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Sindrome di Down e leucemia acuta: peculiarità biologiche e cliniche. Esperienza della UO di Oncoematologia pediatrica della AOUP

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Academic year: 2021

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Corso di laurea magistrale in Medicina e Chirurgia

Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia

TESI DI LAUREA

“Sindrome di Down e Leucemia acuta: peculiarità biologiche e cliniche.

Esperienza della UO di Oncoematologia Pediatrica dell’AOUP”

Relatore: Candidato: Dott.ssa Margherita Nardi Veronica Geri

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2 RINGRAZIAMENTI

Vorrei ringraziare tutta la mia famiglia: in primis i miei genitori, che in questi lunghi anni di studio mi hanno sostenuto in tutti i modi possibili, con molti sacrifici che spero di aver ripagato sufficientemente; mia sorella che con la sua esperienza mi ha aiutato ad affrontare meglio le criticità

di un lungo percorso di studi; i miei nonni, zii, cugine, gli “Intrusi” ed anche tutti i miei amici (elbani e non) che hanno saputo sopportare le mie assenze causate dallo studio. Ringrazio Vincenzo,

che forse più di tutti ha “subito” i miei nervosismi e i miei isolamenti pre-esame, tutte le ansie e preoccupazioni, sostenendomi sempre e comunque. Ringrazio i miei “più stretti”compagni di corso,

che nonostante il mio essere la “classica” studentessa che vuole sempre seguire, non saltare lezioni, sfruttare tutti i tempi morti per studiare, mi hanno accompagnato in questo lungo percorso

caratterizzato anche da non pochi momenti di divertimento e di mille risate. Ringrazio la mia relatrice, la Dott.ssa Margherita Nardi che mi aiutato in questi mesi di preparazione alla tesi, con pazienza e dedizione. Ringrazio tutto l’UO di Oncoematologia Pediatrica

di Pisa, i medici, gli specializzandi, gli infermieri, Doda e Bazar, Federica, perché tutti loro hanno contribuito alla mia formazione professionale, non solo relativamente alle conoscenze mediche, ma

soprattutto a comprendere meglio il rapporto che ogni medico dovrebbe avere con i suoi pazienti. Ed infine ringrazio tutti i genitori e i bambini conosciuti durante questa esperienza, perché hanno sempre saputo trasmettermi un sorriso, nonostante le dure prove che hanno dovuto affrontare nella

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3 INDICE

1 Introduzione ... 5

2 Sindrome di Down ... 6

3 Correlazione fra Down, Transient Abnormal Myelopoiesis e Leucemia mieloide ... 11

3.1 Transient Abnormal Myelopoiesis ... 11

3.1.1 Patogenesi ... 11

3.1.2 Clinica ... 16

3.2 Leucemia mieloblastica acuta e Sindrome di Down ... 17

4 Sindrome di Down e Leucemia linfoblastica acuta ... 18

4.1 Mutazioni genetiche associate ... 18

4.2 Ruolo del cromosoma 21 ... 20

4.3 Clinica della Leucemia linfoblastica acuta nel paziente Down ... 22

5 Diagnosi e classificazione delle leucemie ... 23

5.1 Generalità ... 23

5.2 Leucemia mieloide acuta ... 25

5.2.1 Transient Abnormal Myelopoiesis ... 27

5.2.2 Leucemia mieloide acuta nel paziente Down ... 28

5.3 Leucemia linfoblastica acuta ... 28

6 Terapia ... 30

6.1 Generalità ... 30

6.2 Transient abnormal Myelopoiesis ... 30

6.3 Leucemia mieloide acuta e Sindrome di Down... 31

6.4 Leucemia linfoblastica acuta e Sindrome di Down ... 36

7 Presentazione casi clinici ... 45

7.1 Caso clinico n°1: A.L.V. ... 47

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4 7.1.2 Esordio ... 47 7.1.3 Inquadramento diagnostico ... 48 7.1.4 Terapia ... 49 7.2 Caso clinico n°2: T.N. ... 52 7.2.1 Anamnesi ... 52 7.2.2 Esordio ... 52 7.2.3 Inquadramento diagnostico ... 53 7.2.4 Terapia ... 54 7.3 Caso clinico n°3: M.P.P. ... 60 7.3.1 Anamnesi ... 60 7.3.2 Esordio ... 60 7.3.3 Inquadramento diagnostico ... 60 7.3.4 Terapia ... 62 8 Discussione... 65

8.1 Leucemia mieloide acuta e Sindrome di Down... 65

8.1.1 Reazioni avverse e tossicità ai farmaci utilizzati nella Leucemia mieloide acuta nei pazienti Down: dati della letteratura ... 65

8.1.2 Analisi dei casi clinici ... 71

8.2 Leucemia linfoblastica acuta e Sindrome di Down ... 73

8.2.1 Reazioni avverse e tossicità ai farmaci utilizzati nella Leucemia linfoblastica acuta nei pazienti Down: dati della letteratura ... 73

8.2.2 Analisi dei casi clinici ... 78

9 Conclusioni ... 79

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1 Introduzione

La Trisomia 21, meglio nota come Sindrome di Down, è una tra le patologie geneticamente determinate più frequenti a livello mondiale e la più frequente forma ereditaria di ritardo mentale. Oggi, secondo i dati della European Down Syndrome Association (EDSA)1, nel mondo la

patologia ha una prevalenza di 1 caso su 600-1000 nati; l’incidenza della sindrome cresce in relazione all’età materna, specialmente dopo i 35 anni di età.

Età materna Frequenza della S. di Down/ nati vivi

<20 1/2500 30 1/885 35 1/365 40 1/110 45 1/32 49 1/12

Tabella 1. Frequenza della S. di Down in rapporto all'età materna2

Negli ultimi decenni, grazie al miglioramento diagnostico, terapeutico e assistenziale nei confronti dei pazienti affetti da Sindrome di Down (DS, Down Syndrome), l’aspettativa di vita è notevolmente aumentata: negli anni ’40 era di appena 12 anni, negli anni ’80 di 33 anni, oggi in Italia e nei paesi dell’Ue si è raggiunta un’ aspettativa di vita media di 62 anni, destinata ulteriormente a crescere in futuro. Si stima che oggi vivano in Italia circa 38.000 persone con sindrome di Down, il 61% delle quali ha più di 25 anni.3

Questa patologia è ricordata spesso per la facies caratteristica, il ritardo mentale, le anomalie a carico di numerosi organi interni ed altre caratteristiche fenotipiche, ma negli ultimi anni gli studiosi si sono soffermati sul rischio che questi pazienti hanno nel sviluppare neoplasie ematologiche, come le leucemie, cercando di identificare il processo patogenetico alla base di tale associazione. In questo studio verrà presentata l’analisi della correlazione fra la Sindrome di Down e le malattie oncoematologiche, che in genere sembrano avere una prognosi e una risposta terapeutica addirittura migliore della popolazione generale. Nonostante il ristretto numero di

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6 pazienti a nostra disposizione vorremmo in realtà dimostrare come questo connubio si presenti in modo variabile e perciò come da una malattia monogenica possano scaturire rappresentazioni fenotipiche diverse. Dopo aver presentato brevemente le principali caratteristiche cliniche della S. di Down, si vedranno descritte le tre più frequenti condizioni oncoematologiche che potrebbero essere correlate a questa patologia: la “Transient Abnormal Myelopoiesis” (TAM), la Leucemia mieloide acuta (AML – Acute Myeloid Leukemia) e la Leucemia linfoblastica acuta (ALL – Acute Lymphoblastic Leukemia), per ciascuna delle quali verrano indicate le principali ipotesi patogenetiche presenti in letteratura. In seguito sarà descritto l'andamento clinico dei tre pazienti trattati nell'U.O. di Oncoematologia Pediatrica di Pisa presentando l'esordio della malattia tumorale, la terapia effettuata e le relative complicanze, cercando di individuare le principali reazioni avverse ai farmaci che, secondo i dati odierni presenti in letteratura, sarebbero tipiche della popolazione Down.

2 Sindrome di Down

La trisomia 21 è una malattia genetica determinata2 nel 92% dei casi dalla presenza di una copia

extra del cromosoma 21, riscontrabile in tutte le cellule dell’organismo (47, XY o XX) e causata dalla non disgiunzione cromosomica durante la gametogenesi (più frequentemente quella femminile, forse come conseguenza dell’età avanzata materna e dell’invecchiamento dei suoi ovociti).

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Figura 2. Errori di non disgiunzione meiotica50

Il 5% è costituito dai casi dovuti ad una traslocazione robertsoniana del cr. 21, che va ad associarsi spesso ad un altro cromosoma acrocentrico (13, 14, 15, 21, o 22), motivo per cui questi pazienti avranno comunque un assetto di 46 cromosomi.

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Figura 4. Schema traslocazione robertsoniana50

Solo un 3% dei casi è caratterizzato dalla presenza di mosaicismo, cioè la coesistenza di cellule con corredo tipico della sindrome e altre con cariotipo perfettamente normale: questa situazione viene spesso sotto diagnosticata per la presentazione clinica a volte dubbia.

All’alterazione genetica determinante la malattia ne seguono altre, fra cui quella probabilmente legata ad una maggior suscettibilità allo sviluppo di leucemie, che presenteremo in seguito più dettagliatamente.

Clinicamente alla nascita i neonati Down hanno peso e lunghezza inferiore alla media e anche da adulto si mantiene tale differenza rispetto alla popolazione generale, aspetto che possiamo valutare nei bambini durante la crescita calcolando la cosiddetta “Prediction of adult height” la quale associa l’età ossea, la statura dell’individuo e alcuni fattori di correzione specifici.2 Il volto è, in genere,

piccolo e rotondeggiante, è spesso presente microcrania, il collo corto e tozzo e con pelle sovrabbondante. Il naso è piccolo con radice piatta e verso l’alto, è presente un epicanto con iride punteggiato. La bocca è minuta, a volte c’è una macroglossia a causa dell’ipotonia della

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9 muscolatura linguale e la lingua mostra spesso dei solchi trasversali, motivo per cui è definita “lingua scrotale”. Spesso i bambini hanno orecchie piccole e con lobo aderente; le anomalie anatomiche e funzionali della Tuba di Eustachio, facilitano la comparsa di otiti medie essudative (la cui incidenza è del 50-70% 4) caratterizzate dalla presenza di fluido nell’orecchio medio senza avere altri segni o sintomi, ma favorendo talvolta la sovra infezione batterica o virale. Altre problematiche sono le mal occlusioni dentali e l’ipertrofia adenoidea. Sono inoltre frequenti le alterazioni uditive con la comparsa di ipoacusia di conduzione (deficit associato alle otiti medie secretive o loro sequele) o ipoacusia neurosensoriale congenite, motivo per cui fin dall’epoca neonatale è importante lo studio dei potenziali evocati e delle emissioni otoacustiche; successivamente va effettuato un controllo audiometrico a 6-12 mesi, poi una volta l’anno. A livello ambulatoriale può essere utile l’esecuzione del Boel test come screening a partire dagli 8 mesi d’età. In caso di riscontro patologico, va effettuata una valutazione specialistica ORL (entro i tre anni è fortemente raccomandato effettuare almeno una valutazione audiometrica) poiché si deve considerare che lo sviluppo del linguaggio è condizionato da quello uditivo. Altre anomalie del distretto ORL possono coinvolgere il timpano o la catena degli ossicini, come il colesteatoma (raccolta anomala di cellule epiteliali post otite cronica), che compare in genere, tuttavia, in età più avanzata. Caratteristica è la mimica facciale con movimenti non coordinati dei muscoli del volto e della lingua, che è protrusa e compie movimenti rapidi e involontari. Alla nascita è spesso presente un’ipotonia muscolare marcata e una lassità legamentosa, che si attenuano entrambe progressivamente, a volte fino a scomparire del tutto. Il 15% dei soggetti Down presenta un’instabilità atlanto-assiale, una lassità dell’articolazione tra le prime due vertebre del rachide cervicale la cui prevalenza diminuisce all’aumentare dell’età.4 La lassità di questa articolazione, che interessa i legamenti anteriori, se

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10 eccessiva, può determinare una compressione del midollo spinale con relativa sintomatologia neurologica caratterizzata da rigidità, debolezza agli arti, difficoltà della deambulazione, cervicobrachialgia, parestesie, torcicollo, paraplegia, disturbi minzionali etc.; tuttavia tale patologia si renda clinicamente manifesta solo nel 1,5-3% dei casi,4 di solito a partire dai tre anni di età motivo per cui si consiglia di effettuare un’indagine radiologica verso il terzo o quinto anno di vita, seppur solo in rari casi sia necessaria una stabilizzazione chirurgica dell’articolazione. Più accentuata rispetto ai bambini sani è la diastasi dei muscoli retti dell’addome associata frequentemente a distensione addominale ed ernia ombelicale. Le mani sono larghe e corte, con clinodattilia del quinto dito, dermatoglifi alterati e profonda incisura tra il primo e secondo dito dei piedi. Ben più preoccupanti tuttavia sono le malformazioni cardiache (come il canale atrioventricolare e il difetto interventricolare o interatriale), la cui incidenza è tale che i bambini con DS rappresentano il 7% di tutti i bambini con cardiopatia congenita e quelle intestinali (atresia, Morbo di Hirscprung o ano imperforato), accanto a problemi uditivi, visivi e ripetute OSAS.4 Sia maschi che femmine hanno problemi nello sviluppo sessuale e sterilità associata; nei bambini si riscontra talvolta pene piccolo e criptorchidismo. La DS è la causa genetica più frequente di ritardo mentalee nota è la manifestazione precoce (prima dei quarant’anni) di Malattia diAlzheimer.

Da questa presentazione delle principali manifestazioni cliniche, si evince come i bambini affetti da DS siano, in genere, fenotipicamente riconoscibili fin dalla nascita, tuttavia spesso alle malformazioni maggiori se ne affiancano altre minori variamente combinate tra loro. Ecco perché è necessario seguire attentamente questi pazienti nel corso del loro sviluppo cercando di considerare la loro variabilità clinica. Tra le patologie che hanno incidenza maggiore nella DS, come disordini autoimmuni quali Diabete mellito, Celiachia (che ha una prevalenza del 6% nella DS, contro lo 0,46% della popolazione generale4), alterazioni tiroidee, o l’obesità, i problemi dermatologici ed altri, le leucemie hanno una frequenza 19 volte superiore rispetto alla popolazione generale, a differenza dei tumori solidi che sembrano invece avere un’incidenza più bassa nei soggetti Down. La leucemia linfoblastica acuta e la leucemia mieloide acuta sono le due forme maggiormente presenti.

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3 Correlazione fra Down, Transient Abnormal Myelopoiesis e Leucemia

mieloide

3.1 Transient Abnormal Myelopoiesis

3.1.1 Patogenesi

Nel 10% dei casi la AML è preceduta, nel bambino con DS, da un disordine mieloproliferativo transitorio che compare nelle prime quattro settimane di vita noto come “Transient Abnormal myelopoiesis” (TAM)6. Ciò è correlato alla presenza di una mutazione acquisita di un importante

fattore di trascrizione coinvolto nella mielopoiesi: il gene GATA1. Tratti caratteristici

Generale Ritardo mentale, ipotonia e lassità legamentosa alla nascita, bassa statura Testa e volto Microcrania, ritardo chiusura delle fontanelle, epicanto, iride punteggiato,

anomalie dell’eruzione dentaria e dell’assetto dei denti ( piccoli e mal inseriti), lingua protusa con movimenti finalistici, lingua scrotale, orecchie piccole e malformate, naso corto con dorso nasale piatto, collo corto e largo

Torace Cardiopatia congenita nel 30-40% dei soggetti

Addome e pelvi Diastasi muscoli addominali e ernia ombelicale frequenti alla nascita, pene piccolo e criptorchidismo

Mani e piedi Mani corte e tozze, alterazione dei dermatoglifi, ipoplasia della seconda falange del quinto dito con clinodattilia, incisura tra primo e secondo dito dei piedi

Apparato scheletrico

Displasia pelvica (70% casi)

Apparato

gastrointestinale

Stenosi/ atresia duodenale, ano imperforato, megacolon congenito

Altri aspetti Rischio aumentato di leucemie e di malattia di Alzheimer

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12 Tale mutazione è presente in un terzo dei bambini con S. di Down, ma nella maggior parte dei casi la TAM, ad essa correlata, è un fenomeno che regredisce spontaneamente in tre o quattro mesi; nel 10% dei casi, tuttavia, la comparsa di altre mutazioni aggiuntive rispetto a quella di GATA1, inducono la progressione verso la leucemia mieloide acuta (ML-DS, Myeloid Leukemia of Down Syndrome), che compare solitamente entro i cinque anni di vita. La TAM è caratterizzata dall’accumulo di precursori mieloidi immaturi nel sangue periferico, nel fegato e nel midollo emopoietico.7 A fronte del numero dei blasti circolanti, distinguiamo dei casi in cui tale incremento è inferiore al 10% ed i soggetti sono asintomatici, passando così spesso inosservati (la cosiddetta “Silent TAM”), mentre se l’aumento è maggiore del 10% si hanno evidenze cliniche che impongono un monitoraggio stretto del quadro, caratterizzato per lo più da epatomegalia, fibrosi epatica, scompenso cardiaco e, nei più rari casi di comparsa prenatale, da idrope fetale.

La TAM viene oggi descritta come un processo multi-step che ha inizio già nel periodo fetale con la comparsa, nelle cellule staminali o progenitrici emopoietiche del fegato, della mutazione di GATA1. Analizziamo ora i tre eventi principali6 :

1. Perturbazione dell’emopoiesi fetale indotta dalla stessa trisomia 21

Alla fine del primo trimestre di gravidanza, nei feti affetti da DS, compare un abnorme stimolo dell’ematopoiesi epatica che causa un incremento del numero dei progenitori eritroidi e megacariocitari, insieme ad una variazione della dimensione e delle caratteristiche immunofenotipiche delle cellule staminali emopoietiche (HSC – Hemopoietic stem cells). Malgrado ciò la differenziazione dei megacariociti è compromessa ed il numero di piastrine sia del feto, che nel neonato affetto da DS è ridotto. Le cause di tali fenomeni rimangono ancora non del tutto comprese, ma studi su modelli animali e su cellule staminali pluripotenti indotte (iPSC) hanno permesso di osservare come molteplici geni sul cromosoma 21 siano iperespressi. Tra questi figurano geni che partecipano all’alterata megacariocitopoiesi come ERG, DIRK1α ed altri, tra cui RUNX1, ETS2, sempre in coesistenza con la delezione di GATA. Tuttavia ciò spiega solo in parte la comparsa dei disordini emopoietici fetali e della TAM.

2. Comparsa della delezione N-terminale del gene GATA1 nella TAM e nella ML-DS

Il legame tra la mutazione di GATA1 e la ML-DS fu identificato per la prima volta circa quattordici anni fa nel laboratorio di “John Crispino”8

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Ruolo di GATA19

GATA1 è un gene collocato sul cromosoma Xp11.23 che codifica per un fattore di trascrizione che è importante per la differenziazione delle cellule emopoietiche, in

particolar modo per i precursori dei globuli rossi e per i megacariociti. Il buon funzionamento di GATA1 induce la divisione e la crescita dei precursori cellulari e fa sì inoltre che le cellule immature vadano incontro a morte. La mancanza della differenziazione cellulare provoca la carenza del numero di globuli rossi, con conseguente anemia e si ha la formazione di trombi da parte delle piastrine, che diminuiscono il loro numero all’interno del circolo ematico.

Alcune mutazioni di GATA1 X-linked associate sono infatti responsabili dell’Anemia congenita diseritropoietica (CDA) e di una Trombocitopenia congenita.

In realtà gli studi sul genoma hanno evidenziato che GATA1 attiva e reprime la trascrizione di moltissimi geni, molti dei quali tuttavia rimangono ancora ignoti; è evidente però che ciò interferisca spesso con i meccanismi di trasduzione del segnale, regolazione della proliferazione cellulare e rimodellamento cellulare. La proteina GATA1 ha numerosi domini tra cui riconosciamo:

- C-finger: l’estremità C-terminale che si lega a specifiche sequenza del DNA

- N- finger: l’estremità N-terminale la quale associata al cofattore FOG1 si associa a tratti di DNA nudo, cioè non legato alla cromatina.

Figura 7. Mutazioni nel dominio N-terminale di GATA1 che causano patologie nell’uomo11

Figura 6. Posizione del gene GATA1: Xp11.210 )

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14 GATA1 è anche importante per la maturazione dei diversi tipi di globuli bianchi (linfociti, eosinofili, mastociti) ed anche delle cellule dendritiche, aiutando così a sconfiggere le infezioni. La comparsa di alcune mutazioni de novo, acquisite durante vita fetale, nei soggetti affetti da DS induce alterazioni nella maturazione della linea mieloide con la successiva comparsa della TAM. In quest’ultima, come nella AML, i blasti circolanti coesprimono marker eritroidi e dei megacariociti, forse proprio a causa della mutazione di GATA1.

Gli studi del genoma effettuati con la tecnica del Next-Generation Sequencing (NGS) hanno dimostrato che la mutazione di GATA1 è presente in tutti i casi di TAM o ML-DS e nel 25-30% dei neonati con DS. Ciò dimostra come tale alterazione, che compare prima della nascita nelle cellule fetali, sia necessaria per lo sviluppo di disturbi dell’emopoiesi, conferendo alle cellule che la posseggono un vantaggio proliferativo nella vita fetale.

In particolar modo sembra esser presente un’alterazione a carico dell’esone 2 di GATA1 con la formazione di una proteina tronca detta GATA1s che perde il dominio di transattivazione, il quale normalmente interagisce con altri fattori proteici formando il complesso trascrizionale di base. Il tipo di alterazione che compare, tra cui inserzioni, delezioni o mutazioni puntiformi, non permette, tuttavia, di predire quali pazienti con la TAM progrediranno verso una ML, che si verificherà grazie alla comparsa di modifiche genetiche e epigenetiche aggiuntive successive.

L’unico modello sperimentale a nostra disposizione, per cercare di comprendere come la mutazione di GATA e la trisomia 21 siano relazionati, è quello che utilizza le cellule iPSC con trisomia 21che suppone una sovraespressione del gene GATA1s con la produzione della sola proteina anomala, mentre quella completa non viene più sintetizzata6; nonostante tali dati sperimentali l’esatto meccanismo della leucemogenesi nella DS rimane ancora da chiarire.

3. Comparsa di mutazioni aggiuntive

La mutazione di GATA1 è necessaria, ma non sufficiente per lo sviluppo della ML-DS a partire dalla TAM e studi sull’intero genoma e sugli esoni hanno testimoniato ciò. Le alterazioni possono coinvolgere geni chiave come RAD21, STAG2 o regolatori epigenetici come EZH2 (che catalizza la metilazione degli istoni) e KANSL1 (che appartiene al complesso istone-acetil transferasi), che sono particolarmente vulnerabili nelle cellule trisomiche.12,13 Un sottogruppo di pazienti presenta

invece alterazioni nelle vie di trasduzione del segnale intracellulari coinvolgendo ad esempio la proteina JAK o la proteina G RAS, la quale è frequentemente alterata anche in altre leucemie dell’infanzia.12,13

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Figura 8. Storia naturale e patogenesi della TAM e ML-DS

Per la comparsa delle varie alterazioni genetiche e/o epigenetiche e per l’espansione dei cloni cellulari che le posseggono, fino ad arrivare alla TAM, è importante inoltre il contributo del microambiente emopoietico del fegato fetale, oggi ancora oggetto di studio nel tentativo di comprendere l’importanza delle relazioni intercellulari e con la matrice stromale locale.

Un’interazione da ricordare, è quella tra GATA1 e IGF-2 (Insulin-like growth factor 2): GATA1 normalmente reprime l’espressione di IGF-2, il quale rimane invece troppo attivo a seguito della perdita della normale azione di GATA1 nella TAM o ML-DS, così da stimolare eccessivamente la proliferazione delle cellule staminali emopoietiche. 14,15

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3.1.2 Clinica

La TAM è una condizione che può presentarsi clinicamente in modo variabile6.

Circa nel 10-25 % dei bambini il riscontro è occasionale, dopo un’analisi dello striscio del sangue periferico; il 10-20% dei neonati ha segni importanti come epatomegalia, splenomegalia, coagulopatia, versamenti pleurici e/o pericardici, rash cutanei ed insufficienza multi organo, mentre la restante percentuale di individui presenta dei quadri intermedi. L’ittero è di per sé più frequente nei neonati affetti da DS, con o senza TAM, rispetto alla popolazione generale, ma deve essere seguito attentamente nella sua evoluzione, poiché la iperbilirubinemia prolungata può essere il preludio di un’eventuale TAM associata a cirrosi epatica, che può divenire fatale. Da ciò si evince quanto sia importante eseguire accertamenti diagnostici fin da subito, in modo da identificare i neonati con TAM e specialmente le forme di “Silent TAM”.

L’ipotesi più accreditata che spieghi come mai a volte i bambini con mutazioni del gene GATA1 possano non avere manifestazioni cliniche, è quella che correla la percentuale di cellule mutate alla nascita e il numero di blasti nel sangue periferico: maggiore è l’entità del clone con mutazione di GATA1, maggiore sarà il numero dei blasti e quindi la probabilità di riscontrare manifestazioni cliniche evidenti16.

Per identificare i cloni mutati, oggi abbiamo a disposizione varie tecniche di biologia molecolare (Sanger sequencing, dHPLC, NGS) ognuna con una specifica sensibilità.

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17 L’80% dei neonati con TAM, sia essa silente che manifesta, va incontro a regressione caratterizzata dalla normalizzazione della conta ematica cellulare e la scomparsa dei blasti dal sangue periferico, seguita dalla risoluzione della eventuale sintomatologia clinica; la mortalità totale è del 20%, ma solo la metà delle morti sono direttamente attribuibili alla TAM a causa dell’insufficienza epatica determinata dalla fibrosi e dall’infiltrazione dei blasti circolanti. Il restante 20% dei bambini con TAM progredisce verso la AML-DS in modo rapido o passando da un’apparente fase di remissione.6

Figura 10. Percentuali di progressione della TAM alla ML-DS e relativo outcome6

3.2 Leucemia mieloblastica acuta e Sindrome di Down

La leucemia mieloblastica acuta è determinata da un’alterata differenziazione della cellula staminale emopoietica e della linea cellulare mieloide da essa derivanti. La definizione di leucemia “acuta” scaturisce dalla presenza di blasti all’interno del midollo emopoietico e che poi possono anche esser presenti nel sangue periferico. Le manifestazioni cliniche sono proprio legate in primis all’infiltrazione midollare e poi da quella degli altri organi, quali linfonodi, fegato, milza, cute etc. I sintomi principali sono rappresentati da:

1. Segni di insufficienza midollare: anemia con pallore, astenia e progressiva affaticabilità; piastrinopenia con manifestazioni purpuriche, gengivorragie, epistassi e nei casi più gravi emorragie interne; leucopenia (seppur a volte leucocitosi) che determina suscettibilità alle infezioni, febbre.

2. Segni di infiltrazione d’organo: epatomegalia, insufficienza renale (da accumulo di blasti, urati e lisozima prodotti dalle cellule leucemiche, con iperkaliemia secondaria) e comparsa di ipertrofia genigivale o CID in forme particolari, quali rispettivamente la variante monocitaria e la promielocitica (M3)

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18 La ML-DS presenta alcune peculiarità: prima fra tutte è l’età di insorgenza, in media cioè tra il primo e secondo anno di vita e raramente oltre i quattro anni, mentre nella popolazione generale può comparire fino ai 15 anni; inoltre spesso la ML-DS presenta mielodisplasia associata a trombocitopenia, leucopenia accentuate fino alla pancitopenia; per molti mesi prima dello sviluppo della leucemia la conta dei blasti è bassa, persistendo tale anche nelle prime fasi della malattia, motivo per cui la diagnosi può essere formulata solo dopo l’esecuzione dell’aspirato midollare17.

4 Sindrome di Down e Leucemia linfoblastica acuta

4.1 Mutazioni genetiche associate

I bambini con S. di Down hanno un rischio aumentato di circa venti volte di essere affetti da leucemia linfoblastica acuta (DS-ALL, Down Syndrome associated Acuted lymphoblastic leukemia)18, che rappresenta circa il 3% di tutte le ALL comparse in età pediatrica. I pazienti con DS-ALL appartengono a due categorie di rischio:

- standard risk: bambini tra il primo e il nono anno di età, con un numero di leucociti alla diagnosi inferiore a 50.000/µl

- high risk: bambini con età superiore ai dieci anni e/o numero di globuli bianchi superiore a 50.000/ µl

In ogni caso la sopravvivenza dei pazienti pediatrici affetti da leucemia linfoblastica acuta e Sindrome di Down è peggiore rispetto alla popolazione generale.22

La causa della DS-ALL non è ancora del tutto nota, ma sono state individuate alcune alterazioni genetiche a carico dei linfociti B maggiormente presenti nei soggetti affetti da trisomia 21 e che potrebbero determinare la malattia. In particolar modo son state trovate mutazioni a carico del gene del recettore delle citochine (cytokine receptor like factor 2 – CRLF2), di quello della proteina chinasi JAK2 (Janus chinasi), delezioni di PAX5 e sono state studiate le conseguenze, nello sviluppo delle cellule B, della trisomia del HMGN1 (High-mobility-group di tipo “N”) e DYRK1a (Dual-specificity tyrosine phosphorylation-regulated kinase 1), presenti entrambi sul cromosoma 2118; quindi possiamo evidenziare un quadro geneticamente eterogeneo.

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Gene CRLF219

Questo gene codifica per un membro della famiglia dei recettori delle citochine di tipo 1, che lega, dopo aver formato un complesso eterodimerico con il recettore dell’interluchina 7 (IL7R), la linfoproteina stromale timica (TSLP). Ciò attiva le vie STAT3, STAT5 e JAK2, che controllano la proliferazione e sviluppo delle cellule emopoietiche.

Gene JAK220

Le Janus chinasi (JAK) sono una famiglia di tirosin-chinasi comprendente JAK1, JAK2, JAK3 e TYK2, tutte tirosin-chinasi non recettoriali coinvolte nella trasduzione del segnale mediato da numerose citochine, implicate a vario titolo nella maturazione e differenziazione delle cellule ematopoietiche e nella regolazione del sistema immunitario. Il difetto delle Janus chinasi può portare perciò a malattie ematologiche o immunodeficienze a seconda della proteina interessata e del difetto genetico in questione. Mutazioni puntiformi a carico del gene JAK2 creano uno stato costitutivamente attivo della proteina, conferendo così ai precursori ematopoietici un’indipendenza proliferativa rispetto alle citochine che normalmente regolano il bilancio emopoietico.

Negli scorsi anni sono state inoltre identificate, in diverse neoplasie ematologiche, alcune proteine chimeriche che contengono porzioni del gene JAK2; tali proteine di fusione, pur diversificandosi in base al gene partner della traslocazione ed in base alla maggiore o minore lunghezza del segmento del gene JAK2 che prende parte al riarrangiamento, sono accomunate dall’essere tutte costitutivamente attive sotto il profilo funzionale.

La mutazione puntiforme nello specifico sito dell’Arginina 683 (R683) sull’esone 16 di JAK2 è presente in circa il 20% dei casi di DS-ALL,21 causando un’attivazione costitutiva della chinasi indipendentemente dalla presenza o meno di citochine circolanti e un’alterazione della capacità di legame ed interazione con altri effettori delle cascate di segnalazione intracellulare. Un’ altra mutazione puntiforme identificata è quella sulla Glicina, ma al di là dei singoli siti coinvolti è importante sottolineare come questi ultimi siano differenti rispetto a quelli alterati nei disordini mieloproliferativi, a testimonianza della differenza tra le due patologie.

La sovra espressione invece del CRLF2si evidenzia nel 50% dei casi di DS-ALL ed è il risultato o di una traslocazione cromosomica del locus della catena pesante delle immunoglobuline (IGH),

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20 collocata sul cromosoma 14, o di una mutazione che produce una delezione della regione pseudoautosomica (PAR1) del cromosoma Xp22.3 o Yp11.3.22 Quest’ultima alterazione comporta

il riarrangiamento tra l’intera regione codificante di CRLF2 con il primo esone non codificante di P2Y recettore purinico 8 gene (P2RY8), espresso in molti tessuti, formando un gene di fusione P2RY8-CRLF2. Tali alterazioni le ritroviamo sulle cellule B precursori della ALL, fino al 50% dei casi associati a DS e raramente ( ̴5%) nella popolazione generale.22

Inoltre una mutazione puntiforme nel gene CRLF2 (nel sito F232C) è presente nel 9% dei soggetti con DS-ALL e adulti con B-ALL non Down e che iperesprimono CRLF2. Se si osserva l’effetto di tale mutazione in un ambiente sperimentale privo di stimolazione citochinica vediamo come essa determini una fosforilazione costitutiva di STAT5 e in presenza di un gene JAK2 wild-type, aumenti la crescita cellulare.

In molti pazienti assistiamo alla coopresenza di alterazioni di JAK2 e di CRLF2 che crea un effetto amplificato, a testimonianza del fatto che questi due pathways contribuiscono entrambi alla genesi di cellule leucemiche che possono così replicare e crescere liberamente e indipendentemente dai segnali citochinici.

In alcuni casi sono state inoltre identificate mutazioni a carico dei geni NRAS o KRAS: quest’ultime sono mutualmente esclusive con le alterazioni di JAK2, tanto che in gruppi di pazienti trattati con chemioterapia standard e aventi cloni cellulari con mutazioni a carico di JAK2 è stata osservata la sostituzione di tali cellule con altre RAS mutate.22

Rispetto ai soggetti non affetti da DS, i casi di di DS-ALL presentano una bassa incidenza di alcune anomalie cromosomiche quali la traslocazione t(12;21) ed iperdiploidia, in genere associate ad una migliore prognosi o le trascolazioni t(9;22), t(4;11) e ipodiploidia di solito determinanti una cattiva prognosi. 23,24

4.2 Ruolo del cromosoma 21

Ad oggi quale sia lo o gli specifici geni sul cromosoma 21 che possano determinare la ALL, generalmente nella variante B cellulare, non è ancora noto, ma senz’altro dobbiamo ricordare l’importanza della presenza nei soggetti Down della trisomia del cromosoma 21 sia nei precursori delle cellule B che nelle cellule del microambiente stromale, a differenza delle forme di leucemia sporadica dove la trisomia può essere presente nei soli precursori B. 25

(21)

21 Due recenti studi hanno ipotizzato il coinvolgimento nella linfopoiesi e sviluppo della neoplasia dei geni HMGN1 e DYRK1A.25 Gli unici dati ci vengono forniti da alcuni modelli animali.

 HMGN126

Le proteine “High-Mobility-Group” (HMG) costituiscono una superfamiglia suddivisa in tre famiglie HMG1, HMGB, HMGN, ciascuna delle quali ha diverse funzioni all’interno delle cellule. Il gene HMGN1 (21q22) codifica per la proteina cromosomica non istonica HMG-14 che, insieme alla HMG-17, lega il sito interno del nucleosoma andando a modificare l’interazione tra il DNA e le proteine istoniche. Le due proteine sono ubiquitarie e abbondanti all’interno dell’organismo a testimonianza del loro ruolo nella cellula. Gli studi sugli animali, in particolare il modello murino, hanno evidenziato che le cellule B trisomiche hanno una capacità rigenerativa/proliferativa maggiore e che i topi con trisomia 21 hanno una maggior probabilità di avere la leucemia. Tutto questo sembra esser legato, in parte, alla trisomia anche del gene HMGN1 che è implicato nelle modificazioni dell’istone H3 e quindi nella regolazione dell’interazione DNA-proteine nel cromosoma 21; è emerso infatti che la persistente espressione di questo gene è necessario alle cellule pre-B per replicare. In seconda istanza si nota come la sovraespressione di HMGN1 sopprima i livelli di H3K27m (Histone H3 Lys27 Trimethylation) nei progenitori delle cellule B e in quelle leucemiche e sembra che questo possa esser responsabile della maggiore aggressività delle ALL-B caratterizzate dalla presenza del gene di fusione BCR-ABL.

 DYRK1A

“Dual specificity tyrosine-phosphorylation-regulated kinase 1” è un enzima codificato dal gene DYRK1A sul cromosoma 21, che ha un ruolo importante nei pathways di regolazione delle proliferazione cellulare e nello sviluppo cerebrale. Il ruolo di DYRK1A nell’emopoiesi è emerso a seguito di studi che hanno dimostrato come esso possa interferire sull’attività del fattore nucleare di attivazione delle cellule T (NFAT), andando a favorire la presenza di AML in soggetti adulti con DS. Tuttavia tale enzima può avere anche un ruolo nella determinazione della DS-ALL essendo importante per lo sviluppo delle cellule linfoidi, poichè la mancanza di Dyrk1a negli stadi proliferativi pre-B e pre-T determina un up-regulation di geni promotori del ciclo cellulare. Durante lo sviluppo dei linfociti, DYRK1A fosforila la ciclina D3 sul residuo T283, mentre la fosforilazione della ciclina D1 sul sito T286 induce la quiescenza cellulare (fase G0 ), oltre che la differenziazione dei fibroblasti. Dagli studi su modelli animali emerge come la mancata espressione di DYRK1A non faccia entrare le cellule in quiescenza; ciò nonostante non si assiste all’aumento atteso della

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22 proliferazione cellulare poiché probabilmente questo gene partecipa ad altre funzioni regolatrici la crescita cellulare.

 Amplificazione intracromosomica25

Nel 2% delle ALL pediatriche è stata riscontrata un’amplificazione intracromosomica del cromosoma 21 (IAMP21 – Intrachromosomal amplification of chromosome 21) che compare raramente nei casi di traslocazione robertsoniana o, più comunemente, compare in cicli ripetuti di “breakage fusion bridge” (BFB – cicli di “rottura e fusione” ). In entrambi i casi si viene a creare una cromotripsi, che consiste in una frammentazione di uno o più cromosomi o regioni di un cromosoma in molti segmenti che vengono poi riuniti in maniera non accurata dai meccanismi di riparazione del DNA, da cui in questo caso deriva un’anormale duplicazione cromosomica. Sebbene tale alterazione sia stata ben descritta nei soggetti con ALL senza DS, possiamo osservare nuovamente come il coinvolgimento di alcune regioni del cromosoma 21 (come RUNX1, DYRK1A ed altre) sia importante per lo sviluppo di tale anomalia anche nella DS.

In ogni caso, possiamo concludere questa descrizione sulle alterazioni genetiche che nei bambini Down possono determinare l’insorgenza di leucemia linfoblastica acuta, osservando come il quadro sia molto più complesso ed eterogeneo rispetto alla leucemia mieloide, nella quale il ruolo del gene GATA1 è comunque predominante, nonostante in entrambi i casi ci sia ancora molto da chiarire.

4.3 Clinica della Leucemia linfoblastica acuta nel paziente Down

La leucemia linfoblastica acuta è determinata dalla comparsa di mutazioni somatiche di cellule staminali ematopoietiche della linea linfoide, che causa la proliferazione di cellule linfoidi immature dette linfoblasti. Le leucemie acute in generale rappresentano il 35% di tutti i tumori pediatrici e tra questi le ALL sono fino all’80%, colpendo i bambini tra gli 0 e 15 anni con un picco di incidenza tra il secondo e quinto anno di vita.2 Tra i pazienti con DS la ALL compare maggiormente nei caucasici, è rara nella prima infanzia, comparendo quasi sempre in età scolare ed infrequenti sono le forme a cellule T. A differenza della forma mieloblastica, la DS-ALL non ha mai una fase pre-leucemica e presenta una peggior prognosi, data la maggior resistenza ai trattamenti chemioterapici.25 Le manifestazioni cliniche sono per lo più le stesse della AML,2 poiché anche in questo caso determinate dalla progressiva infiltrazione d’organo; abbiamo perciò anemia (con pallore, astenia, tachicardia e talora dispnea), piastrinopenia (che determina più o meno gravi perdite di sangue), neutropenia (con suscettibilità alle infezioni) causate dall’infiltrazione

(23)

23 midollare, accanto a linfoadenomegalia (nel 70% casi), epatosplenomegalia, dolori ossei, disturbi legati alla localizzazione nel mediastino, testicolo e rene. Raro è l’interessamento cardiaco, intestinale, cutaneo e polmonare; bisogna inoltre porre attenzione sull’eventuale coinvolgimento cerebrale (3% dei pazienti) con conseguenti sindrome meningea, caratterizzata dalla comparsa di cefalea, vomito, papilledema, paralisi dell’abducente, o ad interessamenti focali di alcune aree cerebrali, con emiparesi, paralisi dei nervi cranici o convulsioni.

5 Diagnosi e classificazione delle leucemie

5.1 Generalità

La leucemia acuta che può comparire nella DS se non viene trattata è fatale per il bambino e per questo motivo deve essere tempestivamente diagnosticata al fine di intraprendere il percorso terapeutico più idoneo. Vengono descritti di seguito quelli che sono gli aspetti chiave per la diagnosi di leucemia, soffermandosi poi sulle forme mieloidi, linfoidi e le rispettive peculiarità presenti se associate a DS.

(24)

24

Figura 12. Classificazione Leucemia mieloblastica acuta 27

Le più recenti classificazioni delle leucemie linfoidi e mieloidi stilate dall’Organizzazione mondiale della Sanità si soffermano molto sull’identificazione delle alterazioni genetiche presenti; questo approccio oggi è per lo più finalizzato alla creazione di gruppi omogenei di pazienti nei quali, talvolta, è possibile definire una specifica prognosi e terapia. Sappiamo infatti come l’oncologia, in generale, sia prospettata sempre di più verso la cosiddetta target-therapy, nella quale si ricercano bersagli molecolari specifici in modo da colpire selettivamente le cellule tumorali risparmiando quelle sane. Per questo motivo la diagnosi delle leucemie non può prescindere oggi da una caratterizzazione immunofenotipica, citogenetica e molecolare dei blasti leucemici, attuate con indagini specifiche.

Il sospetto di leucemia acuta può essere indotto dalle manifestazioni cliniche (spesso semplice astenia, malessere, febbricola persistente) qualora siano presenti, o eventualmente da un riscontro

(25)

25 occasionale di anomalie all’esame emocromocitometrico.28 Molti pazienti hanno un calo dei livelli

di emoglobina, trombocitopenia, mentre il numero dei globuli bianchi (WBC) può essere basso, normale o elevato: tra il 15% e il 20% circa dei soggetti ha un WBC maggiore di 50.000 WBC/mm3. L’esecuzione di un striscio di sangue periferico e, maggiormente, un aspirato midollare possono confermare o meno la presenza di blasti definendone, con la colorazione di May-Grunwald e Giemsa, le caratteristiche morfologiche che son diverse tra le forme mieloidi e quelle linfoidi. A seguito di ciò la diagnosi definitiva richiede la caratterizzazione dei marker cellulari di superficie con la citometria a flusso (che identifica l’immunofenotipo) e le indagini citochimiche.

5.2 Leucemia mieloide acuta

Nelle leucemie mieloidi la caratterizzazione morfologica e istochimica dei blasti ha permesso di distinguere otto sottotipi diversi, descritti nella classificazione FAB (French-American-British classification):

Figura 13. Striscio di sangue periferico con blasti

Fonte: International Society for Laboratory Hematology

Figura 14. Aspirato midollare con blasti leucemici

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26 SIGLA CATEGORIA CRITERI MORFOLOGICI

M0 indifferenziata MPO <3% ma mostra granulazioni caratteristiche al microscopio elettronico; NAE negativa

M1 Mieloblastica senza maturazione

Blasti >90% nel midollo esclusi eritroblasti; <10% componente monocitaria; <10% granulociti, MPO >3%

M2 Mieloblastica con maturazione

Blasti <90%; granulociti >10%; monociti <20% (NE), MPO >3%

M3 Promielocitica (APL)

>20% promielociti anomali ipergranulari (corpi di Auer), MPO>3%;

M4 Mielomonocitica Blasti >30%, NE componente granulocitaria 20-80%, componente monocitaria 20-80%, >5*109/l monociti nel sangue

periferico o lisozima elevato, MPO >3%

M5 Monocitica >80% NE componente monocitaria; NAE positiva

M6 Eritroleucemica Cellule eritroidi >50% delle cellule midollari; blasti >30% NE M7 Megacarioblastica Blasti >30% NE; megacarioblasti, blebs, (mielofibrosi)

Tabella 3. Leucemia mieloide: classificazione FAB2

Elementi chiave da analizzare:

1. morfologia: in ciascuna categoria valutiamo la forma del nucleo, il rapporto nucleo/citoplasma e la presenza di granuli citoplasmatici, tipici delle leucemie mieloidi, tra cui compaiono a volte i corpi di Auer (raggruppamenti di materiale granulare azzurrofilo che formano aghi allungati visibili nel citoplasma di blasti leucemici).

2. citochimica: fondamentale è la colorazione per la mielopetossidasi (MPO - un enzima presente nei leucociti della serie granuloblastica), per la naftil-esterasi (NE) e naftil-acetato-esterasi (NAE) espresse dalle cellule della linea mieloide, ma non da quella linfoide.

3. immunofenotipo: tramite degli anticorpi monoclonali si riconoscono i determinanti antigenici mieloidi (granulo-monociti, megacariociti, eritroblasti) che saranno ovviamente

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27 diversi da quelli linfoidi; si analizzano i cosiddetti “Cluster of differentiation” (CD) di membrana.

Il 50-60% delle LAM diagnosticate in età pediatrica sono costituite dalle forme M1, M2, M3, il restante 40% sono M4 e M5, rare le forme M6 e M7, ma vedremo di seguito le tipicità delle forme associate alla DS.

5.2.1 Transient Abnormal Myelopoiesis

Lo stadio pre-leucemico TAM, nei bambini affetti da DS è caratterizzato da leucocitosi nel 30-50% dei casi, includendo l’aumento del numero di neutrofili, mielociti, monociti e basofili.6 La conta

piastrinica può essere elevata, normale o ridotta, ugualmente ai neonati Down senza TAM. Il valore di emoglobina è più basso nei neonati Down con TAM, ma un’anemia franca non è così comune. L’alterazione dell’assetto coagulativo si verifica nel 20-25% dei casi, sebbene la comparsa della CID (Coagulazione intravascolare disseminata) si verifichi solo in quei casi di grave disfunzione epatica dovuta ad una grossa infiltrazione dell’organo da parte delle cellule neoplastiche. L’alterazione della funzione epatica la riscontriamo talvolta nell’aumento dei livelli di bilirubina coniugata o delle transaminasi. Tra queste alterazioni però la più specifica è rappresentata dall’aumento dei blasti circolanti e midollari (sempre <20%), per il quale, tuttavia, ad oggi rimane ancora in discussione la definizione di un livello soglia affidabile per la diagnosi di TAM, specie nei casi in cui sia assente la mutazione di GATA1. È noto che nei neonati affetti da S. di Down nel 98% dei casi possiamo osservare dei blasti nello striscio di sangue periferico, che corrispondono al 15-20% dei leucociti circolanti nei neonati che non hanno la mutazione di GATA1. Nello studio “Oxford Imperial Down Syndrome Cohort (OIDSC) si è deciso di considerare la diagnosi di TAM nei bambini che presentassero più del 10% di blasti circolanti e la mutazione di GATA1 nei primi 14 giorni di vita, includendo così bambini che avevano anche manifestazioni cliniche significative; viceversa livelli di blasti <10% e coopresenza della mutazione di GATA1, che non si affiancavano in genere a manifestazioni cliniche, corrispondono alla “silent TAM”, nella quale la persistenza del clone GATA1 mutato espone al rischio di un’evoluzione successiva verso la ML-DS. La soglia del 10% ha permesso così di dividere i bambini che necessitano di una chemioterapia e/o di uno stretto follow up durante il periodo neonatale, ma sempre tenendo conto anche della mutazione di GATA1. Nella TAM i blasti, seppur presentino spesso una morfologia variabile, sono descritti come megacarioblasti con granuli citoplasmatici e citoplasma basofilo. Anche l’immunofenotipo è mutevole, tuttavia è tipica la coesistenza di marker di superficie tipici di cellule staminali (CD34 e

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28 CD117), mieloidi (CD33/CD13), piastrinici (CD36,CD42,CD61) e altri come CD56 e CD7. Ad ogni modo né la morfologia, né l’immunofenotipo permettono di distinguere le cellule GATA1 mutate da quelle wild type, motivo per cui sono necessarie indagini genetiche specifiche.

5.2.2 Leucemia mieloide acuta nel paziente Down

Tutti i pazienti con AML-DS hanno trombocitopenia (più marcata rispetto ai soggetti non Down) e spesso anche anemia e neutropenia; a differenza della TAM il numero dei leucociti di solito è ridotto, con una conta che non supera mai i 10.000 elementi per mm3. 29

La morfologia e l’immunofenotipo dei blasti è simile a quello delle TAM con coesistenza di marker di superficie tipici di cellule staminali (CD34 e CD117), mieloidi (CD33), dei megacariociti (CD42b e CD41), eritroidi (CD36 e la glicoforina A) e il CD7. Rispetto ai bambini con AML senza DS, la ML-DS ha un diverso profilo citogenetico: né alterazioni citogenetiche favorevoli come AML-ETO t(8;21), PML-RARα t(15;17), MLL t(9;11) o inversioni, né altre traslocazioni sono presenti. Son invece presenti anomalie numeriche del cariotipo come la trisomia 8,11,21, la delezione del (6q) o (7p) o (16q), la duplicazione (1p). In ogni caso la mutazione di GATA1 è sempre presente e la NGS rivela anche mutazioni addizionali come spiegato precedentemente. I fenotipi FAB maggiormente presenti sono la M7 e, meno comunemente la MO, rari sono invece nei soggetti Down la M5, M1, M2.29 Tuttavia vedremo come né la presenza di un fenotipo M7, né

lo sviluppo di alterazioni fenotipiche addizionali sembra influenzare significativamente la risposta al trattamento di questi pazienti.

5.3 Leucemia linfoblastica acuta

Anche per la ALL è necessaria una valutazione di più parametri, quali la valutazione morfologica, dell’immunofenotipo e della alterazioni genetiche delle cellule neoplastiche, che sono necessari non solo a fini diagnostici, ma anche per identificare il profilo di rischio e la prognosi del paziente. La morfologia delle cellule neoplastiche è descritta, anche per la ALL come per le forme mieloidi, dalla classificazione FAB che identifica tre forme di blasti sulla base delle caratteristiche microscopiche:

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29 TIPO CARATTERISTICHE

L1 presenza di piccoli blasti e con scarso citoplasma L2 con blasti più grandi, di dimensioni variabili

L3 blasti di grande dimensione e con citoplasma intensamente basofilo

Tabella 4. Leucemia linfoblastica: classificazione FAB

Fra le varie forme, nella popolazione generale la L1 è la più diffusa.

Generalmente la DS-ALL dal punto di vista delle indagini di laboratorio è simile a quella che compare nella popolazione generale, caratterizzata da ridotti livelli di emoglobina, piastrinopenia e leucociti generalmente aumentati (<100.000/µl); la BOM evidenzia una percentuale di blasti maggiore del 10%. L’immunofenotipo è caratterizzato dall’espressione di CD19 e CD10, tipici delle cellule B (common ALL) e se oltre a ciò vi sono anche le immunoglobuline intracitoplasmatiche (CyIg) si parla di ALL pre-B. Rare sono le forme T, identificate dalla presenza di markers di superficie quali il CD3. Come presentato precedentemente le analisi genetiche nella DS-ALL fanno emergere un quadro molto eterogeneo, per cui è importante effettuare indagini nei singoli pazienti per valutarne la prognosi; quest’ultima è legata all’appartenenza ad una delle due classi di rischio in cui vengono suddivisi i pazienti con ALL, che considerano le caratteristiche cliniche del paziente (età, numero dei globuli bianchi, coinvolgimento di organi e/o sistemi da parte della malattia e il tempo trascorso per ottenere la remissione di malattia) e biologiche (le alterazioni citogenetiche e molecolari e il fenotipo cellulare più o meno maturo).

FATTORI BASSO RISCHIO ALTO RISCHIO

Età 1-9 anni <1 o >10 anni

Conta iniziale di globuli bianchi <50000/mm3 >50000/mm3

Malattia anche al SNC alla diagnosi Assente Presente

DNA index >1.16 >1.16

Citogenetica t(12;21) t(4;11), t(9;22)

Risposta alla terapia agli steroidi Rapida lenta

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30

6 Terapia

6.1 Generalità

I regimi terapeuticiadottati nei bambini con DS e leucemia sono diversi per le forme mieloidi e per le linfoidi30. In generale essi comprendono l’utilizzo di vari chemioterapici, tra cui il Methotrexate, la Doxorubicina, la Vincristina, la Citarabina (Ara-C o Citosina arabinoside) e l’Etoposide.

Ad oggi numerosi studi riportano come la prognosi sia differente per i bambini Down con leucemia e quelli non Down: in particolar modo è stato visto come l’outcome sia migliore per le forme AML-DS, in cui i mieloblasti risultano più sensibili all’azione dei chemioterapici, e peggiore per la DS-ALL in cui i linfoblasti trisomici sono più resistenti ai farmaci citotossici18.

Al contrario, nella popolazione pediatrica non-Down la prognosi della ALL è nettamente migliore22.

L’altro aspetto interessante è l’analisi delle tossicità indotte dai diversi chemioterapici: la letteratura mostra come ciò potrebbe essere causato ad esempio per il Methotrexate, la Tioguanina e la Ara-C da una diversa farmacocinetica nei soggetti Down. In linea di massima comunque gli effetti secondari dei trattamenti, come cardiotossicità, mielosoppressione, infezioni e mucositi, in pazienti con leucemia e DS sembrerebbero essere, in alcuni casi, più frequenti e gravi.30 Le motivazioni

sono molte, ma le principali sembrano essere variazioni dell’assorbimento, del metabolismo ed eliminazione dei farmaci30. Bisogna tuttavia tener conto della relativa scarsità di studi a

disposizione, essendo difficile, come accade per numerosi farmaci, intraprendere studi nella popolazione pediatrica qui ulteriormente ristretta ai soggetti con DS e leucemie concomitanti. Inoltre è necessario sottolineare che così come esiste una variabilità delle manifestazioni cliniche tra i soggetti Down con o senza malattie leucemiche, è altrettanto mutevole l’interazione tra questi pazienti e i farmaci, motivo per cui sarà necessaria un’attenta osservazione dei singoli soggetti nelle varie fasi di trattamento. Di seguito verrà presentata una panoramica di quella che ad oggi è la gestione della TAM e delle forme leucemiche, sia linfoblastiche che mieloblastiche, ciascuna associata ad una descrizione delle principali complicanze e reazioni avverse che nei Down sono correlate alla terapia.

6.2 Transient abnormal Myelopoiesis

La maggior parte dei neonati con TAM presenta, in genere, una risoluzione spontanea del quadro senza necessità di alcuna terapia6. Al contrario, i bambini che mostrano sintomi che mettono a

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31 repentaglio la loro sopravvivenza, come l’idrope fetale, la leucocitosi elevata (< 100*109/l),

l’epatopatia, la CID, il sanguinamento diffuso, l’insufficienza renale o cardiaca, possono beneficiare di trattamenti chemioterapici, ma hanno una mortalità media del 20%6. Da studi osservazionali in fase iniziale appare come nella TAM le cellule blastiche siano particolarmente sensibili alla Citarabina. Il gruppo di studio “Berlin-Frankfurt-Münster” ha osservato che effettuare cicli di Citarabina (0.5-1.5 mg/Kg per 3-12 settimane) in neonati clinicamente molto compromessi permette di ottenere una sopravvivenza simile a quella dei neonati meno sintomatici e non trattati (sopravvivenza a 5 anni 78±8 contro 85±3 %, p=0.44), quindi tale approccio sembrerebbe esser utile nei casi di malattia severa6. In altri studi emerge invece la problematica della tossicità dall’uso di tale farmaco quali la mielosoppressione, la compromissione dello stato generale con febbre, nausea, vomito e diarrea e altri sintomi più rari. Interessante è invece l’osservazione fatta da altri autori secondo i quali i casi di DS-AML derivanti dall’evoluzione di forme di TAM con cattiva prognosi che vengono trattati con basse dose di Citarabina (1 mg/Kg per 7 giorni), avrebbero una miglior risposta terapeutica31.

È possibile notare perciò come la letteratura risulti ancora piuttosto contrastante nello stabilire la gestione dei neonati con TAM.

6.3 Leucemia mieloide acuta e Sindrome di Down

I pazienti con AML-DS presentano una miglior risposta alla terapia rispetto ai non Down in cui la remissione completa si ottiene nel 40% dei casi nei bambini tra i 2 e i 10 anni di età,32 contro il

71-100% dei Down nei quali inoltre il tasso di recidiva è minore del 15%.33 Secondo alcuni studi questa differenza è giustificata da una maggior sensibilità dei mieloblasti all'azione della Citosina arabinoside, dovuta ad un metabolismo anomalo del farmaco da parte della Citosina deaminasi, i cui livelli sono alterati a seguito della mutazione di GATA16.

I casi di fallimento del trattamento nella AML-DS potrebbero invece essere correlati alla tossicità da chemioterapia, specialmente nei confronti delle antracicline; per questo alcuni gruppi di studio hanno provato ad utilizzare una dose ridotta di antracicline in modo che risultassero meno tossiche, ma avessero al contempo effetti simili alle terapie standard. Lo studio di Kojima et al. (2000) ha voluto dimostrare proprio questo, infatti sono stati trattati 33 pazienti con dose comulativa ridotta di antracicline (300 mg/m2) e ciò ha mostrato buoni risultati, con bassi tassi di tossicità41. Nelle AML-DS non sembra esser indicato in prima linea il trapianto allogenico di cellule staminali (TSC), poiché ha un alto tasso di tossicità e la chemioterapia si mostra già sufficientemente efficace.

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32 La formulazione del piano di trattamento tiene conto di alcune caratteristiche tipiche dei pazienti Down come:

 la miglior risposta alle terapie effettuate

 la maggior sensibilità alla’Ara-C vista nei tests di citotossicità in vitro, dovuta ad una più rapida trasformazione intracellulare del farmaco nel metabolita attivo Ara-CTP

 la maggior suscettibilità alla cardiotossicità determinata dalle antracicline, essendo i soggetti Down colpiti spesso da malformazioni cardiache congenite, presenti in fase pre-trattamento nel 50% dei soggetti con AML-DS aggravando i danni al cuore

 la maggior suscettibilità dei bambini Down alle infezioni

Consideriamo però che in tutta la popolazione pediatrica oggigiorno si è riscontrata, generalmente, una buona risposta terapeutica; i principali fattori prognostici sono29:

- età: all’aumentare dell’età alla diagnosi peggiora la prognosi

- la resistenza alla terapia (“Multiple Drug Resistence”, MDR):il meccanismo con cui ciò si realizza non è ancora del tutto conosciuto, ma sembra esser collegato all’over espressione della glicoproteina p (PgP) che dà resistenza alle antracicline, seppur tale evento prevalga nella popolazione anziana.

- alterazioni citogenetiche e molecolari delle cellule leucemiche

- clearance precoce dei blasti dopo la somministrazione del chemioterapico

Di seguito viene presentato il più recente protocollo di trattamento della AML-DS, adottato dai Centri di Ematologia Pediatrica Italiani aderenti alla Associazione Italiana Ematologia Oncologia Pediatrica (AIEOP).

Protocollo AML-DS

Il protocollo AIEOP AML-DS del 2002 per la Leucemia mieloide acuta associata a S. di Down (nato dalla collaborazione tra la AIEOP e Centri Europei del Gruppo BFM) prevede due fasi principali, quella di induzione seguita da quella di mantenimento per un insieme di quattro cicli di chemioterapia.

 FASE DI INDUZIONE

Questa fase ha la finalità di ridurre al minimo il carico di blasti leucemici, ottenendo una remissione completa di malattia (infiltrazione midollare <5%). Il primo ciclo prevede l’utilizzo di:

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33 - Daunorubicina liposomiale: 50 mg/m2 in infusione continua per un’ora dal primo al terzo giorno

di terapia;

- Ara-C: 200 mg/m2 in infusione continua per 24 ore dal primo al settimo giorno

- Rachicentesi medicata (somministrazione intratecale, IT) effettuata all’inizio del trattamento con Ara-C ad un dosaggio del farmaco che varia in funzione dell’età del paziente.

GIORNO 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 → 21 → 26 AM Ara-C (IT) Daunorubicina liposomiale Ara-C (ev)

Il ventunesimo giorno viene effettuato un agoaspirato midollare; se la cellularità midollare non consentisse di ottenere tale valutazione, l’agoaspirato sarà ripetuto ogni cinque giorni fino ad avvenuta documentazione.

Nei pazienti in remissione completa viene eseguito un secondo ciclo, che viene iniziato se il soggetto è in stato di apiressia, ha una conta granulocitaria >1.500/mm3 ed un numero di piastrine ≥ 100.000/mm3. Tale ciclo prevede la somministrazione di :

-Daunorubicina liposomiale: 50 mg/m2 in infusione per un’ora dal primo al secondo giorno di terapia

-Ara-C: 200 mg/m2 in infusione continua per 24 ore dal primo al quinto giorno

- Rachicentesi medicata con Ara-C con un dosaggio del farmaco che varia in funzione dell’età del paziente e che è effettuata all’inizio del trattamento.

GIORNO 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 → 21 → 26 AM Ara-C (IT) Daunorubicina liposomiale Ara-C (ev)

(34)

34  FASE DI CONSOLIDAMENTO

Questa fase ha lo scopo di consolidare la remissione di malattia ottenuta al termine della fase di induzione.

Ottenuto il recupero ematologico, caratterizzato da una conta granulocitaria ≥1.500/mm3 e

piastrinica ≥ 100.000/mm3 e dalla persistenza di uno stato di remissione completa (documentato

dall’aspirato midollare), si inizia il primo ciclo di consolidamento. Esso è basato sulla somministrazione di:

- Ara-C: 1 g/m2 in infusione continua per 3 ore ogni 12 ore nel primo, secondo e terzo giorno

raggiungendo la dose totale di 6 gr/m2.

- Etoposide (VP-16): 100 mg/m2 in infusione continua di un’ora nel quarto e quinto giorno.

GIORNO 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 → 21 → 26

AM

Etoposide(ev) Ara-C (ev)

Se all’aspirato midollare effettuato al ventunesimo giorno del primo ciclo di consolidamento viene documentata la persistenza di uno stato di remissione completa, si procede con l’ultimo ciclo di chemioterapia dopo aver ottenuto un sufficiente recupero ematologico (conta granulocitaria ≥1.500/mm3 e piastrinica ≥ 100.000/mm3); somministreremo al piccolo paziente:

- Ara-C: 1g/m2 ogni dodici ore il primo e secondo giorno del secondo ciclo di consolidamento, con una dose totale di 4 gr/m2.

- Mitoxantrone: 8 mg/m2 il terzo giorno.

GIORNO 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 → 21 → 26

Ara-C (ev) Mitoxantrone AM

(35)

35 La terapia antiblastica deve essere adattata sulla base della fascia di età e del peso corporeo del soggetto; in particolar modo per i bambini al di sotto dell’anno di età o con un peso <10 Kg si utilizza la seguente formula:

[𝑝𝑒𝑠𝑜(𝐾𝑔) ∙ 𝑑𝑜𝑠𝑒(𝑚2)]

30

Tuttavia per la l’Ara-C somministrata per via endovenosa dobbiamo utilizzare un preciso schema terapeutico:

ETÀ (mesi) % DOSE / m2

≤3 20 4-5 30 6-7 40 8-10 50 11-13 60 14-16 70 17-19 80 20-24 90 ≥24 100

Mentre per la somministrazione intratecale di Ara-C si segue questo dosaggio :

ETÀ (anni) DOSE (mg)

<1 20

<2 30

<3 50

≥3 70

Dobbiamo ricordare che la riduzione della dosi di Ara-C nei bambini con età inferiore all’anno o di peso < 10 Kg viene effettuata poiché tali soggetti hanno una ridotta funzione della deaminasi, una ridotta clearance dell’Ara-C (per una diminuita trasformazione in Ara-U) e per l’elevata neurotossicità determinata da alti livelli ematici di Ara-C (> 300 µM) raggiunti in corso di terapia ad alte dosi (HD).

(36)

36 Nei casi resistenti alla terapia di induzione o recidivanti nel corso del trattamento, viene utilizzato lo schema di recupero FLAG costituito da:

- Fludarabina: somministrata ev in trenta minuti alla dose di 30 mg/m2/die dal giorno +1 al +5

- Ara-C: somministrata ev in quattro ore alla dose di 2 g/m2/die dal giorno +1 al +5

- Granulokine, G-CSF: somministrata sc 5 µg/Kg/die dal giorno +7 al +30

GIORNO 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 → 21 → 30

Fludarabina Ara-C Granulokine

Dopo aver ottenuto uno stato di remissione completa, il paziente è avviato il più velocemente possibile ad un trapianto di midollo osseo (TMO) allogenico da donatore familiare HLA-compatibile o da un donatore non consanguineo di midollo osseo o di sangue placentare.

6.4 Leucemia linfoblastica acuta e Sindrome di Down

Sebbene la risposta globale al trattamento sia molto simile alla popolazione generale, i soggetti affetti da DS-ALL hanno un più alto rischio di ricadute e di reazioni avverse ai farmaci a causa della loro alta ipersensibilità alla chemioterapia convenzionale.22 Per tale motivo nel protocollo terapeutico AIEOP ALL 2009 relativo al trattamento della ALL, l’obiettivo principale è quello di studiare in maniera specifica i soggetti con DS-ALL caratterizzando, dove possibile, la patogenesi molecolare della malattia al fine di ottimizzare la terapia 34. In particolare si cerca di:

 identificare i geni chiave sul cromosoma 21 che mediano l'alto rischio di DS-ALL  stabilire se gli stessi geni sono importanti per la trisomia 21 somatica acquisita  identificare le manifestazioni somatiche che cooperano con la trisomia 21  studiare il ruolo delle mutazioni CRLF2 e JAK2 nella DS-ALL e nella ALL-HR  identificare gli approcci terapeutici per bloccare il segnale CRLF2 in DS-ALL

 stabilire il ruolo del BCL6 (fattore di trascrizione importante per lo sviluppo del centro germinativo) e studiare la risposta al danno del DNA

(37)

37 Viene presentato di seguito il protocollo AIEOP-BFM ALL del 2009 nel quale vengono mostrate le possibili strategie terapeutiche per i soggetti affetti da ALL.

La definizione del rischio nei soggetti affetti da leucemia linfoblastica acuta si basa principalmente su criteri biologici, sulla risposta al trattamento e sulle caratteristiche PCR/FCM (Polymerase Chain Reaction e Flow Cytometric) della malattia minima residua (MRD).

 High risk (HR)( 10% dei casi35) : I pazienti che presentano almeno uno dei seguenti criteri

si qualificano per il trattamento nel gruppo HR:

A. Criteri “convenzionali” non basati su MRD:

- “Prednisone poor-response”  conta assoluta di blasti nel sangue periferico >1.000/μl post terapia - Non remissione completa al giorno +33: la remissione completa34 è definita solo dopo il 33°giorno del Protocollo I ed è caratterizzata da:

(38)

38 - <5% blasti (M1) in un aspirato di midollo osseo rappresentativo, con sufficiente cellularità e segni di ripresa di mielopoiesi normale

- <5 cellule nucleate/μl nel CSF, o >5 cellule nucleate/μl e non evidenza di blasti in cytospin (metodica particolare per lo studio cellulare)

- non evidenza di infiltrati leucemici secondo valutazione clinica e radiologica; se era presente una massa mediastinica all’esordio deve essere ridotta ad almeno 1/3 del volume tumorale iniziale.

- Positività per MLL/AF4 o t(4;11)

- Ipodiploidia valutata con il “DNA index” (che è il rapporto tra il contenuto medio di DNA G0/G1 di una popolazione aneuploide e il contenuto medio di DNA G0/G1 dello standard normale euploide).

B. Criteri basati su MRD: essi utilizzano i livelli di MDR misurati nel midollo osseo al 33° giorno (TP1) e al 78° (prima dell’inizio del Protocollo M o del 1°blocco HR, TP2)

- pB-LLA o immunofenotipo non noto con PCR-MRD o MR SER (Slow Early Responder)

- PCR-MRD Hight risk (poiché sulla base della MDR è possibile identificare tre gruppi di rischio: basso, medio e alto)

- FCM-MRD nel midollo osseo al 15°giorno evidenza la presenza di più del 10% linfoblasti

 Standard risk e intermediate risk (rispettivamente il 10% e 80% dei casi58): i pazienti che

non presentano alcuno dei criteri di alto rischio sono stratificati secondo irisultati di PCR/FCM-MRD.

ll protocollo terapeutico ha una durata complessiva di due anni, in cui i primi 4-6 mesi prevedono un trattamento più aggressivo che espone al rischio di maggior effetti collaterali e necessità di isolamento sociale. La risposta della malattia al trattamento è monitorata in momenti predefiniti dal programma ed in base a questa si configura il grado di aggressività del singolo caso che viene così assegnato ad una specifica "classe di rischio". Alle differenti classi di rischio corrispondono programmi terapeutici di intensità crescente.

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