. 102).

7 F. MODUGNO, I «nuovi diritti» nella giurisprudenza costituzionale, Torino, 1995, p. 11.

8 L’inviolabilità, infatti, è attributo riconosciuto anche ad altre libertà costituzionali

ex artt. 14 e 15 Cost.

9 Così V. GREVI, Garanzie individuali ed esigenze di difesa sociale nel processo

(13)

alla giustizia penale, poiché le stesse norme costituzionali che ne consacrano l’inviolabilità prevedono nel contempo la possibilità di eccezionali restrizioni, da attuarsi nel rispetto delle garanzie costituzionali (della riserva assoluta di legge e della riserva di giurisdizione) destinate ad operare nella previsione delle corrispondenti fattispecie restrittive disciplinate dal legislatore ordinario10.

Con il parallelo potenziamento dell'attività investigativa, l’esigenza di tutela verso i soggetti sui quali siano svolti accertamenti in nome dello scopo del processo, è divenuta sempre più forte.

Se la Costituzione pone dei limiti al potere pubblico di comprimere i diritti fondamentali della persona, anche quando si tratta di reprimere reati, la tensione diviene massima considerando gli atti di indagine che coinvolgono il corpo della persona umana come le operazioni che comportano prelievi biologici coattivi.

E’ chiaro che tali attività sono volte alla ricerca ed alla acquisizione probatoria, dunque tali poteri coercitivi sono strumentali alle esigenze che si devono soddisfare, ma risulta oltremodo chiaro che l’intero sistema debba essere bilanciato con i diritti costituzionalmente garantiti.

L’operazione, sommariamente descritta, prende il nome di bilanciamento di interessi o valori, aventi tutti rilevanza costituzionale, essendo i medesimi riconosciuti nella Carta fondamentale.

Il legislatore processuale penalistico, nell’ambito dei prelievi coattivi, è stato chiamato ad equilibrare una serie di interessi, o, per meglio dire, di valori costituzionali, fondamentali e non sacrificabili nella loro totalità, nella loro «ineliminabile ragion d’essere11».

10 P. FELICIONI, Le ispezioni e le perquisizioni, Milano, 2012, p. 43.

11 Così F. MODUGNO, I «nuovi diritti» nella giurisprudenza costituzionale, cit., p. 94.

(14)

La stessa Corte costituzionale, con la nota sentenza n. 238 del 1996 aveva indicato al legislatore la via da percorrere per colmare il vuoto che aveva creato: quello cioè di dettare una normativa che tipizzasse i «casi» e «modi» in cui il giudice potesse disporre un prelievo biologico coattivo incidente nella sfera personale dell’interessato, in modo che risultasse rispettata l’esigenza di tassatività delle ipotesi di restrizione della libertà, derivante dall’art. 13 Cost.12

Essendo il prelievo coattivo di materiale biologico finalizzato al reperimento di elementi probatori, rilevano da un lato l’interesse collettivo, pubblico, all’accertamento e alla repressione dei reati, e perciò alla non dispersione del materiale probatorio relativo alla commissione del fatto13; dall’altro, il bisogno di non pregiudicare le

libertà fondamentali dell'uomo, in modo particolare la libertà personale (art. 13 Cost.), che rischia più di tutti gli altri indebite compressioni (essendo il prelievo effettuato sul corpo della persona14).

12 E’ stata aspramente criticata, ad opera della dottrina successiva alla sentenza, tale scelta del giudice delle leggi, consistente nell’aver invitato il legislatore a provvedere in materia, soddisfacendo i requisiti imposti dall’art. 13 Cost., anziché procedere essa stessa ad enucleare un principio vincolante rivolto per il futuro al Parlamento, ma immediatamente applicabile dal giudice, e riconducibile all’esigenza di accertamento della verità nel procedimento penale, nel rispetto dei diritti fondamentali; in tal modo si sarebbe evitata la formazione della conseguente lacuna, che aveva privato il giudice di uno strumento probatorio essenziale, quale il prelievo ematico coattivo. Tale dottrina rileva, inoltre, come il giudizio di costituzionalità sia la sede idonea per l’individuazione, non solo, dei principi supremi, ma anche del contenuto assiologico dei diritti inviolabili, nonché per la compatibilità con questi di tutta la normazione applicabile nell’ambito dell’ordinamento. Cfr. M. RUOTOLO, Il prelievo ematico tra

esigenza probatoria di accertamento del reato e garanzia costituzionale della libertà personale. Note a margine di un mancato bilanciamento di valori, in Giur. cost., 1996, p. 2152.

13 Sono chiare le parole della sentenza n. 238 del 1996, secondo la quale l’esigenza di acquisizione della prova del reato costituisce un valore primario, su cui si fonda ogni ordinamento ispirato al principio di legalità. (Corte cost., sent. 9 luglio 1996, n. 238 in Giur. cost., 1996, p. 2142).

14 Il diritto alla libertà personale dell'imputato è quello che rischia di subire maggiori restrizioni durante lo svolgimento di un processo: così V. GREVI,

Libertà personale dell'imputato, in Enc. dir., vol. XXIV, Milano, 1974, pp. 316 e

(15)

Tuttavia, nella prospettiva del necessario bilanciamento di interessi in gioco in materia di prelievi biologici coattivi, acquista rilievo non solo la tutela della libertà personale, ma anche quella della riservatezza dell’individuo, intesa, quest’ultima, come valore a cui ricondurre il diritto di contenere la rivelazione e l’uso pubblico di dati, notizie ed informazioni attinenti alla propria persona15, e di altri beni

costituzionalmente protetti fra cui la salvaguardia dell’integrità fisica e conseguentemente del bene salute, nonché del diritto inviolabile di difesa (art. 24 Cost.) nella sua componente del diritto a non autoincriminarsi.

1.2 Osservazioni sul prelievo biologico: una sua

qualificazione giuridica

Prima di affrontare la questione relativa ai valori costituzionali che entrano in gioco con riferimento al tema dei prelievi biologici ed analizzare le decisioni assunte al riguardo dalla Corte costituzionale, sembra opportuno affrontare la questione relativa alla qualificazione del prelievo biologico dal punto di vista giuridico e medico legale per valutare che cosa si intenda quando si fa riferimento a tale operazione. L'indagine genetica ha come scopo il confronto tra il materiale biologico rinvenuto con quello appartenente ad un singolo individuo. E’ in questo contesto che si inserisce la problematica del prelievo biologico, in particolare la sua qualificazione sia da un punto di vista giuridico, sia medico - legale.

Rispetto a quest’ultimo profilo, fra i prelievi biologici, il prelievo 15 P. FELICIONI, Accertamenti sulla persona e processo penale. Il prelievo di

(16)

ematico, ad esempio, è un atto di natura sanitaria16 che si realizza

attraverso la penetrazione di uno strumento nella cute, incidendo sull’integrità fisica del corpo17: questo determina la sua invasività18.

Allo stesso modo, anche se con intensità diversa, possono essere considerati invasivi tutti quei prelievi biologici la cui esecuzione implichi comunque il superamento della soglia corporea attraverso strumenti che, nonostante la loro innocuità, potrebbero essere veicolo di potenziali infezioni e, pertanto, lesivi della salute della persona che vi è sottoposta. In questo senso anche il prelievo di saliva mediante tampone boccale potrebbe essere potenziale strumento di trasmissioni di infezioni e/o malattie, laddove, in assenza di specifica regolamentazione, il personale che vi procede operi con eccessiva disinvoltura nell’esperimento di tali metodiche di prelievo.

Per quanto il prelievo biologico si risolva in un’operazione praticamente innocua, la negligenza del personale sanitario oppure le

16 La necessità di qualificare il prelievo ematico come atto sanitario era ribadita nell’art 2 D.p.r 14 marzo 1974 n. 225 in G.U.,18 giugno 1974, n. 157 : «Le attribuzioni degli infermieri professionali […] sono: a) i prelievi venoso o capillare del sangue […]». In tal senso va ricordata la definizione di atto medico suggerita da C. GERIN, Medicina Legale e delle Assicurazioni, Roma, 1977, vol III, p. 45: «Può dirsi che gli atti di natura medica hanno per fine [...]» anche «l’accertamento e la valutazione di un fatto biologico di interesse giudiziario». Inoltre, la dottrina prevalente riconosce nel prelievo ematico un atto medico, riconducendolo in una nozione lata di trattamento sanitario, (in tal senso N. MAZZACUVA, G. PAPPALARDO, Prelievo ematico coattivo e accertamento

della verità: spunti problematici, in Foro it., 1987, I, p. 719; G. NORELLI, E.

MAZZEO, Sulla progressiva svalutazione del consenso all’atto medico nella

recente giurisprudenza costituzionale, in Giust. pen., 1989, I, p. 319; R.

D’ALESSIO, I limiti costituzionali dei trattamenti «sanitari», in Dir. e società, 1981, p. 558; M. CINGOLANI, Il prelievo ematico per l’accertamento della

idoneità alla guida dopo le sentenze della corte Costituzionale 194 e 238 del 1996, in Riv. it. med. leg., 1997, p. 875; G. IADECOLA, Potestà di curare e consenso del paziente, Padova, 1998, p. 4).

17 In caso di prelievo endovenoso la penetrazione riguarda anche le strutture sottostanti e la parete del vaso venoso, cfr. M. CINGOLANI, Il prelievo ematico

per l’accertamento della idoneità alla guida dopo le sentenze della corte Costituzionale 194 e 238 del 1996, cit., p. 877.

18 V. BARBATO, G. LAGO G, V. MANZARI, Come ovviare al vuoto sui prelievi

(17)

manovre di costrizione necessarie per vincere l’opposizione di chi si rifiuta possono, dunque, provocare effetti lesivi19.

Tali effetti lesivi, in caso di mancanza di consenso, risultano ancor più evidenti nel prelievo ematico: l’ago durante il tempo necessario per il prelievo, a causa degli spostamenti che la parte anatomica subisce per variazioni di contrattura o discontinuità nell’immobilizzazione della persona che vi è sottoposta con la forza, può causare delle lesioni traumatiche, sia pure modeste, dei tessuti e delle pareti vasali20.

Da un punto di vista giuridico, si è visto che l’invasività del prelievo biologico e il dissenso alla sua esecuzione si scontrano con libertà costituzionalmente garantite. Si tratta di un profilo che sarà meglio analizzato nel prosieguo e alla luce della giurisprudenza costituzionale sul punto; ora, invece, pare opportuno soffermarsi su che cosa si intenda per prelievo ematico ed in generale per prelievo biologico nell’ambito dell’ordinamento processuale21.

19 Secondo R.E. KOSTORIS, Prelievi biologici coattivi in R.E. KOSTORIS, R. ORLANDI (a cura di) Contrasto al terrorismo interno e internazionale, Torino, 2006, pp. 335 e ss., «la consapevolezza dell'autonoma rilevanza del bene salute in questa materia dovrebbe portare, nel caso di misure invasive, alla fissazione normativa di precise garanzie di carattere oggettivo (metodiche che assicurino condizioni di sicurezza clinica, con correlativa esclusione della misura ove possa compromettere la salute o mettere in pericolo la vita) e soggettivo (impiego di personale specializzato per l'esecuzione delle operazioni).» Di opposte conclusioni P. FELICIONI, Accertamenti sulla persona e processo penale. Il

prelievo di materiale biologico, cit., p. 167, secondo la quale non pare che il

prelievo di saliva o capelli pregiudichi il diritto alla salute. L'autrice ritiene che, pur trattandosi di attività parzialmente invasiva, poiché travalicante la barriera fisica di un individuo, esso sia un atto immediato, indolore e non lesivo dell'integrità corporale.

20 Così P. ZANGANI, Diritti della persona e prelievi biologici: aspetti

medico-legali, in Giust. pen., 1988, c. 544. Nello specifico caso del prelievo ematico,

l’autore evidenzia come il personale sanitario, nonostante non collabori direttamente alla svestizione e coercizione fisica del soggetto passivo, si trovi comunque di fronte ad un prelievo di sangue che dovrà essere eseguito in condizioni abnormi e, in queste circostanze, potrebbero subentrare problemi di deontologia professionale per il medico chiamato a procedervi.

21 La qualificazione dell’operazione di prelievo è diversa a seconda che si tratti di processo civile o di processo penale. Nel processo civile il prelievo ematico ed il prelievo biologico in genere è funzionale ad eseguire le ricerche di maternità e di paternità ex art. 269 c.c (in particolare, la prova genetica è espressamente

(18)

Appare opportuno cercare di dare al termine “prelievo” una definizione e qualificazione giuridica e medico - legale, distinguendo tra invasivo o non invasivo; incidente o non incidente sulla libertà personale. Per prelievo si fa riferimento a qualsiasi manovra diretta ad acquisire il materiale necessario per l'esecuzione di ricerche ed analisi.

Il prelievo può avere ad oggetto il sangue, la saliva o altri liquidi e/o componenti corporee. Si può considerare l'entità del sacrificio imposto alla libertà personale come parametro per classificare il prelievo. Il parametro di riferimento di tale classificazione è la nostra Costituzione che sancisce l'inviolabilità della libertà personale e pone una riserva di legge e una riserva di giurisdizione per i provvedimenti che comprimano tale libertà (commi 1 e 2 art. 13 Cost.).

Il criterio discretivo non va ricercato tanto nel carattere prolungato o momentaneo della coercizione, quanto nel fatto che essa riguardi solo il carattere esteriore della persona oppure comporti anche sostanziali restrizioni morali di libertà personale. Il prelievo incide sulla libertà personale se si concreta in una misura intracorporale che possa menomare la libertà, anche morale, della persona che vi è sottoposta. All'interno di quest'ultima categoria si suole distinguere ulteriormente i prelievi non invasivi, cioè consistenti nel raccogliere il materiale necessario per le ricerche e le analisi senza superare la barriera fisica individuata come prova esperibile nell’azione di disconoscimento della paternità

ex art 235 comma 1 n. 3. c.c.). La prevalente dottrina processuale civilistica (A.

FINOCCHIARO, Ispezione (dir. proc. civ), in Enc. dir., vol. XXII, Milano, 1974, p. 952; A. MASSARI, Ispezione giudiziale, in Noviss. Dig. it., vol. IX, Torino, 1963, p. 194. G. CARBONE, Prove genetiche: rifiuto equivale ad ammissione?, in Famiglia e dir., 1997, p. 105), nonché la stessa giurisprudenza (Cass. civ., 21 maggio 1985, n. 3094, in Foro it. Rep., 1985, voce Filiazione, n. 32; Cass. civ., 21 aprile, 1983, n. 2736; Cass. civ., 11 maggio 1982, n. 2925, in Foro it., 1983, I, p. 149; Cass. civ., 11 dicembre 1980, n. 6400, ivi, 1981, I, p. 22, giurisprudenza citata da G. BALENA, Ispezione giudiziale. I) Dir. proc. civ., in Enc. giur.

Treccani, vol. XVII, Roma, 1991, p. 6), inquadrano la prova genetica, e tutte le

operazioni a questa funzionali, nell’ambito dell’ispezione corporale (art. 260 c.p.c), nonostante la prova genetica appaia ben diversa dal semplice inspicere, richiedendo dei prelievi e l’analisi del materiale prelevato.

(19)

che separa l'individuo dall'ambiente esterno in quanto quel materiale avrebbe comunque abbandonato la sfera fisica di quell'individuo, e i prelievi invasivi che superano il limite corporale del soggetto interrompendo la sua integrità fisica22.

Sull'invasività o meno dell'asportazione di materiale biologico da persona vivente, le opinioni non sono unanimi. In particolare, da parte di una considerevole percentuale di giuristi, si ritiene che il prototipo del prelievo invasivo, sia rappresentato dal prelievo di sangue23, ma

altri24 osservano che esso non può considerarsi invasivo alla luce di

nuove metodiche di ampia diffusione e per nulla dolorose, che si avvalgono di lancette pungidito, le stesse usate autonomamente dai diabetici per il controllo della glicemia. Ancora, accanto a chi reputa non invasivo il prelievo di capelli o peli, vi è chi osserva che l'operazione, seppur semplice, sia «microcruenta25», per la necessità di

asportare il bulbo. Invece vi è unanimità sulla non invasività dell'impiego del tampone di cellule di desquamazione dell'epidermide (stub) o di altro tessuto (tampone di cavo orale) e della raccolta di liquidi biologici secreti (urine, sudore, saliva).

Il prelievo ematico, a dispetto dell'equivoco culturale che lo lega necessariamente all'uso della siringa, viene tratto da una quantità ridottissima di sangue depositata su un supporto dedicato o su un tampone sterile26. Il prelievo di saliva si effettua mediante tamponi 22 Così si è pronunciata la Corte costituzionale nella prima sentenza in materia, la n.

30 del 27 marzo 1962, v. cap. 2, par. 2.2.

23 P. FELICIONI, Accertamenti personali coattivi nel processo penale: linee di

riforma, in Dir. pen. proc., 2005, p. 623.

24 P. GAROFANO, Le attività tecniche: dal prelievo alla banca dati del DNA, in A. SCARCELLA (a cura di), Prelievo del DNA e Banca dati nazionale, Padova, 2009, p. 81.

25 R. DEL COCO, Il prelievo dei campioni biologici in L. MARAFIOTI, L. LUPARIA (a cura di), Banca dati del DNA e accertamento penale, Milano, 2010, p. 66.

26 P. GAROFANO, Le attività tecniche: dal prelievo alla banca dati del DNA, cit., p. 81.

(20)

appositi: la saliva è fonte di DNA non in quanto tale, ma per la presenza in essa di cellule di sfaldamento della mucosa del cavo orale27. Il prelievo di formazioni pilifere è invece una tecnica

maggiormente complessa che necessita della raccolta del pelo o del capello assieme al bulbo, trovandosi qui il DNA.

In ambito processuale penale, il prelievo ematico o biologico in generale non può far riferimento all'istituto del sequestro probatorio28:

se, da un lato, in virtù dell’“impossessamento” del campione ematico o biologico prelevato, la fattispecie sembrerebbe riconducibile al sequestro probatorio, dall’altro, invece, l’art. 253 c.p.p indica come oggetto di sequestro il «corpo del reato o le cose ad esso pertinenti» e il prelievo biologico in genere non pare configurabile in questi termini. E’ condivisibile, invece, la scelta di riconoscere in esso un’operazione tecnica che rientra nel novero dei provvedimenti disposti dall’autorità giudiziaria per lo svolgimento di una perizia o di una consulenza tecnica preprocessuale. Si tratta, quindi, di un’operazione “propedeutica” allo svolgimento di un mezzo di prova o di un atto investigativo (con particolari risvolti sul piano probatorio ex art 360 c.p.p), la cui esecuzione presuppone un mero pati29 della persona che

vi è sottoposta.

Da ciò si ricava che, nel processo penale, il prelievo ematico pare qualificarsi come un atto medico30, eseguibile sulla base di un 27 P. GAROFANO, Le attività tecniche: dal prelievo alla banca dati del DNA, cit.,

pp. 81 - 83.

28 R. CANTONE, Perquisizioni e sequestri: dalle tecniche investigative alle

problematiche processuali, in Arch. nuova proc. pen., 2001, pp. 3 e ss.

29 In tal senso P. FELICIONI, L’esecuzione coattiva del prelievo ematico: profili

problematici, in Cass. pen., 1997, pp. 326 - 327.

30 Il problema della liceità dei prelievi ematici coattivi è stato oggetto d’esame anche da parte della Commissione Europea dei Diritti dell’Uomo, sotto il profilo della compatibilità con le norme della Convenzione Europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Al riguardo la Commissione ha affermato che il prelievo forzoso di sangue, traducendosi in una privazione della libertà personale, ricade nell’ambito applicativo dell’art 5 della Convenzione, cfr.

(21)

provvedimento dell’autorità giudiziaria.

In realtà, come si cercherà di evidenziare, altre sono le perplessità e le problematiche che emergono rispetto a questo possibile inquadramento concettuale.

I principali profili problematici dell'utilizzo delle tecniche di identificazione basate sulla raccolta di materiale biologico e sulla sua comparazione mediante il test del DNA, attengono alle modalità di acquisizione della prova, con particolare riferimento alla coercibilità del prelievo dei campioni di tessuto, sia dal punto di vista soggettivo (chi può essere sottoposto al test), che oggettivo (per quali tipi di reati, per quali condizioni ecc.).

Il prelievo di materiale biologico dall'imputato o indagato è infatti una fase necessaria per eseguire il test: solo attraverso la comparazione del DNA dell'imputato o indagato con quello rinvenuto, ad esempio, sul luogo del delitto, si potrà escluderne o provarne l'appartenenza. L'operazione, tuttavia, per quanto possa apparire semplice, incontra difficoltà legate alla necessità di acquisire il preventivo consenso della persona a sottoporsi a prelievo biologico, affinché si possa eseguire su di essa il test del DNA: come anticipato, entra in gioco in primis la libertà personale dell'interessato che può essere messa in grave pericolo laddove l'estrazione del DNA comporti il prelievo di campioni di tessuto senza il suo consenso31.

Ricorsi nn. 8239/78 e 8278/78 citati in V. NAPOLEONI, I prelievi ematici

coattivi dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 238/1996. Prospettive di intervento normativo, in Doc. giust., 1996, p. 2071. Si è trattato di due ricorsi

relativi all’esecuzione di prelievi per accertare la guida in stato di ubriachezza. La Commissione ha riconosciuto la liceità di questi di fronte a chiare esigenze di tutela della sicurezza e dell’incolumità pubblica.

31 Così G. GENNARI Identità genetica e diritti della persona, in Riv. crit. dir. priv., 2005, pp. 623 e ss.

(22)

1.3 Prelievi biologici e libertà personale

Si è visto che quando l'accertamento probatorio ha ad oggetto il corpo umano, come nel caso dei prelievi biologici, entrano in gioco, più che in altri momenti procedurali, i diritti del singolo.

Per meglio esaminare e comprendere le problematiche sull'esperibilità in forma coattiva del prelievo in campo penale, sembra opportuno iniziare il discorso relativo ai valori costituzionali coinvolti, proprio dal diritto alla libertà personale, dato che la natura prioritaria di tale diritto risulta dalla stessa collocazione dell'art. 13 che lo garantisce, in esordio al titolo della Carta fondamentale32 dedicato ai «rapporti civili»

e, in particolare, dal solenne riconoscimento della sua inviolabilità33.

Peraltro, proprio in quanto l’acquisizione di un campione biologico comporta, come visto, il compimento di un atto invasivo (in misura maggiore o minore) della fisicità di un soggetto34, risulta evidente

come tale operazione incida, anzitutto, su tale libertà35.

La libertà personale si configura come presupposto di tutte le altre libertà in quanto le precede logicamente e le condiziona rendendone possibile l’esplicazione36 e rappresenta un diritto soggettivo che può 32 Si è trattato di un'importante conquista in termini di civiltà giuridica, determinata dall'opera del Costituente, il quale ha inteso porre la persona umana al centro del nuovo ordinamento, «abbattendo così la vecchia concezione fascista che poneva lo Stato davanti a tutto e tutti»: così L. FILIPPI, L'arresto in flagranza

nell'evoluzione normativa, Milano, 1990, p. 41.

33 In questi termini, L. FILIPPI, L'arresto in flagranza nell'evoluzione normativa, cit., p. 42.

34 L’atto in questione sfugge al divieto dell’art. 5 c.c., a tenore del quale risulta ammessa, in via generale, la possibilità di atti dispositivi del proprio corpo, a meno che non cagionino diminuzioni permanenti della integrità fisica o siano altrimenti contrari alla legge, all’ordine pubblico o al buon costume, (A. GALASSO, Biotecnologie e atti di disposizione del corpo, in Familia, 2001, pp. 911 e ss.; C.M. D’ARRIGO, Il contratto e il corpo: meritevolezza e liceità degli

atti di disposizione dell’integrità fisica, in Familia, 2005, pp. 777 e ss.).

35 Così G.P. DOLSO, Libertà personale e prelievi ematici coattivi in Giur. cost., 1996, p. 3222.

(23)

essere fatto valere nei confronti sia dei privati sia dei pubblici poteri. E’ difficile ricondurre il concetto di libertà personale a una nozione unitaria. Tradizionalmente la Corte Costituzionale ha indicato il significato della libertà personale nella «libertà dagli arresti» (c.d writ

of habeas corpus37).

A questa definizione se ne è affiancata una diversa e più ampia, diretta a ricondurvi anche la c.d. libertà morale38. Queste diverse definizioni

del contenuto della libertà personale hanno precise conseguenze. In base alla definizione tradizionale, ricadono nel disposto dell’art. 13 Cost. le sole coercizioni fisiche, a cui corrisponde un mero pati, da parte di chi le subisce. L’imposizione di obblighi e di divieti sarebbe estranea all’art. 13 Cost, essendo invece, giustificabile in base ad altre disposizioni costituzionali quali gli artt. 16, 23 e 32 Cost.

Per la seconda definizione, qualsiasi misura, anche obbligatoria, in grado di incidere negativamente sulla libertà morale del singolo, sarebbe riconducibile alle garanzie previste dall’art. 13 Cost, mentre

37 Ad esempio, Corte cost., sent. 23 giugno 1956, n. 2, in Giur. cost., 1956, p. 361; Corte cost., sent. 15 luglio 1959, n. 49, in Giur. Cost.,1959, p. 778; Corte cost., sent. 23 marzo 1960, n. 12, in Giur. cost., 1960, p. 113; Corte cost., sent. 30 giugno 1960, n. 45, in Giur. cost., 1960, p. 683; Corte cost., sent. 30 giugno 1964, n. 68, in Giur. cost., 1964, p. 715; Corte cost., sent. 5 febbraio 1975, n. 20, in

Giur. cost., 1975, p. 91; in questa direzione S. GALEOTTI, Rilievi segnaletici e restrizioni della libertà personale, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1962, pp. 859 e ss.

E’ utile precisare che, l’identificazione della libertà personale con la disponibilità del proprio corpo non implica che la libertà personale sia limitata dalle restrizioni che investono semplicemente l’attività fisica e corporea della persona. Se è necessaria una incidenza finale sul corpo, essa di per sé non è sufficiente essendo necessario, oltre alla incidenza fisica, che la restrizione sia portata a effetto con la forza, senza la collaborazione, più o meno spontanea, da parte dell’interessato. In questo senso A. PACE, Libertà personale (dir. cost.), in Enc. dir., vol. XXIV, Milano, 1974, p. 296. L’autore sostiene, poi, che la libertà personale sarebbe tutelata dall’art 23 Cost., mentre l’art 13 Cost, unitamente agli artt. 68 e 111 Cost., disciplinerebbero residualmente le soli restrizioni della libertà fisica, A. PACE, Problematica delle libertà costituzionali: lezioni, Parte speciale 1, Padova, 1985, pp. 156 e ss.

38 Emblematica in questo senso la sentenza della Consulta n. 11 del 19 giugno 1956, in Giur. cost., 1956, pp. 612 e ss. Cfr. A. BARBERA, I principi costituzionali

(24)

misure fisicamente coercitive che però, non abbiano un carattere particolarmente afflittivo o degradante, non potrebbero considerarsi restrittive della libertà personale di cui all’art. 13 Cost.39

L’art. 13 Cost. riconosce e garantisce la libertà personale non solo attraverso la proclamazione della sua inviolabilità, (determinando la tendenziale priorità di tale diritto nell’ipotesi in cui venga in contrasto con altri), ma anche, soprattutto, la fissazione dei presupposti e dei limiti per l’esercizio dei poteri di coercizione da parte della pubblica autorità.

In presenza di un rifiuto da parte dell'indagato di sottoporsi all'esame richiesto dall'autorità procedente, si pone il problema di individuare se ed in quale misura la volontà personale è coercibile, rimanendo nel rispetto dei presupposti e dei limiti previsti dall'art. 13 Cost.40

Diventa allora necessario vedere quali siano tali presupposti e tali limiti, al fine di verificare fino a che punto possa estendersi il potere dell'autorità giudiziaria in questo settore.

L'art. 13 comma 2 Cost. contiene tre garanzie quanto ai provvedimenti restrittivi della libertà personale: la riserva di legge, la riserva di giurisdizione ed il principio di motivazione.

In base alla prima regola spetta solo alla legge indicare le singole misure coercitive. Si tratta di una riserva di legge assoluta che, in quanto tale, esclude ogni intervento attraverso altre fonti alla stessa subordinate. Inoltre la legge, laddove preveda un provvedimento restrittivo, deve determinare anche, con sufficiente grado di specificazione, sia i casi nei quali può ad esso farsi ricorso, sia i modi (ovvero il procedimento) per cui tramite la restrizione può essere 39 R. D'ALESSIO, Sub art 13 Cost., in V. CRISAFULLI, L. PALADIN (a cura di),

Commentario breve alla Costituzione, Padova, 1990, p. 80.

40 La suddetta norma garantisce infatti la libertà dell'individuo da qualsiasi costringimento illegittimo, consentendone limitazioni solo in presenza di specifiche condizioni.

(25)

imposta41.

La seconda garanzia prevista dallo stesso art. 13 Cost. comma 2 è la riserva del provvedimento restrittivo all'«autorità giudiziaria». Ciò comporta che le limitazioni della libertà personale possano essere ammesse a condizione non soltanto che la legge le preveda, ma anche che sia l'«autorità giudiziaria» a disporle42.

Infine, dalla stessa disposizione costituzionale risulta che la discrezionalità giurisdizionale è circoscritta, in quanto vi si richiede che l'atto con il quale viene ordinata la misura coercitiva sia motivato, in modo da dimostrare la sussistenza, nel caso concreto, delle condizioni previste dalla legge per l'adozione del provvedimento43.

Appare chiaro che l'autorità giudiziaria non potrà cercare la verità ad ogni costo, poiché ciò porterebbe ad acquisire prove proceduralmente 41 Analoga previsione è contenuta nell'art. 5 CEDU dove si stabilisce che le compressioni del bene della libertà dell'imputato sono consentite nei casi e modi previsti dalla legge.

42 Era controverso in passato se l' «autorità giudiziaria», alla quale l'art. 13 comma 2 Cost. riserva il potere di coercizione personale, comprendesse, oltre che il giudice, anche il pubblico ministero. Per l'orientamento maggioritario, la locuzione era riferibile ad entrambi gli organi (G. AMATO, Individuo e autorità

nella disciplina della libertà personale, Milano, 1967, p. 388); sebbene taluno

apprezzasse l'interpretazione più restrittiva nella misura in cui evidenziava una «significativa propensione del sistema costituzionale per l'affidamento di quel potere al giudice, cioè ad un organo assolutamente super partes, piuttosto che ad una “parte imparziale” quale è il pubblico ministero»: così V. GREVI, Libertà

personale dell'imputato e Costituzione, cit., p. 74. Oggi questa seconda

interpretazione è divenuta quella prevalente, quanto meno per il caso in cui si tratti di provvedimenti coercitivi gravi (G. DI CHIARA, Libertà personale

dell'imputato e presunzione di non colpevolezza, in G. FIANDACA, G. DI

CHIARA, Una introduzione al sistema penale, Napoli, 2003, pp. 304 e ss.). Senza dubbio infatti, il giudice, essendo soggetto soltanto alla legge (art. 101 comma 2 Cost.) e dovendo essere anche terzo e imparziale (art. 111 comma 2 Cost.), offre maggiori garanzie rispetto alla pubblica accusa (L. FILIPPI,

L'arresto in flagranza nell'evoluzione normativa, cit., p. 79).

43 Da un punto di vista generale, la motivazione è necessaria anche in virtù dell'art. 111 comma 6 Cost., secondo cui tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati: ciò in quanto, attraverso la verifica dell'iter logico seguito dal giudice, è possibile controllare la legalità del provvedimento e verificare se l'autorità giudiziaria abbia provveduto osservando la legge. Inoltre la motivazione permette il controllo della Corte di Cassazione (art. 111 comma 7 Cost.) previsto, su ricorso, in ordine a tutti i provvedimenti che incidono sulla libertà personale.

(26)

inutilizzabili, in quanto illecitamente ottenute in violazione dei principi sanciti dalla legge, quello della libertà personale in particolare.

Stabilisce infatti l'art. 189 c.p.p. che: «quando è richiesta una prova non disciplinata dalla legge, il giudice può ammetterla se essa risulta idonea ad assicurare l'accertamento dei fatti e non pregiudica la libertà morale della persona», mentre l'art. 191 comma 1 c.p.p. prevede che «le prove acquisite in violazione dei divieti stabiliti dalla legge non possono essere utilizzate». Questi principi garantiscono interessi primari e prevalenti sull'esigenza di perseguire, attraverso il processo, la verità oggettiva.

Un prelievo coattivo implica dunque una pur transitoria restrizione della libertà, che, come visto, deve essere disposta in forza dell’art. 13 Cost., dall’autorità giudiziaria ed essere attuata nei soli casi e modi previsti dalla legge.

1.4 Prelievi coattivi e diritto di non autoincriminarsi

Nell'ambito delle operazioni di prelievo biologico nel processo penale, occorre delineare la portata della “coercizione legittima” (diretta a vincere l’eventuale rifiuto dell’imputato di sottostare all’attività di formazione della prova), bilanciandola non solo con il diritto alla libertà personale ma anche con il diritto di autodifesa passiva e con il suo corollario essenziale costituito dalla garanzia del nemo tenetur se

detegere44, nel cui ambito appaiono riconducibili sia il diritto

44 In forza del quale nessuno può essere obbligato ad affermare la propria responsabilità penale (diritto di non autoincriminazione). In dottrina si distinguono tradizionalmente due aspetti dell’autodifesa: l’autodifesa attiva, che trova la più rilevante manifestazione nella facoltà per l’indagato e/o l’imputato di fornire il proprio apporto conoscitivo alla ricostruzione fattuale senza dover soggiacere agli obblighi di verità che caratterizzano la testimonianza; l’autodifesa passiva, intesa come facoltà di difendersi tacendo o, più in generale, come facoltà

(27)

dell’accusato di non essere obbligato a fornire “materiali” a sostegno dell’accusa, sia il diritto a non effettuare i movimenti corporei necessari per il corretto espletamento dell’atto probatorio cui è sottoposto.

L'esame dei prelievi coattivi di materiale biologico alla luce delle garanzie previste a favore dell'imputato dalla nostra Costituzione, impone dunque anche una riflessione circa la possibile violazione del principio di non autoincriminazione45.

Come ha chiarito la Corte costituzionale46, questo principio è un

corollario essenziale del diritto di difesa (art. 24 comma 2 Cost.). Rispetto alla formazione della prova, la distinzione che attribuisce all’imputato (e conseguentemente anche all’indagato ex art. 61 c.p.p) il duplice ruolo di “organo” e “oggetto” di prova47, appare utile per

evidenziare i precisi diritti dell’imputato e il loro fondamento costituzionale. Limitatamente alla configurazione dell’imputato come “organo” di prova, si riscontra il suo diritto di difendersi provando (con un contributo attivo consistente nel rendere dichiarazioni relative all'accertamento del fatto) e nel diritto a non tenere comportamenti partecipativi rispetto al procedimento probatorio, (esercitando il c.d. diritto al silenzio), componenti, rispettivamente positiva e negativa del diritto di difesa sancito dall'art. 24 Cost.48 La situazione giuridica

di non fornire elementi (di qualsiasi natura) in proprio danno; cfr. O. MAZZA,

L’interrogatorio e l’esame dell’imputato nel suo procedimento, Milano, 2004, p.

45.

45 G. UBERTIS, Attività investigativa e prelievo di campioni biologici, in Cass.

pen., 2008, p. 7.

46 Corte cost., ord. 19 giugno 2002, n. 291, in Giur. cost. 2002, p. 2106.

47 La distinzione “organo” - “oggetto” riferita all'imputatoe la relativa terminologia si devono all'elaborazione dottrinale sviluppatasi già nella vigenza del codice di procedura penale del 1913 e del 1930. V. O. DOMINIONI, Le parti nel processo

penale. Profili sistematici e problemi, Milano, 1985, pp. 186 e ss.; v. anche E.

FLORIAN, Delle prove penali, vol. I, Milano, 1924, pp. 136 e ss.

48 O. DOMINIONI, Le parti nel processo penale. Profili sistematici e problemi, cit., p. 159.

(28)

dell'imputato quale “oggetto” di prova si concretizza in una condizione di soggezione, fondata sull'art. 2 Cost., che impone di tollerare accertamenti sul proprio corpo, disposti eventualmente anche in forma coattiva, finalizzati all'acquisizione di elementi di prova. All'imputato, in questo caso, non è richiesto quindi di contribuire attivamente all'istruzione probatoria, ma di soggiacere con la propria persona alla stessa. Il fondamento costituzionalmente legittimante tali attività va riconosciuto nell’art. 13 Cost. che, come visto, consente la soggezione dell’imputato, in presenza delle garanzie formali richieste dall’articolo medesimo49.

In linea di principio, la persona sottoposta a procedimento penale non può paralizzare un’attività d’indagine o probatoria, invocando l’esercizio del diritto di autodifesa passiva50, quando sia chiamata a

parteciparvi come mera realtà fisica, senza necessità di una collaborazione attiva (vocale o gestuale). «L’uomo come entità fisica diviene oggetto di ricerca probatoria anche a prescindere dalla collaborazione dell’interessato il quale, qualora non occorra alcuna sua attivazione fisica per lo svolgimento dell’indagine, non può impedire l’emergere di elementi di prova dal proprio corpo51».

Viceversa, il diritto di autodifesa passiva tutela l’imputato sottoposto ad accertamenti che si esplicano sul proprio corpo dall’imposizione di obblighi o coercizioni ulteriori rispetto al mero pati, tendenti a provocare una sua attivazione fisica.

In sintesi, quindi, all’imputato come “oggetto” di prova, in quanto entità fisica, può essere richiesto un semplice pati rispetto all’attività probatoria52.

49 cfr. paragrafo 1.3. 50 V. nota n. 44.

51 Così P. FELICIONI, Accertamenti sulla persona e processo penale. Il prelievo di

materiale biologico, cit., p. 3.

(29)

L’ispezione e la perquisizione personale, ad esempio, sono mezzi di ricerca della prova, ai quali il soggetto passivo partecipa in condizione di soggezione come oggetto di prova; il legislatore non ha preso espressamente in considerazione la possibilità di un rifiuto dell’accusato di sottostare agli stessi: la caratteristica strutturale di tali mezzi di ricerca della prova è infatti proprio la coattività, nel senso di indiscussa possibilità che la ricerca venga effettuata anche contro la volontà del titolare della sfera personale incisa53.

Riguardo al prelievo di capelli, di peli o di mucosa del cavo orale finalizzato alla determinazione del profilo del DNA, potrebbe ipotizzarsi invece la necessità dell’adesione dell’accusato al loro compimento, trattandosi di attività che si pongono in conflitto con il suo diritto di autodifesa passiva, sotto il profilo sia della facoltà di non fornire materiali biologici utilizzabili a fini probatori in proprio danno, sia, per il solo prelievo di mucosa del cavo orale, della facoltà di non essere obbligato ad effettuare movimenti corporei (quali l’apertura della bocca).

Riguardo a quelle che possono essere definite “informazioni corporali” desunte mediante prelievi o accertamenti, parte della dottrina ha richiamato il principio del nemo tenetur se detegere per quegli «atti probatori il cui espletamento richiede al soggetto passivo un seppur minimo facere (es. perizia odontostomatologica, prelievo di saliva o di mucosa dal cavo orale)54», nonché in relazione agli accertamenti

pen., 1992, p. 737, richiamata in G. LATTANZI, Codice di procedura penale annotato con la giurisprudenza, Milano, 2015, p. 628. La nota alla sentenza di P.

VENTURATI, Ricognizione di persona e poteri coercitivi del giudice, in Cass.

pen., 1993, p. 292.

53 P. FELICIONI, Accertamenti sulla persona e processo penale. Il prelievo di

materiale biologico, cit., p. 35, secondo la quale la coercizione si può configurare

come immobilizzazione temporanea od eventuale svestizione del soggetto recalcitrante per consentire l’attività probatoria.

54 Testualmente P. FELICIONI, Questioni aperte in materia di acquisizione e

(30)

radiologici55.

La prospettiva appena delineata sembrerebbe imporre di escludere la legittimità dell’eventuale coercizione tutte le volte in cui la formazione della prova coinvolga l’accusato come soggetto agente, richiedendogli una collaborazione per il compimento dell’accertamento oggetto di perizia o di consulenza tecnica (ad es., il compimento di movimenti corporei, l’ingestione di un mezzo di contrasto, ecc.).

Per converso, la disciplina vigente nel nostro ordinamento56 privilegia

l’esigenza di acquisizione della prova a discapito delle facoltà riconducibili alla garanzia del nemo tenetur se detergere, permettendo, in caso di rifiuto dell’accusato, l’uso della forza nell’ambito di procedure riconducibili alla perizia (art. 224 bis c.p.p.) o all’accertamento tecnico disposto dal pubblico ministero (art. 359 bis c.p.p.).

E’ chiaro che il materiale biologico prelevato coattivamente potrebbe essere uno strumento d’accusa grave al pari di una dichiarazione autoincriminante, ma occorre distinguere i due fenomeni. Una cosa è appropriarsi, anche coattivamente, di un campione di materiale biologico, quale res che potrebbe dirigere le accuse verso il soggetto da cui proviene il campione prelevato altra cosa è invece, garantire

processo penale, Milano, 2011, p. 151.

55 R.C. CILIBERTI, F. DE STEFANO, L'ispezione corporale e l'accertamento

radiografico coattivo. Considerazioni etiche e medico - legali, in Riv. it. med. leg., 2008, p. 98; dello stesso avviso P. FELICIONI, Questioni aperte in materia di acquisizione e utilizzazione probatoria dei profili genetici, cit., p. 151. Anche

la Corte di Strasburgo ha evocato il principio del nemu tenetur se detergere in un famoso precedente, che si riferiva ad un trattamento medico finalizzato a far espellere a un soggetto indiziato di un reato la sostanza stupefacente che l'autorità aveva ragione di credere occultasse nello stomaco (Corte eur. dir. uomo, Grande Camera, sent. 11 luglio 2006, Jalloh c. Germania).

56 Introdotta dalla l. 85/2009 (art. 24 comma 1), consente al giudice di disporre, anche d'ufficio, con ordinanza motivata, l'esecuzione coattiva di una perizia incidente sulla libertà personale, ma solo se assolutamente indispensabile per la prova dei fatti. La relativa normativa sarà oggetto di specifica trattazione nel prosieguo (capitolo IV).

(31)

all’imputato il diritto a non autoincriminarsi; esso, infatti, ha sempre a suo presupposto un facere57. Sembra utile citare, a sostegno di questo

assunto, ciò che la stessa Corte europea dei diritti dell’uomo ha stabilito in ordine al rapporto fra la tutela del diritto a non autoincriminarsi e la sottoposizione dell’indagato ai poteri coercitivi dell’autorità giudiziaria: «[…] il diritto a non autoincriminarsi riguarda, in primo luogo, il rispetto della decisione dell’indagato di mantenere il silenzio […] non riguarda, invece, quanto si può ottenere dall’indagato ricorrendo ai poteri coercitivi, indipendentemente dalla sua volontà, come accade, per esempio, per i documenti raccolti attraverso un mandato, il prelievo di sangue, d’urina oppure altro materiale biologico in vista di una analisi del DNA58».

57 Altri hanno comunque sottolineato che non pare ammissibile la coercizione diretta a costringere la persona indagata o imputata a certi comportamenti attivi, come fare certi movimenti, indossare certi abiti, ecc. Cfr. in tal senso G.P. VOENA, Difesa penale, in Enc. giur. Treccani, vol X, Roma, 1991, pp. 33 e ss.; N. TRIGGIANI, Ricognizioni mezzo di prova nel nuovo processo penale, Milano, 1998, pp. 122 e ss.; A. M. CAPITTA, Ricognizione coatta, comunicative evidence

e diritto al silenzio, in Giust. pen., 1996, I, p. 118. Si tratterebbe, secondo questo

diverso orientamento dottrinale, di comportamenti che presuppongono un facere. Com’è il caso dell’accertamento con l’etilometro con cui la polizia stradale verifica lo stato d’ebbrezza dell’automobilista. Si tratta di un’operazione che richiede una collaborazione da parte del soggetto, cfr. in tal senso P. FELICIONI,

L’esecuzione coattiva del prelievo ematico: profili problematici, cit., p. 325.

58 «Toutefois, le droit de ne pas s'incriminer soi-même concerne en premier lieu le respect de la détermination d'un accusé de garder le silence…. il ne s'étend pas à l'usage, dans une procédure pénale, de données que l'on peut obtenir de l'accusé en recourant à des pouvoirs coercitifs mais qui existent indépendamment de la volonté du suspect, par exemple les documents recueillis en vertu d'un mandat, les prélèvements d'haleine, de sang et d'urine ainsi que de tissus corporels en vue d'une analyse de l'ADN», in www.hudoc.echr.coe.int/hudoc (Corte eur. dir. uomo, sent. 17 dicembre 1996, Saunders c. Regno Unito). Saunders era stato indagato, sulla base del Company Act 1985, per aver aumentato, illegalmente, il valore commerciale relativo alle azioni della sua azienda. Ai sensi della legge in questione, gli inquirenti avevano il potere di costringere il suddetto a produrre documenti e a rispondere ad alcune domande. Il rifiuto di ottemperare a tale obbligo sarebbe stato interpretato come un “disprezzo della Corte” e qualsiasi altra informazione sarebbe potuta essere usata contro Saunders nel corso del procedimento. Con riferimento a tale fattispecie, la Corte europea dei diritti umani ha affermato che l'uso contro l'imputato, nel dibattimento, di alcune affermazioni precedentemente rese integrava una violazione dell'art. 6 CEDU.

Riferimenti

Documenti correlati

Tenuto conto anche delle finalità di rendicontazione di cui al punto 4 della presente informativa, i Suoi dati personali verranno conservati dalla CCIAA di Pavia per un periodo

- il diritto di conoscere se la CCIAA di Pavia ha in corso trattamenti di dati personali che riguardano l’Interessato e, in tal caso, di avere accesso ai dati oggetto del

- il diritto di conoscere se la CCIAA di Pavia ha in corso trattamenti di dati personali che riguardano l’Interessato e, in tal caso, di avere accesso ai dati oggetto del

 Il trattamento consiste nella richiesta, anche d’ufficio, di presentazione di certificati del casellario giudiziario, dei carichi pendenti e dei certificati antimafia, ai soggetti

[r]

L’Interessato può inviare le richieste formali di esercizio dei propri diritti oppure segnalazione di presunte inottemperanze o violazioni utilizzando il modello previsto dall'

Nello specifico i dati vengono raccolti e trattati nell’ambito delle verifiche di sanità pubblica per l’accesso dei soggetti per cui è previsto l’obbligo di verifica

◼ riforma della disciplina della data retention, tale da differenziare condizioni, limiti e termini di conservazione dei dati di traffico telefonico e telematico in ragione