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L'innovazione come strategia per la ricerca del vantaggio competitivo: il caso Apple.

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Academic year: 2021

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UNIVERSITA’ DI PISA

Dipartimento di Scienze Politiche

CORSO DI LAUREA IN

Comunicazione d’impresa e politica delle risorse umane

TESI DI LAUREA

L’innovazione come strategia per la ricerca del vantaggio competitivo: il caso Apple

RELATORE

Prof. Lucia BONECHI

CANDIDATA

Federica Chiappori

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1 INDICE INTRODUZIONE PARTE I Capitolo 1. L’innovazione 1.1 Il concetto di innovazione 1.2 Le fonti dell’innovazione

1.3 La ricerca del vantaggio competitivo mediante l’innovazione 1.4 Le fasi del processo di cambiamento

1.5 L’analisi SWOT

1.6 Tasso di successo dell’innovazione 1.7 Teorie sulla diffusione del cambiamento

Capitolo 2. Il cambiamento

2.1 Minacce e opportunità create dai cambiamenti 2.2 Tipologie di cambiamento

2.2.1 Cambiamenti tecnologici

2.2.2 Cambiamenti strategici e strutturali 2.2.3 Cambiamenti culturali

2.3 Tecniche per la realizzazione del cambiamento

Capitolo 3. Sviluppo del prodotto e R&S

3.1 La scelta del nuovo prodotto: approccio proattivo o reattivo 3.2 Dal concept allo sviluppo del prodotto

3.3 Ricerca e sviluppo

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2 PARTE II

Capitolo 1. La storia di Apple

1.1 Dal garage alla quotazione in borsa 1.2 Il Macintosh e la concorrenza con IBM 1.3 L’uscita di Steve Jobs e il suo ritorno 1.4 Gli anni 2000: la linea “i”

1.5 La morte di Steve Jobs e Tim Cook nuovo amministratore delegato

Capitolo 2. Introduzione al caso: l’innovazione in casa Apple

2.1 Apple e innovazione, fin dalla nascita un’unione indissolubile 2.2 Le innovazioni di successo

2.3 Innovare significa anche fallire

2.4 L’innovazione secondo Steve Jobs: i 7 principi per innovare con successo 2.5 Il processo di produzione di un nuovo prodotto

Capitolo 3. Le strategie competitive

3.1 Fonti di innovazione in Apple

3.1.1 Ricerca e sviluppo come fonte di innovazione 3.1.2 Acquisizione di startup, piccole e grandi aziende 3.1.3 Collaborazioni e accordi con aziende terze

3.2.1 Strategie competitive: differenziazione dei prodotti 3.2.2 Strategie competitive: design-driven

3.3 Difendere l’innovazione: copyright e brevetti 3.4 Analisi SWOT

Capitolo 4. I cambiamenti tecnologici, strutturali e culturali

4.1 I cambiamenti

4.1.1 I cambiamenti tecnologici

4.1.2 I cambiamenti strategici e strutturali 4.1.3 I cambiamenti culturali

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4.2 Da startup a impresa tradizionale

PARTE III

Capitolo 1. Comunicare l’innovazione: un valore aggiunto nel lancio dei nuovi prodotti

1.1 Attaccamento al brand: non clienti ma fans

1.2 L’immagine di Steve Jobs come garanzia di qualità 1.3 Comunicare l’innovazione: Think Different

1.4 Presentare la tecnologia con semplicità 1.5 Lo spot del 1984

1.6 Quando le apparizioni diventano eventi 1.7 Le file agli Apple Store

1.8 Lo strano caso di pubblicità occulta al cinema 1.9 La comunicazione nell’era Cook

CONCLUSIONI

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INTRODUZIONE

Lo scopo del seguente lavoro è quello di affrontare il tema dell’innovazione e del cambiamento organizzativo all’interno dell’azienda Apple.

La prima parte tratterà il concetto di innovazione, le sue fonti di origine e come essa rappresenta un vantaggio competitivo da ricercare e mantenere nel tempo. L’innovazione costituisce un miglioramento con un tasso di successo molto basso, in grado di creare pochi prodotti con un buon successo commerciale. Verranno esposte le teorie sul cambiamento come conseguenza del processo innovativo, le minacce e le opportunità che essi generano e saranno elencate le tipologie di cambiamento nelle sue tre modalità (cambiamenti tecnologici, strategici-strutturali e culturali) e le tecniche con le quali può essere perseguito. Infine, verrà approfondita la parte relativa allo sviluppo del prodotto e le attività di ricerca e sviluppo, analizzando le fasi che vanno dal concept del prodotto fino alla sua produzione finale. L’attività di R&S è la principale fonte di innovazione e gli investimenti delle singole aziende possono essere un indice che ci conduce verso quelle che sono le imprese più innovative del mondo.

Una volta delineato il tema con l’approfondimento teorico, passerò ad esaminare l’argomento applicando quanto appena illustrato al caso Apple.

Il primo capitolo sarà dedicato alla storia dell’azienda di Cupertino dove verranno ripercorse le fasi essenziali della sua vita: dalle conferenze di Wozniak all’Homebrew Computer Club all’inizio dell’attività del garage di casa Jobs, passando per i primi modelli di computer Apple I e Apple II, il Macintosh e la concorrenza con IBM, le dimissioni di Steve Jobs e le difficoltà aziendali che hanno portato al suo rientro, fino ad arrivare alla linea di successo “I” degli anni 2000 che ha rivoluzionato il mercato tecnologico con l’introduzione dell’iMac, dell’iPod, dell’iPad e soprattutto dell’iPhone. Infine la morte del leader Steve Jobs e la successione al ruolo di amministratore delegato di Tim Cook.

La parte più importante della trattazione spiega il forte rapporto che c’è tra Apple e l’innovazione e di come esse siano legate fin dagli inizi. Ma innovare significa anche fallire: essa è un’attività costosa e dall’alto tasso di rischio, ma è anche l’unico modo di progredire per un’azienda tecnologica e i fallimenti non mancano nemmeno in casa Apple, che annovera tra le sue fila numerosi flop commerciali.

Non esistendo una formula sicura per l’innovazione di successo, tenterò di illustrare quelli che sono i principi dell’attività di innovazione Apple e delle politiche delineate da Jobs.

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Verranno delineate le fonti di innovazione alle quali l’azienda californiana attinge; oltre alla già citata unità di R&S vedremo come l’acquisizione di startup, di piccole e grandi aziende stia diventando il modus operandi della gestione Cook. Non mancano nemmeno le collaborazioni con aziende terze, in particolare sono singolari quelle con i “nemici” di sempre Microsoft e IBM.

Vedremo come la strategia competitiva più utilizzata da Apple sia quella della differenziazione dei prodotti con la tendenza a ricercare una qualità molto elevata in grado di giustificare prezzi alti.

Differenziare i prodotti significa anche difendere le proprie attività di ricerca con il copyright e i brevetti. Con una riflessione sull’andamento delle attività di registrazione e brevettazione evidenzio come tali procedure siano mal regolate, portando spesso le aziende nelle aule di tribunali a perpetuare costose e durature battaglie legali.

Verrà applicata l’analisi SWOT ad Apple con lo studio dei punti di forza e di debolezza interne all’azienda e le opportunità e le minacce che l’ambiente esterno presenta.

Un capitolo sui cambiamenti illustra come essi siano intervenuti in casa Apple; in particolare come i cambiamenti culturali siano in grado di modificare i delicati equilibri che costruiscono e mantengono le relazioni tra i vari attori sociali in gioco. Il cambio di leadership ha significato portare all’attenzione dell’azienda temi del tutto estranei alla cultura aziendale come la tutela dei diritti civili, dell’ambiente e dell’utilizzo delle energie rinnovabili.

Per concludere, l’ultima parte affronta il tema della comunicazione, potendo essa rappresentare un valore aggiunto per il lancio dei nuovi prodotti. Le grandi capacità comunicative dell’azienda e in particolare di Steve Jobs, hanno creato un insolito legame tra i clienti e il brand, che diventano fans e non semplici consumatori. Dallo spot “1984” alla presentazione del primo iPhone, fino al discorso ai neolaureati di Harvard: ogni intervento diventa un’efficace strategia di marketing e un modo per comunicare i valori dell’azienda e delle persone che vi lavorano.

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Parte I – Capitolo I L’innovazione

1.1 Il concetto di innovazione

Non esiste una definizione univoca del termine “innovazione”, anzi si può spiegare in modi differenti. Il primo economista ad introdurre il concetto di innovazione nella teoria economica è stato Joseph Schumpeter che nella sua opera del 1912, “Teoria dello sviluppo economico”, la descrive come “l'imposizione di un cambiamento tecnico o organizzativo anche per via della sua invenzione"1. L’innovazione rappresenta un mutamento industriale che demolisce un contesto competitivo per crearne uno nuovo e migliore. Si può dire che è “una risposta creativa che si verifica ogni qualvolta che l’economia, un settore o le aziende di un settore, offrono qualcosa di diverso, qualcosa che è al di fuori della pratica esistente”2. Il progresso può coinvolgere cinque dimensioni:

la creazione di nuovi prodotti, l’introduzione di metodi di produzione, l’apertura di mercati, la scoperta di nuove fonti di approvvigionamento di materie prime, la riorganizzazione industriale.

Nella sua opera del 1942 “Capitalismo, socialismo e democrazia” sottolinea l’importanza di una struttura ben organizzata al fine di generare invenzioni all’interno di organizzazioni aziendali, ovvero le funzioni di ricerca e sviluppo.

Altri studiosi hanno dato definizioni diverse nel corso degli anni. Alcuni esempi: “nel 1965 Thompson definisce l’innovazione come la generazione, l’accettazione, l’implementazione di nuove idee, processi, prodotti, o servizi.” “Nel 1999 Rogers definisce l’innovazione come l’applicazione di nuove idee ad un prodotto, processo o ad ogni altro aspetto dell’attività aziendale. Nel 2002 Drucker descrive l’innovazione come una specifica funzione dell’imprenditorialità, attraverso la quale l’imprenditore crea valore utilizzando nuove risorse oppure risorse già esistenti.”3 Tutte queste definizioni

mostrano come l’innovazione avviene in varie forme quali prodotti, servizi e processi, sia in termini di miglioramento che di novità.

Si rimarca spesso la differenza tra il concetto di innovazione e quello di invenzione. Sempre Schumpeter sottolinea come l’invenzione non comporta l’ingresso di un nuovo

1 Re Piergiorgio, La gestione dell’innovazione nelle imprese familiari, Giappichelli Editore, Torino, 2014, pag. 34.

2 J. Shumpeter (1934), Teoria dello sviluppo economico, RizzoliEtas, 2013, pag. 49. 3 Re Piergiorgio, Op. Cit., pag. 35.

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prodotto sul mercato, ma essa rappresenta la creazione da zero di una nuova idea, che quando inizia ad avere rilevanza economica diventa innovazione.

L’invenzione è un’idea dall’interesse principalmente pratico di cui solo una piccola quantità viene realizzata con prodotti o processi nuovi. L’innovazione rappresenta lo step successivo dove l’invenzione acquisisce un valore economico con la sua introduzione sul mercato. L’innovazione è dunque l’applicazione concreta dell’invenzione.

Compito dell’innovazione è quello di apportare un miglioramento in termine di risultati e benefici.

Le imprese tendono a introdurre nuovi prodotti e servizi e nuovi metodi per produrli, però, non tutti i prodotti trovano consenso e le novità non trovano sempre un apprezzamento da parte del mercato.

1.2 Le fonti dell’innovazione

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Nella Figura 1.14 si evidenzia come l’innovazione può essere generata da diverse fonti.

Una singola persona, gli enti pubblici per la ricerca, le università, le fondazioni private, le imprese; sono tutti soggetti che possono contribuire alla creazione di una innovazione. Essi compongono un sistema complesso nel quale ogni soggetto, e le relazioni tra i soggetti, compone una rete fonte di innovazione.

A questi soggetti bisogna aggiungere l’attività di ricerca e sviluppo che un’impresa svolge al proprio interno. Essa è dedicata allo studio dell’innovazione tecnologica per la creazione dei nuovi prodotti ed il loro miglioramento.

1.3 La ricerca del vantaggio competitivo mediante l’innovazione

Il vantaggio competitivo può essere definito come “il vantaggio con il quale si misura il posizionamento di un’azienda o di un sistema nel mercato in cui opera”5.

“Nel caso in cui due o più imprese competano all’interno dello stesso mercato, un’impresa possiede un vantaggio competitivo sui suoi rivali quando ottiene in maniera continuativa una redditività superiore (o quando ha la possibilità di conseguirla)”6.

Il vantaggio competitivo esprime la relazione tra il valore prodotto dall’azienda e il valore creato dai concorrenti. Il posizionamento che un’impresa ottiene all’interno del proprio mercato è il risultato delle decisioni, degli investimenti e delle operazioni che ha adottato rispetto a quelle adottate dai concorrenti.

Nel momento in cui un’azienda decide di avviare la propria attività o di entrare in un mercato già esistente, essa deve compiere una scelta di strategia competitiva. L’azienda potrà scegliere uno spazio nel mercato non ancora occupato dai concorrenti, differenziandosi con i propri prodotti e servizi da chi è già presente sul mercato, oppure, potrà provare a fare meglio quello che altri concorrenti già fanno. La scelta strategica sarà mirata ad offrire prodotti e servizi uguali a prezzi inferiori o prodotti e servizi migliori qualitativamente a prezzi superiori. E’ necessaria una preventiva analisi del target di clientela per capire se i clienti sono price sensitive o non price sensitive; nel primo caso i

4 Schilling M.A., Gestione dell’innovazione, McGraw Hill, Milano, 2009, pag. 21

5 Alessandro Capocchi, L’azienda turismo. Principi e metodologie economico-aziendali, McGraw Hill, 2012, pag. 324

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clienti effettuano le proprie scelte sulla base della variabile prezzo, nel secondo i soggetti sono indirizzati verso variabili diverse, principalmente da quella della qualità.

Per l’economista Michael Porter, la scelta sulla strategia da operare determina tre possibili modalità di intervento.

Leadership di costo. L’obiettivo dell’azienda è quello di posizionarsi all’interno di un mercato sulla base del basso costo. Essa dovrà ricercare l’ottimizzazione dei costi e la percezione del proprio prodotto come equivalente a quello del concorrente e la posizione può essere mantenuta solo se l’azienda riesce ad essere flessibile e pronta a reagire ai cambiamenti del mercato, investendo in tecnologie e anticipando i vari mutamenti della concorrenza.

Differenziazione. L’azienda si distingue dai concorrenti per alcune caratteristiche valutate come rilevanti per la clientela (ad esempio, qualità o sicurezza del bene). I costi sostenuti saranno più elevati, ma se c’è la percezione di un miglior prodotto rispetto a quello dei concorrenti, si potranno praticare dei prezzi più elevati.

Focalizzazione. L’azienda individua dei segmenti nel mercato e cerca di inserirsi per ricercare un vantaggio competitivo. Nel segmento di mercato si può cercare un vantaggio di leadership di costo o di differenziazione e non avrò un vantaggio competitivo generale ma solo in quel preciso segmento.

Il vantaggio competitivo può essere indotto dai cambiamenti esterni o da fonti interne di cambiamento. Nel primo caso il vantaggio competitivo dipende dalla portata del cambiamento e dalle differenze strategiche tra le imprese. Possono essere fonti di cambiamento esterno una variazione della domanda del consumatore, dei prezzi e della tecnologia. Sarà necessaria una rapida ed efficace operazione per sfruttare il cambiamento e questa capacità di adattarsi ai cambiamenti per sfruttare le opportunità è compito dei manager dell’azienda che dovranno avere l’abilità di anticipare rapidamente i cambiamenti dell’ambiente.

Nel secondo caso è l’innovazione a creare un nuovo vantaggio competitivo. L’innovazione strategica implica la creazione di valore per i clienti derivante da nuovi prodotti, dalla riprogettazione dei processi o da nuove forme organizzative. Il valore per il cliente deriva solo dai prodotti, mentre negli altri due casi il cliente non lo percepisce e si acquisiscono vantaggi solo nei confronti dei competitor.

Quindi per essere innovativi bisogna perseguire nuove strade. Molte aziende lanciano prodotti in mercati nuovi o ricercano una nuova clientela per i prodotti già presenti sul mercato.

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Una volta acquisito il vantaggio competitivo esso va difeso. I concorrenti tenteranno di ridurre tale vantaggio e la tecnica più diffusa è solitamente quella dell’imitazione. Sarà compito dell’azienda limitare e ostacolare l’imitazione. Può scoraggiarla con azioni preventive:

 Con la proliferazione di varietà di prodotto. Il leader di mercato lascia piccoli spazi ai nuovi entranti aumentando l’assortimento di prodotti e rendendo difficile l’ingresso per i nuovi concorrenti.

 Attraverso investimenti anticipati in capacità produttiva rispetto alla crescita della domanda di mercato. Si riducono le opportunità di entrare sul mercato per i rivali.  Brevetti. Proteggono un vantaggio tecnologico limitando le opzioni tecniche dei concorrenti.

1.4 Le fasi del processo di cambiamento

Il processo di cambiamento segue cinque fasi che possono essere così riassunte: idea, bisogno, adozione, implementazione, risorse.

Idea – Può consistere in un nuovo prodotto o servizio o in un nuovo concetto di gestione e può venire dall’interno dell’organizzazione o dall’esterno. La creatività ricopre un ruolo fondamentale che porta un’azienda a soddisfare le esigenze e a sfruttare le opportunità che il mercato offre. La creatività richiede flessibilità, competenze e orientamento sull’obiettivo.

Bisogno – Per valutare una nuova idea come un’idea buona, è necessario che ci sia la necessità di un cambiamento, valutabile come la differenza tra prestazioni desiderate e quelle raggiunte.

Adozione – Tra le idee proposte, viene scelta un’idea ritenuta valida da portare avanti. Implementazione – I membri dell’organizzazione mettono in atto la nuova idea. A volte è necessario l’acquisto di nuovo materiale o di una formazione adeguata ed è la fase in cui si attua il cambiamento.

Risorse – “Per realizzare un cambiamento sono necessarie energie e attività umane”.7 Servono energie umane per pensare un nuovo progetto, tempo e lavoro per la sua realizzazione e ovviamente sono indispensabili fondi e finanziamenti.

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11 1.5 L’analisi SWOT

L’analisi SWOT (Strenghts Weaknesses Opportunities Threats) è uno strumento di progettazione strategica adoperato per misurare i punti di forza, di debolezza, le opportunità e le minacce di un nuovo progetto.

Essa raffigura un’analisi mediante l’utilizzo di informazioni disponibili che vengono organizzate e inserite in quattro aree di valutazione: “i punti di forza (strenghts) e di debolezza (weaknesses) dell’azienda, che rappresentano le variabili interne, le opportunità (opportunities) e le minacce (threats) dell’ambiente, ossia le variabili esterne.”8

I punti di forza/debolezza e le relative opportunità/minacce possono essere così esemplificati nella Figura 1.29:

Figura 1.2 Esempio di analisi SWOT (i contenuti naturalmente variano in funzione del caso in cui viene applicata)

8 J.P. Peter, J.H. Donnelly, C.A. Pratesi, Marketing, IV edizione, pag. 115

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Le minacce e le opportunità derivano dall’ambiente esterno: le prime sono rischi che vanno affrontati per non perdere la propria posizione sul mercato. Le opportunità invece, se individuate e sfruttate, portano ad un vantaggio competitivo per l’azienda.

Al contrario, l’ambiente interno determina i punti di forza e di debolezza di un’azienda. I punti di forza sono risorse e capacità che se ben utilizzate apportano valore all’azienda consentendo di sfruttare le opportunità e di respingere le minacce. Le debolezze sono competenze che mancano nell’azienda o che non sono utilizzate in modo opportuno e rappresentano uno svantaggio competitivo.

Una volta delineati quelli che sono i punti forza e di debolezza dell’azienda, le opportunità e le minacce dell’ambiente esterno, si cercano le criticità e se ne individua le possibili modalità d’intervento.

1.6 Tasso di successo dell’innovazione

Il termine innovazione sottintende una connotazione positiva, qualcosa che si dirige verso ciò che è migliore, ma è un termine che vede gravare su di sé un’enorme incertezza connessa ai nuovi prodotti.

Sono poche le idee di nuovi prodotti che generano risultati positivi per l’organizzazione, anzi una quantità molto grande si rivelerà un’idea fallimentare.

Nell’immagine in Figura 1.310 viene mostrata la possibilità di un’idea nuova di

trasformarsi in un prodotto di successo.

Figura 1.3 L’imbuto dell’innovazione

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E’ evidente che solo una esigua quantità di idee si trasforma in un prodotto di successo mentre capita molto più spesso di sviluppare idee che si riveleranno un fallimento. Le aziende devono comunque rischiare perché l’innovazione rappresenta il modo più importante con cui si adattano ai cambiamenti dei mercati. Il successo o meno dipenderà dalla collaborazione tra le unità tecniche e quella di marketing: non basta un buon prodotto; esso deve adattarsi alle necessità della clientela.

Non esiste una formula per il lancio di un prodotto di successo e la componente rischio è sempre dominante nel processo di innovazione.

Esiste però un indice di distribuzione ponderata che misura il gradimento del nuovo prodotto e ne determina il successo o l’insuccesso. Si definisce “ “star” il prodotto la cui distribuzione ponderata supera il 90%, e si parla di successo se ci si attesta comunque al di sopra del 50%. Al di sotto di quel livello i prodotti vengono definiti “sospesi” e, se non si raggiunge il 5% si parla di fallimenti.”11

Dall’indagine Nielsen12, che ha analizzato 8650 casi nell’Europa Occidentale, è emerso

che nel 2015 solo l’1% dei nuovi lanci è riuscito ad affermarsi sul mercato. Il vice presidente dell’Area Innovazione di Nielsen Europa e co-autore dello studio Marcin Penconek afferma: “Tre su quattro dei nuovi lanci non riescono a raggiungere la soglia dei 140.000 euro di fatturato nel corso dei primi dodici mesi di commercializzazione e spesso vengono esclusi dai distributori”. Il giro di affari derivante dalle vendite annuali di nuovi prodotti ha registrato un lieve aumento passando da 323.000 € nel 2012 ai 262.000 € del 2014. L’87% delle vendite deriva dal 20% dei marchi lanciati, evidenziando una crescita dei tentativi di nuovo lancio correlata alla loro perdita di efficacia.

Il conseguimento del successo tramite nuovi prodotti deriva da fattori individuabili. Il co-autore dello studio Penconek prova a spiegare così: “I casi di innovazione riuscita dimostrano che l’empatia è il fattore chiave, ovvero la capacità di intercettare quei bisogni e quelle esigenze del consumatore lasciate inevase dal mercato. Al cliente si deve comunicare secondo modalità che trovano nella semplicità la propria cifra distintiva, trasmettendo i contenuti innovativi in modo tale che li capisca anche un bimbo di otto anni”.

11 J.P. Peter, J.H. Donnelly, C.A. Pratesi, Op. Cit., pag. 159

12 Breakthrought Innovation Report di Nielsen, http://innovation.nielsen.com/breakthrough2015EU, ultima consultazione 17 Novembre 2016

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14 1.7 Teorie sulla diffusione del cambiamento

L’innovazione porta al cambiamento, ma per parlare di cambiamento deve esserci la diffusione dell’innovazione.

Teorie sulla diffusione sono state messe a punto da vari studiosi. I primi studi sono stati fatti dal francese Gabriel Tarde che nei primi anni del ‘900 rileva come la diffusione delle innovazioni segue una curva a “S” come mostrato nella Figura 1.413.

Figura 1.4 La curva a “S” di Tarde

La curva distingue tre diverse fasi del processo innovativo: l’innovazione, la crescita e la maturità. La prima fase è la più complessa e la novità trova molte difficoltà a diffondersi. A questa segue una seconda fase di rapida diffusione fin quando essa diventa una tipica soluzione, entrando nell’ultima fase di maturità.

Negli anni ’40 Ryan e Gross confermano la tesi di Tarde sulla base dei loro studi empirici. Secondo loro, la diffusione dell’innovazione è un processo sociale in cui emergono le variabili soggettive. Identificano cinque categorie di soggetti in base alla loro reazione rispetto all’innovazione: gli innovatori, gli anticipatori, la maggioranza anticipatrice, la maggioranza ritardataria, i ritardatari.

Ma il maggior contributo sulla diffusione dell’innovazione l’ha apportato Everett Rogers. Negli anni ’60 si ricollega alla teoria di Ryan e Gross cercando di identificare i tratti

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distintivi delle tipologie di soggetti da loro descritti. Rogers propone la curva a campana in Figura 1.514

Figura 1.5 La curva a campana di Rogers

Nella curva, Rogers identifica:  Gli innovatori (2,5%)

 Gli anticipatori (13,5%)

 La maggioranza anticipatrice (34%)  La maggioranza ritardataria (34%)  I ritardatari (16%)

Queste cinque categorie possono essere così descritte:

 Gli innovatori: “sono fondamentalmente impegnati verso le nuove tecnologie e traggono utilità da essere i primi a sperimentarle”15. Sono un gruppo composto da una minoranza di utenti, formato da persone con un livello alto di istruzione, alta propensione al rischio, ottime capacità di comprensione e di attuazione delle conoscenze tecniche, accesso alle risorse e a più fonti informative.

 Gli anticipatori: “sono tra i primi ad applicare le nuove tecnologie per risolvere i problemi e sfruttare le opportunità del mercato”16. Anche loro hanno un livello alto di istruzione, una buona reputazione e capacità di leadership con esperienze pregresse.

14http://unotre.net/chi-sono-gli-influencer-2/, ultima consultazione: 27/11/2016

15 Alexander Chernev, Strategia e valore: Le scelte del marketing strategico, Pearson Italia, Milano, 2014. 16 Alexander Chernev, Op. Cit.

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 La maggioranza anticipatrice: “vedono l’innovazione tecnologica come strumento di produttività. Diversamente dagli appassionati non apprezzano la tecnologia fine a se stessa. Non usano le innovazioni tecnologiche per cambiare i modelli di business esistenti, ma piuttosto per ottimizzare l’efficienza e l’efficacia dei modelli di business esistenti”17. Sono coloro i quali interagiscono più frequentemente con gli altri utenti e possiedono capacità di comando.

 Maggioranza ritardataria: “sono generalmente pessimisti sulla loro capacità di trarre vantaggi significativi dalle innovazioni tecnologiche e sono restii ad adottarle”18. Hanno un basso status economico e alto tasso di prudenza.

 I ritardatari: “sono critici rispetto a qualsiasi tecnologia innovativa e non sono disposti all’adozione di tali tecnologie anche quando offrono benefici distinti.”19 Sono persone

che vivono ai margini della società con scarse relazioni sociali, processi decisionali lenti e risorse scarse.

Per Rogers il processo di adozione di un’innovazione avviene in cinque fasi: la consapevolezza, in cui l’individuo è esposto all’innovazione; l’interesse, in cui possiede le informazioni di base e mostra la propensione a cercarne di ulteriori; la valutazione, in cui applica mentalmente la novità immaginandosi la situazione futura; la prova, in cui sperimenta l’innovazione; l’adozione, fase in cui sceglie di adottare l’innovazione. I fattori di successo di un’innovazione sono per Rogers:

 Relative advantage. Deve esserci la percezione che l’innovazione sia migliore rispetto alle possibilità già disponibili. Il vantaggio può essere valutato in termini economici, di prestigio, di convenienza o di soddisfazione personale.

 Compatibility. L’innovazione deve essere compatibile con i valori già esistenti, l’esperienza precedente e i bisogni dell’individuo.

 Complexity. Percezione del grado di difficoltà dell’innovazione, sia per la sua comprensione, sia per l’utilizzo.

 Triability. Le innovazioni si diffondono più rapidamente se sono divisibili e possono essere sperimentate su basi limitate (e non nel loro complesso).

 Observability. Risultati visibili portano a una migliore diffusione dell’innovazione.

17 Alexander Chernev, Op. Cit. 18 Alexander Chernev, Op. Cit. 19 Alexander Chernev, Op. Cit.

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Parte I – Capitolo II Il cambiamento

2.1 Minacce e opportunità create dai cambiamenti

“Tutte le aziende devono affrontare la sfida posta dal rimanere al passo con i cambiamenti dell’ambiente esterno. Nuove scoperte e invenzioni e nuovi approcci sostituiscono rapidamente i metodi tradizionali di operare.”20

L’ambiente attuale cambia rapidamente producendo un clima di incertezza derivante da fattori politici, sociali e internazionali. Le organizzazioni devono dunque stare al passo coi cambiamenti muovendosi velocemente.

Le forze ambientali che spingono verso un cambiamento sono:  L’avanzamento tecnologico

 L’integrazione economica internazionale  La maturità dei mercati domestici

 L’economia globalizzata

Ogni cambiamento produce minacce e opportunità che le aziende devono riconoscere e gestire. Ad esempio, un’economia globalizzata produrrà una minaccia, rappresentata dalla maggior competizione internazionale ma anche un’opportunità, come la possibilità di accedere a più mercati esteri. Le aziende devono essere capaci di sfruttare le opportunità e di gestire le minacce che derivano dai cambiamenti.

Come possono le organizzazioni reagire a questi cambiamenti esterni?

 Adottando cambiamenti strutturali, attraverso gruppi auto-diretti e strutture orizzontali che favoriscono la comunicazione e la collaborazione.

 Utilizzando l’e-business per snellire i procedimenti di fornitura e distribuzione

 Creando joint venture e consorzi per sfruttare le opportunità che offrono i mercati internazionali.

Oggi le aziende vivono in un periodo di cambiamento costante e di instabilità e devono imparare a sfruttarne i vantaggi, respingendo i pericoli.

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18 2.2 Tipologie di cambiamento

Come già spiegato nel capitolo precedente le tipologie di cambiamento sono quattro: i cambiamenti tecnologici, i cambiamenti di prodotto o di servizio, i cambiamenti strategici e i cambiamenti culturali.

2.2.1 Cambiamenti tecnologici

E’ l’attività delle imprese mirata all’introduzione di nuovi procedimenti di produzione e distribuzione.

Schumpeter propone una classificazione tra innovazioni di prodotto e innovazioni di processo. Le prime riguardano l’introduzione di un nuovo bene o servizio, le seconde si riferiscono ad una nuova metodologia di produzione o distribuzione.

A seconda del loro grado di novità si definiscono innovazioni incrementali o innovazioni radicali. Le innovazioni incrementali sono lo sviluppo o l’adattamento di tecnologie già disponibili mentre le altre rappresentano una rottura con la tecnologia precedentemente disponibile e l’introduzione di una novità assoluta.

La difficoltà principale sta nel fatto che le capacità ideative e le capacità di implementazione richiedono approcci diversi. Nella fase di ideazione si incoraggia un processo dall’alto verso il basso, grazie alla libertà di proposta che viene data ad ogni dipendente e si predilige un’organizzazione di tipo organico. Al contrario, al momento dell’implementazione bisogna rispettare regolamenti precisi, con una struttura più centralizzata e formalizzata al fine di realizzare adeguatamente il nuovo prodotto, utilizzando un’organizzazione meccanica.

Recentemente, tra le innovazioni di processo, viene impiegato l’approccio ambidestro che utilizza sia un’organizzazione di tipo organico che incoraggia la nascita di nuove idee, sia quella di tipo meccanico per la loro fase di implementazione.

Per utilizzare un approccio ambidestro le imprese utilizzano diverse tecniche, come viene spiegato da Richard Daft21:

 Strutture mutevoli. Un’azienda istituisce una struttura organica temporanea qualora essa sia necessaria per l’avviamento di idee.

 Unità creative. Sono strutture permanenti che attuano cambiamenti adottati poi da altre unità. Un esempio è l’incubatore di idee che serve per sviluppare idee in

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un’organizzazione. Rappresenta un ambiente protetto dove le idee nascono e si sviluppano senza ingerenza di burocrazia e di politiche aziendali.

 Venture team. Servono per dare massima libertà creativa alle persone, lontano dalle procedure organizzative ordinarie. Un tipo di venture team è lo skunkworks, un gruppo informale e con ampia autonomia dove persone capaci hanno tempo e libertà per sviluppare nuove idee.

 Imprenditorialità aziendale interna. L’organizzazione lavora sul proprio spirito interno diramando una filosofia che incentivi la creatività per ottenere un numero di innovazioni superiori alla media. Un passo essenziale è aiutare i champion intellettuali che sono coloro il quale mettono a disposizione le proprie energie per supportare il cambiamento e combattere la resistenza ad esso.

 Team collaborativi. Difficilmente un singolo individuo può avere buone idee, al contrario molte innovazioni nascono da persone che lavorano in gruppo. E’ un’abilità delle aziende trovare le strategie che favoriscono uno spirito collaborativo tra i propri dipendenti al fine di non farli lavorare in modo isolato ma garantendo il vantaggio che il contributo di ogni singolo membro apporta.

2.2.2 Cambiamenti strategici e strutturali

Fanno riferimento alla struttura amministrativa, alla gestione strategica, alle politiche e ai sistemi di ricompensa. E’ un processo che avviene dall’alto verso il basso dove la velocità con cui le aziende devono adattarsi ai cambiamenti dell’ambiente esterno per le esigenze competitive porta a nuove richieste strutturali e di strategia.

Rientra nei cambiamenti strategici e strutturali l’approccio duale, che possiamo così definire: “approccio al cambiamento organizzativo che identifica i processi caratteristici associati al cambiamento gestionale rispetto a quelli associati al cambiamento tecnologico.”22 Nelle organizzazioni si possono quindi identificare due aspetti, uno

gestionale e uno tecnico, ognuno dei quali possiede le proprie risorse e le proprie attività. L’aspetto tecnico si occupa della trasformazione degli input in output, mentre la parte gestionale controlla l’organizzazione e le sue politiche di comando, la situazione

22 Mario Grasso, Parole e paroloni di management. Storie, parole, e protagonisti del pensiero manageriale, Franco Angeli, Milano, 2002, Pag. 28.

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economica, le risorse umane e la concorrenza sul mercato. Quest’ultimo nucleo è in posizione dominante rispetto a quello tecnico.

I cambiamenti tecnici sono favoriti da una struttura organica che consente l’apporto di novità da parte di tutti i dipendenti. Al contrario, le organizzazioni che devono attuare cambiamenti strutturali con maggiore frequenza, utilizzano una struttura meccanica. Il potere di modificare l’indirizzo nelle strategie e nella struttura dell’azienda è nelle mani della direzione generale che provvede ad adattarsi alle circostanze ambientali.

2.2.3 Cambiamenti culturali

I cambiamenti tecnologici, strutturali e di prodotto sono accompagnati da cambiamenti nelle persone. Un diverso modo di pensare e un cambiamento delle norme culturali si rendono necessari a cambiamenti più pratici, al fine di modificare il modo di lavorare. Ovviamente, è un processo non semplice che rimette in discussione tutto quello che è consolidato nella cultura aziendale.

Le tendenze più recenti vedono le aziende dirigersi verso forme orizzontali di organizzazioni che mettono al centro la responsabilità e la collaborazione dei lavoratori, e dove i manager dispongono di maggiore fiducia verso i dipendenti. I singoli componenti del gruppo possono comunicare fra loro e coordinarsi eliminando la classica gerarchia dall’alto verso il basso. L’obiettivo è il miglioramento continuo.

Un metodo per raggiungere il cambiamento culturale è lo sviluppo organizzativo o Organization Development che può essere definito come “una risposta al mutamento, una strategia di base molto complessa che ha come scopo il mutamento delle convinzioni, degli atteggiamenti, dei valori delle strutture organizzative così che esse possano meglio adattarsi alle nuove tecnologie, ai nuovi mercati, alle nuove sfide e alla velocità vertiginosa dei cambiamenti stessi”23.

L’O.D. si concentra su principi quali l’autonomia individuale, la libertà dai restringimenti, la flessibilità e l’equità, principi che permettono lo svolgimento dei compiti dei dipendenti nel modo a loro più consono nel rispetto di certi vincoli strutturali. Gli obiettivi dell’O.D. sono il miglioramento dei rapporti interpersonali, la riduzione di tensione nei gruppi di lavoro e una leadership partecipativa. Le condizioni da sviluppare

23 Felice Paolo Arcuri e Francesca Arcuri, Manuale di sociologia. Teorie e strumenti per la ricerca sociale, Springer, Milano, 2010, pag. 63

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perché questo avvenga sono delle capacità di comunicazione delle informazioni, la flessibilità e la creatività, il sostegno degli obiettivi aziendali.

Figura 1.6 Le variabili organizzative di un’azienda

Nella Figura 1.624 si sintetizza come una struttura aziendale sia sensibile all’ambiente esterno che, a seconda del suo stato di stabilità o di turbolenza, deve effettuare i relativi aggiustamenti. Come si può vedere dall’immagine, le variabili organizzative per il raggiungimento degli obiettivi e la definizione delle strategie passano per la struttura organizzativa e i propri meccanismi operativi, e le risorse umane con i loro atteggiamenti. La loro combinazione conduce ad un sistema premiante ovvero ad un sistema operativo aziendale che adegua il comportamento delle risorse umane agli obiettivi dell’organizzazione. Allo scopo di rendere gli interventi di successo, la dirigenza aziendale deve fornire un supporto al cambiamento. Sempre Richard Daft individua le seguenti tecniche per la diffusione del cambiamento attraverso lo sviluppo organizzativo25:

 Interventi su grandi gruppi: i gruppi numerosi sono più adatti a compiere trasformazioni radicali all’interno dell’azienda. I membri considerano opportunità e minacce e pianificano il cambiamento.

 Team building: è formato da un insieme di attività formative il cui fine è la formazione di un gruppo di individui. Questa tecnica è sempre più applicata a realtà

24 Felice Paolo Arcuri e Francesca Arcuri, Op. Cit., pag. 64 25 Richard L. Daft, Op. Cit., pag. 393

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aziendali con lo scopo di ottenere la massimizzazione in termini di performance dai propri lavoratori. Oltre a una valenza formativa, l'obiettivo può essere anche esclusivamente ludico ossia di far divertire il gruppo e dare la sensazione di appartenenza ad una squadra e di lavoro in un contesto gradevole.

 Attività trans-unità: componenti di diverse unità operative si riuniscono per analizzare i conflitti, capire le cause e ideare i possibili rimedi.

2.3 Tecniche per la realizzazione del cambiamento

Realizzare un cambiamento di successo richiede un processo di sinergie tra direzione aziendale e dipendenti. Non è un processo semplice e dagli esiti certi, ma si possono usare delle tecniche per l’ottenimento di un cambiamento favorevole.

Prima di tutto, è necessario diffondere un senso di urgenza e la necessità di cambiamento; è compito dei manager comprendere tale esigenza e diffonderla anche negli altri dipendenti. La crisi organizzativa è un buon escamotage per velocizzare il cambiamento e trasmettere la necessità di modifiche strutturali.

E’ opportuna una coalizione per la guida del processo verso il cambiamento che unisca tutta l’organizzazione in un unico obiettivo condiviso. Senza una strategia precisa il processo di cambiamento non può avere successo.

I leader devono avere una propria visione sul futuro dell’azienda e capire come arrivare ad implementare un cambiamento. Trovare l’idea giusta che soddisfa la necessità può essere una possibilità di coinvolgimento dei dipendenti che in libertà e autonomia propongono strade nuove.

L’idea giusta da sola però non basta. Occorre l’elaborazione di piani per superare la resistenza al cambiamento perché un cambiamento sconvolge i precedenti equilibri, ed è necessario conoscere conflitti e minacce verso gli interessi in gioco nell’organizzazione, formare gruppi appositamente costruiti che si concentrino su entrambe le fasi di ideazione e realizzazione del nuovo prodotto, incoraggiare i cosiddetti champion intellettuali, fautori di novità di cui ne gestiscono le fasi controllando la correttezza delle attività tecniche.

Il cambiamento è un’attività delicata che va gestita e che può incontrare resistenze dai dipendenti, che a sua volta diventa causa di cambiamenti non riusciti. Il cambiamento può essere percepito come una perdita di controllo sulle abitudini, sulla propria vita o sul ruolo

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aziendale. Analizzando le motivazioni di tale indecisione è possibile affrontare le resistenze. È più problematico se le resistenze vengono direttamente dai manager con difficoltà ad approcciare nuove modalità di operare.

Il più autorevole autore nello studio delle tecniche per la realizzazione del cambiamento è John Kotter, professore alla Business School di Harvard che nel suo libro Leading Change del 1996 ha delineato le otto fasi utili per la gestione del cambiamento26:

 Creare il senso di urgenza: il cambiamento avviene solo quando l’intera organizzazione aziendale lo desidera. Sviluppare un senso di urgenza aiuta a creare i presupposti affinché il cambiamento avvenga. E’ possibile identificando le minacce potenziali e le opportunità che invece potrebbero essere sfruttate.  Creare una coalizione forte: è necessaria una leadership che conduca verso il

cambiamento. Un gruppo di persone, con il potere di gestire il cambiamento, deve lavorare per continuare a diffondere il senso di urgenza e la necessità di un cambiamento.

 Creare una visione per il cambiamento: Ogni singolo componente del gruppo avrà una sua visione del cambiamento. Bisogna ordinare le idee e creare un’unica visione che unica tutti i componenti del gruppo. Questo può aiutare per svolgere le direttive in modo corretto dando un senso alle proprie azioni.

 Comunicare la visione: Ogni occasione è valida per parlare e diffondere la propria visione, comunicandola con forza e frequenza. Le parole non bastano più; iniziare ad adottare un comportamento in linea con la propria visione in ogni operazione è il primo passo per la sua effettiva diffusione.

 Rimuovere gli ostacoli: Verificare la presenza di barriere verso il cambiamento ed eliminare le resistenze. Bisogna adottare un atteggiamento di riconoscenza per premiare le persone che si stanno muovendo nella direzione del cambiamento preventivato e identificare coloro che resistono aiutandoli a capire ciò che è necessario.

 Creare vittorie a breve termine: Quello che più motiva è il successo. Nelle prime fasi del processo, qualche vittoria visibile al personale è un buon incentivo. L’obiettivo finale deve essere raggiunto attraverso tanti piccoli step intermedi che aiutano ad accettare il processo di cambiamento incrementando la motivazione.

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 Costruire il cambiamento: Il vero cambiamento si ottiene agendo in profondità. Il cambiamento ottenuto solo in superficie non è duraturo e stabile. Anche quando un obiettivo è raggiunto bisogna continuare a costruire il cambiamento aggiungendo nuovi step per il raggiungimento di un miglioramento continuo.  Ancorare il cambiamento alla cultura aziendale: devono continuare gli sforzi per

stabilizzare il cambiamento in ogni aspetto dell’organizzazione. I leaders devono continuare a sostenere il cambiamento per non tornare indietro nella cultura del cambiamento. Sottolineare i progressi e i successi ottenuti sono uno stimolo positivo per rimanere sulla strada intrapresa, assicurandosi che il personale si ricordi del contributo apportato.

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Parte I – Capitolo III Sviluppo del prodotto e R&S

Tra le diverse tipologie di cambiamento finora descritte, ho scelto di approfondire quella relativa alla novità di prodotto attraverso un’analisi del percorso che va dalla nascita dell’idea fino allo sviluppo del nuovo bene.

3.1 La scelta del nuovo prodotto: approccio proattivo o reattivo

L’innovazione è un processo dai costi molti alti e caratterizzato dal rischio di perdite economiche qualora il prodotto non ottenga una considerazione positiva da parte dei clienti. Solo poche imprese possono vantare prodotti duraturi nel tempo, legati a circostanze non ripetibili. Lacoste e Nutella sono due esempi di prodotti presenti sul mercato che non necessitano di modifiche. Innovare è quindi una necessità per la maggioranza delle aziende.

I nuovi prodotti possono essere classificati in cinque categorie:

 Prodotti breakthrough: sono prodotti che danno vita a un nuovo mercato perché presentano novità assolute.

 Ingresso in una nuova categoria di prodotti: un’azienda entra in un mercato nel quale non era precedentemente presente.

 Estensioni delle linee di prodotto: prodotti che integrano una linea già esistente in azienda.

 Miglioramenti del prodotto: introduzioni di nuove versioni di prodotti già esistenti.  Riposizionamenti: prodotti collocati per un nuovo utilizzo.

La decisione sulla tipologia di innovazione può andare da forme impegnative e complesse a quelle più semplici come un restyling di prodotto. Questo dipende dal ciclo di vita del prodotto, dalla quota di mercato e dalla tipologia di mercato. L’impresa può adottare due tipi di interventi: un approccio proattivo o reattivo alla creazione di nuovi prodotti. Il primo è volto ad anticipare la domanda della clientela. I rischi economici sono maggiori perché non è prevedibile l’accoglienza del prodotto da parte dei consumatori e i diretti utilizzatori saranno gli utenti innovatori la cui presenza sul mercato è marginale.

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Oppure può utilizzare un approccio reattivo, di reazione agli sviluppi del mercato, con un atteggiamento imitativo verso la concorrenza.

Il processo di innovazione è impegnativo e richiede l’uso di ingenti risorse per la ricerca, il marketing e la produzione. Il rischio legato al tasso di successo è alto così come è alto il tasso di abbandono in fase di sviluppo del nuovo prodotto.

3.2 Dal concept allo sviluppo del prodotto

Come già spiegato nel paragrafo 1.6, il processo di cambiamento segue cinque fasi. La prima e fondamentale tappa verso un’innovazione di successo è l’idea. Essa è il punto di partenza, ma come visto nella Figura 1.2 solo una piccolissima parte delle idee si trasforma in un prodotto di successo. Questo significa che non tutte le idee hanno lo stesso valore allo stato embrionale del processo e la conseguenza è che gli investimenti fatti per l’innovazione sono spesso oltre che elevati, infruttuosi.

Tuttavia, tutte le idee proposte devono essere analizzate con attenzione. Esse possono essere stimolate dai vertici manageriali attraverso la creazione di un’atmosfera che stimoli la creatività tramite le attività di ricerca, gli specialisti o i consulenti esterni, i progettisti aziendali. Sono tutti attività o soggetti potenzialmente utili al fine.

Qualunque sia la fonte, l’idea va tradotta in un concept. “Un concept può essere definito come la descrizione sintetica, in forma scritta (ed eventualmente visiva), dell’idea di un nuovo prodotto; definisce le principali caratteristiche e i benefici (e i costi) che ne trarrà il potenziale acquirente.”27 E’ un documento composto dei seguenti elementi:

Comprensione del consumatore: nasce dall’osservazione dei processi d’acquisto e dalla conoscenza del consumatore. Esprime un bisogno inappagato che i prodotti esistenti non soddisfano e occorre creatività per il raggiungimento di un’idea originale.

Benefit: il vantaggio che si ritiene di ottenere dall’acquisto e dall’utilizzo del prodotto in relazione al soddisfacimento di un bisogno.

Motivazione: la ragione per la quale l’impresa ritiene di far fronte al benefit. Può ritenere di avere un fattore esclusivo, nuova tecnologia o un sistema più funzionale.

La fase successiva sarà la selezione delle proposte e il proseguo con le idee ritenute migliori. In questo momento l’azienda deve valutare tre tipi di rischio: il rischio strategico, che valuta la funzione del nuovo prodotto e la sua capacità di soddisfare un

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preciso bisogno; il rischio di mercato, cioè il mancato incontro tra la domanda di mercato e l’offerta dell’impresa sia per il valore aggiunto del prodotto, sia per la differenziazione che offre rispetto agli altri prodotti; il rischio interno, connesso al rispetto dei tempi e delle previsioni di spesa presunti.

Soppesare tutte queste incognite precede le fase concreta di sviluppo del prodotto. A questo punto si esegue un’ulteriore analisi del concept sotto il profilo finanziario, della produzione, del marketing e della competitività. Viene delineato il budget di spesa e realizzato un progetto del prodotto con le sue caratteristiche dettagliate. Ogni operazione del processo viene studiata nei minimi dettagli e indicato il relativo fabbisogno finanziario e di personale. La dirigenza aziendale decide se approvare o meno il progetto ed eventualmente procede con la sua realizzazione. I passi successivi sono la realizzazione di un prototipo e il suo collaudo. Infine, l’uscita del prodotto dalle mura aziendali, il contatto con la clientela e il relativo test di mercato renderanno possibile la valutazione del nuovo prodotto. La valutazione permetterà di correggere aspetti che si ritengono modificabili. Sarà anche lo strumento per selezionare i prodotti che l’impresa lancerà sul mercato al fine di ridurre i fallimenti attraverso un piano di lancio che deciderà le modalità e gli obiettivi perseguiti.

3.3 Ricerca e sviluppo

“Complesso di attività creative intraprese in modo sistematico sia per accrescere l’insieme delle conoscenze (ivi comprese quelle relative all’essere umano, alla cultura e alla società), sia per utilizzare tali conoscenze per nuove applicazioni. Con r&s (anche r&d, research and development) dal punto di vista del produttore di mercato ci si riferisce a quelle attività realizzate con il proposito di scoprire o sviluppare nuovi prodotti, incluse versioni migliorate di prodotti esistenti, o la scoperta e l’implementazione di nuovi o più efficienti processi di produzione.”28

Come già spiegato nel paragrafo dedicato alle fonti dell’innovazione, la funzione di ricerca e sviluppo è l’attività dedicata allo studio dell’innovazione tecnologica per la creazione dei nuovi prodotti ed il loro miglioramento. Essa può avere diverse forme e può

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portare a tecnologie incorporate in nuovi materiali, all’unione tra design e nuovi materiali, all’utilizzo di tecnologie avanzate, a prodotti personalizzati.

Un report Istat ha analizzato la situazione italiana rilevando le criticità dell’attività innovativa:

“Lo stato della ricerca e innovazione in Italia non muta significativamente. Si registra qualche timido miglioramento in alcuni ambiti, ma nel complesso si assiste ad una situazione di stallo. Nonostante un leggero incremento della quota di Pil destinata alla ricerca, l’Italia è notevolmente al di sotto della media europea e lontano dagli obiettivi di Europa 2020. Inoltre, l’attività di brevettazione nazionale è in calo e in termini di domande di brevetto presentate per milione di abitanti si conferma il gap con il resto dell’Europa. Qualche nota positiva emerge dai dati sull’innovazione delle imprese. Nel triennio 2010-2012 la percentuale di imprese con almeno 10 addetti che ha svolto almeno un’attività finalizzata all’introduzione di innovazioni registra nel complesso un lieve incremento rispetto al triennio precedente, anche se diminuisce in diversi settori industriali. Segnali meno incoraggianti arrivano dai dati sugli investimenti in nuovi prodotti. Solo un quarto delle imprese italiane sono orientate verso le innovazioni di prodotto e, a fronte di un incremento interessante nei servizi, si segnala un peggioramento nell’industria e nelle costruzioni. Infine, una delle aree particolarmente critiche è costituita dagli investimenti produttivi nell’high-tech. È un segnale di sostanziale stagnazione quello che emerge dai dati sull’occupazione nei settori ad alta tecnologia: l’Italia resta al 20° posto nella classifica europea, seguita solo da Grecia, Portogallo e dai paesi dell’Europa Orientale. Sotto il profilo territoriale, Lombardia, Piemonte, Veneto e Emilia-Romagna si confermano le regioni più dinamiche in termini di ricerca e innovazione. Anche il Lazio e la Toscana registrano buone performance. Il Mezzogiorno, invece, è ancora in grande ritardo e non emergono importanti segnali di ripresa delle sue aree più arretrate.”29

29http://www.istat.it/it/files/2015/12/11-Ricerca-innovazione-Bes2015.pdf , ultima consultazione: 18/11/2016

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Come si può vedere dalla Figura 1.730, l’Italia non eccelle nell’investimento in ricerca e

sviluppo, assestandosi ben al di sotto della media europea fortemente influenzata dagli elevati standard dei paesi del nord Europa.

Figura 1.7 Investimenti in ricerca e sviluppo

Anche la situazione di attività brevettuale non è incoraggiante. Il gap con la media europea resta notevole, facendo registrare un ulteriore calo negli ultima anni. La situazione risulta critica soprattutto nei campi dell’high-tech, delle ICT e delle biotecnologie.

La maggior attività in ricerca e sviluppo e di brevettazione viene affrontata dalle regioni del nord Italia, con un forte gap per le regioni del Mezzogiorno che vede tutte le sue regioni al di sotto della media italiana.

30http://www.istat.it/it/files/2015/12/11-Ricerca-innovazione-Bes2015.pdf , ultima consultazione: 18/11/2016

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30 3.4 Le aziende più innovative

Le aziende più innovative sono solitamente fondate in tempi recenti. Sono più snelle, flessibili e già predisposte alla ricerca di nuovi prodotti.

Secondo il report annuale del 2010 di BusinessWeek, le migliori 25 compagnie nel campo dell’innovazione sono quelle riportate in Figura 1.831.

Figura 1.8 – Le 25 compagnie più innovative del 2010 secondo BusinessWeek

Apple conquista il primo posto della classifica seguita da Google e da Mirosoft. Abituate ai piani alti di questa classifica anche IBM (quarta), Toyota (quinta), Amazon (sesta) e General Electric (nona).

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Fig. 1.9 – Le 50 compagnie più innovative del 2015 secondo The Boston Consulting Group.

Nella figura 1.932 si possono vedere invece le 50 aziende più innovative del 2015 secondo il The Boston Consulting Group dove si nota una forte crescita delle aziende asiatiche pronte a rincorrere le compagnie americane e europee, da sempre più attive nel settore dell’innovazione.

La voce grossa la fanno le aziende tecnologiche con una grossa presenza anche del settore automobilistico.

Purtroppo nessuna azienda italiana è presente in classifica, a differenza del 2014 che vedeva la FIAT posizionarsi al trentaduesimo posto.

I dirigenti delle aziende intervistati pongono l’innovazione al primo posto tra le priorità della propria compagnia mentre i quattro fattori determinanti individuati per un corretto processo innovativo sono la velocità, i processi di ricerca e sviluppo orientati alla filosofia

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lean, l’utilizzo di piattaforme tecnologiche e l’osservazione dei mercati vicini a quello di riferimento.

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Parte II – Capitolo I La storia di Apple

Dopo la prima parte teorica sull’innovazione e il cambiamento, ho scelto di applicare quanto spiegato al caso Apple. Prima di spiegare il concetto di innovazione in relazione all’azienda di Cupertino, è giusto partire da una breve esposizione di quelle che sono le fasi cruciali nella vita dell’azienda americana.

1.1 Dal garage alla quotazione in borsa

Apple è un’azienda statunitense nata ufficialmente il 1 giugno 1976 che si occupa della produzione di sistemi operativi e di dispositivi multimediali. La sua storia è molto nota e spesso è stata raccontata anche sul grande schermo in modo più o meno fedele.

E’ impossibile parlare della Apple senza essere ricondotti alle immagini del garage di casa Jobs, luogo in cui l’azienda ha iniziato a muovere i primi passi fortemente spinta e voluta da Steve Jobs. In realtà, prima di arrivare alla sede operativa delle prime avventure Apple, una serie di coincidenze fortuite e delle intuizioni brillanti hanno gettato le basi per la nascita dell’azienda.

E’ necessario partire quindi da Steve Wozniak, un abile programmatore informatico e vecchio amico di Jobs che sarebbe poi diventato il co-fondatore della Apple.

Wozniak aveva in mente da tempo l’idea di progettare un computer economico da utilizzare nella quotidianità. Le sue difficoltà economiche gli impedirono di acquistare le prime costosissime CPU, ma il calo dei loro costi, avvenuto dopo pochi anni, gli permise di comprare un microprocessore sul quale scrivere una versione del linguaggio di programmazione BASIC e successivamente un computer sul quale farlo girare.

Mostrò il suo primo prototipo in una delle conferenze che teneva abitualmente all’Homebrew Computer Club, uno dei più noti club per gli appassionati di informatica. In una delle sue conferenze la fortuna ha voluto che incontrasse il suo vecchio amico Steve Jobs che, lasciata la carriera universitaria, si dimostrò colpito dal progetto di Wozniak. Insieme formarono una coppia di lavoro: Wozniak dedito all’ingegneria informatica e capace programmatore, Jobs giovane uomo d’affari.

Il primo piccolo successo della loro unione fu un accordo con il The Byte Shop, un rivenditore di computer, il quale ordinò 50 calcolatori completi e già assemblati al prezzo

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di 500 dollari il pezzo. La richiesta fu inusuale: in quel periodo era abitudine acquistare la scheda madre, ma era poi necessario collegarci autonomamente una tastiera e un televisore. Per non perdere l’ordine i due iniziarono a lavorare nel garage di casa Jobs con ovvi problemi economici e operativi. Gli aneddoti raccontano che per avviare la produzione dei 50 computer, i due Steve hanno venduto la calcolatrice scientifica di Wozniak e il furgone di Jobs, trovando i fondi per iniziare l’attività aziendale. A giugno del 1976 consegnavano i 50 computer e ricevevano la somma pattuita per il loro primo modello, l’Apple I. Nel frattempo era entrato come socio di minoranza Ronald Wayne, uomo ben più esperto in ambito imprenditoriale.

Con i fondi ricavati dalla vendita, Wozniak iniziò subito a progettare il secondo modello, l’Apple II, che si dimostrerà più costoso del previsto. L’intervento di Mike Markkula sarà fondamentale con il suo investimento di 250.000 $. I miglioramenti rispetto al primo modello riguardavano l’utilizzo dei colori e dei suoni e soprattutto la vendita del prodotto già assemblato e quindi accessibile non più solo agli esperti, ma anche ai non addetti ai lavori. L’Apple II segna un cambio di direzione dei personal computer verso un utilizzo casalingo e non più limitato all’ambito professionale, come sottolineato dall’immagine pubblicitaria del prodotto in cui un uomo è intento ad usare l’Apple II mentre una donna è impegnata nella cucina di casa.

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La diffusione dell’Apple II e l’enorme successo di vendite culminato con i circa 5 milioni di modelli venduti, aprono nuovi orizzonti per l’azienda.

Il 19 dicembre 1980 è un giorno che segna un altro importante successo per l’azienda di Cupertino. La Apple Inc. fa il suo ingresso in borsa, con un valore iniziale di circa 3 dollari e mezzo ad azione.

1.2 Il Macintosh e la concorrenza con IBM

Nei primi anni ’80 arrivò il primo clamoroso fallimento. Il progetto Lisa, un nuovo computer dotato di interfaccia grafica, multitasking e di memoria virtuale, che evidenziò i primi problemi di Jobs nella compagnia con l’estromissione dal progetto causata dai suoi comportamenti all’interno dei team di lavoro. Ritenuto troppo costoso rispetto alle proprie caratteristiche e sottomesso al dominio della IBM, Apple inizia a concentrarsi su un nuovo progetto: il Macintosh.

Le novità principali, dalla portata assolutamente rivoluzionaria, sono l’utilizzo di un’interfaccia grafica riconducibile al concetto di desktop, dotata di icone e di menù fissi sullo schermo, e l’utilizzo del mouse. Introduceva i font tipografici che nel famoso discorso agli studenti di Standford del 12 giugno 2005, Steve Jobs ricollegò ai suoi anni accademici e alle lezioni di calligrafia: “In tutto il campus, ogni manifesto, ogni etichetta era scritta a mano con calligrafie meravigliose. Dato che avevo mollato i corsi ufficiali, decisi che avrei seguito il corso di calligrafia per imparare a scrivere così. Appresi la differenza tra i tipi di caratteri Serif e San Serif della differenza tra gli spazi che dividono le differenti combinazioni di lettere di che cosa rende grande una stampa tipografica del testo. Fu meraviglioso, in un modo che la scienza non è in grado di offrire perché era artistico, bello, storico e io ne fui assolutamente affascinato”. Queste lezioni apparentemente inutili si rivelarono importanti e nel suo sistema operativo erano presenti, oltre ai font tradizionali come il Times New Roman, anche un’ulteriore vasta gamma di font appositamente creati.

Come avremmo presto imparato, ogni prodotto del marchio Apple è presentato sul mercato in modo curato e studiato, con ingenti campagne pubblicitarie e grandi attese nei consumatori. Il Macintosh è stato introdotto tramite un’imponente campagna marketing con il famoso spot del 1984. Lo spot è andato in onda per la prima volta il 22 gennaio durante la pausa pubblicitaria del Super Bowl, evento sportivo che catalizza l’attenzione

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di milioni di americani. Un’allusione al celebre romanzo di Orwell in cui il Grande Fratello orwelliano, in questo caso la IBM, sarebbe stato combattuto dalla Apple che nell’immaginario di Jobs aveva il compito di lottare contro le tecnologie inferiori dei concorrenti.

Nel 1981 la concorrenza con la IBM si era inasprita. In quell’anno la IBM presenta il suo primo personal computer, l’IBM 5150, con al suo interno il sistema operativo PC-DOS della Microsoft di Bill Gates. Ottime le vendite, “ma il vero colpo di genio di IBM fu quello di rendere pubbliche le specifiche del proprio sistema, attraverso i datasheet della componentistica utilizzata, che era standard, e degli schemi elettrici utilizzati per creare il PC consentendo a produttori terzi di realizzare i cosiddetti PC IBM Compatibili. In breve tempo il mercato dei PC IBM (compatibili) divenne enorme, imponendosi quasi un monopolio nel settore della microelettronica e consegnando ad Intel e a Microsoft la palma di leader incontrastati nei rispettivi settori”33. L’IBM 5150 fa il suo ingresso in

contesti casalinghi e in piccole imprese per i prezzo contenuto e per le specifiche del prodotto. I 200.000 esemplari venduti nel primo anno, una cifra altissima per gli standard del periodo, ne evidenziano il successo e fanno guadagnare alla IBM ampie fette del mercato.

1.3 L’uscita di Steve Jobs e il suo ritorno

Nonostante il buon riscontro commerciale, le vendite del Macintosh rimasero ben al di sotto delle previsioni e questo non passò inosservato. Jobs arriva allo scontro con l’amministratore delegato John Sculley e in un’accusa reciproca di responsabilità per il fallimento, il consiglio di amministrazione dovette scegliere. I manager aziendali si schierarono dalle parte di Sculley con conseguenti dimissioni di Jobs.

Siamo nel 1985, anno in cui inizia una profonda crisi creativa ed economica di Apple durata poi per un decennio. E’ anche l’anno della definitiva fuoriuscita del co-fondatore Steve Wozniak dopo problemi di salute ma soprattutto a seguito della perdita di entusiasmo che ne avevano caratterizzato i primi anni di lavoro. Le difficoltà erano sotto gli occhi di tutti.

Nel frattempo Jobs si era dedicato ad un’altra esperienza imprenditoriale sempre in campo informatico. Dopo una poco proficua esperienza a capo della NeXT Computer, la nuova

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azienda di Jobs venne acquistata dalla Apple nel 1996. Nel 1997 torna così ad essere amministratore delegato della Apple con il compito di risollevarne i risultati.

Già l’anno seguente, le sue politiche aziendali davano i frutti con un utile di oltre 300 milioni di dollari dopo un anno disastroso con perdite di oltre un miliardo. In un anno licenziò tre migliaia di dipendenti, cancellò numerosi progetti di nuovi prodotti ma soprattutto pose fine alle cause legali contro la Microsoft in cambio di 150 milioni di dollari di azioni. L’investimento maggiore fu sulla linea iMac, rilasciata sul mercato a settembre del 1998.

Fig. 2.2 – Tabella CEO Apple dalla sua nascita ad oggi

1.4 Gli anni 2000: la linea “i”

Punto centrale di tutta la linea iMac è da sempre l’estetica, con un occhio più orientato verso il design del computer e non verso la componente software, in questo caso non troppo diversa dai precedenti dispositivi.

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L’iMac si distingueva anche per la sua semplicità. E’ noto infatti come il suo manuale d’istruzione sia entrato nel guinness dei primati come il manuale più corto della storia. La linea “i” prosegue con un altro successo per l’azienda di Cupertino. Nell’ottobre del 2001 è il turno dell’iPod, il lettore di musica digitale. Questo segnava l’ingresso di Apple nel mercato musicale, confermato anche dall’apertura dell’iTunes Store nel 2003, un negozio on-line per l’acquisto di dischi digitali e di video musicali.

Un’ulteriore tappa della linea “i”, forse la più attesa e auspicata dagli appassionati della mela, è stato il lancio del primo iPhone. Il 9 gennaio 2007 dal palco del MacWorld, Steve Jobs annunciava in una presentazione storica il primo telefonino targato Apple. L’iPhone 2G era dotato di uno schermo touch, di un lettore multimediale e di una memoria interna di 16 GB. Come vedremo nel prosieguo, il lancio venne attentamente pianificato e il dispositivo commercializzato a partire dal 29 giugno 2007.

Il 2010 è l’anno dell’iPad, un tablet multitouch che voleva essere la “via di mezzo” tra un computer portatile e uno smartphone. Anche per l’iPad un grande successo in termini di vendite per un totale di circa 3 milioni di esemplari venduti in appena 20 giorni.

1.5 La morte di Steve Jobs e Tim Cook nuovo amministratore delegato

Il 5 ottobre del 2011, a soli 56 anni, muore Steve Jobs. L’anima di Apple, il co-fondatore e presenza irrinunciabile dell’azienda, cede il posto di amministratore delegato già qualche mese prima del decesso, avvenuto a causa di una grave malattia, passando il testimone al direttore operativo Tim Cook.

La scomparsa di Jobs, imprenditore dotato di grande personalità e personaggio di interesse pubblico, raccoglie messaggi di cordoglio da ogni dove. Tra tutti cito il riconoscimento del The Washington Post che scrive: “il brillante, pioniere della tecnologia che ha introdotto la semplicità, computer dal design elegante per le persone che sono più interessate a ciò che la tecnologia può fare, piuttosto che come è stata usata”.

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Per supportare le attività delle autorità di gestione nazionali e regionali e delle istituzioni coinvolte a vario livello nell’attuazione delle politiche comunitarie