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Il governo tra gli alleati NATO e l’Egitto.

L’Italia e la Crisi di Suez: le due anime della DC

3.2. Il governo tra gli alleati NATO e l’Egitto.

Il fallimento della missione Menzies, che spinse Francia e Gran Bretagna a muovere gli armamenti nel Mediterraneo e gli Stati Uniti alla possibilità di poter ricorrere all’ONU, scombussolò i piani del governo di Roma. ‹‹L’azione di Palazzo Chigi è rivolta ad una pacifica soluzione della vertenza››76: è in quest’ottica che va letta

la convocazione, per il 12 settembre, del Consiglio dei Ministri con l’intento di discutere della situazione creatasi a seguito delle mosse di Londra e Parigi e con la conseguente decisione di Washington di voler ricorrere alle Nazioni Unite.

L’Italia è favorevole a rimettere nelle mani dell’ONU la questione di

Suez. È quanto è stato deciso questa mattina dal Consiglio dei

Ministri, dopo quattro ore di discussione. ‹‹Nel momento attuale il Consiglio dei ministri ritiene che il ricorso alle Nazioni Unite fornirebbe lo strumento più adeguato per la soluzione più sollecita e pacifica del problema››.

Il governo si è dichiarato fedele ai principi emersi nella riunione del 31 luglio e, pur rammaricandosi che l’Egitto non abbia accettato come base di discussione la risoluzione proposta dalla delegazione americana ed approvata dai diciotto dei ventidue Paesi presenti alla conferenza, e cioè da coloro che alimentano il novanta per cento del traffico del Canale, non intende abbandonare la fiducia di risolvere la vertenza per mezzo di trattative. […] Il punto di vista dell’Italia sulla questione è noto. Il problema è quello di non incrinare in alcun

75 Segni illustra a Gronchi gli aspetti del problema di Suez, in ‹‹Il Corriere della

Sera››, 7 settembre 1956.

76 A. A., L’azione di Palazzo Chigi è rivolta ad una pacifica soluzione della

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modo la solidarietà occidentale e nello stesso tempo di evitare che la situazione sbocchi verso soluzioni di forza.

È pressappoco quanto ne pensano gli americani. Quanto è stato dichiarato da Eisenhower, si faceva notare oggi, non si discosta poi troppo dalla linea scelta dal nostro Governo. Anche per quello che riguarda il ricorso all’ONU, il Presidente degli Stati Uniti ha fatto capire di non esservi contrario. Il fatto tuttavia che il Governo italiano vi abbia apertamente accennato, può anche essere

interpretato come una mossa in aiuto alla diplomazia statunitense77.

Come sostiene Luigi Vittorio Ferraris, ‹‹questa opinione venne però almeno parzialmente superata dalla decisione anglo- americana di creare un’associazione degli utenti del Canale››78.

La scelta intrapresa dagli alleati NATO di mettere almeno per il momento da parte il ricorso all’ONU e di voler istituire l’Associazione, colse di sorpresa l’Italia quando, la sera successiva al Consiglio dei Ministri, ricevette la comunicazione dal funzionario britannico di stanza a Roma, Keith Unwin. L’Italia - essendo tra le delegazioni presenti alla conferenza di Londra del 16 agosto che avevano accettato il piano Dulles - veniva invitata a partecipare ad una seconda conferenza, sempre a Londra, per discutere della creazione dell’Associazione. In attesa di ricevere i dovuti chiarimenti da parte di Eden in merito all’ente, l’Italia tenne a precisare le sue intenzioni:

la posizione ufficiale del Governo italiano resta pertanto quella enunciata ieri dal comunicato del Consiglio dei ministri: l’Italia auspica una pacifica e giusta soluzione del problema e ritiene che lo

77 P. Glorioso, L’Italia favorevole al ricorso all’O.N.U., in ‹‹Il Giorno››, 13

settembre 1956.

78 L. V. Ferraris, Manuale della politica estera italiana 1947-1999, Roma-Bari,

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strumento più adeguato sia il ricorso all’ONU. Quanto all’associazione degli utenti, l’Italia ha chiesto maggiori precisazioni sul contenuto del progetto, e si riserva di aderirvi o meno sulla base delle precisazioni che le verranno date, molto probabilmente insieme con l’invito a partecipare alla nuova conferenza che si terrebbe a Londra tra le 18 Nazioni che avevano già aderito al piano Dulles79.

‹‹Aderire alla conferenza non impegna ad entrare nell’Associazione degli utenti. Ognuno, una volta a Londra è libero di scegliere la condotta che vuole››80. Questa fu la risposta inglese

ai chiarimenti richiesti da parte del governo italiano. Di conseguenza, a seguito dei colloqui avuti con i suoi più stretti collaboratori e dopo essersi consultato sia con Fanfani sia con Martino, il presidente del consiglio Segni accettò l’invito rivoltogli dagli alleati.

Stabilito il concetto fondamentale che l’associazione tra gli utenti del Canale, la quale rappresenta l’unione dei danneggiati dalla situazione determinatasi a Suez, non deve costituirsi allo scopo di forzare il Canale ricorrendo all’uso delle armi, tutta la questione si sposta dal punto di vista diplomatico sulla ricerca di ogni possibilità di agganciare Nasser ad una trattativa e dal punto di vista tecnico sull’apprestamento dei mezzi migliori per assicurare i rifornimenti

marittimi, specialmente di petrolio81.

Segni e Martino si riunirono per definire le linee guida da dover seguire alla conferenza. I due non volevano che il sostegno dato

79 Cauto atteggiamento dell’Italia di fronte alle incertezze della situazione, in ‹‹Il

Corriere della Sera››, 14 settembre 1956.

80 P. Glorioso, Chiarimenti inglesi a Palazzo Chigi, in ‹‹Il Giorno››, 16 settembre

1956.

81 L’Italia parteciperà alla conferenza di Londra, in ‹‹Il Popolo››, 16 settembre

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al piano di gestione internazionale del Canale voluto dagli alleati ‹‹assumesse il significato di una adesione incondizionata alle posizioni delle potenze coloniali››82. Allo stesso tempo occorreva

salvaguardare anche i rapporti con il mondo arabo. Per evitare di intaccare la solidarietà occidentale, sia per il premier sia per il ministro il ricorso all’ONU era la miglior soluzione prospettata per trovare un valido compromesso.

Anche senza aver rilasciato dichiarazioni ufficiali prima di partire per Londra, il ministro degli esteri lasciò percepire quale atteggiamento l’Italia avrebbe assunto all’interno della conferenza.

Ricercare con mezzi pacifici una soluzione che, tutelando i diritti dell’Egitto, possa garantire su base internazionale l’esigenza fondamentale per gli utenti del Canale di vedere assicurata la libertà di transito, l’efficienza tecnica della gestione, e la moderatezza delle tariffe.

Secondo alcune indiscrezioni, l’eventuale adesione italiana alla prevista associazione tra gli utenti del Canale sarebbe in ogni caso condizionata al carattere di ‹‹sindacato›› da dare all’associazione, e non di società di gestione. Ove poi Nasser continuasse ad ostacolare ogni intesa con gli utenti, la via maestra da seguire, secondo il

Governo italiano, sarebbe il ricorso all’ONU83.

Il 19 settembre, il ministro Martino prese parte ai lavori della conferenza e andò subito confrontandosi con Anthony Eden, John Foster Dulles e Christian Pineau per cercare di trovare un piano

82 M. Saija, A. Villani, Gaetano Martino 1900-1967, cit. p. 329.

83 Dichiarazioni di Martino dopo un colloquio con Segni, in ‹‹Il Corriere della

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d’azione da adottare per superare l’impasse di Suez. A nome dell’Italia, il ministro degli esteri auspicava una soluzione equa e pacifica della vertenza tra i paesi maggiormente interessati:

‹‹Mi è spiaciuto che il Governo egiziano abbia respinto come base di negoziati la risoluzione Dulles. Spero, comunque, che sia possibile formulare, qui a Londra, nuove proposte che permettano successivamente un accordo col Governo del Cairo. Mi trovo qui per portare il mio contributo a questo scopo e a quello per cui è stato convocato il gruppo delle 18 nazioni che stia cercando di trovare un’altra soluzione pacifica all’intricata questione creata dalla

nazionalizzazione unilaterale del Canale di Suez››.

Il ministro Martino non ha ritenuto di doversi pronunciare sull’atteggiamento dell’Italia verso il progetto di un’associazione degli utenti. ‹‹Prima di pronunciarmi – ha osservato – attendo di vedere che cosa sia esattamente questa associazione››. […] La sua azione tende, come noto, a favorire una chiarificazione tra i Paesi maggiormente interessati alla questione del Canale, e soprattutto un’intesa, il più possibile serena, che permetta agli utenti di procedere insieme con mezzi pacifici alla realizzazione di un obiettivo dichiaratamente comune: quello, cioè, di risolvere nel rispetto dei diritti di tutti la pericolosa situazione creata dalla nazionalizzazione del Canale di Suez. Ciò significa che occorre ricercare con tenacia una soluzione che soddisfi gli utenti, e sia psicologicamente accettabile dall’Egitto: significa, infine, che è necessario procedere in modo da non rendere ancora più acute quelle suscettibilità personali o nazionali che non possono non

giocare negativamente84.

Nel portare avanti questa idea, Martino – in linea con esponenti di altre delegazioni, come quella pakistana, iraniana e dei paesi scandinavi che avevano avanzato proposte – espose dinanzi ai diciotto anche il suo progetto in merito all’associazione:

l’idea dell’associazione in sé è buona. Essa può rappresentare il segno dell’unione tra gli utenti del Canale, e potrebbe aiutarci in tal caso a negoziare con l’Egitto. Il concetto della necessità di questa associazione, nell’opinione italiana, si affianca cioè a quello della

84 G. Branca, Martino ha discusso con Eden Dulles l’azione dei “18” per superare

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identica necessità di negoziati che devono tendere a far comprendere all’Egitto che si intende ricercare fino al massimo possibile una soluzione pacifica.

Il discorso del ministro Martino è apparso uno dei più realistici pronunciati oggi alla Lancaster House. La delegazione italiana ha consigliato con esso gli altri partecipanti alla conferenza ad appoggiare la propria azione soprattutto sulla forza morale che scaturisce dalla convinzione motivata di essere dalla parte della ragione. ‹‹Stiamo dalla parte della ragione e ci dobbiamo

restare››85.

Sfortunatamente, subito dopo i primi giorni di discussione emersero diversità di vedute tra i paesi presenti; non essendoci unità di intenti questo non portava a rasserenare gli animi.

Ciononostante l’Italia, come altri paesi tra cui Gran Bretagna e Stati Uniti, decise di aderire all’Associazione degli utenti del Canale, perché convinta delle sue future prospettive. A testimonianza di ciò, il ministro Martino di ritorno dalla capitale inglese espresse ai giornalisti che lo aspettavano all’aeroporto di Ciampino, il suo entusiasmo per i risultati raggiunti:

il Governo italiano considera soddisfacenti le conclusioni cui è giunta la seconda conferenza londinese. ‹‹Questa conferenza – ha dichiarato – è stata in qualche Paese considerata quasi un fallimento, una capitolazione degli utenti del Canale di fronte all’intransigenza del Governo egiziano. Non sono di questo avviso – ha tenuto a dire Martino. La Conferenza, al contrario, mi pare abbia raggiunto alcuni obiettivi fondamentali››.

Gli obiettivi individuati dal nostro ministro degli Esteri sono cinque. Primo: la conferenza ‹‹ha potuto conservare la unità dei diciotto Paesi che rappresentano oltre il novanta per cento del tonnellaggio che passa attraverso il Canale››. Secondo: la conferenza ‹‹ha dato vita a una organizzazione capace di tutelare e difendere gli interessi degli utenti e i diritti derivati dalla convenzione internazionale del 1888››. Terzo: ‹‹ha promosso un nuovo mezzo alla soluzione

85 G. Branca, Proposta italiana ai “diciotto” per la soluzione pacifica della

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pacifica della controversia››. Quarto: ‹‹ha deliberato il ricorso alle Nazioni Unite››. Quinto: ‹‹ha offerto nuove vie per la collaborazione fra le autorità egiziane e gli utenti››. Soltanto per via di questa collaborazione – ha aggiunto Martino – si possono ottenere le ‹‹garanzie effettive di ordine internazionale per la libertà del transito, per l’efficienza del Canale, per la moderazione e la stabilità delle tariffe. Queste garanzie – ha precisato – rappresentano ancora

una esigenza non rinunciabile››86.

Come già accennato nel capitolo precedente, per Francia e Gran Bretagna la conferenza si rivelò invece un flop dal momento che entrambe decisero di ricorrere personalmente all’ONU per cercare di risolvere il problema. Anche per questo, il progetto del ministro degli esteri italiano di utilizzare l’Associazione degli utenti del Canale come strumento per negoziare con Nasser versandogli direttamente i diritti di passaggio, scatenò le proteste della Francia la quale, non accettando da subito di entrar a far parte dell’Associazione, andò scagliandosi duramente contro il governo di Roma accusandolo di aver fatto fallire le ultime trattative di Londra. Il 25 settembre, il giorno prima della riunione del Consiglio di Sicurezza, il ministro degli esteri Pineau esasperando ancor di più gli animi tra gli alleati occidentali, dichiarò alla Camera francese che il fallimento di Londra era da imputarsi all’azione condotta dall’Italia:

‹‹il colpo mortale alla seconda Conferenza di Londra è stato sferrato il 21 settembre dal Governo italiano, quando ha fatto sapere che l’Italia intendeva versare direttamente i diritti di transito all’organizzazione egiziana››, ha dichiarato oggi Christian Pineau

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dinanzi alla Commissione Esteri della Camera. ‹‹Affermo solennemente – egli ha proseguito – che le potenze che si sono dimostrate deboli nel corso degli ultimi due mesi sono quelle che avranno le maggiori responsabilità nel caso di un aggravamento della situazione, mentre le nazioni che hanno avuto e conservano un atteggiamento fermo avranno in ultima analisi servito la causa

della pace››87.

Prima di rispondere ufficialmente all’alleato occidentale, Martino era impegnato in colloqui su più fronti: prima con il presidente del consiglio Segni per valutare lo stato della situazione internazionale e per discutere del prossimo Consiglio dei Ministri del 28 settembre; in secondo luogo con l’ambasciatore inglese a Roma; infine con il presidente della Commissione Esteri alla Camera Bettiol per concordare gli interventi da adottare all’interno della prossima seduta del Parlamento, convocata per il 2 ottobre, allo scopo di discutere della situazione di Suez.

Dopo un paio di giorni dall’affronto ricevuto, il ministro Martino rispose alle critiche piovutegli contro da parte di Parigi, attraverso una nota ufficiosa dal tono moderato e senza intenti di polemica, spiegando le ragioni della politica italiana per Suez:

non si comprende perché la dichiarazione che l’Italia continui a pagare i diritti di passaggio del Canale di Suez all’Egitto con il sistema dei “clearing” in vigore sarebbe stato un serio colpo per l’Associazione. I casi sono infatti due: o l’Egitto consente che per il passaggio si paghi all’Associazione oppure no. Nel primo caso c’è l’accordo con l’Egitto e allora tutto si risolve; nel secondo caso la mancata adesione dell’Egitto fa venire meno la questione perché nessuno in tal caso potrà usare il Canale, e quindi non si porrà una

87 Pineau attribuisce all’Italia il fallimento di Londra, in ‹‹Il Giorno››, 25

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questione di pagamenti. ‹‹Per l’Italia è importante poter pagare i diritti di transito all’Egitto con il “clearing”: basta tener presente che noi siamo creditori di ben sette miliardi di lire. Pertanto, in realtà, non si tratta di pagare il pedaggio all’Egitto, ma di pagarlo a noi stessi a compensazione parziale del credito››. ‹‹Dopo la nazionalizzazione della “Compagnia universale” l’Egitto avrebbe voluto che l’Italia pagasse in contanti, il nostro Governo rispose di non voler rinunciare al vantaggio del “clearing”. Si deve aggiungere che alla presa di posizione della delegazione italiana a Londra non è stata estranea la preoccupazione di cercare di evitare il pericolo di un dirottamento del traffico marittimo per il Capo di Buona Speranza. Infatti, a parte la circostanza che al Governo italiano mancano i mezzi giuridici per obbligare le navi di bandiera italiane, non appartenenti allo Stato, a seguire una rotta piuttosto che un’altra, sta di fatto che simile dirottamento provocherebbe danni assai gravi al nostro Paese, dei quali il Governo non può non

preoccuparsi››88.

Nel Consiglio dei Ministri del 28 settembre venne approvata a maggioranza l’azione svolta a Londra dal ministro degli esteri e di conseguenza fu confermata la fedeltà dell’Italia al Patto Atlantico. Importante, al fine di far diminuire le polemiche dell’opposizione e di alcuni membri della maggioranza, fu la dichiarazione rilasciata da parte del ministro al giornale francese ‹‹Le Figaro›› in cui Martino difendeva la sua azione condotta nella capitale inglese, affermando che l’Italia aveva aderito all’Associazione degli utenti solo perché tale organismo era autorizzato nel ricercare una soluzione al problema di Suez.

Il 2 ottobre l’onorevole Martino espose davanti al Parlamento, prima al Senato e successivamente alla Camera, la politica del

88 A. A., Risposta di Palazzo Chigi alle critiche di Pineau, in ‹‹Il Corriere della

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governo italiano per Suez. Nel suo discorso alle Camere tenne a precisare che l’intenzione della politica italiana per ciò che riguardava il problema di Suez, era continuare a sostenere diplomaticamente l’azione degli alleati NATO ma allo stesso tempo condannare il ricorso a misure di forza.

Partendo dalla condanna della decisione di Nasser di nazionalizzare il Canale di Suez, il ministro prosegui il discorso andando a toccare, per gradi, tutti i momenti nevralgici della controversia internazionale e della politica estera italiana, a partire dal 26 luglio fino al giorno della seduta, spiegando accuratamente le intenzioni delle sue scelte e appoggiate dalla maggioranza della DC:

‹‹Non si contesta – ha detto Martino – al Governo egiziano il diritto di farsi promotore della revisione del regime giuridico del Canale di Suez posto in essere dalla Convezione del 1888 e dagli atti internazionali precedenti. Questa revisione, però, si sarebbe imposta per cause estrinseche nel 1968, cioè allo scadere della concessione alla Compagnia Universale, presupposta dalla Convenzione del 1888››. Il Governo italiano non si è mai proposto di difendere la Compagnia perché ‹‹tutte le istituzioni, anche quelle che hanno reso grandi servigi, sono caduche››; ma esso non poteva rimanere indifferente alla trasgressione, da parte di Nasser, di quei principi che assicurano la convivenza internazionale, quello soprattutto del rispetto dei patti. Perciò il sentimento del governo italiano verso la decisione egiziana del 26 luglio è stato di riprovazione, e insieme di rammarico, dati i ‹‹vincoli di antica amicizia e di ininterrotta collaborazione che legano il popolo egiziano

al popolo italiano››89.

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Per quanto concerneva la solidarietà agli alleati NATO e il possibile utilizzo della forza, Martino proseguì in questi termini:

Dopo aver rifatto in breve la storia delle due conferenze di Londra, e aver illustrato la condotta tenuta dalla delegazione italiana, nei confronti del piano Dulles, e della proposta di costituire un’Associazione degli utenti, il ministro degli Esteri ha tenuto a precisare che, sin dall’inizio della crisi, il Governo ha agito nella consapevolezza della necessità, imposta dalla crisi stessa, ‹‹di difendere, nella nuova difficile situazione, l’integrità di quel pilastro della nostra politica che è la solidarietà occidentale››.

Martino ha accennato poi alle originarie intenzioni franco-inglesi di risolvere la vertenza con misure militari. A questo proposito egli ha detto che il Governo italiano, come è stato fermo nel condannare l’atto compiuto dal Governo egiziano, così è stato sempre reciso nell’escludere l’uso della forza per la restaurazione dell’ordine violato. La sua azione fu perciò diretta alla ricerca ‹‹non già, come fu detto, di un compromesso fra la ragione o il torto, ma di una

formula tecnica di risoluzione del problema››90.

Infine, sul tema delicato dell’Associazione, disse:

Passando poi a parlare del tema dell’Associazione degli Utenti, ‹‹non già strumento di provocazione come, in qualche momento, apparve al Governo egiziano, ma strumento di negoziazione e quindi tale da agevolare un regolamento pacifico della vertenza››, Martino ha tenuto a sottolineare che, nel corso delle conversazioni di Londra, l’Italia non rimase isolata ma riuscì a far aderire alla propria tesi la grande maggioranza dei Paesi rappresentati alla Conferenza. […] Martino si è quindi soffermato sulla questione dei pagamenti dei diritti di transito, illustrando le ragioni per cui l’Italia intende continuare a seguire il sistema fin qui adottato, senza che ciò acquisti un significato politico. A proposito delle riserve con cui, secondo alcuni, l’Italia avrebbe aderito all’Associazione degli Utenti, Martino ha detto che l’unica riserva è stata quella, ‹‹naturalmente non espressa, di far valere con le nostre argomentazioni e con il nostro voto le nostre opinioni nella seda opportuna. Ma se prevediamo, ha proseguito il ministro degli Esteri, che non potremo mancare al dovere di rappresentare al momento opportuno e in sede