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L’invasione anglo-francese e le conseguenze politiche internazionali

La guerra di Suez

4.2. L’invasione anglo-francese e le conseguenze politiche internazionali

Nella prima mattina del 5 novembre, iniziò l’invasione via terra anglo-francese ai danni dell’Egitto con quasi tremila paracadutisti lanciati dai rispettivi aerei nella zona intorno al canale, tra Port Said – imbocco Mediterraneo del Canale - e zone limitrofe, dando così inizio a un violento conflitto a fuoco con le forze egiziane locali. Subito dopo aver appreso la notizia il Segretario Generale dell’ONU Dag Hammarskjoeld, nell’Assemblea generale dell’ONU convocata d’urgenza a causa dell’attacco franco-inglese, inviò un appello ai protagonisti ed intimò a Francia, Gran Bretagna, Egitto e Israele di cessare immediatamente il fuoco ponendo fine alle ostilità. In questa stessa seduta straordinaria fu ufficializzata la costituzione della polizia internazionale che aveva il compito di far rispettare il cessate il fuoco e ristabilire la pace in Medio Oriente.

Fu così che, dopo aver conquistato le città di Port Said e Port Fuad, gli anglo-francesi cessarono i bombardamenti mentre gli israeliani accettarono il cessate il fuoco richiesto dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU. La notizia della decisione anglo-francese di sospendere le operazioni militari arrivò mediante le parole pronunciate dal funzionario britannico Pierson Dixon all’ONU.

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“È stato impartito l’ordine di cessare immediatamente tutti i

bombardamenti sull’Egitto”. Questa è la notizia più importante contenuta in una comunicazione, che Sir Pierson Dixon ha indirizzato questa sera al segretario generale delle Nazioni Unite. Per inquadrarla nella sua esatta portata, tuttavia, occorre avere il quadro completo delle dichiarazioni fatte dal rappresentante permanente britannico all’ONU. Dixon ha affermato: 1) i bombardamenti compiuti in Egitto sono stati eseguiti tenendo il massimo conto della popolazione civile. Le fotografie dei risultati ottenuti mostrano che la popolazione non ha potuto soffrire grosse perdite. Questo è d’altra parte provato dal fatto che unità dell’esercito egiziano si sono rifugiate nelle città o nei villaggi, sapendo che vi sarebbero state al riparo dagli attacchi aerei; 2) un ‹‹cessate il fuoco›› è stato ordinato oggi a Porto Said; 3) in

conseguenza, sono stati impartiti ordini perché ogni

bombardamento cessi immediatamente in Egitto. Qualsiasi operazione aerea sarà limitata all’appoggio di operazioni, che possano essere necessarie nella zona del Canale. Le affermazioni di Sir Pierson Dixon hanno portato all’ebollizione l’atmosfera delle Nazioni Unite, che era già stata scossa da due notizie di grande importanza. Prima il Governo egiziano ha comunicato al segretario generale dell’ONU che accetta la risoluzione, approvata ieri dall’Assemblea generale straordinaria, per la costituzione di una forza di polizia internazionale incaricata del controllo e della attuazione della cessazione del fuoco nel Medio Oriente. Poi il Governo di Israele ha dichiarato di accettare il ‹‹cessate il fuoco››

senza condizioni120.

A rendere ancora più incandescente una situazione abbastanza drammatica vi furono le minacce rivolte dall’Unione Sovietica a Francia, Gran Bretagna e Israele, intimando di cessare il fuoco al fine di evitare un intervento militare in Medio Oriente in difesa dell’Egitto.

Questa sera sono stati convocati successivamente, al Ministero degli Esteri, gli ambasciatori d’Inghilterra, di Francia e di Israele. Ad ognuno, Scepilov ha consegnato un messaggio di Bulganin per i rispettivi capi di governo. Analoghe, ma non identiche nel contenuto, erano le tre lettere, tutte improntate a una decisa fermezza: di fronte alla vanità di altri appelli e di altre misure, il governo sovietico

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riannuncia la risoluzione di porre fine ad ogni costo all’aggressione contro l’Egitto, qualora Inghilterra e Francia non intendano ascoltare la voce della ragione e cessare le ostilità. Nella lettera a Eden, Bulganin dimostra come i pretesti addotti per giustificare l’aggressione siano del tutto inconsistenti: ‹‹Inghilterra e Francia hanno attaccato un paese che ha conquistato da poco la propria indipendenza, e non ha quindi i mezzi sufficienti per difendersi››. ‹‹In quale situazione si troverebbe la stessa Inghilterra se venisse attaccata da paesi più potenti, che dispongano di tutte le armi moderne? Oppure, tali paesi potrebbero mandare sulle sponde inglesi non flotte aeree o marittime, ma altri mezzi, missili per esempio. Se le armi a razzo fossero utilizzate contro Inghilterra e Francia, voi probabilmente direste che si tratta di un atto barbaro. Ma quale differenza vi sarebbe fra questo e la disumana aggressione compiuta dalle forze armate francesi e inglesi contro l’Egitto quasi disarmato?››.

La lettera di Bulganin fa appello ‹‹al governo, al parlamento, al partito laburista, ai sindacati, a tutto il popolo››. ‹‹Cessate l’aggressione, fermate lo spargimento di sangue. La guerra in Egitto può estendersi ad altri paesi e degenerare nella terza guerra mondiale››. ‹‹Noi siamo assolutamente risoluti a porre fine all’aggressione, con l’impiego della forza, e a ristabilire la pace in oriente. Speriamo che in questo momento critico voi diate prova di

saggezza e tiriate da questo le conclusioni che si impongono››121.

Nella notte tra il 6 ed il 7 novembre, precisamente a mezzanotte, i governi di Londra e Parigi annunciarono al segretario dell’ONU Hammarskjoeld di aver imposto alle proprie truppe presenti sul territorio egiziano – le quali avevano oramai conquistato quasi tutto il Canale di Suez, da Port Said sino a Suez con le operazioni combinate via terra e via mare – il cessate il fuoco. Inoltre, gli stessi governi annunciarono di voler mettere a disposizione le stesse truppe per liberare il canale dagli ostacoli che impedivano la navigazione, tra cui i resti delle navi affondate.

121 G. Boffa, Il testo delle note inviate dall’Unione Sovietica ad Eisenhower, Eden,

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Questa notizia è stata data stasera da Hammarskjoeld in una conferenza stampa convocata d’urgenza. La comunicazione è stata fatta ad Hammarskjoeld dal delegato permanente inglese all’ONU, Sir Pierson Dixon, a nome del suo Governo. Il segretario dell’ONU ha detto di aver ricevuto assicurazioni nello stesso senso da parte del Governo francese. Hammarskjoeld ha dichiarato ai giornalisti: 1) di poter confermare che l’Egitto e Israele hanno accettato la cessazione del fuoco senza condizioni; 2) non appena l’Assemblea generale straordinaria avrà ratificato il suo piano per una forza internazionale, la forza stessa ‹‹sarà abilitata a svolgere i compiti assegnatile››. La lettera di Dixon ad Hammarskjoeld sottolinea anche che è necessario sgombrare le ostruzioni che bloccano il Canale. Le forze anglo-francesi sono attrezzate per far fronte a questo compito e nella lettera si propone che i tecnici inizino immediatamente il lavoro. Concludendo, la lettera dice testualmente: ‹‹Ordiniamo alle nostre forze di cessare il fuoco alla mezzanotte, ora di Greenwich.

La riunione dell’Assemblea straordinaria dell’ONU per discutere il problema egiziano, in un primo tempo fissata per domani pomeriggio alle 16.30, è stata convocata d’urgenza per questa notte alle 3.30, su richiesta dell’Egitto e del gruppo dei paesi afro-asiatici che hanno chiesto il ritiro immediato delle truppe anglo-franco-

israeliane dall’Egitto122.

Dopo aver avvisato in tarda notte il segretario generale dell’ONU, nel pomeriggio la stessa decisione di porre fine alle operazioni militari fu comunicata dal primo ministro Eden alla Camera dei Comuni che la accolse con entusiasmo. Tuttavia, restarono molte scorie intorno a questa vicenda, che Eden pagò a caro prezzo nei mesi successivi. Intanto, alla Camera, tenne a precisare che le sue truppe non si sarebbero mosse di più di mezzo metro e che sarebbe stato disposto ad evacuare il Canale non appena la forza di polizia organizzata dall’ONU fosse partita per l’Egitto.

122 Non scoppia la guerra…ma la crisi non è risolta, in ‹‹Il Giorno››, 7 novembre

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Della stessa idea anche il colonnello Nasser, che annunciò di accettare la condizione proposta dalle Nazioni Unite di cessare il fuoco ad una sola condizione: gli invasori avrebbero dovuto abbandonare definitivamente il suo paese. Questa condizione era possibile soltanto con l’invio della forza internazionale, gestita dall’ONU, che avrebbe dovuto sostituirsi alle potenze occupanti. Nell’Assemblea Generale dell’ONU del 7 novembre tutti i paesi presenti votarono per due risoluzioni: la prima, quella presentata dai paesi afro-asiatici, fu accettata con una maggioranza di 65 voti. Essa riguardava l’immediato ritiro di francesi, inglesi e israeliani dall’Egitto; la seconda risoluzione riguardava la formazione del corpo di polizia che avrebbe dovuto condurre le operazioni di pace in Egitto e sostituirsi ai paesi occupanti. Fu approvata con una maggioranza di 61 voti.

Gli ultimi a mollare la presa furono gli israeliani, che una volta impossessatisi della Striscia di Gaza e della Penisola del Sinai non volevano assolutamente ritornare sulle proprie posizioni. Erano riusciti ad aumentare le dimensioni del proprio Stato e spostato ancor di più i confini a sud-ovest. Questo era un serio problema per la pace e per la stabilità internazionale del mondo e nel Mediterraneo.

La situazione si sbloccò a seguito della forte pressione degli Stati Uniti sul governo israeliano e fu così che l’8 novembre Ben Gurion

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decise di far evacuare le proprie truppe dalle zone occupate e farle rientrare verso la vecchia linea di armistizio.

La notizia diramata da Washington, e più tardi dalle Nazioni Unite, secondo cui Israele ha cambiato idea e deciso di cooperare con le forze di polizia internazionale delle Nazioni Unite e ritirarsi dalla penisola del Sinai, è venuta in un momento quasi disperato per la pace del mondo e ha notevolmente aumentato, secondo l’opinione del Dipartimento di Stato, le speranze di salvezza dell’umanità. Il gravissimo pericolo, non completamente passato, ma alleviatosi, che abbiamo corso, era causato fra l’altro anche da una questione di prestigio che non avrebbe permesso al Governo israeliano di ritirarsi dalla penisola del Sinai e avrebbe così dato pretesto agli anglo-francesi di restare sul Canale fino all’arrivo della polizia internazionale e agli arabo-comunisti di intervenire con tutti i mezzi

moderni contro gli aggressori dell’Egitto123.

Ricevute le dovute risposte da tutte le parti in causa, le forze di polizia internazionale, grazie all’intenso lavoro svolto dal segretario generale dell’ONU, iniziarono ad organizzarsi in modo tale da poter partire alla volta dell’Egitto. La base militare di appoggio e di organizzazione di simili unità fu stanziata in Italia, all’aeroporto di Capodichino a Napoli: un punto strategico per poter raggiungere in breve tempo la destinazione e raccogliere le forze provenienti da diversi paesi.

Entro 24 ore da varie Nazioni cominceranno le partenze dei contingenti che dovranno costituire in Egitto il ‹‹Corpo di polizia internazionale››. Ne ha dato notizia il Segretario Generale dell’ONU Hammarskjoeld il quale ha aggiunto che la base temporanea del Corpo sarà stabilita in Italia. […] I primi gruppi a giungere in Italia saranno costituiti da ufficiali e soldati della Danimarca e della Norvegia adeguatamente armati ed equipaggiati. Le unità danesi e norvegesi saranno trasportate in Italia da aerei messi a disposizione dal Governo degli Stati Uniti. Altre unità della Finlandia, India e

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Svezia saranno in breve tempo inviate alla base temporanea, alcune di esse entro le prossime 48 ore. […] Il problema del Medio Oriente, con l’approntamento in corso del corpo di polizia, è entrato in quella ‹‹nuova fase›› che Hammarskjoeld ieri ha salutato con soddisfazione, subito dopo il messaggio di Israele con la comunicazione del ritiro delle truppe dal territorio egiziano. Ora alle misure di emergenza, dovranno far seguito le meditate scelte per un generale assetto delle questioni che han reso esplosiva la zona

sud-orientale del Mediterraneo124.

La contemporanea organizzazione delle forze di polizia ONU ed il ritiro di Israele annunciato da Ben Gurion portarono il primo ministro inglese, nella giornata del 9 novembre, a dichiarare nella seduta della Camera dei Comuni di essere pronto a far evacuare le sue truppe dal territorio egiziano, in accordo con il governo francese. ‹‹La Gran Bretagna è disposta a cedere il posto nel Medio Oriente alla forza internazionale dell’ONU non appena quest’ultima sarà in condizione di assistere effettivamente il proprio compito››125.

Sul fronte egiziano, invece, dopo aver avuto colloqui con il capo della forza di polizia internazionale (il generale canadese Edison Burnes), Nasser accettò l’invio dell’ONU delle unità militari ed il 14 novembre i primi reparti militari partirono verso l’Egitto.

Il 15 novembre i primi reparti militari appartenenti alla polizia internazionale sbarcarono in Egitto:

124 Transitano oggi da Napoli le truppe dell’ONU per l’Egitto, in ‹‹Il Popolo››, 10

novembre 1956.

125 Eden conferma che ritirerà le truppe che presidiano Port Said, in ‹‹Il Corriere

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stamane all’aeroporto di Abu Sueir sono atterrati tre aerei della ‹‹Swissair››, provenienti da Capodichino con a bordo quattro ufficiali e 41 soldati danesi, 6 ufficiali e 44 soldati norvegesi, oltre a 10 ingegneri svizzeri per le riparazioni agli aeroporti egiziani. […] Per ora queste truppe saranno dislocate fra El Qantara e Abu Sueir. […] Tutti sono armati dello stesso tipo di arma: mitragliatore leggero e su un braccio, visibilissimo, lo stemma dell’ONU. Cordiali rapporti

sono stati subito stretti con i militari egiziani, che erano a riceverli.126

Il giorno seguente lo stesso Hammarskjoeld, accompagnato dal generale Burnes, decollò alla volta del Cairo perché interessato ad avere contatti diretti con gli esponenti del governo egiziano e per verificare, di persona, il funzionamento del ponte aereo Napoli-Il Cairo appena inaugurato dall’arrivo delle prime truppe.

Ha detto Hammarskjoeld ai soldati: ‹‹Questa è la prima volta che costituiamo una forza militare delle Nazioni Unite. Personalmente, non ho alcuna esperienza di cose militari e pertanto non posso giudicare. Vi auguro buona fortuna››. […] Alle ore 16 e 30 Hammarskjoeld ha avuto un primo un primo contatto con il ministro degli esteri Fauzi e, circa un’ora dopo, ha incontrato il Presidente Nasser. Dal colloquio potrebbe uscire un’accettabile soluzione, sia pure temporanea del problema del Medio Oriente, oppure, acutizzarsi una crisi che difficilmente riuscirebbe a trovare, poi, una

pacifica via d’uscita127.

Alla fine dei colloqui, Nasser e il ministro degli esteri egiziano, chiesero al segretario Hammarskjoeld che fossero gli stessi egiziani ad occuparsi direttamente dei lavori di sgombero del Canale di Suez dalle ostruzioni che ne ostacolavano la

126 A. De Quarto, La polizia dell’ONU è arrivata in Egitto, in ‹‹Il Giorno››, 16

novembre 1956.

127 M. David, Incontro di Hammarskjoeld con Nasser e Fauzi al Cairo, in ‹‹Il

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navigazione. Avrebbero iniziato le operazioni non appena gli anglo-francesi avessero lasciato Port Said e tutto il territorio egiziano. In tutto questo, l’ONU doveva aiutare l’Egitto in due modi: favorendo la ritirata degli occupanti e garantire la supervisione delle operazioni collaborando con i tecnici egiziani. Per superare la situazione di stallo creatasi, gli Stati Uniti, sotto richiesta dell’ONU, entrarono direttamente sulla scena per evitare le ingerenze dell’Unione Sovietica - impegnata a risolvere la questione ungherese - e per risolvere direttamente la questione del Medio Oriente mettendo sotto pressione i governi di Londra e Parigi, sostituendosi ad essi. Il segretario di Stato Dulles dichiarò di essere ottimista per una pacifica soluzione delle azioni diplomatiche svolte e confidava nel buon operato svolto dall’ONU e dalle sue forze di polizia:

noi siamo, credo, sulla buona strada per quanto concerne il Vicino Oriente. Se i Paesi interessati dimostreranno, come hanno

promesso, di rispettare l’opinione pubblica quale si è espressa in

seno all’Assemblea generale dell’ONU, noi avremo ragione di sperare nella realizzazione di progressi verso lo stabilimento di una pace duratura in questa travagliata zona del mondo. Sarebbe, tuttavia, un grave errore credere che la stabilità e la tranquillità possano essere assicurate in maniera permanente attraverso la semplice adozione di misure d’urgenza, diretta ad arrestare la lotta. È necessario, cioè, affrontare i problemi fondamentali che si pongono in questa zona. I numerosi Paesi i quali desiderano la pace debbono anche essere pronti a lottare per creare le condizioni

necessarie allo stabilimento di una pace giusta e durevole128.

128 Foster Dulles è ottimista per il problema del Medio Oriente, in ‹‹Il Popolo››,

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Anche se con estremo rilento, tra il 23 e 24 novembre, iniziò lo sgombero delle truppe inglesi e francesi da Port Said; in contemporanea gli israeliani si ritirarono – sempre lentamente - dalla Penisola del Sinai. Nella seduta dell’Assemblea generale dell’ONU del 24 novembre, fu votata a maggioranza la mozione presentata dagli afro-asiatici che riguardava il ritiro immediato delle truppe.

L’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha approvato oggi con 63 voti favorevoli, 10 astensioni e 5 voti contrari (Francia, Inghilterra, Israele, Australia, Nuova Zelanda) la risoluzione presentata dal gruppo afro-asiatico per chiedere ‹‹l’immediato e completo ritiro›› delle truppe anglo-franco-israeliane dall’Egitto. È stato respinto con 37 voti contrari, 23 favorevoli e 18 astensioni un emendamento belga che attenuava la risoluzione afro-asiatica. L’Assemblea generale ha autorizzato (con 51 voti favorevoli e 17 astensioni) il segretario generale a negoziare accordi perché le operazioni di

sgombero del Canale siano intraprese con rapidità ed efficacia129.

Sebbene il voto di maggioranza all’interno dell’Assemblea fosse stato molto chiaro, i governi di Londra e Parigi esitavano ancora nel far ritirare completamente le rispettive truppe dall’Egitto. Questo irritò in modo pericoloso gli Stati Uniti, che si sentivano presi in giro dal comportamento adottato dai due principali alleati NATO. La situazione sembrò sul punto di non ritorno tra gli alleati del blocco occidentale tanto che, per riuscire a smuovere questa situazione critica, il governo di Washington fu costretto a lanciare

129 A. Roselli, Votato dall’O.N.U. il ritiro immediato degli anglo-francesi, in ‹‹Il

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un ultimatum a Gran Bretagna e Francia per far sgomberare l’Egitto. Gli Stati Uniti, tramite questo ultimatum, li intimavano a ritirare tutte le truppe dall’Egitto; in caso contrario, i rifornimenti di petrolio verso i due paesi, e non solo, sarebbero stati bloccati fino a che l’ultimo militare non avesse abbandonato definitivamente il paese africano.

Gli Stati Uniti sono pronti a incominciare l’invio di rifornimenti di petrolio all’Europa occidentale appena Francia e Gran Bretagna avranno annunciato il loro ritiro delle loro truppe dall’Egitto. Così oggi il portavoce del Dipartimento di Stato americano ha confermato

ufficialmente le indiscrezioni trapelate ieri130.

A seguito di questa grave minaccia prospettata dal presidente americano, Eden e Mollet annunciarono ai rispettivi governi che entro Natale le truppe anglo-francesi avrebbero abbandonato definitivamente il territorio egiziano lasciando spazio ai tecnici, incaricati di svolgere le operazioni di rimozione degli ostacoli che impedivano la navigazione lungo il canale, di poter lavorare alla sua completa riapertura e farlo ritornare quello snodo vitale economico e commerciale del Mediterraneo.

Questo tipo di soluzione adottata da Eisenhower mostrava la profonda debolezza della Gran Bretagna e della Francia di fronte alla potenza degli Stati Uniti. Come scrive Alessandro Brogi,

130 A. Roselli, Confermato l’ultimatum americano agli anglo-francesi, in ‹‹Il

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non era solo il colonialismo vecchio stampo con le sue conseguenze deleterie nel mondo arabo che infuriava i rappresentanti americani; per colpa dell’intervento anglo-francese, l’Occidente aveva anche mancato l’opportunità di condannare moralmente l’operato dell’Unione Sovietica durante la crisi ungherese, che in quegli stessi giorni aveva raggiunto il suo apice […] Le sue accuse [ di Dulles] contro l’azione franco-britannica non mostravano alcuna simpatia verso il paese aggredito o condanna del colonialismo tout court, ma si riconducevano praticamente solo al secondo capo di imputazione sostenuto, anche se in maniera meno veemente, dagli altri alleati occidentali: quello di aver distolto l’attenzione internazionale dalla repressione sovietica a Budapest e di aver posto l’Occidente quasi

sullo stesso piano morale di Mosca131.

L’esperienza egiziana pose fine alle aspirazioni imperialiste di Londra, mentre proseguiva ancora quella algerina per Parigi, dopo secoli di conquiste e predominio in gran parte del mondo.

Come sostiene Marcella Emiliani, ‹‹con la crisi di Suez in Medio Oriente si chiuse l’epoca delle potenze coloniali e, a seguito dell’intervento di Unione Sovietica e Stati Uniti, la regione entrò di