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Dopo aver riconosciuto, in positivo, la possibilità di effettuare attività coattive dai contenuti e dai contorni così sfumati, il legislatore si è preoccupato di indicare divieti probatori riferibili al giudice e, in negativo, i limiti oltre i quali simili attività non possono spingersi. Tuttavia, anche in questo caso si evidenziano concetti evanescenti e, dunque, inidonei a tracciare una solida barriera a tutela delle istanze costituzionali322.

320 P. FELICIONI, Accertamenti radiologici volti a reperire sostanze stupefacenti: il

corpo umano strumento del reato e oggetto di prova, cit., pp. 465 e ss.

321 Così ritiene P. FELICIONI, Acquisizione di materiale biologico a fini

identificativi o di ricostruzione del fatto, cit., p. 226.

322 Così C. CONTI Scienza e processo penale. Nuove frontiere e vecchi pregiudizi, cit., p. 130.

Più precisamente, al fine di evitare che la perizia si traduca in una violazione di diritti costituzionalmente garantiti, è previsto che il giudice non possa disporre operazioni contrastanti con specifici divieti di legge323 o che possano «mettere in pericolo la vita, l'integrità fisica o

la salute della persona o del nascituro324, ovvero che, secondo la

scienza medica possano provocare sofferenze di non lieve entità325»,

stabilendosi, al contempo, che le operazioni peritali debbano eseguirsi «nel rispetto della dignità o del pudore di chi vi è sottoposto» e che, «a parità di risultato, [vadano scelte] le tecniche meno invasive326».

Il comma 4 della norma citata fa riferimento ad un pericolo per la vita, l'integrità fisica e la salute della persona o del nascituro: la norma riecheggia i limiti classici individuati in materia dalla Corte costituzionale sia nel 1986, sia con la sentenza n. 238 del 1996. Eppure, con quest'ultima sentenza la Corte costituzionale era stata molto chiara nel ribadire che la precisazione di simili sbarramenti costituisce sì riflesso di quanto ricavabile dal quadro costituzionale, ma non realizza l'indicazione in positivo dei modi, come prescritto dall'art. 323 V. Cass., sez. III, 4 marzo 1991, cit.: la Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il prelievo coattivo su un bambino nato da un rapporto incestuoso e successivamente adottato, per l'accertamento del reato di violenza sessuale, in quanto sussisteva il contrasto con l'art. 73 l. n. 184/1983 che tutela il diritto alla riservatezza circa lo status di figlio legittimo per adozione.

324 E' ragionevole ipotizzare che possano sorgere interpretazioni contrastanti in merito alla gravità, attualità e concretezza di tali rischi.

325 In proposito, vi è chi rileva che la tecnica normativa utilizzata si addica male alla materia regolata che dovrebbe essere conforme al principio costituzionale in base al quale è tutto vietato, salvo ciò che è espressamente consentito nei casi, modi e fini indicati dal legislatore, così C. CONTI, I diritti fondamentali della persona

tra divieti e “sanzioni processuali”: il punto sulla perizia coattiva ad un anno dalla legge 85, cit., p. 994. Infatti, da un lato, il legislatore ha indicato una

categoria molto vaga di «accertamenti medici» (cfr. par. 4.7); da un altro lato ha previsto una serie di limiti, altrettanto indeterminata. P. TONINI, Manuale di

procedura penale, cit., p. 350 evidenzia come la questione si riveli ancora più

problematica ove si tenga presente che la norma in esame stabilisce una serie di divieti probatori che determinano l'operatività dell'inutilizzabilità generale ex art. 191 c.p.p.

326 Come precisato nel par. 4.8 il legislatore non definisce la nozione di «invasività».

13 Cost. Si tratta dunque di limiti indispensabili ma insufficienti a soddisfare la riserva di legge327.

Se, da un lato, infatti, la previsione di limiti è ritenuta soddisfacente quale segno di sensibilità legislativa in materia328, da un altro lato

occorre interrogarsi sull'effettivo contenuto garantista delle previsioni. Riguardo ai limiti enunciati dalla norma conviene riflettere innanzitutto sulla dignità quale limite operativo comune alle diverse tipologie di prelievo.

La mancanza di chiarezza circa i contenuti del concetto di dignità329

che si ripercuote inevitabilmente, da un lato, sulla forza della tutela ad esso riservata e dall'altro sulla portata precettiva di tale limite modale330.

Sul piano giuridico la dignità della persona si presenta come principio guida di un ordinamento personalistico insieme ad altri valori fondamentali: la tutela della salute e della vita, dell'uguaglianza e della pari dignità degli uomini.

327 Così A. PRESUTTI, L'acquisizione forzosa dei dati genetici tra adempimenti

internazionali e impegni costituzionali, cit., p. 552.

328 G. GIOSTRA, Gli importanti meriti e i nuovi limiti della nuova disciplina, cit., p. 1220, con riferimento all'integrità fisica, alla salute, alla dignità, al pudore. 329 La locuzione «dignità» si presenta altamente suggestiva, ma, per l'evanescenza

concettuale che la caratterizza è da sempre al centro di ampie riflessioni sul suo contenuto sia in ambito filosofico, scientifico e religioso, sia in quello giuridico. Il termine “dignità” adoperato in assoluto o nel sintagma “dignità umana” si presta ad un uso ambiguo e risulta perciò polisenso. Inoltre, nel discorso giuridico e politico spesso la dignità può degradare a mero termine argomentativo - retorico qualora venga invocata quale garanzia del rispetto dell'uomo ovvero a tutela della sua personalità fisica e morale. Risulta evidente che la dignità, potendo essere oggetto d'attenzione in varie prospettive, è nozione dai contorni elastici che, tuttavia, trova una sua solidità nell'esigenza di tutela. V. sul punto F. GAMBINI, Il principio di dignità in P. CENDON (a cura di) I diritti

della persona. Tutela civile, penale, amministrativa, Torino, 2005, pp. 231 e ss.

330 Così P. FELICIONI, L'acquisizione di materiale biologico a fini identificativi o

di ricostruzione del fatto, cit., p. 204. Ad avviso di A. MATTIONI, Profili costituzionali della dignità umana in Jus, 2008, p. 253, la tutela della persona

umana nella sua inviolabilità può essere considerata nel nostro ordinamento come pienamente fungibile con la tutela della dignità, connotata proprio dallo stesso carattere di inviolabilità.

Tale esigenza di salvaguardia della persona, fatta propria dal diritto penale sostanziale331, si presenta piuttosto pressante nel processo

penale, in particolar modo quando la ricerca della prova ha ad oggetto il corpo umano.

Sul piano del procedimento penale la dignità è dunque attualmente configurata come limite alle modalità esecutive di alcune attività probatorie332 tra cui il prelievo di materiale biologico e gli accertamenti

medici coattivi.

In questo ambito, l' esigenza di tutela della dignità impone che l'esecuzione coattiva dell'attività probatoria sulla persona debba avvenire con «modalità esecutive non degradanti per l'individuo, senza manovre mortificanti sul corpo e limitando la coercizione allo stretto indispensabile333».

Sono dunque vietati atti che possano tradursi in un'umiliazione per l'essere umano334.

Alla luce di tali riflessioni, vi è chi ritiene singolare che la «dignità», bene spesso considerato come il presupposto di tutti i diritti fondamentali costituzionalmente tutelati, sia «declassato» a mero 331 Integrità fisica, libertà personale, salute, dignità, riservatezza, sono beni – fine primari che l'ordinamento giuridico deve tutelare, v. F. MANTOVANI, Diritto

penale. Parte generale, Padova, 2001, pp. 205 ss.

332 Si fa riferimento, oltre al prelievo di materiale biologico e accertamenti medici coattivi, alle ispezioni e perquisizioni personali (artt. 245 e 249 c.p.p.).

333 Così Corte eur. dir. uomo, sent. 11 giugno 2006, Jalloh c. Germania che individua una condizione di legittimità della coercizione impiegata per acquisire una prova reale: non devono essere utilizzate modalità tali da concretizzare un trattamento inumano e rischioso per la salute. Nel caso di specie la Corte ha rinvenuto gli estremi di un trattamento disumano poiché il soggetto era stato immobilizzato da quattro agenti e costretto ad ingerire, attraverso un sondino naso - gastrico, un emetico per far rigurgitare la droga prima ingerita. Sul punto v. G. UBERTIS, Attività investigativa e prelievo di campioni biologici, cit., p. 9. e F. ZACCHE' Gli effetti della giurisprudenza europeai in tema di prelievo

contro le autoincriminazioni e diritto al silenzio, in A. BALSAMO, R.E.

KOSTORIS (a cura di) Giurisprudenza europea e processo penale italiano, Torino, 2008, p. 191.

334 Così C. CONTI Scienza e processo penale. Nuove frontiere e vecchi pregiudizi, cit., p. 132.

limite modale delle operazioni335.

stupisce che il rispetto della stessa, anziché essere collocato al comma 4 dell'art. 224 bis c.p.p. tra i limiti assoluti, sia declassato a mero sbarramento relativo allo svolgimento delle operazioni336.

Si evidenzia poi la fragilità del riferimento al pudore337 (oltretutto

senza l'inciso «nei limiti del possibile» previsto per le ispezioni personali), nozione quantomai vaga e, peraltro, non citata neanche dalla Corte costituzionale nella nota sentenza n. 238 del 1996338.

Proseguendo l'analisi riguardo ai limiti enunciati nella norma, risulta interessante il riferimento, utilizzato dal legislatore nel comma 5, alla scelta delle «tecniche meno invasive».

Da tale principio di minima invasività pare potersi ricavare a contrario che, quantomeno nel corso degli accertamenti medici, possono essere effettuati anche atti invasivi, purché contenuti nei già ricordati confini precisati dall'art. 224 bis comma 4 c.p.p.

È imposto, in questo caso, un criterio di gradualità perché il giudice deve privilegiare l’accertamento consentito dall’interessato e, se questo

335 Così C.CONTI, I diritti fondamentali della persona tra divieti e “sanzioni

processuali”: il punto sulla perizia coattiva ad un anno dalla legge 85, cit., p.

993.

336 P. TONINI, C. CONTI, Il diritto delle prove penali, Milano, 2012, p. 315. Si tratta di una disposizione modellata sulle ispezioni e perquisizioni personali (art. 245 comma 2 c.p.p. e 249 comma 2 c.p.p.). In quella sede, tuttavia, è logico che la dignità figuri soltanto tra i limiti di quomodo giacché l'atto da compiere è già tipizzato dal legislatore e, dunque, considerato a priori non lesivo di tale istanza. C. CONTI, Scienza e processo penale. Nuove frontiere e vecchi pregiudizi, cit., p. 131 evidenzia come, con riguardo agli accertamenti medici, un riferimento alla dignità come limite alla ammissibilità degli stessi sarebbe stato correttamente inserito nel comma 4 relativo ai limiti assoluti, per circoscrivere il novero del possibile. Il comma 5, semmai, secondo l'autrice, avrebbe potuto contenere un ulteriore richiamo a detto limite anche con riferimento alle modalità operative. 337 Rilevante nel diritto penale sostanziale è definito come sentimento che induce al

riserbo su quanto attiene alla vita sessuale, v. F. BACCO, Sentimenti e tutela

penale: alla ricerca di una dimensione liberale, in Riv. it. dir. proc. pen., 2010, p.

1177.

338 Così evidenzia P. FELICIONI, Acquisizione di materiale biologico a fini

non è possibile, l’accertamento meno invasivo: viene in questo modo riconosciuto il principio del minor sacrificio per l'individuo.

Stante la già ricordata mancata definizione del legislatore, sul concetto di invasività occorre, ancora una volta, far riferimento alle indicazioni fornite in materia dalla stessa Corte costituzionale che, nella sentenza n. 238 del 1996 ha proposto la nozione di sfera corporale. L'invasione, seppur minima di quest'ultima, anche se in concreto non risulta lesiva dell'integrità fisica e della salute, costituisce comunque una restrizione della libertà personale339.

Emerge l'esigenza di una definizione normativa della nozione di invasività che presenti la medesima rilevanza per il diritto e per la scienza340. In una prospettiva medico - legale sembrerebbe possibile

definire gli accertamenti sul corpo dell'imputato come procedimenti diagnostici o terapeutici che si qualificherebbero “invasivi” quando comportano una sorta di continuità tra l'esterno e l'organismo umano: analogamente il prelievo sarebbe invasivo quando comporta il superamento del limite fisico dell'individuo per asportare materiale biologico; sarebbe non invasivo, viceversa, quando non si determina il superamento della soglia fisica341.

In tale ambito si può tuttavia osservare che l'invasività della misura o della tecnica utilizzata non presuppone, a rigore, esclusivamente l'ingresso nella sfera corporea con strumenti meccanici che compromettano l'integrità fisica. In una dimensione prettamente 339 Peraltro la Consulta nella sentenza del 1996 aveva sollecitato il legislatore a farsi carico della distinzione tra misure incidenti e misure non incidenti sulla libertà personale; tra mezzi invasivi e mezzi non invasivi; tra mezzi invasivi che “sottraggano” un quid dal corpo del periziando (es. prelievo ematico) ovvero che “aggiungono” qualcosa (es. liquidi - mezzi di contrasto per Tac, scintigrafia, sonde per indagini endoscopiche).

340 Riflessioni sollevate da P. FELICIONI in Questioni aperte in materia di

acquisizione e utilizzazione probatoria dei profili genetici, cit., pp. 155 - 156.

341 V. BARBATO, G. LAGO, V. MANZARI, Come ovviare al vuoto sui prelievi

scientifica appare invasiva anche una radiografia in considerazione della sua potenzialità nociva in quanto procedimento diagnostico che può comportare modificazioni patologiche o genetiche delle strutture esaminate342.

Con la previsione contenuta nell'art. 224 bis c.p.p. il parlamento ha in sostanza scelto di lasciare libertà agli esperti chiamati ad eseguire le operazioni, non ritenendo opportuno tracciare una disciplina di dettaglio che avrebbe imbrigliato l'evoluzione tecnologica. Il legislatore ha prescritto soltanto alcune direttive di metodo: le operazioni peritali sono comunque eseguite rispettando la dignità e il pudore della persona che vi è sottoposta343.

Rimane il dubbio sulla correttezza della scelta di lasciare la soluzione di tali delicate questioni all'interprete che può azzardare incursioni in ambiti disciplinari non propri come quello della medicina legale344.

D'altro canto il giurista non può neanche ignorare le acquisizioni della scienza medico - legale: non è mancato chi ha osservato che, a tal proposito, servirebbero, piuttosto, specifiche norme che disciplinino, alla luce dell'evoluzione tecnico - scientifica, le misure e le modalità di restrizione dei diritti fondamentali della persona idonee a consentire le necessarie indagini con il minimo sacrificio per il soggetto passivo

342 Secondo R.C. CILIBERTI e F. DE STEFANO, L'ispezione corporale e

l'accertamento radiografico coattivo. Considerazioni etiche e medico - legali,

cit., p. 92 è opinabile l'assoluta innocuità dell'esame radiologico che non sembra totalmente privo del carattere dell'invasività. I raggi X sono una radiazione ionizzante che attraversando i tessuti del corpo umano vi depositano una parte dell'energia posseduta danneggiandoli. Oltre agli effetti potenzialmente dannosi sul soggetto, anche in considerazione della frequenza dell'esame e dell'intensità delle radiazioni, esiste la possibilità di effetti ereditari sulla prole. A tal proposito possono rappresentare un rischio aggiuntivo la presenza di protesi interne o alcuni stati patologici o fisiologici (es. gravidanza). In assenza di una precisa soglia sotto la quale la pericolosità delle radiazioni risulta nulla appaiono preferibili metodologie che non utilizzano raggi X.

343 P. TONINI, Manuale di procedura penale, cit., p. 330.

344 Tale preoccupazione è espressa da P. FELICIONI, Questioni aperte in materia di

delle stesse345.

Sempre riguardo alla scelta delle tecniche meno invasive, non è specificato il soggetto titolare della scelta. Ci si è chiesti se spetti al giudice indicare quale sia la tecnica meno invasiva, motivando la relativa scelta nell'ordinanza con la quale dispone l'esame o se spetti alla persona che deve concretamente eseguirla, la quale probabilmente possiederà maggiori competenze tecniche, decidere il tipo di operazione da effettuare346.

Inoltre, ci si chiede se la persona interessata possa rifiutare una determinata operazione, chiedendo di essere sottoposta ad una diversa, ritenuta, a parità di risultato, meno dannosa o indicare un'eventuale preferenza circa la tecnica da adottare.

L'art. 224 bis c.p.p. purtroppo non dà una risposta a tali quesiti.

Tuttavia, in virtù del disposto dell'art. 13 Cost. sembrerebbe necessario un controllo giurisdizionale sull'atto da eseguire347.

Inoltre, lo stesso art. 224 bis comma 2, lett. f) c.p.p., tra i requisiti dell'ordinanza, a pena di nullità, richiede l'indicazione delle modalità di compimento dell'atto.

Di conseguenza, appare preferibile ritenere che il giudice, nel provvedimento in cui dispone il prelievo o l'accertamento, debba indicare espressamente la tecnica da applicare; fermo restando il potere - dovere della persona incaricata di compiere l'atto, di valutare se, nel caso concreto, quella determinata operazione possa essere dannosa o meno e di richiedere al giudice, in una simile ipotesi, di procedere con

345 Secondo C. CONTI, I diritti fondamentali della persona tra divieti e “sanzioni

processuali”: il punto sulla perizia coattiva ad un anno dalla legge 85, cit., p.

1005, nel processo penale della modernità, la scienza medica è chiamata ad un inedito ruolo di eterointegrazione dei divieti probatori posti a tutela delle libertà fondamentali della persona.

346 M. STRAMAGLIA, Prelievi coattivi e garanzie processuali, cit., p. 249. 347 Così M. STRAMAGLIA, Prelievi coattivi e garanzie processuali, cit., p. 249.

un'altra operazione ritenuta, a parità di risultato, meno invasiva348.

Il limite residuale è poi costituito dalle «sofferenze di non lieve entità349» secondo la scienza medica. Al riguardo, se per un verso pare

opportuno chiedersi quale sia la scienza medica a cui fa riferimento la norma, per altro verso, poiché la sofferenza è una percezione soggettiva, essa può essere documentata soltanto in modo empirico sulla base delle valutazioni di ciascun paziente350.

Va precisato, infine, in che cosa consiste la coazione esercitabile su provvedimento del giudice. Ciò dipende dall’entità della non collaborazione del soggetto passivo che può non comparire senza addurre un legittimo impedimento nel luogo, nel giorno e nell’ora stabiliti per le operazioni peritali; può non comparire e, accompagnato coattivamente, rifiutare di sottoporsi alle operazioni; può presentarsi ma non consentire al prelievo o all’accertamento medico. In concreto quindi, in base alla norma in esame, la coercizione da parte dell'autorità giudiziaria nei confronti della persona da sottoporre all'esame peritale, può essere operata non solo qualora l'interessato non compaia senza addurre un legittimo impedimento, legittimando in tal modo l'adozione di un provvedimento di accompagnamento coattivo nei suoi confronti, ma anche nell'ipotesi in cui il soggetto, pur comparendo, rifiuti di prestare il proprio consenso agli accertamenti351. 348 Considerazioni sviluppate da M. STRAMAGLIA, Prelievi coattivi e garanzie

processuali, cit., p. 249.

349 Ritiene M. PANZAVOLTA, Il profilo dell'istituto, cit., p. 1223, che la sofferenza non lieve si riferisca esclusivamente al profilo psichico, di modo che il legislatore avrebbe fissato un' assoluta intangibilità della salute.

350 A tal fine esistono scale di misurazione del dolore (pain rating scale o universal

pain assessments tools). In campo pediatrico è nota la Faces rating scale di

Wong – Baker.

351 Il legislatore prende in considerazione solo l'ipotesi in cui l'interessato si rifiuti di sottoporsi agli accertamenti, non invece quella in cui si opponga ai prelievi. Secondo M. STRAMAGLIA, Prelievi coattivi e garanzie processuali, cit., p. 250 sembrerebbe trattarsi di una mera svista nella formulazione della norma, dal momento che, subito dopo, si precisa che l'impiego di mezzi di coazione è consentito solo per il tempo strettamente necessario all'esecuzione sia del

In particolare, l'uso di mezzi di coercizione fisica risulta consentito «per il solo tempo strettamente necessario all'esecuzione del prelievo o dell'accertamento» (art. 224 bis, comma 6 c.p.p.).

La persona sottoposta ad accompagnamento coattivo non può peraltro essere tenuta a disposizione oltre il compimento dell'atto previsto e di quelli consequenziali per i quali perduri la necessità della sua presenza. In ogni caso, è previsto che la persona non possa essere trattenuta oltre le ventiquattro ore (art. 132, comma 2 c.p.p.).

Da ricordare che il provvedimento di accompagnamento coattivo, così come l'ordinanza autorizzativa, rientrando tra i provvedimenti sulla libertà personale, sono ricorribili per Cassazione ai sensi dell'art. 111 comma 7 Cost.352

4.9 L'ordinanza del giudice che dispone la perizia