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Probabilità e statistica nella scuola primaria: un percorso didattico.

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UNIVERSITA` DEGLI STUDI DI PISA

CORSO DI LAUREA IN MATEMATICA

12 Maggio 2017

TESI DI LAUREA MAGISTRALE

Probabilità e statistica nella scuola primaria: un percorso didattico

Candidato Alessia Torri

Relatore Paola Cerrai

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Introduzione

Nella società in cui viviamo le competenze nell’ambito della probabilità e statistica sono fondamentali per la formazione culturale di un cittadino, che si trova nella vita di tutti i giorni a dover interpretare dati statistici forniti sotto forma di tabelle, leggere grafici, comprendere il significato di rapporti, interpretare i risultati di un’indagine campionaria, dover prendere decisioni in base ad informazioni quantitative e in situazioni di incertezza. Tradizionalmente tali argomenti hanno fatto fatica a trovare spazio nell’insegnamento della matematica, e solo recentemente le indicazioni ministeriali e le valutazioni comparative quali INVALSI hanno messo in evidenza l’importanza di contemplare nell’educazione matematica l’insegnamento della probabilità e della statistica fin dalla scuola primaria. In questo lavoro di tesi ci si occupa proprio di come tali discipline possono essere affrontate alla scuola primaria, considerando la delicatezza del periodo di transizione accennato sopra. Bisogna considerare, infatti, che il cambiamento richiesto non è associato a un percorso formativo ad hoc per gli insegnanti. In questo quadro l’insegnante di scuola primaria – che non ha tradizionalmente una formazione specialistica in matematica – è quello che avverte maggiormente il bisogno di un accompagnamento per affrontare questo cambiamento.

Il lavoro di tesi si è interessato per questo anche alle convinzioni e alle esperienze precedenti degli insegnanti che hanno partecipato alla sperimentazione in merito all’insegnamento della probabilità e della statistica alla scuola primaria. Nella prima parte saranno discusse, tra l’altro, le conoscenze teoriche di base in probabilità e statistica che dovrebbe possedere un insegnante di scuola primaria, al fine di poter controllare le attività e anche comprenderne le possibili criticità didattiche e le difficoltà per gli studenti.

Si porrà l’attenzione sugli studi classici della pedagogia e soprattutto della didattica della matematica in riferimento all’intuizione probabilistica nei bambini, mettendo a confronto i due principali punti di vista sullo sviluppo delle idee di caso, possibilità e probabilità nel bambino esposti da Jean Piaget e Efraim Fischbein.

A chiudere la prima parte si mostrerà come le prove INVALSI, in linea con le Indicazioni (ma come detto non con una tradizione didattica consolidata, che vedeva la probabilità e la statistica quasi assente dai percorsi educativi) diano particolare rilievo all’ambito Dati e Previsioni1, e sarà fatta anche un’analisi dei libri di testo e di quanto essi si siano o meno adeguati a questa nuova attenzione (di indicazioni ministeriali e valutazioni standardizzate) verso gli obiettivi di apprendimento e i traguardi per competenza nel contesto della probabilità e statistica.

La parte centrale della tesi descrive l’attività sperimentale: è stato progettato, sviluppato e sperimentato un percorso per la seconda e quinta primaria. Saranno descritti gli obiettivi, le

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scelte di base, e anche i risultati con particolare attenzione alle intuizioni probabilistiche mostrate dai bambini e alle principali difficoltà emerse.

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Indice

Capitolo 1 L’insegnamento di probabilità e statistica nella scuola primaria ... 1

1.1 L’insegnamento della probabilità secondo le Indicazioni Nazionali ministeriali per il primo ciclo ...1

1.2 Alcune riflessioni preliminari sull’insegnamento della probabilità ...2

1.3 L’insegnamento della statistica secondo le Indicazioni Nazionali ministeriali per il primo ciclo ...4

1.4 La probabilità e la statistica nelle prove INVALSI per la scuola primaria ...5

1.5 Analisi di alcuni quesiti per la classe seconda della scuola primaria ...7

1.6 Analisi di alcuni quesiti per la classe quinta della scuola primaria ... 13

1.7 Probabilità e statistica nei libri di testo per la scuola primaria ... 18

Capitolo 2 L’ambito “Dati e previsioni” come risorsa didattica ... 40

2.1 Motivazioni per l’introduzione di elementi di probabilità e statistica nella scuola primaria... 40

2.2 Il problema della formazione degli insegnanti nell’ambito ”Dati e previsioni” ... 41

2.3 Conoscenze di base in probabilità e statistica e criticità per il loro insegnamento ... 41

Capitolo 3 La sperimentazione in classe ... 49

3.1 Le fasi della sperimentazione ... 49

3.2 Le classi seconde ... 50

3.3 Descrizione della sperimentazione per la classe seconda primaria ... 51

3.4 Le classi quinte ... 59

3.5 Descrizione della sperimentazione in classe quinta primaria ... 60

3.6 L’opinione degli insegnanti ... 79

3.7 Commenti finali ... 81

Conclusioni ... 83

Appendice ... 86

Bibliografia ... 88

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1 Capitolo 1 L’insegnamento di probabilità e statistica nella scuola primaria

Ritengo opportuno, prima di cominciare a sviluppare gli argomenti inerenti al mio lavoro di tesi, riportare alcuni passi che nelle Indicazioni Nazionali per il primo ciclo di istruzione del Ministero della Pubblica Istruzione [17] si riferiscono alla probabilità e alla statistica. Reputo importante quest’analisi perché la consapevolezza della rilevanza che le Indicazioni Nazionali danno a quest’ambito potrebbe portare a un cambiamento nell’insegnamento di queste discipline che, tradizionalmente, hanno fatto fatica a trovare spazio nell’insegnamento della matematica e ancora oggi sono insegnate poco o addirittura non insegnate.

Poiché le Indicazioni giustamente, sottolineano, l’importanza della continuità dell’educazione matematica, seppur il lavoro di tesi si focalizzerà sul livello scolare primario, ritengo importante e significativo descrivere le richieste relative a questo ambito anche per la secondaria di primo grado.

1.1 L’insegnamento della probabilità secondo le Indicazioni Nazionali ministeriali per il primo ciclo

Traguardi per lo sviluppo delle competenze:

Al termine della scuola dell’infanzia, della scuola primaria e della scuola secondaria di primo grado, sono fissati i traguardi per lo sviluppo delle competenze, relativi ai campi di esperienza ed alle discipline.

Essi rappresentano dei riferimenti ineludibili per gli insegnanti, indicano piste culturali e didattiche da percorrere e aiutano a finalizzare l’azione educativa allo sviluppo integrale dell’allievo.

Nella scuola del primo ciclo i traguardi costituiscono criteri per la valutazione delle competenze attese, e nella loro scansione temporale, sono prescrittivi, impegnando così le istituzioni scolastiche affinché ogni alunno possa conseguirli, a garanzia dell’unità del sistema nazionale e della qualità del servizio.

Le scuole hanno la libertà e la responsabilità di organizzarsi e di scegliere l’itinerario più opportuno per consentire agli studenti il miglior conseguimento dei risultati.[17]

Riporto di seguito i traguardi per lo sviluppo delle competenze al termine della scuola primaria e di quella secondaria di primo grado rispetto alla probabilità:

Scuola primaria Scuola secondaria primo grado

…Riconosce e quantifica, in casi semplici, situazioni d’incertezza.

…Nelle situazioni d’incertezza (vita quotidiana, giochi, ...) si orienta con valutazioni di probabilità.

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2 Obiettivi di apprendimento:

Gli obiettivi di apprendimento individuano campi del sapere, conoscenze e abilità ritenuti indispensabili al fine di raggiungere i traguardi per lo sviluppo delle competenze.

Gli obiettivi sono organizzati in nuclei a tema e definiti rispetto a periodi didattici lunghi: l’intero triennio della scuola dell’infanzia, l’intero quinquennio della scuola primaria, l’intero triennio della scuola secondaria di primo grado.[17]

Riporto nella tabella gli obiettivi di apprendimento per la scuola primaria e secondaria di primo grado rispetto alla probabilità:

Obiettivi al termine della quinta primaria Obiettivi al termine della scuola secondaria

di primo grado

…In situazioni concrete, di una coppia di eventi intuire e cominciare ad argomentare qual è il più probabile, dando una prima quantificazione nei casi più semplici, oppure riconoscere se si tratta di eventi ugualmente probabili.

….In semplici situazioni aleatorie,

individuare gli eventi elementari, assegnare a essi una probabilità, calcolare la

probabilità di qualche evento,

scomponendolo in eventi elementari disgiunti.

1.2 Alcune riflessioni preliminari sull’insegnamento della probabilità

Molti sono gli studi di psicologia dell’apprendimento focalizzati sullo sviluppo delle idee di caso, possibilità e probabilità nel bambino e le loro posizioni non sono concordanti, anzi spesso sono contrapposte. Le due citazioni che riportiamo qui di seguito non pretendono certo di essere esaustive, ma sono sicuramente posizioni importanti nel panorama internazionale, che hanno ispirato ed influenzato diversi studi successivi e anche scelte della pratica didattica.

La teoria di Jean Piaget sull’intuizione probabilistica, si sviluppa coerentemente con la sua idea di stadi di sviluppo cognitivo: Piaget è convinto che ci siano stadi di apprendimento piuttosto rigidi e collegati all’età biologica, che permettono all’individuo (o lo inibiscono) di maneggiare certe strutture mentali. Nella sua opera “La genesi dell’idea di fortuito nel

bambino” [19], Piaget parte dall’assunto (a suo modo di vedere provato con alcune

sperimentazioni) che nel bambino intorno ai quattro o cinque anni d’età non c’è spazio per eventi considerati come fortuiti. Il bambino intorno a quest’età pensa che “tutto è legato a

tutto, nulla avviene per caso, ogni cosa trova subito una sua giustificazione, una sua ragione d’essere: se oggi piove, è perché i campi avevano bisogno d’acqua, se una figurina lanciata in aria cade mostrando la faccia bianca, questo accade per la volontà di chi l’ha lanciata o perché la figurina stessa ha voluto cadere così’’.

Sempre secondo la teoria degli stadi di sviluppo cognitivo di Piaget, la differenziazione tra eventi prevedibili ed eventi fortuiti segue la maturazione del pensiero reversibile, intorno ai sei o sette anni d’età. In questa fase il bambino è in grado di distinguere gli eventi che avvengono intorno a lui in eventi prevedibili ed in eventi fortuiti. Questa contrapposizione è, però, instabile. Infatti, con l’ampliarsi del patrimonio culturale, certi eventi che il

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bambino considerava non prevedibili, perché non ne conosceva i fattori causali, passano nel gruppo di quelli prevedibili, non appena tali conoscenze sono acquisite. Inoltre l’attenuazione della contrapposizione fra i due tipi di eventi avviene anche in conseguenza del maturare di altre strutture mentali, che Piaget denomina “ipotetico-deduttive”, che si sviluppano intorno agli undici o dodici anni. Il pensiero adulto maturo, che nasce da quest’ultima fase, cerca di ridurre il campo dell’imprevedibile, introducendo la nozione di probabilità. Tale conoscenza prende consistenza quando il soggetto è in grado di riassorbire la casualità in una regolarità di tipo superiore, vale a dire quando, attraverso la legge dei grandi numeri, egli ristabilisce, su scala collettiva, la regolarità che manca nei singoli eventi casuali.

Inoltre, secondo Piaget, la probabilità richiede l’idea di rapporto e quindi una capacità relazionale già piena. Coerentemente con le idee di Piaget, l’introduzione dell’insegnamento della probabilità dovrebbe collocarsi intorno ai 12-13 anni, e cioè a livello dello stadio di sviluppo cognitivo che lo psicologo svizzero chiama operatorio formale.

Efraim Fischbein, al contrario, ritiene che una vera comprensione del concetto di probabilità possa essere anticipata, rispetto alle rigide scadenze teorizzate da Piaget, per mezzo dell’intuizione. Come riportato in [32], Fischbein afferma“Viviamo in un mondo

d’incertezze e il futuro cittadino deve essere preparato a far fronte a situazioni d’incertezza in modo corretto ed efficace’’. Nella nostra quotidianità siamo, quindi,

costretti a valutazioni di tipo probabilistico, supportate da un pensiero intuitivo spontaneo che la scuola ha il dovere di non cancellare ma guidare e potenziare. Secondo Fischbein s’incorre nel rischio di depotenziare il pensiero probabilistico intuitivo, proponendo sempre schemi di tipo fisso e certo (es. problemi che hanno sempre una ed una sola soluzione) e richiedendo un comportamento univoco anche nelle azioni sociali [20]. Il pensiero probabilistico rappresenta dunque sicuramente un approccio ai problemi essenzialmente diverso da quello ispirato agli schemi deterministici, tuttavia proprio per questo è bene iniziare tale processo di apprendimento prima della strutturazione completa del pensiero, cioè prima della conquista degli schemi formali [22]. Bisogna dunque cominciare a insegnare la probabilità all’età delle operazioni concrete o almeno nelle fasi di passaggio dal concreto all’astratto.

In esperimenti condotti con ragazzi dai 6 ai 14 anni, che non avevano avuto alcun insegnamento di probabilità, sono stati proprio i più piccoli a fornire spontaneamente il maggior numero di risposte corrette di fronte a situazioni aleatorie.

Fischbein fa alcune esperienze in cui il materiale sperimentale è costituito da tavolette di legno con opportune scanalature.

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Ai ragazzi è posto il quesito: “Una biglia è lasciata cadere all’imbocco della scanalatura

principale; c’è un percorso preferenziale attraverso il quale le biglie passano più frequentemente oppure no?”

I bambini più piccoli danno molto frequentemente risposte corrette in tutti e tre i casi proposti. Nel terzo caso i soggetti più grandi optano invece spesso per un particolare percorso, ingannati dall’asimmetria delle scanalature. Cercano poi di spiegare la loro scelta con motivazioni del tipo: “la biglia uscirà di qui, perché questo percorso è più lungo” oppure “è più corto” oppure “è a destra” [22].

1.3 L’insegnamento della statistica secondo le Indicazioni Nazionali ministeriali per il primo ciclo

Come è stato fatto per la materia probabilità riportiamo i traguardi di sviluppo al termine della scuola primaria e secondaria di primo grado riportati nelle Indicazioni Nazionali ministeriali relativamente a statistica:

Scuola primaria Scuola secondaria primo grado

…Utilizza rappresentazioni di dati (tabelle e grafici) in situazioni significative per ricavare informazioni.

…Analizza e interpreta rappresentazioni di dati per ricavarne misure di variabilità e prendere decisioni.

Riporto di seguito anche gli obiettivi di apprendimento indicati nelle Indicazioni Nazionali ministeriali riguardanti statistica:

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Obiettivi al termine della quinta primaria Obiettivi al termine della scuola secondaria

di primo grado

…Rappresentare relazioni e dati e, in

situazioni significative, utilizzare le

rappresentazioni per ricavare informazioni, formulare giudizi e prendere decisioni. …Usare le nozioni di media aritmetica e di frequenza.

….Rappresentare insiemi di dati, anche facendo uso di un foglio elettronico. In situazioni significative, confrontare dati al fine di prendere decisioni, utilizzando le distribuzioni delle frequenze e delle frequenze relative. Scegliere ed utilizzare valori medi (moda, mediana, media aritmetica) adeguati alla tipologia e alle caratteristiche dei dati a disposizione. Saper valutare la variabilità di un insieme di dati determinandone, ad esempio il campo di variazione.

1.4 La probabilità e la statistica nelle prove INVALSI per la scuola primaria

Il tema della probabilità è stato inserito nei programmi per la scuola primaria (allora ancora scuola elementare) fin dal 1985, tuttavia molti sono ancora oggi gli insegnanti che non si sentono, per motivi vari che approfondiremo nel capitolo successivo, di affrontare in classe questo insegnamento.

Al contrario, come abbiamo riportato nei paragrafi precedenti, nelle Indicazioni Nazionali per il primo ciclo, per l’insegnamento della matematica un’area che si riferisce a probabilità e statistica compare, alla pari di aritmetica, geometria e algebra, nei vari livelli scolastici. Quest’area per la scuola primaria è denominata “Dati e previsioni”.

Nelle prove INVALSI sono presenti ogni anno quesiti propri del settore Dati e previsioni, conformemente ai programmi e agli obiettivi di apprendimento richiesti nelle Indicazioni Nazionali. Si ricorda che INVALSI è l’Ente che ha tra i compiti quello della verifica periodica e sistematica sulle conoscenze e le abilità degli studenti e sulla qualità complessiva dell'offerta formativa delle istituzioni d’istruzione e formazione professionale e in particolare si occupa del Sistema Nazionale di Valutazione (SNV).

L’INVALSI è soggetto alla vigilanza del Ministero della Pubblica Istruzione che individua le priorità strategiche delle quali l'Istituto tiene conto per programmare la propria attività. I problemi posti in queste prove hanno il merito di stimolare l’attenzione degli insegnanti su questi temi.

È quindi molto interessante, per gli interessi del presente lavoro, analizzare e commentare alcuni quesiti delle prove INVALSI che trattano il tema “Dati e previsioni”, relativamente alle classi seconda e quinta di scuola primaria, evidenziando il tipo di competenza richiesto da queste prove.

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Non essendo l’analisi delle prove INVALSI oggetto di studio in questa tesi, si è scelto di mostrare solo alcuni dei quesiti presenti in prove degli anni passati; quelli che analizzeremo nei paragrafi successivi sono quesiti ritenuti di particolare significatività poiché, essendo in linea con le Indicazioni Nazionali, sono stati utili per la progettazione della sperimentazione: per formulare i questionari proposti ai bambini nel corso della sperimentazione, infatti, ci siamo ispirati proprio a tali domande. Molti test da noi proposti alle classi contengono le stesse difficoltà matematiche di questi quesiti, ma, come descriveremo nel cap. 3, sono a risposta aperta e lasciano al bambino una maggior libertà di espressione; questo tipo di formulazione è stato possibile poiché non vi era da parte nostra uno scopo valutativo, a differenza dei risultati quantitativi che rientrano negli obiettivi delle prove INVALSI.

C’è da notare che le domande delle prove INVALSI sono spesso diverse da quelle che tradizionalmente si trovano nei libri di testo, e quindi si presentano per gli allievi come veri e propri problemi. Questa grande diversità tra i testi degli esercizi a cui sono abituati e i testi delle prove porta addirittura alla convinzione da parte degli alunni che le domande proposte da INVALSI siano “a trabocchetto” ([13]).

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1.5 Analisi di alcuni quesiti per la classe seconda della scuola primaria I primi tre quesiti che analizzeremo sono tratti dalla prova dell’anno 2012/2013. Il primo è il seguente:

Il quesito è volto a stabilire la capacità dell’alunno di “ricavare informazioni da grafici”. In questo caso il grafico è un istogramma la cui scala non è unitaria. Esso rientra nell’obiettivo di apprendimento “Leggere e rappresentare relazioni e dati con diagrammi,

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Altro tipo di grafico che il bambino dovrebbe essere in grado di analizzare lo ritroviamo nel seguente quesito:

La domanda è volta a stabilire la capacità del bambino di “inserire dati in una tabella”. La tabella riportata nel quesito è a doppia entrata, in cui le variabili sono genere e mezzo di trasporto. Essa risulta, quindi, piuttosto complessa.

Inoltre in tutte e tre le domande si richiede di ricavare informazioni sul bambino da inserire in tabella. E’ chiaro quindi di nuovo il riferimento all’obiettivo di apprendimento “Leggere

e rappresentare relazioni e dati con diagrammi, schemi e tabelle”.

In alcune delle prove INVALSI per la seconda primaria compaiono anche domande riguardanti la valutazione dell’incerto.

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Vediamo ad esempio il seguente quesito, presente anch’esso nella prova dello stesso anno:

Il quesito ha come scopo, appunto, valutare la capacità di dare le prime valutazioni dell’incertezza di un evento, facendo riferimento al traguardo “riconosce e quantifica, in

casi semplici, situazioni di incertezza”. Notiamo che tale traguardo è fissato per la fine

della scuola primaria; per questo motivo si osserva che al posto del termine “probabilità” si utilizzano le espressioni “è più facile” ed “è facile allo stesso modo” come sinonimo di “è più probabile” ed “ha la stessa probabilità”.

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Anche nell’anno 2015/2016 ci sono stati vari quesiti nell’ambito Dati e previsioni. Analizziamo il primo quesito:

Questo quesito è volto a controllare la capacità del bambino di riconoscere due tipi diversi di rappresentazioni grafiche utilizzate per descrivere la stessa situazione. Fa riferimento, quindi, all’Indicazione nazionale “saper leggere e rappresentare relazioni e dati con

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Anche il secondo quesito fa riferimento allo stesso obiettivo di apprendimento.

Lo scopo della domanda è verificare se il bambino è capace di individuare il grafico che rappresenta correttamente la situazione descritta.

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Sempre mirato a verificare la capacità di utilizzare grafici per rappresentare dei dati è il quesito che segue:

Il grafico che compare nel problema è una specie d’istogramma fatto con crocette e non a barre, come solitamente siamo abituati a vedere. Lo scopo della domanda è verificare la capacità di utilizzare alcuni dati per completare la tabella.

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1.6 Analisi di alcuni quesiti per la classe quinta della scuola primaria

Anche nelle prove per la classe quinta primaria le domande nell’ambito “Dati e previsioni” sono piuttosto frequenti. Analizziamo i quesiti tratti dalla prova dell’anno 2012/2013. Primo quesito:

La domanda è volta a stabilire la capacità di leggere e interpretare un grafico. Si fa riferimento esplicito all’obiettivo di apprendimento fissato dalle Indicazioni Nazionali “saper rappresentare relazioni e dati e, in situazioni significative, utilizzare le

rappresentazioni per ricavare informazioni”. Difficoltà maggiore per i bambini può essere

data dal fatto che i dati sono dati in percentuale e non si fa riferimento alle frequenze assolute.

Oltre al grafico a barre, in diversi problemi compaiono altri tipi di rappresentazioni dei dati, dei quali si richiede la capacità di lettura da parte del bambino. Vediamo ad esempio il seguente quesito:

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E’ quindi evidente, come già si è osservato, l’obiettivo di verificare la “capacità di

ricavare informazioni dai grafici”.

Diverso grafico che il bambino deve essere in grado di interpretare si ritrova in un altro quesito tratto dalla stessa prova INVALSI:

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Il grafico che compare nel quesito è una tabella a doppia entrata, in cui si riporta il numero di scarpa secondo il tipo di numerazione in uso nei vari Paesi. Nel quesito così come in quello che segue, si fa riferimento all’obiettivo di verificare “la capacità, in situazioni

significative, di saper utilizzare le rappresentazioni per ricavare informazioni, formulare giudizi e prendere decisioni”.

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Ogni anno sono presenti, nelle prove di quinta primaria, anche alcuni quesiti di probabilità. Vediamo, ad esempio, nel test del 2013 il seguente:

In questo quesito si fa riferimento all’obiettivo “l’alunno riconosce e quantifica, in casi

semplici, situazioni d’incertezza; in situazioni concrete, riferibili a una coppia di eventi, intuisce e comincia ad argomentare qual è il più probabile, dando una prima quantificazione nei casi più semplici”.

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18

Esso ha l’obiettivo di verificare la capacità di valutare il valore di verità di alcune affermazioni, le quali coinvolgono “giudizi di probabilità” su alcuni eventi. Si potrebbe dire quindi che il quesito si colloca nell’ambito della logica e probabilità.

Sempre riferendoci alla prova INVALSI 2013, si trova un settimo quesito2riferibile all’ambito “Dati e previsioni”, che riportiamo di seguito:

Anche in questo quesito si chiede di saper ricavare informazioni da una tabella a più entrate e, scopo che troviamo per la prima volta in questo test, di saper confrontare le frequenze relative. Si fa, quindi riferimento, all’obiettivo di apprendimento al termine della classe quinta “usare le nozioni di frequenza”.

1.7 Probabilità e statistica nei libri di testo per la scuola primaria

Ai fini di capire quali strumenti, nell’ambito “Dati e previsioni”, avessero a disposizione le classi in cui è stata svolta la sperimentazione, che dettaglieremo nel capitolo 3, si sono

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analizzati i libri di testo in dotazione in tali scuole. ([1], [10], [11], [12], [13], [14] in Appendice)

Si nota che le parti dedicate a quest’ambito sono coerenti con le indicazioni nazionali e coprono l’intero periodo scolastico che va dalla prima alla quinta primaria; gli argomenti non sono molto sviluppati ma comunque organizzati in modo che vi sia un crescendo in termini di specificità e di difficoltà. Purtroppo però si nota che gli argomenti di probabilità e statistica, oltre a ottenere uno spazio ridotto rispetto agli altri argomenti trattati, sono sempre posti a fine libro; se, quindi, come spesso accade, l’insegnante segue l’ordine del libro per affrontare gli argomenti in classe, il tema “Dati e previsioni” sarà sviluppato, se va bene, solo alla fine dell’anno scolastico, quando il tempo a disposizione è poco e questo potrebbe non favorirne un sufficiente approfondimento. Questa segregazione inoltre a fine libro appare poco idonea a una materia come la probabilità o la statistica che può essere messa in relazione e fornire molti spunti interessanti in varie altre parti del programma di matematica per la scuola primaria, per cui riteniamo che alcune attività su questi temi potrebbero essere inserite su più parti di uno stesso libro.

Per avere un’idea più ampia di come le discipline probabilità e statistica sono affrontate nei libri di testo e quindi, capire, in senso più generale quale supporto didattico è offerto a studenti e insegnanti si sono analizzati altri libri di testo per la scuola primaria i cui titoli sono consultabili in Appendice. La nostra analisi è ben lungi da essere esaustiva, essendo ben consapevoli che per un’analisi completa e approfondita occorrerebbe sviluppare uno studio specifico che non rientra nell’obiettivo principale di questo nostro lavoro; si possono, però, trarre da essa alcune osservazioni parziali particolarmente significative, non solo in termini di contenuti, ma anche di come le discipline probabilità e statistica sono trattate.

Per quanto riguarda lo spazio dato all’ambito “Dati e previsioni”, si nota che nei libri antecedenti all’anno 2017, se ne conferma una posizione a fine libro, con un numero ristretto di pagine.

Si osserva, invece, una positiva inversione di marcia nei libri di nuova stampa, che

riservano all’ambito di nostro studio uno spazio molto più ampio.3

Altro aspetto degno di nota è il fatto che in tutti i libri per le classi seconde e quinte sia presente tra le pagine dedicate a probabilità e statistica almeno un quesito tratto dalle prove INVALSI degli anni precedenti, riguardante appunto tali discipline.

L’introduzione di questi quesiti e il maggior spazio dedicato a quest’ambito ci porta a pensare che forse vi sia un’apertura verso un nuovo modo di sviluppare questi argomenti, probabilmente come risposta ai contenuti delle prove INVALSI e alla “paura” di risultati

non particolarmente soddisfacenti4nelle prove (nelle prove INVALSI le domande relative a

3

In “Superfavoloso!” per le classi prima, seconda e terza sono dedicate a probabilità e statistica ben 7/8 pagine, a differenza di 2/3 presenti nei libri antecedenti al 2017.

4

Quanto emerge in “Rilevazioni nazionali degli apprendimenti 2015-2016, I primi risultati delle prove INVALSI 2016 in dieci punti” è proprio il fatto che i risultati in Matematica non siano ancora particolarmente soddisfacenti; per maggiori dettagli è possibile consultare il Rapporto INVALSI 2016 .

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Dati e Previsione sono ogni anno in quantità significativa, in media circa il 20% sul totale delle domande).

Si riferiscono qui di seguito i contenuti che abbiamo trovato nei vari libri, dalla classe prima fino alla quinta.

- Classe prima: nei libri per la classe prima si sono trovate proposte di lavoro volte a un avvio alla costruzione di tabelle per la raccolta di dati e relativa rappresentazione a barre, come riportato negli esempi seguenti:

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Figura 2 Libro Io Lo so 1 (2017)

Interessante notare che l’esercizio sopra riportato è inserito in una delle pagine dal titolo “Verso la prova INVALSI”. Esse sono formate da una serie di esercizi, non tutti appartenenti allo stesso ambito, con domande a risposta multipla. Notiamo che i diversi ambiti nei vari esercizi di ogni pagina e la loro struttura richiamano i test INVALSI e rappresentano quindi un’esercitazione alla prova. In qualche libro di nuova pubblicazione troviamo uno spazio dedicato anche ai quantificatori più semplici “nessuno” e “tutti”.

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- Classe seconda: per quel che riguarda la classe seconda, è di nuovo trattato il problema della costruzione di grafici; la differenza rispetto alla prima classe sta nel fatto che nei libri per la classe seconda è dato molto più spazio alla lettura di tabelle e spesso l’istogramma si costruisce utilizzando le informazioni deducibili da una tabella. Si riporta un esempio di questo tipo di attività presentato in uno dei libri visionati:

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Ci sono anche casi in cui si richiede al bambino di interpretare informazioni da tabelle più complesse che presentano più variabili di cui tenere conto, come ad esempio nel seguente:

Figura 4 Libro Super Caramella 2 (2015)

Nei libri per la classe seconda visionati si trovano anche esercizi non solo di costruzione, ma anche di lettura d’istogrammi, come si può notare nell’esempio seguente:

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Attività di probabilità, finalizzate all’introduzione dei termini certo, possibile e impossibile sono presenti in tutti i libri pubblicati nel 2017, mentre in quelli di precedente pubblicazione non sempre sono presenti. Si riportano tre esempi tratti da alcuni libri in cui è trattato quest’argomento:

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Si nota, nei libri di nuova pubblicazione, un ampliamento anche in termini di contenuti trattati; ad esempio in molti si trova un primo approccio alle combinazioni, proponendo ad esempio il classico problema di trovare in quanti possibili modi si possono assegnare tre dolci a tre bambini. Sempre legato al calcolo combinatorio è il seguente esercizio, trovato in uno dei nuovi libri di testo analizzati:

Figura 8 Libro Giorni di Scuola 2 (2017)

E’ particolarmente interessante notare come l’argomento delle permutazioni, in questo esercizio, sia utilizzato come occasione di ripasso del sistema decimale di numerazione e, allo stesso tempo, come collegamento con italiano (l’esercizio 2 chiede di elencare tra tutte le permutazioni delle tre lettere le parole con e senza significato).

Nella maggior parte dei libri di nuova edizione vengono introdotti in maniera significativa i quantificatori “almeno uno”, “ogni”, “nessuno”, fondamentali nel raccordo logica-probabilità e che risultano completamente nuovi rispetto alle tematiche trattate nei libri di vecchia pubblicazione da noi analizzati.

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- Classe terza: per quel che riguarda i libri della classe terza primaria, si nota che l’argomento principale nei libri di “vecchia”5

pubblicazione riguarda ancora le indagini statistiche, affrontate in modo più specifico rispetto agli anni precedenti. Sono, infatti, introdotti i termini moda e frequenza e si osservano istogrammi con unità di misura non unitaria, come si può vedere nell’esempio proposto:

Figura 9 Libro A come...a scuola insieme 3 (2014)

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In questi libri, una parte inferiore rispetto alla statistica, è riservata anche alla probabilità; dai termini certo, impossibile e possibile si passa ad affrontare il problema della quantificazione, come si può notare nell’esempio riportato:

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Diversamente da quanto detto per i libri di “vecchia” edizione, nei libri di nuova pubblicazione troviamo che lo spazio dedicato alla statistica e il passaggio dalla valutazione qualitativa dell’incerto a quella quantitativa è pressoché lo stesso; inoltre, altro tratto distintivo, è la trattazione del concetto di grafo ad albero per le classificazioni in base a più proprietà. Riportiamo un esempio tratto da un libro di testo visionato, che mostra come è affrontato tale argomento:

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- Classe quarta: nei libri per la classe quarta si continua con le indagini statistiche in situazioni più complesse rispetto a quelle affrontate nei libri per le classi precedenti; si riporta un esempio, tratto da un libro di testo analizzato, in cui si cerca di giustificare il calcolo della media aritmetica in un’indagine statistica:

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Per quanto riguarda probabilità troviamo in tutti i libri di testo la quantificazione della probabilità di un evento, utilizzando l’impostazione classica; generalmente si collega all’argomento delle frazioni, e si calcola quindi la probabilità di un evento come rapporto tra il numero di casi “favorevoli” e quello dei casi possibili. Riportiamo alcuni esempi:

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- Classe quinta: per quanto riguarda statistica si pone attenzione, oltre ai concetti di indagine statistica, moda, media e campione, che già sono presenti nei libri per le classi terze e quarte, anche ai diversi tipi di rappresentazione, come si può vedere nell’esempio riportato:

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I libri di testo visionati affrontano la quantificazione della probabilità in situazioni, talvolta, anche abbastanza complesse, come si può vedere nell’esempio proposto:

Figura 18 Libro Studia con me 5 (2015)

Troviamo tuttavia l’esercizio così posto banalizzato dalla tabella proposta e già preconfezionata. Con questo esercizio si porta il bambino a dover fare solo un mero calcolo, senza lasciarlo libero di sperimentare quali sono i possibili risultati e di arrivare a una propria rappresentazione di essi. Si perde, a mio avviso, tutta la ricchezza di scoperta di questo problema, che riprenderò nel cap.3 relativo alla mia sperimentazione nelle classi.

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Altre attività si basano sull’utilizzo delle percentuali per esprimere delle probabilità, come si può notare nell’esempio seguente:

Figura 19 Libro Studia con me 5 (2015)

Si osserva che nei libri visionati antecedenti al 2017 è dedicato poco spazio all’argomento delle percentuali nell’ambito “Dati e previsioni”; esso è tenuto in qualche modo in un “cassetto” a parte: l’argomento delle percentuali viene, infatti, trattato separatamente rispetto all’ambito “Dati e previsioni” e poi è inserito, quasi in modo un po’ forzato, quando si parla di probabilità e statistica (si veda l’esempio nella foto sopra). Si potrebbe dire che manca una “giustificazione” al legame dato all’argomento delle percentuali con le discipline probabilità e statistica.

In alcuni libri di nuova pubblicazione si contestualizza meglio l’uso delle percentuali in statistica e in probabilità, evidenziandone l’utilità: in alcuni libri, ad esempio, si inizia a trattare l’argomento percentuali proprio in seguito alla necessità di rappresentare le frequenze relative in un areogramma.

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Ho trovato, inoltre, molto interessante l’esercizio sotto riportato:

6

Figura 20 Libro Superfavoloso 5 (2017)

In questo esercizio, invece di richiedere di scrivere sotto forma percentuale la frazione ottenuta dal rapporto tra il numero di palline assegnate di un dato colore e il numero totale delle palline, si pone il problema inverso: assegnato un certo numero di palline, colorane quante è necessario affinché rappresentino, ad esempio, il 20% del totale. Ritengo che questo tipo di esercizio potrebbe essere d’aiuto a favorire la contrapposizione parte-tutto per valutare la probabilità, piuttosto che la contrapposizione parte-parte, come avviene molto frequentemente a livello della scuola primaria e della secondaria di primo grado, come avremo modo di analizzare nel cap.2. L’esercizio, infatti, non offre una composizione preconfezionata, che contrappone un colore a un altro, ma lascia libero il bambino di costruirla a modo suo, richiedendo peraltro percentuali semplici, ottenibili anche per tentativi.

6

Per i due sacchetti a destra, la richiesta è, per il primo, di colorare le palline in modo che la probabilità di pescarne una gialla sia il 100% e , per il secondo, di colorarle in modo che non ci sia nessuna probabilità di pescarne una rossa.

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Capitolo 2 L’ambito “Dati e previsioni” come risorsa didattica

2.1 Motivazioni per l’introduzione di elementi di probabilità e statistica nella scuola primaria

Nella società attuale è possibile ottenere, grazie ai nuovi mezzi tecnologici, una grande quantità d’informazioni, ma spesso l’enorme mole dei dati che ci sono trasmessi è tale da creare disorientamento e incapacità di trarre da essi informazioni corrette.

La scuola dovrebbe porsi come uno degli obiettivi principali per la formazione del cittadino attivo, quello di aiutarlo a sviluppare capacità e competenze atte a comprendere e utilizzare correttamente la grande quantità di dati e statistiche (ufficiali e non) diffuse quotidianamente dai vari mezzi di comunicazione.

Inoltre “Viviamo in un mondo d’incertezze e il futuro cittadino deve essere preparato a far

fronte a situazioni d’incertezza in modo corretto ed efficace’’([32]): nella nostra

quotidianità siamo costretti a valutazioni di tipo probabilistico, supportate da un pensiero intuitivo spontaneo che la scuola ha il dovere di non cancellare ma guidare e potenziare. In particolare la scuola dovrebbe formare il futuro cittadino adulto in modo che egli sia in grado di:

- decidere in condizioni d’incertezza e valutare rischi e conseguenze delle proprie scelte, - comprendere e analizzare criticamente dati e informazioni statistiche.

Queste motivazioni e non solo giustificano l’insegnamento della probabilità e statistica nell’ambito scolastico.

Si ritiene che la scelta di introdurre tali materie fin dalla scuola primaria sia dettata sostanzialmente da tre fattori:

- in probabilità e statistica è possibile trovare interessanti esempi di matematizzazione e affrontare problemi che non ripetono schemi consueti, ma che anzi sollecitano un atteggiamento euristico [22]. Queste materie inoltre stimolano lo sviluppo del ragionamento logico e la capacità di argomentare correttamente le proprie scelte;

- le due discipline si prestano particolarmente allo sviluppo di un percorso didattico che segue quello scolastico e si evolve e si arricchisce partendo dalla scuola primaria, alla secondaria inferiore, fino alla scuola superiore;

- la probabilità e la statistica possono essere strumenti di apprendimento e approfondimento di altri settori della matematica stessa, e inoltre fornire spunti per sviluppi inter-disciplinari di particolare significatività.

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2.2 Il problema della formazione degli insegnanti nell’ambito ”Dati e previsioni” Un’adeguata formazione degli insegnanti di scuola primaria in probabilità e statistica appare il requisito necessario, non solo per controllare le attività in classe, ma anche per sentirsi in grado di affrontarle e dunque per sperimentarle.

L’insegnante dovrebbe essere messo in condizione di riconoscere e saper cogliere le tante occasioni di “educazione probabilistica” che possono presentarsi nelle più diverse attività e discussioni in classe, anzi dovrebbe essere in grado di promuovere queste occasioni, senza avvertire disagio o timore di non saperle gestire.

Il problema non è solo quello della mancanza di conoscenze di base, che pur non dovrebbe esserci, ma altrettanto importante sarebbe rendere consapevoli gli insegnanti delle potenzialità di queste materie e degli sviluppi futuri che esse dovrebbero avere nel proseguimento del percorso scolastico. Gli insegnanti inoltre dovrebbero essere resi consapevoli delle criticità che incontreranno i loro alunni nel muovere i primi passi in probabilità e statistica e delle strategie didattiche da mettere in atto per aiutarli a superarle. Naturalmente tutti questi aspetti essenziali per una buona formazione all’insegnamento di probabilità e statistica sono tra loro strettamente connessi.

2.3 Conoscenze di base in probabilità e statistica e criticità per il loro insegnamento Molti sono gli articoli scientifici di ricerca in didattica della probabilità e statistica che trattano di vari aspetti critici e difficoltà che si incontrano nell’apprendimento di tali discipline ([9], [10], [11], [12]). Nel seguito del paragrafo farò riferimento principalmente a [11], in cui si riportano e commentano i risultati di una ricerca condotta nella scuola primaria e nella secondaria di primo grado7.

Evento certo, possibile, impossibile

Appare ovvio che per “riconoscere e quantificare situazioni d’incertezza” il primo passo debba essere avere chiaro il significato di evento possibile e saper distinguere un evento possibile da un evento certo o impossibile. Si potrebbe pensare che il concetto di evento certo, così come quello di evento impossibile, siano più facili da acquisire rispetto al concetto di evento possibile, ma non è così.

Com’è stato riscontrato nel corso della sperimentazione, che sarà dettagliata nel capitolo successivo, e com’è noto in letteratura ([11])8, il concetto di evento certo appare in qualche modo il meno familiare, interpretato talvolta come “sicuro che può accadere” o più frequentemente ritenuto equivalente a “molto probabile” , così come quello di evento impossibile è talvolta interpretato come “molto raro”.

7

La ricerca riguardò un ampio numero di studenti, cui fu sottoposto un questionario, in due versioni. Non tutti i quesiti sono stati riportati e analizzati nell’articolo, ma per gentile concessione di uno degli autori, la Prof. Maria Sciolis, ho potuto accedere ai questionari per intero e ai risultati delle risposte fornite dagli studenti.

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Alcuni risultati sono tratti da documenti non pubblicati relativi alla ricerca esposta in [11], in cui sono riportate le analisi alle risposte e alle giustificazioni dei ragazzi alle domande effettuate per la ricerca stessa.

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L’influenza del linguaggio naturale potrebbe essere una causa di questi fraintendimenti. Dalla ricerca esposta in [11], si osserva tuttavia che ci sono anche aspetti più complessi da considerare: alla domanda “nel lancio di un dado si ottiene un numero minore di 7?”, la percentuale delle risposte che indicano l’evento possibile, anziché certo, è decisamente rilevante anche tra studenti della scuola secondaria superiore, mentre di fronte alla domanda “nel lancio di un dado si ottiene un numero maggiore di 6?”, la percentuale di risposte che indicano l’evento possibile, anziché impossibile è molto ridotta.

La maggior complessità per i ragazzi nella valutazione dell’evento certo rispetto all’evento impossibile potrebbe essere collegata alla difficoltà di interpretare lo spazio degli eventi come un tutto unico (evento certo), al contrario di una più facile intuizione di unicità dell’insieme vuoto.

Per questo, esempi come “E’ certo che domani sorgerà il sole” non sono d’aiuto, ma sarebbe consigliabile piuttosto un lavoro sugli insiemi, mirato anche all’individuazione dello spazio degli eventi a partire da situazioni di gioco o di interesse per il bambino.

Spazio degli eventi

La corretta identificazione dello spazio degli eventi è un obiettivo importante da raggiungere; solo conoscendo quali sono gli eventi possibili si potrà procedere poi a una quantificazione della probabilità, soprattutto a livello di scuola primaria, dove lo spazio degli eventi sarà costituito sempre da un numero finito di eventi elementari e il grado di fiducia nel verificarsi di ciascuno di essi sarà uguale.

Possiamo renderci conto della difficoltà a individuare correttamente lo spazio degli eventi

nel caso di eventi composti; nella ricerca in [11], alla domanda“se lanci due monete è più

probabile ottenere una testa e una croce o due teste?” la percentuale di coloro che hanno

risposto che è ugualmente probabile è decisamente elevata. Risposta analoga è stata data alla domanda “se lanci due dadi è più probabile ottenere un 6 e un 5 oppure due 6?”. Le giustificazioni alle risposte date a tali domande portano a pensare che l’errata valutazione sia in parte dovuta, soprattutto a livello primaria, all’idea primitiva che se non è possibile controllare l’esito di un evento allora tutti gli esiti sono ugualmente possibili (o quantomeno non si avverte la necessità di quantificare) e in parte al fatto che i ragazzi considerano i due dadi o le due monete separatamente e non congiuntamente: i numeri 5 e 6 non vengono associati a due diverse coppie ordinate ( (5,6) e (6,5) ), ma all’insieme {5, 6}. Questa interpretazione porterebbe a considerare l’uscita di due 6 (associata all’insieme{6, 6}), ugualmente probabile all’uscita di un 5 e un 6 (associata all’insieme {5, 6}). Identificare, come spazio degli eventi, il prodotto cartesiano degli spazi degli eventi dei singoli lanci pare non essere intuitivo. I possibili eventi sono pensati come coppie in cui non conta l’ordine e quindi non si coglie che è possibile avere un 5 e un 6 in due modi diversi.

Ritengo che la percentuale delle risposte corrette potrebbe salire ponendo la domanda nella versione “se lanci una moneta due volte è più probabile ottenere una testa e una croce o

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dei due lanci potrebbe facilitare i ragazzi nell’individuazione dell’esito del primo e del secondo lancio e quindi guidarli alla coppia ordinata.

In [11] è messa peraltro in evidenza la difficoltà per molti bambini, ma anche per ragazzi più grandi, a riconoscere che le diverse situazioni del lancio contemporaneo di due dadi o del lancio ripetuto due volte di uno stesso dado hanno la medesima struttura matematica; essi non riescono, infatti, a comprendere che sono entrambe da considerarsi come due rappresentazioni diverse dello stesso esperimento ideale.

Nello stesso articolo è inoltre messo in rilievo il fatto che la capacità intuitiva di valutare globalmente la grandezza dello spazio degli eventi e della sua struttura è favorita se la stessa domanda è posta in forma più generalizzata e lo spazio degli eventi è più ricco: “Nel lancio di due dadi è più probabile ottenere lo stesso numero su entrambi i dadi o due numeri diversi?”.

Qui la risposta corretta può essere guidata talvolta dall’esperienza: ho lanciato più volte due dadi e ho osservato più spesso esiti diversi piuttosto che uguali. Nella maggior parte dei casi, comunque, la risposta corretta è data perché appare evidente la maggior numerosità dei casi con esiti diversi rispetto a quella degli esiti uguali, anche senza bisogno di considerare le coppie ordinate.

Nell’analoga versione per il lancio di due monete, la percentuale delle risposte corrette (in questo caso le probabilità di avere la stessa faccia o facce diverse sono uguali) è più alta, ma solo in pochi casi la giustificazione della risposta corretta fa riferimento allo spazio degli eventi, più povero rispetto a quello del lancio dei due dadi.9

Nella costruzione dello spazio degli eventi non dovrebbero essere trascurati casi in cui lo spazio degli eventi si modifica grazie a un’informazione ricevuta, per esempio “Nel lancio di un dado so che il numero uscito è dispari, quali sono i possibili esiti?”.

Quando si tratterà di passare a valutazioni quantitative della probabilità, quest’attività sarà stata propedeutica a far comprendere che la probabilità di un evento non è specifica dell’evento in sé, ma essa dipende dalle informazioni che si hanno in merito; questo tipo di esercizio favorirà in seguito una valutazione non statica della probabilità.

Valutazioni qualitative e quantitative della probabilità

L’insegnante di scuola primaria dovrebbe essere consapevole che esistono diverse impostazioni della probabilità, oltre a quella “classica”, che generalmente è presentata in classe. Questo potrebbe essere utile ai fini di saper gestire alcuni spunti che potrebbero venire dalle osservazioni stesse dei bambini, ad esempio in termini di frequenze rilevate da

9

Bisogna ribadire che dalle analisi delle risposte che affermano che la probabilità è la stessa emerge il fatto che nel bambino spesso la risposta corretta è basata unicamente sull’idea che un caso è uguale all’altro perché è tutta questione di fortuna.

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dati raccolti per le attività nell’ambito della statistica, oppure da valutazioni soggettive che i bambini possono dare in situazioni ed esperienze di vita quotidiana.

La conoscenza delle varie impostazioni è inoltre importante per essere consapevoli che tutto non finirà con la limitata visione classica: sapere che esiste un’impostazione assiomatica, ad esempio, può far comprendere, anche all’insegnante che non ha una formazione matematica, che la probabilità è, a tutti gli effetti, parte della matematica, come la geometria o l’algebra.

La valutazione quantitativa della probabilità di un evento non appare, a livello di scuola primaria, di tipo intuitivo; in ([11]) si evidenzia che se si pongono i bambini di fronte a scelte semplici, come ad esempio scegliere tra due situazioni in cui gli eventi possibili sono in numero uguale mentre i casi favorevoli in numero diverso, scelgono correttamente la situazione in cui i casi favorevoli sono di più; se si chiede loro di confrontare due situazioni in cui il numero di casi favorevoli è uguale e il numero dei casi possibili è diverso, (ad esempio in un caso ci sono 6 buste di cui 3 hanno un premio e nell’altro ci sono 10 buste di cui 3 hanno un premio) molti bambini considerano ancora i casi favorevoli senza tenere conto della diversa numerosità dei casi possibili.

Questo è probabilmente dovuto al fatto che, come osservato da Piaget, non hanno ancora maturato il concetto di rapporto.

Vince la numerosità dei casi favorevoli anche in situazioni in cui in una delle due scelte ci sia certezza di vincita: infatti, se poniamo i bambini di fronte alla scelta tra 4 buste di cui 4 con un premio e 10 buste di cui 8 con un premio, ci dobbiamo aspettare che una buona percentuale delle scelte si rivolga al secondo caso. Questo tipo di difficoltà sembrerebbe ridursi con l’età e il progredire delle conoscenze.

Tuttavia ci sono difficoltà che pur riducendosi con il progredire dell’età permangono in alta percentuale anche tra i ragazzi di scuola secondaria superiore, ad esempio la difficoltà a riconoscere due situazioni come equivalenti: se poniamo gli allievi di fronte alla scelta tra 5 buste di cui 3 con premio oppure 10 buste di cui 6 con premio, ci dobbiamo aspettare una consistente percentuale di alunni che risponde erroneamente; nel caso di alunni di scuola primaria la scelta ricade prevalentemente sulla situazione in cui ci sono più casi favorevoli, nel caso di ragazzi più grandi prevale la scelta della situazione in cui è minore il numero degli “svantaggi”. Quest’ultimo schema risolutivo potrebbe essere all’origine di un’altra difficoltà osservata che sembrerebbe non diminuire con il progredire dell’età, ad esempio nella scelta tra 5 buste di cui 2 con premio e 7 buste di cui 4 con premio, anche i ragazzi più grandi che dovrebbero avere le conoscenze per confrontare le due frazioni 2/5 e 4/7, possono invece rispondere in percentuale rilevante che i due casi sono equivalenti.

Interessante è la sperimentazione condotta da Fischbein in [10] dove sembrerebbe che fornendo ai bambini una strategia di confronto tra due situazioni che si basa sul raggruppamento, rendendo non necessaria l’acquisizione del concetto di rapporto, si ottiene, anche tra i più piccoli, un deciso aumento di scelte corrette. Non è chiaro tuttavia se i bambini eseguano la strategia suggerita consapevolmente o semplicemente si adeguino

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a quanto loro richiesto. Rimane inoltre, a nostro avviso, cruciale la necessità di potenziare con strumenti didattici adeguati l’apprendimento delle frazioni e del corretto ragionamento proporzionale. Molte situazioni probabilistiche possono offrire a questi argomenti alcuni contesti applicativi significativi.

Eventi composti, eventi indipendenti

Come si è già evidenziato, una prima difficoltà che si può incontrare nel considerare un evento composto è quello di valutare in modo corretto il corrispondente spazio degli eventi. Si rimanda per questo a quanto già commentato a proposito delle difficoltà su quest’aspetto e alla sperimentazione condotta in [11]. Si ritiene, quindi, che l’insegnante, consapevole di questa difficoltà, possa utilizzare diverse strategie didattiche per favorire la corretta individuazione dello spazio degli eventi, ad esempio facendo uso di tabelle a doppia entrata o diagrammi ad albero e, più in generale, promuovere attività idonee a favorire nei propri alunni l’utilizzo di rappresentazioni grafiche adeguate.

Sarà di grande importanza, inoltre, svolgere attività semplici di collegamento tra logica e insiemi che favoriscano il riconoscere ad esempio il connettivo “o”, riferito all’unione di due insiemi, e distinguerlo dal connettivo “e”, riferito all’intersezione tra due insiemi, il significato di espressioni come “almeno” o “al più”, le quali generano tante difficoltà anche a livello di scuola superiore, e la negazione “non” di un qualche evento, che porta all’individuazione del suo complementare.

Non è certo a livello di scuola primaria che s’introdurrà la legge delle probabilità composte, che è naturale conseguenza della definizione di probabilità condizionata, ma l’insegnante della scuola primaria non può ignorarla per lavorare con competenza e consapevolezza su prime situazioni semplici tipiche come lancio ripetuto due volte di una moneta o di un dado, o estrazioni ripetute da un’urna con o senza rimessa. Queste ultime, peraltro, costituiranno, nel proseguimento degli studi, i modelli probabilistici teorici del campionamento statistico; sarà quindi importante creare giochi basati su estrazioni con rimessa oppure senza e guidare il bambino affinché distingua correttamente tra le due situazioni e osservi che se le estrazioni avvengono con rimessa, avrà le stesse opportunità a ogni estrazione, mentre senza rimessa lo scenario degli eventi possibili varierà dopo ogni estrazione; queste osservazioni guideranno il bambino a distinguere tra eventi dipendenti e indipendenti, concetti questi che saranno formalizzati nel proseguimento degli studi.

Variabili aleatorie

Uno dei concetti di base più importanti in probabilità è il concetto di variabile aleatoria. La definizione formale di variabile aleatoria è complessa e alla portata solo degli ultimi anni della scuola secondaria superiore; il concetto intuitivo di variabile aleatoria è invece, a nostro avviso, alla portata anche dei bambini di scuola primaria.

Ci avviamo a parlare di variabili aleatorie in varie situazioni ludiche, ad esempio quando estraiamo a sorte dei nomi e associamo ogni nome al numero di lettere che lo compongono

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o, nel lancio ripetuto di una moneta, quando contiamo il numero di volte in cui è uscito “testa”; altri esempi di potenziali variabili aleatorie si realizzano quando pensiamo al punteggio che otteniamo nel lancio di un dado, quando si considera la somma dei punteggi che otteniamo nel lancio di due dadi, quando ci domandiamo qual è la probabilità che esca

un numero pari o uno dispari nel gioco del “Bim-Bum-Bam” 10

.

Gli insegnanti di scuola primaria dovrebbero essere consapevoli di questo e avere chiaro quantomeno che la variabile aleatoria è una relazione tra un insieme di eventi aleatori e un insieme numerico (che a livello elementare è un insieme finito di numeri) con la particolarità che l’aleatorietà degli eventi induce un’aleatorietà nei numeri ad essi corrispondenti nella relazione. Far osservare la corrispondenza tra i possibili esiti di una data situazione aleatoria e alcuni numeri e la probabilità che tali numeri hanno in dipendenza di quegli esiti è un primo avvio al concetto di variabile aleatoria. Se inoltre s’introduce una scommessa, con potenziale guadagno o perdita, si avvia il bambino a pensare in termini di gioco equo oppure no. Vale la pena evidenziare, infine, che nel proseguimento degli studi le variabili aleatorie costituiranno il modello teorico delle variabili statistiche e saranno quindi la chiave di collegamento della statistica alla probabilità.

Esperienze ripetute

Talvolta la probabilità di un evento è espressa in percentuale, ad esempio si potrebbe affermare che la probabilità che un nuovo nato sia di sesso maschile è 51.5%, in questo caso staremmo adottando un’impostazione della probabilità in senso di frequenza relativa campionaria, basando cioè la nostra valutazione su dati statistici rilevati su un grande numero di nascite. Questa impostazione ha come supporto teorico principale il teorema noto come “legge dei grandi numeri” che, essendo un teorema è, quindi, una proposizione dimostrabile in una teoria. Concettualmente molto diverso dalla così detta “legge empirica

del caso” che afferma che se ripetiamo più volte un esperimento, nelle stesse condizioni, la

frequenza relativa di un evento che riguarda quell’esperimento è una sensata valutazione della probabilità dell’evento stesso, poiché sperimentalmente possiamo verificare, ad esempio, che se lanciamo molte volte una moneta non truccata, o ne simuliamo l’esperimento al calcolatore, all’aumentare del numero dei lanci, la frequenza relativa dell’evento “esce testa” tende a essere uguale alla frequenza relativa dell’evento “esce croce”. Questo non vuol certo dire che il numero delle teste tenda a essere uguale al numero delle croci!

L’impostazione teorica della “legge dei grandi numeri” invece è la seguente: consideriamo una successione di variabili aleatorie X1, X2,…,Xn indipendenti e con la stessa

distribuzione di probabilità di media  e varianza 2. Consideriamo la variabile aleatoria 𝑋𝑛

=𝑋1+𝑋2+⋯+𝑋𝑛

𝑛 , ottenuta facendo la media delle variabili aleatorie date.

10

Gioco a coppie simile a morra cinese: ognuno dei due invece di carta, forbice o sasso deve scegliere un numero da rappresentare con le dita e poi vengono contate quelle di entrambi i giocatori

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Allora per ogni >0, si dimostra che lim

𝑛→∞𝑃 𝑋 − 𝜇 < 𝛿 = 1 𝑛

vale a dire se n tende all’infinito la probabilità che la variabile aleatoria 𝑋 converga alla 𝑛 media , media comune a tutte le variabili aleatorie in gioco, è uguale a 1. Se ad esempio lanciamo n dadi, all’aumentare del numero n dei dadi cresce la probabilità che la media dei punteggi ottenuti non sia molto diversa dalla media , che, nel caso di dadi non truccati, è 3.5. Se l’evento d’interesse è “uscita del punteggio 2”, il teorema ci dice che all’aumentare del numero n dei dadi lanciati cresce la probabilità che la frequenza relativa (e non quella assoluta!) del punteggio 2 non si discosti troppo dal valore atteso che, nel caso di dadi non truccati, è 1/6.

Una corretta comprensione della “legge dei grandi numeri” può aiutare l’insegnante a non trasmettere erronei fraintendimenti, tipo quello dei numeri “ritardatari” del lotto, vale a dire l’idea che nella casualità ci sia una specie di legge di compensazione, per cui se per un certo numero di volte non si è verificato un dato evento, alla volta successiva sia più probabile che quell’evento accada, contraddicendo palesemente l’ipotesi fondamentale d’indipendenza delle prove. Se poniamo, ad esempio, il problema seguente: nei primi due lanci di una moneta è uscita “testa”, se lanciamo la moneta di nuovo è più probabile che esca “testa”, che esca “croce” o la probabilità è la stessa? La percentuale delle risposte corrette può essere abbastanza buona anche a livello di scuola primaria, dimostrando quindi la capacità dei bambini di cogliere l’indipendenza degli eventi in prove ripetute. Nella scuola primaria, comunque, la percentuale di risposte errate è in generale più alta rispetto alla percentuale di risposte errate nei ragazzi di scuola secondaria inferiore, e le risposte errate mostrano una prevalenza appunto a ritenere più alta la probabilità dell’evento che non si è verificato nelle prime prove.

Un altro aspetto interessante è che possiamo ottenere informazioni da esperienze ripetute, basta poi saper trarre in modo corretto le conclusioni, essere coscienti cioè che, mentre in generale nella matematica siamo abituati a procedere per deduzioni, in questo caso, in base all’esperienza fatta, si possono rafforzare o no le ipotesi fatte, nel senso che attribuiremo una maggiore o minore probabilità a un evento, in base appunto all’esperienza fatta. Facciamo un esempio semplice, se estraggo ripetutamente con rimessa (senza guardare e rimescolando ogni volta) da un sacchetto dove ci sono due biglie (non so di che colore) e la prima estrazione mi mostra una biglia blu, ho la certezza che almeno una pallina è blu, se, dopo avere reimmesso la biglia e mescolato, estraggo di nuovo e ottengo una biglia di colore diverso ho la certezza che le due biglie sono di due colori diversi e ne conosco anche il colore, ma se continuo a estrarre blu, posso solo ritenere più probabile che le due biglie siano entrambe blu e al crescere del numero delle estrazioni riterrò altamente probabile che entrambe le biglie siano blu, ma per averne certezza dovrò aprire il sacchetto e guardare di che colore sono le due biglie, altrimenti la mia ipotesi: “entrambe le biglie sono blu” non sarà certa, se accetterò questa ipotesi come vera, devo avere coscienza che potrei commettere un errore, ritenere l’ evento “le due biglie sono di colore diverso” impossibile, mentre posso concludere solo che esso è poco probabile e posso anche

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quantificare quel poco probabile, calcolando la probabilità di quell’evento e quindi la probabilità di errore.

Rappresentatività di un campione

La scelta adeguata del campione, affinché sia rappresentativo della collettività verso la quale s’intende promuovere l’indagine statistica e la sua ampiezza, affinché sia sufficientemente grande da poterne trarre informazioni attendibili, riferibili all’intera popolazione, sono due aspetti fondamentali per impostare adeguatamente una ricerca statistica.

Da alcune prove INVALSI a livello di scuola secondaria superiore, emerge che il problema della scelta del campione, rispetto alla popolazione oggetto d’indagine, è poco chiaro in alta percentuale anche tra i ragazzi più grandi.

Sembrerebbe che quest’argomento sia poco affrontato in classe, mentre potrebbe a nostro avviso, essere già discusso a livello di scuola primaria, scegliendo situazioni semplici e familiari per i bambini.

Si potrebbero dare spunti su questi aspetti anche attraverso attività tipiche in probabilità. Ad esempio, partendo da un certo numero di biglie di due colori, si potrebbe proporre di estrarre a caso un certo numero e ci potremmo domandare quale sarà la composizione del sottoinsieme estratto, fare esperienze dirette, discutendo con i bambini se il sottoinsieme estratto è ritenuto o no “rappresentativo” dell’insieme da cui si è estratto e chiedere loro quali requisiti richiederebbero per ritenerlo o no rappresentativo.

Relazioni e rappresentazioni grafiche

La statistica offre una vasta gamma di situazioni, tratte dalla vita di tutti i giorni, atte a scoprire relazioni tra dati e a rappresentare in vario modo dati e relazioni tra dati. Bisogna riflettere sul fatto che sottostanti a ogni rappresentazione grafica ci sono un bel po’ di convenzioni che possono essere date per ovvie dall’adulto, ma non dal bambino, che potrebbe leggere in altro modo il grafico che proponiamo e fare attenzione a molte altre variabili che noi riteniamo irrilevanti.

L’insegnante di scuola primaria dovrebbe quindi essere preparato ad accogliere, da parte dei propri allievi, altri tipi di lettura, lasciandoli liberi di esprimere il proprio punto di vista e guidandoli alla lettura “corretta” attraverso una discussione che faccia scoprire gli aspetti rilevanti del problema rappresentato e il vantaggio di alcune convenzioni grafiche. Importante sarà far comprendere anche che una stessa situazione può essere descritta da rappresentazioni diverse.

Alle difficoltà di saper leggere o costruire una rappresentazione grafica in sé, si potranno aggiungere difficoltà di calcolo, la difficoltà di saper lavorare con le frequenze relative, piuttosto che con le frequenze assolute e saper utilizzare le percentuali.

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