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Analizzata la fase dell'acquisizione del campione biologico attraverso il prelievo, sembra interessante, approfondire il tema del fenomeno cronologicamente successivo alla raccolta e alla tipizzazione dei profili del DNA444, vale a dire quello della conservazione delle informazioni

genetiche nelle banche dati e delle problematiche che ne derivano, soffermandosi sulle disposizioni previste a tal riguardo dalla legge del 2009 e valutandone la legittimità anche alla luce delle linee guida fornite a livello europeo.

Tali problematiche tornano ad essere attuali nel nostro ordinamento alla luce dell'approvazione definitiva, avvenuta solo pochi giorni fa, il 25 marzo 2016445, da parte del Consiglio dei ministri, del regolamento 444 Il profilo del DNA contiene il dato tecnico, in forma di codice, dell’unica sequenza alfanumerica propria di ogni persona, attraverso la quale si è in grado, non solo di effettuare, se necessario, l’identificazione di un soggetto in presenza di una concordanza con un altro profilo contenuto in una banca dati, ma anche di scoprire le relazioni genetiche tra individui e di ricostruire l’origine etnica della persona.

445 Giova precisare che l'Italia è notevolmente in ritardo nel dotarsi di un DNA

database, anche a fronte degli impegni internazionali assunti: come ricordato in

precedenza, il 4 luglio 2006 il nostro paese ha dichiarato l'intenzione di aderire al Trattato di Prüm, concluso il 27 maggio 2005. L'Italia ha dato atto, all'epoca,

di attuazione istitutivo della Banca dati del DNA e del Laboratorio centrale446.

Di fatto, in un mondo di comunicazione informatica globale, concomitante con la vertiginosa accelerazione del progresso scientifico e l'ascesa del terrorismo internazionale, è emersa sempre di più l'esigenza, da parte degli Stati europei di creare banche dati di DNA, incentivando anche la collaborazione tra i rispettivi sistemi di sicurezza.

E' auspicabile, però, che a ciò corrisponda anche una peculiare accortezza nell'introduzione di adeguati sistemi di sicurezza nella gestione dei dati personali, in grado di assicurare la riservatezza delle informazioni acquisite in modo da non compromettere i diritti e le libertà fondamentali dei singoli447.

Il primo aspetto da cui muovere è di fatti costituito dai riflessi che la gestione del dato genetico può determinare sul diritto alla privacy, inteso non solo come tutela dall'intrusione nella sfera corporea del

dell'assenza di una banca dati del DNA legislativamente istituita, ma ha manifestato la volontà di introdurla con legge dello Stato. Da quella dichiarazione del 2006 sono passati ormai quasi 10 anni.

446 Come ricordato in precedenza, la legge n. 85 del 2009 prevede anche l'istituzione della Banca dati nazionale del DNA e il Laboratorio centrale, due nuovi organismi strumentali all'identificazione personale per l'autorità giudiziaria e alla collaborazione internazionale tra le forze di polizia.. Al fine di disciplinarne il funzionamento e l'organizzazione l'art. 16 della legge n. 85 del 2009, aveva previsto l'adozione di uno o più regolamenti di attuazione. Il Consiglio dei Ministri aveva dato lo scorso 3 luglio il primo via libera allo schema di regolamento sul quale è stato acquisito il parere favorevole con osservazioni del Garante per la protezione dei dati personali e i pareri favorevoli con osservazioni e condizioni del Consiglio di Stato e delle Competenti Commissioni parlamentari della Camera dei Deputati e del Senato che sono stati in parte accolti nel testo del regolamento approvato pochi giorni fa in esame definitivo.

447 Il fenomeno della tutela del dato genetico è complesso e riguarda, per un verso, la intangibilità della sfera privata contro aggressioni esterne, per altro verso comprende il diritto dell’interessato a esercitare un controllo sulla circolazione delle proprie informazioni personali. Occorre garantire che le informazioni genetiche dell’individuo non siano sempre, in tutti i casi, conoscibili da parte dei pubblici poteri e che non rimangano depositate nella banca dati illimitatamente, ma solo per un periodo di tempo determinato.

soggetto passivo per prelevare il materiale biologico necessario, come avviene al momento dell'acquisizione del campione biologico mediante il prelievo, ma anche, e più specificamente, come diritto al controllo di ogni informazione riguardante la propria identità personale448.

E' evidente come la creazione e la conservazione di una banca dati del DNA, la tutela della privacy di dati così sensibili e della genuinità e trasparenza degli stessi dia luogo a riflessioni giuridiche che coinvolgono diritti e libertà fondamentali dei cittadini.

In un campo in cui lo strumento di investigazione si rivela altamente invasivo, occorre che le disposizioni normative predispongano sufficienti limiti alla conservazione dei dati genetici, in modo da salvaguardare a tutto tondo e non minimizzare la tutela di diritti fondamentali che possono riguardare, oltre al singolo individuo, anche una fascia di persone legate al primo da un vincolo familiare e comunque facenti parte della collettività.

A tal proposito, in questa materia si deve avere particolare riguardo alla tutela del campione, poiché, una volta prelevato da una persona di cui si conoscono le generalità, il campione di sostanza biologica consente di ottenere uno spettro di informazioni amplissimo, che concerne non solo il sesso e le condizioni attuali di salute dell'individuo, ma altresì relazioni familiari, caratteristiche somatiche, predisposizione a malattie destinate a manifestarsi in futuro449;

consente inoltre di ottenere informazioni relative all'identità genetica non solo dell’individuo ma anche dei suoi familiari diretti450. In 448 M. BARGIS, Note in tema di prova scientifica nel processo penale in Dir. proc.

pen., 2011, n. 7, p. 47.

449 Come è stato correttamente rilevato da M. BARGIS, Note in tema di prova

scientifica nel processo penale, cit., p. 47, il numero di marcatori utilizzati a fini

forensi è in continua crescita, con il risultato di ampliare ancora il novero di informazioni ricavabili dal DNA.

sostanza, i dati genetici, da un lato, consentono d'individuare un soggetto; dall'altro, lo pongono in relazione strettissima con una serie particolare di persone, cui egli è legato da vincoli di sangue, da rapporti parentali di ascendenza o discendenza451. La privacy genetica,

allora, non ha più un unico titolare: davanti ai legami di parentela genetica le persone sono solo contitolari dei dati genetici; di conseguenza, soprattutto per quanto specificamente riguarda la loro utilizzazione a fini processuali, resta il problema di come gestire il rapporto tra trattamento del dato relativo al singolo indiziato e tutela concernente la privacy genetica dell'intero gruppo cui egli appartiene452.

Proprio l'aspetto del mantenimento da parte delle autorità statali di informazioni genetiche, anche di persone non condannate, può infatti causare un' ingerenza nella vita privata non solo del soggetto inserito nel database, ma anche delle persone appartenenti al medesimo gruppo biologico del parente già sottoposto alle indagini.

Accanto alla dimensione soggettiva della privatezza453, fin qui

descritta, vi è un altro aspetto di questo diritto fondamentale, che ha riguardo al suo collegamento con il processo penale. Il diritto alla vita privata può essere, infatti, inteso anche come limite al procedere

2014, p. 1427, come «in ambito giuridico, questa caratteristica [sia] destinata ad aprire problemi vertiginosi: la memorizzazione in banca dati del profilo d'un soggetto implica una sorta d'inserimento “virtuale” dei consanguinei, quand'anche per costoro mancassero i presupposti a cui la legge subordina la schedatura».

451 U. RICCI, C. PREVIDERÈ, P. FATTORINI, F. CORRADI, La prova del DNA

per la ricerca della verità. Aspetti giuridici, biologici e probabilistici, cit., p. 208.

452 Così C. FANUELE, Dati genetici e procedimento penale, cit., 67.

453 Secondo G. UBERTIS, Sistema di procedura penale, I, Principi generali, Torino, 2004, p. 201, il concetto generale di privatezza è declinabile nelle species della segretezza e della riservatezza: secondo l'autore la prima consiste nella «esigenza di salvaguardare che notizie attinenti a vicende personali non siano conoscibili da terzi», mentre la riservatezza corrisponde all’interesse a che le suddette notizie non vengano «divulgate da chi ne sia venuto legittimamente al corrente, salvo che l’interessato presti il suo consenso».

penale454. Se l’esigenza di tutela della privatezza può costituire un

limite all’incedere delle investigazioni, occorre, di conseguenza, che siano previsti dal legislatore i casi, le modalità e le condizioni in cui sia consentita una ingerenza nel diritto al rispetto della vita privata. Pertanto, anche in tema di conservazione di dati genetici, le disposizioni normative devono definire, in modo sufficientemente dettagliato, l’ambito del potere di ritenzione dei suddetti dati ai fini investigativi.

Quanto al rapporto tra conservazione delle informazioni genetiche e processo penale nel nostro ordinamento, emerge chiaramente dall’art. 5 della legge n. 85 del 2009 come la creazione stessa della banca dati sia improntata alla specifica finalità di «facilitare l’identificazione degli autori dei delitti455». La realizzazione di un archivio genetico permette

in effetti, soprattutto nei casi di reati seriali (per esempio: sequestri di persona, rapine, violenze sessuali), di verificare la compatibilità tra il DNA estratto dalla traccia rilevata sul luogo del delitto e quello, appartenente ad una persona, eventualmente già presente nel database, alla stessa stregua di quanto già avviene per il confronto delle impronte digitali. In questo modo, si semplifica l'attività investigativa, poiché è sufficiente una immediata comparazione fra il DNA estratto dal reperto organico trovato sulla scena del crimine ed i risultati raccolti e conservati negli archivi di polizia per indirizzare l'indagine verso una determinata persona o, viceversa, per escluderne altre dal novero dei sospettati.

454 Questo aspetto era stato messo in luce, già alla fine degli anni sessanta, da M. PISANI, La tutela penale della “riservatezza”: aspetti processuali , in Riv. it.

dir. proc. pen., 1967, p. 787.

455 Sempre riguardo alla finalità perseguita dalla Banca dati, l’art. 12, comma 2 della legge n. 85 del 2009 consente alla polizia giudiziaria e all’autorità giudiziaria l’accesso ai dati contenuti nell’archivio genetico «esclusivamente per fini di identificazione personale, nonché per le finalità di collaborazione internazionale di polizia».

Individuato nello scopo dell’accertamento penale il limite alla utilizzazione dei dati, resta da verificare, anche alla luce delle decisioni della Corte europea dei diritti dell’uomo, se il nostro ordinamento sia rispettoso anche del principio di proporzionalità, secondo cui il trattamento dei dati è giustificato solo quando risulta adeguato in rapporto a quella finalità che, a sua volta, viene perseguita con l’istituzione della banca dati456. Occorrerà perciò vedere se i tempi di

mantenimento in archivio dei campioni biologici e dei profili genetici siano adeguati, poiché la conservazione, quale species del genus trattamento, non deve protrarsi oltre il periodo di tempo necessario a raggiungere gli scopi per i quali le informazioni sono state raccolte (art. 11, lett. e, D.lgs. n. 196 del 2003, Codice della privacy457).

Non è semplice bilanciare l'esigenza di indagine e la tutela dei diritti soggettivi. Ciò che bisogna evitare è che, sull'onda dell'allarme sociale per l'incremento di particolari crimini quali stupri o omicidi efferati, si rinunci alla tutela dei diritti individuali attraverso una loro totale compressione in virtù delle pregnanti esigenze processuali.

Alla luce del rispetto di questo necessario bilanciamento, sembra opportuno soffermarsi sulle linee guida europee al fine di operare un raffronto completo e sistematico, valutando se l'intervento legislativo del 2009 e il successivo regolamento di attuazione risultino rispettosi dei principi europei espressi in tema di conservazione e utilizzazione dei profili genetici.

456 P. FELICIONI, Accertamenti sulla persona e processo penale, cit., p. 184 configura il principio di proporzionalità in funzione integrativa del principio di scopo.

457Nell’ambito dell’ordinamento italiano, le informazioni genetiche rientrano tra i dati personali e il diritto alla protezione di questi ultimi trova un preciso riconoscimento normativo nell’art. 2, comma 1, Codice della privacy. Tale disposizione prevede che il trattamento dei dati personali debba svolgersi nel rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, nonché della dignità dell’interessato, con particolare riferimento alla riservatezza, all’identità personale e al diritto alla protezione dei dati personali.