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La Crisi di Suez: la politica estera italiana e le relazioni con gli alleati ed i paesi arabi.

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere Corso di Laurea Magistrale in Storia e Civiltà

La Crisi di Suez: la politica estera italiana e le relazioni

con gli alleati ed i paesi arabi.

Candidato: Relatore:

Adriano Veneruso Chiar.mo Prof.re Arturo Marzano

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INDICE

Introduzione

CAPITOLO I: L’Egitto dopo la seconda guerra mondiale

1.1. Segnali di decolonizzazione

1.2. Il colpo di stato dei Liberi Ufficiali

1.3. La nazionalizzazione del Canale di Suez

CAPITOLO

II:

Risposte

internazionali

alla

nazionalizzazione

2.1. Sconcerto tra gli alleati occidentali 2.2. La Conferenza di Londra

2.3. Il ricorso all’ONU

CAPITOLO III: L’Italia e la Crisi di Suez: le due anime

della DC

3.1. La linea ufficiale del governo Segni 3.2. Il governo tra gli alleati NATO e l’Egitto 3.3. Il “neoatlantismo” di Fanfani e Gronchi

CAPITOLO IV: La guerra di Suez

4.1. Attacco all’Egitto

4.2. L’invasione anglo-francese e le conseguenze internazionali 4.3. Il ruolo dell’Italia

Conclusioni

Bibliografia

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Introduzione

Questo studio si propone l’obiettivo primario di analizzare il ruolo svolto dall’Italia e dal rispettivo governo all’interno della crisi di Suez creatasi a seguito del gesto compiuto dal colonnello egiziano Gamal Abdel Nasser, il 26 luglio del 1956 di nazionalizzare la Compagnia del Canale di Suez, dal 1888 di proprietà britannica. Dal giorno della nazionalizzazione sino al conflitto scoppiato il 29 ottobre e conclusosi il 6 novembre con le successive ripercussioni a livello regionale e internazionale, l’Italia attraverso il governo guidato dal democristiano Antonio Segni cerca di farsi trovare pronta proseguendo la propria politica sulla strada intrapresa negli anni precedenti dal leader della Democrazia Cristiana Alcide De Gasperi.

Dopo aver descritto, nel primo capitolo, la situazione dell’Egitto come colonia britannica tra la fine della Prima Guerra Mondiale sino al giorno della nazionalizzazione, il testo prosegue analizzando oltre alle risposte diplomatiche e non, date dalle potenze proprietarie della Compagnia del Canale di Suez Francia e Gran Bretagna, interessate a questo snodo marittimo principale del Mediterraneo e fulcro dei loro intensi traffici commerciali e fonte di profitto, anche quelle degli Stati Uniti e dell’Unione Sovietica.

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Successivamente, entrando nello specifico della posizione italiana, questo elaborato, tramite l’utilizzo di fonti primarie come gli atti parlamentari e i quotidiani quali ‹‹Il Corriere della Sera››, ‹‹Il Popolo››, ‹‹Il Giorno››, ‹‹L’Unità››, descrive il tipo di relazioni che il governo di Roma intendeva stabilire con i principali alleati NATO all’interno della crisi, le ambizioni e gli obiettivi della politica estera in questo delicato momento nello scenario mediterraneo per cercare di avere un ruolo non marginale nella politica internazionale e cercare di farsi strada tra tutte le forze in campo. Come si pone l’Italia nel quadro internazionale in questo specifico momento della crisi di Suez? Qual è stato il suo atteggiamento nei confronti degli alleati NATO, organizzazione di cui faceva parte dall’agosto del 1949? Quale invece l’atteggiamento adottato verso l’Egitto di Nasser, paese con cui aveva intessuto buoni rapporti diplomatici e commerciali negli anni precedenti? Che tipo di atteggiamento ha adottato la delegazione italiana in seno alle Nazioni Unite chiamate a risolvere questa importante controversia? Che tipo di contrasti si sono verificati in politica interna che hanno potuto influenzare le scelte estere?

Grazie all’ausilio delle fonti primarie e secondarie ho cercato di dare una spiegazione a questi interrogativi descrivendo gli intensi avvenimenti di questi sei mesi (da luglio a dicembre) che hanno scombussolato gli equilibri mondiali del potere con la caduta

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definitiva delle vecchie potenze colonialiste la quale ha aperto ancor di più la strada a Stati Uniti ed Unione Sovietica sulla scena internazionale per estendere le logiche e le dinamiche della Guerra fredda in tutto il mondo in cui l’Italia poté soltanto assistere da spettatrice.

Desidero ringraziare per tutto il lavoro svolto in questi mesi il mio relatore il quale è stato di supporto e di fondamentale aiuto nell’indirizzarmi e nel portare a compimento questo lavoro dopo un intenso percorso di studi.

Dedico quanto fatto a Cira, Giorgio, Alberto e Gaia.

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CAPITOLO PRIMO:

L’Egitto dopo la seconda guerra mondiale

1.1. Segnali di decolonizzazione.

Dopo un periodo tormentato costituito da rivolte e disordini ai quali Londra rispose con violenza, nel 1922 tramite un atto unilaterale il governo britannico decise di concedere l’indipendenza all’Egitto. Con questo tipo di accordo non negoziato, la madrepatria continuò ad assicurarsi il controllo sia del canale di Suez - il quale costituiva uno snodo principale per tutti i suoi traffici commerciali ed economici - sia della politica estera ed interna del paese. Fu un nuovo tipo di dominio, condiviso in parte con il re e con il partito nazionalista Wafd1, che trasformò l’Egitto in una monarchia costituzionale. Il tutto durò non senza difficoltà per ben 30 anni - in quello che viene definito il periodo liberale egiziano - dal 1922 al 1952.

1 II partito Wafd fu fondato dall’avvocato egiziano Saad Zaglul poco prima che

terminasse il conflitto mondiale. Fu il partito della “Delegazione” avente il compito di trattare l’indipendenza del paese con la Gran Bretagna appena

conclusa la Prima Guerra Mondiale. C.f.r. Selma Botman, “The liberal age,

1923-52”, in M. W. Daly (Ed. by), The Cambridge History of Egypt, Vol. 2, Modern Egypt, from 1517 to the end of the Twentieth Century, CUP, 1998.

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All’interno del paese, i malumori per la presenza britannica non si placavano e venivano fomentati dai diversi partiti anticoloniali a base popolare che andavano costituendosi (Fratelli Musulmani e partiti di sinistra), promotori del nazionalismo egiziano. A fronte di queste pressioni la Gran Bretagna nel 1936 cercò di migliorare il precedente accordo del 1922, ma nella sostanza le concessioni non mutarono in modo significativo. All’Egitto veniva concesso di entrare a far parte della Società delle Nazioni (avvenuta nel 1937); di contro gli inglesi continuavano a mantenere il controllo del canale stanziando truppe in loco e riservandosi la possibilità di utilizzare tutti i servizi del paese nel caso in cui fosse scoppiata una guerra.

Nel 1939 con lo scoppio della seconda guerra mondiale l’Egitto restò un paese neutrale ma, in base all’accordo stipulato, fu obbligato a svolgere la funzione di base militare inglese in Nord Africa, ospitando il Comando mediorientale inglese il quale doveva difendere il territorio dagli attacchi italiani e dalle truppe tedesche guidate da Rommel nel 1945.

Negli anni della guerra l’Egitto si mobilità per promuovere all’interno del mondo arabo la creazione della Lega Araba, nata il 22 marzo 1945, con l’ausilio di altri cinque paesi arabi (Iraq, Transgiordania, Libano, Arabia Saudita, Siria), avente sede al Cairo.

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Come afferma Marcella Emiliani, la Lega Araba

aveva la sua ragion d’essere inziale di promuovere e accelerare la decolonizzazione e l’autodeterminazione di tutti i paesi arabofoni. Ha rappresentato il primo tentativo di costituire un’organizzazione internazionale indipendente tanto dalle ex potenze coloniali europee quanto dalle nuove superpotenze, Stati Uniti e Urss, uscite vincitrici dalla Seconda guerra mondiale. Ma tra i suoi aspetti originali va segnalato l’essere stata la prima assise di confronto e unione tra paesi sottosviluppati del sud del mondo. Tra i suoi scopi figurano la promozione dell’unione e della collaborazione politica, economica e culturale tra paesi arabi e musulmani, nonché la salvaguardia della

loro indipendenza e sovranità2.

La Gran Bretagna sostenne la creazione di questa Lega perché in contemporanea rinunciava al mandato sulla Palestina e non voleva perdere le sue basi militari in Egitto, fondamentali per i suoi interessi nel Mediterraneo. Per questo motivo, nel 1946 negoziò un nuovo accordo con l’Egitto dichiarando di smobilitare le sue truppe dal paese e riconoscendo la sovranità egiziana ma mantenendo sempre saldo il controllo sulla zona del canale e controllando le attività della Compagnia.

La situazione divenne tesa a seguito della disfatta egiziana contro Israele nel 1948: i rapporti anglo-egiziani giunsero a livelli di tensione altissimi tanto da far denunciare alla classe politica del paese il trattato stipulato nel 1936. Una decisione che non piacque alla Gran Bretagna, decisa a fermare la smobilitazione di truppe dalla zona del canale. Tale comportamento provocò ondate di

2 M. Emiliani, Medio Oriente. Una storia dal 1918 al 1991, Roma-Bari, Laterza

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ulteriori proteste e scontri nella zona del canale, movimentate dai partiti di sinistra e dai Fratelli Musulmani, partiti a base popolare che,

impugnando la bandiera nazionalista dell’anti-colonialismo, rivendicavano anche la necessità di riformare profondamente il sistema economico del paese per eliminare le profonde sperequazioni che continuavano a persistere ed aggravarsi. Nell’ottica di questi partiti e movimenti di massa, indipendenza non significava, dunque, solo recupero della sovranità nazionale, ma anche creazione di un nuovo ordine economico in grado di sopperire ai bisogni di una popolazione che continuava ad aumentare in maniera esponenziale e che aveva sempre meno terra da coltivare

e pane da mangiare3.

In questo contesto di malcontento generale verso la Gran Bretagna e di difficile situazione economica e sociale si iscrive uno dei momenti più importanti della storia egiziana contemporanea, ovvero il colpo di stato dei “Liberi Ufficiali” del 23 luglio 1952. Questo sconvolse il quadro politico del paese, portando all’abolizione della monarchia di re Faruq e alla conquista del potere da parte di un piccolo gruppo di militari dell’esercito. Troppi fattori avevano contribuito a rendere l’esperienza “liberale” egiziana un nulla di fatto, spianando la strada a Nasser ed ai suoi uomini. In primis, la natura stessa della monarchia egiziana, nata da un atto unilaterale concesso dalla Gran Bretagna che restringeva il campo di autonomia del re e dei partiti – Wafd in testa - mantenendoli in una posizione subordinata. In secondo

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luogo, il potere che il re esercitava in modo autocratico, per contrastare le azioni e il potere del Wafd. Questo partito se da un lato era sempre pronto ad approfittare delle situazioni critiche e inoperose del re, dall’altro era troppo vicino alle posizioni della Gran Bretagna. Così facendo, riuscì ad inimicarsi i partiti popolari che chiedevano indipendenza, riforme sociali ed economiche. Infine, come sostiene Massimo Campanini,

il terzo, e forse più importante, motivo del fallimento del liberalismo risiede nella debolezza dello stesso partito Wafd. Il partito, agli inizi intransigente, divenne, man mano che il tempo passava, sempre più accondiscendente. Furono i wafdisti a stipulare il trattato del 1936 e a dare la loro disponibilità a governare sotto la copertura britannica nel 1942.

Queste oscillazioni pregiudicarono la fiducia del popolo che, col trascorrere degli anni, finì per non identificarsi più nei vecchi nazionalisti. Del resto il Wafd rimase una formazione elitaria, poco incline ad ascoltare le rivendicazioni delle masse, riluttante ad avviare autentiche riforme economiche e politiche, irretita nei giochi di potere4.

1.2. Il colpo di stato dei Liberi Ufficiali.

Il nucleo dei Liberi Ufficiali, costituitosi all’interno dell’esercito egiziano e protagonista negli anni Cinquanta, prese forma intorno al 1937-1940 all’indomani dell’accordo anglo-egiziano del 1936 allorché per alcuni militari la carriera all’interno dell’esercito cessava di essere un sogno e diventava realtà in previsione della

4 M. Campanini, Storia del Medio Oriente 1798 – 2005, Bologna, Il Mulino, 2010,

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graduale partenza degli ufficiali inglesi. Tutti coloro che militavano all’interno della cellula dei Liberi Ufficiali avevano trovato nell’esercito un veicolo di promozione sociale ed economica ma soprattutto la base di partenza per realizzare i loro obiettivi. La carriera militare contribuì a formare una coscienza politica, mentre gli avvenimenti verificatisi in quegli anni - soprattutto le rivolte anti-coloniali e la sconfitta contro Israele del 1948 – fecero venire alla luce il loro senso di ingiustizia e insoddisfazione. Volevano risanare un paese in preda alla povertà e stanco delle ingiustizie subite dagli inglesi, cercando di dimostrare una verve completamente diversa rispetto ai vecchi partiti nazionalisti collusi con la potenza inglese.

Questi giovani non avevano una vera ideologia: sentivano il peso delle ingiustizie sociali, erano insofferenti alla corruzione e all’impotenza della vecchia classe dirigente ed erano nazionalisti desiderosi di liberare definitivamente la patria. Con queste poche idee in testa, ebbero però la sagacia e l’abilità di lavorare nell’ombra

e di acquisire alla loro causa numerosi adepti5.

Per fare tutto ciò, la cellula dei Liberi Ufficiali iniziò a darsi un’organizzazione precisa e nel 1949 diede vita al Comitato del movimento dei Liberi Ufficiali, eleggendo Gamal Abdel Nasser come presidente.

Nel luglio 1949, quando Faruq inizia una politica di distensione, gli ufficiali liberi formano un comitato esecutivo di nove membri che stabilisce in ottobre un piano di cinque anni per la presa del potere. Alcuni membri del comitato ricevono l’incarico di mantenere le loro

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relazioni con gli ambienti dirigenti del paese e dell’esercito, in modo da ricevere informazioni e da potere, qualora il caso lo richieda, stornare i sospetti […]. E’ comunque più necessario che l’organizzazione esca dall’ombra; nel 1949 tutti gli ufficiali superiori e subalterni ricevono un opuscolo firmato: ‹‹Gli ufficiali liberi››. ‹‹Qual è il nostro compito dopo la triste prova di questa guerra guasta?›› Risposta: ‹‹Cacciare gli Inglesi, ricostruire l’esercito, finirla con lo sperpero dei danari pubblici, alzare il livello medio di vita››6.

Il passo successivo, compiuto dal Comitato in ottica rivoluzionaria, fu quello di appoggiare la candidatura del generale Neguib alla guida dell’esercito egiziano. Uomo popolare e rispettato il quale si era fatto strada - nonostante la sconfitta - nella guerra contro Israele ed aveva aspramente criticato la politica condotta da re Faruq che aveva portato l’Egitto alla débâcle. Il re era contrario alla nomina di Neguib come uomo cardine dell’esercito e a capo del Ministero della Difesa perché sapeva delle sue simpatie verso i Liberi Ufficiali e temeva che alle sue spalle stessero tramando un complotto per destituirlo dal suo trono. Perciò pose il veto alla candidatura del generale come guida dell’esercito, nonostante la forte opposizione dell’opinione pubblica.

In favore dei Liberi Ufficiali si registrarono gli scontri avvenuti nella capitale egiziana nel gennaio – febbraio 1952, che videro protagonisti ancora gli inglesi e la popolazione. La risposta di re Faruq non si fece attendere e fu l’invio dell’esercito per ripristinare

6 J. Daumal - M. Leroy, Nasser: la vita, il pensiero, i testi esemplari. Milano

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l’ordine in una capitale messa a dura prova dagli scontri e da importanti incendi in più zone della città.

Come scrisse lo stesso Neguib al momento dei fatti,

la legge marziale fu dichiarata solo alle quattro del pomeriggio, e in due ore l’esercito disperse gli agitatori. Il fine del re e sei suoi amici, in accordo con gli agenti inglesi, fu quello di mettere il Wafd in una situazione così difficile da permettere la sospensione delle attività del Ministero e del Parlamento, e la formazione di un gabinetto di

affaristi succubi del re7.

La decisione dei Liberi Ufficiali non tardò ad arrivare; questi lanciarono un appello vibrante all’esercito per sventrare questo piano. Il tradimento spera di trionfare con l’aiuto dell’esercito. L’esercito ha il solo dovere di liberare il paese e di difendere la sua indipendenza. Se l’esercito scende sulla strada, lo fa per opporsi ai traditori. […] Tutti lo devono capire! Da oggi l’esercito è con il

popolo, e lo sarà per sempre8.

Re Faruq si trovò circondato. Oramai l’esercito non era più dalla sua parte, accogliendo l’appello dei Liberi Ufficiali a lottare per il popolo e per l’indipendenza del paese. L’unica cosa che il re poté fare fu annunciare una imponente riforma dell’intero apparato militare e iniziare ad arrestare diversi componenti al suo interno. Le sue ultime decisioni non ebbero, tuttavia, effetto perché prima che tutto ciò potesse veramente verificarsi, nella notte tra il 22 e 23 luglio 1952, il gruppo dei Liberi Ufficiali prese ufficialmente il

7 Ivi, pp. 50 – 51.

8 Ibidem. Per ulteriore approfondimento sulla Filosofia del leader egiziano cfr

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potere rovesciando la monarchia e costringendo re Faruq ad abdicare e a lasciare il paese. Nasser e i suoi uomini occuparono sia i centri vitali del potere del Cairo sia le strutture dell’esercito e posero a capo di esso il generale Neguib. Una mossa quest’ultima che servì a non allarmare la Gran Bretagna dal momento che il generale era ben visto.

Questo colpo di stato segnò un momento cruciale per il mondo arabo. Incruento, promosso e pianificato dall’alto da militari che seppero cavalcare l’onda del risentimento popolare, si rivelò « il golpe che fece scuola e che fondò un nuovo tipo di Stato arabo destinato ad essere imitato in tutto il Medio Oriente »9 e portava

con sé il suo slogan: « Alza la testa fratello arabo! »10.

Conquistato il potere, i militari pensarono prima di tutto a consolidarsi come gruppo dirigente e a darsi un’organizzazione precisa che doveva mettere radici nella burocrazia e all’interno della società.

Per poter mettere in atto questo radicale cambiamento, i Liberi Ufficiali facevano affidamento alla Filosofia della rivoluzione di Nasser. Come ben spiega Marcella Emiliani,

in quel 1952 i Liberi ufficiali volevano creare subito un nuovo ordine in Egitto e lo fecero emarginando dalla vita politica la vecchia classe dirigente dei notabili-grandi latifondisti, spedendo il re in esilio, trasformando l’Egitto in una repubblica e soprattutto facendo dello Stato l’unico motore della vita politica, sociale ed economica del

9 M. Emiliani, Medio Oriente, cit., pp. 92-93.

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paese. Stato che, a sua volta, era totalmente dominato dai militari chiamati a fungere da politici, amministratori e pianificatori economici poiché i militari – stando alla Filosofia della rivoluzione - erano l’avanguardia cosciente delle masse analfabete, indolenti e

disordinate11.

Il primo passo compiuto in quest’ottica fu la completa abolizione della monarchia, verificatasi il 18 giugno 1953 con la deposizione di Ali Maher – il primo ministro di Faruq – e la sospensione della Costituzione. Oltre a ciò tutti i partiti resisi protagonisti negli anni addietro furono disciolti ed eliminati e lasciarono spazio all’unico partito in grado di poter esistere, il Liberation Rally (Raduno per la libertà) guidato da Nasser. Sarebbe diventato lo strumento di controllo della popolazione in quella visione di partito unico (monopartitismo) in uno stato dominato dalle forze militari. Abolita la monarchia ed istituita la Repubblica, Neguib assunse sia l’incarico di Presidente della Repubblica egiziana sia quello di primo ministro mentre Nasser divenne vice premier e ministro dell’interno. Il resto dei militari dei Liberi ufficiali - tra cui Sadat e Amer – ricoprirono altri incarichi ministeriali di cruciale importanza (guerra ed istruzione) permettendo così al leader di controllare il gabinetto di Neguib.

Con questo nuovo assetto l’esercito entrò ufficialmente nelle sale del potere e della politica andando a permeare completamente la

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vita del paese nonostante divergenze di vedute tra i due uomini più carismatici del momento.

L’affermazione di questa nuova élite avvenne attraverso tre snodi principali: il contrasto tra Neguib e Nasser; l’emarginazione e la repressione dei Fratelli Musulmani; l’abolizione dei partiti politici. Anche se Neguib era il capo dello stato, gli Ufficiali liberi riconoscevano in Nasser la loro guida. I due uomini nutrivano una concezione politica opposta: mentre Neguib voleva che, portata a termine la rivoluzione, i militari tornassero nelle caserme e il governo passasse ai civili, Nasser era convinto che l’esercito fosse l’avanguardia cosciente delle masse egiziane e che dovesse

assumersi le responsabilità del potere12.

A questo punto lo scontro politico si spostò tutto all’interno dell’esercito, divenendo insostenibile nel febbraio 1954, quando si verificarono scontri tra i Fratelli Musulmani e i sostenitori della rivoluzione. Neguib prese allora la duplice decisione di opporsi fermamente a questi ultimi e di lasciare i suoi incarichi istituzionali. Nasser pensò di farlo arrestare, ma vista la resistenza della popolazione optò per una strategia alquanto astuta dichiarando conclusa la rivoluzione dei Liberi Ufficiali. Questa mossa gli consentì di ingraziarsi il favore della popolazione la quale lo sostenne fermamente e manifestò per le vie del Cairo in favore dei militari.

Nasser era pronto ad assumere gli incarichi ministeriali più importanti una volta emarginato Neguib e conquistato il sostegno della massa del popolo egiziano. L’ultimo ostacolo da superare

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però era rappresentato dai Fratelli Musulmani, il partito a base popolare che negli anni più importanti del periodo “liberale” egiziano si era dimostrato più attivo nel combattere una classe politica corrotta ed accondiscendente alle idee della Gran Bretagna. Lo stesso Nasser inizialmente simpatizzava per i Fratelli Musulmani, per le loro idee di indipendenza e per quelle relative alle riforme socio-economiche da attuare in favore della popolazione. Il suo pensiero, però, mutò una volta conquistato il potere. Nella sua mente erano diventati un partito scomodo e di conseguenza l’unica e principale forza di opposizione politica. Occorreva fermarli.

L’occasione si presentò durante i festeggiamenti di fine rivoluzione, il 26 ottobre 1954, quando Nasser fu bersagliato da dei colpi di pistola scagliati da un sostenitore dei Fratelli Musulmani. Illeso, colse subito la palla al balzo per poter fare ciò che veramente desiderava e inflisse il colpo decisivo all’opposizione:

Neguib, accusato di essere connivente con l’attentatore, fu defenestrato e posto agli arresti domiciliari (vi doveva rimanere per sedici anni); la Fratellanza Musulmana, la principale forza di opposizione, fu bandita e repressa ed alcuni dei suoi capi più prestigiosi vennero impiccati. Nasser, e con lui l’esercito, uscivano definitivamente vincitori dallo scontro. La repressione della Fratellanza Musulmana fu solo uno degli aspetti del giro di vite politico impresso all’Egitto. I partiti erano già stati sciolti nel 1953, sostituiti da un ‹‹Raggruppamento della liberazione››. Ora ci si

poteva muovere più decisamente verso il monopartitismo13.

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1.3. La nazionalizzazione del Canale di Suez.

Messe a tacere le opposizioni, Nasser avviò la costruzione dello Stato monopartitico espressione della vita politica, sociale ed economica del paese – come indicato nella sua Filosofia della

rivoluzione – per dare un’identità precisa alla neonata Repubblica;

inoltre mediante ‹‹una nuova costituzione proclamò la lotta all’imperialismo, la fine dei privilegi, la necessità della giustizia sociale, e sottolineò l’arabicità e il carattere islamico della nazione egiziana››14.

Queste furono le direzioni sulle quali Nasser basò la propria politica, dimostrando sin dal primo giorno di insediamento al comando del governo egiziano forte vivacità e intraprendenza, caratteristiche atte a far progredire, sviluppare, modernizzare sotto tutti i punti di vista, un paese rimasto per interi decenni nell’ombra inglese.

In campo sociale, tra le misure che adottò emerse la riforma agraria già avviata nel 1952 e ripresa più volte negli anni successivi del suo mandato. Lo scopo di questa riforma era impossessarsi dei terreni dei grandi latifondisti in modo tale da emarginarli politicamente e redistribuire la terra – in misura molto ridotta (circa 80 ettari) – ai contadini più poveri. Questi ultimi,

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lavorando siffatti appezzamenti di terra per conto dello Stato, avrebbero costituito una rete di piccoli produttori agricoli costantemente controllati.

Le misure attuate per aumentare la redditività agricola non ebbero, tuttavia, il successo sperato e per questo Nasser pensò di accompagnare la riforma agraria ad un importante innovazione. Nell’idea di modernizzare e sviluppare il paese ci doveva essere posto per la realizzazione di una grande impresa, la costruzione della diga di Assuan sul Nilo:

un progetto di irrigazione che vuole recuperare decine di migliaia di ettari all’agricoltura (solo una piccolissima parte del suolo egiziano è coltivata, il resto è deserto), e fornire energia a buon mercato per lo sviluppo industriale. Ma quale paese potrà fornire capitali e tecnici

per realizzare questa gigantesca iniziativa?15.

Per poter eseguire questa imponente infrastruttura c’era però bisogno di capitali stranieri, dal momento che le risorse economiche egiziane erano abbastanza esigue per poter dar vita - in totale autonomia - ad una simile opera. Tra le due superpotenze contrapposte, Nasser decise di rivolgersi al blocco Occidentale, Stati Uniti in primis e Gran Bretagna. Le due potenze non mostrarono lo stesso entusiasmo del leader egiziano per la costruzione della diga e presero del tempo prima di dare una risposta definitiva sul finanziamento di tale opera. Mentre gli Stati

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Uniti inizialmente erano disposti a sovvenzionare tale disegno, gli inglesi mostrarono sin da subito il loro dissenso, facendo pressioni sull’alleato e cercando di influenzare la loro decisione a non finanziare il tutto. L’astio inglese verso Nasser e i suoi uomini era prevedibile visto che il 19 ottobre 1954 - esattamente una settimana prima che Nasser dichiarasse conclusa la rivoluzione dei Liberi Ufficiali – vi fu la sottoscrizione dell’ennesimo trattato anglo–egiziano in cui veniva concordata la definitiva smobilitazione delle truppe inglesi dalla zona del canale di Suez entro fine giugno del 1956, dopo quasi ottanta anni di dominio.

Col mondo occidentale, e soprattutto con la Gran Bretagna, il Consiglio Militare rivoluzionario egiziano ha rotto in modo definitivo,

così da rendere impossibile un ritorno al passato16.

Come nei precedenti trattati, la Gran Bretagna riuscì ad inserire la solita clausola di poter rioccupare tale zona nel caso in cui i suoi interessi in Medio Oriente fossero stati minacciati da altre potenze o da paesi appartenenti alla Lega Araba. Gli inglesi iniziarono da subito sia le operazioni di smilitarizzazione del paese sia quelle relative al rimpatrio delle proprie truppe.

Non fu solo questo accordo ad incrinare le relazioni con l’occidente. Alla scelta che condusse Stati Uniti e Gran Bretagna a non

16 V. Orilia, Nasser come la sfinge risponde per enigmi, in ‹‹Il Giorno››, 26

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finanziare la costruzione della diga di Assuan contribuirono determinate prese di posizione assunte da Nasser.

Il leader egiziano decise, infatti, di non schierarsi a favore di nessuno dei due blocchi. Ritenne più opportuno allinearsi ad una terza corrente, il Movimento dei non-allineati, che nacque nell’aprile del 1955 a seguito della conferenza di Bandung, in Indonesia, su iniziativa del presidente indonesiano Sukarno. Parteciparono alla conferenza rispondendo con entusiasmo l’Egitto di Nasser, l’India di Nehru, la Jugoslavia di Tito, la Cina e tutti gli Stati indipendenti del sud del mondo. Lo scopo di questi paesi e della loro azione era ben chiaro:

il Movimento dei non allineati intendeva ribadire la propria volontà di non accettare l’egemonia né del blocco occidentale né di quello sovietico; sottolineava il diritto dei paesi di nuova indipendenza di non subire più retaggi coloniali, neo-coloniali o imperialisti per poter scegliere gli alleati più consoni e favorevoli alle proprie esigenze di

libertà e sviluppo17.

All’interno della stessa conferenza, Nasser ebbe modo di esprimere le sue intenzioni:

rese nota la ‹‹Teoria dei tre cerchi›› che aveva già abbozzato nella ‹‹Filosofia della rivoluzione›› del 1953, in base alla quale proponeva l’Egitto come leader naturale del mondo arabo (il primo cerchio), del mondo africano (secondo cerchio) e del Terzo mondo, come lo si sarebbe definito in seguito, cioè di tutti i paesi dell’Africa, Asia e America Latina che si erano liberati o ancora dovevano liberarsi dal

colonialismo e dall’imperialismo18.

17 M. Emiliani, Medio Oriente, cit. p. 104.

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La consapevolezza che assunse col passare del tempo metteva a dura prova i leader occidentali. Queste sue dichiarazioni suonarono come una vera sfida, finendo per contrastare il Patto di Baghdad che precedette di un paio di mesi la conferenza di Bandung. Il trattato venne stipulato nel febbraio 1955 da Stati Uniti e Gran Bretagna con Iran, Turchia, Iraq e concepito in ottica anti URSS. Nella visione di Nasser quanto accordato fu invece considerato lesivo sia nei confronti della Lega Araba sia del neonato Movimento dei non-allineati.

Gamal si sforza di allontanare l’Iraq da questo patto assurdo…fatica sprecata. Ma i tentativi di Gamal non sono sfuggiti alla perspicacia sovietica: ‹‹Gamal è onesto››. I sovietici ammirano l’onestà. La Russia propone con discrezione di vendere all’Egitto le armi che desidera. Chi aveva provocato questo primo passo verso Gamal? L’iniziativa anglo-americana del patto di Baghdad e la fedeltà del

‹‹Rais›› agli statuti della Lega Araba19.

L’avvicinamento ufficiale dell’Egitto verso l’Unione Sovietica si verificò il 27 settembre del 1955 quando Nasser stipulò con la Cecoslovacchia un trattato che prevedeva la vendita di forniture di armi (in particolare aerei e carri armati) da parte del paese sovietico all’Egitto, il quale contraccambiava offrendo sia il proprio cotone sia il riso.

Con questa provocazione si consumò lo strappo tra l’Egitto ed il blocco occidentale, che vide in questo accordo un ostacolo alla

19 J. Daumal - M. Leroy, Nasser: la vita, il pensiero, i testi esemplari cit. pp.

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lotta anti-sovietica portata avanti dal patto di Baghdad: ‹‹L’intrusione sovietica rovesciava l’assetto nato dalla prima guerra mondiale: la guerra fredda aveva preso piede nella regione››20.

Cruciali furono gli avvenimenti verificatisi in Egitto l’anno seguente, nel giugno ’56, quando Nasser ebbe contatti diretti con l’Unione Sovietica. Innanzitutto, il 13 giugno l’ultimo contingente armato britannico stanziato a Port Said e guidato dal generale Lacey, abbandonò il Canale di Suez - come definito dall’accordo dell’ottobre ‘54. Di conseguenza il generale consegnò il comando della marina militare ai soldati egiziani che issarono finalmente la loro bandiera sul territorio occupato da decenni. La settimana successiva, il 19 giugno, Nasser tenne un discorso in piazza della Repubblica al Cairo di fronte ad una popolazione festante in cui:

ha proclamato la fine della legge marziale in Egitto, e ha annunciato che il suo governo ha deciso di abolire la censura sulla stampa da domani: egli ha precisato che la censura è stata mantenuta in vigore per combattere ‹‹gli agenti dell’imperialismo, i feudatari, i reazionari, e gli opportunisti››. Avendo ora la rivoluzione trionfato sui suoi nemici, egli ha aggiunto, la censura non ha più bisogno di esistere. ‹‹Il nostro paese è stato governato sotto il regime della legge marziale – egli ha detto – dopo la fine della ultima guerra mondiale, ma a partire da oggi la legalità civile è ripristinata nella

sua integralità››21.

20 F. Massouliè, I conflitti del Medio Oriente, Firenze, Giunti, 1993, p. 78.

21 M. Melillo, Scepilov avrebbe offerto all’Egitto il finanziamento della diga di

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Il giorno dopo invece diede il via alla parata militare celebrativa della conquista dell’indipendenza, in cui sfilarono sia gli armamenti ceduti dai sovietici sia quelli lasciati a Port Said dai britannici. La popolazione era in preda all’euforia e manifestò con estremo giubilo per le strade delle due città.

Per preservare la nostra indipendenza, salvaguardare le nostre frontiere, e costruire il nostro paese – ha detto Nasser – saremo i nemici di coloro che ci offendono e gli amici di coloro che ci trattano da amici. Il nostro solo beneficio sarà il fondamento della nostra politica. La nostra politica è chiara. Se l’Urss ci tenderà la mano, noi coopereremo con essa. Se gli Stati Uniti ci tenderanno la mano, noi coopereremo con loro. Se la Gran Bretagna ci tenderà la mano noi coopereremo con essa. Ma noi non accetteremo la cooperazione a

spese dell’indipendenza dell’Egitto e di qualsiasi altro paese arabo22.

Con queste parole Nasser presentò l’entrata in scena, alla parata celebrativa, del ministro degli esteri sovietico Scepilov. I due, grazie ai colloqui serrati dei giorni precedenti, consolidarono i loro rapporti e prospettarono scambi di favore tanto che iniziarono a circolare voci di un imminente prestito sovietico:

secondo informazioni non confermate ufficialmente, il ministro degli esteri dell’URSS, che come noto ha concluso ieri la serie dei suoi colloqui con Nasser, avrebbe nel corso di tali colloqui, formulato a nome del governo sovietico l’offerta al governo egiziano, di un prestito destinato al finanziamento del complesso di opere connesse con lo sfruttamento industriale della diga di Assuan. La somma cui le informazioni fanno riferimento sarebbe stata espressa in sterline, e corrisponderebbe al valore di circa settecento miliardi di lire italiane: essa sarebbe cioè pressappoco equivalente all’intera cifra che occorre all’Egitto per completare il finanziamento del progetto, già in corso di attuazione, che costituisce uno dei cardini del piano

nazionale di sviluppo economico23.

22 Ibidem.

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A conclusione della stessa parata, Nasser dichiarò che a stretto giro il popolo si sarebbe dovuto recare alle urne per votare alle elezioni presidenziali e per approvare la nuova costituzione del paese. Il giorno prescelto fu il 22 giugno – nel quarto anniversario della rivoluzione che aveva detronizzato re Faruq - e alle urne si recarono quasi sei milioni di persone tra uomini adulti e donne che ne avevano avanzato richiesta. L’elezione fu un vero plebiscito ed il giorno seguente Nasser venne eletto all’unanimità Presidente della Repubblica con il 99% dei voti e con la conseguente approvazione della nuova costituzione. Tale votazione lo consolidò come guida unica e assoluta dell’Egitto come Capo di stato e di governo, idolo incontrastato di un intero paese.

Qualche settimana dopo, a seguito di questi eventi e soprattutto a causa dell’avvicinamento all’Unione Sovietica, il governo di Washington sciolse ogni riserva e prese la decisione ufficiale di non sovvenzionare più la costruzione della diga di Assuan spingendo la Banca Mondiale (creditrice del prestito al progetto) a ritirare il finanziamento:

il 19 luglio 1956 il rifiuto della Casa Bianca fu comunicato all’Egitto in questi termini umilianti: ‹‹Il Dipartimento di Stato ritiene che l’instabilità del regime e lo stato deplorevole dell’economia non

permetteranno al Paese di impegnarsi in un simile progetto››24.

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25

Il giorno dopo anche gli inglesi – da tempo contrari al finanziamento dell’infrastruttura – seguirono a ruota andando ad allinearsi alla posizione americana, e il Foreign Office ritirò la proposta di finanziamento.

Il 21 l’Unione Sovietica, mediante il ministro degli esteri Scepilov, dichiarò di sostenere l’Egitto soltanto per il processo di industrializzazione del paese, senza fornire aiuti diretti per sovvenzionare la costruzione della diga. Solo successivamente nel 1958 i sovietici decisero ufficialmente di stanziare fondi per la costruzione.

Nasser fu lasciato libero di scegliere. Gli americani stanno già incominciando a vedere che il programma di aiuti offerto dall’Unione Sovietica già rivaleggia con quello degli Stati Uniti.

Il fronte su cui questa ‹‹concorrenza›› è venuta recentemente alla luce è l’Egitto, dove gli americani hanno ritirato l’offerta di aiutare a finanziare la diga di Assuan, ritenuta vitale per la necessità del futuro dell’Egitto. Gli americani sono convinti che l’aiuto sovietico sia fornito a condizioni più dure dell’aiuto americano, e con mossa insolitamente coraggiosa, hanno lasciato Nasser libero di rivolgersi ai russi. Scepilov, quasi assecondando la mossa americana, ha dichiarato che l’Unione Sovietica non pensa a finanziare la diga perché secondo lui, l’Egitto farebbe meglio prima ad industrializzare, ossia come sostengono a Washington a mettersi in posizione da dipendere completamente per il rifornimento di macchinari,

dall’Unione Sovietica25.

In questo momento delicato di giochi di potere e strategia politica, si dimostrarono importanti i contatti ed i colloqui avuti in contemporanea con i leader dei paesi del Movimento dei

25 A. Roselli, Washington accetta la sfida sovietica, in ‹‹Il Giorno››, 24 luglio

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allineati, Tito e Nehru su tutti. Ciò che risultò fondamentale fu la scelta di incontrarsi a Brioni (un piccolo arcipelago di isole jugoslave) per discutere del futuro del Terzo Mondo.

Durante i colloqui, sebbene i tre leader non arrivassero a individuare soluzioni sui temi affrontati quali la Palestina, l’Algeria, il disarmo e la situazione della Germania, venne confermata la linea politica dichiarata all’interno della conferenza di Bandung del ’55 ovvero la scelta della neutralità nell’ambito della Guerra fredda e la necessità da parte di non-allineati di non schierarsi con nessuna delle due superpotenze.

Nasser aveva chiara nella mente la strategia da adottare e con uno scopo ben definito: al momento non prendere una posizione netta e non schierarsi in favore di nessuno dei due blocchi, ma cercare di ottenere il massimo possibile da una delle due parti in gioco. Sfruttare la contrapposizione est/ovest all’interno della Guerra fredda per avere a suo favore fondi e tecnici specializzati per realizzare i progetti di sviluppo industriale ed economico del paese. D’altronde, era ben consapevole che la scelta di non schierarsi ma di sfruttare le occasioni che avrebbero potuto presentarsi da una parte o dall’altra potevano irrigidire le potenze, Stati Uniti e Gran Bretagna su tutti.

Oltretutto in lui non trasparì delusione per la mancata concessione degli aiuti economici per la realizzazione del suo grande progetto.

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Per Nasser la diga doveva essere realizzata ad ogni costo, anche senza il sostegno economico e il supporto dei principali paesi mondiali. Il presidente egiziano non voleva fallire di fronte al suo popolo, e soprattutto non intendeva mostrare segni di debolezza dopo esser uscito vincitore da una importante rivoluzione ed essere riuscito ad allontanare gli inglesi dal proprio paese dopo decenni di occupazione. Non si perse d’animo ed andò avanti per la sua strada, dritto all’obiettivo, rispondendo con vigore e fermezza alla chiusura dei finanziamenti; l’Egitto doveva sviluppare la sua economia respingendo le ingerenze straniere. Nasser fu assolutamente di parola e il 26 luglio del 1956, tramite un decreto ad esecuzione immediata da lui stesso emanato e firmato come Presidente della Repubblica egiziana, annunciò al mondo intero la nazionalizzazione della Compagnia del Canale di Suez, ancora di proprietà britannica, allo scopo di finanziare la costruzione della diga di Assuan. Fu un provvedimento di natura politica che colse tutti di sorpresa, con l’obiettivo di eliminare in modo definitivo la presenza straniera dal territorio egiziano e restituire al paese la propria sovranità su tutto il territorio nazionale. Inoltre, in questo modo, con i soldi provenienti dalla gestione diretta e autonoma del canale, ovvero cento milioni di dollari all’anno, la costruzione della diga sarebbe stata cosa certa. Come riportava «Il Corriere della Sera»,

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La Società internazionale del Canale di Suez è una società egiziana di azionisti. Lo Stato egiziano prende a suo carico l’attivo e il passivo della società e prende possesso di tutti i suoi organi amministrativi. Lo stato indennizzerà tutti i portatori di titoli di questa società sulla base dei prezzi quotati alla Borsa di Parigi alla data dell’entrata in vigore di questa legge, e ciò dopo il trasferimento di tutti i beni della

società allo Stato egiziano26.

Mentre pronunciava questo discorso ad Alessandria di fronte ad una folla festante ed in preda all’euforia, contemporaneamente diede mandato alla polizia di fare irruzione al Cairo nella sede della Compagnia per dare modo ai funzionari di stato di impossessarsene definitivamente:

“funzionari egiziani stanno assumendo il controllo della Compagnia del Canale. Ci riprendiamo quello che era nostro, perché il canale fu scavato da lavoratori egiziani e con denaro egiziano”. Con la nazionalizzazione del Canale di Suez, ha sottolineato Nasser, l’Egitto conta di incassare 100 milioni di dollari all’anno, pari all’ammontare degli attuali profitti della compagnia del Canale di Suez.

“Ora noi non abbiamo necessità di chiedere aiuti agli inglesi o agli americani per costruire la diga di Assuan. Costruiremo la diga col

nostro denaro”27.

Questa sua intraprendenza, unita al colpo inflitto all’occidente, diede entusiasmo non solo ad un popolo intero ma a milioni di persone. Di fatto, ‹‹da questo momento [Nasser] diventò un eroe acclamato e osannato nelle piazze di tutto il mondo arabo››28,

26 “Nazionalizzata” da Nasser la Compagnia del Canale di Suez, in ‹‹Il Corriere

della Sera››, 27 luglio 1956.

27 Ibidem.

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visto come colui che era riuscito ad opporsi fermamente e a liberarsi dalle catene dell’imperialismo che aveva imperversato e sfruttato per interi decenni il suolo egiziano. Nasser riuscì dunque a porre l’Egitto a guida del mondo arabo come prospettato nella sua Filosofia della Rivoluzione del 1953.

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Capitolo secondo:

Risposte internazionali alla nazionalizzazione

2.1. Sconcerto tra gli alleati occidentali.

Dopo ottantasette anni ammainato il vessillo della Compagnia del Canale di Suez.

Il vessillo azzurro-mare della Compagnia del Canale di Suez, che da 87 anni sventolava sugli edifici, sui posti di blocco e di segnalazione lungo la via d’acqua fino a ieri internazionale e ora ‹‹nazionalizzata›› da Nasser, è stato oggi ammainato e sostituito dalla bandiera verde

con la mezzaluna29.

Già dal lontano 1875 il governo di Londra aveva avuto modo di puntare su questa parte di territorio egiziano - individuato come snodo cruciale per i suoi traffici - mediante l’acquisto di una buona fetta di azioni della Compagnia (quasi il 50%) garantendosi di conseguenza il pieno controllo di essa.

Proprio per questo motivo la nazionalizzazione della Compagnia del Canale di Suez fu un duro colpo politico da assorbire per la Gran Bretagna e per i suoi interessi economici e commerciali in tutto il Medio Oriente. Decenni di dominio sul canale (sulla cosiddetta via del petrolio) e in territorio egiziano furono spazzati via nel giro di pochi anni dall’arrivo al potere di Nasser.

29 Dopo ottantasette anni ammainato il vessillo della Compagnia del Canale, in

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L’idea di un’azione simile era apparsa in vari manifesti nazionalisti egiziani. Questa decisione significava un capovolgimento della politica attuata in precedenza da Nasser per quanto riguardava il Canale: cercare di mettere al servizio della compagnia il più alto numero possibile di egiziani, per “egizianizzarla” pacificamente, cioè, piuttosto che impadronirsene con la forza. Nasser aveva già istituito ‹‹un gruppo di studio che elaborasse dei piani per il futuro

del Canale››30.

Nessuno poteva aspettarsi un gesto del genere e con tanta vigoria capace di mettere in subbuglio l’intero mondo capitalista.

Assunse il controllo degli uffici della compagnia in Egitto, impose la legge marziale nella zona del Canale e vietò a tutti i dipendenti della compagnia, stranieri compresi, di abbandonare il lavoro.

L’imperialismo, le alleanze in generale, il Patto di Baghdad, tutto venne aspramente denunciato; e si fece un sol fascio della politica inglese e americana: della Gran Bretagna si parlò anzi come di un

semplice satellite degli Stati Uniti31.

Questo affronto ricevuto non poteva restare senza una risposta ed in tarda notte il primo ministro britannico Eden inviò all’ambasciatore egiziano una nota di protesta sottolineando la gravità dell’atto compiuto:

Il Governo Egiziano ha promulgato una legge mirante a nazionalizzare la Compagnia del Canale di Suez, con decorrenza da ieri, 26 luglio 1956. Il Governo britannico protesta contro questa azione arbitraria la quale rappresenta una grave minaccia per una via d’acqua di vitale importanza internazionale. Il Governo britannico mantiene i propri diritti e quelli dei cittadini del Regno Unito, quali appaiono sanzionati dagli accordi vigenti. Il Governo

egiziano porterà per intero la responsabilità delle conseguenze32.

30 H. Thomas, La crisi di Suez, Milano, Rizzoli, 1969, p. 33.

31 Ivi, p. 36.

32 Consegnata all’ambasciatore d’Egitto la protesta inglese, in ‹‹Il Popolo››, 28

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Tale protesta servì a poco dato che l’Egitto la respinse prontamente. Eden, però, richiese e ottenne in misura differente il sostegno dei principali alleati NATO, su tutti la Francia – impegnata contemporaneamente in una dura battaglia in Algeria contro il Fronte di liberazione nazionale – e gli Stati Uniti dando il via a consultazioni per trovare una prima rapida soluzione alla questione e per un eventuale ricorso al Consiglio di Sicurezza dell’ONU nel caso in cui la situazione fosse degenerata.

Il 27 luglio mattina a Londra si riunì d’urgenza la Camera dei Comuni per discutere della gravità della situazione e dell’atto commesso da Nasser. Tutti remavano dalla solita parte, compreso il leader dell’opposizione laburista Gaitskell, fermi nel condannare il gesto del leader egiziano e proponendo il blocco di crediti e beni egiziani. Non solo, tra le fila dell’opposizione (ma anche nella mente dello stesso Eden) vi era anche l’intenzione di rispondere con la forza muovendo guerra, prendendo come riferimento il trattato del ’54 il quale prevedeva una rioccupazione della zona nel caso in cui si fossero presentate minacce. Per il momento però occorreva adottare una certa prudenza con l’attuazione di misure diplomatiche e pene finanziarie.

Anche a Parigi la situazione di allarme era al massimo livello, tanto che il primo ministro francese Guy Mollet ed il ministro degli esteri Christian Pineau condannarono sin da subito quanto fatto da

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Nasser, tanto più che credevano che l’Egitto rifornisse di armi il FLN algerino che combatteva per l’indipendenza contro l’imperialismo francese. Giudicarono l’atto gravissimo e alla stregua di una dichiarazione di guerra, lesivo nei confronti di tutto il popolo francese; anch’essi dunque prospettarono un boicottaggio dell’economia egiziana.

L’opinione pubblica francese rimase notevolmente scossa dalla crisi di Suez, e questo per vari motivi: il ruolo della Francia nella costruzione del canale, il numero di azionisti francesi nella compagnia, il fatto che la sede centrale della compagnia si trovasse a Parigi e quello che, tra il popolo, Nasser fosse già considerato il nemico pubblico numero uno; sembrava che i ribelli algerini non avessero capi che i francesi potessero riconoscere e, di

conseguenza, odiare33.

Alla luce dei loro interessi in Medio Oriente, Gran Bretagna e Francia furono le uniche due potenze che risposero in maniera veemente, prendendo provvedimenti per penalizzare l’economia egiziana. Leggermente più aperto l’atteggiamento adottato dagli Stati Uniti interessati in misura differente alla situazione. Dopo aver appreso la notizia della nazionalizzazione ed essere stati convocati da Eden (il segretario di stato John Foster Dulles si mosse in prima persona) diedero il loro sostegno a Gran Bretagna e Francia, ma agendo con molta prudenza condannarono solo in parte la decisione di Nasser. Ne contestavano tempi e modi, ma non avevano, almeno per il momento, propositi di sanzioni

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economiche o azioni di forza. Nei loro piani quello che più interessava era una normalizzazione della situazione per non trovarsi ad affrontare, nell’immediato, l’ennesimo scontro est/ovest in un’altra parte di mondo. Visto che l’arrivo al potere di Chruscev in Unione Sovietica aveva portato ad un periodo di distensione nella Guerra fredda, adesso non era il momento di commettere errori evidenti e grossolani, un po’ come giocare una partita a scacchi, in cui ogni mossa poteva essere fraintesa e minare gli equilibri mondiali.

Rilanciando prontamente la sua azione, difendendo quanto fatto, Nasser non si curò delle note ufficiali di protesta e delle reazioni provenienti da Gran Bretagna e Francia. In un discorso dai toni duri tenuto al Cairo di fronte al suo popolo, dichiarò fermamente sia di voler garantire la libertà di navigazione sul Canale così da assicurare a tutti i paesi interessati gli stessi diritti, sia di essere pronto nel respingere qualsiasi tipo di intimidazione dell’occidente verso il suo paese nel caso in cui la nazionalizzazione non fosse stata accettata:

Qualsiasi rigetto, da parte delle potenze occidentali, della nazionalizzazione della Compagnia del canale, verrà considerata qui in Egitto come una aperta interferenza della nostra sovranità e nella nostra dignità. La mia forza trae origine dalla vostra fede, dalla vostra determinazione e dal vostro appoggio.

La Gran Bretagna non ha alcun diritto di interferire negli affari egiziani, compresi quelli relativi al canale di Suez. Quanto alla Francia, lascio agli algerini il compito di rispondere e di dare loro una lezione. Oggi il popolo egiziano è in armi e proclama una mobilitazione generale contro gli imperialisti. Questo spirito ci

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consentirà di uscire vittoriosi e impedirà, in pari tempo, all’imperialismo di piegarci. Marceremo in avanti per attuare la

nostra libertà e consolidare la nostra sovranità34.

Nel fermento generale una ancor silenziosa Unione Sovietica uscì allo scoperto tramite Radio Mosca con la diramazione di un comunicato ufficiale favorevole e solidale verso Nasser e alla sua scelta di nazionalizzare la Compagnia e di denunciare le politiche imperialiste per dare libero sfogo alle aspirazioni di un intero popolo finalmente salvo dalle catene dei vecchi poteri.

Importantissimo in questo momento, contro gli attacchi degli imperialisti, fu il totale appoggio dei paesi afro-asiatici tra quelli appartenenti alla Lega Araba e al Movimento dei non-allineati, con Sukarno e Nehru schierati in prima linea per difendere la sua scelta e mettere in evidenza l’indebolimento dell’ultracentenaria dominazione coloniale sull’Asia e sul Medio Oriente.

All’indomani del discorso di Nasser, la risposta delle tre potenze occidentali fu quella di riunirsi a Londra per un primo incontro ufficiale con l’obiettivo di trovare un compromesso sulla questione e creare una maggiore solidarietà tra i tre alleati occidentali. Tutti e tre i paesi erano concordi nel considerare molto grave l’attuale situazione creatasi, una minaccia per il traffico marittimo internazionale.

34 Nasser respinge ogni ingerenza ma assicura la libertà di transito, in ‹‹Il

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Il primo agosto Eden, Pineau e Dulles si incontrarono nella capitale inglese per dar vita alla prima Conferenza e tracciare linee guida fondamentali. Esistevano, di fondo, diversità di vedute sul possibile utilizzo della forza voluto da parte inglese e francese nel caso in cui le azioni diplomatiche non fossero bastate per arrivare ad una soluzione in tempi rapidi. Il primo ministro inglese non poteva assolutamente accettare che il controllo del Canale di Suez fosse nelle mani di un solo paese e, come l’alleato francese, oltre all’attuazione di sanzioni economiche ed al blocco dei beni egiziani, non sottovalutava l’ipotesi di muovere guerra a Nasser se avesse continuato con questo atteggiamento di sfida e arroganza. Specialmente i francesi con il primo ministro Mollet erano pronti ad un’azione energica (sostenuta anche da Israele) contro l’Egitto cosicché non diventasse un’ulteriore minaccia per i loro interessi coloniali in Algeria. L’ipotesi di utilizzare la forza non era però contemplata da parte americana, sempre favorevole ad azioni diplomatiche che non andassero a sconvolgere gli equilibri mondiali in un momento delicato. L’importante per gli Stati Uniti, per garantire i propri interessi economici e politici, era stabilizzare la situazione, garantendo la libera circolazione delle navi e fare in modo che il canale restasse una via di navigazione internazionale, come dichiarato dal presidente Eisenhower nella conferenza stampa seguente la conferenza dei tre:

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La crisi del Canale di Suez pone gli Stati Uniti di fronte a un grave problema e che in questa crisi è necessario agire con la massima attenzione e con sentimenti di giustizia ed è necessario fare in modo che i diritti del mondo intero siano salvaguardati.

La via marittima del Canale di Suez è importante non solo per ciascuna nazione impegnata nel commercio internazionale ma per tutti i paesi del mondo.

Il problema posto dalla crisi del Canale di Suez – ha aggiunto Eisenhower – è quello di assicurare che tutti i paesi potranno utilizzare effettivamente questa via di comunicazione marittima. Questa ultima riveste infatti una importanza vitale non solo per l’Europa ma anche per la struttura economica e gli interessi degli Stati Uniti. […] Eisenhower ha invece implicitamente confermato che l’atteggiamento degli Stati Uniti rimane riservato. Egli si è astenuto da espressioni che potessero suonare avallo dei propositi bellicosi ventilati a Londra e a Parigi ed ha fatto invece implicitamente appello

ad una soluzione concordata della questione35.

La posizione moderata assunta dagli Stati Uniti all’interno della conferenza fu quella che prevalse ed ebbe successo. Tutti e tre i leader erano in accordo sul fatto che l’Egitto dovesse garantire la libertà di navigazione sul canale. Solo Francia e Gran Bretagna ritennero giusto applicare sanzioni economiche ed il blocco dei beni egiziani per ovviare alla nazionalizzazione.

Di fatto, proprio perché il Canale di Suez rivestiva una certa importanza a livello internazionale, la questione doveva essere discussa con tutti quei paesi - specialmente i firmatari del trattato del 1888 che regolava il regime di transito del canale - che fino all’atto della nazionalizzazione erano coinvolti per motivi sia politici sia economici. Fu per questo che i tre ministri degli esteri presero

35 Eisenhower consiglia cautela nel trattare la crisi di Suez, in ‹‹L’Unità››, 2

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la decisione di dover convocare a stretto giro, esattamente per il 16 agosto, una Conferenza dei paesi interessati che studiasse la questione così da poter trovare un accordo sulla gestione internazionale del canale.

Una conferenza internazionale per Suez con la partecipazione di ventiquattro paesi, tra cui l’Italia, l’Egitto e l’Unione Sovietica è stata convocata per il prossimo sedici agosto a Londra. Questa decisione è stata presa stasera nella capitale inglese al termine dei colloqui tra i ministri deli Esteri di Francia, Inghilterra e Stati Uniti. Scopo del convegno sarà quello di esaminare il problema della creazione di un organismo di controllo internazionale sul canale, per garantire la piena libertà di transito. Le altre nazioni invitate alla conferenza sono: l’Olanda, la Spagna, la Turchia, l’Australia, il Ceylon, la Danimarca, l’Etiopia, la Germania occidentale, la Grecia, l’India, l’Indonesia, l’Iran, il Giappone, la Nuova Zelanda, la Norvegia, il Pakistan il Portogallo e la Svezia.

Nella ricerca di una soluzione per Suez hanno prevalso finora il buon senso e la moderazione che avevano caratterizzato sin dall’inizio l’atteggiamento del Governo di Washington. In sostanza l’Inghilterra e la Francia hanno compreso che prima di pensare a risolvere con la forza il problema è necessario compiere un sincero sforzo per

trovare ‹‹una soluzione internazionale››36.

Nell’attesa di ricevere una risposta da Nasser sull’invito per la partecipazione alla Conferenza di Londra del 16 agosto, Gran Bretagna e Francia si cautelarono muovendo le rispettive flotte navali, stanziate nel Mediterraneo rispettivamente a Malta e Tolone, nel caso in cui Nasser avesse rifiutato la creazione dell’organismo internazionale incaricato di gestire il canale e di conseguenza per il presentarsi di ulteriori complicazioni.

36 P.S. L’Italia e altri ventitré paesi convocati alla Conferenza per Suez, in ‹‹Il

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‹‹Nella prossima Conferenza per Suez, Washington svolgerà un’opera di mediazione››37. Questo era il ruolo che gli Stati Uniti

avevano deciso di assumere, tanto che non fecero in nessun modo riferimento alla possibilità di utilizzare armi per risolvere la controversia distaccandosi, su questo tipo di valutazione, da Gran Bretagna e Francia e creando qualche attrito. L’intenzione americana era trovare una soluzione pacifica e Dulles aveva svariati motivi per perseguire questa strada. Prima di tutto, negli USA si avvicinavano le elezioni presidenziali ed ogni minimo errore poteva costar caro ai repubblicani; in secondo luogo l’amministrazione repubblicana non aveva intenzione di commettere lo stesso errore del presidente Truman di intraprendere una guerra come quella in Corea per fronteggiare i comunisti. Terzo ed ultimo motivo, non era assolutamente il caso di incrinare l’equilibrio mondiale per Suez visto che anche l’Unione Sovietica, attraverso le dichiarazioni ufficiali di Chruscev di fine luglio, auspicava una soluzione pacifica per mantenere l’equilibrio internazionale e proseguire verso la via della distensione:

Io penso che la questione del Canale di Suez deve ricevere una soluzione pacifica e che di soluzioni non ce ne sono altre. Penso che il buon senso trionferà e che permetterà alla Francia e alla Gran Bretagna di trovare una giusta soluzione. Il nostro popolo non vuole che venga infranta la coesistenza pacifica. Tutti i conflitti possono

essere risolti mediante negoziati38.

37 G. Sansa, Washington svolgerà un’opera di mediazione, in ‹‹Il Corriere della

Sera››, 5 agosto 1956.

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2.2. La Conferenza di Londra.

La risposta egiziana tardava ad arrivare e questo atteggiamento, visto come rinunciatario, irritava ancor di più i diretti interessati, che proseguivano nel muovere la loro artiglieria pesante nel Mediterraneo a scopo intimidatorio cercando di fare pressioni su Nasser affinché rispondesse in tempi brevi e concilianti. Mentre il mondo intero aspettava una risposta da parte del colonello, il suo amico e presidente indiano Nehru parlando alla Camera affrontò temi fondamentali partendo dalla strenua difesa della nazionalizzazione, e sostenendo che Nasser aveva semplicemente anticipato i tempi rispetto alla reale conclusione della concessione della Compagnia, la quale sarebbe avvenuta nel 1968.

In più accolse l’invito rivoltogli dai tre per partecipare alla Conferenza del 16 agosto:

Dopo aver dichiarato di aver ottenuto le necessarie assicurazioni dal Regno Unito e di aver esposto chiaramente la propria posizione, Nehru ha detto: ‹‹Il Governo indiano si è assicurato che la sua partecipazione alla conferenza di Londra non danneggerà gli interessi dei diritti sovrani e della dignità dell’Egitto. Con il senso di profonda responsabilità che sente, il Governo indiano ha deciso di

accettare l’invito e di inviare rappresentanti alla conferenza››39.

39 L’India accetta l’invito alla Conferenza per Suez, in ‹‹Il Popolo››, 9 agosto

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Detto ciò, allo stesso tempo Nehru mise in guardia Londra e Parigi dal pensare che Nasser avrebbe potuto accettare l’invito e di conseguenza partecipato alla Conferenza.

Nehru si è rivolto nuovamente alla Francia e alla Gran Bretagna perché ‹‹interrompano i preparativi bellici›› ed ha aggiunto che ‹‹l’Egitto non potrebbe né vorrebbe partecipare ad una conferenza alla quale il regime del Cairo deve figurare come semplice invitato e

sulla quale l’Egitto non è stato consultato››40.

Le dichiarazioni di Nehru finirono per confermare le intenzioni di Nasser di non prendere parte alla Conferenza di Londra. Fu nella giornata di domenica 12 agosto che il presidente egiziano, dopo una settimana di riflessioni, annunciò ai giornalisti riuniti dinanzi a sé in sala stampa che l’Egitto declinava l’invito ricevuto dai tre ministri e di conseguenza non avrebbe partecipato alla Conferenza. Nasser da parte sua aveva delle proposte da avanzare come alternativa, ma queste ovviamente risultarono in netto contrasto con quanto auspicato da Francia e Gran Bretagna, soprattutto per ciò che riguardava la gestione unica e diretta del canale da parte del suo paese. Un principio di base cruciale per lui ma difficilmente accettabile da parte di Londra.

Il governo egiziano – ha detto Nasser – non può accettare le dichiarazioni contenute nel comunicato tripartito di Londra e relative alla compagnia del canale di Suez. Questo comunicato ha mirato, con tutti i mezzi, ad attribuire alla compagnia del canale di Suez un carattere diverso da quello che essa aveva realmente. E ciò allo scopo di provocare un pretesto per atti di interferenza in problemi rientranti nella sovranità dell’Egitto. Il primo paragrafo del

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comunicato tripartito di Londra sostiene che la compagnia del canale di Suez ha sempre rivestito un carattere internazionale. Il governo egiziano è dolente di dover rilevare che questa dichiarazione è del tutto infondata. La compagnia del canale di Suez era una compagnia egiziana la quale ottenne la sua concessione dal governo egiziano per un periodo di 99 anni. L’articolo 6 della concessione conclusa tra il governo egiziano e la compagnia – ha proseguito Nasser – prevedeva che questa fosse una compagnia egiziana soggetta alle

leggi e alle consuetudini egiziane41.

Inoltre, il presidente egiziano affermava di voler dar vita ad una nuova conferenza, in sostituzione di quella di Londra, facendo ricorso alle Nazioni Unite:

L’invito alla conferenza di Londra non può pertanto, essere accettato dall’Egitto. La progettata conferenza di Londra non ha alcun diritto di discutere di un qualsiasi problema il quale ricada nell’ambito della giurisdizione egiziana o si riferisca alla sua sovranità su qualsivoglia parte del suo territorio.

Essendo peraltro deciso a non risparmiare alcuno sforzo per salvaguardare la pace internazionale ed essendo fermo nella sua devozione per i principi della Carta dell’ONU, e per le decisioni della conferenza di Bandung (i quali impongono la pacifica soluzione dei problemi internazionali) il governo egiziano è disposto a patrocinare, insieme con altri paesi firmatari della Convenzione di Costantinopoli del 1888 , una conferenza alla quale verrebbero invitati anche i governi di altri paesi le cui navi passano attraverso il canale di Suez. Tale conferenza avrebbe lo scopo di rivedere la Convenzione di Costantinopoli e di studiare la conclusione di un accordo, tra tutti questi governi, che riaffermi e garantisca la libertà di navigazione del canale di Suez. Questo nuovo accordo dovrebbe essere registrato presso la segreteria dell’ONU e pubblicato da essa. La porta dovrebbe rimanere aperta all’adesione di altri governi a questo

accordo, qualora questi stessi governi ne facessero richiesta42.

Londra non era intenzionata a rispondere immediatamente a Nasser, e aspettava la conferenza così come gli altri 21 paesi che

41 F. Pistolese, L’Egitto non va a Londra, in ‹‹L’Unità››, 13 agosto 1956.

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avevano accettato l’invito (Egitto e Grecia avevano rifiutato) per cercare di trovare a tutti i costi una soluzione (quella pacifica auspicata da più paesi, quali Usa, Urss e Movimento dei non-allineati) per i suoi interessi finanziari e soprattutto per stabilizzare la situazione intorno al canale, non mollando di fronte alle richieste del nemico. Quello che interessava maggiormente a Francia e Gran Bretagna era la gestione internazionale del canale, il rimborso delle azioni della Compagnia, l’inalterabilità delle tariffe e la conseguente libertà di navigazione sul canale.

Giovedì 16 agosto la Lancaster House era pronta ad accogliere i principali protagonisti, tra ministri e consulenti di ogni paese, per iniziare le discussioni intorno alla questione. Alle 11 del mattino diedero vita ufficialmente alla Conferenza con confronti e dibattiti che sarebbero poi proseguiti nell’arco di una settimana.

Dopo i primi colloqui esplorativi per sondare il terreno e vedere a che punto fosse la situazione generale, il segretario di stato americano Dulles avanzò la sua proposta ai 22 paesi, un piano fondato espressamente su quattro punti: libertà di transito sul canale; funzionamento del canale indipendente da politiche nazionali ed affidato ad un ente internazionale per la gestione; profitti garantiti all’Egitto; indennizzo per la Compagnia del canale. Lo stesso piano infine prevedeva l’applicazione di sanzioni.

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