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L'art. 24 della legge n. 85 del 2009 ha operato l'inserimento, all'interno del codice di procedura penale, dell'art. 224 bis che contempla l'ipotesi in cui, per l'effettuazione della perizia sia «necessario compiere atti idonei ad incidere sulla libertà personale, quali il prelievo di capelli, di peli o di mucosa del cavo orale288 su persone viventi ai fini della 287 Così C. GABRIELLI, La decisione del “prelievo” torna al giudice, cit. p. 67. 288 Bisogna riconoscere che, nel fare riferimento ai possibili oggetti del prelievo

determinazione del profilo del DNA o accertamenti medici» e la persona da sottoporre all'esame del perito non abbia prestato il proprio consenso al riguardo. Il legislatore, in tal caso, ha disposto che, qualora si proceda per un delitto non colposo sanzionato con la pena dell'ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a tre anni e negli altri casi stabiliti dalla legge, il giudice, anche d'ufficio, possa imporre coattivamente l'esecuzione della perizia, con ordinanza motivata «se essa risulta assolutamente indispensabile per la prova dei fatti».

Sotto il profilo delle finalità perseguite la norma appare particolarmente chiara: l'obiettivo è quello di fornire alle autorità inquirenti strumenti più efficaci ai fini della ricostruzione del fatto e dell'accertamento della responsabilità mettendo loro a disposizione due ulteriori tipologie di attività: prelievi biologici e accertamenti medici. Riguardo al prelievo biologico coattivo, lo scopo è chiaramente quello

85/2009, concernente il prelievo, al fine dell'inserimento del profilo del DNA, nella relativa banca dati nazionale, di campioni biologici da soggetti ai quali sia stata applicata la misura della custodia cautelare in carcere o quella degli arresti domiciliari, menziona unicamente la possibilità del prelievo di campioni di mucosa del cavo orale; l'art. 224 bis c.p.p. prevede il prelievo di capelli, di peli o di mucosa del cavo orale, mentre l'art. 349 comma 2 bis relativo agli accertamenti svolti per pervenire all'identificazione della persona nei cui confronti vengono svolte le indagini, utilizza una dizione ancora diversa, facendo riferimento al prelievo di capelli e saliva. Anche P. FELICIONI, in Questioni

aperte in materia di acquisizione e utilizzazione probatoria dei profili genetici,

cit., p. 163, evidenzia al riguardo una mancanza di coordinamento a cui, secondo l'autrice, si potrebbe agevolmente rimediare con un ritocco linguistico uniformando il materiale biologico prelevabile. Di contrario avviso A. PRESUTTI, L'acquisizione forzosa dei dati genetici tra adempimenti

internazionali e impegni costituzionali, in Riv it. dir. proc. pen., 2010, p. 556,

secondo la quale non sussiste alcun difetto di coordinamento tra le due discipline (art. 349 comma 2 bis c.p.p. e art. 224 bis c.p.p.) e la previsione di saliva o capelli quale materiale biologico prelevabile ex art. 349 comma 2 bis c.p.p. è una limitazione voluta dal legislatore.In ultimo, non è agevole comprendere se il legislatore, all'art. 224 bis c.p.p. con l'espressione «prelievo di mucosa del cavo orale» intendesse davvero alludere a qualcosa di diverso rispetto all'indicazione contenuta nell'art. 349 comma 2 bis c.p.p. che menziona il «prelievo di saliva»; cfr. al riguardo C.GABRIELLI, “Accertamenti medici” dai confini troppo

dell'acquisizione del profilo genetico, rappresentato nella forma di una «sequenza alfa numerica ricavata dal DNA e caratterizzante ogni singolo individuo289» al fine di procedere ad opportuni raffronti tra il

parametro identificativo così ottenuto e il profilo genetico estratto dai reperti biologici acquisiti sulla scena del delitto o su cose pertinenti al reato. Riguardo agli «accertamenti medici» menzionati nella norma sono sorti numerosi dubbi interpretativi derivanti dall'indeterminatezza del termine impiegato dal legislatore290 che verranno successivamente

esaminati.

La dottrina ha ben evidenziato i difetti di tecnica legislativa e le carenze del testo normativo in esame.

In primo luogo, la lettera della norma non fa alcun richiamo alla distinzione teorizzata in dottrina, tra atti invasivi e atti non invasivi sulla persona, in relazione alle modalità di intervento da parte dell’autorità giudiziaria; al contrario si limita ad un più generale riferimento ad «atti idonei ad incidere sulla libertà personale», elencando il prelievo di capelli, di peli o di mucosa del cavo orale o accertamenti medici.

Quanto all'oggetto del prelievo, si rileva come la norma abbia appiattito su un unico livello varie tipologie di prelievo ed accertamento medico, trascurando il fatto che ognuna di esse si caratterizza per un differente grado di invasività nella sfera fisica ed intima dell'individuo291.

Innanzitutto, la previsione della mucosa del cavo orale suscita perplessità in specie quando non sono contemplate alternative: infatti 289 Questa la definizione di «profilo di DNA» contenuta nell'art. 6 lett. a) della legge

n. 85 del 2009.

290 Il concetto di «accertamento medico» resta del tutto indeterminato nel quid (quale accertamento) e nel quomodo: così C. CONTI (a cura di), Scienza e

processo penale. Nuove frontiere e vecchi pregiudizi, Milano, 2011, p. 129.

291 Così M. STRAMAGLIA, Prelievi coattivi e garanzie processuali, cit., pp. 259 - 260.

la tecnica di asportazione cruenta del tessuto epiteliale292 è senza

dubbio più incisiva del prelievo di un liquido come la saliva293.

Al riguardo si è però ragionevolmente osservato294 che forse il

legislatore ha impropriamente utilizzato il termine «mucosa del cavo orale» volendosi in realtà riferire alle particelle di desquamazione della mucosa orale che si possono trovare nella saliva: gli operatori nella prassi, non potendo effettuare una sorta di biopsia che oltretutto appare lesiva dell'integrità fisica, si dovranno orientare verso il prelievo di saliva.

Sono stati poi sollevati dubbi in merito al fatto che l'indicazione contenuta nell'art. 224 bis c.p.p., volta a fare riferimento al prelievo di capelli, di peli o di mucosa orale, dia vita ad un elenco tassativo o meramente esemplificativo. La norma è un chiaro esempio di equivocità terminologica: l'uso del pronome relativo «quali» sembrerebbe far pensare ad una semplice esemplificazione; peraltro, alla luce di un'interpretazione «costituzionalmente orientata» dovrebbe invece ritenersi che questa indicazione assuma i connotati della tassatività295. Se si ritenesse che tale elencazione assuma invece valore

meramente esemplificativo, si dovrebbe riscontrare che essa non presenterebbe quei caratteri di rigida tipizzazione che la Corte costituzionale ritiene indispensabili perché sia rispettata la riserva di legge sancita dall'art. 13 Cost.296

292 La mucosa del cavo orale è la membrana che riveste la superficie interna della bocca ed è formata da un tessuto delicato ed elastico mantenuto umido dal secreto di ghiandole contenute nel suo spessore.

293 La saliva, quale prodotto di secrezione delle ghiandole salivari, è un liquido inodore e incolore contenente sostanze sia organiche, sia inorganiche.

294 Così P. FELICIONI Questioni aperte in materia di acquisizione e utilizzazione

probatoria dei profili genetici, cit., p. 163.

295 In tal senso P. FELICIONI, L'Italia aderisce al Trattato di Prüm:disciplinata

l'acquisizione e l'utilizzazione probatoria dei profili genetici, in Dir. pen. proc.,

2009, p. 19.

296 Così ha osservato la Commissione Affari Costituzionali del Senato, nel parere al d.d.l. n. 2042-2069-A, consultabile online al sito www.camera.it.

Occorre perciò ritenere che il legislatore abbia effettivamente voluto restringere in un numerus clausus le tipologie di prelievo eseguibili297.

Il primo dato che si ricava dalla lettura dell’art 224 bis è che la disciplina in esame trova applicazione solo nel caso in cui la persona sottoposta alla perizia non presti il proprio consenso ai prelievi ed agli accertamenti suddetti (comma 1).

In caso di consenso al prelievo si è dunque fuori dallo schema procedimentale tipizzato dall'art. 224 bis c.p.p.298

Peraltro il consenso previsto nel primo comma dall'art. 224 bis c.p.p. come requisito negativo che innesca l'alternativa procedurale della coercizione, non è previsto debba essere informato né volontario299.

Una corretta informazione dovrebbe riguardare la conoscenza della sorte dei profili genetici e dei campioni biologici e si pone in una

297 A tal proposito, in prima lettura, sembra registrarsi una grande mancanza: la tanto attesa disciplina dei prelievi biologici coattivi manca, infatti, del riferimento a quel «prelievo ematico» che offrì l'occasione nel 1996 per il citato intervento della Corte costituzionale. In realtà, occorre constatare che il quadro scientifico di riferimento è profondamente mutato rispetto ai tempi della sentenza n. 238 del 1996: attualmente si sono consolidati metodi e tecniche più avanzati che permettono l'estrazione del profilo genetico utile per le investigazioni anche da ridottissime quantità di materiale biologico e tramite interventi spesso incruenti, o comunque non invasivi. Ciò è constatato anche nella Relazione al d.d.l. A.S. n. 995/2008 cit., in cui si precisa che «per la individuazione del profilo genetico dell'individuo, non è più necessario il prelievo ematico […] potendo essere sufficiente anche il solo prelievo di peli, capelli o saliva»; sul punto v. anche M. STRAMAGLIA, Prelievi coattivi e garanzie processuali, cit., p. 260; dello stesso avviso C. CONTI, Scienza e processo penale. Nuove frontiere e

vecchi pregiudizi, cit., p. 129, secondo la quale è proprio in virtù dell'evoluzione

tecnologica che non può che semplificare e alleggerire ulteriormente le modalità del prelievo e dell'estrazione del profilo che mancherebbe il riferimento al prelievo ematico, rilevato dalla dottrina.

298 Esemplare Trib. Di Rovereto, 2 novembre 2010, n. 477, (inedita) riguardo al requisito relativo alla necessaria presenza del difensore della persona sottoposta a prelievo a pena di nullità: «La necessaria presenza del difensore prevista dall'art. 224 bis comma 7 c.p.p. a pena di nullità, vale solo quando il prelievo sia coatto e non quando l'imputato vi presti consenso e collaborazione; in tal caso, all'atto il difensore può ma non deve presenziare».

299 C. CONTI, I diritti fondamentali della persona tra divieti e “sanzioni

processuali”: il punto sulla perizia coattiva ad un anno dalla legge 85, in Dir. pen. proc, 2010, p. 996.

prospettiva di tutela della libertà morale del soggetto al quale è richiesto un atto di volizione e ciò anche se il diniego è superabile ricorrendo alla coazione300.

Da osservare che il consenso compare nuovamente nell'ultimo comma dell'art. 224 bis c.p.p. in base al quale, qualora l'interessato, pur comparso, rifiuti di sottoporsi agli accertamenti, il giudice ne dispone l'esecuzione coattiva. Tale procedura, tuttavia, è apparsa apprezzabile301 in quanto, prevedendo due interpelli nei confronti

dell'interessato (prima di ordinare il prelievo coattivo e prima di eseguirlo), relega la coazione probatoria al rango di extrema ratio. Qualora l’individuo non presti il proprio consenso, trova dunque applicazione la disciplina delineata dal nuovo 224 bis c.p.p., il quale bilancia tra la tutela della libertà personale e l’esigenza di accertamento dei fatti precisando, anzitutto, al comma 1, la tipologia di reati in relazione ai quali attività del genere possono essere disposte: la perizia coattiva è consentita «quando si procede per delitto non colposo, consumato o tentato, per il quale la legge stabilisce la pena dell’ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a tre anni e negli altri casi espressamente previsti dalla legge302». In secondo luogo,

l’art. 224 bis, comma 1, reca un requisito di tipo probatorio: occorre che la perizia risulti assolutamente indispensabile per la prova dei

300 Così P. FELICIONI, Questioni aperte in materia di acquisizione e utilizzazione

probatoria dei profili genetici, cit., p. 166.

301 Così G. GIOSTRA, Gli importanti meriti e i molti limiti della nuova disciplina in G. CONSO, G. GIOSTRA (a cura di) La disciplina del prelievo biologico

coattivo alla luce della l. 30 giugno 2009, n. 85 in Giur. it., 2010, p. 1221.

302 Secondo M. PANZAVOLTA, Il profilo dell'istituto in Giur. it., 2010, p. 1221, la formula si presta soprattutto a valere come “clausola di apertura” per il futuro, in chiave garantistica: se il legislatore di domani introducesse ulteriori ipotesi di accertamento corporale a fini probatori, i nuovi casi soggiacerebbero comunque alle regole generali oggi previste dall'art. 224 bis c.p.p. In particolare, quali che siano questi «altri casi», anch'essi saranno comunque subordinati all'ulteriore requisito fissato dalla legge della indispensabilità della perizia per la prova dei fatti.

fatti303.

Quanto al primo requisito, viene adottato un criterio di proporzionalità in quanto l’accertamento coattivo è limitato a reati di gravità medio alta: le disposizioni limitative in tema di gravità del reato perseguito sono dunque dettate per assicurare proporzionalità quanto al ricorso all’uso della forza.

Alcuni autori304 hanno rilevato che l'introduzione di un tale parametro,

che corrisponde sostanzialmente al limite edittale previsto per l'arresto facoltativo in flagranza, avrebbe l'effetto di limitare le potenzialità operative del nuovo istituto. Ciò verosimilmente, in risposta alle preoccupazioni avanzate dalla dottrina già all'indomani della sentenza n. 238/1996 della Corte costituzionale305.

Per quanto attiene al secondo requisito (assoluta indispensabilità per la prova dei fatti), si è notato306 che un'interpretazione rigorosa porta a

delineare il prelievo forzoso come legittimo solo quando non esistono a disposizione dell'autorità giudiziaria alternative modalità di acquisizione del materiale biologico, purché non contrastanti con i diritti fondamentali dell'individuo.

Alla luce di tale interpretazione, il concetto di «assoluta indispensabilità» deve essere interpretato nel senso che il prelievo di

303 Di tale condizione, il giudice dovrà dar conto nella motivazione dell’ordinanza che dispone la perizia coattiva.

304 M. STRAMAGLIA, Prelievi coattivi e garanzie processuali, cit., p. 266.

305 Sin da allora, si era evidenziata la necessità che il futuro intervento legislativo tenesse conto delle limitazioni alla libertà personale provocate da simili atti di coercizione e che si uniformasse quindi ad altri istituti del codice di procedura penale che incidono su diritti individuali. Il principale modello di riferimento è costituito dalla disciplina delle intercettazioni, il cui impiego è tassativamente circoscritto ai procedimenti per determinati reati, stante le ovvie ripercussioni sulla segretezza delle comunicazioni tutelata dall'art. 15 Cost. Secondo R.E. KOSTORIS, Alt ai prelievi di sangue coattivi, cit., p. 1091, nella nuova disciplina in materia di prelievi coattivi il legislatore si è probabilmente ispirato ad un analogo principio, predisponendo severe limitazioni per atti investigativi che egli stesso definisce «idonei ad incidere sulla libertà personale».

campione biologico o l'accertamento medico devono prospettarsi come unica via per l'accertamento dei fatti, senza alternative plausibili307.

Questa opzione sembra eliminare ogni dubbio circa la correttezza dell'orientamento giurisprudenziale, formatosi prima dell'entrata in vigore della legge n. 85 del 2009 per ovviare all'eventuale indisponibilità al prelievo da parte dell'interessato308, in base al quale è

considerato legittimo raccogliere materiale biologico staccato dal corpo della persona309.

Sicuramente in questi casi non viene infatti in gioco la compressione della libertà personale perché il soggetto passivo della raccolta di materiale biologico non dispone più del contributo probatorio, in quanto da lui liberamente abbandonato e dunque non deve consentire all'espletamento dell'accertamento. In questi casi l'autorità giudiziaria avrebbe dunque a disposizione modalità alternative rispetto al prelievo coattivo, peraltro, come visto, ritenute in più occasioni legittime dalla Cassazione310, per acquisire il materiale biologico del soggetto

necessario alla comparazione; alla luce di tali modalità alternative, l'acquisizione coattiva ex art. 224 bis c.p.p. non apparirebbe più necessaria data la possibilità di acquisire il materiale biologico semplicemente prelevando le tracce biologiche liberamente lasciate dall'interessato e la perizia coattiva non risulterebbe più dunque «assolutamente indispensabile».

Vi è in ogni caso da auspicare che le interpretazioni giurisprudenziali

307 Interpretazione prospettata anche nella Relazione al disegno di legge recante: «Modifiche al codice di procedura penale per il compimento su persone viventi di prelievi di campioni biologici o accertamenti medici», (atto n. 1849 passato al Senato nell'ottobre 2007).

308 Così ritiene P. FELICIONI, Questioni aperte in materia di acquisizione e

utilizzazione probatoria dei profili genetici, cit., p. 165.

309 Cfr. cap. 3, par. 3.5.

310 Per un'analisi dettagliata dell'orientamento giurisprudenziale della Cassazione sviluppatosi sul punto, si rinvia al cap. 3, par. 3.5.

sull'indispensabilità non sviliscano l'effettiva portata del requisito. L'importante è soprattutto che i giudici non si lascino affascinare dal miraggio della perizia genetica come strumento capace di risolvere incontrovertibilmente il caso, a fronte di una paventata minore solidità della prova orale, sempre esposta al rischio di falsità e fraintendimenti. Un simile ragionamento aprirebbe la strada ad uno svuotamento del requisito dell'indispensabilità, il quale non può invece venir sacrificato in virtù di una presunta maggior attendibilità della prova scientifica311.

A parte la sussistenza di casi in cui «l'esame del DNA dà luogo ad una conoscenza indiziaria312», o comunque non risolutiva (si pensi, in

particolare, ad ipotesi in cui si invochi una scriminante nella commissione dell'illecito), il giudice non deve ignorare che la perizia genetica è una prova ad alto costo: sacrifica la libertà corporale dell'individuo, estraendo le informazioni più intime della persona. All'atto di disporre l'operazione si dovrà ponderare questo aspetto prima di addentrarsi in qualsiasi valutazione sulle esigenze probatorie dell'accertamento.

4.7 (segue) gli «accertamenti medici»

Nell'art. 224 bis c.p.p. il legislatore utilizza la locuzione «accertamenti medici» senza alcuna specificazione313.

311 Così M. PANZAVOLTA, Il profilo dell'istituto, cit., p. 1221.

312 Così P. FELICIONI, L'acquisizione di materiale biologico a fini identificativi o

di ricostruzione del fatto, in A. SCARCELLA (a cura di) Prelievo del DNA e banca dati nazionale, Padova, 2009, p. 218.

313 Sottolinea la vaghezza dell'espressione C. GABRIELLI, “Accertamenti medici”

dai confini troppo incerti, cit., pp. 71 e ss. Dello stesso avviso F. CASASOLE, Prelievi e accertamenti medici coattivi in L. MARAFIOTI, L. LUPARIA, (a cura

di) Banca dati del DNA e accertamento penale, cit., p. 243, E. OLIVIERI, La

legge sul prelievo di materiale biologico e la funzione della difesa in A.

Se la precisazione dell'oggetto del prelievo lascia immaginare in modo quasi esatto quali siano le possibili modalità esecutive, l'assenza di ogni specificazione in merito agli accertamenti contribuisce a rendere indeterminati anche i contorni delle relative attività.

L'espressione utilizzata dal legislatore appare infatti così indeterminata da legittimare una vasta gamma di accertamenti: dalle tecniche di percezione visiva alla somministrazione di sostanze, fino all'introduzione di strumenti all'interno del corpo dell'individuo314.

L'ambigua categoria degli accertamenti tecnici è quindi delineata dal legislatore come un ampio “contenitore” che può accogliere una indefinita tipologia di accertamenti315.

Questa mancanza di specificazione appare, già ad un primo sguardo, incompatibile con il requisito di preventiva determinatezza richiesto dall'art. 13 Cost. per ogni sacrificio imposto alla libertà personale. Il legislatore avrebbe dovuto specificare la natura di tali accertamenti aventi finalità probatoria. In proposito, bisogna citare la Relazione che accompagna uno dei disegni di legge governativi confluiti nel testo oggi approvato. Si tratta del disegno di legge n. 995, già citato316, che

in punto di esemplificazione degli accertamenti medici, fa espresso riferimento alla radiografia per poi affrettarsi ad escludere «l'ecografia cui la polizia giudiziaria sottopone un soggetto sospettato di aver

Al contrario, ritiene che la disciplina delle operazioni corporali sia decisamente articolata e minuziosa, sia nell' an, che nel quomodo, M. PANZAVOLTA, Il

profilo dell'istituto, cit., p. 1222.

314 C. GABRIELLI, “Accertamenti medici” dai confini troppo incerti, cit., p. 71. 315 Prova a individuare gli accertamenti che potrebbero rientrare nella categoria P.

FELICIONI, Questioni aperte in materia di acquisizione e utilizzazione

probatoria dei profili genetici, cit., p. 154: la radiografia o ecografia dell'addome

di soggetto sospettato di aver ingerito, allo scopo di occultarli, involucri contenenti sostanza stupefacente; l'esame radiologico osseo per stabilire l'età del soggetto passivo; gli accertamenti ematologici volti a verificare la presenza di malattie sessualmente trasmissibili nel caso di rapporto consensuale rispetto al reato di lesioni personali.

ingerito, allo scopo di occultarli, involucri contenenti sostanza stupefacente, trattandosi, in questo caso, […] di sequestro di corpo del reato a seguito di perquisizione personale, anche con l'ausilio di personale sanitario».

Una tale esclusione dal novero degli accertamenti tecnici, appare affrettata e non convince appieno perché risulta fondata su un'interpretazione della Suprema Corte non esente da censure317.

La Cassazione infatti, ha ricondotto l'esame radiografico effettuato all'addome della persona, ora alla perquisizione personale318, ora

all'ispezione personale319.

Occorre prendere atto che l'esame radiologico è un accertamento autonomo, non disciplinato dalla legge speciale e ricondotto dalla giurisprudenza nell'alveo dei poteri speciali di polizia giudiziaria. La piena condivisibilità delle ragioni di politica criminale che sorreggono

317 Così P. FELICIONI, Acquisizione di materiale biologico a fini identificativi o di

ricostruzione del fatto, cit., p. 225

318 Cass., sez. IV, 11 luglio 2005, H., in Cass. pen., 2006, p. 3340: «In materia di stupefacenti, mentre l'ispezione e la perquisizione previste dal codice di procedura penale presuppongono sempre la commissione di un reato, i poteri concessi alla polizia giudiziaria dall'art. 103 del D.p.r. 9 Ottobre 1990 n. 309, hanno un ambito più ampio, essendo finalizzati anche ad attività di carattere