U N I V E R S I T À D I P I S A
DIPARTIMENTO DI ECONOMIA E MANAGEMENT
CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN
CONSULENZA PROFESSIONALE ALLE AZIENDE
IL FALSO IN BILANCIO.
PROFILI ECONOMICO-AZIENDALI E GIURIDICI
CANDIDATO
Sara Menchinelli
Anno accademico 2015/2016
RELATORE
Indice
INTRODUZIONE
III
CAPITOLO I -‐ IL BILANCIO D’ESERCIZIO: FUNZIONI, PRINCIPI E
STRUTTURA
1
1.1
P
ROFILI INTRODUTTIVI1
1.2
F
UNZIONI DEL BILANCIO D’
ESERCIZIO3
1.3
L
A CLAUSOLA GENERALE DEL BILANCIO4
1.3.1
C
HIAREZZA5
1.3.2
V
ERITÀ E CORRETTEZZA6
1.4
I
PRINCIPI DI REDAZIONE DEL BILANCIO10
1.5
L
A COMPOSIZIONE DEL BILANCIO23
1.6
I
L PROCEDIMENTO DI FORMAZIONE E APPROVAZIONE DEL BILANCIO29
1.7
I
CRITERI DI VALUTAZIONE32
1.8
L
A NATURA DELLE QUANTITÀ PRESENTI IN BILANCIO32
CAPITOLO II -‐ IL FALSO IN BILANCIO: PROFILI ECONOMICO-‐
AZIENDALI
34
2.1
P
REMESSA34
2.2
I
L BILANCIO CON GRANDEZZE OGGETTIVE FALSE35
2.2.1
I
RICAVI E I COSTI37
2.3
I
L BILANCIO CON VALUTAZIONI ECONOMICAMENTE SCORRETTE39
2.3.1
L
E IMMOBILIZZAZIONI MATERIALI E IMMATERIALI40
2.3.2
I
CREDITI47
2.3.3
L
E RIMANENZE50
2.3.4
I
TITOLI E LE PARTECIPAZIONI53
2.3.5
I
FONDI PER RISCHI E ONERI55
2.4
L
E POLITICHE DI BILANCIO,
LE RISERVE OCCULTE E GLI ANNACQUAMENTI DICAPITALE
58
2.4.1
G
LI ANNACQUAMENTI DI CAPITALE59
2.4.2
L
E RISERVE OCCULTE61
CAPITOLO III -‐ IL FALSO IN BILANCIO: PROFILI CIVILISTICI
65
3.1
P
REMESSA65
3.2.1
C
ONTROLLO DEL COLLEGIO SINDACALE66
3.2.2
C
ONTROLLO DELLA SOCIETÀ DI REVISIONE69
3.3
A
PPROVAZIONE DEL BILANCIO FALSO E INVALIDITÀ DELLA DELIBERA71
3.3.1
L’
INVALIDITÀ DELLE DELIBERE ASSEMBLEARI:
ANNULLABILITÀ E NULLITÀ72
3.3.2
A
NNULLABILITÀ,
NULLITÀ E FALSO IN BILANCIO74
3.4
R
ESPONSABILITÀ PER IL BILANCIO FALSO76
3.4.1
I
SOGGETTI RESPONSABILI77
3.4.2
I
SOGGETTI DANNEGGIATI81
3.4.3
L’
APPLICAZIONE DELL’
ART.
2409
C.
C.
83
CAPITOLO IV -‐ IL FALSO IN BILANCIO: PROFILI PENALI
86
4.1
P
REMESSA86
4.2
L’
EVOLUZIONE STORICA DEL REATO DI FALSE COMUNICAZIONI SOCIALI88
4.3
L
A NUOVA FATTISPECIE DEL REATO DI FALSE COMUNICAZIONI SOCIALI91
4.3.1
I
PRIMI INTERVENTI DELLA GIURISPRUDENZA93
4.3.2
L
A DECISIONE DELLES
EZIONIU
NITE DELLAC
ORTE DIC
ASSAZIONE95
4.4
I
L CASO DEL FALSO QUALITATIVO97
4.5
I
SOGGETTI ATTIVI98
4.6
E
LEMENTO OGGETTIVO100
4.7
E
LEMENTO SOGGETTIVO E RELATIVE SANZIONI DEL REATO105
4.8
F
ALSE COMUNICAZIONI SOCIALI NELLE SOCIETÀ QUOTATE107
4.9
C
ONSUMAZIONE E TENTATIVO109
4.10
A
SPETTI SANZIONATORI,
PRESCRIZIONE E COMPETENZA109
4.11
R
ESPONSABILITÀ DELLA SOCIETÀ AI SENSI DELD.
LGS.
N.
231/01
110
4.12
P
RINCIPALI RAPPORTI CON ALTRE FATTISPECIE(
CENNI)
111
4.12.1
F
ALSE COMUNICAZIONI SOCIALI E FRODE FISCALE111
4.12.2
F
ALSE COMUNICAZIONI SOCIALI E BANCAROTTA FRAUDOLENTA116
CONCLUSIONI
119
RINGRAZIAMENTI
123
BIBLIOGRAFIA
124
INTRODUZIONE
Il bilancio d’esercizio è il principale strumento di comunicazione di un’impresa. Esso viene redatto per conoscere il reddito prodotto nel periodo amministrativo e il correlato capitale di funzionamento, e quindi per conoscere le condizioni attuali dell’impresa, strettamente dipendenti dalla gestione passata e dalle previsioni in ordine alla gestione futura.
Sul bilancio si fondano molte decisioni dei soggetti, interni o esterni, che in vario modo intrattengono rapporti con l’impresa. Affinché tali scelte siano corrette e non fuorvianti, è necessario che l’immagine fornita sia il più possibile fedele alla realtà aziendale o, in termini più generali, che sia attendibile.
Nelle trattazioni di carattere didattico e divulgativo sono esposte e insegnate le tecniche di tenuta dei conti, di effettuazione delle valutazioni di fine esercizio, di chiusura dei conti e formazione del bilancio destinato a pubblicazione. Ci si intrattiene, di norma, sui modi di composizione del “miglior bilancio possibile”. E tuttavia si osserva che, nella pratica, la qualità dei bilanci pubblicati è spesso modesta. Ciò per l’eccessiva complessità del processo di determinazione quantitativa, di rilevazione ed elaborazione contabile; talvolta per lo scarso interesse di soggetti economici portatori di modesta cultura amministrativa e per l’inadeguata competenza degli operatori. In alcune circostanze si osserva la deliberata alterazione dei valori contabili al fine di fornire ai terzi un’informazione distorta della realtà aziendale.
Con il presente lavoro si vuole studiare la non corretta redazione del bilancio sotto tre profili: economico-‐aziendale, civile e penale. In particolare, si desidera capire quando un bilancio non costituisce un valido strumento d’informazione e quali siano le sanzioni civili e penali previste dal legislatore.
Così nella prima parte di tesi verrà sviluppata la logica aziendale sottesa alla formazione del bilancio d’esercizio, i criteri di redazione e di valutazione delle principali poste contabili, cercando di individuare quali siano dal punto di vista aziendalistico gli “spazi di manovra” lasciati ai redattori del bilancio.
Per quanto riguarda i valori, occorre fare menzione della tradizionale teoria relativa alle quantità economiche d’azienda, la quale distingue le quantità di bilancio in oggettive e soggettive. Per le prime, è possibile parlare di verità o falsità quando esiste o non esiste corrispondenza fra le cifre e i fenomeni concreti, conoscibili in modo incontrovertibile, che le cifre stesse descrivono. Per le seconde, invece, non è possibile parlare di quantità vere in assoluto, ma solo intorni di ragionevolezza, più o meno ampi, tali per cui ogni determinazione che si collochi al di fuori di essa risulta inaccettabile: in tal caso si può parlare di verità relativa. Ecco allora un’importante conseguenza: per giudicare da un punto di vista economico-‐aziendale i valori del bilancio in modo globale, non è tanto appropriata la categoria della verità quanto quella dell’attendibilità. Nella trattazione si prende spunto da questo assunto per sviluppare poi una serie di considerazioni.
Nella seconda parte di tesi verrà affrontato la disciplina civilistica del falso in bilancio, quindi si farà riferimento al complesso dei precetti che regolano il controllo sui conti sociali, che normano l’approvazione del bilancio e, soprattutto, che stabiliscono le responsabilità dei soggetti che, a diverso titolo, sono chiamati a collaborare per redigere un bilancio veritiero e corretto. Dal punto di vista civilistico, infatti, il bilancio d’esercizio può presentare vizi e irregolarità che riguardano il suo procedimento di formazione o il suo contenuto. Accogliendo la tesi che il bilancio costituisce l’oggetto della delibera assembleare che lo approva, ogni vizio a esso riferibile si riflette sulla relativa delibera assembleare rendendola invalida.
Il presente lavoro si concluderà con l’esame dei profili penali del sistema informativo del bilancio, attraverso l’analisi del reato di false comunicazioni sociali, di recente riformato dalla L. n. 69/2015, portando alla luce le differenze con la disciplina previgente.
In particolare, la novella ha riformato la disciplina del reato di false comunicazioni sociali modificando gli articoli 2621 e 2622 del Codice civile ed introducendo i nuovi articoli 2621-‐bis e 2621-‐ter.
L’aspetto che ha suscitato maggior interesse tra i cultori della materia e per gli addetti ai lavori è stata la parte del nuovo art. 2621 del c.c., in cui non si fa più riferimento a “fatti materiali non rispondenti al vero ancorché oggetto di valutazioni” ma a “fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero”. L’aver eliminato
il riferimento all’elemento della “valutazione” che ricomprende scelte soggettive, riconducibili entro certi parametri discrezionali sembra, secondo parte degli interpreti, escludere dal perimetro di ciò che è reato i casi più frequenti di “mera” valutazione. Anche la giurisprudenza si è interrogata sul punto dividendosi in due orientamenti contrapposti, provocando ulteriori gravi incertezze e disuguaglianze sul piano applicativo.
Infatti, un mese dopo l’emanazione della legge, la quinta Sezione penale della Cassazione ha emesso una sentenza nella quale si escludeva la rilevanza penale delle false valutazioni secondo il novellato art. 2621. Tuttavia un’altra sentenza della stessa Cassazione ha affermato che il nuovo testo dell’art. 2621 include anche le valutazioni nella fattispecie penale. Il 31 marzo 2016 le Sezioni Unite della Cassazione hanno confermato la rilevanza penale delle valutazioni. Analizzata tal ultima sentenza si è cercato di capire in che misura e con quali modalità la sottostante fenomenologia contabile sia stata presa in considerazione e se vi sia convergenza o meno con le conclusioni proprie dell’analisi economico-‐aziendale svolta nel presente lavoro.
CAPITOLO I
IL BILANCIO D’ESERCIZIO: FUNZIONI, PRINCIPI E
STRUTTURA
1.1 Profili introduttivi
Il bilancio d’esercizio è il documento che rappresenta la situazione patrimoniale e finanziaria della società e il risultato economico dell’esercizio.
In Italia il bilancio è disciplinato dal codice civile e da un insieme di regole tecniche che prendono il nome di “principi contabili”.
La fonte principale in materia di redazione del bilancio è rappresentata dal codice civile che, attraverso il D.lgs. 127/1991, ha recepito le disposizioni contenute nella IV direttiva CEE.
In particolare, le norme del codice civile dedicate alla formazione del bilancio delle società di capitali sono contenute negli articoli 2423 – 2435-bis. Tali articoli sono ricompresi nell’ambito del Capo V, relativo alle società per azioni, ma si applicano anche alle società a responsabilità limitata e in accomandita per azioni in virtù dei richiami di cui agli articoli 2478-bis e 2454, mentre per le società di persone e per le imprese individuali vale solo il riferimento all’art. 2426 c.c..
La disciplina civilistica in tema di bilancio è stata poi successivamente ritoccata da altre disposizioni (D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6, c.d. “Riforma del diritto societario”; D.Lgs. 28 dicembre 2004, n. 310; D.Lgs. 2 febbraio 2007, n. 32; D.Lgs. 3 novembre 2008, n. 173; D.Lgs. 27 gennaio 2010), ultima in termini di tempo è il D.Lgs. 18 agosto 2015 n. 139 (c.d. “Decreto bilanci”), che ha recepito la Direttiva 2013 n. 34, con la quale sono introdotte nel nostro ordinamento numerose novità relative alla predisposizione del bilancio d’esercizio, abrogando la precedente IV direttiva CEE. Tali modifiche normative sono entrate in vigore dal 1° gennaio 2016 e si applicano ai bilanci relativi agli esercizi finanziari aventi inizio a partire da quella data. In sintesi, le novità più importanti, elencate agli articoli 6 e 7 del D.Lgs. 139/2015, riguardano:
− I principi di redazione del bilancio: con la modifica agli articoli 2423 e 2423-bis c.c. viene introdotta da un lato la possibilità di non rispettare gli obblighi previsti in tema di rilevazione, valutazione, presentazione e informativa di bilancio, laddove gli effetti della loro inosservanza siano irrilevanti ai fin della rappresentazione veritiera
e corretta (sempre in presenza di una tenuta regolare delle scritture contabili) e dall’altro viene eliminato il riferimento alla funzione economica dell’elemento dell’attivo e del passivo a favore della sostanza dell’operazione e del contratto (prevalenza della sostanza sulla forma).
− Gli schemi di bilancio: con la modifica agli articoli 2424 e 2425 c.c. sono apportate una serie di novità allo stato patrimoniale e al conto economico.
− I criteri di valutazione: si prevede che l’avviamento vada ammortizzato secondo la sua vita utile e, nei casi in cui non sia possibile stimarla, entro un periodo non superiore a dieci anni. Inoltre si è introdotto il fair value per la valutazione dei derivati.
− La Nota integrativa: si prevede principalmente che le informazioni sulle voci di stato patrimoniale e conto economico vadano presentate secondo l’ordine delle voci nei rispettivi schemi, e che i fatti di rilievo avvenuti dopo la chiusura dell’esercizio siano illustrati in tale documento e non più nella Relazione sulla gestione.
Ulteriori importanti e significative novità in tema di predisposizione del bilancio d’esercizio riguardano:
− L’obbligo di predisposizione del rendiconto finanziario, il cui contenuto e caratteristiche sono individuate dal nuovo articolo 2425-ter c.c.;
− Le modifiche agli schemi del bilancio abbreviato;
− L’introduzione di un bilancio in forma ridotta per le c.d. “micro-imprese”, attraverso cui si realizzi quella graduazione degli obblighi informativi sulla base dei limiti dimensionali delle imprese.
Il contenuto della disciplina del bilancio civilistico può idealmente suddividersi in tre parti1, strettamente complementari:
1. La prima parte, di carattere generale, riguarda la clausola generale, nonché il complesso di principi e postulati su cui si fonda la redazione del bilancio di esercizio (si tratta degli articoli 2423 e 2423-bis).
2. La seconda parte si riferisce ai documenti fondamentali che costituiscono il bilancio di esercizio, nonché quelli di “corredo”. Questa parte è disciplinata dagli articoli che vanno dal 2423-ter al 2429-bis c.c. (escluso l’art. 2426 c.c.).
3. La terza parte riguarda i criteri di valutazione ed è contenuta nell’art. 2426 c.c..
Per sua natura la legge non può che fissare i principi generali sulla formazione del bilancio, non potendo ovviamente entrare nei dettagli di carattere operativo. È proprio questo il compito dei principi contabili, che rappresentano quel complesso di regole tecniche ed applicative necessarie per interpretare ed integrare le norme legislative in materia di bilancio. Nel nostro paese i principi contabili di riferimento sono emanati dall’ Organismo Italiano di Contabilità (OIC).
Il D.Lgs. 139 del 18 agosto 2015, oltre a modificare le norme relative alla predisposizione dei bilanci d’esercizio, ha previsto, all’articolo 12 comma 3, che l’Organismo Italiano di Contabilità aggiorni i principi contabili nazionali sulla base delle disposizioni contenute nel decreto legislativo.
1.2 Funzioni del bilancio d’esercizio
Prima di passare ad esaminare più nel dettaglio la disciplina del bilancio, è opportuno affrontare il tema della funzione di tale documento, che, per molti anni, ha suscitato notevole interesse tra aziendalisti e studiosi del diritto.
Da un punto di vista strettamente economico-aziendale, il bilancio d’esercizio ricopre la funzione di mettere in evidenza il reddito, inteso come variazione della ricchezza conferita dai proprietari per effetto della gestione aziendale2. Solo se il bilancio evidenzia un risultato economico positivo i proprietari possono prelevare una quota di utili quale remunerazione della disponibilità di capitali precedentemente fornita. Senza la redazione del bilancio, qualsiasi prelievo di capitali operato dai proprietari potrebbe sfociare in una privazione dei mezzi aziendali che erano stati ritenuti necessari per lo svolgimento dell’attività, ledendo quindi il principio secondo cui occorre garantire sempre l’integrità del capitale. Questa è una funzione universale del bilancio di esercizio, alle quali si associa anche l’uso di questo documento quale base per stabilire le imposte gravanti sul reddito prodotto dall’azienda nel periodo considerato.
A tale funzione universale se ne associano altre:
! Il bilancio d’esercizio quale strumento informativo per permettere ai proprietari dell’azienda di valutare l’operato degli amministratori, cioè di coloro che concretamente dirigono l’azienda impegnandosi con l’attività quotidiana di governo. ! Il bilancio d’esercizio quale strumento di controllo a consuntivo della gestione
aziendale a vantaggio dei decisori interni. Infatti il bilancio, proprio in quanto sintesi della gestione ed espressione della capacità dell’azienda di creare ricchezza,
possiede un contenuto conoscitivo importante anche per gli stessi amministratori e per tutti i soggetti che partecipano alle decisioni aziendali. Dalla interpretazione del bilancio emergono giudizi sulla situazione finanziaria ed economica in grado di guidare le scelte future.
! Il bilancio d’esercizio quale strumento di comunicazione tra l’azienda e un vasto gruppo di persone, gli stakeholder, interessato a conoscere lo status economico, finanziario e patrimoniale dell’azienda. Gli stakeholder, letteralmente “portatori d’interesse”, solitamente hanno rapporti con l’azienda e hanno bisogno di informazioni per valutare la capacità dell’azienda di garantire il soddisfacimento dei propri interessi3. Vi rientrano i finanziatori esterni (come le banche e i sottoscrittori di prestiti obbligazionari) che vogliono capire se l’azienda è solvibile, ovvero stimare la sua capacità di onorare gli impegni finanziari futuri; gli investitori, che stanno prendendo in considerazione una partecipazione diretta al capitale sociale; i dipendenti, clienti e fornitori, intenzionati a sapere se l’azienda è stabile e ha possibilità di sviluppo; i consumatori e le associazioni ambientali che valutano la qualità delle relazioni sociali e l’impatto ambientale della produzione; l’amministrazione finanziaria dello Stato che, a partire dal bilancio, determina il reddito imponibile. Ovviamente in funzione della tipologia di stakeholder, il bilancio tradizionalmente inteso, come prospetti contabili di Stato Patrimoniale e Conto economico, non in grado di soddisfare interamente le esigenze informative. Ad esempio, le associazioni ambientali saranno maggiormente interessate a valutare la capacità delle aziende di svolgere la propria attività riducendo l’impatto ambientale delle proprie produzioni e richiederanno pertanto informazioni specifiche in questo senso, che saranno esaudite solo con la compilazione di un apposito prospetto.
1.3 La clausola generale del bilancio
Dopo il quadro generale delle norme concernenti il bilancio d’esercizio nel nostro Paese e dopo aver illustrato quali sono le sue funzioni principali, iniziamo la nostra analisi dagli argomenti di carattere generale che definiscono il bilancio d’esercizio e il contenuto della clausola generale su cui esso si basa. Si tratta, come è noto, dell’art. 2423 c.c. che assume carattere fondamentale.
In particolare, l’articolo 2423, al 1° comma, stabilisce che “gli amministratori devono
redigere il bilancio, formato dallo stato patrimoniale, dal conto economico, dal rendiconto finanziario e dalla nota integrativa”. Va subito notato che il diritto/dovere di redigere il bilancio spetta agli amministratori della società, ossia al vertice aziendale. Il 2° comma identifica la cosiddetta clausola generale: “il bilancio deve essere redatto con chiarezza e deve rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria della società ed il risultato economico dell’esercizio”. La citata disposizione individua, pertanto, le seguenti finalità (o clausole generali):
− chiarezza;
− rappresentazione veritiera e corretta.
1.3.1 Chiarezza
La chiarezza deve intendersi come sinonimo di comprensibilità del bilancio per un utente esterno. Lo stato patrimoniale, il Conto economico, il Rendiconto finanziario e la Nota integrativa devono essere redatti in modo tale che le informazioni contenute al loro interno siano chiare e di agevole lettura.
La chiarezza del bilancio viene identificata con il rispetto delle disposizioni relative alla struttura e al contenuto dello stesso. In particolare, il rispetto della clausola generale della chiarezza implica4:
− Il rispetto degli schemi di bilancio. Ai sensi dell’art. 2423-ter comma 1, nello stato patrimoniale e nel conto economico devono essere iscritte, nell’ordine indicato, le voci previste dagli articoli 2424 e 2425 c.c.. L’art. 2423-ter c.c. prevede, inoltre, che:
• Le voci precedute dai numeri arabi possono essere ulteriormente suddivise, senza eliminazione della voce complessiva e dell’importo corrispondente;
• È necessario aggiungere nuove voci qualora il loro contenuto non sia compreso in alcuna di quelle previste dagli articoli 2424 e 2425 c.c.;
• Le voci precedute da numeri arabi devono essere adattate quando lo esige la natura dell’attività esercitata;
• Per ogni voce dello Stato patrimoniale e del Conto economico, deve essere indicato l’importo della voce corrispondente dell’esercizio precedente.
Se le voci non sono comparabili, quelle relative all’esercizio precedente devono essere adattate; la non comparabilità, l’adattamento o l’impossibilità di questo devono essere segnalati e commentati nella Nota integrativa.
− Il divieto di raggruppamento di costi. Ai sensi dell’art. 2423-ter comma 1, le voci dello Stato patrimoniale e del Conto economico devono essere iscritte separatamente: le medesime non possono, quindi, essere raggruppate. È consentito il raggruppamento delle voci precedute da numeri arabi soltanto quando:
• Il raggruppamento, a causa del loro importo, è irrilevante ai fini della chiarezza; • Il raggruppamento favorisce la chiarezza del bilancio (art. 2423-ter comma 2
c.c.).
In questo secondo caso, la Nota integrativa deve indicare distintamente le voci oggetto di raggruppamento.
− Il divieto di compensi di partite. Ai sensi dell’art. 2423-ter comma 6 c.c. sono vietati i compensi di partita, i quali si realizzano quando vengono sommati algebricamente i valori, di segno contabile opposto, che, secondo le disposizioni del codice civile, devono essere rilevati distintamente in voci dell’attivo e del passivo dello Stato patrimoniale, oppure, in distinte poste del Conto economico. Il divieto di compensi di partita assume, quale regola generale, carattere assoluto. Fanno eccezione a tale regola alcune specifiche operazioni di carattere finanziario, per le quali la compensazione costituisce un elemento tipico dell’operazione stessa.
1.3.2 Verità e correttezza
Il bilancio deve rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria della società e il risultato economico dell’esercizio.
Secondo la relazione ministeriale al D.Lgs. 217/91, la formula “rappresentazione in modo veritiero e corretto” ha inteso costituire la fedele traduzione dell’espressione inglese “true and fair view” cui fanno riferimento le direttive comunitarie.
Per quanto riguarda l’utilizzo, da parte del legislatore, dell’aggettivo “veritiero”, molti autori concordano sul fatto che non può trattarsi di una verità assoluta ma soltanto relativa; ciò considerando la presenza più o meno marcata, nel sistema del bilancio, dei cosiddetti “valori stimati” 5 . Infatti, anche nella relazione ministeriale di accompagnamento al D.Lgs. 127/91 si osserva che: “L’uso dell’aggettivo veritiero, riferito alla rappresentazione della situazione patrimoniale, economica e finanziaria, non significa pretendere dai redattori del bilancio, né promettere ai lettori di esso, una verità oggettiva di bilancio, irraggiungibile con riguardo ai valori stimati, ma richiedere che i
redattori del bilancio operino correttamente le stime e ne rappresentino il risultato”. Quindi per veridicità si intende che i dati aziendali devono offrire un “quadro fedele” e i redattori devono operare correttamente le stime e le iscrizioni delle diverse voci.
Questa circostanza oggettiva comporta che la valutazione sarà influenzata da come gli amministratori interpreteranno il fluire della gestione e le relazioni tra eventi passati e probabili evoluzioni future. Poiché coloro che devono valutare sono comunque persone, ciascuna con i propri convincimenti e la propria cultura, ne consegue che il giudizio che ne scaturirà sarà comunque più o meno marcatamente soggettivo. Quindi il bilancio non potrà mai esprimere una verità assoluta e incontrovertibile. Ciò nonostante, gli amministratori dovranno comunque presentare un bilancio attendibile, che tende nel complesso a rispecchiare la realtà gestionale. In questa attenta opera di valutazione saranno di supporto i principi contabili che forniranno un insieme di regole standard di comportamento come guida per i processi valutativi. Tali regole non potranno prevedere ogni possibile situazione ma agevoleranno la “costruzione” di un quadro attendibile della dinamica futura dell’azienda. Il bilancio può dunque essere “veritiero”, non distante dalla realtà, ma non potrà mai essere “vero”6.
Si è quindi affermato7 che la chiarezza si persegue con l’applicazione rigorosa della normativa stabilita per gli schemi di bilancio, mentre la verità e la correttezza si riferiscono ai criteri di valutazione.
La clausola generale della rappresentazione veritiera e corretta, è rafforzata da due disposizioni che riguardano:
− l’obbligo di fornire informazioni complementari;
− la deroga ai criteri di valutazione previsti dal codice civile.
Inoltre il D.Lgs. 139/2015 ha modificato l’art. 2423 c.c. mediante l’inserimento del nuovo comma 4 prevedendo:
− l’introduzione del criterio della rilevanza informativa.
Obbligo di fornire informazioni complementari
Ai sensi dell’art. 2423 comma 3 c.c. “se le informazioni richieste da specifiche disposizioni di legge non sono sufficienti a dare una rappresentazione veritiera e corretta, si devono fornire le informazioni complementari necessarie allo scopo”. Tale disposizione rende palese che il postulato della rappresentazione attendibile è così
6 A. QUAGLI, “Bilancio d’esercizio e principi contabili”, G. Giappichelli editore, Torino, 2015, pag. 25. 7 F.PODDIGHE cit. pag. 6.
importante che, qualora gli amministratori non lo ritengano raggiunto applicando le specifiche norme di legge in tema di bilancio, gli stessi devono inserire le informazioni mancanti, non previste dalla legge, necessarie per garantire la rappresentazione veritiera e corretta.
Deroga ai criteri di valutazione previsti dal codice civile
Ai sensi dell’art. 2423 comma 5 c.c. “se, in casi eccezionali, l’applicazione di una disposizione degli articoli seguenti è incompatibile con la rappresentazione veritiera e corretta, la disposizione non deve essere applicata”.
Pertanto, il redattore deve derogare all’applicazione delle disposizioni di legge sul bilanci e, quindi, applicare criteri diversi da quelli previsti dalla legge stessa, quando sussistono contemporaneamente le seguenti situazioni:
− eccezionalità del caso;
− necessità della deroga al fine della rappresentazione veritiera e corretta.
A tal proposito, il documento OIC 11 (“Finalità e postulati del bilancio d’esercizio secondo la legislazione civilistica”), prevede che la disposizione è volta a rafforzare la portata della clausola generale della rappresentazione veritiera e corretta, facendola prevalere rispetto ai criteri specifici di rappresentazione o valutazione previsti dal codice civile, al fine di ottenere un’immagine veritiera e corretta a livello sostanziale e non solo formale.
Sempre ai sensi dell’art. 2423 comma 5, in tali casi la Nota Integrativa deve: − motivare la deroga;
− indicarne l’influenza sulla rappresentazione della situazione patrimoniale, finanziaria e sul risultato economico.
Qualora la deroga al criterio di valutazione determini l’emersione di un maggior valore dei beni dell’attivo, gli eventuali utili derivanti dalla deroga devono essere iscritti in un’apposita riserva non distribuibile, se non in misura corrispondente al valore recuperato (mediante l’alienazione o il processo di ammortamento). Ad esempio, se la deroga fosse costituita da una rivalutazione, l’importo non distribuibile sarebbe costituito dall’incremento di valore non ancora ammortizzato. Tale riserva si renderà disponibile, quindi distribuibile, nel momento in cui verrà completato l’ammortamento del maggior valore generato dalla rivalutazione.
Una dottrina8, ha evidenziato come l’art. 2423, comma 5, parli di “riserva non distribuibile”: con un’interpretazione estensiva della norma si potrebbe ritenere che questa riserva possa essere utilizzata per la copertura di perdite pregresse, non costituendo questa operazione una distribuzione di utile. Naturalmente, se così fosse, incomberebbe sugli amministratori l’obbligo di ricostituire negli anni successivi l’accantonamento utilizzato. Certo, sarebbe stato preferibile che il legislatore avesse usato la locuzione “riserva non disponibile”, rendendola così non utilizzabile fino al momento del recupero integrale del relativo valore.
È opportuno ribadire come la deroga alle disposizioni di legge sia ammessa in casi eccezionali; tuttavia, il legislatore non ha segnalato quali abbiano carattere eccezionale. Come precisato dalla Relazione ministeriale al D.Lgs. 127/91, “dovrà comunque trattarsi di casi veramente eccezionali, essendo evidente che le specifiche norme relative alla struttura e alle valutazioni sono dettate proprio al fine di assicurare la rappresentazione veritiera e corretta in tutte le situazioni normalmente ricorrenti”. Pertanto, il criterio previsto dal codice civile può essere disapplicato qualora sia sopravvenuto qualche particolare evento che abbia modificato il valore del bene, rendendolo nettamente superiore a quello che esso aveva al momento del sostenimento del costo. Si pensi, ad esempio, agli incrementi di valore derivanti dai seguenti casi9: − immobile adibito a sede dell’impresa ricompreso in zona artigianale che è diventata
residenziale;
− terreno inedificabile che diviene edificabile;
− miniera di carbone abbandonata nuovamente sfruttabile; − scoperta di un pozzo di petrolio nel terreno di proprietà;
− ristrutturazione aziendale con mutamento di destinazione economica dei beni. Non costituiscono invece casi eccezionali:
− il processo inflattivo e l’andamento del mercato (Relazione ministeriale al D.Lgs. 127/91);
− i mutamenti specifici dei prezzi dei beni di cui la società si avvale; − la destinazione alla vendita di beni strumentali.
8 F. PODDIGHE, “Profili di economia aziendale e di ragioneria. Bilancio di esercizio, valori mobiliari, imposte sul reddito e I.V.A.”, CEDAM, Padova, 2003, pag. 8.
Introduzione del criterio della rilevanza informativa
Il D.Lgs. 139/2015 ha modificato l’art. 2423 nella misura in cui dispone al quarto comma che “Non occorre rispettare gli obblighi in tema di rilevazione, valutazione, presentazione e informativa quando la loro osservanza abbia effetti irrilevanti al fine di dare una rappresentazione veritiera e corretta. Rimangono fermi gli obblighi in tema di regolare tenuta delle scritture contabili. Le società illustrano nella nota integrativa i criteri con i quali hanno dato attuazione alla presente disposizione”.
La modifica in sostanza afferma che il bilancio può omettere l’esposizione e il commento di importi irrilevanti, chiedendo solo alle società di commentare in Nota integrativa la politica adottata a tale riguardo. Si devono però considerare i possibili rischi relativi; infatti, un’azienda potrebbe applicare il principio della rilevanza in modo opportunistico, evitando di presentare e commentare importi relativi a voci che, pur se quantitativamente irrilevanti, lo sono dal punto di vista qualitativo, come ad esempio sanzioni e multe ricevute o costi per penalità dovute nei rapporti commerciali. Si tratta di un principio relativo, il cui apprezzamento non può che essere fatto caso per caso, in base alla dimensione e alle caratteristiche del fenomeno considerato e del contesto societario nel quale esso trova collocazione.
1.4 I principi di redazione del bilancio
I “principi di redazione del bilancio” sono illustrati dall’art. 2423-bis e sono principi di attuazione della clausola generale. Da essi discendono inoltre gli specifici criteri per le concrete valutazioni di bilancio. In altri termini, si tratta dell’anello di congiunzione tra l’art. 2423, che indica la finalità del bilancio d’esercizio (rappresentazione chiara, veritiera e corretta), e l’art. 2426 che disciplina in modo particolareggiato i vari criteri di valutazione. Quindi con l’art. 2423-bis il legislatore indica i requisiti che i singoli criteri di valutazione (dettati dall’art. 2426) devono possedere al fine di una rappresentazione chiara, veritiera e corretta della situazione patrimoniale, finanziaria ed economica dell’azienda.
A tal proposito, si fa riferimento ai seguenti sei principi10: • Prudenza;
• Prevalenza della sostanza sulla forma; • Continuità della gestione;
• Competenza economica;
• Valutazione separata;
• Continuazione dei criteri di valutazione.
La relazione ministeriale al D.Lgs. 127/91 ha sottolineato che nella disciplina civilistica non sono state espressamente recepite tutte le regole contenute nell’art. 31 della IV direttiva CEE, in quanto alcune di esse erano ovvie o implicite in altre. Si tratta, in particolare, dei seguenti principi:
− Il principio secondo cui si deve stanziare la totalità delle quote di ammortamento, indipendentemente dal risultato (utile o perdita) dell’esercizio;
− Il principio del costo come base di riferimento per le valutazioni di bilancio;
− Il principio secondo cui lo Stato patrimoniale d’apertura deve coincidere con quello di chiusura dell’esercizio precedente.
Il documento OIC 11 (“Postulati del bilancio d’esercizio”) individua, inoltre, ulteriori postulati, quali:
• Utilità del bilancio d’esercizio per i destinatari e completezza dell’informazione; • Comprensibilità;
• Neutralità (imparzialità);
• Periodicità della misurazione del risultato economico e del patrimonio aziendale; • Comparabilità;
• Omogeneità;
• Significatività (rilevanza);
• Costo come criterio base delle valutazioni;
• Conformità del procedimento di formazione del bilancio ai principi contabili; • Funzione informativa e completezza della Nota integrativa;
• Verificabilità dell’informazione.
Di seguito vengono analizzati i citati principi.
1) PRUDENZA
Il principio della prudenza è enunciato dal punto 1 dell’art. 2423-bis c.c., ai sensi del quale “la valutazione delle voci deve essere fatta secondo prudenza (…)”. Il concetto viene, inoltre, precisato nei seguenti punti 2 (“si possono indicare esclusivamente gli utili realizzati alla data di chiusura dell’esercizio”) e 4 (“si deve tener conto dei rischi e delle perdite di competenza dell’esercizio, anche se conosciuti dopo la chiusura di questo”).
Per quanto sopra, secondo il principio della prudenza, nel bilancio d’esercizio devono essere rilevati:
− Soltanto gli utili realizzati, con esclusione di quelli non realizzati. Quindi al risultato d’esercizio devono concorrere solo i ricavi realizzati derivanti da operazioni concluse mentre gli utili attesi, ma non ancora definitivamente realizzati, non devono essere iscritti.
Esempio: la società Gamma S.r.l. è proprietaria di un immobile, del valore netto contabile, al 31 dicembre dell’anno X, di euro 150.000. Il valore di mercato dell’immobile, alla data, è pari ad euro 230.000. Secondo il postulato della prudenza, la plusvalenza non realizzata di euro 80.000, non può essere contabilizzata fintanto che non è realizzata, ovvero fino alla data di effettiva cessione dell’immobile.
− Tutte le perdite, comprese quelle presunte o probabili, devono essere iscritte in bilancio anche se non definitivamente realizzate e anche se conosciute dopo la data di chiusura dell’ esercizio.
Esempio: la società Gamma S.r.l. è proprietaria di un immobile, del valore netto contabile, al 31 dicembre dell’anno X, di euro 150.000 e detenuto per la vendita sul mercato. A fine anno, emergono i primi segnali di una forte flessione nel mercato immobiliare; in particolare risulta che il valore corrente dell’immobile è pari a euro 110.000. Secondo il postulato della prudenza, la minusvalenza non realizzata di euro 40.000, deve essere contabilizzata al 31 dicembre dell’anno X, in quanto si tratta di una perdita di competenza dell’esercizio.
Il principio della prudenza rappresenta uno degli elementi fondamentali del processo valutativo di formazione del bilancio. Tuttavia la corretta applicazione del principio di prudenza non deve comportare eccessi al contrario, ovvero condurre a scorrette sottovalutazioni del patrimonio aziendale che al pari delle sopravvalutazioni, risulterebbero pregiudizievoli dell’interesse dei soci e renderebbero il bilancio inattendibile e non corretto.
Quanto sopra assume rilievo soprattutto in relazione alla valutazione dei rischi e delle incertezze connessi con l’andamento operativo aziendale: gli stazionamenti devono essere ragionevolmente effettuati, in modo tale da assicurare la copertura delle perdite potenziali derivanti dal realizzo di attività e dalla definizione di passività (reali e potenziali).
Il principio della prudenza risulta strettamente correlato sia con il postulato della valutazione separata degli elementi eterogenei ricompresi nelle singole voci (art. 2423-bis comma 1 n. 5 c.c.), sia con il divieto di compensi di partite (art. 2423-ter comma 6 c.c.). L’applicazione di tali principi evita, infatti, compensazioni tra perdite che devono essere rilevate e profitti che non devono essere considerati, in quanto non realizzati.
2) PREVALENZA DELLA SOSTANZA SULLA FORMA
Il principio della prevalenza della sostanza sulla forma implica che gli eventi e i fatti di gestione siano rilevati sulla base della loro sostanza economica (cioè l’essenza, la vera natura) e non sulla base di aspetti meramente formali.
Secondo il principio contabile OIC 11 (“Postulati del bilancio d’esercizio), affinché il bilancio possa rispettare le sue specifiche finalità, è necessario determinare e comprendere gli aspetti sostanziali di ciascun evento aziendale e non solo i suoi aspetti formali.
In merito, possono presentarsi problematiche diverse: ad esempio, alcuni fatti di gestione traggono origine da contratti che possono trovare regolamentazione in una normativa generale o specifica; alcuni contratti sono singoli ed indipendenti, mentre altri fanno parte di più complesse operazioni; per molti contratti, l’essenza dell’operazione risulta facilmente conoscibile, mentre, per altri, la particolarità o complessità delle clausole richiede un’attività di interpretazione per comprendere la vera essenza del contratto; in numerose situazioni, vi è concordanza tra l’aspetto sostanziale e l’aspetto formale del contratto, in altre, tale concordanza non si verifica. Ad esempio, la banca Alfa S.r.l. stipula un contratto di riporto di titoli azionari con la società Gamma S.r.l.. In base al contratto, la Alfa S.r.l. vende a pronti titoli azionari X per Euro 1.000 alla Gamma S.r.l. impegnandosi a riacquistarli a termine ad euro 1.200. Da un punto di vista formale, l’operazione costituisce:
• Per Alfa S.r.l.: una cessione di titoli azionari X; • Per Gamma S.r.l.: un acquisto di titoli X.
Da un punto di vista sostanziale, invece, l’operazione deve essere inquadrata come: • Per Alfa S.r.l.: un finanziamento passivo di euro 1.000, garantito dai titoli X; • Per Gamma S.r.l.: un finanziamento attivo di euro 1.000.
Pertanto, secondo il postulato della prevalenza degli aspetti sostanziali su quelli formali, i titoli oggetto di riporto devono continuare ad essere rilevati nel bilancio di Alfa S.r.l., in quanto l’operazione, in base alla sostanza economica, costituisce un finanziamento,
ed il passaggio di proprietà dei titoli avviene soltanto per garantire il finanziamento medesimo.
Individuata la sostanza economica dell’operazione, bisogna altresì considerare gli aspetti formali. Possono verificarsi le seguenti situazioni:
− Gli aspetti formali e quelli sostanziali concordano; pertanto, la contabilizzazione, valutazione ed esposizione dell’evento nel bilancio è effettuata, nel rispetto della normativa e dei postulati del bilancio, in base alla sostanza dell’operazione, la quale costituisce l’elemento prevalente. Tornando all’esempio precedente, tali operazioni devono essere iscritte, da parte del cessionario, come crediti verso il cedente e, da parte del cedente, come debiti verso il cessionario, mentre i titoli continuano a figurare nel bilancio del cedente.
− Le norme civilistiche e/o fiscali relative a particolari fattispecie rendono opportuna una specifica contabilizzazione che differisce da quella basata sulla sostanza economica dell’operazione. In tali situazioni, nelle quali la contabilizzazione non può effettuarsi in base alla sostanza dell’operazione, affinché il bilancio possa rispettare le sue specifiche finalità, si devono fornire nella Nota integrativa tutti gli elementi e i dati atti ad esprimerla. Si pensi, ad esempio, alle operazioni di locazione finanziaria.
− Le norme civilistiche impongono la rilevazione dell’operazione in base agli aspetti formali, ma non impediscono che la sostanza economica possa riflettersi diversamente sotto il profilo contabile. In tali situazioni, gli effetti dell’operazione vanno trattati secondo la sostanza economica e si devono fornire le necessarie informazioni in Nota integrativa.
In termini di postulati di bilancio con il D.Lgs. 139/2015 viene modificato l’art. 2423-bis, eliminando, al comma 1 n. 1, la disposizione in base alla quale la valutazione delle voci deve avvenire “tenendo conto della funzione economica dell’elemento dell’attivo o del passivo considerato”. Parallelamente, viene inserito il n. 1 bis, ai sensi del quale “la rilevazione e la presentazione delle voci è effettuata tenendo conto della sostanza dell’operazione o del contratto”.
La nuova formulazione dell’art. 2423-bis c.c. consente di chiarire che la sostanza va riferita al contratto o all’operazione, piuttosto che alla voce dell’attivo o del passivo di bilancio.
L’introduzione piena, nel nostro ordinamento, del principio della prevalenza della sostanza sulla forma porterebbe a contabilizzare le operazioni di leasing secondo il c.d. “metodo finanziario”.
Per contro il D.Lgs. 139/2015 non ha apportato modifiche all’art. 2427 co. 1 n. 22 (che individua l’informativa da riportare in Nota integrativa con riferimento ai contratti di locazione finanziaria). Circostanza che presuppone l’adozione del cosiddetto “metodo patrimoniale”.
La relazione illustrativa al D.Lgs. precisa, al riguardo, che il legislatore ha ritenuto preferibile mantenere l’attuale impianto normativo, in attesa che si definisca il quadro regolatorio internazionale sul leasing e si possa, quindi, riorganizzare la materia in modo complessivo.
3) CONTINUITA’ DELLA GESTIONE
Ai sensi dell’art. 2423-bis comma 1 n. 1 “la valutazione delle voci deve essere fatta (…) nella prospettiva di continuazione dell’attività”. Infatti il bilancio d’esercizio è volto a fornire informazioni patrimoniali, finanziarie ed economiche di un’impresa in funzionamento, cioè di un’impresa caratterizzata da continuità operativa, e non in situazioni particolari, quali la cessione o la liquidazione, in cui i bilanci non devono rispettare tale principio.
4) COMPETENZA ECONOMICA
Ai sensi dell’art. 2423-bis comma 1 n. 3 e 4 :
− Si deve tener conto dei proventi e degli oneri di competenza dell’esercizio, indipendentemente dalla data dell’incasso o del pagamento;
− Si deve tener conto dei rischi e delle perdite di competenza dell’esercizio, anche se conosciuti dopo la chiusura di questo.
Il postulato della competenza (documento OIC 11) richiede che l’effetto degli accadimenti di gestione deve essere rilevato contabilmente e deve essere attribuito all’esercizio al quale tali accadimenti si riferiscono, e non a quello in cui si concretizzano i conseguenti movimenti finanziari (incassi e pagamenti).
Secondo il documento OIC 11, i ricavi sono di competenza dell’esercizio e pertanto devono essere rilevati quando si verificano le seguenti due condizioni:
a) il processo produttivo dei beni o dei servizi è stato completato; b) lo scambio è già avvenuto.
Regole particolari riguardano la rilevazione delle opere su ordinazione in corso di esecuzione, le quali vengono valutate in base all’avanzamento dell’opera stessa.
In caso di vendita di beni, lo scambio si considera avvenuto quando si verifica il trasferimento del titolo di proprietà, e cioè (documento OIC 15):
− Alla data di spedizione o di consegna per i beni mobili;
− Alla data della stipulazione del contratto di compravendita per gli immobili e per i beni mobili soggetti a registrazione.
In caso di prestazione di servizi, lo scambio si considera avvenuto quando il servizio è reso, cioè la prestazione è effettuata.
Secondo il documento OIC 11, i costi devono essere correlati con i ricavi dell’esercizio. I costi costituiscono, infatti, la remunerazione dei fattori produttivi e sono, quindi, di competenza dell’esercizio nel quale i medesimi fattori della produzione sono utilizzati per conseguire ricavi di vendita di prodotti e di servizi.
Detta correlazione costituisce un corollario fondamentale del principio di competenza ed esprime la necessità di contrapporre ai ricavi dell’esercizio i relativi costi, siano essi certi o presunti. La correlazione costi – ricavi si può realizzare:
a) per associazione di causa ed effetto tra costi e ricavi. In questo caso l’associazione può̀ essere effettuata analiticamente e direttamente (come nel caso delle provvigioni) oppure sulla base di assunzioni del flusso dei costi (metodi FIFO, LIFO o costo medio); b) in mancanza di una o più diretta associazione, per ripartizione dell’utilità̀ o funzionalità̀ pluriennale su base razionale e sistematica (tipico esempio è rappresentato dall’ammortamento);
c) per imputazione diretta di costi al Conto economico dell’esercizio. Tale metodo di correlazione trova applicazione nei seguenti casi:
• i costi sostenuti in un esercizio esauriscono la loro utilità̀ nell’esercizio stesso oppure non è identificabile o valutabile l’utilità̀ futura;
• viene meno o non è più identificabile o valutabile l’utilità̀ futura o la funzionalità̀ di costi che erano stati sospesi in esercizi precedenti;
• l’associazione di causa ed effetto o la ripartizione dell’utilità̀ su base razionale e sistematica non siano di sostanziale utilità̀.
5) VALUTAZIONE SEPARATA
Ai sensi dell’art. 2423-bis comma 1 n. 5 c.c. “gli elementi eterogenei ricompresi nelle singole voci devono essere valutati separatamente”. In altre parole, quando una voce di bilancio contiene più elementi, questi devono essere valutati separatamente ed indicati per il loro valore complessivo.
In dottrina è stato sottolineato come tale disposizione sia volta ad evitare la compensazione, attraverso la valutazione congiunta di elementi eterogenei ricompresi nelle singole voci, tra perdite presunte e utili soltanto sperati.
6) CONTINUAZIONE DEI CRITERI DI VALUTAZIONE
Il legislatore all’art. 2423-bis comma 1 n. 6 c.c. dispone che “i criteri di valutazione non possono essere modificati da un esercizio all’altro”. Questo per permettere la comparabilità dei bilanci di diversi esercizi.
Tale principio può essere derogato soltanto in casi eccezionali e a condizione che nella Nota integrativa venga fornito adeguato ragguaglio:
− dei motivi della deroga;
− dell’effetto del cambiamento del criterio di valutazione sulla situazione patrimoniale, finanziaria e sul risultato economico.
L’eccezionalità deve essere valutata sia in relazione alla frequenza che in relazione alla natura dell’evento motivante (documento OIC 11).
Dopo aver esaminato i principi di bilancio previsti dal codice civile, analizziamo gli ulteriori postulati di bilancio individuati dal documento OIC 11.
7) UTILITA’ DEL BILANCIO D’ESERCIZIO PER I DESTINATARI E COMPLETEZZA DELL’INFORMAZIONE
I destinatari del bilancio d’esercizio sono molteplici e possono avere interessi contrapposti; pertanto, il bilancio deve essere predisposto in maniera tale da essere di concreta utilità per il maggior numero di destinatari, i quali utilizzano i dati in esso esposti per prendere ponderate decisioni.
Il bilancio d’esercizio fornisce, in prevalenza, informazioni sul presente e sul passato. Tuttavia, i dati in esso esposti devono poter essere utilizzati anche per effettuare previsioni sugli andamenti operativi futuri; molti degli atti economici compiuti dai destinatari dei bilanci riguardano, infatti, il futuro. Ad esempio, i creditori utilizzano il bilancio per valutare le prospettive di recupero del proprio credito; gli azionisti e coloro che sono interessati all’acquisto di azioni analizzano gli utili conseguiti e la situazione patrimoniale-finanziaria presente, in modo tale da dedurre orientamenti sul futuro andamento degli utili e sulla capacità di distribuire dividendi e da valutare il prezzo di acquisto delle azioni.
A tal fine, l’informazione patrimoniale, finanziaria ed economica esposta nel bilancio d’esercizio deve essere:
− Attendibile;
− Analitica e intellegibile; − Completa.
La medesima deve, inoltre, scaturire da un insieme unitario ed organico di documenti.
8) COMPRENSIBILITA’
Il bilancio d’esercizio deve essere comprensibile; pertanto, deve essere analitico e corredato dalla Nota integrativa. Tuttavia, l’informativa fornita non deve essere eccessiva e superflua.
Alcuni elementi che caratterizzano la comprensibilità del bilancio sono:
− la distinta indicazione dei singoli componenti del reddito e del patrimonio, classificati in voci omogenee e senza effettuazione di compensazioni;
− la netta distinzione tra componenti ordinari di reddito e componenti di natura straordinaria;
− la separata classificazione dei costi e dei ricavi della gestione tipica degli altri costi e ricavi d’esercizio.
9) NEUTRALITA’ (imparzialità)
Il bilancio d’esercizio è predisposto per una moltitudine di destinatari. Il medesimo deve, pertanto, fondarsi su principi contabili indipendenti ed imparziali verso tutti i destinatari, senza servire o favorire gli interessi o le esigenze di particolari gruppi. La neutralità o imparzialità̀ deve essere presente in tutto il procedimento di formazione del bilancio e soprattutto in relazione agli elementi che presentano caratteri di più o meno marcata soggettività, cioè che implicano un impegnativo processo di previsione e di stima. Si pensi, ad esempio, alla determinazione della vita economica (vita utile) degli impianti, alla svalutazione del magazzino per obsolescenza, alla svalutazione dei crediti per inesigibilità̀, alla formazione e determinazione dei costi. Il procedimento di formazione del bilancio deve, quindi, essere improntato sulla competenza e sulla onestà del redattore e richiede discernimento, oculatezza e giudizio per quanto concerne gli elementi soggettivi.
Il reddito di esercizio che scaturisce dal procedimento di formazione del bilancio deve costituire il “reddito prodotto”, cioè conseguito dall’impresa nel periodo amministrativo di riferimento.
Le politiche di livellamento dei redditi, cioè̀ le politiche che realizzano il conguaglio dei risultati d’esercizio mediante taciti accantonamenti nei «periodi favorevoli» e tacite
utilizzazioni nei «periodi sfavorevoli», contrastano con le finalità̀ del bilancio d’esercizio.
L’imparzialità̀ contabile insieme alla costanza di applicazione dei criteri di valutazione nel tempo, devono, quindi, assicurare che la determinazione del reddito d’esercizio avvenga in modo svincolato dal succedersi di «fasi favorevoli» e di «fasi sfavorevoli». Le politiche di livellamento dei dividendi possono invece essere realizzate formando o sciogliendo riserve palesi di utile.
Un aspetto significativo della neutralità̀ è il seguente:
Incompatibilità̀ delle finalità̀ del bilancio d’esercizio con l’inclusione delle valutazioni prospettiche dell’investitore. Nel senso che le valutazioni prospettiche del soggetto cessionario d’azienda, e le sue conclusioni in merito all’acquisto, non devono essere considerate nella determinazione dei valori ai fini della redazione del bilancio d’esercizio, stante l’incompatibilità di un tale comportamento con le finalità del bilancio.
10) PERIODICITA’ DELLA MISURAZIONE DEL RISULTATO ECONOMICO E DEL PATRIMONIO AZIENDALE
Il bilancio d’esercizio (o di funzionamento) si riferisce ad un dato periodo amministrativo (o esercizio) e non all’intera vita aziendale.
11) COMPARABILITA’
Nell’ambito della stessa impresa, la comparabilità dei bilanci a date diverse è subordinata alla sussistenza nelle seguenti condizioni:
− costanza della forma di presentazione: la classificazione, la separazione e l’identificazione per gruppi omogenei delle voci deve essere uguale o almeno comparabile;
− costanza dei criteri di valutazione adottati. L’eventuale cambiamento deve essere giustificato da circostanze eccezionali per frequenza e natura e il suo effetto sul risultato dell’esercizio e sul patrimonio netto deve essere propriamente evidenziato; − chiara esposizione dei mutamenti strutturali (acquisizioni, fusioni, cessioni, ecc.) e
degli eventi di natura straordinaria.
Mentre la comparabilità tra bilanci di imprese diverse risulta maggiormente difficile da realizzare rispetto alla comparabilità tra bilanci della stessa impresa, stante la possibilità, concessa dal legislatore, di utilizzare criteri di valutazione alternativi.
Pertanto, è necessario evidenziare, all’interno della Nota integrativa, i criteri di valutazione adottati, le circostanze che giustificano i cambiamenti nei criteri di
valutazione e i loro effetti, i cambiamenti apportati nell’esposizione delle voci di bilancio, i cambiamenti strutturali e gli eventi di natura straordinaria, se non direttamente conoscibili dai prospetti di bilancio.
12) OMOGENEITA’
L’omogeneità attiene la moneta di conto, cioè l’unità di moneta nella quale i vari componenti attivi e passivi del capitale d’impresa sono espressi.
13) SIGNIFICATIVITA’ (rilevanza)
Il bilancio d’esercizio deve esporre i fatti e le informazioni che hanno un effetto significativo e rilevante sul processo decisionale dei destinatari.
Il procedimento di formazione del bilancio implica l’effettuazione di stime in funzione di dinamiche prospettiche. Pertanto, la correttezza dei dati di bilancio non si riferisce soltanto all’esattezza aritmetica, bensì soprattutto alla correttezza economica, alla ragionevolezza, all’attendibilità del risultato che viene ottenuto dall’applicazione oculata ed onesta dei procedimenti di valutazione adottati nella stesura del bilancio. Errori, semplificazioni e arrotondamenti sono tecnicamente inevitabili e trovano il loro limite nel concetto di rilevanza: essi, cioè, non devono essere di portata tale da avere un effetto rilevante sui dati di bilancio e sul loro significato per i destinatari.
14) COSTO COME CRITERIO BASE DELLE VALUTAZIONI
Il costo, inteso come complesso degli oneri che un’impresa effettivamente sostiene per procurarsi un dato bene (fattore produttivo), costituisce il criterio base per le valutazioni di bilancio dell’impresa in funzionamento.
Le ragioni che inducono a tale scelta possono così riassumersi:
− Il costo non rappresenta soltanto la spesa sostenuta per l’acquisizione di beni, ma rappresenta anche il valore delle loro qualità funzionali, ossia è espressione del loro valore di funzionamento;
− Il costo è, teoricamente, il criterio che lascia minor spazio agli apprezzamenti soggettivi;
− Il criterio del costo è di facile applicabilità ed attuazione.
Il costo costituisce uno dei metodi utilizzati per misurare il valore (inteso come funzionalità) dei beni e non deve essere considerato quale valore inderogabile di bilancio. È necessario, infatti, riesaminare continuamente il costo originario, in modo tale da determinare la misura residua e, se del caso, rilevare una perdita.