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Il momento angolare orbitale della luce

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Academic year: 2021

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Il momento angolare orbitale della luce

Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali Corso di Laurea in Fisica

Candidato Pierpaolo Bilotto Matricola 1715475

Relatore

Prof. Tullio Scopigno

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Tesi discussa il 22 ottobre 2018

di fronte a una commissione esaminatrice composta da: Prof. Eugenio Del Re

Prof. Claudio Conti

Il momento angolare orbitale della luce

Tesi di Laurea. Sapienza – Università di Roma © 2018 Pierpaolo Bilotto. Tutti i diritti riservati

Questa tesi è stata composta con LATEX e la classe Sapthesis. Email dell’autore: bilotto.1715475@studenti.uniroma1.it

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ii

Indice

1 Introduzione 1

2 Il momento angolare del campo elettromagnetico classico 3

2.1 Il campo elettromagnetico . . . 3 2.2 Simmetrie e quantità conservate . . . 6 2.3 Momento angolare intrinseco ed estrinseco . . . 8

3 Il punto di vista quantistico: il momento angolare del fotone 10

3.1 Il vettore di Riemann-Silberstein . . . 10 3.2 Il fotone in meccanica quantistica . . . 13 3.3 Separazione di momento angolare orbitale e di spin . . . 16

4 L’OAM nella pratica 19

4.1 Lamine a spirale . . . 20 4.2 Le q-plate: conversione tra SAM e OAM . . . 21

5 Conclusioni 24

A Proprietà del vettore di polarizzazione complesso 25

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1

Capitolo 1

Introduzione

A chi si lamenta che d’inverno ci sono solo poche ore di luce un fisico risponderebbe che, in realtà, tutte le onde elettromagnetiche - dai segnali radio ai raggi γ - non sono dissimili da ciò che comunemente consideriamo luce: in questo senso la luce permea tutti i processi naturali, anche al calar delle tenebre. E così, una volta compresane la capillarità, le applicazioni tecniche delle onde elettromagnetiche si sono moltiplicate, travolgendo tanto il panorama della fisica quanto la vita quotidiana.

Ormai si pensava di conoscere tutto della luce, quando negli anni ’70 una proprietà ancora inesplorata ha ridestato l’interesse della comunità scientifica: il momento angolare

orbitale della luce ancora riserva dubbi e possibili applicazioni[FAAP18].

Quest’elaborato si propone di mostrare il panorama attuale di conoscenze sulla luce al fine di introdurre e chiarire il significato di momento angolare orbitale.

In meccanica classica si possono combinare le relazioni di Maxwell (che riassumono in quattro righi tutto l’elettromagnetismo) per ottenere un’equazione delle onde alla cui soluzione viene dato il nome di radiazione elettromagnetica, o luce. La meccanica quantistica (MQ), d’altro canto, introduce il concetto di fotone come unità fondamentale del campo elettromagnetico, che ha quindi tutte le proprietà di un’onda completa ma non è ulteriormente divisibile. Da queste due descrizioni emerge la dualità onda-particella della luce: è un’onda in quanto manca di un’esatta determinazione spaziale (e di impulso) ed è soggetta a fenomeni di interferenza e diffrazione; è una particella e quindi può essere distinta dalle altre e porta un pacchetto discreto di energia. Nelle prossime pagine si cercherà di esporre entrambi gli aspetti, evidenziando i punti salienti dei ragionamenti che portano a dedurre le proprietà matematiche delle onde elettromagnetiche e in seguito dei quanti di luce.

Dall’invarianza per rotazioni del campo elettromagnetico si deriva una quantità con-servata assimilabile ad un momento angolare. In effetti l’evidenza sperimentale mostra l’esistenza di una polarizzazione intrinseca della luce, attribuita ad una quantità formal-mente identica ad un momento angolare, che prende il nome di spin (in inglese Spin Angular Momentum, o SAM). La meccanica quantistica assegna una componente longitu-dinale J · k/|k| = ~σ di spin ad un fotone di energia ~ω e impulso ~k, dove σ = ±1 per polarizzazione circolare rispettivamente sinistrorsa e destrorsa.

Alle frequenze nel visibile, tuttavia, l’idea che un fotone sia rappresentato da una singola onda piana di frequenza ω e vettore d’onda k è poco credibile. Sarebbe più correttamente descritto dalla sovrapposizione di svariate onde piane con frequenze e vettori d’onda diversi[AML10]. Una tale struttura, molto più elaborata, del campo della luce

(5)

2

potrebbe portare un momento angolare estrinseco, cioè dipendente dalla configurazione spaziale dell’onda.

Benchè raro nella vita quotidiana, il fenomeno dell’OAM si manifesta a chiunque osservi le macchie scure che produce un laser diffuso da una superficie ruvida: ovviamente i punti scuri non trasportano momento angolare né energia, ma la luce nelle immediate vicinanze ha un fronte d’onda elicoidale e trasporta OAM.

Solo negli anni ’90 sono state riportate evidenze sperimentali[AP11] di un momento

angolare orbitale (in inglese Orbital Angular Momentum, o OAM): i ricercatori hanno

pro-vato che un raggio luminoso di Laguerre-Gauss, con asse di propagazione z e fronte d’onda descritto da [x + iy sign(`)]|`|, possiede un OAM di ~` per fotone, con ` ∈ {0, ±1, ±2, . . . }. La scoperta ha acceso nuove speranze nel mondo della ricerca, aprendo la strada a un numero di possibili utilizzi[Gö17].

• Nuove prove della meccanica quantistica: si può estendere il paradosso EPR all’OAM e creare sistemi con entanglement in più dimensioni con efficacia maggiore. È stato inoltre dimostrato un equivalente angolare del principio di indeterminazione ∆θ∆` ≥ ~/2.

• Intrappolamento atomico: si possono addensare molti atomi, o produrre un condensato di Bose-Einstein, nella zona di buio al centro di un raggio, sfruttando la repulsione delle zone ad alta intensità luminosa.

• Codifica nelle comunicazioni: mentre lo spin può assumere solo due valori, l’OAM può assumere tutti gli interi, aggiungendo una ricchezza infinita di lettere in un alfabeto di cifratura e permettendo, inoltre, nuovi canali di comunicazione.

• Light tweezers (pinzette ottiche): trasferendo momento angolare alla materia, un raggio ben focalizzato può agire da pompa in un fluido e trascinare micro particelle dielettriche.

• Imaging ottico, effetto spin-Hall, entanglement luce-materia, etc.

Nel Capitolo 2, partendo dalle equazioni di Maxwell si rielabora l’elettromagnetismo in forma relativisticamente covariante al fine di sviluppare la teoria di campo che, studiando le simmetrie del sistema rileva l’esistenza di una quantità conservata legata alle rotazioni spaziali. Saranno riconoscibili a vista le componenti intrinseca ed estrinseca conservate separatamente, tuttavia si rileverà il problema dell’arbitrarietà di scelta della Gauge, che potenzialmente rimescola le componenti.

Nel Capitolo 3 si introdurrà il punto di vista quantistico: si scoprirà la corrispondenza tra lo sviluppo di Fourier di un vettore che riassume il campo elettromagnetico con la funzione d’onda di un elettrone nella rappresentazione delle coordinate. Scoprendo che in una tale rappresentazione la scelta della Gauge non influenza la forma del momento angolare, si procederà alla corretta separazione della parte di spin da quella orbitale.

Nel Capitolo 4 sarà illustrato sommariamente il funzionamento del momento angolare orbitale, soffermando l’attenzione sulla q-plate, una lamina ottica che fa dell’anisotropia e della disomogeneità proprietà fondamentali per la conversione di SAM in OAM.

(6)

3

Capitolo 2

Il momento angolare del campo

elettromagnetico classico

2.1

Il campo elettromagnetico

La formulazione classica del campo elettromagnetico può essere riassunta dalle relazioni ricavate da J. C. Maxwell nella seconda metà del XIX sec. Le equazioni di Maxwell legano il campo elettrico E, il campo magnetico B, la densità di carica elettrica ρ e di

corrente elettrica j = ρv. ∇ · E = ρ 0 , (2.1a) ∇ · B = 0, (2.1b) ∇ × E = −∂B ∂t , (2.1c) ∇ × B = µ0  j + 0 ∂E ∂t  . (2.1d)

La quantità di moto p e la densità di energia u sono legate al campo elettromagnetico dalle relazioni

˙p = e (E + v × B) , ε = e v · E.˙ (2.2) In assenza di cariche libere, ricombinando opportunamente le equazioni di Maxwell si possono ottenere due equazione delle onde. Facendo il rotore della 2.1c (oppure della 2.1d), al primo membro si sfrutta la relazione ∇ × (∇ × f ) = ∇(∇ · f ) − ∇2f e si usa la

2.1a (2.1b), mentre al secondo membro si sostituisce la 2.1d (2.1c). Si ottengono così le equazioni 2E ∂t2 = c 22E, e 2B ∂t2 = c 22B, (2.3)

che descrivono un onda di campo elettrico e magnetico che viaggia con la velocità della luce c (che sarà presa unitaria di qui in avanti). È dunque naturale aspettarsi che le equazioni di Maxwell siano invarianti per trasformazioni di Lorentz, ma questo non è evidente nella forma delle 2.1a – 2.1d. Al fine di lavorare con oggetti che siano covarianti a vista si introduce il tensore elettromagnetico Fµν definito delle relazioni

F00= 0, Fı0= −F0ı= Eı, Fı= −ıkBk ↔ Bı= − 1 2ıkF k, (2.4)

(7)

2.1 Il campo elettromagnetico 4

e la quadri-corrente definita come

j(x)µ=X r er Z γr δ4(x − yr) dyµr →        j0(t, x) =X r erδ3(x − yr(t)) = ρ j (t, x) =X r erv3(x − yr(t)) avendo indicato con er la carica della particella r-esima[Lec14].

Le equazioni dell’elettromagnetismo in forma covariante sono

µνρσ∂νFρσ = 0, (2.5a)

∂µFµν = jν, (2.5b)

dpµr dsr

= erFµνUrν, (2.5c)

dove Ur= γ(c, vr) è la quadri-velocità della particella r-esima.

L’equazione 2.5a è detta identità di Bianchi ed equivale alle due equazioni di Maxwell omogenee. Considerando solo le componenti spaziali µ = ı la 2.5a diventa

ıνρσ∂νFρσ= ı0k∂0Fk + ı0k∂F0k+ ık0∂Fk0=

= −ık∂0Fk+ 2ık∂F0k= 2(∂0Bı+ ık∂Ek) = 0

che è la terza equazione di Maxwell (equazione 2.1c) per componenti. Considerando solo la parte temporale µ = 0 invece si ottiene

0νρσ∂νFρσ= ık∂ıFk = −2∂ıBı= 0 che equivale alla seconda equazione di Maxwell (equazione 2.1b).

L’equazione 2.5b sintetizza le due equazioni di Maxwell non omogenee: la parte spaziale

µ = ı diventa

∂µFµı= ∂0F0ı+ ∂Fı= −∂0Eı+ ık∂Bk= jı

cioè la quarta equazione di Maxwell (equazione 2.1d) per componenti; la parte temporale invece dà

∂µFµ0= ∂0F00+ ∂F0 = ∂E= j0 = ρ che equivale alla prima equazione di Maxwell (equazione 2.1a).

In ultimo, esplicitando l’intervallo relativistico ds = dt/γ e la quadri-velocità U nella 2.5c si riottengono le relazioni 2.2: in particolare, la parte spaziale si riscrive come

dpı ds = 1 √ 1 − v2 dpı dt = eF ıνU ν = e(Fı0U0+ FıU) = e(Eı+ ıkBkv) 1 − v2

che è la prima delle 2.2 scritta per componenti; dalla parte temporale invece si ottiene dp0 ds = 1 √ 1 − v2 dt = eF U ν = e(F00U0+ F0U) = eEv1 − v2

che equivale alla seconda delle 2.2.

Volendo derivare l’elettromagnetismo da principi variazionali, la scelta ovvia è dare

alle relazioni di Maxwell il ruolo di "equazioni del moto", per le loro proprietà di

invarianza relativistica. Tali equazioni sono del primo ordine, mentre nella formulazione lagrangiana o hamiltoniana le equazioni del moto sono del secondo ordine. Ne consegue

(8)

2.1 Il campo elettromagnetico 5

che la lagrangiana L non può essere scritta in soli termini del tensore Fµν, che tra l’altro costituirebbe solo sei delle otto equazioni cercate. È utile notare che ogni campo della forma

Fµν = ∂µAν − ∂νAµ (2.6)

è soluzione dell’identità di Bianchi (equazione 2.5a) in quanto il tensore di Levi-Civita è antisimmetrico mentre l’hessiano è simmetico. In questo senso i campi Aµ sono potenziali del campo elettromagnetico. Viene naturale definire il potenziale del campo magnetico come il campo vettoriale che verifica

B = ∇ × A

di modo che soddisfi automaticamente l’equazione 2.1b. Con una tale scelta la 2.1c diventa ∇ ×E +∂A∂t, che è automaticamente verificata se si introduce un potenziale scalare ϕ tale che

E = −∇ϕ − ∂A

∂t.

Procedendo in questo modo si può assemblare il quadri-potenziale A = (ϕ, A) che si verifica essere in accordo con la 2.6. Si nota subito come i potenziali A e ϕ non siano definiti univocamente dalla scelta fatta, in effetti sotto una trasformazione

A0µ= Aµ− ∂µχ →      A0 = A + ∇χ ϕ0 = ϕ −∂χ ∂t

con χ(t, x) generica, i campi E e B rimangono invariati. Una tale trasformazione è detta

di Gauge e in seguito sarà utile approfondirne il significato fisico.

Al fine di determinare una corretta espressione per la lagrangiana L del campo

elettromagnetico Aµ, si confronta la forma delle equazioni del moto

∂µ ∂L ∂(∂µAν) − ∂L ∂Aν = 0.

con quella ricercata delle equazioni di Maxwell in 2.5b (l’equazione 2.5a è automaticamente soddisfatta dalla definizione del tensore elettromagnetico come nella 2.6). Per confronto dei due termini si determina

L = −1 4F

µνF

µν− jνAν (2.7)

che produce le equazioni cercate, infatti

δL = −1 4(F µνδF µν+ δFµνFµν) − jνδAν = − 1 2F µνδF µν − jνδAν = = −1 2F µνδ(δ∂ µAν− ∂νAµ) − jνδAν = −Fµνδ(∂µAν) − jνδAν.

(9)

2.2 Simmetrie e quantità conservate 6

2.2

Simmetrie e quantità conservate

In una teoria in cui le equazioni del moto siano fatte discendere da un principio

va-riazionale, le simmetrie di un sistema fisico giocano un ruolo chiave nel definire le costanti del moto. In questo senso, un risultato importante della meccanica razionale è

il teorema di Noether, che torna utile nello studio del momento angolare di un oggetto particolare come la luce, se non altro perché in genere sembra procedere in linea retta.

Il principio variazionale si basa sull’idea che il moto di un sistema tra due iper-superfici Γi e Γf dello spazio delle fasi è quello che minimizza una quantità I detta azione

I = Z

L d4x.

Operativamente, si impone che, per ogni variazione arbitraria del campo δψν che si annulli agli estremi δψν(xµ) Γi = 0 = δψν(xµ) Γf ,

la lagrangiana sia stazionaria (δL = 0). Si ottengono così le equazioni di Eulero-Lagrange

∂µΠµν

∂L ∂ψν

= 0 (2.8)

che fanno da equazioni del moto, in quanto legano in una relazione dipendente dalla lagrangiana L ciascuna componente del campo ψν con il suo impulso coniugato

Πµν = ∂L

∂(∂µψν)

. (2.9)

Teorema di Noether. Sia data una teoria di campo la cui dinamica discenda dall’azione I =R

L d4x; se la lagrangiana L è invariante per una trasformazione ad un parametro, esiste una corrente conservata ∂µJµ= 0, purché il campo soddisfi le equazioni

di Eulero-Lagrange (equazione 2.8).

In relatività ristretta le trasformazioni rilevanti sono quelle del gruppo di Poincaré

→ Λµνxµ+ aµ

dove aµ sono quattro parametri che danno luogo alle traslazioni nello spazio e nel tempo, mentre Λµν = δµν + gµαωαν è una trasformazione del gruppo di Lorentz che genera le rotazioni nello spazio-tempo dipendenti dai sei parametri φ, u, V

tt − V · x,

xx − V t + φ ˆu × x,

essendo il tensore ωµν definito come

ω00= 0,

ωı0= −ω0ı= Vı,

ωı= φ ıkuk, |u| = 1,

dove φ è l’angolo di rotazione intorno all’asse u e V è la velocità relativa tra due sistemi di riferimento.

(10)

2.2 Simmetrie e quantità conservate 7

Nella pratica il teorema di Noether permette di definire per ciascuno dei dieci parametri di una trasformazione di Poincaré, per cui la lagrangiana è invariante, una corrente conservata. La variazione della lagrangiana sotto una generica trasformazione di Poincaré ha la forma δL = δψν ∂L ∂ψν − ∂µΠµν  − aν∂µTeµν+ 1 2ωαβ∂µMf µαβ = 0. (2.10)

Quando è soddisfatta l’equazione di Eulero-Lagrange (equazione 2.8), la parte in parentesi è nulla e, affinché l’equazione 2.10 sia soddisfatta per ogni scelta dei parametri aν e ωαβ, devono annullarsi i termini

∂µTeµν = 0 → t Z V e T0ν dx = − Z V ∇ ·Te ν dx = − I ∂V e Tν· dS, (2.11a) ∂µMfµαβ = 0 → t Z V f M0αβ dx = − Z V ∇ ·Mf αβ dx = − I ∂V f Mαβ · dS, (2.11b) che rappresentano dieci equazioni di continuità. La corrente conservata nella 2.11a è il

tensore energia-impulso canonico e

Tµν = Πµρ∂νψρ− gµνL. (2.12) Nella 2.11b compare invece il tensore densità di momento angolare canonico antisimmetrico

f

Mµαβ = xαTeµβ− xβTeµα+ ΠµρΣαβ σρ ψσ, Mfµαβ = −Mfµβα. (2.13) Le quantità classiche energia e impulso, momento angolare e boost si definiscono come

E = Z e T00 dx, (2.14a) = Z e T0ıdx, (2.14b) = 1 2 ıkJk = 1 2 ıkZ f M0k dx, (2.14c) = Z f M00ı dx, (2.14d)

Dalle 2.11a, 2.14a e 2.14b deriva la conservazione dell’energia E , per quanto riguarda la parte temporale, e delle tre componenti del momento lineare coniugato P , dalla parte spaziale. Dalle 2.11b, 2.14c e 2.14d discende la conservazione delle sei componenti del momento angolare J e del boost K.

Dalle definizioni 2.12, 2.9 e 2.7 si ricava la forma del tensore energia-impulso per il campo elettromagnetico libero (jµ= 0)

e

Tµν = −Fµγ∂νAγ+1 4g

µνFαβF

αβ. (2.15)

Sapendo che per un campo vettoriale Aµ vale

Σαβ σρ = δαρgβσ− δβρgασ,

dalle 2.13, 2.15 e 2.9 si ottiene il tensore densità di momento angolare del campo elettromagnetico

f

(11)

2.3 Momento angolare intrinseco ed estrinseco 8

Data la dipendenza esplicita dal campo Aµ dei tensori Teµν e Mµαβ, questi non sono

invarianti di Gauge. Una soluzione consiste nel definire un tensore energia-impulso Tµν =Teµν+ ∂ρfρµν = FµαFαν +

1 4g

µνFαβF

αβ (2.17)

(con fρµν = −fµρν antisimmetrico nei primi due indici) che sia simmetrico e generi gli stessi E e P . La stessa strategia si applica alla densità di momento angolare

Mµαβ =Mfµαβ+ ∂ρΛρµαβ = xαTµβ− xβTµα (2.18) che genera le stesse correnti J e K solo a patto che Λρµαβ si annulli all’infinito. Svolgendo il calcolo esplicitamente per un onda piana Aµ(rµ) = eµ(k)eik·r+ c.c. si ottiene J = 0, contro le evidenze sperimentali: l’errore sta nell’aver considerato il campo, e di conseguenza Λρµαβ, nullo all’infinito anche per un onda piana.

Se si rinuncia ad ottenere quantità Gauge-invarianti e simmetriche, occorre identificare la Gauge adatta in cui le equazioni rispecchino la situazione descritta dall’esperienza.

2.3

Momento angolare intrinseco ed estrinseco

Una formula esplicita per il momento angolare del campo elettromagnetico libero si ottiene sostituendo la 2.16 nella definizione 2.14c

= 1 2 Z ıkxTe0k− xkTe0+ F0Ak− Fk0A  dx = = Z ıkxTe0k+ F0Ak  dx. (2.19)

Si distinguono a colpo d’occhio due contributi nell’integrale: una parte che dipende esplicitamente dalle coordinate e prende il nome di momento angolare orbitale Jo, un’altra che invece dipende solo dal campo e prende il nome di spin Js.

Esplicitando il tensore energia-impulso (equazione 2.15) nella parte orbitale e tenendo conto che il tensore metrico ha elementi fuori diagonali nulli, si ottiene

Joı = Z ıkxTe0k dx = Z ıkx  F0γ∂kAγ−1 4g k0FαβF αβ  dx = = Z F0γıkx∂kAγ dx = Z E`ıkx∂kA` dx che in forma vettoriale si scrive

Jo = Z

E`(x × ∇)A` dx. (2.20)

Per la parte di spin si trova

Jsı = Z ıkF0Ak dx = Z ıkEAk dxJs= Z E × A dx. (2.21) La conservazione del momento totale J è assicurata dal teorema di Noether, invece

l’utilizzo della Gauge di Coulomb, in cui ϕ = 0 e ∇ · A = 0, garantisce la conser-vazione delle componenti orbitale e di spin separatamente. Utilizzando la 2.1c in

(12)

2.3 Momento angolare intrinseco ed estrinseco 9

assenza di cariche e sfruttando E × E = 0, la conservazione del momento angolare di spin si riscrive come dJs dt = Z dE dt × A + E × dA dt  dx = Z (−∇ × B) × A dx − Z E × E dx = = Z [∇ × (∇ × A)] × A dx = Z [∇(∇ · A) − ∇2A] × A dx

Il primo termine è nullo per la Gauge di Coulomb, il secondo si può integrare per parti ottenendo ∂tJsı = Z ık∂`∂`AAk dx = − Z ık∂`A∂`Ak dx = 0,

per simmetria. Dalla conservazione di Js e di J = Jo+ Jsdiscende anche la conservazione del momento angolare orbitale Jo.

Rimane da spiegare perché tra le tante possibili sia proprio la Gauge di Coulomb quella in cui i momenti angolare di spin e orbitale sono conservati.

(13)

10

Capitolo 3

Il punto di vista quantistico: il

momento angolare del fotone

Il problema della scelta di una Gauge entro la quale il momento angolare J sia scomponibile in due oggetti, uno intrinseco S e uno estrinseco P , che siano a loro volta momenti angolari conservati, è risolvibile nel contesto della meccanica quantistica (MQ) spostando la descrizione nello spazio dei momenti.

Si esprimono le componenti del momento angolare in 2.20 e 2.21 in serie di Fourier, come suggerito da [Dar32]

Jo = Z (x × ∇)Aıdx = −2i Z Eı(k)(k × ∇k)Eı(k)dk ω , (3.1a) Js= Z E × A dx = −2i Z E(k) × E(k)dk ω , (3.1b)

dove E(k) è una componente dello sviluppo in onde piane

E(t, x) =

Z 

E(k)e−iωt+ik·x+ c.c. dk

(2π)3/2. (3.2)

3.1

Il vettore di Riemann-Silberstein

Introdotto ufficialmente in [BB96], il vettore di Riemann-Silberstein (RS) è un ulteriore rappresentazione del campo elettromagnetico. Si costruisce il tensore antisimmetrico

Fµν = 1 2



Fµν+ i ˘Fµν (3.3)

come combinazione lineare del tensore elettromagnetico (equazione 2.4) e del suo duale1 ˘

Fµν. Il tensore Fµν è auto-duale, cioè gode della proprietà ˘Fµν = −i Fµν. Essendo antisimmetrico e auto-duale, solo tre delle componenti di Fµν sono indipendenti: a partire da queste si definisce il vettore RS Fı= Fı0= −iıkFk, che è legato ai campi elettrico e magnetico dall’uguaglianza

F = √1

2(E + iB). (3.4)

Dalla definizione 3.3 segue immediatamente l’espressione delle equazioni di Maxwell 2.5b e 2.5a in funzione di F

∂F

∂t = −i∇ × F e ∇ · F = 0.

1

Il duale di un tensore Tµν è definito come ˘Tµν

(14)

3.1 Il vettore di Riemann-Silberstein 11

Le quantità classiche si possono riscrivere in funzione di F , sostituendo i

tensori simmetrici 2.17 e 2.2 nelle definizioni 2.14a – 2.14d. L’energia si riscrive E = Z  F0γ0−1 4F αβF αβ  dx = Z  E2+ 1 42(B 2− E2)dx = = 1 2 Z  E2+ B2 dx = Z F∗· F dx. (3.5)

Poiché nella Gauge scelta A0= 0, l’impulso si riscrive = − Z F0γ∂ıAγ dx = − Z (∂0Aγ− ∂γA0)∂ıAγ dx = − Z E∂ıA dx,

si può aggiungere il termine E∂Aı poiché integrato per parti produce la divergenza di E, che è nulla per il campo libero (si veda la 2.1a). Risulta quindi

Z E(∂Aı− ∂ıA) dx = Z EFı dx = Z EıkBk dx = Z (E × B)ı dx = Z Pı dx, da cui si vede che il vettore di Poynting P, che rappresenta il flusso d’energia del campo per unità di superficie e di tempo, è per la luce una densità di impulso. In forma vettoriale si ha P = Z E × B dx = 1 2i Z F∗× F dx. (3.6)

Il momento angolare si riscrive

= Z ıkxTok dx = Z [x × (E × B)]ı dxJ = 1 2i Z x × (F× F ) dx. (3.7) Infine, il boost al tempo t = 0 si riscrive

K = Z [x0(E × B) − xT00] dx = 1 2 Z x(E2+ B2) dx = Z x(F· F ) dx. (3.8) Poiché tutte le componenti del tensore elettromagnetico soddisfano l’equazione delle onde nel vuoto, il tensore Fµν può essere sviluppato in onde piane

Fµν = Z

R+

eµν(k) 

fL(k)e−iωt+ik·x+ fR(k)eiωt−ik·x

 dk

2ω(2π)3, (3.9)

dove k è il vettore d’onda, di modulo ω = |k| e direzione n = k/ω, e i termini fL e

fR indicano rispettivamente i contributi per frequenze positive e negative2, che infatti dipendono dal tempo attraverso il fattore exp(∓iωt) [BBBB75].

Poiché Fµν ha quadrivergenza nulla ed è auto-duale, il tensore eµν gode delle proprietà

kµeµν(k) = 0 e ˘eµν(k) = −ieµν(k)

ed è normalizzato sotto la condizione eµγ(k)e∗γν(k) = kµ. Esattamente come per F , viste le proprietà del tensore eµν si può definire il versore di polarizzazione complesso e(k) come e0ı= iωeı = −i/2 ıkek, le cui proprietà sono analizzate in Appendice A.

Ci sono quindi tutti gli ingredienti per sviluppare in sovrapposizioni di onde piane il vettore RS

F (t, x) =N Z

e(k)fL(k)e−iωt+ik·x+ fR(k)eiωt−ik·x  dk

(2π)3/2. (3.10)

2

(15)

3.1 Il vettore di Riemann-Silberstein 12

Il fattore√N serve ad assicurare la normalizzazione delle funzioni fL(k) e fR(k) e sarà approfondito più avanti. Sostituendo la 3.10 nella 3.7 si ottiene il momento angolare sviluppato in componenti di Fourier

J = N

2i Z

x ×

Z Z

e(k) × e(k0)fL(k)e−iωt+ik·x+ fR(k)eiωt−ik·x 

·fL(k0)e0t−ik0·x+ fR(k0)e−iω0t+ik0·x dk dk0 dx (2π)3

che, scritto per componenti e sfruttando la rappresentazione integrale della distribuzione delta ∂ δ(k − k0) ∂k = ±i Z xe±i(k−k 0)·x dx (2π)3, diventa = N 2 ı``mn Z Z h∂ δ(k − k0) ∂k  fL(k)fL(k 0 )e−i(ω−ω0)t− fR(k)fR(k0)ei(ω−ω 0)t + +∂ δ(k + k 0) ∂k  fL(k)fR(k0)e−i(ω+ω 0)t − fR(k)fL(k0)ei(ω+ω0)t iem(k)en(k0) dk dk0

che consta di quattro termini. Integrando per parti bisogna derivare per k gli oggetti tra parentesi e, integrata la δ(k − k0), uguagliare k = k0 e ω = ω0. Il primo termine diviene

N 2ı``mn Z ∂f L ∂k fLemen− itfLfL∂ω ∂k emen+ fLfL∂em ∂k en ! dk = = N 2ı` Z " fL∂fL ∂k in`− itfLfL ∂ω ∂k in`+ fLfL`mn  −enm ω + iαem  en # dk = = N 2 Z " fL∗i(∇k× n)ıfL+ fLı`  ieem ω − αnm  fL # dk = = N 2 Z fL∗  i(∇k× n)ı ω − (α × n)ı  fLdk

dove si sono sfruttate le proprietà A.4a, A.4b, A.4e e ∇kω = kω. Il secondo termine darà un risultato analogo con le fR invece delle fL e i segni scambiati nell’ultimo termine. Il terzo e quarto termine non differiscono in maniera sostanziale se non per il fatto che la

δ(k + k0) farà in modo che i segni degli impulsi siano scambiati e per la proprietà A.4f si annulleranno tutti i termini. Per completezza sono riportati i risultati che si ottengono in modo analogo sostituendo la 3.10 nelle 3.5 – 3.8:

E = N Z  |fL|2+ |f R|2  dk, (3.11a) P = N Z n|fL|2+ |fR|2  dk, (3.11b) J = N Z  fL∗ i(∇k− iα) × k + nfL+ fR∗  i(∇k+ iα) × k − nfR dk ω , (3.11c) K = N Z

(16)

3.2 Il fotone in meccanica quantistica 13

3.2

Il fotone in meccanica quantistica

In un volume finito V (preso unitario per semplicità di notazione) il campo elettromagnetico può essere scomposto in una serie di onde piane progressive [LL78]

A =X k  Akeik·x+ Ake −ik·x ,

dove i coefficienti Ak(t) ∝ e−iωtsono ortogonali ai corrispondenti vettori d’onda Ak· k = 0 per la condizione di ortogonalità espressa dalla Gauge di Coulomb ∇ · A = 0. Prima di introdurre il formalismo hamiltoniano, bisogna definire le variabili canoniche

Qk = √1 (Ak+ Ak) e Pk = −iω(Ak− Ak) = ˙Q

tramite le quali il potenziale si esprime come

A = X k  Qkcos(k · x) − 1 ωPksin(k · x)  .

A questo punto la funzione di Hamilton H si calcola come l’energia trasportata dal campo elettromagnetico E = 1 Z (E2+ B2) dx =X k,σ 1 2  P2 + ω2Q2 (3.12)

dove l’indice σ ∈ {L, R} discrimina tra le due componenti nel piano perpendicolare a k. Il passaggio alla MQ consiste nel ridefinire le quantità finora introdotte come operatori dello spazio delle funzioni descriventi il campo. Le coordinate generalizzate ˆQ e gli impulsi

generalizzati ˆP devono rispettare le regole di commutazione3 hQˆ, ˆPk0σ0

i

= i~ δkk0δσ

0

σ . Viene utilizzata la notazione degli impulsi poiché è di più chiara interpretazione fisica.

L’operatore hamiltoniano ˆH ha una forma analoga alla 3.124. In analogia con

l’oscillatore armonico quantistico si definiscono gli operatori ˆ a= 1 √ 2~ω  ω ˆQ+ i ˆP  e aˆ†= √1 2~ω  ω ˆQ− i ˆP  .

Gli operatori di campo, adesso in funzione di ˆa e ˆa†, si esprimono così ˆ H =X k,σ  ˆ aaˆ+ 1 2  , (3.13) ˆ A =X k,σ s 2π~ ω  eˆaeik·x+ eaˆ † e −ik·x , (3.14) ˆ E = iX k,σ2π~ωeˆaeik·x+ eˆae −ik·x , (3.15) ˆ B = iX k,σ s 2π~ ω k ×  eˆaeik·x+ eˆae −ik·x , (3.16) 3

Si utilizza la convenzione di notazione [ ˆf , ˆg] = ˆf ˆg − ˆg ˆf .

4

Non deve sorprendere che non compaiano termini misti ˆP ˆQ dato che i fattori sin(k · x) e cos(k · x)

(17)

3.2 Il fotone in meccanica quantistica 14

dove gli e sono le componenti del versore di polarizzazione. In ultimo, sostituendo le

espressioni del campo elettrico 3.15 e del campo magnetico 3.16 nella 3.6 si ottiene ˆ P =X k,σ 1 2  ˆ P2 + ω2Qˆ2n =X k,σ ~k ˆaˆa. (3.17)

Ciascuno stato, definito dagli infiniti numeri quantici N, ha un’energia calcolata come l’autovalore di ˆH E =X k,σ  N+ 1 2  (3.18) e un impulso P =P

k,σ~kN. In questo senso, l’energia è distribuita in pacchetti d’onda di

impulso k e polarizzazione eben definite; i numeri interi Nhanno di conseguenza il significato di numero di pacchetti nello stato |k σi. La luce è quindi scomponibile

in particelle che prendono il nome di fotoni e possono essere generati o assorbiti liberamente, come suggerisce l’interpretazione degli operatori di creazione e distruzione, rispettivamente ˆ

a† e ˆa.

L’espressione dell’energia 3.18 evidenzia un difetto della teoria: l’energia del campo elettromagnetico diverge, persino nello lo stato fondamentale N = 0 ∀ k, σ. In questo contesto il problema si può ignorare restringendo l’interesse alle proprietà del singolo fotone, che dà un apporto finito di energia ed impulso.

Un oggetto in MQ è descritto da una funzione d’onda che vive in uno spazio di Hilbert f(k) ∈ H. In aggiunta ai normali gradi di libertà spaziali si osserva l’esistenza dello spin, un grado di libertà interno analogo ad un momento angolare. Il fotone, avendo massa nulla, è vincolato a "ruotare" nella direzione di propagazione n e l’operatore di spin (o

elicità) ˆχ avrà autofunzioni corrispondenti ad una rotazione levogira o destrogira (che si

dimostrerà essere equivalenti alle funzioni nello sviluppo di RS) ˆ

χ |fLi = |fLi e χ |fˆ Ri = − |fRi .

Di conseguenza la generica funzione d’onda del fotone f(k) avrà due componenti

f(k) = fL(k)

fR(k) !

.

e nello spazio di Hilbert delle funzioni f(k) è definito il prodotto scalare hf|gi = Z f†· gdk = Z [fL(k)gL(k) + fR(k)gR(k)] dk ~ω.

A questo punto bisogna definire come agiscono gli operatori che rappresentano le quantità fisiche sulle funzioni d’onda di singolo fotone. Le regole di commutazione dell’algebra del gruppo di Poincaré5

[Pµ, Pν] = 0, [Pµ, Jαβ] = igµβPα− gµαPβ, [Jρσ, Jαβ] = igσβJρα− gρβJσα+ gαρJσβ− gασJρβ

impongono le regole di commutazione degli operatori di traslazione nel tempo (l’ha-miltoniana ˆH) e nello spazio (l’impulso ˆP ) e di rotazione (il momento angolare ˆJ ):

5

(18)

3.2 Il fotone in meccanica quantistica 15

[ ˆH, ˆJı] = 0, (3.19a)

[ ˆJı, ˆJ] = i~ıkJˆk, (3.19b) [ ˆJı, ˆP] = i~ıkPˆk. (3.19c) Le espressioni degli operatori impulso ed energia sono l’ovvia generalizzazione delle formule 3.13 e 3.17 per il caso di un solo fotone,

ˆ

H |fi = ~ω |fi e P |fi = ~k |fi .ˆ (3.20) Per particelle prive di massa come la luce si trova la seguente espressione del momento angolare [BBBB11]:

ˆ

J |fi = ~i ˆD × k + ˆχn|fi (3.21) dove con ˆD si è indicata la derivata covariante sul cono di luce

ˆ

D = ∇k− i ˆχα(k),

introdotta per la sua invarianza sotto trasformazioni di Gauge: infatti, data una rotazione di fase del vettore di polarizzazione e → eiφ(k)e la funzione di stato si trasforma come

f → eiφ(k) ˆχf e, utilizzando la regola di trasformazione di α (equazione A.9 ricavata in appendice), la derivata covariante diventa

ˆ

D |fi → [∇k− i(α + ∇kφ) ˆχ]eiφ ˆχ|fi=

= eiφ ˆχk|fi + i ˆχeiφ ˆχ|fi ∇kφ − i ˆχαeiφ ˆχ|fi − i ˆχeiφ ˆχ|fi ∇kφ =

= eiφ ˆχD |fi ,ˆ

di modo che il valor medio Deiφ ˆχf ˆ

D e

iφ ˆχfE= hf| ˆD|fi sia invariante per trasformazioni di Gauge. Considerando la simmetria dell’hessiano e la legge di derivazione per il vettore α A.8, il commutatore tra le derivate ˆ e ˆD si calcola come

[ ˆDı, ˆD] = iı`χˆ

n`

ω2. (3.22)

Bisogna verificare che l’operatore ˆJ , definito nella 3.21, rispetti le regole di commutazione

di un momento angolare: 1 ~2[ ˆJı, ˆJ] = −ıab`m[kb ˆ Da, kmDˆ`] + i  ıab[kbDˆa, n] − `m[kmDˆ`, nı]  .

Nel primo termine compare

[kbDˆa, kmDˆ`] = kbkm[ ˆDa, ˆD`] + ˆDa[kb, ˆD`]km+ kb[ ˆDa, km] ˆD` = = kbkmia`s

ns

ω2χ + δˆ amkbDˆ`− δ`bkmDˆa.

I secondi due termini invece si riscrivono come [kbDˆa, n] = kb( ˆDan) = kb ∂ka k j |k|  = kb ω (δa− nan)

(19)

3.3 Separazione di momento angolare orbitale e di spin 16

dove nan si semplifica con il corrispettivo n`nı. Rimane 1 ~2 [ ˆJı, ˆJ] = −`m(δısδb`− δı`δbs)kbkmi ns ω2χ + (δˆ ıδb`− δı`δb)kbDˆ`+ − (δıδam− δımδa)kmDˆa+ iıb kb ωχ − iˆ ıb kb ωχ =ˆ = iımnmχ + kˆ Dˆı− kıDˆ+ 2iıbnbχˆ [ ˆJı, ˆJ] = i~ım h nm~ ˆχ + i~( ˆD × k)m i = i~ımJˆm.

Ciò conferma che l’espressione scelta è una buona rappresentazione del momento angolare in queste coordinate.

Per concludere, l’operatore di boost si esprime come ˆ

K |fi = i~ω ˆD |fi . (3.23)

Un accordo tra descrizione classica e quantistica nella rappresentazione di Fourier

Se lo scopo è di conciliare il punto di vista quantistico, che descrive il comportamento di innumerevoli fotoni singolarmente, con quello classico, che dà invece una visione di insieme del campo elettromagnetico, è ragionevole sperare che un opportuno processo di mediazione degli operatori quantistici restituisca un risultato analogo al calcolo classico. In effetti, mediando gli operatori 3.20 – 3.23 si ricavano esattamente le espressioni ottenute da un campo classico in 3.11a – 3.11d.

N hf| ˆH|fi = N Z f†(k) · ~ω f(k)dk = E , N hf| ˆP |fi = N Z f†(k) · ~k f(k)dk = P , N hf| ˆJ |fi = N Z f†(k) ·hi~ ˆD × k + ~ ˆχnif(k)dk = J , N hf| ˆK|fi = N Z f†(k) · i~ω ˆD f(k)dk = K.

Il valore classico è dunque la media dell’operatore quantistico calcolato per il singolo fotone moltiplicato per il fattore di normalizzazione N , che seguendo il ragionamento deve essere il numero totale di fotoni del campo. Questo dimostra che il vettore RS introdotto nel contesto dell’elettromagnetismo classico coincide con la funzione d’onda del fotone nella rappresentazione di Heisenberg delle coordinate.

3.3

Separazione di momento angolare orbitale e di spin

La difficoltà principale nella separazione di OAM e SAM sta nel ricavare due quantità che siano invarianti di Gauge e conservate nel tempo. Classicamente sorge il problema che le due correnti conservate che compongono il momento angolare totale dipendono dalla scelta del potenziale Aµ e non sono quindi invarianti di Gauge. Nell’ambito della MQ si è visto che, invece, per un opportuna scelta della forma delle coordinate si riesce ad operare una divisione del momento angolare che non sia invariante di Gauge. Inoltre ci si è accorti che la funzione d’onda utilizzata per descrivere i mattoncini costituenti il campo elettromagnetico ha un equivalente nel contesto della teoria classica.

(20)

3.3 Separazione di momento angolare orbitale e di spin 17

A questo punto, appare scontato procedere analizzando le componenti dell’operatore momento angolare trovato nella 3.21 e vedere qual è il valore di aspettazione classico e, così, in quale forma si articolano le quantità macroscopiche del campo per descrivere l’OAM. Gli operatori di OAM e SAM sono, nell’ordine,

ˆ

L = i~ ˆD × k,

ˆ

S = ~ ˆχn,

e la loro media sugli stati

N hf| ˆL|fi = N Z f†(k) ·hi~ ˆD × kif(k)dk ~ω, (3.24) N hf| ˆS|fi = N Z f†(k) · ~ ˆχn f(k)dk = N Z n|fL(k)|2− |fR(k)|2 dk ~ω. (3.25) Invertendo la definizione di F (equazione 3.4) e sostituendo il suo sviluppo in onde piane (equazione 3.10) si ottiene l’espressione del campo elettrico in funzione dei coefficienti f

E(t, x) = √1 2(F + F ∗) = s N 2 Z h (efL+ efR)e−iωt+ik·x+ c.c. i dk ~ω,

che, confrontato con l’usuale sviluppo di Fourier del campo elettrico in 3.2, permette di ricavare la relazione tra le funzioni del fotone e i coefficienti di fourier di E

E(k) = s N 2[e(k)fL(k) + e(k)f R(k)]. (3.26)

Sostituendo l’espressione di E(k) nello sviluppo di Fourier di Jo (equazione 3.1a) ricavato classicamente usando la Gauge di Coulomb, si ottiene

Jo = −iN Z

[eıfL+ eıfR](k × ∇k)[eıfL+ eıfR] dk

ω .

L’integrando è composto di quattro termini:

eıfL(k × ∇k)eıfL+ eıfR(k × ∇k)eıfR+ eıfL(k × ∇k)eıfR+ eıfR(k × ∇k)eıfL. Sfruttando la proprietà A.4d, i primi due termini si riscrivono

fL(k × ∇k)fL+ fR(k × ∇k)fR | {z } f∗(k×∇ k)f +|fL|2eı(k × ∇k)eı+ |fR|2(k × ∇k)eı,

i cui secondi termini, usando le A.7, A.4b, A.4d e A.4h, diventano

eı`mk`∂meı = eı`mk`  −emnı ω − iαmeı  = ieeını− i(α × k)= −i(α × k) e il segno opposto per il termine in fR.

Nei secondi due termini, invece, tutti i prodotti e· e = 1 sono invece sostituiti da

e·e= 0 o e·e = 0, per cui risultano nulli. Mettendo insieme i pezzi si ritrova l’espressione

(21)

3.3 Separazione di momento angolare orbitale e di spin 18

Sostituendo, invece, la 3.26 nello sviluppo di Fourier di Js(equazione 3.1b), utilizzando le A.4e e A.4g, si ha Js= −iN Z (efL+ efR) × (efL+ efR) dk ω = = −iN Z  |fL|2e× e + |f R|2e × e+ flfRe× e+ fLfRe × e  dk ω = = N Z n|fL|2− |f R|2  dk ω .

che coincide con l’espressione 3.25.

In questo modo si ottiene la corretta separazione del momento angolare e si dimostra che le quantità conservate Jo e Js, ottenute da ragionamenti classici, coincidono con le componenti orbitale L e di spin S del momento angolare. Sorprendente in maniera particolare notare che la Gauge di Coulomb venga così promossa a rappresentazione preferenziale dei campi elettromagnetici, almeno nel contesto del momento angolare.

(22)

19

Capitolo 4

L’OAM nella pratica

Nella rappresentazione adottata, un’onda elettromagnetica è descritta da un campo elettrico con una dipendenza azimutale del tipo

E(r, φ) = E0(r) ei`φ, (4.1)

dove {r, φ} sono le coordinate polari sul piano ortogonale a k e ` è un intero. È chiaro che debba esserci una singolarità in r = 0. Un campo del genere prende la forma di ` eliche che si avvolgono attorno alla direzione di propagazione n nel verso dato dal segno di `, come mostrato in Figura 4.1. Il vettore di Poynting, che come si è visto corrisponde all’impulso, è punto per punto ortogonale al piano dell’elica e quindi ruota anch’esso attorno allo stesso asse, generando, in questo modo, un momento angolare che si rileva essere di `~ per fotone.

Figura 4.1. Il fronte elicoidale di un raggio di Laguerre-Gauss per ` = ±1, ±2, ±3, 4, 5. I raggi

con ` > 0 sono destrorsi e viceversa quelli con ` < 0. [Gö17]

Nell’interazione con la materia, un raggio che possiede momento angolare generico indurrà nelle particelle incontrate una rotazione proporzionale alla sua intensità, ovvero al numero di fotoni portatori. Il fenomeno è particolarmente evidente per luce completamente polarizzata, destra o sinistra, sia nel caso in cui mette in rotazione un oggetto macroscopico come una lamina ottica, sia nell’applicazione di un laser polarizzato come light tweezers.

(23)

4.1 Lamine a spirale 20

Questo è uno dei casi in cui si distinguono gli effetti di OAM e SAM: il momento orbitale provoca la rotazione della particella bersaglio attorno all’asse dell’onda n, mentre lo spin nasce come grado di libertà interno e quando viene assorbito rimane tale, mettendo in moto il bersaglio attorno al proprio asse, indipendentemente della posizione del raggio impattante.

Produzione di raggi con momento angolare orbitale

L’interazione con la materia è fondamentale anche per un altro aspetto. Nei processi naturali la luce è emessa in pacchetti d’onda non uniformi per contributo di momento angolare, bisogna, quindi, escogitare un metodo per produrre fasci che trasportino OAM ben definito. Il primo tentativo utilizzava la diffrazione da lenti cilindriche astigmatiche convertendo raggi di Hermite-Gauss in raggi di Laguerre-Gauss, non approfonditi in questo elaborato. Subito si notò come lo stesso risultato era raggiungibile facendo auto-interferire un raggio passante in una guida d’onda, se nel mezzo era presente una dislocazione a vite si osservava una figura di interferenza ad elica con il centro scuro. Simulando una dislocazione di ordine maggiore con reticolo di diffrazione "ramificato" in sostituzione della fibra ottica, la figura mostrava più eliche attorcigliate con contorni più marcati [BVS90]. Metodi più moderni ed efficaci sfruttano, come per il caso della polarizzazione dello spin, la rifrazione in un mezzo non-assorbente.

4.1

Lamine a spirale

Nell’attraversare la materia la luce ha una velocità di propagazione c/n, dove n > 1 è l’indice di rifrazione del materiale. Una lamina a spirale sfrutta questo ritardo per sfasare l’onda in funzione dell’angolo azimutale. Lo strumento consiste in una lamina trasparente il cui spessore cresce proporzionalmente all’angolo φ, intorno all’asse centrale perpendicolare al piano della lamina, come una scala a chiocciola [Woe94].

Figura 4.2. Disegno di una lamina a spirale. Il vettore d’onda incidente è rappresentato dalla

freccia.

Se il gradino hs è abbastanza basso si può trascurare l’angolo di inclinazione della lamina e quindi trattare il problema in approssimazione parassiale. Il campo elettrico dell’onda dipende dallo spazio percorso e quest’ultimo dipende dall’angolo φ

E = E0exp [iωt − ik · x(φ)] = E0exp

 iωt − ik  h0+ hs 2πφ  .

In questo modo, nell’attraversare la lamina l’onda acquisterà un termine di fase

(24)

4.2 Le q-plate: conversione tra SAM e OAM 21

con ∆` = ∆nh/λ, dove ∆n = n − n0 è la differenza di indice di rifrazione tra la lamina

e l’esterno e λ è la lunghezza d’onda nel vuoto. All’uscita dalla lamina il raggio di luce possiederà un momento angolare orbitale concordemente con la 4.1.

4.2

Le q-plate: conversione tra SAM e OAM

Come accennato nell’introduzione una q-plate è una lamina che converte momento angolare orbitale e di spin, per fare ciò sfrutta la duttilità di materiali per creare particolari situazioni di anisotropia e disomogeneità.

Come dimostrato nei capitoli precedenti, un’onda elettromagnetica che si propaga nel vuoto conserva entrambe le componenti del suo momento angolare, lo stesso vale se il mezzo attraversato è trasparente, omogeneo e isotropo. Il caso di materiali assorbenti non sarà discusso.

Mezzi anisotropi e birifrangenza

Se viene a mancare l’ipotesi di isotropia del mezzo, in generale si produrrà un fenomeno che prende il nome di birifrangenza: per ogni fascio incidente in uscita si avranno due onde polarizzate ortogonalmente e sfasate.

Materiali che tipicamente presentano queste caratteristiche sono i cristalli. Per via della loro struttura, descrivibile da una forma geometrica detta cella unitaria ripetuta con regolarità nel reticolo cristallino, sono intrinsecamente anisotropi.

La risposta della materia al passaggio di un onda elettromagnetica è sintetizzata nel contributo della suscettività χ, che per un mezzo anisotropo ha carattere tensoriale in quanto dipende dalla direzione. In pratica gli elettroni, messi in oscillazione

dal campo elettromagnetico dell’onda incidente, hanno più o meno libertà di movimento in funzione della direzione su cui si muovono, ovvero i fronti d’onda non

saranno sferici. Tra vettore polarizzazione elettrica P e campo elettrico E vale la relazione

Pı= ε0χıE,

che implica l’esistenza di un angolo γ 6= 0 tra i due vettori.

Per materiali trasparenti, o comunque in cui il contributi di assorbimento è trascurabile, la conservazione del tensore energia impulso implica che il tensore χı sia simmetrico e quindi diagonalizzabile. Questa condizione definisce implicitamente una terna di direzioni privilegiate e di modi normali di oscillazione degli elettroni nel reticolo.

Dalle equazioni di Maxwell nel caso di un dielettrico neutro e non magnetico, con passaggi analoghi a quelli per arrivare alle 2.3, si ricava un’equazione delle onde del tipo

k × (k × E) +ω

2

c2(1 + χ)E = 0, (4.2)

da cui si vede che non il campo elettrico ma il vettore spostamento elettrico D = E + P /ε0 è ortogonale al vettore d’onda k. Ne segue che il vettore di Poynting P = E × B non è parallelo k, cioè la direzione di propagazione della luce non è quella individuata dal fronte d’onda. Data un’onda con angolo di incidenza θi gli angoli nel piano di incidenza per i vettori k e P verificano rispettivamente

tan θk= sin θino/ns q (no/next)2− sin2θi e tan θP = sin θins/no q (no/next)2− sin2θi ,

(25)

4.2 Le q-plate: conversione tra SAM e OAM 22

dove next è l’indice di rifrazione del mezzo circostante. Dalla 4.2 segue la relazione

ω

= √ c 1 + χıı

che definisce tre possibili indici di rifrazione nı =√1 + χıı e di conseguenza tre distinti cammini ottici nel cristallo per differenti polarizzazioni dell’onda.

Nel caso di simmetrie di piano nel mezzo birifrangente (per esempio cristalli trigonali, tetragonali ed esagonali) ci sarà equivalenza tra due degli assi e si definisce l’indice di

rifrazione ordinario no ≡ n2 = n3. Questo è il caso delle Q-plate, in cui la suscettività dell’asse normale alla lamina può essere ignorata. Le componenti polarizzate nelle altre due direzioni privilegiate avranno velocità differenti e quindi uno sfasamento

∆φ =

λn d

proporzionale alla differenza tra gli indici di rifrazione ∆n≡ n1− no e allo spazio percorso attraverso il cristallo d. Fissata una specifica lunghezza d’onda λ si può pensare di scegliere lo spessore della lamina in modo da introdurre un ben determinato ritardo di fase tra le due componenti; è in questo modo che si costruiscono le lamine a mezz’onda (∆φ = π) e a quarto d’onda (∆φ = π/2). Queste lamine possono agire sulla polarizzazione dell’onda, cioè il suo spin, di fatto scambiando momento angolare tra luce e materia.

Una q-plate fa di più. Uno strato di cristalli liquidi nematici viene posizionato tra due vetrini per formare la lamina [MMP06]. I cristalli liquidi sono molecole molto allungate e quindi potenzialmente birifrangenti, sensibili a campi elettromagnetici costanti. Sono largamente utilizzati nell’industria per creare lamine di ritardo comodamente pilotate da un campo esterno. Lo spessore di 1 µm è commisurato alla lunghezza d’onda operativa

λ = 633 nm per ottenere il ritardo di una lamina a mezz’onda.

La particolarità di una q-plate sta nella sua disomogenità. Per una lamina di ritardo l’asse ottico è rappresentato da un fascio di rette parallele, in una q-plate, invece, dipende dall’angolo φ nel piano della lamina. Definito l’angolo α tra l’asse ottico e una direzione fissata x sulla lamina, le molecole di cristalli liquidi sono disposte affinché

α(r, φ) = q φ + α0, (4.3)

mentre q è preso intero o semi-intero per escludere discontinuità a cavallo dell’asse x.

Figura 4.3. Rappresentazioni schematiche di q-plate. Le linee indicano la direzione dell’asse

ottico. (a) q = 1/2 e α0= 0, che genera un elica con ` = ±1. (b) q = 1 e α0= 0, che genera due eliche con ` = ±2. (c) q = 1 e α0= π/2, che genera due eliche con ` = ±2. [MMP06]

(26)

4.2 Le q-plate: conversione tra SAM e OAM 23

Una tale configurazione si può ottenere rigando il vetrino esterno in modo da fornire alle molecole punto per punto una direzione privilegiata sulla lamina.

Un raggio che colpisca la q-plate subisce semplicemente l’effetto di una lamina di ritardo a mezz’onda orientata come α; nel formalismo delle matrici di Jones l’azione della q-plate è descritta dalla matrice

M = R(−α) 1 0 0 −1 ! R(α) = cos 2α sin 2α sin 2α − cos 2α ! ,

dove R(α) è la normale matrice di rotazione dell’angolo α. Un onda polarizzata antiora-ria/oraria Ein = E0(1, ±i) esce dalla lamina come

Eout= M (α)Ein = E0 cos 2α ± i sin 2α sin 2α ∓ i cos 2α ! = E0e±2iα 1 ∓i ! = E0e±i 2α0 1 ∓i ! e±i 2qφ.

Il termine in α0 è una fase globale ininfluente, mentre dal termine di dipendenza azimutale si ricava un OAM di ±2q~. È interessante notare come il segno di `, e quindi l’orientamento delle eliche, dipendono solamente dalla polarizzazione dell’onda iniziale. Attraversando una q-plate la polarizzazione si inverte di segno, con una variazione di spin ∆s = ∓2~. Per

q = 1, i casi (b) e (c) in Figura 4.3, le variazioni di SAM e OAM si compensano a vicenda

e, così facendo, di fatto non scambiano momento angolare con la materia, che fa solo da accoppiatore. Ciò dipende dal fatto che nel caso q = 1 la q-plate ha simmetria di punto attorno al centro, come si vede dalla Figura 4.3.

È importante tenere in considerazione che, agendo contemporaneamente su OAM e spin, in un’onda che attraversi una q-plate i due momenti angolari saranno entangled. Un effetto, questo, che può essere sfruttato in vari campi di applicazione, dalle violazioni della disuguaglianza di Bell alla crittografia quantistica.

(27)

24

Capitolo 5

Conclusioni

Questo elaborato ha visto confrontate le due principali visioni della fisica sul tema del momento angolare della luce, al fine di sviluppare un’idea chiara e rotonda: da un lato la meccanica classica, che ancora guida l’intuizione degli scienziati e lega la ricerca di frontiera con quantità macroscopiche osservate comunemente; dall’altro la meccanica quantistica, che riesce a tirar fuori risultati sorprendenti ma sempre illuminanti e accurati.

È il caso del momento angolare orbitale della luce, filo conduttore di questa dissertazione, sul quale la teoria classica da risultati conflittuali, chiariti e ampliati da quelli della fisica quantistica.

Si è mostrato come la simmetria per rotazioni del gruppo di trasformazioni della relatività preservi nel tempo il momento angolare, anche nei suoi due contributi, che emergono spontaneamente dall’utilizzo della Gauge di Coulomb. Proprio la necessità di scegliere una Gauge lascia perplessi, poichè la teoria a monte nasce invariante rispetto a tali trasformazioni.

In questo caso, l’introduzione di variabili svincolate dalle coordinate classiche permette di risolvere elegantemente il problema: si scopre il senso fisico del quanto di luce e se ne ricavano le proprietà a partire da un sua rappresentazione più astratta, nello spazio degli impulsi, che contemporaneamente rivela il suo corrispettivo classico nella comunissima trasformata di Fourier. Per il momento angolare si è ottenuta un’espressione operatoriale, questa volta invariante di Gauge, facilmente divisibile nei termini di spin e momento angolare orbitale, che in coordinate restituiscono, giustificandolo, il risultato classico ottenuto con la Gauge di Coulomb.

Una volta ricavata e giustificata la forma dell’OAM si è proceduto a descriverne le proprietà più vicine al senso pratico. Conoscere come la luce interagisce con la materia ha permesso di escogitare metodi sempre più accessibili per riprodurlo e studiarlo in laboratorio.

Ma il percorso di ricerca in materia di OAM non si conclude affatto in questi paragrafi, le scoperte di oggi lasciano in eredità i progetti del domani: l’accoppiamento dell’OAM con gli altri gradi di libertà del fotone, in primis lo spin, riveste un ruolo di particolare importanza in questo campo e le q-plate si rivelano essere più che un semplice strumento di produzione di momento angolare. [MKS+11] La possibilità di mescolare e scambiare OAM e SAM spiana la strada a svariate applicazioni nel campo dell’informazione e della crittografia quantistica, rendendo accessibile alla pratica il concetto di qudit e presentando il fotone come un messaggero efficiente, con più informazioni codificate nei suoi diversi gradi di libertà, e affidabile, dato il teorema di conservazione del momento angolare.

(28)

25

Appendice A

Proprietà del vettore di

polarizzazione complesso

Per le proprietà del tensore eµν

kµeµν(k) = 0, (A.1)

˘

eµν(k) = −ieµν(k), (A.2)

eµγ(k)e∗γν(k) = kµkν. (A.3) si può definire, a meno di un fattore di fase eiφ(k) in generale dipendente dall’impulso, il versore di polarizzazione complesso

e0ı(k) = iωeı(k) = −i/2 ıkek(k).

Le condizioni A.1 – A.3 hanno un’interpretazione geometrica più immediata se riportate al vettore di polarizzazione:

eı(k)e(k) = 1

2(δı+ i ı`n`), (A.4a)

e(k) × n = i e(k), (A.4b)

e(k) · e(k) = 0, (A.4c)

e(k) · e(k) = 1, (A.4d)

e(k) × e(k) = i n, (A.4e)

e(k) · e(−k) = 0, (A.4f)

e(k) × e(k) = 0, (A.4g)

e(k) · n = 0. (A.4h) Una volta scomposto nelle sue parti reale e immaginaria e(k) = [l1(k) + il2(k)]/√2 si nota come i vettori l1, l2 ed n formino una base ortonormale,

l1× l2 = n, n × l1= l2, l2× n = l1,

definita a meno di una rotazione attorno all’asse n: tale indecisione rispecchia l’arbitrarietà di fase nella scelta di e(k), infatti

(29)

26

Per calcolare le derivate del vettore di polarizzazione e(k) rispetto alle componenti del-l’impulso k si sfrutta il fatto che i due vettori formano una base in R3, allora la derivata avrà componenti

∂eı

∂k`

= y`nı− iα`eı (A.5)

dove α(k) è un vettore non fissato dalle condizioni di ortonormalità. Moltiplicando entrambi i membri della A.5 per eı e ricordando le proprietà A.4d e A.4h, si ottiene

α(k) = ieı(k)∇k(k). (A.6) Per ricavare il fattore y` si deriva per k` la A.4a e si moltiplica per eın, utilizzando le A.4b, A.4d, A.4h e A.5:

eın(∂`eıe+ eı∂`e) = eın [−(δı`− nın`)n− (δ`− nn`)nı+ iım(δm`− nmn`)] nj∂`e = n(y`n− iα`e) = 1 2ω[−eı(δı`− nın`) + iı`eın] y = 1 (−e + ie × n) = − e ω,

con cui si può esplicitare

∂eı

∂k`

= −e`nı

ω − iα`eı. (A.7)

Dalla A.7 si ricava un’ulteriore proprietà: ∇ × α = ∇ 1 ω  = n k2, (A.8)

che descrive una singolarità del vettore α(k), almeno sulle curve passanti per l’origine. Segue dalla A.8 che α(k) è definito a meno di una trasformazione di Gauge: un cambio di fase φ(k) del vettore di polarizzazione si ripercuote su α(k) come

Figura

Figura 4.1. Il fronte elicoidale di un raggio di Laguerre-Gauss per ` = ±1, ±2, ±3, 4, 5
Figura 4.2. Disegno di una lamina a spirale. Il vettore d’onda incidente è rappresentato dalla
Figura 4.3. Rappresentazioni schematiche di q-plate. Le linee indicano la direzione dell’asse

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