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Comunicazione online e responsabilita sociale d'impresa: chi ne resta fuori? Un'analisi empirica

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Academic year: 2021

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Università di Pisa

Dipartimento di Scienze Politiche

Corso di Laurea Magistrale in Comunicazione d'Impresa e Politica delle

Risorse Umane classe LM59

Tesi di Laurea

Comunicazione Online e Responsabilità Sociale d'Impresa: chi

ne resta fuori? Un'analisi Empirica

Candidato:

Relatore:

Luca Bassi

Prof. Andrea Mangani

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Introduzione

La responsabilità sociale d'impresa (RSI) occupa al giorno d'oggi un posto di rilievo nell'agenda delle principali organizzazioni globali, e non solo. Le organizzazioni imprenditoriali tendono ad adottare, con sempre maggiore frequenza, orientamenti etici finalizzati ad uno sviluppo (anche economico) sostenibile, promuovendo valori ed adottando strategie e pratiche di sostegno sociale. Un’esplorazione casuale sui siti web delle principali imprese internazionali rivela sempre più spesso: link ai report di sostenibilità, link ai documenti di comunicazione etica, come i bilanci sociali o i bilanci ambientali, sezioni dedicate al codice etico e ai valori promossi dall'azienda, oppure documenti che attestano il possesso delle principali certificazioni in materia. Assistiamo anche ad un crescente impegno nel destinare risorse a svariate iniziative sociali, che vanno dalla sensibilizzazione della comunità alla protezione ambientale, alle pratiche commerciali socialmente responsabili; la responsabilità sociale d’impresa viene infatti definita da Kotler e Lee (2005) come "un impegno per migliorare il benessere [sociale] attraverso pratiche commerciali discrezionali e

contributi di risorse aziendali". Questo ritrovato impegno risulta sì come una forza positiva per il

cambiamento sociale, ma anche un veicolo per ritorni commerciali dalle molteplici sfaccettature che le società possono ottenere facendosi carico di una o più cause sociali. Non è raro infatti trovare consumatori, attenti alla responsabilità sociale delle imprese, che premiano questa condotta, acquistando i loro prodotti, o promuovendo l'organizzazione con il passaparola positivo e, parallelamente, penalizzando quelle imprese che non adottano comportamenti virtuosi. La presente tesi è volta ad analizzare non tanto i ritorni economici e commerciali derivanti dall'impegno sociale o ad un'analisi storica sull'argomento, quanto a individuare l'ammontare di imprese sensibili alle questioni etico-sociali, mediante l'analisi dei siti web di un campione di aziende operanti sul territorio toscano. Il lavoro è suddiviso in tre capitoli. Il primo capitolo è dedicato all’analisi storica delle principali correnti teoriche sviluppatesi nel corso del secolo, e parte dai primi contributi degli anni '50, dove il tema era affrontato prevalentemente come correzione delle problematiche sociali prodotte dal sistema economico liberista. Si arriva poi allo scenario più recente (a partire quindi dagli anni '90), dove il tema della responsabilità sociale d'impresa ha assunto quasi il connotato di funzione specifica all'interno dell'organizzazione aziendale e presentandosi non più, solo, come una serie di comportamenti atti alla tutela di ogni altro sistema sociale con il quale l'impresa si trova inevitabilmente ad operare, ma come una vera e propria strategia usata come segno distintivo rispetto ai competitor, per ottenere quindi un

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3 vantaggio competitivo. Il primo capitolo include anche alcune considerazioni riguardanti la gestione della RSI, ed in particolare al modo in cui essa è comunicata e trasmessa a tutti i soggetti interessati; sono presi in considerazione argomenti come che cosa comunicare (quindi i contenuti del messaggio), quali sono i canali utilizzati nella comunicazione e quali fattori contingenti che possono o meno influenzarla.

Anche il secondo capitolo tratta di comunicazione della RSI ma, nello specifico, l'attenzione è rivolta a quella comunicazione attuata grazie alle tecnologie informatiche. Vengono quindi discussi temi come: attori, canali e contenuti della comunicazione via web. Nella presentazione di questi argomenti sono evidenziati gli aspetti positivi della comunicazione via web, come ad esempio la sua tempestività e la possibilità, che offre, di raggiungere un pubblico potenzialmente molto elevato; sono anche discussi alcuni aspetti negativi, come l'impossibilità, per le imprese, di avere il totale controllo sui contenuti e sugli argomenti trasmessi online; a ciò si lega, in svariati contesti, la fine della distinzione tra produttore e consumatore (in senso stretto) di contenuti. Altra problematica è il rischio di ottenere scarsa credibilità con conseguente perdita reputazionale, elementi che possono portare alla “chiusura” delle attività svolte. Il secondo capitolo tenta di introdurre gli argomenti trattati nel terzo, poiché prende in considerazione uno dei quesiti più interessanti che ci siamo posti per avviare il progetto di tesi, ovvero: "perché le imprese, nell'era

digitale, non sono presenti sulla rete con un proprio sito web?".

Il terzo capitolo è dedicato ad una ricerca empirica, condotta utilizzando un campione di imprese delle province di Pisa, Lucca, Livorno e Massa Carrara, e aventi un fatturato superiore a cinque milioni di euro1. L’anno di riferimento è il 2017. Nel terzo capitolo il possesso di un sito web e la

comunicazione online della RSI sono poste in relazione alle caratteristiche delle imprese, come le dimensioni, la localizzazione geografica, e il settore di appartenenza. Poiché molte imprese del campione non dispongono di un sito web e, tra quelle che lo hanno, soltanto un terzo includono elementi di RSI sulle proprie pagine, nel capitolo si tenterà di analizzare le ragioni di queste sorprendenti “lacune” delle imprese toscane.

1 Questa tesi si inquadra in un più ampio progetto di ricerca riguardante la comunicazione in RSI. La raccolta

dei dati sulla comunicazione online delle imprese toscane era iniziata durante un tirocinio di ricerca della dott.ssa Gabriella di Maio che aveva condotto a una tesi sulla comunicazione online della RSI. La presente tesi è quindi un’estensione del lavoro precedente (dato anche l’allargamento della base di dati) con un approfondimento sull’assenza di comunicazione della RSI delle imprese di alcune province toscane.

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Capitolo 1

1.1 Definizione della Responsabilità Sociale d'Impresa (RSI)

Fornire una definizione immediata e calzante del concetto di responsabilità sociale d'impresa (RSI) non risulta un'attività così semplice come a prima vista potrebbe apparire, ma è proprio il dibattito scaturito dietro a questa difficoltà che ha contribuito, nel corso del tempo, a definirla e ridefinirla e soprattutto a porre l'accento su tematiche che risultavano scontate o addirittura irrilevanti. La responsabilità sociale d’impresa viene definita dal Libro Verde della Commissione Europea, si tratta di un documento che stimola la riflessione su specifici temi. Il documento nato dal vertice europeo di Lisbona (2000), poneva per l’Unione Europea obiettivi quali: crescita sostenibile, miglioramento qualitativo dell’occupazione e una maggiore coesione sociale. L’anno successivo, la commissione delle Comunità Europee presenta a Bruxelles (2001), il Libro Verde2 dal titolo

“Promuovere un quadro europeo per la responsabilità sociale delle imprese” nel quale è definita la Responsabilità Sociale D’Impresa come “Integrazione volontaria delle preoccupazioni sociali e ambientali delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei rapporti con le parti interessate.” La RSI punta dunque ad ottimizzare quello che è l'impegno delle organizzazioni verso la sostenibilità, in altre parole punta a far raggiungere il grado di massima armonia tra organizzazione e ambiente sociale, all'interno del quale risulta inserita; la leva con cui la RSI si propone di dirottare i comportamenti è la volontarietà, di fatto un approccio socialmente responsabile all'attività d'impresa. Non è un qualcosa di imposto da leggi o obblighi giuridici, risulta piuttosto come un'autocoscienza o un grado di maturità che permette di avere una visione più ampia di quella che è l'attività d'impresa in senso stretto, il cui fine non è soltanto rivolto alla produzione di beni o servizi, ma anche alla piena soddisfazione dei bisogni degli attori che gravitano attorno alla sua orbita, divenendo quindi artefici sia dello sviluppo economico che sociale.

2 I libri verdi sono documenti pubblicati dalla Commissione Europea con l'obiettivo di invitano le parti

interessate, enti o individui, a partecipare a consultazioni e dibattiti su delle proposte presentate. I libri verdi possono dare origine a sviluppi legislativi che vengono poi proposti nei libri bianchi (EUR-Lex).

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5 La RSI si configura come un insieme di responsabilità che l'impresa e il management hanno nei confronti di tutti i soggetti coinvolti e influenzati dall'attività operativa, così da ottenere, da un lato, un'equa redistribuzione del valore creato dall'attività aziendale e, dall'altro, una minimizzazione dell'impatto dell'attività stessa. Ciò risulta in linea con quanto definito da Lorenzo Sacconi: " un modello di governance allargata d’impresa, in base alla quale chi governa l’impresa ha responsabilità che si estendono dall’osservanza di doveri fiduciari nei riguardi della proprietà ad analoghi doveri fiduciari nei riguardi in generale di tutti gli stakeholder” (Sacconi, 2004).

Un'organizzazione opera in maniera socialmente responsabile se soddisfa tre condizioni: la prima è investire nel sistema risorse umane, quindi reclutamento, formazione e gestione nel pieno rispetto della parità di diritti e trattamento; la seconda è limitare la propria traccia sull'ambiente esterno, ridurre l'impatto ambientale del proprio operato restando anche al passo con le nuove tecnologie e i processi produttivi ecosostenibili; infine investire e cooperare con le comunità locali, nel pieno rispetto delle problematiche sociali e ambientali.

Adottare un approccio socialmente responsabile serve per creare una sinergia tra l'azienda e l'ambiente, coordinando le sue attività con il rispetto delle responsabilità sociali, etiche e ambientali in collaborazione con tutte le parti collegate; e questo sottostà alla volontà dell'organizzazione di essere responsabile.

1.2 Analisi storica RSI

L'evoluzione del concetto di responsabilità sociale può essere visto come un processo, un continuum storico, che già a partire dalla prima metà del secolo scorso ha contribuito ad elevarne e definirne il significato.

Molti studi di quel periodo iniziarono ad evidenziare quanto la RSI appartenesse più alla sfera macroeconomica, e prendeva sempre più spazio l'idea che la responsabilità sociale delle imprese potesse essere il perfetto moderatore dei "difetti sociali" prodotti da un sistema, economico in particolare, governato dalle sole leggi di mercato.

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6 Questa nuova attribuzione di significato collideva con i principi della laissez-faire economy3, secondo cui il sistema doveva essere contingentato e ognuno doveva pensare alla sua area di competenza: i politici alla politica, gli attori economici come i manager, invece, avevano il compito di massimizzare la ricchezza degli azionisti.

Interessante fu anche il contributo di Johnson (1958) nel discutere la duplicità della natura umana nella teologia cristiana: " l’uomo come angelo potrebbe usare le imprese per servire uno scopo sociale, mentre l’uomo come diavolo potrebbe abusare di potere aziendale e responsabilità. Credere che le loro società servano a uno scopo sociale più ampio potrebbe condurre i manager ad assumere una visione esagerata delle loro capacità, giudizi e contributi all’impresa di cui fanno parte”.

Per Johnson possono delinearsi due vie alternative: i manager possono affermare che il loro "operare in maniera socialmente responsabile" generi benefici generali; questa via nasconde intenti ben più egoistici visto che può essere usata come vettore per mantenere o aumentare il potere economico nelle loro mani; la seconda alternativa sottostà ad atti caritatevoli e donazioni che le corporazioni effettuano a vantaggio di istituzioni e associazioni, anche se questi possono essere visti come espedienti per comprarsi la fiducia della società.

Johnson si fece pioniere del concetto: "greenwashing", intendendo con ciò la disinformazione diffusa da una organizzazione per presentarsi agli occhi della comunità come sensibile alle tematiche ambientali.

Un altro importante contributo fu prestato da Howard Bowen (1953). Nel suo testo Social

Responsability of the Businessman analizza l'aspetto individualista del tema, riferendosi non tanto

all'impatto del sistema-impresa quanto al ruolo del businessman, centro nevralgico all'interno dell'insieme che, con le sue decisioni e le sue strategie di azione, è in grado di influenzare l’ambiente circostante; per Bowen la responsabilità sociale d'impresa è: “l’obbligo del businessman a perseguire quelle politiche, a prendere quelle decisioni o a seguire quelle linee di azione che sono desiderabili in termini di obiettivi e dei valori della nostra società” (Bowen, 1953). In un contesto di prosperità economica, quale gli anni del boom economico, si affermò l'idea, avanzata da Keith Davis (1960), che i temi riguardanti la responsabilità sociale fossero prevalenti

3Termine francese che significa "lasciare solo", intendendo con ciò che meno il governo e la politica si

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7 rispetto agli aspetti economici dell'impresa, e che il management dovesse operare in tal senso; secondo Davis ogni impresa, durante l'esercizio del proprio potere sociale, deve rispondere a due presupposti: iron law of responsability, circoscrive le modalità dell'esercizio del potere sociale all'interno delle possibili conseguenze da esso scaturite e all'impegno generale in responsabilità sociale; social power equation, cioè responsabilità dell'impresa verso tutti coloro che le gravitano attorno.

E' tuttavia dalla crisi degli anni settanta che il contrasto tra liberismo e responsabilità sociale si attenua, e l'impegno sociale si integra con l'azione imprenditoriale, questo perché le imprese che non adotteranno una condotta responsabile socialmente rischiano di veder peggiorare il loro posizionamento sul mercato, a vantaggio delle imprese che operano in tal senso; si svilupparono anche nuovi sistemi di gestione manageriale come il corporate social responsiveness4 e nuovi strumenti e processi per imprimere la condotta responsabile in ogni parte dell'impresa, ad esempio: codici etici e di condotta, modelli alternativi di relazione con gli stakeholders. Nello stesso periodo nasce a New York il "Committee for Economic Development and Social

Responsabilities of Business Corporation5" che rappresenta l'impresa con tre cerchi concentrici, procedendo dall'interno verso l'esterno: il primo rappresenta funzioni economiche quali produzione e lavoro, il secondo definisce la necessità per gestire responsabilmente all'interno valori e priorità sociali, il terzo rappresenta il dovere dell'impresa nel contribuire a migliorare l'ambiente sociale in cui opera.

Gli anni ottanta sono un punto di svolta, grazie alla massima integrazione tra l'impegno in responsabilità sociale dell'impresa e gli obiettivi economici e finanziari della stessa; degni di nota a tal riguardo sono gli studi di Business Ethics6. Le imprese assumono i bisogni all'interno del proprio

ambiente sociale, li trasformano in norme di condotta e codici interni (così che tutta l'organizzazione ne sia investita) e media infine con gli interessi particolari degli stakeholder, così che anche questi si allineino ad una condotta etica e responsabile.

Degno di nota è il modello di Carroll (1979), che si propone di evidenziare i livelli di priorità che l'impresa dovrebbe adottare in ambito di responsabilità sociale; il modello analizza l'impresa sotto

4 Le imprese che desiderano gestire i rapporti con il proprio ambiente di riferimento devono maturare

l'abilità, o meglio la sensibilità, a percepire le problematiche che da esso provengono e coniugare i suoi obiettivi con le attese dei propri portatori di interesse.

5 Organizzazione non governativa guidata da imprese del settore pubblico. 6 Si intende una condotta e comportamenti etici legati alle attività economiche.

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8 quattro tipi di responsabilità (figura 1.1): economica, legale, etica e filantropica; l'osservanza dei primi due livelli è obbligatoria poiché l'impresa non può svincolarsi dalle regole del mercato e non può essere sopra queste leggi, mentre i secondi due livelli hanno una natura "volontaria" e rappresentano l'impegno di giocare un ruolo attivo e responsabile all'interno del sistema sociale; avere un'etica significa appunto impegnarsi sostenendo la collettività.

Figura 1.1: Piramide di Carroll.

Il trend filo-responsabile proseguirà anche negli anni novanta, dove ormai l'idea che una gestione rispettosa dell'ambiente sociale in cui l'organizzazione opera è ben salda in letteratura e nel management applicato; ad alimentare il favore per la RSI sono anche alcune iniziative operate dai massimi organismi internazionali, due su tutte: il Global Reporting Initiative, un report sulla

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9 sostenibilità, e l'Accountability7 che focalizza l'attenzione sul rapporto azione-conseguenza e

dunque responsabilità.

Negli ultimi anni la RSI è divenuta quasi una funzione specifica all'interno delle imprese, determinandone legittimità nei confronti del proprio ambiente e divenendo un fattore che pesa sul vantaggio competitivo di un'impresa rispetto ai competitor; a ciò aggiungiamo che le massime cariche istituzionali, ma anche i gruppi di stakeholder, esercitano pressioni sulla condotta delle organizzazioni, orientandola verso comportamenti etici e responsabili, e aumentando quindi l'impegno in RSI.

1.3 Lo scenario teorico relativo alle RSI

Sono tre i principali filoni teorici che si snodano attorno al tema della responsabilità sociale d'impresa: il primo è la teoria neoclassica, che rappresentò la visione dominante dell'argomento fino alla prima metà degli anni '70, secondo cui il fine ultimo, l'obiettivo supremo, di ogni impresa doveva essere il perseguimento di risultati economici soddisfacendo le attese dell'azionariato; in questa particolare ottica il tema della responsabilità sociale d'impresa è collegato a doppio filo con il suo obiettivo e quindi con la sua attività: lavoro, produzione e infine profitto. La prospettiva di impegno sociale era vista semplicemente in tal senso e non come il raggiungimento di una armonia sostenibile con l'ambiente sociale. Per gli economisti neoclassici8 l'impresa doveva

reperire gli input dall'esterno, trasformarli internamente, secondo modalità e processi che agli occhi del mondo potevano anche non essere svelati, e immetterli sul mercato sotto forma di

output. A perseguire gli obiettivi sociali doveva essere invece la pubblica amministrazione, visto

che ogni attività periferica o non accessoria al raggiungimento del profitto era vista come un costo aggiuntivo che sarebbe andata ad aumentare il prezzo di vendita dei prodotti finiti e di riflesso a disattendere le aspettative degli azionisti. La seconda è la teoria neo-contrattualistica che, secondo la prospettiva offerta da Sacconi, inserisce la responsabilità sociale d'impresa all'interno

7Termine che può essere tradotto con "responsabilizzazione", e si riferisce alla presa di coscienza da parte

degli operatori economici che ogni azione genera delle conseguenze, positive o negative, e che di queste conseguenze essi risultano responsabili.

8La prospettiva neoclassica vede l'impresa come una "black box", intendendo con questa espressione la

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10 della soddisfazione di un ipotetico contratto sociale, il quale definisce diritti, obblighi, impegni e limiti di tutti i portatori di interesse dell'impresa. Infine abbiamo la prospettiva dell'economia

civile. In tale solco risulta importante il contributo offerto dal modello Antoci-Sacco-Vanin (2004),

che spiega la stretta relazione tra sviluppo economico, visto come accrescimento delle risorse materiali disponibili, e la creazione di sacche di povertà, che portano inevitabilmente ad un arresto dello sviluppo stesso; la tesi degli autori è che una situazione di prosperità individuale è riconducibile anche alla possibilità che gli individui hanno di godere dei beni relazionali, gli stessi beni che vengono prodotti dall'intervento e dalla partecipazione sociale, e questo impegno a sua volta sottostà a quella che è la cultura e quindi il modus operandi di uno specifico gruppo. In sintesi, la sensibilità nei confronti di cause sociali e l'osservanza di codici di condotta sostenibili e equi dipende da come una determinata cultura produce alcuni effetti, si diffonde e viene condivisa.

1.4 Gestione della RSI

Come già anticipato, è dagli anni 2000 che la responsabilità sociale dell'impresa è inserita a pieno titolo all'interno della strategia operativa delle imprese. Tale risultato deriva anche da molti scandali balzati agli onori della cronaca, come il caso Enron9 (2001) e il caso Volkswagen10 (2015),

che hanno appunto determinato un cambio di rotta a favore della sostenibilità e nel rispetto dell'impegno sociale; è dunque da questo momento che la responsabilità sociale assume una connotazione strategica all'interno del sistema impresa.

Uno dei maggiori contributi a questa nuova accezione di RSI è offerto da Porter e Kramer e ha avuto un impatto rilevante sia sulle scelte dei responsabili delle politiche pubbliche che sui manager aziendali. I due autori ritengono che la responsabilità sociale dell'impresa vada rivista come il perfetto equilibrio tra impegno sociale stesso e strategie aziendali. In un loro lavoro del 2002, Porter e Kramer evidenziano che l'attività d'impresa deve essere tale da creare valore non

9 La Enron Corporation fu una grande multinazionale statunitense, impegnata nel settore energetico e

fallita nel 2001, i suoi agganci in politica gli permisero di ottenere numerosi aiuti sotto forma di ammorbidimenti legislativi contro l'inquinamento.

10 Il caso "dieselgate" è lo scandalo che ha colpito il produttore di autoveicoli tedesco reo di aver

manipolato e falsificato i dati sulle emissioni delle vetture diesel vendute nel mercato nordamericano e europeo.

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11 solo per se stessa e gli stakeholder ma anche per la società; successivamente nel 2006 riconobbero la superiorità della responsabilità strategica rispetto ai sistemi convenzionali, visto che quest'ultimi non si preoccupavano di individuare, affrontare e risolvere le problematiche sociali a monte bensì soltanto una volta che queste si sarebbero manifestate. Invece pianificare strategicamente la responsabilità sociale non serve solo a colmare lo spazio lasciato vuoto dagli approcci convenzionali, ma anche a creare una sorta di "posizionamento" degli impegni e obblighi sociali. In altre parole, serve anche a dare una priorità ai problemi; i due autori avanzano anche una proposta di condotta a riguardo: il comportamento socialmente responsabile delle imprese non deve essere tenuto talvolta si e altre no, ma deve essere meccanicizzato e routinizzato in tutte le operazioni di vita quotidiana aziendale.

L'adozione di queste pratiche avrebbe portato a vedere la responsabilità sociale come un'opportunità di crescita e sviluppo combinato del sistema "azienda-ambiente sociale".

In un ulteriore lavoro del 2011, Porter e Kramer introducono il concetto di creating shared value

(CSV) per proporre una realtà alternativa della responsabilità sociale d'impresa che la svincoli dalla

sua tradizionale connotazione "improduttiva", o comunque non strettamente accessoria e necessaria alla creazione di valore nell'attività aziendale; il CSV sono: "le politiche e pratiche operative che migliorano la competitività di un'azienda e al contempo fanno avanzare le condizioni economiche e sociali nelle comunità in cui operano". Sono tre i metodi per affermare il CSV: rivedere prodotti e mercati, ad esempio identificando non soltanto i benefici ma anche i rischi per la società derivanti dai prodotti aziendali; ridefinire la produttività nella filiera del valore, ripensandola sotto la luce della sostenibilità visto che l'attività produttiva si avvale anche delle risorse del territorio; sviluppare i cluster locali andando quindi a collaborare con gli agenti locali così da offrire migliorie e sviluppo del territorio a vantaggio anche del proprio posizionamento competitivo.

La CSV trova la sua efficacia se pensata in un'ottica di medio-lungo periodo, perché i risultati non possono essere immediatamente visibili (oltre che difficilmente misurabili). Risulta dunque necessario che il contesto capitalista all'interno del quale è inserita riesca “ad aspettare". Soltanto così si vedranno i frutti derivanti dall'adozione di queste pratiche; naturalmente la CSV non si propone di rivoluzionare il sistema capitalistico, ma semplicemente di promuovere visioni "illuminate" così da modificare la situazione attuale.

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12 Anche Frederick (2006) ha offerto un suo contributo sostenendo che: "la RSI, qualunque sia la sua forma, serve interessi e obiettivi aziendali ed è stata pensata per farlo sin dal suo inizio, verso la fine del XX secolo".

La connotazione strategica11 della responsabilità sociale d'impresa ha iniziato a diffondersi dagli

anni Settanta, attraverso il concetto di reattività sociale delle imprese avanzato sempre dallo stesso Frederick. Tale concetto si riferisce semplicemente alla capacità delle imprese di reagire alle pressioni sociali, e non fa leva sulle capacità proprie del manager; punta invece ad istituzionalizzare pratiche e comportamenti nel sistema azienda, spostando il focus dal perché essere socialmente responsabili al come esserlo nel modo più efficiente e razionale possibile. Questa visione diviene tuttavia fallace nel momento in cui la reattività diviene egoistica e dunque non necessariamente accompagnata da comportamenti virtuosi.

1.5 La comunicazione in RSI

L'attività di comunicazione delle iniziative sociali percorse dalle imprese risulta essere uno snodo cruciale per legittimare i propri comportamenti e allo stesso tempo stringere legami più saldi con i propri stakeholders.

L'obiettivo di questa comunicazione è quello di aumentare le visioni favorevoli e di sostegno verso l'azienda, migliorarne l'immagine, rafforzare legami e relazioni tra i suoi portatori di interesse e in ultimo costruire l'immagine di un'impresa che si sposa con uno specifico metodo di condotta (o modello comportamentale) distintivo e caratterizzante; esistono però anche alcune criticità di questa attività di comunicazione, due su tutte: asimmetria informativa tra quelli che sono gli impegni sociali dell'impresa e la consapevolezza degli stakeholders, e una ancor scarsa

11Etimologicamente, la "strategia" deriva dalla parola greca “stratēgía”, si riferisce all'articolazione dei

movimenti di un’armata militare. L'aggettivo strategico indica la volontà di mirare a uno scopo particolare o all'individuazione di obiettivi e interessi a lungo termine o generali, e ai mezzi impiegati. Gli obiettivi delle imprese private sono generalmente indirizzati al risultato economico. Duque, quando si parla di strategie nel campo della RSI, si deve legare uno scopo economico, o una qualità economica, alla stessa responsabilità.

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13 propensione alla responsabilità sociale da parte di molte imprese. Questo determina che le imprese devono necessariamente comunicare, nel modo più efficiente possibile, quelli che sono i loro impegni in responsabilità sociale così da soddisfare le aspettative di tutti i portatori di interesse che gli gravitano intorno; ad esempio i clienti si aspettano che le imprese, in particolare quelle affermate, adottino condotte socialmente responsabili come: tutela delle minoranze all'interno del contesto lavorativo, non sfruttamento del lavoro minorile, impegno nella tutela e nella salvaguardia ambientale, ecc.

Una comunicazione ben congeniata consente di promuovere l'immagine aziendale e la sua reputazione, infonde fiducia sui prodotti offerti e in ultimo, ma non per importanza, funge da moderatore del comportamento responsabile; in altre parole si propone come medium tra le aspettative dei vari stakeholder promuovendone le interazioni.

1.5.1 Che cosa comunicare: il contenuto della comunicazione

Il contenuto del messaggio può riguardare: o una causa sociale della quale l'impresa si fa portatrice, o il suo impegno specifico nella suddetta causa; il rischio che si presenta è però lo scetticismo, probabile, dei consumatori, perché quando le imprese comunicano il loro impegno in cause sociali, magari disconnesse dal loro ambito operativo, potrebbero suscitare nei consumatori un "effetto malafede", cioè una rappresentazione mentale di individui che cercano di approfittarsi di noi, di come si comportano e di come agiscono per trarre un loro esclusivo vantaggio.

Nella sua comunicazione un'azienda deve evidenziare: il suo impegno verso una causa sociale (RSI

commitment), l'impatto sulla causa stessa (RSI impact), il motivo per il quale si impegna in una

particolare iniziativa sociale (RSI motives) e la relazione tra la causa sociale e l'attività aziendale (RSI fit).

Un esempio può essere una multinazionale, conosciuta e affermata sul mercato, che si impegna in cause ambientali e nella salvaguardia di specie in via di estinzione; la comunicazione di questa attività può essere persuasiva per convincere i propri consumatori a supportare la sua causa (legandosi dunque come sponsor della causa stessa), oppure donare un ammontare fisso sul prezzo di ogni suo prodotto acquistato.

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a) RSI commitment

L'impegno verso una specifica causa può essere dimostrato dall'impresa in vari modi, tra cui: donazioni, stanziamento fondi, contributi derivanti dalle risorse aziendali (ricerca e sviluppo, campagne di sensibilizzazione, volontariato e impegno dei dipendenti o dei partner, relativamente alla causa stabilita); esistono alcuni parametri per misurare l'impegno nella causa sociale quali: l'ammontare degli input, la coerenza degli input e la durata della relazione. Esplicativo è l'esempio di Target che, nel suo rapporto del 2007 sulla responsabilità aziendale, ha parlato della sua adesione al programma Take Charge of Education, affermando che: " doniamo una percentuale sugli acquisti effettuati sulle carte di credito Target alle scuole K-1212. Da quando abbiamo lanciato

il programma nel 1997, abbiamo donato più di 246 milioni di dollari alle scuole"; l'azienda sottolinea tutti gli aspetti del suo impegno: l'ammontare degli input (246 milioni), la durata del rapporto (dal 1997) e la coerenza del sostegno (una percentuale dell'acquisto effettuato tramite le loro carte di credito).

b) RSI impact

Le imprese possono altrimenti concentrarsi sull'output della propria condotta socialmente responsabile, quindi sull'impatto sociale, o sui benefici che possono scaturire per l'ambiente sociale verso cui riferiscono la propria attività.

Incentrare la propria comunicazione in materia di RSI sull'impatto, e quindi sui risultati possibili e potenziali, dell'attività nell'ambiente sociale, risulta essere una strategia comunicativa molto forte e ben congeniata, visto che svincola la stessa condotta dall'impressione di "millanteria" spicciola (Sen et al., 2009).

In letteratura, alcuni studi condotti da Webb e Mohr (1998) hanno dimostrato una correlazione tra la durata del sostegno ad una causa sociale e il giudizio sociale: tanto più un'impresa sostiene una causa sociale, si fa quindi promotrice e paladina di quella causa, tanto più agli occhi della comunità apparirà come una condotta sinceramente indirizzata verso il miglioramento della società; al

12 K-12 è un termine usato nell’ambito educativo, e nelle tecnologie ad esso collegate, nel Nord America e

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15 contrario una campagna a breve termine potrebbe essere percepita come un tentativo dell'impresa di incrementare i propri profitti. Altri studi hanno invece trovato corrispondenze positive tra l'impatto sociale dell'attività delle imprese e ciò che i consumatori percepivano e, di riflesso, anche le loro reazioni verso l'azienda.

c) RSI motives

Un'altra possibilità di comunicare l'impegno sociale di un'impresa è quella di far leva sulle motivazioni che la spingono a adottare una determinata condotta socialmente responsabile, o a sostenere una determinata causa.

Ancora una volta l'obiettivo della comunicazione sarà ridurre lo scetticismo degli stakeholder; le imprese saranno dunque divise, proprio in virtù di suddetto obiettivo, tra il comunicare motivazioni intrinseche (che la spingono ad assumere una condotta etica e responsabile su base volontaria, per non dire quasi per vocazione), o motivazioni più materialiste (quindi l'economicità che può derivarne). Il modo corretto di comunicare i motivi dell’impegno in RSI sta nel coniugare quelle che sono le motivazioni intrinseche e quelle che sono le motivazioni economiche, sottolineando come una condotta non escluda l'altra ed anzi possono andare di pari passo verso il benessere sociale e dell'azienda stessa (Porter e Kramer, 2006). Questo perché i consumatori percepiscono questa duplicità di fini nella comunicazione e, soprattutto, se la comunicazione riguarderà anche motivazioni non necessariamente etiche o filantropiche, allora questa sarà percepita come più trasparente contribuendo a ridurre lo scetticismo.

d) RSI fit

La comunicazione in RSI risente anche della corrispondenza percepita tra: l'impegno sociale e il business aziendale; in prevalenza gli stakeholder percepiscono congrue solo quelle promozioni sociali che ben si sposano con il core business aziendale, che sono affini allo specifico segmento di mercato servito, o che siano il continuum di iniziative sociali passate a cui l'azienda ha legato la sua immagine e il suo nome.

Il comportamento dei portatori di interesse si articola in due fasi: nella prima vengono attribuite motivazioni intrinseche alla comunicazione in RSI di un'azienda; nella seconda queste attribuzioni

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16 saranno "arricchite" da una visione più ampia sul tema, considerando anche questioni come gli aspetti economici e finanziari, le imposizioni legali o le pressioni ambientali; questa larga veduta potrebbe tuttavia essere complicata da un non perfetto fit tra business aziendale e la natura della causa sociale nella quale si impegna, rendendo più articolato lo sforzo mentale ed esaltando, magari, solamente le motivazioni economiche.

In controtendenza, una ricerca di Bloom et. al. (2006) invece dimostrerebbe, in alcune circostanze, che sposare una causa sociale che abbia un basso fit con il core business aziendale possa sortire effetti positivi e, in aggiunta, suscitare reazioni favorevoli da parte degli stakeholder, che percepiscono come più trasparente e sincera la comunicazione a sostegno della suddetta causa.

1.5.2 Dove comunicare: i canali comunicativi

Per comunicare il loro impegno in termini di RSI le imprese possono utilizzare svariati canali, fra gli altri: comunicati stampa, report annuali, sezioni dedicate sui rispettivi siti internet, pubblicità in televisione o sui mezzi cartacei, pubblicità sul packaging dei propri prodotti. Come si può ben vedere la scelta del canale, per informare gli stakeholder su quelle che sono le iniziative aziendali in termini di RSI, è varia, e va dai canali più tradizionali a quelli più articolati.

La criticità tuttavia non sta tanto nel canale comunicativo utilizzato, bensì nel numero sempre maggiore di soggetti esterni all'impresa che pubblicizzano e trattano della RSI: clienti, media, gruppi di fornitori, distributori, gruppi di consumatori. La criticità sta appunto nell'impossibilità da parte delle imprese di gestire questi soggetti, e questo crea inevitabilmente duplicazioni nella comunicazione della RSI, il cui contenuto varia in funzione del grado di controllabilità del canale da parte dell'azienda.

Alcuni studi hanno inoltre mostrato come ci sia una correlazione tra la controllabilità della comunicazione e la credibilità della stessa: tanto più la comunicazione risulta controllata (dalle imprese) tanto meno apparirà credibile, e viceversa. Questo semplicemente perché le fonti e i canali autoreferenziali sono percepiti come meno sinceri di quelli svincolati da ogni forma di controllo aziendale, verso i quali ci saranno reazioni positive da parte dell'audience (Yonn et al., 2006).

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17 Dunque, risulta palese come le imprese dovrebbero impegnarsi per raggiungere il massimo grado di copertura mediatica attraverso fonti e mezzi super partes, unendo a ciò anche l'utilizzo di quei canali cosiddetti informali, ma autorevoli, come il passaparola. L'attività di passaparola può essere condotta dall'interno verso l'esterno, attraverso l'operato dei dipendenti che, sensibilizzati alle politiche di RSI dell'impresa, grazie alla loro posizione possono stringere relazioni e influenzare i comportamenti di molti altri stakeholder; un secondo passaparola che, tuttavia, risulta meno controllabile dall'azienda, è quello che avviene tra i consumatori. Il giudizio di questi particolari soggetti interessati si avvale della potenza dei mezzi di comunicazione moderni quali: internet, blog e forum, chat, social network; ed è proprio essendo attivi e proattivi su tali mezzi (in particolare sui social media) che le imprese puntano a coinvolgere e dirottare i consumatori verso il sostegno alle proprie politiche sociali.

1.5.3 Come comunicare: le strategie di comunicazione

Uno studio condotto nel 2006 da McWilliams, Siegel e Wright ha portato alla luce la distinzione tra una comunicazione in RSI persuasiva e una informativa. La prima serve a condizionare il comportamento dei consumatori, persuadendoli appunto ad acquistare prodotti che rispettino particolari attributi in RSI o che sostengano particolari cause sociali; un esempio può essere rappresentato dalle aziende che offrono prodotti non testati sugli animali, promuovendo il loro impegno contro, appunto, suddetta pratica. La comunicazione informativa invece fornisce soltanto quelle notizie relative alle campagne sociali promosse e portate avanti dall'impresa con l'obiettivo di creare una reputazione, senza il tentativo di persuadere i clienti ad acquistare i propri prodotti. Un ulteriore studio condotto da Grunig e Hunt, nel 1984, ha mostrato come almeno un'azienda su due faccia ricorso alla sola comunicazione unidirezionale13 verso i propri stakeholder, e solo una

13Nella comunicazione unidirezionale abbiamo un unico mittente e più destinatari, e non esiste possibilità

di inversione dei ruolo. Il processo comunicativo avviene sempre nella stessa direzione: l'unico mittente produce il messaggio, i molti destinatari non possono fare altro che riceverlo e decodificarlo. Il medium verticale per eccellenza è la televisione. Ma in generale tutti i cosiddetti mezzi di comunicazione di massa, come: radio, stampa e libri sono fortemente unidirezionali.

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18 azienda su tre adotta processi comunicativi bidirezionali14; quando parliamo di comunicazione in

RSI l'utilizzo di un metodo "monosenso" è sicuramente necessario, ma non sufficiente, poiché impedisce la possibilità di aggiustamenti o adeguamenti intuibili soltanto da quel ritorno comunicativo che è garantito dal metodo bidirezionale.

Esistono tre modelli che descrivono l'impegno strategico delle aziende nella comunicazione della RSI (Grunig e Hunt, 1984): la strategia di informazione degli stakeholder, la strategia di risposta

degli stakeholder e la strategia di coinvolgimento degli stakeholder.

La strategia di informazione degli stakeholder è sempre un processo unidirezionale, e si pone l'obiettivo di informare oggettivamente su quella che è la condotta aziendale o di rappresentare quella che è l'organizzazione agli occhi del pubblico, senza nessun fine di persuasione o condizionamento. I canali utilizzati da un'impresa che adotta questo tipo di processo comunicativo sono, prevalentemente, quelli tradizionali: brochure e volantini, manifesti; nonché radio, televisione e giornali, e sono rivolti ad una vasta audience. Visto che gli stakeholder sono capaci sia di atteggiamenti positivi verso l'azienda (acquisto, passaparola positivo, lealtà), sia di atteggiamenti negativi (boicottaggio azienda o prodotti, scioperi), allora l'impresa ha tutto l'interesse a comunicare la sua buona condotta per ringraziarsi il favore dei portatori di interesse. Un tatticismo di questa strategia è assicurarsi che le decisioni e i comportamenti in termini di RSI siano effettivamente comunicate agli stakeholder esterni, attraverso un messaggio coerente e accattivante, che trasmetta un senso di generale preoccupazione e che trovi il sostegno dell'impresa nella sua totalità. Per questa strategia l'affidabilità della comunicazione trascende ogni possibile intervento comunicativo da parte degli interessati esterni.

La strategia di risposta degli stakeholder è un processo comunicativo che si può definire bidirezionale ma asimmetrico; tale asimmetria pende a favore dell'azienda che pone domande e cerca risposte, attraverso sondaggi o indagini, per capire se e dove potenziare il suo impegno socialmente responsabile. La strategia appare quindi come un feedback per individuare ciò che per il pubblico è più giusto e, inoltre, per valutare se una determinata campagna di comunicazione ha aumentato la comprensione dell'azienda da parte degli stakeholder. Questa strategia assume le sembianze di un processo monodirezionale, perché punta più a ottenere risposte e informazioni

14 Nella comunicazione bidirezionale, invece, esistono più mittenti e destinatari che possono scambiarsi i

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19 che coinvolgere proattivamente i propri stakeholder, cercando di sostenere e rafforzare l'immagine aziendale.

La strategia di coinvolgimento degli stakeholder, come dice la parola stessa, si promette di entrare in relazione e interagire con i propri interessati. Questo presuppone che sia l'impresa, da un lato, a cercare di condizionare gli stakeholder ma, dall'altro, essa stessa risulta soggetta alla pressione esterna; si innesca così un processo di reciproca persuasione al cambiamento. L'impresa dovrà quindi analizzare la composizione dei propri portatori di interessi individuandone le attese e aspettative verso il suo operato e, in aggiunta, dimostrare di essere sempre il passo con i bisogni collettivi, ispirando ed essendo soggetta al cambiamento. Questa strategia risulta concorde con le due strategie precedenti, in particolare condivide l'idea che gli stakeholder siano attivi (strategia di informazione degli stakeholder) e che le aspettative degli stessi debbano essere rilevate attraverso specifici strumenti (strategia di risposta degli stakeholder). Acquisire informazioni risulta tuttavia solo una parte dell'azione strategica; questa si conclude quando gli stakeholder vengono coinvolti dall'impresa, che apre al dialogo, così da coniugare il proprio impegno sociale con quelle che sono le reali attese dei soggetti interessati, e trarne un reciproco vantaggio. Il presupposto chiave di questa strategia è che entrambe le parti siano aperte al cambiamento. Nella realtà risulta chiaro che per adottare una tale strategia comunicativa sia necessaria la massima attenzione, da parte del top management15, ai bisogni e alle preoccupazioni dei portatori di interesse, così da creare un

piano d'azione integrato in termini di RSI, rispettoso delle attese di entrambe le parti.

Queste strategie evidenziano la necessità di integrare nella pianificazione comunicativa delle imprese anche le preoccupazioni degli stakeholder, come buona pratica a vantaggio di tutti. Non esistono tuttavia dati empirici sul maggiore utilizzo di strategie comunicative bidirezionali da parte delle imprese odierne.

15 Nessun top manager è in grado di gestire e relazionarsi contemporaneamente con più stakeholder. Una

risposta organizzativa a tale problema è la "forma integrata" (Weawer et al., 1999) di "stakeholder

thinking", in cui il programma di RSI d'impresa dipende dalla sua capacità di coniugare le preoccupazioni in materia di responsabilità sociale dei membri dell'organizzazione con le preoccupazioni di RSI degli

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1.5.4 Con che cosa comunicare la RSI: gli strumenti

La corretta comunicazione di quello che è l'impegno sociale delle imprese passa anche dalla scelta dello strumento, o mezzo, più adatto a coinvolgere e assicurarsi il consenso del pubblico interessato.

a) Il Bilancio ambientale

Il bilancio ambientale è un documento di natura volontaria e informativa che rappresenta le principali relazioni tra impresa e ambiente, in modo da comunicare direttamente con gli stakeholder interessati. Fornisce linee guida e parametri per misurare una specifica parte dell'attività aziendale, ad esempio: parametri che misurano l'impegno in termini di sostenibilità ambientale, parametri che rilevano la traccia, o impatto, lasciato dai propri prodotti, parametri di misurazione dell'efficienza ambientale sollecitata dai cambiamenti del ritmo produttivo, parametri di rilevazione del possibile impatto del proprio operato sull'ambiente, e parametri che stimano i reali cambiamenti ambientali dovuti all'attività.

I bilanci ambientali si dividono, in base alle dimensioni dell'impresa cui fanno riferimento, in:

bilanci di sito che si riferiscono al singolo impianto produttivo, e bilanci corporate che si riferiscono

a imprese di grandi dimensioni (con più siti) (Mariano, 2005).

L'impegno ambientale delle imprese è attestato da due certificazioni, che sono: ISO14001 e EMAS. L'ISO14001 è uno standard internazionale di natura volontaria, promossa dall'International Organization for Standardization, con l'obiettivo di adottare corrette politiche di gestione, che coniughino la natura, la dimensione e l'impatto dell'operato aziendale con la cura dell'ambiente; lo strumento consente alle imprese di restare "nei ranghi" della corretta gestione, coordinandosi con i requisiti legali richiesti, evitando la non conformità e effettuando azioni correttive.

L'EMAS16 (Eco-Management and Audit Scheme) è uno strumento creato dalla comunità europea,

di natura volontaria, con l'obbiettivo di attuare sviluppi economici alle imprese che vi aderiranno.

16 La differenza sostanziale con l'ISO 14001 è che l'EMAS è valido solo all'interno dell' UE ed è rilasciata da

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21 Viene rilasciato solamente dopo che l'impresa avrà valutato l'impatto ambientale della sua attività, e avrà stabilito la sua politica di gestione delle problematiche ambientali; l'impresa dovrà successivamente procedere con un auditing periodico: della propria attività e dell'efficienza della sia politica; la certificazione è quindi rilasciata se le dichiarazioni dell’impresa sono verificate e approvate da un esperto.

b) Il Bilancio sociale

Il bilancio sociale è, anch'esso, documento di natura volontaria che viene affiancato al bilancio d'esercizio ed ha il fine di soddisfare il fabbisogno di informazione degli stakeholder, delineando il profilo dell'impresa in termini di responsabilità sociale e legittimandone l'azione. Il bilancio si compone di più parti in relazione ai diversi portatori di interesse con, ovviamente, obiettivi informativi differenti. Troviamo infatti un'area dedicata ai dipendenti e informazioni riguardo la parità di trattamento, eque retribuzioni, sistema di assunzione e licenziamento; un'area dedicata ai consumatori dove è evidenziato ad esempio il favore verso i prodotti aziendali; infine un'area dedicata all'ambiente e al rapporto con la comunità, quindi alla valutazione delle relazioni con gli altri organismi.

Il bilancio sociale è un documento informativo a valenza esterna, come detto, per trasmettere tutte le informazioni utili ai propri stakeholder, ma ha anche una valenza interna con lo scopo di migliorare l'organizzazione internamente. Con questo strumento l'azienda evidenzia che il suo scopo non è soltanto massimizzare i profitti, ma anche quello di essere responsabile nei confronti di ambiente e società. Per completezza informativa il bilancio dovrebbe essere pubblicato tenendo anche in considerazione le variazioni rispetto all'esercizio precedente, così da evidenziare gli eventuali obiettivi raggiunti e le occasioni da cogliere.

c) Il codice etico

Il codice etico è uno strumento che si ripromette di gestire i comportamenti individuali interni all'organizzazione; può essere interpretato come una "costituzione" che detta diritti, obblighi e doveri di ogni componente e, inoltre, previene comportamenti eticamente scorretti, e non in linea con la politica aziendale, da parte di chi opera con e per conto dell'azienda.

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22 L'obiettivo è trasmettere fiducia verso l'esterno nonché mediare le relazioni umane tra impresa e stakeholder.

Il codice etico viene attuato e promosso dal comitato etico attraverso disposizioni etiche generali che descrivono la mission aziendale e sostengono la sua realizzazione.

d) La carta dei valori

La carta dei valori è un documento che attesta l'impegno sociale di un'impresa coerentemente al sistema di principi e valori su cui fonda le sue scelte.

Questo strumento si basa su principi di trasparenza, correttezza, equità e collaborazione e fa riferimento ad ambiti quali: corretta gestione delle risorse umane, ponendo al centro dell'attenzione la persona e la sua integrità fisico-culturale, assicurando inoltre un processo di realizzazione e crescita professionale; rispetto e tutela ambientale, che permette di sviluppare sistemi gestionali che determinano aumenti di redditività, efficienza e rispetto dell'ambiente circostante; infine bisogni e aspettative degli altri stakeholder.

e) Social Accountability 8000

La certificazione SA 8000 rappresenta il primo standard per attestare la responsabilità sociale d'impresa; è una norma a cui si aderisce volontariamente ed è versatile dal punto di vista applicativo (possono aderirvi ogni tipo di soggetti: enti privati o pubblici, piccoli o grandi, in paesi industrializzati o in via di sviluppo). È stata sviluppata nel 1977 dal Social Accountability

International, a New York, con l'obiettivo di certificare l'osservanza di principi riguardanti la

gestione delle risorse umane: parità di diritto e trattamento, salvaguardia lavoro minorile, salubrità e sicurezza sul posto di lavoro.

Alcuni dei motivi principali che spingono le imprese a osservare lo standard SA 8000 sono:

 sviluppo della fiducia da parte dei consumatori e degli altri portatori di interesse; l'impresa risulterà più credibile nelle sue iniziative sociali assoggettandosi a un organismo di giudizio esterno;

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23  miglioramento dei rapporti con le istituzioni (ad esempio enti di controllo della sicurezza);  miglioramenti inter-organizzativi, una maggiore tutela per la sicurezza e la salubrità interna

va a vantaggio dell'efficienza lavorativa.

Esistono anche alcuni punti imprescindibili e che devono essere soddisfatti se un'impresa vuole ottenere la certificazione SA 8000, tra cui: orario di lavoro e remunerazione devono essere conformi alle disposizioni legali vigenti, discriminazioni e procedure disciplinari sono severamente vietate come il lavoro forzato e minorile; la salubrità e sicurezza lavorativa deve essere garantita e, infine, deve essere assicurata la libertà di associazione e di contrattazione collettiva.

f) ISO 26000

L'ISO 26000 è una linea guida per le imprese, sviluppata dall'International Organization for

Standardization, che vogliono adeguarsi alle corrette pratiche sociali. L'obiettivo della norma è

agevolare lo sviluppo sostenibile delle imprese superando il comportamento "obbligato" (dunque esclusivamente attuato per rispettare le leggi). La sua natura non normativa fa sì che le imprese non devono affidarsi a società di certificazione esterne che ne attestino il reale impegno sociale, e non offre soluzioni istantanee ma soltanto spunti da cui partire o ripartire per attuare una efficiente strategia sociale.

L'aspetto che differenzia l'ISO 26000 dagli altri strumenti è che non è redatta da un ente in modo unilaterale, ma è il frutto dell'interazione tra un organismo internazionale e gli stakeholder; dialogo sociale e contrattazione sono gli strumenti che un'impresa socialmente responsabile deve utilizzare nei rapporti con i propri portatori di interesse. Fornisce anche una nuova definizione di responsabilità sociale: “Responsabilità da parte di un’organizzazione per gli impatti delle sue decisioni e delle sue attività sulla società e sull’ambiente, attraverso un comportamento etico e trasparente che: contribuisce allo sviluppo sostenibile, inclusi la salute e il benessere della società; tiene conto delle aspettative degli stakeholder; è in conformità con la legge applicabile e coerente con le norme internazionali di comportamento; è integrata in tutta l’organizzazione e messa in pratica nelle sue relazioni”.

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g) AccountAbility 1000 (AA1000)

L'AA 1000 è stata creata nel 1999 dall'Institute of Social and EthicalAccountAbility e si presenta come uno strumento adatto ad implementare processi migliorativi continui attraverso l'instaurazione di un rapporto aperto, basato sulla fiducia reciproca, con gli stakeholder.

Con l'AA 1000 le imprese possono potenziare le proprie prestazioni di rendicontazione grazie, appunto, al coinvolgimento e il dialogo con i propri stakeholder; le imprese saranno chiamate a delineare: lo scopo del coinvolgimento degli stakeholder, i metodi di coinvolgimento e le tecniche di miglioramento delle relazioni, per migliorare il loro impegno sociale.

Le capacità comunicative e relazionali delle imprese sono soggette a valutazione da parte di un organismo indipendente, proprio con l'obiettivo di attestarne le potenzialità e competenze.

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Appendice 1. RSI e reputazione aziendale

Questa appendice si rifà ai contributi di Gazzola (2007) e Corradini e Nardelli (2016) e riassume il rapporto tra costruzione di una reputazione aziendale e RSI.

Esistono molte definizioni di reputazione intesa in senso ampio, tuttavia, se consideriamo soltanto la sua accezione economica è possibile tradurla come: l'insieme di valori o rapporti di fiducia che, le aziende, costruiscono nel tempo con i propri stakeholder; oppure come: i sentimenti che il pubblico ha nei confronti di una organizzazione in relazione alle operazioni, o comportamenti, condotti dalla stessa nel tempo. La reputazione, dunque, come si può intuire dalle due definizioni, non è un fattore fisso, ma varia in relazione a due discriminanti:

 il tempo; questo elemento si riferisce al fatto che la reputazione va costruita nel tempo. Inoltre, proprio perché la reputazione dipende dalle considerazioni degli stakeholder, essa non può definirsi statica, ma assumere connotazioni differenti in relazione al possibile mutare degli atteggiamenti;

 il contesto, ciò attiene al fatto che uno stesso soggetto, individuo o azienda, può godere di una buona reputazione in un determinato contesto ma non in un altro.

Quando parliamo di reputazione organizzativa ci riferiamo a azioni passate, poste in essere nella consapevolezza di una valutazione o un giudizio futuro da parte del pubblico interessato. Azioni che possono consentire di raggiungere un livello di credibilità tale da generare un solido clima di fiducia. In questo contesto l'assunzione di comportamenti socialmente responsabili risulta quasi imprescindibile per le imprese17, poiché consentirebbe di: aumentare la credibilità e di riflesso la

reputazione, infondere fiducia e diffondere la cultura aziendale, con l'obiettivo del soddisfacimento degli obiettivi e aspettative di tutte le parti interessate. Portare avanti cause sociali e impegnarsi in comportamenti e azioni virtuose permette alle organizzazioni di raggiungere benefici di non poco conto. L'attenzione al benessere dei dipendenti può ad esempio consentire di attrarre personale altamente qualificato. Inoltre la fiducia promossa nei confronti dell’azienda aumenta il brand value18 attraverso lo sviluppo di rapporti stabili con i propri stakeholder. Infine

17L'impegno sociale garantirebbe alle imprese una eredità futura tradotta in un aumento della fiducia

riposta nei suoi confronti da parte degli stakeholder, e quindi un aumento della propria reputazione.

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26 l’adozione di comportamenti virtuosi può migliorare i rapporti con le istituzioni e gli istituti finanziari19.

Gli sforzi e l'impegno socialmente responsabile sostenuto dalle imprese è ripagato dalla potenziale creazione di un vantaggio competitivo, che differenzia, anzi pone in una posizione privilegiata del mercato l'azienda virtuosa rispetto ai competitor e, di conseguenza, riduce al minimo ogni possibile comportamento ostile proveniente dal pubblico interessato.

Appendice 2. Correlazione tra RSI e performance finanziarie

Pur riconoscendo l'importanza sociale dell'adozione della RSI, da parte delle imprese, e con l'obiettivo di avere uno spettro quanto più rappresentativo possibile dell'argomento, ci si è chiesti: ma l'implementazione di pratiche socialmente responsabili nella quotidianità aziendale contribuisce anche al raggiungimento di risultati economici (Arru e Ruggieri, 2016; Lombardo, 2005; Zamagni, 2004). L'argomento è complesso ed è stato terreno di scontro tra i sostenitori e gli oppositori del quesito considerato. Un esempio di posizione critica è offerta da Beltratti (2003), secondo il quale esiste una soglia critica del livello di investimento in RSI sotto alla quale non ci sarebbe né un ritorno dell'investimento né un raggiungimento degli obiettivi preliminarmente prefissati. Un secondo aspetto problematico è il possibile comportamento opportunistico di imprese non virtuose, con ampie disponibilità economiche. I free-riders semplicemente andrebbero ad investire (una tantum) in iniziative "ancora più etiche", marginalizzando la concorrenza, e una volta raggiunto l'obiettivo, tornerebbero a comportarsi in maniera non etica esattamente come prima20. Anche se l'argomentazione può risultare accattivante, essa può essere

confutata guardando ad alcuni recenti studi. Il primo, condotto dall'Institute of Business Ethics di Londra, ha mostrato come le aziende inglesi quotate in Borsa e in possesso di codici etici da almeno cinque anni, hanno ottenuto rendimenti crescenti dei principali indici di misurazione: della performance economica (misurata attraverso indici di redditività come ROE, ROA, ROS), del rischio finanziario (indici di indebitamento e liquidità) e della performance del titolo (price earning, price book value). Il secondo studio condotto dallo IAFC dell'Università Bocconi relativo a società

19In termini di una maggiore facilità nell'accesso al credito in virtù di una riduzione del profilo di rischio.

20Un esempio possono essere i possibili comportamenti cinici condotti dal management di grandi aziende,

che a scapito dei gruppi di concorrenti più piccoli, vanno a comprarsi reputazione e credibilità con sporadici gesti filantropici, salvo poi mutare nuovamente strategia quando i loro intenti nascosti vengono realizzati.

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27 statunitensi dell'indice Standard & Poor's 500, ha mostrato come l'indice price book value21 (p/bv) non sia dipendente solo dalla performance finanziaria, ma anche da variabili di sostenibilità. Ciò è in linea con lo studio condotto da Lombardo (2005) sulle società quotate italiane, che ha evidenziato correlazioni positive tra l'indice p/bv e la condotta etica. Tutto ciò conferma che la crescente attenzione alla RSI non comporti solamente costi ma rappresenta un asset importante per il valore dell'impresa e il raggiungimento di un vantaggio competitivo. Perciò le moderne organizzazioni devono comprendere che il proprio operato non risulta slegato dalle performance finanziarie, e prendere atto che il loro successo è strettamente legato a quei comportamenti etici e sostenibili che non dovrebbero mai essere sacrificati sull'altare del profitto.

21 Patrimonio netto per azione; esprime la dotazione di capitale intangibile che il mercato riconosce

all'impresa. E consente di confrontare la valutazione patrimoniale fatta dal mercato (prezzo) con quella espressa dal bilancio della società (patrimonio netto).

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Capitolo 2

2.1 La comunicazione della RSI tramite internet

La responsabilità sociale d'impresa è una qualità necessaria per l'azienda moderna. Elementi come

vision aziendale e corretta gestione delle implicazioni etiche o degli impatti ambientali derivanti

dal suo operato sono ormai diventati, di diritto, attributi imprescindibili nella vita dell'impresa. Tutela ambientale, parità di trattamento, gestione delle diversità e impegno, sono ormai espressioni che hanno un peso specifico importante per gli stakeholder; di conseguenza esse dovranno entrare a far parte della comunicazione aziendale, mediante i giusti mezzi. La RSI appare dunque come un dialogo tra l'impresa e i propri “portatori di interesse” (stakeholder) e le tecnologie 2.0 hanno sicuramente rivoluzionato questo tipo di relazione. Esiste però un'altra faccia della medaglia; infatti oggi troviamo ancora resistenze, legate all'utilizzo dei nuovi mezzi di comunicazione, per far trasparire il proprio impegno sociale, come, ad esempio, la scarsa fiducia riposta su questi mezzi, ulteriormente contaminata dalla visione che questi arrechino solamente problemi all'azienda e non costituiscano un vantaggio evidente. Se è vero che, da un certo punto di vista, questo timore risulta fondato, è giusto notare che ogni azione sul web, oltre che a lasciare una traccia indelebile su un bacino di utenza estremamente elevato (per cui è consigliabile "non sbagliare mai"), dall'altro è anche giusto non confondere quello che si vuole comunicare con lo strumento utilizzato; in altre parole non confondere contenuto con mezzo di comunicazione. Il web come strumento di comunicazione dovrebbe essere preso dalle aziende come una potenziale risorsa, senza timore, rispettandone però le leggi.

Un crescente numero di imprese redige report22 sulla responsabilità sociale per fornire ai propri stakeholder un accesso alle performance, sociali, ambientali ed economiche della propria attività. Molte indagini e ricerche hanno rilevato un'escalation nella diffusione di report di sostenibilità23

22Quei report destinati ad offrire informazioni di natura sociale, ambientale, economica e etica, fra cui:

rendiconto ambientale, bilancio di sostenibilità, bilancio sociale.

23Risulta importante fare una precisazione sull'utilizzo indiscriminato di questa parola. I report di

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29 redatti secondo le GRI Guidelines24. Un contributo molto importante alla diffusione di queste note informative è stato fornito dalle tecnologie 2.0, in particolar modo dal web. La crescente complessità e numerosità delle comunicazioni aziendali ha fatto sì che, progressivamente, i mezzi di comunicazione più all'avanguardia (come il web) venissero preferiti ai mezzi di comunicazione tradizionali nella trasmissione delle informazioni aziendali, proprio in virtù di una maggiore efficacia comunicativa dei primi rispetto ai secondi. Promuovere la responsabilità sociale d'impresa mediante internet garantisce agli stakeholder maggiore accessibilità e diffusione delle informazioni, maggiore dialogo con l'impresa e con gli altri portatori di interesse e, infine, la possibilità di offrire report personalizzati in relazione ai diversi interessi dei diversi utilizzatori. L'accesso, la disponibilità e la diffusione di informazioni riguardanti la RSI è considerato un cardine della relazione tra impresa e stakeholder, interazione che, a sua volta, risulta essere la base della rendicontazione di responsabilità25 (accountability relationship). É dunque nello "spazio virtuale"

che trovano terreno di coltura argomenti come: stakeholder engagement26e dialoguee,

democratic stakeholding27 e di conseguenza la stakeholder democracy28. Risulta importante notare superiore, includendo anche temi quali: l'equa redistribuzione delle risorse create e delle opportunità garantite alle generazioni future, nonché la comprensione di quale sia stato l'impatto della propria attività sulle risorse ambientali e di altro tipo. Il significato attribuito alla sostenibilità, rispetto ai primi punti di vista, si è notevolmente evoluto, partendo da una visione centrata preminentemente sugli aspetti ecologici, è approdata verso un significato più globale, che tenesse conto, oltre che della dimensione ambientale, di quella economica e di quella sociale. (Dizionario Treccani)

24Il GRI ha realizzato una serie di norme, di natura volontaria, per la redazione di report sulla sostenibilità,

che utilizzano modalità di misurazione e controllo per classificare i gli strumenti di rendicontazione della sostenibilità sulla base della qualità delle informazioni fornite dalle imprese. Le linee guida GRI sono il risultato di una cooperazione tra il mondo della ricerca e quello dell’impresa, e dell’elaborazione di risultati frutto di consultazioni svolte con l’approccio multi-stakeholder. Questo ha reso importante l'attività di stakeholder engagement nell'individuare gli aspetti critici legati alla sostenibilità, infatti, nelle linee guida GRI lo stakeholder engagement è una fase obbligatoria per redigere un report di sostenibilità completo e rappresentativo (Massa et al., 2014).

25Documento pubblico e redatto annualmente che descrive le performance dell'organizzazione riguardanti

la sostenibilità.

26Tradotto dall’inglese, il "coinvolgimento" delle parti interessate è il processo attraverso il quale

un'organizzazione coinvolge persone che potrebbero essere influenzate dalle decisioni che prende o che possono influenzare l'attuazione delle sue decisioni (Wikipedia).

27 Zamagni (2006). Il concetto può essere tradotto, come suggerito dall'autore, nella possibilità di inclusione

di tutti quegli stakeholder che intrattengono rapporti con l'azienda.

28La stakeholder democracy è un'idea intrigante. La proposizione di base è che gli stakeholder partecipano

ai processi di organizzazione, decisionali e di governo nelle società. L'obiettivo è dunque passare da un modello di gestione delle relazioni con gli stakeholder paternalistico, dove è l'impresa (sotto la forma ad esempio del CDA) a decidere la composizione degli interessi e verso quali vie indirizzare i propri sforzi, ad un modello democratico dove gli stakeholder in qualità di partner dell'impresa condividono con essa diritti e doveri. Questa prospettiva porta al superamento della canonica gestione aziendale, dove appunto la governance è condotta da una sola classe di stakeholder. Il grosso limite di questo modello è rappresentato

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