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Analisi numerica e sperimentale dell'influenza dell'effetto Bauschinger sugli stati tensionali residui introdotti dall'autoforzamento di recipienti in pressione

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(1)

U

NIVERSITÀ DI

P

ISA

Dottorato di Ricerca in Ingegneria Industriale

Curriculum in Ingegneria Meccanica

Ciclo XXXI

Analisi numerica e sperimentale dell’influenza

dell’effetto Bauschinger sugli stati tensionali

residui introdotti dall’autoforzamento

Autore

Matteo Loffredo

Relatori

Prof. I n g . Marco Beghini Prof. Ing. Bernardo Monelli Ing. Andrea Bagattini

Coordinatore del corso di Dottorato

(2)

Indice

1 Introduzione 1

2 Modello Costitutivo 11

2.1 Premessa . . . 11

2.2 Impostazione del problema . . . 11

2.3 Le prove sull’AISI 4140 . . . 13

2.3.1 Il materiale . . . 13

2.3.2 La procedura di prova . . . 13

2.3.3 Risultati . . . 16

2.4 Formulazione del modello costitutivo . . . 18

2.4.1 Fase di carico . . . 20

2.4.2 Fase di scarico . . . 21

2.5 Identificazione dei parametri costitutivi . . . 22

2.6 Implementazione del modello in un codice FE . . . 26

3 Definizione del metodo dell’ISD 29 3.1 Premessa . . . 29

3.2 ISD tipica di un cilindro autoforzato . . . 29

3.3 Applicazione del metodo dell’ISD . . . 30

3.3.1 Ipotesi generali . . . 30

3.3.2 Legame tra ISD e le misure di distorsione . . . 32

3.3.3 Sequenza di taglio . . . 35

3.4 Valutazione delle funzioni di influenza . . . 38

3.4.1 Modello agli Elementi Finiti . . . 38

(3)

4 Misure con il metodo dell’ISD 50

4.1 Premessa . . . 50

4.2 Progettazione e esecuzione degli esperimenti . . . 51

4.2.1 Piastra Anulare A . . . 51

4.2.2 Piastra Anulare B . . . 56

4.3 Verifica di funzionamento degli estensimetri . . . 58

4.4 Risultati . . . 62

5 Confronti con altre tecniche di misura 71 5.1 Premessa . . . 71

5.2 Tensioni residue con il metodo dell’X-Ray Diffraction . . . 73

5.2.1 Esecuzione della misura . . . 73

5.2.2 Risultati . . . 73

5.3 Tensioni residue ottenute con il metodo del Blind Hole Drilling . . . 76

5.3.1 Esecuzione della misura . . . 76

5.3.2 Risultati . . . 79 5.4 Confronto . . . 81 6 Conclusioni 84 7 Ulteriori sviluppi 88 A Appendici 92 A.1 Il modello FE . . . 92 A.1.1 La mesh . . . 92

A.1.2 Simulazione dei tagli . . . 93

A.1.3 Applicazione delle ISD triangolari . . . 94

A.1.4 Simulazione delle misure di deformazione rilevate dagli esten-simetri . . . 96

A.2 Algoritmo di selezione delle equazioni . . . 99

(4)

Elenco delle figure

1.1 Presenza dell’effetto Bauschinger in un tipico acciaio Ni-Cr. . . 3 1.2 Influenza dell’effetto Bauschinger sullo stato di tensione residua

circonferenziale σθθ in un cilindro autoforzato. . . 3

1.3 Disegno schematico del cilindro autoforzato e estrazione, dalla sua sezione mediana, della piastra utilizzata per la misura con il metodo dell’ISD. . . 10 2.1 Andamento schematico della curva tensione-deformazione uniassiale

per un materiale che esibisce effetto Bauschinger. . . 12 2.2 Prova di trazione sull’AISI 4140 (engineering strain-engineering stress)

su due provini nominalmente identici. . . 14 2.3 Prova di trazione sull’AISI 4140 (engineering strain-engineering stress)

su due provini nominalmente identici - ingrandimento nell’intervallo 0-3 %. . . 15 2.4 Provino (misure in mm) e layout di prova per le prove di

trazione-compressione uniassiali. . . 16 2.5 Storie di carico di tipo 1. . . 17 2.6 Storie di carico di tipo 2. . . 18 2.7 Risultati dei test di trazione-compressione per le storie di carico di

tipo 1. . . 19 2.8 Risultati dei test di trazione-compressione per le storie di carico di

tipo 2. . . 20 2.9 Identificazione della curva di servamento inversa basata sulle storie

(5)

2.11 Impostazione del modello agli elementi finiti con elemento singolo utilizzato per testare l’implementazione del modello costitutivo. . . 27 2.12 Confronto tra i profili di tensione residua circonferenziale σθθ(r)

ottenuti nel modello del cilindro autoforzato usando i due modelli costitutivi. . . 28 3.1 Componenti di deformazione plastica (p)rr (r), (p)θθ (r), (p)zz(r) ottenuti

dal modello FE del cilindro autoforzato, utilizzando due modelli costitutivi. . . 31 3.2 Generica misura di deformazione svolta durante il taglio progressivo. 33 3.3 Processo di taglio della piastra dopo l’applicazione degli estensimetri. 36 3.4 Rappresentazione schematica delle ISD esploratrici di forma

trian-golare. . . 40 3.5 Porzione della mesh del modello FE e rappresentazione schematica

della simulazione della misura estensimetrica. . . 40 3.6 Schema del modello FE usato per calcolare la risposta

dell’estensi-metro k e∆

k(sh, ri0) a una ISD esploratrice di forma triangolare. . . . 41

3.7 Collocazione dell’estensimetro utilizzato per il calcolo della funzione di influenza (tutte le quote sono in mm). . . 42 3.8 Rappresentazione 3D di una tipica funzione di influenza calcolata

per il taglio progressivo Wk(r, s). . . 43

3.9 Rappresentazione mediante curve di livello di una tipica funzione di influenza calcolata per il taglio progressivo Wk(r, s). . . 44

3.10 Tipico andamento di una funzione di influenza calcolata per il primo taglio W(0)k (r). . . 44 3.11 Definizione del sistema di coordinate e degli spigoli degli

estensime-tri rispetto al centro della piastra e all’asse del taglio progressivo. . 47 3.12 Confronto tra gli andamenti della ISD imposta e della ISD ottenuta

dall’esperimento simulato. . . 48 3.13 Confronto tra gli andamenti di σθθ corrispondenti alla ISD imposta

(6)

4.1 Sequenza di taglio utilizzata per la misura con il metodo dell’ISD

per la piastra A. . . 51

4.2 Sistemazione degli estensimetri sulla piastra A. . . 54

4.3 Particolare dei cablaggi sulla piastra A. . . 54

4.4 Applicazione della pastra protettiva sulla piastra A. . . 55

4.5 Layout della misura di ISD per la piastra A. . . 55

4.6 Sequenza di taglio utilizzata per la misura con il metodo dell’ISD per la piastra B. . . 57

4.7 Ganascia di afferraggio per la piastra B durante il primo taglio. . . 59

4.8 Ganascia di afferraggio per la piastra B durante il taglio progressivo. 59 4.9 Sistemazione degli estensimetri e dei cavi sulla piastra B. . . 59

4.10 Esecuzione della prima fase del primo taglio sulla piastra B. . . 60

4.11 Esecuzione del secondo taglio sulla piastra B. . . 60

4.12 Arrangement sperimentale per la verifica di funzionamento degli estensimetri eseguita sulla piastra B. . . 61

4.13 Confronto tra le risposte degli estensimetri misurate e simulate per la piastra B compressa con una forza di 2 kN. . . 62

4.14 Confronto tra le ISD ottenute per le piastre A e B. . . 63

4.15 Confronto tra le risposte degli estensimetri misurate (punti) e simu-late (linee continue) per la piastra A. . . 65

4.16 Confronto tra le risposte degli estensimetri misurate (punti) e simu-late (linee continue) per la piastra B. . . 66

4.17 Diagrama di correlazione tra le risposte degli estensimetri misurate e simulate per le piastre A e B. . . 67

4.18 Confronto tra le risposte simulate dell’estensimetro B-03 nella pia-stra B utilizzando un modello basato su elementi 3D e uno basato su elementi 2D-plane stress. . . 68

4.19 Confronto tra le σθθ e σrr ottenute per le piastre A e B. . . 69

4.20 Confronto tra le σθθ ottenute per la sezione mediana del cilindro a partire dalle piastre A e B. . . 69

4.21 Confronto tra le σrr e σzz ottenute per la sezione mediana del cilindro a partire dalle piastre A e B. . . 70

(7)

effetto Bauschinger. . . 70 5.1 Zone della piastra B usate per le varie misure di Tensione Residua. 72 5.2 Apparecchiatura utilizzata per la misura con il metodo dell’XRD. . 74 5.3 Risultati della misura delle tensioni residue ottenute con la tecnica

dell’XRD. . . 75 5.4 Morfologia della superfici su cui `e stata eseguita la misura di

tensio-ne con il metodo dell’XRD per i punti di misura 4 e 5 (profondit`a nominale: 200µm). . . 76 5.5 Definizione delle collocazioni delle rosette sulla superficie della

pia-stra B rispetto alle coordinate r e θ. . . 78 5.6 Componenti di tensione residua ottenute in corrispondenza del

pun-to 1 di misura: confronpun-to tra risultati ottenuti con risoluzione di 0.1 mm e 0.05 mm con regolarizzazione. . . 80 5.7 Componenti di tensione residua ottenute in corrispondenza del

pun-to 1 di misura: effetpun-to del parametro di regolarizzazione sulla prima componente di tensione σ1. . . 80

5.8 Componenti di tensione residua secondo le direzioni del sistema di riferimento polare (direzioni r e θ) e della rosetta e definizione degli intervalli di profondit`a su cui eseguire le medie. . . 81 5.9 Risultati delle misure ottenute con le tecniche XRD, BHD e ISD. . 83 A.1 Modello FE della piastra in ANSYS. . . 93 A.2 Schema dell’estensimetro. . . 96 A.3 Primi dodici autovalori della matrice dei minimi quadrati relativa

al calcolo della ISD per la piastra B. . . 100 A.4 Andamento della tensione residua circonferenziale σθθ nella zona

degli estensimetri della piastra B a successivamente al primo taglio. 102 A.5 Andamento del coefficiente di intensificazione delle tensioni per la

piastra B, dopo il secondo taglio, in funzione della profondit`a del secondo taglio s. . . 103

(8)

A.6 Andamento del raggio plastico all’apice del secondo taglio per pia-stra B in funzione della profondit`a del secondo taglio s. . . 103

(9)

2.1 Composizione chimica del materiale utilizzato per ricavare i provini dichiarata dal fornitore. . . 13 2.2 Propriet`a meccaniche del materiale utilizzato per ricavare i provini

dichiarate dal fornitore. . . 14 2.3 Sommario dei parametri costitutivi ottenuti per l’AISI 4140. . . 25 3.1 Coordinate (in mm) degli spigoli degli estensimetri utilizzati per la

simulazione della misura con il metodo dell’ISD. . . 47 4.1 Coordinate (in mm) degli spigoli degli estensimetri usati nella

mi-sura sulla piastra A. . . 53 4.2 Coordinate (in mm) degli spigoli degli estensimetri usati nella

mi-sura sulla piastra B. . . 58 5.1 Coordinate radiali e profondit`a investigati con la tecnica dell’XRD. 75 5.2 Collocazione delle rosette per i punti di misura in cui `e stato

appli-cato il metodo del BHD. . . 78 5.3 Tensioni mediate in diversi intervalli di profondit`a per i punti di

(10)

Elenco dei codici

A.1 Command utilizzata per la simulazione del primo taglio . . . 93

A.2 Command utilizzata per la simulazione del secondo taglio . . . 94

A.3 Command utilizzata per l’applicazione delle ISD triangolari . . . 94

A.4 Simulazione estensimetro in superficie . . . 97

(11)

C1(L) Primo coefficiente di incrudimento cinematico usato nella fase di carico.

C1(U) Primo coefficiente di incrudimento cinematico usato nella fase di scarico.

C2(L) Secondo coefficiente di incrudimento cinema-tico usato nella fase di carico.

C2(U) Secondo coefficiente di incrudimento cinema-tico usato nella fase di scarico.

E Modulo di Young.

H1(L) Primo coefficiente di incrudimento isotropo usato nella fase di carico.

H2(L) Secondo coefficiente di incrudimento isotropo usato nella fase di carico.

H Numero degli step di taglio impiegati in una

misura di ISD.

I Numero delle suddivsioni impiegate per

ricostruire la IF.

J Numero delle funzioni di base usate per

scomporre la ISD.

KI Stress intensification factor (Meccanica della frattura)..

K Numero degli estensimetri impiegati in una

misura di ISD.

(12)

WI Funzione peso (Meccanica della frattura)..

Wk(0) Funzione di influenza relativa al primo ta-glio per il k-esimo estensimetro nel metodo dell’ISD.

Wk Funzione di influenza relativa al taglio

pro-gressivo per il k-esimo estensimetro nel metodo dell’ISD.

W Funzione di influenza relativa al taglio

pro-gressivo per un generico estensimetro nel metodo dell’ISD.

∆ Funzione triangolare esploratrice utilizzata

per il calcolo delle funzioni di influenza.

Ω Parametro di inversione.

α Vettore di backstress.

β Vettore di memory backstress.

λ Autovettore della matrice dei minimi

quadra-ti.

σD Componente deviatorica del tensore del

campo di tensione.

σ Tensore del campo di tensione..

e Vettore delle misure acquisite dagli estensime-tri durante la misura di ISD.

χ Funzione adimensionale per il metodo

del-le funzioni di influenza (Meccanica della frattura)..

(I)θθ Deformazione iniziale circonferenziale. (I)rr Deformazione iniziale radiale.

(I)zz Deformazione iniziale assiale.

(I) Deformazione iniziale semplificata nel caso di

ISD deviatorica.

(p)θθ Deformazione plastica circonferenziale. (p)rr Deformazione plastica radiale.

(13)

ν Coefficiente di Poisson.

W(0)k Approssimazione numerica della funzione di influenza relativa al primo taglio per il k-esimo estensimetro nel metodo dell’ISD.

Wk Approssimazione numerica della funzione di

influenza relativa al taglio progressivo per il k-esimo estensimetro nel metodo dell’ISD.

p Deformazione plastica equivalente massima

raggiunta nella fase di carico.

φj Base di funzioni utilizzata per scomporre la

ISD.

ψ Coefficiente moltiplicativi relativi alla soluzio-ne scomposta soluzio-nella la base di autovettori della matrice dei minimi quadrati.

σ(L)y Tensione di snervamento nella fase di carico.

σ(U)y Tensione di snervamento nella fase di scarico.

σy Raggio del luogo di snervamento di Von-Mises.

σθθ Tensione residua circonferenziale.

σrr Tensione residua radiale.

σzz Tensione residua assiale.

E(I) Tensore di deformazione iniziale.

n Tensore di flusso plastico.

A Matrice dei coefficienti per il sistema

so-vradeterminato utilizzato per ricavare la ISD.

c Vettore dei coefficienti della base di funzioni utilizzata per scomporre la ISD.

a Raggio interno del cilindro.

b Raggio esterno del cilindro.

cj Coefficienti della base di funzioni utilizzata

(14)

d Ampiezza della funzione triangolare di te-st utilizzata per il calcolo delle funzioni di influenza.

e(0)k Misura dello strain rilassato dal primo ta-glio nel metodo dell’ISD per il k-esimo estensimetro.

e∆

k Risposta simulata del k-esimo estensimetro

quando una ISD triangolare `e applicata come carico al modello FE.

ek Misura dello strain rilassato dal taglio

pro-gressivo nel metodo dell’ISD per il k-esimo estensimetro.

e Misura dello strain rilassato dal taglio progres-sivo nel metodo dell’ISD per un estensimetro generico.

f Larghezza del taglio progressivo usato per il

metodo dell’ISD.

p Pressione di autoforzamento.

rp Raggio plastico all’apice della fessura

(Mecca-nica della frattura).

sh Profondit`a del taglio progressivo usato per il

metodo dell’ISD allo step h.

s Profondit`a del taglio progressivo usato per il metodo dell’ISD.

(15)

L’autoforzamento `e un processo finalizzato a migliorare la vita a fatica e la resisten-za statica allo snervamento dei recipienti in pressione. Nel caso dei cilindri viene messo in atto applicando un’alta pressione interna e il suo beneficio consiste nello stato di tensione residua di compressione indotto sulla parte interna dello spessore. Il lavoro di tesi ha come obiettivo lo studio dell’influenza dell’effetto Bauschinger su quest’ultimo. Sul fronte modellistico `e stato formulato e implementato in un codice FE un modello costitutivo in grado di tener conto dell’effetto Bauschinger. Il modello `e basato sul criterio di Von Mises e su una combinazione di incrudimen-to cinematico e addolcimenincrudimen-to isotropo. Il modello ha permesso di simulare, con risultati qualitativamente corretti, lo stato di tensione residua prodotto dall’auto-forzamento di un cilindro. Dal punto di vista sperimentale `e stata studiata una applicazione del metodo dello stato di deformazione iniziale (Initial Strain Distri-bution ISD). Il metodo dell’ISD `e finalizzato a misurare lo stato di deformazione iniziale del campione praticando progressivamente un taglio e misurando contem-poraneamente, con degli estensimetri, la conseguente distorsione. Le distorsioni rilevate vengono correlate all’ISD e il passaggio al campo di tensione residua viene fatto imponendo l’ISD come carico in un modello FE. Il metodo dell’ISD `e stato formulato per il caso di una piastra estratta da un cilindro autoforzato. Il metodo `e stato applicato per misurare lo stato di tensione residua di due piastre estratte dallo stesso cilindro autoforzato. L’applicazione a due campioni identici ha fornito indicazioni sulla ripetibilit`a del metodo. Su una delle due piastre `e stato inoltre possibile misurare lo stato di tensione residua con il metodo del BHD (Blind Hole Drilling) e con il metodo dell’XRD (X-Ray Diffraction). Il confronto dei risultati ha fornito indicazioni sulla validit`a generale del metodo dell’ISD.

(16)

1

Introduzione

Lo scopo del lavoro descritto nella presente tesi `e analizzare l’influenza dell’effet-to Bauschinger sullo stadell’effet-to di tensione residua dei recipienti in pressione di forma cilindrica autoforzati. Il processo di autoforzamento `e finalizzato a indurre una ten-sione residua di compresten-sione nella parte interna dello spessore, effetto benefico per questo tipo di componenti, i cui carichi di esercizio corrispondono generalmente a pressioni interne. Una pressione interna, nel caso dei recipienti di forma cilindrica, induce sistematicamente un picco di tensione di trazione sul diametro interno: una tensione residua di compressione, sovrapposta al picco di tensione in trazione, pu`o portare, globalmente, a un incremento della resistenza statica allo snervamento e della vita a fatica.

Il processo di autoforzamento `e stato largamente applicato a componenti sog-getti ad alte pressioni interne come, per esempio, canne di cannone, per le quali il beneficio di maggiore interesse `e l’incremento della capacit`a di sopportare solle-citazioni senza che insorgano in esercizio ulteriori deformazioni plastiche (vista la vita operativa relativamente breve), o compressori alternativi, per i quali l’obietti-vo `e aumentare la resistenza ai carichi affaticanti. L’autoforzamento viene attuato applicando uno spostamento radiale imposto sul diametro interno oppure un’alta pressione interna. La deformazione plastica cos`ı prodotta induce a sua volta un campo di tensione residua con un picco di compressione sul diametro interno e (visto che il campo di tensione residua deve essere auto-equilibrato nello spessore) leggermente di trazione sul diametro esterno [1, 2]. Dopo il processo, la pressione necessaria per imporre ulteriori deformazioni permanenti al componente `e aumen-tata, cos`ı come anche la vita a fatica.

(17)

tensioni residue indotte dal trattamento. La tensione residua sul diametro inter-no per`o `e proprio il parametro che guida la progettazione di un cilindro autoforzato.

Prevedere lo stato di tensione residua non `e agevole a causa dell’effetto Bau-schinger. Un materiale presenta effetto Bauschinger se manifesta una perdita di prestazioni meccaniche (riduzione della tensione di snervamento) in compressione, dopo aver subito deformazioni plastiche in trazione. Nella Fig. 1.1 si mostra il tipico comportamento uniassiale di un materiale che esibisce effetto Bauschinger quando viene sottoposto a cicli di trazione-compressione. I materiali interessati da questo effetto sono in genere i metalli con elevato numero di dislocazioni [3–5], come per esempio la lega di acciaio martensitico Ni-Cr a cui si riferiscono le prove di Fig. 1.1. Dall’analisi di Fig. 1.1 emergono tre aspetti fondamentali:

1. lo snervamento in compressione dipende dalla deformazione plastica raggiun-ta in trazione

2. la pendenza sul tratto plastico di compressione (modulo di incrudimento) dipende dalla deformazione plastica raggiunta in trazione

3. la riduzione delle prestazioni meccaniche avviene anche per deformazioni plastiche in trazione inferiori al 2% (intervallo tipico dell’autoforzamento). L’effetto Bauschinger `e presente nel comportamento costitutivo elastico-plastico del materiale, `e tipicamente attivo durante la fase di scarico del processo di auto-forzamento e pu`o ridurre significativamente la tensione residua di compressione sul raggio interno [5, 6] (Fig. 1.2). La criticit`a sta nel fatto che la parte interna della parete cilindro `e la regione in cui si manifestano le massime tensioni di esercizio, ed `e quindi il punto dove le tensioni residue hanno massimo effetto sulle prestazioni meccaniche di tutto il componente.

Se si cerca di valutare le tensioni residue mediante un modello numerico, si incontrano due ostacoli principali: la difficolt`a di una corretta implementazione

(18)

3 2.5 2 1.5 1 0.5 -0.5 -1

σ (MPa)

ε (%)

Figura 1.1: Presenza dell’effetto Bauschinger in un tipico acciaio Ni-Cr.

(a) Senza effetto Bauschin-ger

(b) Con effetto Bauschinger

Figura 1.2: Influenza dell’effetto Bauschinger sullo stato di tensione residua circonferenziale σθθ in un cilindro autoforzato.

dell’effetto Bauschinger nel codice numerico e la necessit`a di conoscere, mediante una campagna di prove dedicate, le effettive propriet`a costitutive del materiale.

In letteratura sono disponibili vari modelli per calcolare il profilo di tensione residua in un cilindro autoforzato tenendo conto dell’effetto Bauschinger. Sono di-sponibili vari modelli analitici di cui il pi`u semplice `e quello proposto da Chen [7] che assume una legge di incrudimento bilineare nella fase di scarico indipendente dalla deformazione plastica accumulata in trazione e utilizza il criterio di snerva-mento di Tresca. Altri modelli semi-analitici si servono di correzioni numeriche per

(19)

lizzando la legge di flusso plastico associata al criterio di Tresca (che, nel caso dei cilindri autoforzati, prevede deformazione plastica assiale nulla). Sono sta-ti sviluppasta-ti anche modelli numerici e agli Elemensta-ti Finista-ti (Finite Element-FE) con vari gradi di complessit`a e accuratezza [12, 13], tipicamente basati sull’aggior-namento della tensione di snervamento del materiale in base alla deformazione plastica accumulata [3, 4] o sull’utilizzo del modulo tangente della curva tensione-deformazione [8, 9]. Questi modelli difficilmente vengono applicati in ambito indu-striale nella progettazione di componenti autoforzati. Nella maggior parte dei casi infatti si tratta di modelli numerici che hanno una formulazione non facilmente applicabile ai codici FE pi`u diffusi, che dipendono da coefficienti empirici validi solo per determinate combinazioni di geometria e propriet`a del materiale, oppure che dipendono da un numero eccessivo di parametri [5]. Non esistono attualmente modelli standard pre-implementati nei codici FE commerciali che possano tener conto dell’effetto Bauschinger in maniera corretta per il caso dell’autoforzamento.

In ambito industriale, quando si progetta un cilindro autoforzato, la pratica comune `e adottare modelli di plasticit`a standard (modelli elastici-perfettamente plastici, oppure modelli di incrudimento puramente isotropi o cinematici) accop-piati a elevati coefficienti di sicurezza, oppure ad una correzione della tensione residua sul diametro interno, definita nella norma ASME VIII [14] (approccio tipi-co dell’ambito Oil & Gas). Questo pu`o portare a sovradimensionare i componenti e a fare uso di coefficienti di progettazione empirici che perdono di validit`a non appena vengono modificate variabili come le caratteristiche geometriche del cilin-dro o le caratteristiche fisiche del materiale.

In ambito industriale la qualit`a o la funzionalit`a del componente autoforzato viene confermata tipicamente da una prova di pressione. Tale prova, per`o, non `e in grado di identificare se e quanto l’effetto Bauschinger ha avuto effetto. La tensione residua sul diametro interno, che `e minore, in valore assoluto, rispetto a quella che ci si aspetterebbe in assenza di effetto Bauschinger (Fig. 1.2), pu`o portare, quando vengono applicati ripetuti carichi di pressione in esercizio, a

(20)

pla-sticizzazioni cicliche sul diametro interno e negli strati di materiale sottostanti. Questi cicli di plasticizzazione sono estremamente dannosi per il componente (spe-cialmente se l’autoforzamento `e stato applicato per migliorare la vita a fatica) ma non presentano effetti macroscopici durante una semplice prova di pressione. Per queste ragioni l’approccio pi`u appropriato sarebbe misurare direttamente il profilo di tensione residua nello spessore.

La misura del profilo di tensione residua indotto dal processo di autoforzamento presenta altre difficolt`a. Tale misura `e stata approcciata in diversi modi [15]:

ˆ metodi non distruttivi come i Raggi X o la Diffrazione Neutronica; il pri-mo `e limitato a misure superficiali, il secondo necessita di apparecchiature complesse e costose e di lunghi tempi di esecuzione

ˆ metodi semi-distruttivi come il metodo del foro [16], che `e limitato a misure locali superficiali o sub-superficiali [16, 17]

ˆ metodi distruttivi come il Contour Method [18], il Sach’s Method [19, 20] e il metodo del taglio progressivo [21–27] (chiamato anche ”Slitting Method”) potenzialmente in grado di misurare l’intero campo tensioni residue

ˆ recentemente `e stato anche proposto il metodo del Deep Hole Drilling [28–30], derivato dal metodo del foro, che `e da ritenersi, per queste applicazioni, distruttivo.

Come si evince dalla Fig. 1.2 lo scarto tra la tensione residua sul diametro in-terno con e senza effetto Bauschinger dipende da quanto spessore di materiale ha subito uno scorrimento plastico inverso nella fase di scarico del processo di auto-forzamento1. Conoscere l’intero profilo di tensione residua `e il modo migliore per

apprezzare quanto l’effetto Bauschinger abbia influito sul processo di autoforza-mento. In questo lavoro ci si concentrer`a su un’applicazione del metodo del taglio progressivo che `e stato scelto per la sua capacit`a di catturare l’intero campo di tensione residua e per la sua relativa semplicit`a di applicazione rispetto al Contour

1Si immagini che gli strati pi`u interni del cilindro vedono una storia di tensione-deformazione

(21)

Il metodo del taglio progressivo `e stato messo in atto per cilindri autoforzati praticando un taglio radiale progressivo e, contemporaneamente, rilevando e ela-borando la corrispondente evoluzione dell’apertura alla bocca del taglio [31–33] oppure rilevando le corrispondenti deformazioni sulla superficie interna o sulla su-perficie esterna del cilindro mediante estensimetri [27]. Nell’interpretazione delle misure ottenute con il taglio progressivo, le tensioni residue rilasciate dal taglio sono correlate alle quantit`a misurate (deformazioni o spostamenti) mediante fun-zioni di influenza, formulate nell’ipotesi che durante il taglio il materiale si rilassi comportandosi elasticamente. Questo problema inverso, anche se lineare, `e mal condizionato in particolare se il metodo viene applicato servendosi di un numero ridotto di misure di deformazione [34, 35]. La validit`a dei risultati dipende dalla qualit`a delle misurazioni, dalla scelta corretta delle Funzioni di Influenza e dall’ac-curatezza della procedura numerica di soluzione.

Il lavoro di tesi si inquadra in questo contesto, `e stato sviluppato in collabora-zione con Baker Hughes a GE Company e ha due obiettivi.

Il primo obiettivo, sotto l’aspetto modellistico, `e gettare le basi per definire una procedura di calcolo del profilo di tensione residua che tenga conto dell’effetto Bau-schinger. Il modello deve dipendere da costanti costitutive che siano identificabili mediante delle prove uniassiali sul materiale, in modo da prescindere da fattori di correzione di natura empirica. Per avere un interesse industriale, il modello deve essere implementabile in un codice di calcolo General Pourpose di largo utilizzo come, per esempio, ANSYS, Abaqus o Comsol.

Il secondo obiettivo, sotto l’aspetto sperimentale, `e definire una procedura di misura del profilo di tensione residua che possa allo stesso tempo fornire dati per validare il modello citato sopra e essere un possibile test di qualit`a per il compo-nente autoforzato.

(22)

di svolgere la progettazione dei componenti autoforzati con coefficienti di sicurezza pi`u bassi o garantire maggiori prestazioni meccaniche per i componenti finali.

Dal punto di vista modellistico `e stato formulato un modello (Cap. 2) in gra-do di riprodurre la curva tensione-deformazione uniassiale di un materiale che presenta effetto Bauschinger (Fig. 1.1). Questo risultato `e stato ottenuto ripro-ducendo gli andamenti mostrati in Fig. 1.1 mediante l’evoluzione del luogo di snervamento di Von-Mises con un approccio che combina incrudimento cinematico e addolcimento isotropo [36]. Questa scelta consente di costruire il modello a par-tire dalle formulazioni di plasticit`a per incrudimento isotropo e cinematico puri, ampiamente definite in letteratura [37,38]. `E stata definita una procedura di prova di trazione-compressione uniassiale finalizzata a identificare i parametri costitutivi del modello. La procedura `e stata messa in pratica utilizzando un materiale di uso comune e di facile reperibilit`a, l’AISI 4140. Il modello `e stato implementato in ANSYS mediante User Programmable Features ed `e stato utilizzato per simulare l’autoforzamento di un cilindro ottenendo risultati qualitativamente consistenti.

Dal punto di vista della misura delle tensioni residue `e stato applicato il metodo dell’Initial Strain Distribution (ISD) accoppiato al metodo del taglio progressivo. Il metodo dell’ISD fu proposto da Beghini e Bertini in [39, 40] ed `e basato sull’ipo-tesi che le tensioni residue siano legate a un certo campo di deformazione iniziale. Se il campo non soddisfa le equazioni di congruenza, induce un campo di defor-mazione elastico tale da rendere il campo di defordefor-mazione totale congruente. Le tensioni residue sono direttamente correlate al campo di deformazione elastico tra-mite la legge di Hooke. Poich´e il campo di deformazione iniziale `e l’effetto locale del processo che induce le tensioni residue (in questo caso l’autoforzamento), pu`o essere considerato la fonte delle tensioni residue associate [41–43].

I dati provenienti dalle misure acquisite durante il taglio progressivo vengo-no correlati, mediante opportune funzioni di influenza, all’ISD e vengo-non alle tensioni residue direttamente. Il vantaggio sta nel fatto che l’ISD `e un’informazione imma-gazzinata in tutto il componente: quindi, se vi sono propriet`a di simmetria (come nel caso dei cilindri autoforzati) il campo di ISD completo pu`o essere ricostruito a

(23)

siasi parte estratta da esso (a condizione che il processo di estrazione non induca altre deformazioni iniziali). Il passaggio da deformazioni iniziali a tensioni residue pu`o essere fatto imponendo le deformazioni come carico in un modello FE.

Il metodo dell’ISD `e stato applicato con successo nella misura delle tensioni re-sidue indotte da una saldatura longitudinale in una lastra [40]. In tale applicazione `e stata fatta l’assunzione che la ISD fosse di tipo idrostatico, essendo originata dai contrastati ritiri termici indotti dal processo di saldatura che a sua volta ha indot-to dilatazioni non uniformi. Data la geometria rettangolare della lastra saldata, il problema `e stato studiato in coordinate cartesiane. In questo lavoro, il metodo dell’ISD viene sviluppato per il caso di una piastra anulare estratta da un cilindro autoforzato [44]. Dato che le tensioni residue sono di origine plastica, `e stata fatta l’ipotesi di ISD deviatorica. Inoltre, data la forma del componente, il problema `e stato formulato in coordinate cilindriche. La piastra viene scelta di spessore relati-vamente ridotto in modo da avere un campione sul quale `e possibile l’applicazione di vari estensimetri per rilevare la distorsione indotta dal taglio progressivo. La disponibilit`a di pi`u misure estensimetriche introduce una ridondanza nel processo di misura, che riduce gli effetti del rumore e degli errori casuali e rende il problema complessivamente meno mal condizionato. Il metodo dell’ISD `e stato formulato (Cap. 3) per il caso della piastra anulare estratta da un cilindro autoforzato. `E stata sviluppata una procedura per il calcolo delle funzioni di influenza e definito un metodo di soluzione per ottenere la ISD. L’auto-consistenza del metodo `e stata verificata mediante una simulazione numerica dell’esperimento.

Dopo la definizione del metodo dell’ISD per via sintetica `e stata eseguita una campagna di misure finalizzata a valutare la ripetibilit`a del metodo [45] e a con-frontarne i risultati con altre tecniche di misura delle tensioni residue [46]. La misura con il metodo dell’ISD `e stata eseguita su due piastre anulari provenienti dallo stesso cilindro autoforzato (Cap. 4). La misura di ISD per la prima pia-stra `e stata eseguita nei laboratori di Baker Hughes a GE Company usando come processo di taglio l’elettroerosione a filo. La misura di ISD per la seconda piastra

(24)

`e stata eseguita nei laboratori dell’Universit`a di Pisa eseguendo il taglio con una fresa a disco. Lo scopo era verificare che le misure, eseguite su due campioni nomi-nalmente identici, in condizioni sperimentali diverse, dessero risultati concordanti al fine di verificare la robustezza del metodo. Il confronto dei risultati ha permesso di ottenere indicazioni quantitative sulla ripetibilit`a dal metodo.

Il metodo dell’ISD `e stato confrontato (Cap. 5) con il metodo dei raggi X (X-Ray Diffraction XRD) e il metodo del foro (Blind Hole Drilling BHD), che sono stati scelti per la loro larga diffusione e il costo relativamente basso. Il metodo del BHD inoltre `e regolato da una norma ASTM [47]. Le misure di XRD e BHD sono state eseguite sulla piastra su cui sono state effettuate le misure con il metodo dell’ISD presso l’Universit`a di Pisa. Normalmente, `e difficile mettere a confronto diverse tecniche di misura delle tensioni residue, poich´e `e difficile disporre di cam-pioni adatti al confronto, a causa delle diverse tipologie di misura (distruttivo/non distruttivo, locale/globale). Nel caso specifico la piastra `e stata estratta da un ci-lindro autoforzato e gode di uno stato di tensione residua assialsimmetrico per cui `e stato sufficiente effettuare le misure in diverse aree della piastra e confrontarle a parit`a di coordinata radiale. Il confronto delle misure effettuate con i vari metodi (in particolare col BHD) ha fornito indicazioni sulla correttezza complessiva del metodo dell’ISD.

In tutto il lavoro si far`a riferimento al cilindro autoforzato di Fig. 1.3 con raggio interno a = 30 mm, raggio esterno b = 72.5 mm lunghezza L = 6 · b e autoforzato alla pressione p, poich´e si tratta del cilindro da cui sono state estratte le piastre di spessore t = 5 mm, che sono state utilizzate nella fase di sperimentazione.

(25)

2a r θ z z p

Figura 1.3: Disegno schematico del cilindro autoforzato e estrazione, dalla sua sezione mediana, della piastra utilizzata per la misura con il metodo dell’ISD.

(26)

2

Modello Costitutivo

2.1

Premessa

In questo capitolo vengono presentati gli aspetti fondamentali della formulazione del modello costitutivo. Nel Par. 2.2 viene mostrato in dettaglio l’approccio modellistico utilizzato, che consiste nel descrivere l’effetto Bauschinger combinando incrudimento cinematico e addolcimento isotropo. Sono state eseguite delle prove di trazione-compressione monoassiale (Par. 2.3) usando provini estratti da una barra di acciaio AISI 4140. Questo acciaio martensitico `e stato scelto perch´e esibisce effetto Bauschinger e pu`o essere reperito a basso costo e con tempi di approvvigionamento contenuti. Lo scopo `e impostare una procedura di prova che permetta di caratterizzare il materiale del punto di vista dell’effetto Bauschinger. Nel Par. 2.4 viene descritta la formulazione del modello (alcune delle ipotesi utilizzate sono state ricavate dai risultati delle prove di trazione-compressione) e una procedura di identificazione dei parametri costitutivi a partire dai risultati delle prove. Infine, nel Par. 2.6 si mostra un esempio di applicazione del modello al caso di un cilindro autoforzato.

2.2

Impostazione del problema

La Fig. 2.1 mostra schematicamente una curva tensione-deformazione (σ-) unias-siale di un materiale che esibisce effetto Bauschinger quando viene sottoposto a un ciclo di trazione-compressione: vengono mostrate la fase di carico e la fase di scarico, separate dal punto di inversione, definito come il punto dove cambia di segno la derivata di σ rispetto a . Dopo che, nella fase di carico, viene superata

(27)

determinata deformazione plastica p in trazione, la tensione di primo

snervamen-to nella fase di scarico σy(U) `e sensibilmente modificata rispetto al valore che il

materiale avrebbe mostrato se compresso direttamente a partire dalla condizione iniziale. Se si supera in compressione la soglia identificata da σ = σy(U), si

raggiun-ge una condizione di perdita di comportamento elastico che si manifesta con una curva σ- avente un elevato coefficiente di incrudimento. `E stata fatta l’assunzione che questo coefficiente di incrudimento e σ(U)y dipendano da p.

σ

y

ϵ

p

E

ϵ

σ

(L)

σ

y

Inversione

Incrudimento dopo

snervamento inverso

(U)

σ

y

σ

y

α

Figura 2.1: Andamento schematico della curva tensione-deformazione uniassiale per un materiale che esibisce effetto Bauschinger.

Come anticipato nel Cap. 1 in questo lavoro l’effetto Bauschinger viene ri-prodotto basandosi su un modello elastico-plastico dove l’elasticit`a `e isotropa con modulo di Young E e rapporto di Poisson ν, assunti costanti, e dove la condizione di snervamento `e basata sul criterio di Von-Mises. Il criterio di Von-Mises viene espresso nella sua forma pi`u generale nell’Eq. 2.1, dove σD `e la componente

de-viatorica del tensore di tensione σ, α `e il tensore di back-stress (il centro del luogo di snervamento) e σy `e il raggio del luogo di snervamento.

(28)

Dalla Fig. 2.1 si comprende come la combinazione di incrudimento cinematico (governato da α) e addolcimento isotropo (governato da σy), corrispondenti a un

luogo di snervamento che si sposta e si contrae, sia in grado di riprodurre l’effetto Bauschinger.

2.3

Le prove sull’AISI 4140

2.3.1

Il materiale

Per le prove di caratterizzazione `e stato utilizzato un acciaio AISI 4140 temprato e rinvenuto la cui composizione chimica `e mostrata nella Tab. 2.1. Il materiale `e stato fornito sotto forma di barra cilindrica di diametro 26 mm.

Nella Tab. 2.2 sono riportate le principali propriet`a meccaniche dell’AISI 4140, dichiarate dal fornitore. Nella Fig. 2.2 viene riportata la curva di tensione-deformazione ingegneristica per due prove di trazione (vi `e un buon accordo tra queste ultime e dati dichiarati) e nella Fig. 2.3 ne viene riportato un ingrandimen-to nell’intervallo di deformazioni tra lo 0 e il 3 %. Le Figg. 2.2 e 2.3 mostrano che il materiale presenta uno snervamento evidente seguito da un incrudimento dopo circa il 3 % di deformazione.

Tabella 2.1: Composizione chimica del materiale utilizzato per ricavare i provini dichiarata dal fornitore.

Composizione C Si Mn P S Cr Ni Mo Cu

(%) 0.44 0.31 0.90 0.020 0.021 1.12 0.08 0.20 0.25

Composizione Sn Al Ti V Nb C.E.

(%) 0.014 0.026 0.012 0.004 0.003 0.88

2.3.2

La procedura di prova

Lo scopo delle prove `e evidenziare nel materiale il comportamento di tensione-deformazione descritto nella Fig. 2.1 e, allo stesso tempo, investigarne alcuni

(29)

Prova di trazione

σy0.2% (MPa) σu (MPa) A % Z %

996.8 1087 15.4 56.1

Prova Charpy (23◦C) Dimensioni del grano

KV(kJ) Test 1 KV(kJ) Test 2 KV(kJ) Test 1 −

68 73 71 6

0

5

10

15

20

25

30

35

0

200

400

600

800

1000

ϵ (%)

σ

(MPa

)

Figura 2.2: Prova di trazione sull’AISI 4140 (engineering strain-engineering stress) su due provini nominalmente identici.

aspetti per stabilire le ipotesi alla base del modello. `E stata quindi eseguita una serie di test uniassiali in controllo di deformazione, composti (con riferimento alla Fig. 2.1) da una fase di carico fino a una deformazione totale massima, e da una fase di scarico dove la deformazione imposta viene ridotta dopo il massimo. Le deformazioni totali massime investigate sono state: 0.75 %, 1 %, 1.5 %, 2 %, 2.5 % e 3 %. Questi sono i valori tipici del processo di autoforzamento e sono anche quelli, superati i quali, l’impatto dell’effetto Bauschinger tipicamente non aumenta

(30)

ulte-0.0

0.5

1.0

1.5

2.0

2.5

3.0

0

200

400

600

800

1000

ϵ (%)

σ

(MPa

)

Figura 2.3: Prova di trazione sull’AISI 4140 (engineering strain-engineering stress) su due provini nominalmente identici - ingrandimento nell’intervallo 0-3 %.

riormente [5, 7].

Le prove sono state eseguite su provini cilindrici utilizzando una macchina di prova servoidraulica con una cella di carico da 250 kN (Fig. 2.4). Le dimensioni del provino sono tali da evitare instabilit`a per i carichi di compressione raggiunti in alcuni cicli di carico e, allo stesso tempo, corrispondono a livelli di carico du-rante la prova che rientrano nelle capacit`a della macchina. Le misure sono state eseguite con un estensometro MTS con base di misura 10 mm e con un sistema di acquisizione Trio Sistemi RT2.

Sono state oggetto di analisi due storie di carico (Figg. 2.5 e 2.6): entrambe esplorano gli intervalli di deformazione totale massima in trazione precedentemen-te citati.

Si definiscono storie di carico di tipo 1 quelle definite nella Fig. 2.5, che sovrap-pongono a un ciclo completo di carico-scarico un profilo a dente di sega. L’obiettivo

(31)

R50

22

165

10

Figura 2.4: Provino (misure in mm) e layout di prova per le prove di trazione-compressione uniassiali.

`e verificare se, nella fase di scarico, il materiale `e ancora elastico nonostante l’alto incrudimento. Gli scarichi elastici hanno permesso di verificare che il materiale presenta ancora un comportamento separabile in una fase elastica reversibile e in una fase plastica irreversibile anche dopo il primo snervamento. Verificare questa assunzione ha una grande importanza perch´e se non fosse verificata non sarebbe possibile affrontare il problema con un modello elastico-plastico classico dove le deformazioni elastiche e plastiche sono quantit`a separate1.

Si definiscono storie di carico di tipo 2 quelle definite nella Fig. 2.6, che consi-stono in una serie di cicli di carico completamente invertiti di ampiezza crescente. L’obiettivo `e investigare il comportamento del raggio del luogo di snervamento σy

dopo la prima inversione.

2.3.3

Risultati

Le Figg. 2.7 e 2.8 mostrano rispettivamente i risultati ottenuti con le storie di carico di Figg. 2.5 e 2.6. Si possono fare le seguenti considerazioni:

(32)

10

20

30

40

-0.5

0.0

0.5

1.0

1.5

2.0

2.5

3.0

Step

ϵ

(%

)

Figura 2.5: Storie di carico di tipo 1.

ˆ entrambe le storie di carico hanno messo in luce una presenza significativa dell’effetto Bauschinger (come nella Fig. 1.1)

ˆ entrambe le storie di carico evidenziano che oltre un certo livello di defor-mazione plastica accumulata in trazione, la perdita di linearit`a nella fase di scarico inizia piuttosto precocemente, anche quando il provino `e ancora in trazione

ˆ entrambe le storie di carico evidenziano che il comportamento nella fase di scarico dipende in maniera significativa dal livello di deformazione plastica accumulato nella fase di carico

ˆ le storie di carico di tipo 1 hanno confermato che, nonostante l’elevato modulo di incrudimento, il materiale ha un comportamento elastico se sottoposto a una riduzione del carico

(33)

10

20

30

40

50

60

70

-0.5

0.0

0.5

1.0

1.5

2.0

2.5

Step

ϵ

(%

)

Figura 2.6: Storie di carico di tipo 2.

ˆ le storie di carico di tipo 2 evidenziano che, dopo il primo scarico, σynon varia

ulteriormente e che, in prima approssimazione, le curve σ- corrispondenti ai seguenti cicli di carico-scarico, possono essere considerate chiuse2

ˆ entrambe le storie di carico suggeriscono che tutte le curve tensione-deformazione nella fase di scarico tendono a un asintoto comune [5, 7, 36].

2.4

Formulazione del modello costitutivo

Il tensore unitario, che rappresenta il flusso plastico n (plastic flow tensor) a me-no della deformazione plastica equivalente, viene definito da una legge di flusso associata al criterio di Von-Mises (Eq. 2.2).

n = σD− α

|σD− α|

(2.2)

2Si noti che c’`e stato un leggero addolcimento ciclico dovuto agli ampi cicli di carico: questo

(34)

0.0

0.5

1.0

1.5

2.0

2.5

3.0

-1000

-500

0

500

1000

ϵ (%)

σ

(MPa

)

Figura 2.7: Risultati dei test di trazione-compressione per le storie di carico di tipo 1.

In base a quanto `e stato mostrato nel Cap. 2.3 il modello `e stato formulato per soddisfare le seguenti condizioni:

1. Se l’Eq. 2.1 `e verificata, il materiale si comporta elasticamente3

2. σy `e funzione della deformazione plastica accumulata p

3. dopo la prima inversione, il raggio del luogo di snervamento σye il coefficiente

di incrudimento si assumono costanti

4. Gli andamenti σ- nella fase di scarico, corrispondenti a diversi livelli di p,

tendono a un asintoto comune

5. Se, dopo la prima inversione, il materiale viene sottoposto a cicli di carico ulteriori (in un campo di deformazione con gli estremi fissi), le corrispondenti curve σ- sono chiuse.

3I parametri elastici E e ν non dipendono n´e dalla deformazione plastica accumulata n´e dalla

(35)

0.0

0.5

1.0

1.5

2.0

2.5

3.0

-1000

-500

0

500

ϵ (%)

σ

(MPa

)

Figura 2.8: Risultati dei test di trazione-compressione per le storie di carico di tipo 2.

2.4.1

Fase di carico

Nella fase di carico il modello `e una combinazione di incrudimento cinematico non lineare e di addolcimento isotropo non lineare. L’Eq. 2.3 mostra l’evoluzione di α mentre l’Eq. 2.4 mostra la sua specializzazione al caso uniassiale. Si indica con p

la deformazione plastica equivalente, mentre C1(L) e C2(L) sono costanti costitutive da identificare. Si noti che se C2(L)= 0, l’equazione 2.3 si riduce a un incrudimento cinematico lineare. dα = C1(L)ndp− C (L) 2 αdp (2.3) α(p) = C1(L) C2(L)(1 − exp(−C (L) 2 p)) (2.4)

La legge di addolcimento isotropo `e espressa nell’Eq. 2.5 dove H1(L) e H2(L) sono due costanti costitutive da identificare.

(36)

σy(p) = σ(L)y +

H1(L)

H2(L)(1 − exp(−H

(L)

2 p)) (2.5)

Le espressioni 2.3 e 2.5 possono essere rese, se necessario, pi`u complesse. L’an-damento dell’incrudimento cinematico pu`o essere generalizzato a una sovrapposi-zione di pi`u esponenziali introducendo nel modello pi`u tensori di back-stress, tutti espressi da relazioni analoghe all’Eq. 2.3. La componente isotropa dell’incrudi-mento, essendo esprimibile con una grandezza scalare definita da un’equazione non differenziale, pu`o essere direttamente modificata formulando diversamente l’Eq. 2.5.

2.4.2

Fase di scarico

La fase di carico si conclude quando viene raggiunto il punto di inversione,  = p

e la derivata di σ rispetto a  cambia segno. A questo punto nel modello i legami costitutivi vengono modificati. Per questo scopo `e stato definito un parametro contatore Ω che serve a distinguere le fasi di carico e di scarico. Ω aumenta di una unit`a ogni volta che avviene un’inversione. L’ Eq. 2.6 ne propone una definizio-ne multiassiale finalizzata all’implementaziodefinizio-ne all’interno di una logica iterativa4.

L’indice n definisce il passo corrente della procedura iterativa considerato, mentre n∗ `e l’indice dell’ultima iterazione plastica precedente il passo corrente.

Il contatore Ω aumenta di 1 ogni volta che la ”direzione” del tensore di flusso plastico n cambia passando per una fase elastica. Questa definizione riproduce quello che avviene localmente agli strati di materiale interni del cilindro, quando la pressione di autoforzamento viene applicata e poi rimossa.

Ωn= Ωn−1+ 1 IF[[sign(nn· nn∗) ≤ −1] (2.6)

Quando avviene la prima inversione (quindi quando Ω ≥ 1), σy viene fissato (Eq.

2.7) e viene introdotta una nuova legge di incrudimento (Eq. 2.8).

σyn+1 = σyn IF[Ωn≥ 1] (2.7)

(37)

La legge di incrudimento cinematico `e stata modificata introducendo un tensore di ”memory backstress” β che viene aggiornato a ogni inversione (Eq. 2.9).

βn= αn−1 IF[Ωn6= Ωn−1] (2.9)

Il tensore β `e stato introdotto per fare in modo che in questa fase a ulteriori cicli di carico corrispondessero curve tensione-deformazione chiuse. L’Eq. 2.10 mostra la specializzazione dell’Eq. 2.8 per il caso uniassiale. β a ogni inversione ristabilisce il punto di partenza dell’evoluzione di α, assicurando cos`ı che i profili esponenziali evolvano sempre nello stesso modo a partire dal punto di inversione.

α(p) − β =

C1(U)

C2(U)(1 − exp(C

(U)

2 (p− p)) IF[Ωn≥ 1] (2.10)

Le costanti C1(U) e C2(U) dipendono da p.

Come nella fase di carico, anche nella fase di scarico l’andamento σ- pu`o essere generalizzato a una sovrapposizione di esponenziali, introducendo pi`u tensori di backstress e di memory-backstress, regolati da equazioni analoghe all’Eq. 2.8. In questo modo `e possibile ottenere una riproduzione pi`u accurata del profilo σ-, a scapito della semplicit`a del modello.

2.5

Identificazione dei parametri costitutivi

In questo capitolo viene mostrato un esempio di identificazione basata sui test ese-guiti con le storie di carico di tipo 1 (Figg. 2.5 and 2.7). Si `e preferito non fare uso dei risultati dei test eseguiti con le storie di carico di tipo 2, poich´e i ripetuti cicli di carico-scarico hanno dato luogo a un leggero addolcimento ciclico (Fig. 2.8), che non `e necessario riprodurre per modellare l’autoforzamento5. I dati di Fig. 2.5 5Gli effetti di addolcimento ciclico non sono importanti per l’autoforzamento, dove il ciclo di

(38)

sono stati processati, rimuovendo il tratto precedente l’inversione (Fig. 2.1) e i tratti legati alle variazioni di carico a dente di sega, e sono stati convertiti in true stress true strain (Fig. 2.9).

Nella fase di carico, a valle del primo snervamento, il materiale presenta un andamento tensione-deformazione che pu`o essere considerato con buona appros-simazione perfettamente plastico. Per semplicit`a, `e stata fatta l’ipotesi che il materiale fosse elastico-perfettamente plastico nella fase di carico. In fase di carico pertanto l’incrudimento cinematico e l’addolcimento isotropo si compensano (Eqq. 2.11 and 2.12).

− C1(L) = H1(L) (2.11)

C2(L) = H2(L) (2.12)

L’identificazione di H1(L) e H2(L) `e stata fatta sulla base delle curve σ- di scarico (Fig. 2.9). Per ognuna delle curve di scarico la tensione di snervamento σy(U) `e

stata identificata analizzando la deviazione dall’andamento σ- lineare immedia-tamente seguente il punto di inversione6. In particolare σy(U), per ogni curva, `e il

livello di tensione per cui la curva σ- sperimentale devia dall’andamento lineare precedentemente definito per pi`u dello 0.05 % di deformazione (convenzione dello 0.05 % di offset). In questo modo `e stata tracciata la curva di Fig. 2.9, basandosi sulla quale H1(L)e H2(L)sono state ottenute mediante un best-fit ai minimi quadrati usando l’Eq. 2.5.

Nella fase di scarico C1(U) e C2(U) sono funzione di p. Le Eqq. 2.13 e 2.14

mostrano le relazioni che sono state assunte per C1(U) e C2(U). L’Eq. 2.13 implica che, dato che allo scarico la curva σ- `e esponenziale, l’incrudimento deve esaurirsi in un intervallo di deformazione7 proporzionale a 

p. L’Eq. 2.14 impone che il 6La retta corrispondente `e stata identificata tramite un best-fit sui primi 30 punti di misura

seguenti l’inversione.

7Confrontare il ruolo di C(U)

2 nell’Eq. 2.10 con il ruolo della costante di tempo in fenomeni

(39)

● ● ● ● ● ● 0.0 0.5 1.0 1.5 2.0 2.5 3.0 -1000 -500 0 500 ϵ(%) σ (MPa )

Figura 2.9: Identificazione della curva di servamento inversa basata sulle storie di carico di tipo 1.

valore asintotico di tutte le curve σ- nella fase di scarico sia comune. C2(U) = γ1 p+ γ2 (2.13) C1(U) = (γ3− 2σy(p))C (U) 2 (2.14)

I parametri C1(U) e C2(U) sono stati identificati per ogni curva di scarico (quindi per ogni p) mediante un best-fit ai minimi quadrati usando l’Eq. 2.10. Partendo da

questi dati le costanti γi sono state poi calcolate con un best-fit ai minimi quadrati

usando le Eqq. 2.13 e 2.14.

Nella Tab. 2.3 vengono mostrati i parametri costitutivi corrispondenti ai risul-tati finali, che sono srisul-tati poi utilizzati nel modello. Data la difficolt`a di misurare accuratamente E8 e ν a partire da una prova di trazione, per queste quantit`a sono stati presi valori nominali tipici per gli acciai.

Nella Fig. 2.10 vengono messi a confronto i dati sperimentali e la risposta del

8Se si cerca di stimare il modulo elastico a partire dal tratto lineare precedente il primo

snervamento nelle curve delle curve σ- di Fig. 2.7 e 2.8 (tramite un best fit ai minimi quadrati) le pendenze calcolate sono nell’inervallo (210 ± 5)GPa.

(40)

Tabella 2.3: Sommario dei parametri costitutivi ottenuti per l’AISI 4140.

E (GPa) ν σ(L)y (MPa) H1(L)(MPa) H

(L) 2 210 0.3 996.8 −1000.8 753.2 C1(L)(MPa) C2(L) γ1 γ2 γ3 1000.8 753.2 0.22 0.04 1905

-2

-1

0

1

2

3

-1000

-500

0

500

1000

ϵ(%)

σ

(MPa

)

Figura 2.10: Confronto tra risposta del modello (linee nere continue) e dati sperimentali (punti grigi).

modello con i parametri ottenuti nel processo di identificazione. Vi `e un ottimo accordo su tutti i percorsi di scarico. Si nota inoltre, dal confronto con i profili calcolati, che il materiale sembra aver subito una riduzione di modulo elastico per i profili pi`u a destra (cio`e quelli dove p`e pi`u alta). Questo effetto, riportato anche

in [5], `e stato per il momento trascurato. Per stimare l’errore `e stata utilizzata la funzione definita nell’Eq. 2.15. Questa funzione calcola la media della diffe-renza tra la tensione misurata σE e la tensione calcolata σC, per ogni percorso

σ- di scarico, su 5 livelli di deformazione equispaziati tra min, che `e la minima

deformazione su ciascun percorso di scarico sperimentale, e max− 2σy/E, che, su

(41)

discontinuit`a. Tale discontinuit`a `e dovuta alla formulazione elastica-plastica e non si osserva nei dati sperimentali. L’errore stimato in questo modo risulta essere inferiore al 3% (Fig. 2.10). Err = 1 5 4 X k=0 σE(k) − σC(k) σy(L) k = min+ k max− min− 2σy/E 5 (2.15)

2.6

Implementazione del modello in un codice

FE

Il modello `e stato implementato in ANSYS mediante User Programmable Featu-res. In questo modo `e possibile, tramite una routine FORTRAN dedicata, inserire le equazioni costitutive del materiale che, a loro volta, sono utilizzate all’interno del metodo di Newton-Rapson in ogni iterazione. In particolare `e stata utilizzata una routine di tipo USERMAT che restituisce il tensore di tensione quando il soluto-re richiede un incsoluto-remento del tensosoluto-re di deformazione totale. Questo approccio permette di concentrarsi unicamente sulla formulazione del modello costitutivo sfruttando gli elementi, il mesher e i metodi numerici gi`a disponibili in ANSYS. Il metodo `e stato programmato secondo una logica predictor-corrector dove, a par-tire dal tensore di deformazione, si calcola il tensore di tensione facendone prima una stima elastica e poi correggendo quest’ultima nel caso in cui non soddisfi il criterio di servamento [37, 38].

Per verificare il funzionamento della routine e per effettuarne il debugging, que-st’ultima `e stata inizialmente testata con un modello FE formato da un elemento singolo di Fig. 2.11, con cui sono stati riprodotti i cicli monoassiali. Il modello consiste in un cubo a cui vengono applicati 3 supporti senza attrito e un carico. Lo scopo `e trovare la risposta uniassiale del modello verificando che per una data σ si ottenesse una  corretta e viceversa. Il risultato `e stato coerente con le aspettative.

(42)

Supporto

senza attrito

Forza o

spostamento

y

x

z

Figura 2.11: Impostazione del modello agli elementi finiti con elemento singolo utilizzato per testare l’implementazione del modello costitutivo.

Il modello costitutivo `e stato utilizzato per simulare l’autoforzamento in condi-zioni open-end del cilindro di Fig. 1.3 applicando e poi rimuovendo una pressione interna p = 750 MPa. Nella Fig. 2.12 vengono messi a confronto gli andamen-ti della tensione residua circonferenziale σθθ(r) calcolati utilizzando il modello

sviluppato e un modello elastico-perfettamente plastico. Si nota che il modello formulato ha catturato la riduzione della tensione di snervamento inversa in pros-simit`a del diametro interno e che il profilo di tensione residua circonferenziale `e qualitativamente in linea con i profili evidenziati in letteratura [5, 7, 44, 45]. Un modello elastico-perfettamente plastico con comportamento analogo nella fase di carico tende a sovrastimare il picco di compressione. La differenza dei due valori di tensione stimati sulla superficie interna σθθ(a) evidenzia inoltre che tener conto

dell’effetto Bauschinger `e fondamentale per valutare correttamente la vita a fatica e la resistenza statica allo snervamento di un recipiente in pressione autoforzato.

(43)

0.0

0.2

0.4

0.6

0.8

1.0

-500

-400

-300

-200

-100

0

r - a

b - a

σ

θθ

(MPa

)

Bauschinger Elastico-Perfettamente Plastico

Figura 2.12: Confronto tra i profili di tensione residua circonferenziale σθθ(r)

(44)

3

Definizione del metodo

del-l’ISD

3.1

Premessa

In questo capitolo vengono presentati gli aspetti teorici e numerici relativi alla for-mulazione del metodo dell’ISD. Nel Par. 3.2 vengono fatte alcune considerazioni sulla natura deviatorica dello stato di deformazione plastica indotto dall’autofor-zamento, basandosi sui risultati della simulazione presentata nel Par. 2.6. Nel Par. 3.3 si definisce prima l’impianto teorico funzionale alla definizione delle funzioni di influenza (gi`a citate nel Cap. 1) e in seguito una procedura, basata su una se-rie di modelli FE, finalizzata ad ottenerne un’approssimazione numerica. Nel Par. 3.4.1 e nell’Appendice A.1 vengono discussi in dettaglio gli aspetti del modello FE, mentre nel Par. 3.4.2 viene mostrato un metodo, basato sulle spline, per costruire la funzione di influenza a partire dai risultati dei modelli FE. La ISD viene infine ottenuta attraverso un processo di soluzione che coinvolge le funzioni di influenza e le misure estensimetriche (Par. 3.5 e Appendice A.2). L’autoconsistenza del procedimento complessivo `e stata poi verificata in un esperimento simulato (Par. 3.6).

3.2

ISD tipica di un cilindro autoforzato

Come anticipato nel Cap. 1 il metodo dell’ISD `e stato applicato al caso del ci-lindro autoforzato facendo l’ipotesi che il campo di deformazione plastica indotto dall’autoforzamento fosse l’unica deformazione iniziale e, pertanto, l’unica fonte di

(45)

misurate non dipendano dalla coordinata angolare θ. Inoltre la geometria del ci-lindro di Fig. 1.3 suggerisce che nella sua regione centrale, oggetto della misura di ISD, si verifichino condizioni vicine allo stato piano di deformazione. Questo implica che le sezioni normali all’asse del cilindro rimangono piane e parallele du-rante e dopo l’autoforzamento e che quindi l’allungamento assiale del cilindro `e trascurabile. Sulla base di queste considerazioni `e stata fatta l’ipotesi che tutte le quantit`a misurate dipendano solo da r.

Per avere un’idea di come `e fatto il campo di ISD nella Fig. 3.1 viene mostrato il campo di deformazione plastica corrispondente al campo di tensione circonfe-renziale residua rappresentato nella Fig. 2.12. La Fig. 3.1 mostra la componente radiale (p)rr (r), la componente circonferenziale (p)θθ (r) e la componente assiale (p)zz (r)

del campo di deformazione plastica. Si nota che l’ipotesi di plane strain `e confer-mata, visto che nelle regioni di interesse (p)zz (r) `e pi`u di un ordine di grandezza

inferiore rispetto a (p)rr (r) e (p)θθ(r). `E comunque interessante notare che condizioni

di stato piano di deformazione complessiva non impediscono la presenza di una deformazione plastica assiale, anche se di ridotta entit`a. Si nota inoltre che, data la legge di flusso plastico adottata nel modello di plasticit`a (Eq. 2.2), il volume si conserva e, pertanto, il campo di ISD `e deviatorico. Se si trascura (p)zz(r), vale la

seguente equazione: (p)θθ (r) = −(p)rr(r).

3.3

Applicazione del metodo dell’ISD

3.3.1

Ipotesi generali

In questa sezione `e stato considerato un cilindro con ISD assialsimmetrica origi-nata dal processo di autoforzamento. Lo scopo della procedura `e ottenere l’ISD, e di conseguenza le tensioni residue, praticando un taglio radiale progressivo e mi-surando ed elaborando le distorsioni conseguenti.

(46)

0.0

0.2

0.4

0.6

0.8

1.0

-0.3

-0.2

-0.1

0.0

0.1

0.2

0.3

r - a

b - a

ϵ

(P )

(%)

Bauschinger Elastico-Perfettamente Plastico

ϵ

θθ(P)

ϵ

rr(P)

ϵ

zz(P)

Figura 3.1: Componenti di deformazione plastica (p)rr(r), (p)θθ (r), (p)zz (r) ottenuti

dal modello FE del cilindro autoforzato, utilizzando due modelli costitutivi.

L’ISD `e un campo tensoriale che, rappresentato nelle coordinate cilindriche r, θ e z, `e indicato come E(I)(r, θ, z). In base a quanto detto nel Par. 3.2, per la regione centrale del cilindro1, si pu`o assumere che E(I) dipenda2 solo da r e, in generale, pu`o essere scritto come segue (Eq. 3.1):

E(I) =    (I)rr(r) 0 0 0 (I)θθ(r) 0 0 0 (I)zz(r)    (3.1)

dove (I)rr, (I)θθ e (I)zz sono rispettivamente le componenti radiale, circonferenziale e

assiale. Siccome l’ISD ha origine plastica si fa l’ipotesi che la traccia della matrice sia nulla: tr(E(I)) = 0. Inoltre, come verificato nel Par. 3.2, dato che (I)zz `e molto

1e per qualunque regione sufficientemente lontana dai bordi.

2Si fa presente che, come ulteriore conseguenza della assialsimmetria sia della geometria sia del

trattamento, il sistema di coordinate cilindriche r, θ, z `e principale per tutte le quantit`a coinvolte, incluso E(I).

(47)

E(I) = (I)(r)    1 0 0 0 −1 0 0 0 0    (3.2)

L’ipotesi espressa nell’Eq. 3.2 `e un’assunzione forte, che non si pu`o estendere ad altri processi finalizzati a indurre tensioni residue poich´e, in altri casi, potrebbe rendere la base di ISD incompleta. Tuttavia nel caso specifico dell’autoforzamento, l’analisi tridimensionale FE presentata nel Par. 3.2 ha indicato che nel cilindro autoforzato l’ISD `e prevalentemente deviatorica e le componenti circonferenziale e radiale sono effettivamente dominanti, come mostrato nella Fig. 3.1, considerando o meno l’effetto Bauschinger. L’ipotesi dell’Eq. 3.2 riduce formalmente il campo di deformazione a una singola funzione scalare incognita e consente di effettuare la misura utilizzando un solo taglio radiale.

L’ipotesi (I)zz = 0 poteva anche essere dedotta dal fatto che la deformazione

plastica legata all’autoforzamento `e dominata dalle componenti circonferenziale e radiale, quando le condizioni sono vicine al plane strain generalizzato [1, 2] e il cilindro `e autoforzato in condizioni open-end. L’ipotesi di plane strain andrebbe comunque riconsiderata nel caso in cui il cilindro non fosse autoforzato in condizioni open-end oppure avesse una lunghezza assiale simile o comparabile al raggio interno o allo spessore radiale.

3.3.2

Legame tra ISD e le misure di distorsione

Nel metodo del taglio progressivo, viene praticato un taglio in modo graduale, generalmente a partire dalla superficie del corpo in esame. Lo scopo `e rilassa-re progrilassa-ressivamente tutte le tensioni interne al corpo agenti sulle facce del ta-glio [27,44,45,48]. Il rilassamento di queste tensioni produce conseguenti distorsioni nel corpo, che vengono misurate e correlate, nel metodo classico del taglio progres-sivo, al campo di tensioni residue originario. Nel metodo dell’ISD le deformazioni

(48)

rilassate vengono correlate al campo di deformazione iniziale. La variazione della geometria associata alle distorsioni deve essere misurata accuratamente con oppor-tuni dispositivi. Tipicamente (come anche nel presente lavoro) vengono eseguite misure di deformazione con estensimetri [15, 21, 27, 39, 40, 49]. Per quantificare il legame tra la deformazione misurata e la ISD (o la tensione residua), `e necessario impostare una serie di modelli FE del corpo in esame con il taglio, per diverse pro-fondit`a s di quest’ultimo. Questa serie di calcoli `e solitamente onerosa dal punto di vista computazionale, poich´e, anche nei corpi geometricamente pi`u semplici, il taglio (o i tagli) rompe la condizione di assial-simmetria e rende il modello pi`u complesso.

e(s)

s

Figura 3.2: Generica misura di deformazione svolta durante il taglio progressivo.

Se si ammette che il rilassamento delle tensioni dovuto al procedere del ta-glio produca effetti plastici trascurabili, pu`o essere applicata la sovrapposizione degli effetti e il legame tra deformazioni misurate e ISD pu`o essere costruito con equazioni lineari. La validit`a di questa ipotesi `e stata, per il presente caso, verifi-cata a posteriori con un modello basato sulla meccanica della frattura che assume cautelativamente il taglio come una fessura ideale. I dettagli sono riportati nel-l’Appendice A.3.

La procedura per elaborare le misure di distorsione nel metodo dell’ISD per il caso del cilindro autoforzato `e molto simile a quella descritta in [39]. Nel Par. 3.3.1 la ISD `e stata ridotta a una funzione scalare incognita, che dipende solo dalla coordinata radiale (I)(r). Come mostrato schematicamente nella Fig.3.2, in

linea di principio una singola misura di distorsione3 sarebbe sufficiente a ricostruire l’ISD. Infatti, come conseguenza del principio di sovrapposizione degli effetti, la

(49)

integrale di Fredholm:

e(s) = Z b

a

W (r, s)(I)(r)dr (3.3)

Il kernel, o Funzione di Influenza (Influence Function-IF), W (r, s) dipende princi-palmente dalla geometria (deve tener conto del corpo in esame, della geometria del taglio e della posizione degli estensimetri) e deve essere valutata al fine di risolvere l’equazione. Una procedura per ottenere un’approssimazione numerica della IF `e presentata nel Par. 3.4.

In ogni caso, come anticipato, anche se fosse possibile calcolare la IF in ma-niera esatta, la procedura di soluzione (numerica) dell’equazione integrale 3.3 `e mal-condizionata, come per molti altri problemi simili. Questo avviene perch´e la IF, in determinate zone (per certi intervalli di r) pu`o assumere valori molto ridotti. Una IF vicina a zero in una determinata zona implica che l’intensit`a della ISD in tale zona, qualunque valore abbia, produce effetti molto ridotti sulla distorsione misurata. Se il valore previsto `e dello stesso ordine di grandezza, per esempio, delle incertezze numeriche del processo di soluzione o del rumore associato al dispositivo di misura, la soluzione dell’equazione integrale diventa sostanzialmente impossibi-le. Al contrario, se il valore numerico della IF `e sufficientemente alto in una data zona, `e possibile ricostruire la ISD locale servendosi della misura. Ne consegue che, se viene impiegato un numero sufficiente di estensimetri, opportunamente collo-cati, `e possibile ”coprire” l’intero dominio di interesse. La stessa conclusione vale in relazione alla profondit`a di taglio a cui si effettuano le acquisizioni: il valore della IF per un estensimetro per una certa profondit`a di taglio s indica se quella informazione pu`o essere utile alla risoluzione del problema.

Visto lo scarso condizionamento del problema, tutte le quantit`a coinvolte nella soluzione dell’Eq. 3.3, sia misurate sia calcolate, devono essere determinate con la massima accuratezza e il processo di taglio deve essere monitorato in maniera

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