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L'internazionalizzazione dei sistemi educativi dell'UE e le "scuole europee" di Bruxelles per la formazione della cittadinanza europea

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XXIV CICLO SCUOLA DOTTORALE

IN

PEDAGOGIA E SERVIZIO SOCIALE

UNIVERSITA' ROMA TRE

L’INTERNAZIONALIZZAZIONE DEI SISTEMI EDUCATIVI

DELL'UE

E LE SCUOLE EUROPEE DI BRUXELLES

PER LA FORMAZIONE DELLA CITTADINANZA EUROPEA

CANDIDATA

ANTONIETTA DE LUCA

TUTOR

PROF.SSA BIANCA SPADOLINI

COORDINATORE DELLA SEZIONE DI PEDAGOGIA

PROF. MASSIMILIANO FIORUCCI

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The Norwegian Nobel Committee has decided that the Nobel Peace Prize for 2012 is to be awarded to the European Union (EU). The Union and its forerunners have for over six decades contributed to the advancement of peace and reconciliation, democracy and human rights in Europe. In the inter-war years, the Norwegian Nobel Committee made several awards to persons who were seeking reconciliation between Germany and France. Since 1945, that reconciliation has become a reality. The dreadful suffering in World War IIdemonstrated the need for a new Europe. Over a seventy-year period, Germany and France had fought three wars. Today war between Germany and France is unthinkable. This shows how, through well-aimed efforts and by building up mutual confidence, historical enemies can become close partners. In the 1980s, Greece, Spain and Portugal joined the EU. The introduction of democracy was a condition for their membership. The fall of the Berlin Wall made EU membership possible for several Central and Eastern European countries, thereby opening a new era in European history. The division between East and West has to a large extent been brought to an end; democracy has been strengthened; many ethnically-based national conflicts have been settled. The admission of Croatia as a member next year, the opening of membership negotiations with Montenegro, and the granting of candidate status to Serbia all strengthen the process of reconciliation in the Balkans. In the past decade, the possibility of EU membership for Turkey has also advanced democracy and human rights in that country. The EU is currently

undergoing grave economic difficulties and considerable social unrest. The Norwegian Nobel Committee wishes to focus on what it sees as the EU's most important result: the successful struggle for peace and reconciliation and for democracy and human rights. The stabilizing part played by the EU has helped to transform most of Europe from a continent of war to a continent of peace. The work of the EU represents "fraternity between nations", and amounts to a form of the "peace congresses" to which Alfred Nobel refers as criteria for the Peace Prize in his 1895 will.1 Oslo, 12 October 2012

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INDICE

Introduzione p. 5

Cap. I – Dalla sociologia dell'educazione alla cittadinanza multiculturale

per un progetto internazionale di scuola inclusiva nel paradigma democratico p. 9

1. La riflessione socio-educativa di Émile Durkheim p. 9

a. Individuo e società b. Morale e educazione c. Educazione e sociologia d. Durkheim e l'internazionalizzazione della scuola in Francia

2. Scuola, educazione e democrazia in John Dewey p. 43

a. Una vita per la conoscenza b. Le scienze dell'educazione e la scuola c. Scuola e società d. Democrazia e educazione e. Dewey e l'internazionalizzazione della scuola statunitense

3. Scuola e vita nella teoria e nella pratica educativa di Jean-Ovide Decroly p. 81

a. Jean-Ovide Decroly tra la medicina e la pedagogia b. Le programme d'une école dans la vie c. Dai disturbi del linguaggio alla socio-linguistica nella concretezza

dell'educazione

d. L'internazionalizzazione della scuola in Belgio

4. Il dibattito sulla cittadinanza sovranzionale nelle tradizioni comunitarista e liberale p. 99

a. La crisi del paradigma nazionale

b. Il cosmopolitismo

c. La cittadinanza postnazionale

d. La cittadinanza multiculturale

e. La cittadinanza sovranazionale europea e l'internazionalizzazione della scuola

5. Politiche inclusive e differenza nel pensiero di Iris Marion Young p. 128

a. La teoria della giustizia nel pensiero comunitarista e liberale b. La teoria critica

c. La democrazia dell'inclusione

d. Le politiche della differenza

Cap. II - L’Unione Europea e le sue istituzioni educative nel quadro internazionale p. 163

1. La storia dell'Unione Europea: un impegno per la pace p. 163

a. Protagonisti, movimenti e accordi internazionali b. Comunità, allargamenti, trattati e istituzioni

c. Legislazione e ordinamento tra politiche linguistiche e politiche educative d. Cooperazione europea in materia di istruzione: programmi e progetti

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2. Lo sguardo della comunità internazionale sulla scuola in Europa p. 243 a. Gli osservatori internazionali sulla scuola dell'Unione Europea

b. L'Europa, l'economia, l'istruzione e i sistemi educativi europei c. La diffusione delle lingue straniere in Europa

Le Scuole Europee di Bruxelles e l'internazionalizzazione dei sistemi educativi

dell'Unione Europea p. 305

a. Politiche educative e elitarismo nelle Scuole Europee di Bruxelles b. Cenni storici sulle Scuole Europee e sulla diplomazia dell'Ue

c. Le Scuole Europee di Bruxelles e l'articolazione della struttura internazionale

Cap. III – La ricerca empirica nelle Scuole Europee di Bruxelles e la bibliografia internazionale p. 350

a. Questionari e risultati p. 350

b. Grafici relativi alla ricerca empirica p. 380

c. Resumé de la thèse p. 426

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Introduzione

La riflessione sull’internazionalizzazione dei sistemi educativi dell'Unione Europea e sul ruolo delle Scuole

Europee di Bruxelles nella formazione della cittadinanza comunitaria sviluppata in questo saggio è determinata

dall'appartenenza di chi scrive alla scuola secondaria italiana di secondo grado in qualità di docente di lettere: ambito professionale in cui ricadono le iniziative e le dinamiche innescate dalla Direzione Generale Educazione,

cultura e sport della Commissione Europea e dal Miur italiano in materia di progettualità educativa

internazionale e di humanities. Grazie all'approfondimento teorico di concetti quali democrazia, società, educazione, partecipazione, differenza, cosmopolitismo, intercultura, integrazione, inclusione e postnazionalità e grazie alla ricerca empirica condotta negli istituti presenti sul territorio italiano e belga, sulla scia della conoscenza bibliografica acquisita presso l'Université Charles-de-Gaulle Lille 3, l'Université Libre de Bruxelles e l'Université Catholique de Louvain-la Neuve, è stato possibile ampliare i propri orizzonti di riflessione e di azione rispetto al sistema educativo nazionale e internazionale.

Fondamentale nell'edificazione del patrimonio formativo acquisito nello sviluppo del progetto presentato si è rivelata anche l'integrazione dei contenuti di carattere amministrativo e gestionale provenienti dalla preparazione del concorso per dirigente scolastico e dalla maturazione di competenze legate al ruolo di quadro sindacale ricoperto nello stesso periodo nelle province di Latina e di Roma. L'integrazione di queste tre fonti di informazione con il confronto e l'esperienza nel campo della scuola, del sindacato, dell'università, sia all'interno che all'esterno dei confini nazionali, ha prodotto, in ultima analisi, la sintesi teorica e pratica elaborata in questo saggio. Naturalmente anche l'iter formativo precedente, anteriore e posteriore alla laurea in lettere, ha il suo peso nella sintesi delle prospettive realizzata e nell'approccio interdisciplinare e interculturale adottato. Le competenze linguistiche relative all'uso delle tre lingue occidentali acquisita negli anni del liceo e approfondita nel corso di numerosi viaggi di carattere e di durata professionalizzanti ha permesso un approccio facilitato alla realtà europea nonché alle fonti dirette e indirette, scritte e orali, bibliografiche e giornalistiche alle quali rimanda questa ricerca. Anche l'elaborazione degli strumenti utilizzati per la ricerca empirica è stata totalmente curata dall'autrice con l'ausilio esperto di Giuseppe Bove, professore ordinario di statistica presso il dipartimento di Scienze della Formazione dell'Università Roma Tre. Tutto il lavoro di rilevazione dati e di traduzione dall'italiano alla lingua straniera necessaria per decodificare la fonte dal francese, dall'inglese e, in qualche caso, dallo spagnolo e dal tedesco è stato allo stesso modo seguito da chi scrive e controllato da colleghi madrilingue che si sono resi disponibili negli atenei ospitanti durante il semestre trascorso con continuità e le visite precedenti e successive tra Lille e Bruxelles. Tra loro, si ricordano in particolare Françoise Jurion, Agnès Garletti, Michel Crine e Olivier Dupont, ma anche Claudine Schneider e Pascale Deleersnyder.

La ricerca dottorale ha preso il via, dunque, nel 2008, anno in cui la scure della crisi economica si è abbattuta pesantemente anche sulle sorti dell'istruzione, e si è conclusa nel 2011. In tale contesto, hanno assunto speciale evidenza gli ingenti stanziamenti economici destinati alle Scuole Europee di Bruxelles - tra cui l'istituto presente per l'Italia nella provincia di Parma - e dei quali si è conosciuta l'entità mediante le attività ordinarie della stampa quotidiana nazionale. Sotto tale sollecitazione informativa, si è inteso dunque analizzare i caratteri che l'internazionalismo assume nelle Scuole Europee e nella scuola d'Europa sia sul piano teorico che didattico e amministrativo, con il fine di individuare la ricaduta concreta delle misure prese per favorire la creazione della cittadinanza sovranazionale.

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paesi-membri e con lo studio del ruolo delle istituzioni comunitarie, degli organismi e degli osservatori deputati a promuovere l'edificazione fattiva della dimensione internazionale dell'istruzione e, soprattutto, la sua accessibilità sul piano socio-economico alla luce dell'art. 3 della Costituzione della Repubblica Italiana: Tutti i

cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

La relazione equilibrata tra investimenti e risultati è uno dei criteri posti al centro dell'analisi dei dati acquisiti nello studio sia del sistema educativo delle Scuole Europee di Bruxelles, presenti coi loro 14 istituti di prima categoria e 7 di seconda categoria in 7 paesi europei, sia dei programmi e dei progetti attuati con l'obiettivo di rendere internazionale il profilo del cittadino che matura la propria personalità e la propria professionalità nella scuola nazionale di appartenenza. Il sistema scolastico della Comunità Francofona del Belgio ha fornito diversi spunti in merito alla comparazione dei percorsi educativi finalizzati all'integrazione degli alunni migranti e all'acquisizione delle lingue straniere e, a differenza del riservatissimo ambiente europeista, si è mostrato disponibile e interessato ad ogni tipo di osservazione e di indagine.

Il termine del mercato del lavoro dell'Unione Europea, ad oggi primo soggetto economico mondiale, determina l'orizzonte di senso in cui si colloca tutta la riflessione qui articolata. La formazione, in tutti i suoi rami e aspetti, non può prescindere dalle esigenze morali e materiali che esprime la società e che si traducono e si inseriscono nella dialettica della domanda e dell'offerta. Da questo meccanismo di mercato, infatti, non dipende solo la circolazione di beni e la soddisfazione di bisogni, ma anche l'indice di occupazione e il benessere di cittadini dotati della capacità di agire come soggetti economici attivi per sé e per la comunità di appartenenza, nazionale e sovranazionale. Si chiarisce a tal proposito il ricorso nel testo al termine sovranazionale con l'intenzione di riferirsi all'internazionalità comunitaria dell'Ue e al termine internazionale con l'intenzione di riferirsi all'internazionalità ulteriore, alla mondialità nella sua interezza. Lo studio in questione verte, infatti, sugli interrogativi seguenti: come può operare la scuola statale dei paesi-membri dell'Ue per mettere in condizione i propri studenti di diventare cittadini concretamente attivi e responsabili d'Europa? Come può porli in grado e di godere anche dei vantaggi economici previsti dal surplus di cittadinanza e quindi da un'identità ampliata alla quale non sono ancora abituati e dei cui risvolti non si rendono ancora pienamente conto? Se esistono risorse da destinare alle Scuole Europee di Bruxelles a tal fine, esiste anche un controllo sull'efficacia pedagogica di un sistema educativo che, da quanto risulta in questa ricerca, si rivela accessibile solo ai ceti elevati tradendo gli stessi presupposti sui quali è stato edificato nella seconda metà del Novecento?

Il tentativo di fornire delle risposte adeguate alle questioni poste si è rivelato impegnativo e orientato nelle varie direzioni di ricerca che l'argomento, di per sé così poliedrico, ha richiesto sia in teoria che in pratica. Il campo delle discipline interessate è di ampio spettro e comprende in un solo ambito di indagine il punto di vista pedagogico non meno di quello sociologico, il contributo storico come quello filosofico-politico, fino ad abbracciare l'approccio giuridico e comparatistico in materia amministrativa e educativa: si evince chiaramente nella scelta degli autori e delle opere a tal fine considerate. Nelle monografie dei pensatori trattati, sono stati selezionati i lavori funzionali all'analisi comparata delle politiche educative e alla valutazione della loro validità sul piano internazionale ed è stata considerata l'applicazione dei loro modelli in contesti differenti. I contenuti presenti nelle loro opere sono stati quindi affrontati secondo un criterio tematico, seguendo un principio interno

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di coerenza prospettica, tenendo conto dei punti di osservazione e delle coordinate storico-geografiche degli altri autori. Il dialogo tra francofoni e americani, che si guardano con complicità dalle due sponde dell'Oceano Atlantico e che si riconoscono nella pratica del viaggio come ricerca di risposte ai fenomeni che li sollecitano sul piano empirico e che possono sfuggire allo sguardo di chi è immerso nel vissuto del proprio orizzonte di appartenenza, serve a evidenziare la ricchezza di un'internazionalità fondata su un presupposto di pace, di collaborazione, di ricchezza e di crescita reciproca. Il valore di tale presupposto legittima la volontà di sottolineare come sia stato lo spirito di pace ad animare sin dalle sue origini la fondazione di quella che oggi riunisce i cittadini di ventisette paesi nella comunità sovranazionale denominata Unione Europea e come sia possibile oggi che essi arrivino gradualmente a riconoscersi nella simbologia che ne rappresenta le origini, le culture, le pluralità e le differenze. Si tratta, in definitiva, dell'unitarietà di un soggetto in trasformazione unico al mondo in cui le dinamiche politiche di una storia fatta di contraddizioni e di contrasti costituiscono il patrimonio più profondo da cui trarre le ragioni della condivisione, oltre che dell'economia, della sovranità. Questa è la via tracciata dai padri fondatori dell'Europa Unita affinché il nuovo soggetto politico divenisse capace di superare i confini geografici, a danno degli egoismi nazionali e a tutela dei popoli dalle guerre future. Altro Leit Motiv del saggio è il discorso sulle lingue straniere: ventitré idiomi e tutti di pari dignità più la tutela di quelle minoritarie e in via di estinzione. L'internazionalità passa per il plurilinguismo e le politiche potenziamento del plurilinguismo sono perseguite dai sistemi di istruzione dell'Unione in ossequio alle sue direttive e per l'esigenza concreta di consentire ai futuri cittadini europei di integrarsi nel macrocosmo che li accoglie. Giunti in un altro paese, essi devono potersi assumere la responsabilità di assolvere a una funzione lavorativa e di utilità sociale, in tal senso la pedagogia deweiana offre una sponda sicura alla coerenza ricercata nella politica e nell'economia della supercittadinanza.

In un quadro simile, l'offerta di formazione pubblica si rivela fondamentale e deve essere adeguata alle sfide poste dalla società globalizzata perché la globalizzazione non sia solo un vantaggio per le aziende, ma una possibilità di ricchezza reale per tutti e un freno alle logiche legate allo sfruttamento del lavoro. E' su questo terreno che si misura la distanza tra le opportunità degli allievi delle Scuole Europee di Bruxelles (EESS) e le possibilità di tutti gli altri e sempre sul terreno del lavoro si misurano l'efficacia, l'efficienza e la trasparenza di due ambiti dell'istruzione soggetti ai limiti previsti da leggi e ordinamenti nazionali e comunitari. I futuri lavoratori e il personale assunto nelle scuole d'Europa devono vedersi riconosciuto lo stesso peso del settore imprenditoriale sulla bilancia delle logiche commerciali imposte dalla globalizzazione dei mercati. L'idea di verificare se esiste un gap tra le due dimensione ispira queste pagine che mirano a rendere disponibili, nella parte dedicata alla ricerca empirica, dati ed elementi utili alla formulazione di una proposta di scuola europea pubblica efficace, efficiente ed equamente finanziata sia dai singoli stati che dall'Unione.

Il capitolo sulla cittadinanza illumina gli spazi aperti dal dibattito in corso sui modi di ripensare e ridefinire l'identità in vista di un paradigma universalista, capace di accogliere il portato delle differenze senza omologarle a un modello che si presume imparziale, ma che, come sostiene Young, è di fatto elaborato dal ceto dominante. La stessa tipologia delle Scuole Europee di Bruxelles, muovendo i suoi primi passi dal retroterra culturale francofono, rappresenta un'alternativa alla proposta educativa delle Scuole Internazionali, dove il curricolo è costruito sul presupposto della prevalenza culturale angloamericana. Il fascino di questa dialettica che torna a ripresentarsi nella storia d'Occidente costituisce un motivo in più per discutere una tesi di dottorato internazionale, nata da una serie di collaborazioni utili a strutturare un'ottica pluriprospettica sul tema affrontato. Si è trattato di una sfida ardua, forse non completamente riuscita in termini di risultati prodotti, ma significativa

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anche per le difficoltà incontrate nel varcare i cancelli di un ambiente avviluppato nelle logiche di un internazionalismo sfuggente, passibile anche e soprattutto per questo di ulteriori indagini ancora più profonde, se non addirittura urgenti, affinché davvero e per tutti valga in concreto l'augurio di Jean Monnet: Élevés au

contact les uns des autres, libérés dès leur plus jeune âge des préjugés qui divisent, initiés aux beautés et aux valeurs des diverses cultures, ils prendront conscience, en grandissant, de leur solidarité. Tout en gardant l’amour et la fierté de leur patrie, ils deviendront, par l’esprit, des Européens, bien préparés à achever et à consolider l’oeuvre entreprise par leurs pères pour l’avènement d’une Europe unie et prospère.

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Capitolo I – Dalla sociologia dell'educazione alla cittadinanza multiculturale per un progetto internazionale di scuola inclusiva nel paradigma democratico –

1. La riflessione socio-educativa di Émile Durkheim 1.a. Individuo e società

Accanto a Weber, Simmel e Pareto, la riflessione di Émile Durkheim, tra i fondatori della sociologia moderna, contribuisce a illuminare i rapporti tra educazione e sociologia, se è vero che nella sua vicenda biografica le porte dell'accademia si aprono prima attraverso il conferimento di una cattedra di pedagogia alla facoltà di lettere dell'università di Bordeaux e, solo poi, con il suo ingresso da sociologo alla Sorbonne. Protagonista del dibattito pedagogico che, nei primi anni del Novecento, ha interessato la riforma dell'istruzione francese, prima di approdare alla sociologia, viene incaricato di curare la formazione degli insegnanti a Parigi:

On avait décidé, au moment de la réforme de 1902, d'organiser dans les Facultés un stage pédagogique théorique pour tous les candidats à l'agrégation. C'est à Durkheim qu'en avait été confiée la direction à l'Université de Paris. C'est un fait, […], que la sociologie n'a pas été admise d'emblée à la Sorbonne, mais qu'elle s'y est introduite par la porte étroite de la pédagogie. Durkheim a été nommé en 1902 comme suppléant, puis, en 1906, comme successeur de Ferdinand Buisson, et chargé d'enseigner la Science de l'Éducation. Il y était préparé, d'ailleurs, par son enseignement de Bordeaux, dont une large part, un tiers, a toujours été consacré à cette discipline2

È nella capitale che l'autore completa i suoi studi al termine dei quali comincia a insegnare filosofia nei licei della provincia, quando, da un punto di vista disciplinare, abbandona la sua affezione alla metafisica per volgere i suoi interessi al positivismo. La sua esperienza di docente a Sens si conclude con un discorso ai liceali dell'ultimo anno che contiene e sintetizza la natura del suo impegno nella ricerca nonché l'importanza che attribuisce all'educazione nella società. Ai diplomati rivolge dunque, come augurio, queste parole:

Chers élèves, peut-être en ce moment me reprochez-vous tout bas de vous avoir, aujourd'hui, un peu trop oubliés. Et pourtant il n'en est rien. Tandis que je parlais, c'est à vous que je pensais, à vous surtout avec qui je viens de passer toute cette année et qui allez nous quitter maintenant pour vous essayer à la vie. Si vous voulez bien y regarder de près, vous verrez que ce discours contenait à votre adresse un dernier enseignement et comme une leçon in extremis. Tout ce que j'ai dit ne pourrait-il pas, en effet, se résumer ainsi: Mes chers amis, je serais bien heureux si vous emportiez de ce lycée deux sentiments, contradictoires en apparence, mais que les âmes fortes savent concilier. D'une part, ayez un sentiment très vif de votre dignité. Si grand que soit un homme, n'abdiquez jamais entre ses mains et d'une manière irrémédiable votre liberté. Vous n'en avez pas le droit. Mais aussi ne croyez pas que vous deviendrez beaucoup plus grands en ne permettant jamais à personne de s'élever au-dessus de vous. Ne mettez pas votre gloire à vous suffire à vous-mêmes, à ne rien devoir à personne; car alors, pour ménager un faux amour-propre, vous vous condamneriez à la stérilité. Toutes les fois que vous sentirez qu'un homme vous est supérieur, ne rougissez pas de lui témoigner une juste déférence. Sans fausse honte, faites-en votre guide. Il y a une certaine manière de se laisser guider qui n'enlève rien à l'indépendance. En un mot,

2 Maurice Halbwachs in Émile Durkheim, L'évolution pédagogique en France, p. 129-130. N.d.A.: Si era deciso, al momento della riforma del 1902, di organizzare nelle facoltà un periodo di formazione teorica per tutti i candidati all'abilitazione. È a Durkheim che era stata affidata la direzione all'Università di Parigi. È un fatto, […], che la sociologia non è stata ammessa da un giorno all'altro alla Sorbonne, ma che vi è stata introdotta attraverso la porta stretta della pedagogia. Durkheim è stato nominato nel 1902 come supplente, poi, nel 1906, come successore di Ferdinand Buisson, e incaricato di insegnare scienze dell'educazione. Vi si era preparato, d'altra parte, mediante il suo insegnamento a Bordeaux, dove una larga parte, almeno un terzo, è sempre stato dedicato a questa disciplina.

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sachez respecter toute supériorité naturelle, sans jamais perdre le respect de vous-mêmes. Voilà ce que doivent être les futurs citoyens de notre démocratie3.

In questo passo compaiono due concetti-chiave del tema oggetto di studio nelle pagine che seguono:

democrazia e cittadinanza. Di notevole suggestione anche l'aggettivo futuri dal momento che si riferisce ai cittadini di domani, seduti fino ad oggi dietro i banchi della scuola di Sens. Si tratta di termini che pongono

subito in primo piano l'evidenza dell'avvicendamento generazionale e che vincolano all'asse diacronico la sostanza dei processi di istruzione. Essi, infatti, precedono la loro istituzionalizzazione formale e, come vedremo in seguito, appartengono in qualche modo al rito di passaggio che ogni società attraversa quando giovani e vecchi si passano il testimone. Inoltre, va segnalata l'attenzione per quella che oggi si definisce peer education ossia, in senso lato, l'attitudine ad apprendere tra pari, ma da patrimoni differenti. Si tratta di un aspetto che compare anche in altri momenti della riflessione del sociologo francese, quando, ad esempio, parla della classe come microcosmo sociale. Sulla linea orizzontale e sincronica che incrocia il discorso generazionale si collocano quelle che in aula sono le differenze socio-economiche e culturali che costringono gli alunni a confrontarsi tra loro cooperativamente, a imparare gli uni dagli altri e a mettere a disposizione del gruppo l'individualità che incarnano con le proprie caratteristiche e la storia particolare. Il rapporto tra le generazioni comporta il momento in cui adulti e soggetti in crescita si confrontano in un passaggio di consegne fondamentale per il progresso della comunità.

L'éducation est l'action exercée par les générations adultes sur celles qui ne sont pas encore mûres pour la vie sociale. Elle a pour objet de susciter et de développer chez l'enfant un certain nombre d'états physiques, intellectuels et moraux que réclament de lui et la société politique dans son ensemble et le milieu spécial auquel il est particulièrement destiné4.

Artefice della mediazione in tal senso è il docente, interprete e traduttore delle due parti dialoganti e, in virtù dell'importanza di questo ruolo, protagonista di percorsi di formazione ed autoformazione imprescindibili per la riuscita del suo compito. I docenti dei docenti, in tal senso, risultano essere figure-chiave di una mediazione ancor più delicata. Organizzata al livello nazionale, la formazione dei maestri francesi vede tra i suoi responsabili anche Émile Durkheim nelle Ecoles Normales preposte a tal fine. Come pedagogista, il suo incarico di direttore e di professore nella formazione dei maestri francesi all'inizio del Novecento pare, peraltro, assai simile e paragonabile alla docenza che, nei percorsi di formazione iniziale degli aspiranti insegnanti di tutta Europa, viene effettuata dal corpo accedemico in sinergia col corpo docente degli altri ordini dell'istruzione. Coinvolti nella strutturazione di iter formativi a carattere professionalizzante che si impongono di coniugare con equilibrio la preparazione teorica e l'esperienza sul campo, docenti superiori e docenti medi sono alle prese con le sfide proposte dalla Knowledge Society ancora in gestazione e tutta da realizzare per affrontare le problematiche dell'epoca del terziario avanzato, condizionata fortemente dai ritmi determinati dalla rivoluzione tecnologica. A loro e ai loro allievi la voce di Durkheim sembra suggerire:

3 Émile Durkheim, Discours aux lycéens de Sens in Cahiers internationaux de sociologie, vol. 43, juillet-décembre 1967, pp. 25-32. Paris, Les Presses universitaires de France. Renan, Dialogues philosophiques.

4 Paul Fauconnet in Émile Durkheim, Éducation et sociologie, Quadrige Puf, Paris, 2005, p. 12. N.d.A.: L'educazione è l'azione esercitata dalle generazioni adulte su quelle che non sono ancora mature per la vita sociale. Ha per fine di suscitare e di sviluppare nel bambino un certo numero di stati fisici, intellettuali e morali che vengono da lui e dalla società politica nel suo insieme cui appartiene e lo speciale ambiente sociale a cui è in particolare destinato.

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[...], la technique de votre métier: ne peut s'apprendre que par l'usage [...]. Mais une technique, quelle qu'elle soit, dégénère vite en un vulgaire empirisme, si celui qui s'en sert n'a jamais été mis à même de réfléchir au but qu'elle poursuit et aux moyens qu'elle emploi. Tourner votre réflexion vers les choses de l'enseignement et vous apprendre à l'y appliquer avec méthode, voilà précisément quelle sera ma tâche. Un enseignement pédagogique doit, en effet, se proposer, non de communiquer au futur praticien un certain nombre de procèdes et de recettes, mais de lui donner une pleine conscience de sa fonction5.

Le opere ispirate dalla riflessione pedagogica dell'autore sono, nei fatti, i contenuti dei corsi impartiti agli allievi che guardavano alla propria vocazione professionale nella scuola francese dell' inizio del XX secolo con la motivazione necessaria ad acquisire gli strumenti teorici e metodologici adatti a gestire sia i contenuti che la situazione educativa in aula, infatti è opportuno tener conto che

Acquérir la science, ce n'est pas acquérir l'art de la communiquer; ce n'est même pas acquérir les notions fondamentales sur lesquelles cet art repose. On dit que le jeune maitre se réglera sur les souvenirs de sa vie de lycée et de sa vie d'étudiant? Ne voit-on pas que c'est décréter la perpétuité de la routine? […] Restreindre la part de la réflexion dans l'enseignement, c'est, dans la même mesure, le vouer à l'immobilisme6.

Le pratiche ereditate e trasmesse nell'oralità dei rapporti tra colleghi, per quanto rappresentino una realtà di sostegno e di cooperazione spesso umanamente significativa e profonda, sono fallimentari dal punto di vista dell'innovazione. Al tempo stesso, è chiaro, però, che, anche nell'elaborazione pedagogica del pensatore di Épinal, il legame con i concetti sociologici formulati nelle sue opere maggiori è dirimente, come lo è l'idea di società che concepisce rispetto al suo tempo.

C'est par le côté où elle est un fait social qu'il aborde l'éducation: sa doctrine de l'éducation est un élément essentiel de sa sociologie. “Sociologue, dit-il, c'est surtout en sociologie que je vous parlerai de l'éducation. D'ailleurs, bien loin qu'à procéder ainsi on s'expose à voir et à montrer les choses par un biais qui les déforme, je suis, au contraire, convaincu qu'il n'est pas de méthode plus apte à mettre en évidence leur véritable nature”. L'éducation est chose éminemment sociale. L'observation le prouve. D'abord, dans chaque société, il y a autant d'éducations spéciales qu'il y a de milieux sociaux différents. Et, meme dans des sociétés égalitaires comme les nôtres, qui tendent à éliminer les différences injustes, l'éducation varie et doit nécessairement varier, selon les professions sans doute, toutes ces éducations spéciales reposent sur une base commune. Mais cette éducation commune varie d'une société à l'autre. Chaque société se fait un certain idéal de l'homme. C'est cet idéal “qui est le pôle de l'éducation”. Pour chaque société, l'éducation est “le moyen par lequel elle prépare dans le cœur des enfants les conditions essentielles de sa propre existence” [...], “chaque type de peuple a son éducation qui lui est propre et qui peut servir à le définir au même titre que son organisation morale, politique et religieuse”7.

5 Émile Durkheim, Éducation et sociologie, p. 113. N.d.A.: [...], la tecnica del vostro mestiere non si può imparare che mediante la pratica [...]. Ma una tecnica, quale che sia, degenera velocemente in un empirismo volgare, se colui che se ne serve non è mai stato messo in condizioni di riflettere sullo scopo che persegue e sugli scopi che persegue e agli strumenti che impiega. Orientare la riflessione verso le cose dell'insegnamento e insegnarvi ad applicarle con metodo, ecco qual è il mio compito qui. Un insegnamento pedagogico deve, in effetti, proporsi, non di comunicare al futuro praticamente un certo numero di processi e di ricette, ma di dargli una piena coscienza della sua funzione.

6 Émile Durkheim, L'évolution pédagogique en France, p. 11-12. N.d.A.: Acquisire la conoscenza non è disporre dell'arte per comunicarla, non è neanche acquisire le nozioni fondamentali sulle quali questa arte si fonda. Si dice che il giovane maestro si regolerà seguendo la memoria della sua esperienza di studente? Non si vede che questo non fa altro che decretare la perpetuazione della routine? […] Ridurre la parte della riflessione nell'insegnamento è condannarlo all'immobilismo.

7 Paul Fauconnet in Émile Durkheim, Éducation et sociologie, Quadrige Puf, Paris, 2005, p. 12. N.d.A.: È per il lato della medaglia da cui si presenta come un fatto sociale che egli si avvicina all'educazione: la sua pedagogia è un elemento essenziale della sua sociologia. "È soprattutto da sociologo che vi parlerò di educazione. Del resto, se non si procede così ci si espone a vedere e a mostrare le cose attraverso una lente che le deforma, sono convinto, infatti, che non ci sia metodo più adatto a porre in evidenza la loro natura reale. L'educazione è un

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L'idea di uomo, dunque, è al centro dell'educazione in ogni tipo di società come si vede attraverso l'excursus che Durkheim analizza ne L'évolution pédagogique en France. La storia dell'insegnamento è, secondo lui, la prima materia da conoscere per spiegarsi come si sono verificate e contestualizzate le trasformazioni della scuola nel paese. L'interesse a questo tema occupa il suo spazio nella raccolta dei seminari tenuti alla Sorbonne nel 1904-1905 e pubblicata postuma nel 1938, tredici anni dopo l'uscita dell'Éducation Morale, frutto dei corsi del 1902-1903 e pubblicata anch'essa postuma nel 1925.

È un periodo di riforme scolastiche in corso in Francia come in altri paesi europei e statunitensi e, mentre Dewey conduce la propria riflessione sui cambiamenti da proporre oltreoceano, la sua idea di introdurre modifiche curricolari in un sistema federale che veda armonizzate in tutti gli stati le politiche educative, si fa largo anche in Europa, dove, però ogni tentativo di cambiamento si arresta di fronte al marasma dei conflitti mondiali. Quello, tuttavia, rimane il momento in cui, parallelamente, Durkheim immagina una riforma della scuola francese basata sul rapporto tra società e educazione. In questo, a suo avviso, consiste la tutela di quella moralità laica per la quale nel singolo deve realizzarsi l'aspirazione sia a realizzare se stesso che a contribuire al miglioramento collettivo:

[…], pour que la moralité soit assurée à sa source même, il faut que le citoyen ait le goût de la vie collective: car c'est seulement à cette condition qu'il pourra s'attacher, comme il convient, à ces fins collectives qui sont les fins morales par excellence. […]. Pour gouter la vie en commun au point de ne pouvoir s'en passer, il faut avoir pris l'habitude d'agir et de penser en commun8.

Solo dal piacere del singolo di realizzare fini comuni e dalla relazione sana tra questi due aspetti è possibile attendersi sia una maggiore serenità degli individui, sottratti all'isolamento e alla sterilità di certa solitudine che il miglioramento sostanziale della vita della comunità nazionale, infatti:

On a beaucoup plus confiance en soi, on se sent plus fort, quand on ne se sent pas seul. Il y a dans toute vie commune quelque chose d'ardent qui échauffe le cœur et qui fortifie la volonté. […] Ce qu'il faut faire, c'est chercher à susciter des groupements nouveaux, qui soient en harmonie avec l'ordre social actuel et les principes sur lesquels il repose9.

Il gruppo, infatti, può rappresentare una via intermedia per raggiungere l'obiettivo e per puntare gradualmente persino alla risoluzione di problemi di devianza determinati dallo scollamento della solidarietà sociale, altro problema determinato dalla rottura dei legami, dalla cosiddetta perdita dei valori e dall'anomia:

Si j'ai pris pour sujet de cours le problème de l'éducation morale, ce n'est pas seulement en raison de l'importance primaire que lui ont toujours reconnue les pédagogues, mais c'est qu'il se pose aujourd'hui

diversi. E anche nelle società egalitarie come le nostre, che tendono ad eliminare le disparità secondo criteri di giustizia, l'educazione cambia e deve necessariamente cambiare secondo le professioni, ciononostante, tutti questi tipi di educazione si fondano su presupposti comuni. Ma questa educazione cambia da una società all'altra. Ogni società si costruisce un certo ideale di umanità. È questo ideale a costituire il polo dell'educazione. Per ogni società, l'educazione è "il mezzo per cui si dispongono nei fanciulli le condizioni essenziali della loro esistenza" [...], ogni tipo di popolo ha l'educazione che gli è propria e che può servire a definirla allo stesso titolo che la sua organizzazione morale,

politica e religiosa.

8 Émile Durkheim, L'éducation morale, Editions Fabert, Paris, 2005, p. 290. N.d.A.: […], affinché la moralità sia assicurata dalla sua stessa fonte, bisogna che il cittadino abbia il gusto della vita collettiva: è solo a questa condizione che potrà legarsi adeguatamente a questi fini collettivi che sono i fini morali per eccellenza. […]. Per provare il gusto della vita in comune al punto di non poterne restare oltre indifferenti, bisogna aver preso l'abitudine di agire e di pensare insieme.

9 ivi p. 289-292. N.d.A.: Si ha molta più fiducia in sé, ci si sente più forti, quando non ci si sente soli. In tutta la vita in comune c'è qualcosa di ardente che scalda il cuore e che fortifica la volontà. […] Quello che bisognerebbe fare è cercare di suscitare dei nuovi raggruppamenti che siano in armonia con l'ordine sociale attuale e i principi sui quali riposa.

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dans des conditions de particulière urgence. En effet, c'est dans cette partie de notre système pédagogique traditionnel que la crise, […], atteint son maximum d'acuité. […] tout ce qui peut avoir pour effet de diminuer l'efficacité de l'éducation morale, […], menace la moralité publique à sa source même10.

L'assenza di regole o la violazione di norme informali stabilite socialmente rappresenta, infatti, una minaccia alla coesione di un paese orientato a quel progresso civile e democratico indissolubilmente legato alla capacità di esercitare costruttivamente la cittadinanza dei singoli, abilità che si acquisisce soprattutto nel microcosmo familiare prescolastico e in quello più ampio della comunità educativa in età scolare.

[…] les fins impersonnelles de l'acte morale […] sont supra individuels. Or, en dehors des individus, il ne reste plus que les groupes formés par leur réunion, c'est à dire les sociétés. Donc, les fins morales sont celles qui ont pour objet une société. Agir moralement, c'est agir en vue d'un intérêt collectif11.

Agire al fine di realizzare un interesse collettivo: è questa la definizione durkheimiana della morale. L'azione morale è un'azione per tutti. Parte dal singolo, ma produce i suoi effetti sulla collettività ed è chiaro che questi effetti devono essere positivi per essere classificati morali e negativi per essere considerati amorali. Addirittura l'autore sostiene esplicitamente che

[…] le domaine de la vie vraiment morale ne commence que où commence le domaine de la vie collective, ou, en d'autre termes, que nous ne sommes des être moraux que dans la mesure où nous sommes des êtres sociaux,12

ammettendo tout court che l'uomo morale è l'uomo sociale. È una tesi che può sembrare radicale e che può sollecitare il sospetto di fondarsi su un falso presupposto: la contraddizione tra la vita privata e la vita pubblica. In realtà, questo argomento si può confutare semplicemente valorizzando la relazione tra le due dimensioni: sarebbe difficile, infatti, immaginare che Durkheim intenda annullare la sfera individuale in quella collettiva o supporre che voglia considerarle separatamente. In nessun punto dei suoi testi compare espressa questa intenzione, dove invece sembra chiaro che morale possa essere considerato ogni atto individuale che abbia luogo anche nella sfera privata. L'individuo che agisce dentro e fuori le mura domestiche rimane portatore degli effetti delle azioni che compie in virtù della natura sociale di ogni persona. Inoltre il rapporto osmotico tra l'interno e l'esterno della coscienza del singolo deve raggiungere, nella sua massima maturità, un grado di equilibrio che gli permetta il dare-avere che lo libera dalla frustrazione delle relazioni sbilanciate.

C'est que l'homme est en majeure partie le produit de la société. C'est d'elle que nous vient tout ce qu'il y a de meilleur en nous, toutes les formes supérieures de notre activité. Le langage est chose sociale au premier chef; c'est la société qui l'a élaboré, et c'est par elle qu'il se transmet de génération en génération. Or, le langage n'est pas seulement un système de mots; chaque langage implique une mentalité propre, qui est celle de la société qui le parle, où s'exprime son tempérament propre, et c'est

10 ivi, p. 33. N.d.A.: Se ho scelto per argomento del corso il problema dell'educazione morale, non è solo in ragione dell'importanza primaria che i pedagogisti gli hanno sempre riconosciuto, ma è perché si pone oggi la necessità, viste le condizioni di particolare urgenza. È in questa parte del nostro sistema pedagogico tradizionale, infatti, che la crisi, […], raggiunge il suo momento più critico. […] Tutto quello che può avere per effetto di ridurre l'efficacia dell'educazione morale, […], minaccia la moralità pubblica alla sua stessa fonte.

11 ivi, p. 96. N.d.A.: […] i fini impersonali dell'atto morale […] sono sovraindividuali. Ora, al fuori degli individui, non resta altro che i gruppi formati per loro associazione spontanea, cioè le società. Dunque i fini morali sono quelli che hanno per oggetto una società. Agire moralmente è agire in vista di un interesse collettivo.

12 ivi, p. 101. N.d.A.: […] l'ambito della vita veramente morale non comincia che dove inizia l'ambito della vita collettiva dove, in altri termini, dove siamo degli esseri morali nella misura in cui siamo esseri sociali.

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cette mentalité qui fait le fond de la mentalité individuelle. Et, à toutes les idées qui nous viennent de la langue, il faut ajouter toutes celles qui viennent de la religion13.

L'esempio sul linguaggio, in particolare, è calzante anche per l'impostazione del lavoro che si propone sul tema in questione. Se è vero, infatti, che la lingua è la chiave dell'interazione sociale nonché il medium che favorisce l'elevazione del livello culturale di una civiltà, come recita espressamente ogni documento comunitario collegato al Quadro Comune Europeo delle Lingue, è vero anche che nella prospettiva di elaborare il senso della cittadinanza europea attiva e consapevole, vanno potenziati al meglio tutti gli interventi tesi ad ampliare la possibilità che ogni cittadino dell'Unione si inserisca attivamente in una rete di scambi più o meno formali attraverso l'acquisizione delle competenze linguistiche di almeno due codici linguistici. A tal proposito il pensatore preferisce indicare nei contenuti il criterio sostanziale e unitario per favorire il collante tra le culture e ammette il ricorso alla traduzione esponendosi a un altro possibile equivoco. Durkheim sostiene, infatti, che

[…], si une littérature doit servir à faire connaître une civilisation, la connaissance de la langue dans laquelle cette littérature est écrite peut encore être utile, mais n'est plus nécessaire. Il est bon de posséder cette langue, parce qu'on peut ainsi approcher de plus près les idées que l'on veut atteindre; mais, du moment où il ne s'agit plus essentiellement d'en faire gouter la valeur esthétique, une traduction peut, dans une large mesure, et surtout pour cette première initiation générale du collège, tenir lieu du texte. C'est ainsi qu'on peut concevoir que l'enseignement secondaire atteigne une des fins principales qu'il a toujours poursuivies, sans imposer pour autant l'étude des deux langues anciennes14.

Egli, infatti, nel considerare come mezzi di conoscenza le letterature e nel conferire a questo valore prioritario, per conseguire l'obiettivo di un più rapido avvicinamento delle culture propone che, nell'insegnamento secondario, vengano intanto offerti contenuti in traduzione. Afferma esplicitamente che la conoscenza delle lingue in cui vengono prodotte le varie forme di conoscenza è importante per un approccio estetico al testo in quanto opera d'arte, ma che per il medium educativo, temporaneamente, può bastare l'inserimento dei contenuti tradotti nelle materie interessate. All'inizio del secolo, non si può negare che questo suggerimento avesse carattere rivoluzionario. Quel valore di rottura si sposta oggi sulla possibilità di utilizzare la lingua veicolare come mezzo di accesso, non solo alla cultura di un altro popolo, ma anche e soprattutto alla vita e alle relazioni professionali e personali che la quotidianità vissuta all'estero richiede come bisogno di realizzazione umana. L'Europa ha già fatto propria la valorizzazione delle differenze tra i popoli, ma, da questo punto di vista, è fuor di dubbio che, in termini di accelerazione del processo di integrazione, non avere una lingua comune a tutti i paesi-membri rappresenti un limite. Il risultato migliore su questo fronte si può quindi raggiungere solo mediante un investimento importante in formazione. L'apprendimento delle lingue straniere deve essere garantito a prescindere dall'età e dalle istituzioni tradizionalmente deputate all'educazione. Nuovi soggetti entrano a pieno titolo a colmare questo bisogno formativo diffuso in modo trasversale nell'aspirante società

13 ivi, p. 106. N.d.A.: L'uomo è in massima parte il prodotto della società. È da essa che viene tutto quello che c'è di meglio in noi, tutte le forme superiori della nostra attività. Il linguaggio è in prima istanza cosa sociale, è la società che l'ha elaborato ed è attraverso di essa che si trasmette di generazione in generazione. Ora, il linguaggio non è soltanto un sistema lessicale, ogni linguaggio implica una propria mentalità, che è quella della società che gli parla, dove si esprime il suo temperamento proprio, ed è questa mentalità che genera il sostrato della mentalità individuale. E a tutte le idee che vengono dalla lingua, bisogna aggiungere quelle che ereditiamo dalla religione.

14 op.cit., p. 381. N.d.A.: […], se una letteratura deve servire a far conoscere una civiltà, la conoscenza della lingua nella quale questa letteratura è scritta può essere ancora utile, ma non è più necessaria. È cosa buona padroneggiare questa lingua, perché così ci si può avvicinare ancora più alle idee che si vogliono realizzare, ma, dal momento in cui non si tratta più essenzialmente di farne gustare il valore estetico, una traduzione può, in larga misura, e soprattutto per questa prima iniziazione generale della scuola, sostituire il testo originale. È così che si può concepire come possibile la realizzazione dei fini principali che ha sempre perseguito senza imporre per intanto lo studio di due lingue antiche.

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della conoscenza, ma rimane di fondamentale importanza che, sin dalla più tenera età, siano le istituzioni scolastiche a contemplare nei loro percorsi curricolari un potenziamento sostanziale del monte ore delle discipline linguistiche. Queste materie sono indispensabili per accedere ad altre, in quanto strumenti, ma anche in quanto i loro contenuti sono portatori di abiti mentali e di sostrati culturali che costituiscono l'identità dei popoli. Tornando all'autore di riferimento, il panorama culturale delle scienze umane, dalla letteratura passando per la storia e la filosofia fino a comprendere ogni tipo di espressione artistica, è formato da ogni idea che venga dalla lingua e cioè da quanto di meglio informa lo spirito umano.

[…] il y a en nous une multitude d'états qui expriment en nous-mêmes autre chose que nous-mêmes, à savoir la société; ils sont la société même vivant et agissant en nous. Sans doute, elle nous dépasse et nous déborde, car elle est infiniment plus vaste que notre être individuel, mais en même temps, elle nous pénètre de toutes parts. Elle est hors de nous et nous enveloppe, mais elle est aussi en nous, et, par tout un coté de notre nature, nous nous confondons avec elle. […] notre organisme mental s'alimente d'idées, de sentiments, de pratiques qui nous viennent de la société. C'est d'elle que nous tenons la plus importante partie de nous-mêmes15.

La parte migliore del singolo si sintetizza in questo rapporto biunivoco aperto alla mediazione educativa e, nel caso specifico, alla mediazione educativa interculturale. Si tratta di un asse sul quale si dispiega ancora di più la forza morale degli individui perché travalica le barriere del portato idealista legato all'idea di nazione e raggiunge un orizzonte cosmopolita che sostanzia il patrimonio culturale europeo persino in più ampia misura.

Per Durkheim la società era anzitutto autorità morale. Il compito dell'educazione assumeva, pertanto, una posizione centrale, poiché la sua funzione tradizionale era quella di trasmettere i principi fondamentali di una società, i suoi valori portanti. L'elemento formale dell'educazione morale era per Durkheim la disciplina. L'educazione aveva il compito di socializzare il giovane, ovvero doveva mettere il giovane di fronte all'imperativo morale che consentiva la solidarietà organica. La socializzazione era dunque il processo che disciplinava il giovane ad acquisire velocemente i valori che regolavano la vita della società cui apparteneva e ad assumere gli oneri che spettavano alla specializzazione lavorativa cui era per inclinazione portato. Se le giovani generazioni non erano socializzate, ovvero se non raccoglievano i valori e la cultura dei padri, la società era destinata a declinare16.

Il senso della trasmissione tuttavia non soddisfa l'orizzonte di senso del pensiero che Durkheim esprime su questo punto, si tratta, infatti di immaginare il processo di socializzazione dell'individuo e del trasferimento intergenerazionale dei contenuti in chiave formativa: di rendere elementi di crescita sia le nozioni padroneggiate dalle nozioni precedenti che la spinta a incontrare gli altri nell'ambiente condiviso. È una fase che pertiene naturalmente all'evoluzione dei gruppi, così come avviene dalla notte dei tempi nelle società primitive, infatti:

[…], l'éducation morale des enfants n'est pas donnée séparément par chaque couple de parents à leurs enfants immédiats, mais collectivement par les anciens du clan à une même génération. Les anciens réunissent les jeunes, parvenus à un age déterminé, pour les initier ensemble aux croyances religieuses, aux rites, aux traditions, en un mot, à tout ce qui constitue le patrimoine intellectuel et morale du

15 op.cit., p. 108. N.d.A.: […] c'è in noi una molteplicità di stati che esprimono in noi stessi qualcosa di diverso da noi stessi e cioè la società; si tratta della società che vive e che agisce in noi. Senza dubbio, ci supera a sovrasta, poiché è largamente più ampia del nostro essere individuale, ma, allo stesso tempo, ci penetra da tutte le parti. Essa è fuori di noi e ci avvolge, ma è anche in noi e, per tutta una parte della nostra natura, ci confondiamo con essa. […] il nostro organismo mentale si alimenta, di idee, di sentimenti, di pratiche che ci vengono dalla società. È da essa che traiamo la parte più importante di noi stessi.

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groupe. Ainsi, c'est grâce à la réunion des jeunes en des groupes spéciaux, formés d'après l'age et non d'après la consanguinité, que des sociétés extra familiales ont pu prendre naissance et se perpétuer. Or, l'école est précisément un groupe de ce genre; elle se recrute d'après le même principe, si bien que ces assemblées de jeunes néophytes, dirigés et instruits par les anciens, que l'on observe dans les sociétés primitives, sont déjà des véritables sociétés scolaires et peuvent être regardées comme la forme première de l'école. En demandant à l'école de préparer les enfants à une vie sociale plus haute que celle de la famille, nous n'exigeons donc rien qui ne soit conforme à sa nature17.

Il parallelismo proposto tra il rito di passaggio all'adultità delle società primitive e il rito in atto nelle società moderne dalla comparsa delle prime scuole mostra come lo schema in atto non sia cambiato in quanto risponde alla stessa finalità: preparare i giovani ad affrontare le eventualità e la quotidianità della vita pubblica e privata. La differenza sta nei contenuti, per gli ovvi motivi di trasformazione che la vicenda umana conosce nelle varie epoche storiche. Persino il parametro della formazione del gruppo è rimasto uguale: l'età, è quindi in chiave generazionale che si raccoglie il testimone della conoscenza. Val la pena attirare l'attenzione sul tema dell'altro centrale sia nel processo di unificazione culturale che, nel confronto tra le differenze che si potenzia grazie alla diffusione delle lingue, sia nel tentativo moral-socializzante:

[…] la morale, en nous tirant hors de nous-mêmes, en nous ordonnant de nous plonger dans ce milieu nourricier de la société, nous met précisément à même d'alimenter notre personnalité. Un être qui ne vit pas exclusivement de soi et pour soi, un être qui s'offre et se donne, qui se mêle au dehors et se laisse pénétrer par lui, vit certainement d'une vie plus riche et plus intense que l'égoïste solitaire qui se renferme en lui-même, qui s'efforce de rester extérieur aux choses et aux hommes. C'est pourquoi un homme vraiment moral, non pas de cette moralité médiocre et moyenne qui ne va pas au-delà des abstenions élémentaires, un homme moral d'une moralité positive et active ne peut manquer de constituer une forte personnalité18.

Al crocevia delle scienze sociali ecco situarsi l'affascinante situazione in cui nel rapporto tra l'individuo e la società si integra l'intervento pedagogico. La sfumatura psicologica in questo passo tende a prevalere e la sua forza suggestiva potrebbe oscurare l'idea del contributo poliorientato di tre indirizzi che per fine hanno: l'uomo, l'uomo e il suo valore, l'uomo e il percorso di miglioramento che lo rendono protagonista della vita morale. D'altro canto

Les influences étrangères ne nous marquent que si elles sont en harmonie avec nos disposition intérieures, que si elles vont dans le sens où nous penchons naturellement. Un état émotif qui se manifeste devant nous ne se communiquera pas à nous par cela seul que nous en sommes témoins; mais il faudra de plus qu'il soit d'accord avec notre humeur, nos sentiments personnels; sinon, il ne nous

17 op.cit., p. 289. N.d.A.: […], l'educazione morale dei bambini non è impartita separatamente per ogni coppia di genitori ai loro primi figli, ma viene offerta collettivamente dagli anziani del clan a una stessa generazione. Gli anziani riuniscono i giovani che abbiano compiuto una certa età per iniziarli insieme alle credenze religiose, ai riti, alle tradizioni, in una parola, a tutto quello che costituisce il patrimonio intellettuale e morale del gruppo. Così è grazie alla riunione dei giovani in gruppi speciali, formati per età piuttosto che per consanguineità, che delle società extra-familiari sono nate e si sono conservate. Ora, la scuola è esattamente un gruppo di questo tipo, si raccoglie intorno allo stesso principio così bene che queste assemblee di giovani neofiti, diretti e istruiti dagli anziani, che si osservano nelle società primitive, sono già delle autentiche società scolastiche e possono essere guardate come la forma di scuola originaria. Domandando alla scuola di preparare i bambini a una vita sociale più alta di quella familiare, non pretendiamo niente che non sia conforme alla sua natura.

18 op. cit., p. 110. N.d.A.: […] la morale, tirandoci fuori da noi stessi, ordinandoci di immergerci in quell'ambiente fecondo che è la società, cimette esattamente in grado di alimentare la nostra personalità. Un individuo che non vive esclusivamente di sé e per sé, un essere che si offre e si dona, che si mischia al di fuori e si lascia integrare dal resto vive senz'altro una vita più ricca e intensa di quella dell'egoista solitario che si rinchiude in se stesso, che si sforza di restare estraneo alle cose e agli uomini. Si tratta di un uomo che è davvero morale, non di questa moralità mediocre e media che non va oltre le astensioni elementari, un uomo morale di una moralità positiva e attiva non può mancare l'obiettivo di sviluppare una personalità solida.

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touchera pas ou ne nous touchera que superficiellement19.

Convergono qui tre tentativi complementari: quello dell'io su se stesso, quello dell'interazione tra l'io e gli altri e quello di chi sostiene entrambi questi processi per realizzare quello che è il progetto di crescita della persona sin dai desideri sui quali ha fatto leva l'educazione dall'epoca dell'infanzia. Il ruolo dell'educatore è dirimente, infatti:

Bien qu'il ne faille absolument pas perdre de vue la nécessité de discipliner l'énergie morale, cependant, c'est surtout à l'éveiller, à la développer que doit alors s'appliquer l'éducateur. Ce sont surtout les aptitudes à se donner, à se dévouer qu'il faut stimuler, et auxquelles il faut fournir des aliments, il faut entrainer les individus à la poursuite de grandes fins collectives auxquelles ils puissent s'attacher; il faut leur faire aimer un idéal social à la réalisation duquel ils puissent travailler un jour20.

In questo contesto argomentativo, si rende necessario evidenziare le modalità in cui egli raccorda e sintetizza la relazione tra la comunità e l'individuo, dal momento che i singoli, attraverso i processi educativi, vengono assoggettati a forze che, sì, producono l'effetto di dotarli di abilità che consentano loro di vivere agevolmente in società, ma costrittivamente.

Ainsi donc, gardons nous de voir, dans la discipline à laquelle nous soumettons les enfants, un instrument de compression, auquel il ne faut recourir que quand c'est indispensable afin de prévenir le retour d'actes blâmables. La discipline est, par elle-même, un facteur sui generis de l'éducation; il y a, dans le caractère moral, des éléments essentiels qui ne peuvent être dus qu'à elle. C'est par elle, et par elle seule, que nous pouvons apprendre à l'enfant à modérer ses désirs, à borner ses appétits de toute sorte, à limiter et par cela même, à définir les objets de son activité; et cette limitation est condition du bonheur et de la santé morale. Assurément, cette limitation nécessaire varie selon les pays et les époques; elle n'est pas la même aux différents ages de la vie. A mesure que la vie mentale des hommes se développe, à mesure qu'elle devient plus intense et plus complexe, il est nécessaire que le cercle de leur activité morale s'étende dans la même mesure21.

In questo senso, la disciplina è strumento di libertà e il suo valore coercitivo non pare possa essere interpretato nel senso di una rigidità fine a se stessa legata magari a un'idea di austerità nei costumi. Del resto è grazie anche a questa e ai modi innovativi di reinterpretarne la funzione da parte dei docenti che, nella scuola, si realizza il passaggio del testimone dell'educazione morale dalle generazioni precedenti a quelle successive.

Regola e libertà, allora, non vanno interpretati come termini opposti della stessa antinomia e quindi come due

19 op. cit., p. 274. N.d.A.: Le influenze estranee non ci colpiscono che se sono in armonia con le nostre disposizionni interiori, che se vanno nel senso in cui incliniamo personalmente. Uno stato emotivo che si manifesta ai nostri occhi non entrerà in contatto con la nostra sensibilità solo perché ne siamo testimoni, ma bisognerà che si accordi col nostro umore, i nostri sentimenti personali, se no, non ci toccherà o ci toccherà solo superficialmente.

20 op. cit., p. 144. N.d.A.: Sebbene non si possa perdere di vista la necessità di regolare l'energia morale, nel frattempo, è soprattutto a risvegliarla e a svilupparla che deve mirare l'educatore. Sono soprattutto le attitudini a donarsi e a dedicarsi a qualcosa che bisogna stimolare e sostenere, bisogna convincere i singoli a perseguire le grandi finalità di interesse comune che sentono anche proprie, bisogna far loro amare un ideale sociale alla realizzazione del quale essi possano lavorare un giorno.

21 op. cit., p. 33. N.d.A.: Così, dunque, evitiamo di vedere nella disciplina alla quale sottoponiamo i bambini, uno strumento oppressivo al quale non bisogna ricorrere se non quando è indispensabile per prevenire la ripetizione di gesti biasimevoli. La disciplina è, di per sé, un fattore educativo sui generis; nel carattere morale ci sono degli elementi essensiali che non possono essere dovuti che ad essa. È mediante la disciplina e solo quella che possiamo insegnare al bambino a moderare i suoi desideri, a limitare i suoi istinti di ogni tipo, a limitare e a definire gli oggetti della sua attività e questa limitazione è condizione di felicità e di sanità morale. Sicuramente, questa limitazione necessaria cambia secondo i paesi e le epoche, non è la stessa nemmeno alle diverse età della vita. Man mano che la vita mentale degli uomini di sviluppa, man mano che diventa più intensa e complessa, bisogna che il cerchio della loro attività morale si estenda nella stessa misura.

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concetti che si escludono reciprocamente, al contrario, la libertà è possibile solo per mezzo della regola e la regola non ha più bisogno, quindi, di essere accettata con un atteggiamento di docile rassegnazione, in questa nuova ottica, anzi, merita di essere amata proprio in quanto garanzia di libertà.

La dimensione scolastica, nella sua articolazione logistica, riflette la gradualità per cui il bambino passa dalla percezione del suo egotico individualismo naturale alla percezione di essere uno tra tanti.

Mieux nous connaitrons la société, mieux nous pourrons nous rendre compte de tout ce qui se passe dans ce microcosme social qu'est l'école22.

La classe, infatti, gli si presenta come un ambiente collettivo in misura ridotta rispetto alla società, un vero microcosmo di dinamiche che a loro volta vanno contestualizzate fuori dalla porta dell'aula, ma dentro le mura dell'istituto:

L'habitude de même à l'école dont la classe n'est qu'une partie, constituant donc une préparation toute naturelle aux sentiments plus élevés que nous voulons provoquer chez l'enfant. Il y a là un précieux instrument dont on se sert trop peu et qui peut rendre les plus grands services23.

La stessa struttura, quindi, costituisce una opportunità formativa per gli alunni, sebbene non venga mai attirata l'attenzione su questo aspetto, men che mai dal personale educativo, privo solitamente di cognizione e consapevolezza rispetto a questo tipo di questioni. È qui che i fatti sociali hanno luogo e che gli allievi si trovano a viverli da protagonisti, imparando lentamente ad esperirli e ad affrontarli con atteggiamenti di maturità. Cresciuto alla scuola del positivismo, Durkheim elabora a tal fine la definizione di fatto sociale come entità propria, non riducibile alla somma delle sue parti. Le competenze di ognuno vanno a confluire nella catena degli eventi. ll carattere coercitivo del fatto sociale consiste nel carattere di accidentalità che si impone all'individuo anche suo malgrado. Corrisponde, cioè, a un sistema di norme stabilite per e dalla società e raramente è modificabile se non attraverso un capovolgimento sociale.

1.c. Educazione e sociologia

Esteriorità, estensione e coercizione sono i caratteri distintivi del fatto sociale e, su questa tesi, l'autore poggia la giustificazione della fondazione della sociologia come disciplina autonoma rispetto alle altre scienze sociali quali la psicologia, la pedagogia, la filosofia.

Philosophes et pédagogues sont d'accord pour voir, dans l'éducation, une chose éminemment individuelle. “Pour Kant, écrit Durkheim, pour Kant comme pour Mill, pour Herbart comme pour Spencer, l'éducation aurait avant tout pour objet de réaliser, en chaque individu, mais en les portant à leur plus haut point de perfection possible, les attributs constitutifs de l'espèce humaine en général.” Mais cet accord n'est pas une présomption de vérité. Car nous savons que la philosophie classique a presque toujours oublié de considérer l'homme réel d'un temps et d'un pays, le seul qui soit observable, pour spéculer sur une nature humaine universelle, produit arbitraire d'une abstraction faite, sans

22 Émile Durkheim, Éducation et sociologie, p. 109. N.d.A.: Più conosceremo la società, meglio potremo renderci conto di tutto quello che accade in quel microcosmo sociale che è la scuola.

23 Émile Durkheim, L'éducation morale, Editions Fabert, Paris, 2005, p. 288. N.d.A.: L'abitudine stessa a scuola, dove la classe non è che una parte dell'istituto, costituisce una preparazione naturale ai sentimenti più alti che vogliamo suscitare nel bambino. C'è uno strumento prezioso lì di cui ci si serve troppo poco e che può produrre i migliori risultati.

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méthode, sur un nombre très restreint d'échantillons humains24.

La sua originaria ispirazione positivista lo spinge ad adottare quasi una interpretazione fisiologica del fatto sociale tale per cui abbia senso la differenza tra la condizione normale e la condizione patologica.

Se l'ideale pedagogico esprime prima di tutto delle necessità sociali, non può tuttavia realizzarsi che negli individui e per mezzo di essi. Perché quest'ideale non rimanga una pura e semplice concezione dello spirito, una vana ingiunzione della società ai suoi membri, bisogna trovare il mezzo di conformarvi la coscienza del fanciullo. Ora, la coscienza ha le sue leggi che bisogna conoscere per poterle modificare, se si vogliono almeno risparmiare gli empirici brancolamenti che la pedagogia ha precisamente lo scopo di ridurre al minimo. […] Non intendiamo dunque misconoscere i servizi che può rendere alla pedagogia la scienza dell'individuo, noi anzi le facciamo la sua parte. Tuttavia, anche in questo complesso di problemi nei quali la psicologia può utilmente illuminare la pedagogia, ce ne vuole perchè essa possa fare a meno della sociologia! […], essendo sociali i fini dell'educazione, anche i mezzi per i quali questi fini possono essere conseguiti, devono avere necessariamente lo stesso carattere25.

Naturalmente il contributo delle scienze psicologiche si esplica meglio nella sfera della didattica, dove i rapporti docente-discente e docente-gruppo-classe si connotano e si caratterizzano per le abilità di relazione necessarie a costruire relazioni educative positive, strutturate e produttive in termini di progressi dell'apprendimento e di risultati individuali e collettivi. I fatti sociali sono estranei all'individuo e si spiegano mediante le modificazioni dell'ambiente sociale interno e non a partire dagli stati della coscienza individuale.

Questa precisazione è fondamentale per evidenziare la differenza tra l'oggetto di indagine sociologica e l'oggetto di indagine psicologica. I fenomeni della società esistono, infatti, anche senza che i singoli ne siano necessariamente consapevoli, possono essere indipendenti dalla loro condotta e manifestarsi a prescindere dalla loro presenza.

[…] si può concepire, […], che il tutto, senza essere equivalente alla somma degli individui, sia tuttavia identico alla somma delle relazioni fra gli individui, il che non è la stessa cosa. Secondo questo relativismo o punto di vista delle 'interazioni', ciascuna relazione costituisce allora, alla sua scala, un 'tutto' nel senso di Durkheim: già a partire da due individui una interazione che comporti modificazioni durevoli può essere considerata come un fatto sociale e la società sarà l'espressione dell'insieme di queste interazioni fra individui, potendo estendersi indefinitamente a partir da due e comprendere, al limite, le azioni a senso unico esercitate dagli antenati più lontani sui loro eredi sociali. […] il rapporto fra individui […] modifica senza posa le coscienze individuali stesse26.

Un esempio dell'importanza che il ruolo della psicologia nei processi di insegnamento-apprendimento riveste tutt'ora può rintracciarsi, tra molti altri, nella tendenza attuale all'individualizzazione della didattica nelle quote di flessibilità dei curricoli scolastici. È un contributo di rilievo in un'epoca alla ricerca di risposte adeguate al rapido cambiamento sociale e che, proprio per le esigenze di rinnovamento imposte dal mercato, interroga fortemente i sistemi educativi sollecitando riforme in cui le capacità dei singoli siano potenziate in vista

24 Émile Durkheim, Éducation et sociologie, Quadrige Puf, Paris, 2005, p. 14. N.d.A.: Filosofi e pedagogisti sono d'accordo nell'indicare nell'educazione una cosa eminentemente individuale. “Per Kant come per Mill, per Herbart come per Spencer, l'educazione avrebbe prima di tutto il fine di realizzare in ogni individuo, ma portandoli al loro più alto grado di perfezione possibile, gli attributi costitutivi della specie umana in generale”. Ma questo accordo non è una presunzione di verità, perché noi sappiamo che la filosofia classica ha quasi sempre dimenticato di considerare l'uomo realmente determinato nel suo contesto storico-geografico, il solo che sia osservabile per speculare sulla natura umana universale, prodotto arbitrario di un'astrazione fatta, senza metodo, su un numero molto ristretto di campioni umani.

25 Sandro Nannini, Educazione, individuo e società, Loescher, Torino, 1980, pp. 216-217. 26 ivi, 1980, pp.269-270.

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