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L'innovazione strategica e l'Open Innovation: il caso "Porcelanosa Grupo"

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

DIPARTIMENTO DI ECONOMIA E MANAGEMENT

Corso di Laurea Magistrale in: Strategia Management e Controllo

L’Innovazione Strategica e l’Open Innovation:

il caso “Porcelanosa Grupo”

Relatrice

Prof.ssa Alessandra Rigolini

Candidato

Pierluigi Conti

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INDICE

INTRODUZIONE ... 7 CAPITOLO 1 – L’INNOVAZIONE STRATEGICA: BREVE ANALISI DELLA LETTERATURA DEI PRINCIPALI FRAMEWORK TEORICI 1.1 DEFINIZIONE E CENNI SUL CONCETTO DI INNOVAZIONE ... 10 1.1.1 L’innovazione nel pensiero economico ... 12

1.2 IL RUOLO E I MODELLI DEL “CORPORATE ENTREPRENEURSHIP” ... 16

1.3 LE FONTI DELL’INNOVAZIONE ... 19 1.3.1 Un accenno all’Open Innovation ... 21 1.4 TIPOLOGIE DI INNOVAZIONE ... 23 1.4.1 Criteri di classificazione delle innovazioni ... 24 1.5 IL PROCESSO INNOVATIVO ... 30 1.5.1 La generazione di idee di nuovi prodotti ... 33 1.5.2 Dal Concept alla commercializzazione del prodotto ... 35

1.6 IL PROCESSO DI ELABORAZIONE DELL’INNOVATION STRATEGY ... 40

1.6.1 Il modello di Porter ... 45 1.6.2 Dalla strategia competitiva alla strategia innovativa ... 46 1.7 OCEAN’S BLU ... 48 1.7.1 Framework delle 4 azioni per creare un’innovazione di valore ... 49 1.8 BUSINESS MODEL: UNA FONTE DI INNOVAZIONE E DI MIGLIORAMENTO CONTINUO ... 51 1.8.1 Il modello di Österwalder ... 52

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CAPITOLO 2 – CASO AZIENDALE: “PORCELANOSA GRUPO” 2.1 LA NASCITA DI PORCELANOSA ... 54 2.1.1 Struttura e composizione societaria ... 55 2.2 DATI ECONOMICI DELL’AZIENDA E DEL SETTORE ... 57 2.3 UNA STRATEGIA BEN DEFINITA ... 62 2.3.1 Applicazione modello di Porter ... 64 2.3.2 Applicazione Business Model Canvas ... 67 2.4 IL RUOLO DELLA LOGISTICA ... 72

2.5 LA GESTIONE DELL’AMBIENTE: ISO E CERTIFICAZIONI ... 76

TABELLA 11: CERTIFICAZIONI PRODOTTI PER AZIENDA ... 78

2.6 IL PROCESSO INNOVATIVO IN PORCELANOSA: ANALISI DELLO SVILUPPO DEL KRION ... 79

2.6.1 Il Krion nel mercato internazionale ... 83

CAPITOLO 3 – “L’OPEN INNOVATION IN PORCELANOSA GRUPO” 3.1 VERSO UN NUOVO MODELLO DI INNOVAZIONE: IL PARADIGMA DELL’”OPEN INNOVATION” ... 85

3.2 INBOUND OPEN INNOVATION IN PORCELANOSA ... 86

3.3 OUTBOUND OPEN INNOVATION IN PORCELANOSA ... 89

3.3.1 La partnership Porcelanosa Grupo - F.lli Conti legnami S.p.a. ... 91

3.4 VANTAGGI E SVANTAGGI DELL’OPEN INNOVATION ... 93

3.5 CLOSED ED OPEN INNOVATION: DUE MODELLI A CONFRONTO ... 94

3.6 L’IMPORTANZA DEL CAPITALE RELAZIONALE IN PORCELANOSA ... 97

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CONCLUSIONI

I – GESTIRE IL PROCESSO INNOVATIVO ... 99

I a - The House of innovation”: il framework proposto da A.T. Kearney ... 100

II – PROSPETTIVE FUTURE PER PORCELANOSA GRUPO ... 102

III – SETTORI IN CRESCITA PER L’UTILIZZO DEL KRION ... 104

III A – Il Krion nel mercato italiano ... 105 IV – NORMAZIONE DEL PROCESSO INNOVATIVO ... 108 BIBLIOGRAFIA ... 112 SITOGRAFIA ... 114 INDICE DELLE FIGURE ... 115 INDICE DELLE TABELLE ... 116

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INTRODUZIONE

La capacità di sviluppare e utilizzare nuove tecnologie è da tempo uno dei fattori alla base della crescita economica e dell’industrializzazione.

La tendenza alla diversificazione e alla decentralizzazione delle aree di business, l’aumento della concorrenza internazionale, la maggior velocità con cui le nuove scoperte si originano e si diffondono a livello mondiale, la drastica riduzione dei tempi di sviluppo dei nuovi prodotti e dei cicli di vita tecnologici hanno imposto forti pressioni alle imprese. Quest’ultime si trovano davanti al non facile compito di dover intensificare il proprio impegno e le proprie competenze per far fronte alla necessità di innovazione tecnologica e di cambiamento organizzativo.

In un contesto globale in continuo mutamento si può ottenere un vantaggio strategico solo se si affronta il cambiamento da leader anziché da seguaci; e l’unico modo attraverso il quale le aziende possono diventare leader è l’innovazione.

Nel primo capitolo l’elaborato verterà sull’analisi dell’Innovation Strategy, preceduta da un breve richiamo storico sui principali contributi offerti al tema dell’innovazione, tra cui il “Corporate Entrepreneurship”. Successivamente verranno esaminate le fonti, le caratteristiche e le tipologie del processo innovativo, con un accenno al concetto di Open Innovation.

Saranno approfonditi poi i principali Business Models, tramite lo studio dei modelli di Porter, di Kim e Mauborgne e di Österwalder.

Definire il concetto di innovazione ed individuare una precisa strategia innovativa, coerente ed integrata con la vision aziendale, determinando in che modo si realizza nelle imprese e l’importanza che assume nel mercato economico attuale, è l’obiettivo di questa prima parte.

Il secondo capitolo, a seguito dei tirocini svolti presso le sedi di “Porcelanosa Grupo” e di “F.lli Conti Legnami S.p.a.”, tratterà del caso aziendale del colosso spagnolo, sulla base della visita formativa avvenuta presso Castéllon, e dei rapporti commerciali intrapresi con l’azienda italiana. Verrà descritta la composizione societaria del gruppo e illustrati i dati del settore e dell’azienda, dopodichè, una volta implementati i framework per definire la strategia d’innovazione, si porrà

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un’attenzione particolare al ruolo della logistica e alla gestione dell’ambiente, nonché al caso pratico sul processo innovativo del Krion.

L’ultimo capitolo sarà dedicato all’applicazione del modello promosso da Henry Chesbrough su Porcelanosa Grupo, con un approfondimento accurato sull’Inbound e l’Outbound Open Innovation, compresi i vantaggi e gli svantaggi che esso comporta; con l’analisi del grado di apertura verso l’esterno si focalizzerà l’attenzione sul nuovo ruolo del reparto R&S e sull’importanza del capitale relazionale all’interno dell’azienda.

Infine sarà esaminata la partnership tra il gruppo spagnolo e F.lli Conti legnami, in merito alla commercializzazione del Krion.

L’obiettivo di questa tesi sarà stabilire come il gruppo spagnolo riesca, tramite una strategia basata prevalentemente sull’innovazione e attenendosi al concetto di Open Innovation, a raggiungere e sviluppare un’immagine di qualità, eccellenza e lusso; inoltre si analizzeranno, per quanto concerne Porcelanosa, sulla base dei dati raccolti durante la visita in Spagna, le potenzialità di crescita, le nuove prospettive ed i settori in espansione per la domanda di Krion, mentre per F.lli Conti Legnami, tramite un questionario realizzato autonomamente, la futura richiesta del prodotto e il suo grado di apprezzamento.

Infine sarà accennata la nuova normativa, in tema di “Innovation Management”, proposta dall’ISO e dal CEN, per standardizzare i “Sistemi di Gestione dell’Innovazione”.

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CAPITOLO 1 – L’INNOVAZIONE STRATEGICA: BREVE ANALISI DELLA LETTERATURA DEI PRINCIPALI FRAMEWORK TEORICI

1.1 Definizione e cenni sul concetto di innovazione

La discontinuità e la rapidità del cambiamento che investe i mercati e le aziende elevano la complessità della manovra competitiva, che deve assumere sempre più un comportamento proattivo. La difficoltà nel prevedere l’evoluzione della domanda e della tecnologia nell’ambito del mercato globale, associata al livello di crescente iper-competizione, richiede difatti una capacità di rinnovare le competenze aziendali per affermare continuamente e in modo originale nuovi e asimmetrici differenziali competitivi, visto che in un ambiente complesso nessuna fonte di vantaggio è sostenibile nel lungo periodo.

Secondo il significato etimologico della parola, innovare significa “alterare l’ordine delle cose stabilite per fare cose nuove”; allo stesso tempo però, da un punto di vista prettamente economico, significa sia introdurre prodotti, servizi e tecnologie non ancora presenti sul mercato, ricostruendo la leadership nell’ambito del proprio settore o sorprendendo i rivali già affermati, sia abbandonare il passato e le tradizioni dell’impresa per intraprendere altre vie di sviluppo e affermare nuovi soluzioni in grado di generare valore per la domanda.

Tra le varie strategie proattive a disposizione delle imprese, le politiche innovative rappresentano certamente una delle manovre più efficaci.

Innovare impone quindi un ri-orientamento della propria strategia verso il miglioramento continuo.

Mai come ora le aziende che si trovano a competere in un mondo in continuo e rapido progresso tecnologico si devono misurare con un difficile dualismo, ossia operare con efficacia oggi, pur innovando per domani.

Alle organizzazioni infatti non solo è richiesto di saper gestire il successo economico e di mercato dei prodotti esistenti, ma anche di essere in grado di predisporre per le successive

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generazioni di prodotti le innovazioni tecniche, il design, i servizi e i processi di lavorazione che costituiranno la base della loro futura forza competitiva.

L’innovazione è la realizzazione dell’invenzione in un nuovo prodotto o processo produttivo ed il suo sfruttamento commerciale. Rappresenta l’implementazione di un prodotto o di un processo, nuovo o notevolmente migliorato, di un diverso metodo di marketing o di un nuovo metodo organizzativo con riferimento alle pratiche commerciali, al luogo di lavoro o alle relazioni esterne

1.

Essa presuppone il fattore novità, intesa sia come nuovo elemento per una determinata azienda o, più in generale, per un settore, che comunque deve portare un cambiamento rispetto alla situazione precedente, sia di grande che di piccola portata e soprattutto permettere di mantenere un vantaggio competitivo rispetto ai concorrenti.

Non tutte le invenzioni però si trasformano in innovazioni e molte innovazioni non derivano direttamente dalle invenzioni; il concetto di innovazione è molto ampio e comprende:

- ricombinazione in modo intelligente di conoscenza esistente - nuove forme organizzative

- applicazione di prodotti esistenti ad un nuovo tipo di domanda - apertura di nuovi mercati.

Non è sempre detto però che l’innovazione debba sconvolgere radicalmente un’azienda o un mercato, ma può rappresentare anche un minimo miglioramento al quale seguiranno altri piccoli accorgimenti a distanza di poco tempo.

Di seguito è riportato un grafico effettuato da una società di consulenza (Raimondi, 2009) che mostra la suddivisione delle innovazioni aziendali.

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Figura 1: Suddivisione delle innovazioni aziendali Fonte: Raimondi 2009

Come possiamo notare, facendo un calcolo approssimativo, solamente il 10% delle innovazioni rappresentano l’eccezionalità della novità; il rimanente 90% è frutto di accorgimenti e piccoli miglioramenti che di volta in volta vengono attuati per offrire modifiche e piccole differenziazioni a prodotti o processi già esistenti.

1.1.1 L’innovazione nel pensiero economico

Sin dall’antichità la scienza ha inciso notevolmente nella scena economica e sociale; le nuove scoperte hanno indubbiamente modificato la vita degli individui, certe volte in modo positivo, altre provocando effetti negativi, ma sicuramente hanno sempre portato rivoluzione e cambiamento.

Il collegamento tra scienza, tecnologia e sviluppo economico oggigiorno è molto più marcato e strettamente influenzato dai percorsi di evoluzione sociale.

L’innovazione rappresenta il punto di unione tra scoperta scientifica e vantaggio socio-economico, in quanto rappresenta lo strumento che meglio di qualsiasi altro permette il

miglioramento dei contesti sociali ed economici. 28

Di seguito un grafico, estrapolato da una ricerca effettuata da una società di consulenza, che ci illustra come si suddividono mediamente le innovazioni nelle aziende (figura 2).

Vediamo da questa tabella che la percentuale di innovazioni assolute, sia per mercato che per aziende, è solamente del 10%, e che il rimanente 90% è costituito da innovazioni di minor spessore, che hanno come obiettivo il miglioramento di ciò che già è presente.

Si può comunque trarre delle informazioni su quanto le innovazioni sono reputate importati in un azienda, e per ottenere una risposta a questo, è possibile concentrare la propria attenzione in 3 semplici fattori: influenza sulle vendite, investimenti in ricerca e sviluppo e numero di brevetti.

L’influenza sulle vendite, intesa come percentuale di fatturato che in un determinato periodo (ipoteticamente un anno) sia attribuibile ai prodotti nuovi. Questo è facilmente spiegabile riportandoci alla teoria del ciclo di vita del prodotto, una volta che il prodotto supera la propria maturità inizia ad avere un calo di vendite e quindi in quel caso l’azienda è costretta a ricorrere ad una innovazione, piccola se si punta su un restylig o rigenerazione, o radicale se si introduce un

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Essa è stata oggetto di studio sin dagli inizi della storia del pensiero economico, ma fino al secondo dopoguerra il progresso tecnico ha avuto un ruolo marginale nelle teorie sul funzionamento dell’economia industriale moderna. Soltanto dagli ultimi anni del secolo scorso, il pensiero economico ha attribuito alla variabile endogena “innovazione” un ruolo di primaria importanza nello sviluppo dell’economia; prima di allora era la tecnologia, considerata esogena, che rappresentava l’emblema dello sviluppo.

Adam Smith2 (1723-1790) considerava la relazione tra cambiamento tecnologico, divisione del lavoro e mutamento strutturale dell’economia. L’incorporazione del progresso tecnologico nel capitale favoriva la divisione e la specializzazione del lavoro, che a sua volta si rifletteva nella produttività.

Successivamente è stato l’economista David Ricardo (1772-1823) a dare un contributo all’innovazione: per primo esplicitò un mutamento di opinione, rispetto alla teoria precedente, sulla questione dell'impatto occupazionale dell'innovazione. Nel suo scritto3 infatti si occupava delle conseguenze del progresso tecnologico e al progresso tecnico incorporato nei beni; nello specifico affermava chiaramente che l'introduzione di innovazioni tecnologiche poteva danneggiare i lavoratori, poiché l'elevato costo dei macchinari, riducendo il fondo salari, avrebbe potuto creare disoccupazione.

Dunque egli sosteneva che la sostituzione delle macchine al lavoro umano si rivelava in genere dannosa agli interessi della classe dei lavoratori, affermando che “l'opinione, propria della classe

operaia, che l'impiego di macchinari sia spesso nocivo ai suoi interessi, non è fondata su pregiudizi od errori, ma è allineata con i corretti principi dell'economia politica”.

Sia attraverso meccanismi di natura esogena (come per esempio la produzione di nuove macchine) che di natura endogena (come l’aumento della domanda che segue alla diminuzione dei prezzi dovuta al progresso tecnico), il cambiamento tecnologico aveva effetti negativi sull’occupazione.

Un autore che riteneva invece il progresso tecnico essere una variabile fondamentale di tutto il sistema economico, è stato Karl Marx (1818-1883).

Egli poneva l’attenzione soprattutto sull'importanza delle trasformazioni sociali causate dalle "rivoluzioni tecnologiche". Secondo il suo pensiero le macchine incorporavano e codificavano

2 “La Ricchezza delle Nazioni” 1776

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sempre più le varie fasi della produzione. Inoltre, nasceva un settore specializzato in macchine, con un ciclo di vita nel quale esse passavano da inefficienti a standardizzate. Per Marx la disoccupazione tecnologica era provocata da una progressiva sostituzione delle macchine al lavoro. L’innovazione era vista come un processo sociale e non individuale: “la storia delle

invenzioni non è soltanto la storia degli inventori, ma deve essere inserita nell’esame delle relazioni e dei conflitti che esistono tra gruppi e classi di soggetti economici”4.

Importante è anche ricordare lo storico della tecnologia, Abbot Payson Usher (1883-1965); nel suo elaborato5 introdusse il concetto chiave di innovazione come processo di “sintesi cumulativa”, secondo il quale dalla percezione di un problema scaturiva l’introduzione iniziale di un’ innovazione, la successiva modifica e miglioramento. Il suo lavoro è stato particolarmente importante per l’influenza che ha esercitato sulle teorie dell’autore austriaco Joseph Schumpeter (1883-1950). Quest’ultimo infatti è stato colui che ha studiato in modo ampio, approfondito e sistematico il tema dell’innovazione, ritenendola la causa principale del mutamento industriale. Nelle sue tante raccolte di lavori riguardanti l’innovazione e il mutamento tecnologico, è riuscito ad offrire i seguenti contributi:

- innovazione come determinante del mutamento industriale, la quale però doveva essere ben distinta dall’invenzione; quest’ultima rimaneva qualcosa di puramente scientifico o tecnologico mentre fare innovazione significava “far qualcosa di nuovo nel sistema economico, che non derivasse necessariamente da un’invenzione”

- innovazione come nuove combinazioni di mezzi di produzione, cioè nell’introduzione di nuovi beni e/o di nuovi metodi di produzione, nella creazione di nuove forme organizzative, nell’apertura di nuovi mercati e nella conquista di nuove fonti di approvvigionamento”6

4 “Il Capitale”, 1867

5 “A History of Mechanical Inventions” 1921

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- innovazione come risposta creativa che si presentava “ogniqualvolta l’economia o un settore, od alcune aziende di un settore davano qualcosa di diverso, qualcosa che era al di fuori della pratica esistente”7

- innovazione come processo continuo di cambiamento e di accumulo di conoscenza; essa doveva generare un profitto temporaneo, il quale persisteva nel caso in cui l’attività innovativa dell’impresa rimaneva ben sostenuta, altrimenti esso svaniva a causa delle reazioni delle imprese concorrenti.

Il pensiero degli ultimi anni invece si è concentrato sull’attenzione delle caratteristiche determinanti per l’innovazione e le conseguenze che queste offrono sulle dinamiche aziendali e di mercato; si è sottolineato come:

- le opportunità scientifiche e tecnologiche di un’industria agiscono sul tasso di progresso tecnologico

- gli incentivi economici ed in particolare l’appropriabilità dei risultati influiscono enormemente sullo sforzo innovativo delle imprese

- le condizioni di domanda incidono sul tasso di innovazione

- esista una relazione tra struttura di mercato ed innovazione; una struttura di mercato più o meno concentrata genera un tasso di progresso tecnologico che a sua volta modifica significativamente la struttura del mercato.

Un ultimo approccio al tema dell’innovazione è stato proposto dalla filosofia giapponese.

Autori come Tanaka (1998), per esempio, sostengono che “l’innovazione nella sua forma più matura richiede una combinazione integrata di kaizen (miglioramento continuo) e kakushin (innovazione), pertanto le trasformazioni produttive richieste dall’innovazione devono essere

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inquadrate in un’ottica di miglioramento continuo, e di conseguenza, le strategie aziendali d’azione devono essere bilanciate per assecondare queste spinte evolutive del mercato.

Visto che l’innovazione può determinare rotture con il passato, provocando inizialmente potenziali perdite, essi suggeriscono che la scelta economica migliore per guidare il processo di cambiamento è il “kaizen”, ovvero il miglioramento continuo e costante, che avviene grazie ai piccoli accorgimenti quotidiani.

1.2 Il ruolo e i modelli del “Corporate Entrepreneurship”

Il Corporate Entrepreneurship, ovvero l’imprenditorialità aziendale, è il processo attraverso il quale un individuo o un gruppo di essi, per mezzo di un’organizzazione esistente, crea un’ opportunità di business, perseguendo il rinnovamento strategico e introducendo innovazioni all’interno di tale organizzazione.

Esso prevede l’individuazione di opportunità di mercato e la creazione di combinazioni di risorse con cui perseguirle. Esistono 3 tipi di di Corporate Entrepreneurship:

• Corporate Venturing: creazione di nuovi business grazie ad un organizzazione esistente (Burgelman, 1993)

• Strategic Renewal: trasformazione e rinnovo strategico grazie ad un’organizzazione esistente (Kanter, 1983)

• Innovation: cambiamento delle regole della competizione (Schumpeter, 1934)

Il primo è il risultato di un team imprenditoriale il quale, grazie al proprio comportamento, influenza la creazione di risorse aziendali che possono comportare l’offerta di nuovi prodotti, nuovi mercati o entrambi.

Il secondo si riferisce ad una strategia aziendale basata sull’innovazione e il cambiamento del profilo competitivo: ciò significa acquisire ulteriori conoscenze in termini di realizzazione di nuovi prodotti o ridefinire il concetto di business o la mission aziendale.

L’ultimo riguarda invece l’innovazione, riferita all’organizzazione, la quale può rompere nettamente le regole del gioco e di conseguenza gli equilibri del mercato.

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Questi differenti tipi di imprenditorialità possono esistere nella stessa azienda e tutti e tre nello stesso momento. La letteratura dell’imprenditorialità in merito propone cinque attributi comuni:

- proactiveness: è l’atteggiamento proattivo che deve essere innovativo e allo stesso tempo minimizzare i rischi avviando diversi progetti

- aspirations beyond current capabilities: queste aspirazioni devono indicare lo scopo di un continuo miglioramento nella combinazione di risorse

- team orientation: sottolinea il ruolo cruciale che i manager top e middle svolgono nel promuovere e sostenere le idee innovative e creative

- capabilities to problem solving: si riferiscono alle capacità che l’azienda possiede per superare ostacoli e sfide, al fine di rinnovare l’organizzazione o introdurre un’innovazione dirompente

- learning capabilities: questo aspetto, ignorato nel campo dell’imprenditoria pur essendo essenziale, sottolinea la capacità di esplorare e sfruttare le opportunità di mercato facendo affidamento alla pratica e ai risultati di formazione acquisiti nel tempo8.

L’impatto di imprenditorialità aziendale sulla redditività dell’impresa e la crescita di un’azienda hanno spinto i ricercatori a indagare sui fattori organizzativi che possono promuovere o ostacolare il comportamento imprenditoriale, quindi l’esplorazione e lo sfruttamento delle opportunità aziendali (Zahra 1991, Covin 1995).

Per l’attività imprenditoriale sono stati individuati cinque componenti fondamentali (Hornsby et al., 2002):

- availability of resources (informations, knowledge, budget) - presence of supportive organizational structure

- risk taking

- appropriate use of rewards

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• La prima riguarda l’influenza dell’ambiente esterno; un ambiente forte e dinamico accresce l’innovazione e l’imprenditorialità all’interno dell’azienda; nelle attività con alti livelli di opportunità tecnologica, le introduzioni di nuovi prodotti e tecnologie devono essere frutto di ricerche rapide e frequenti, accompagnate da alti livelli di spese in R&S e brevettazioni.

• La seconda riguarda l’influenza dei leader strategici sull’imprenditorialità aziendale; lo stile di gestione influisce notevolmente sul management e chi può dare un indirizzo a questo è il Top management, il Middle management, il CdA, l’imprenditore.

• La terza area riguarda invece il contributo che l’organizzazione offre all’imprenditorialità aziendale. Una struttura burocratica e troppo verticale è considerata una barriera all’innovazione ed al cambiamento; per questo il processo decisionale deve trovare una nuova configurazione e sfruttare al meglio le opportunità del mercato.

• L’ultima classe riguarda il rapporto tra il Corporate Entrepreneurship e la performance; qui si distinguono due linee di pensiero: la prima afferma che il successo aziendale è caratterizzato dalla frequente innovazione e dalla radicazione di questa come vera e propria strategia aziendale. La seconda invece sostiene come le imprese devono equilibrare l’esplorazione e lo sfruttamento delle opportunità per ottenere prestazioni superiori.

In tutto questo il Middle Management possiede un ruolo centrale per apportare valore all’azienda. Secondo Nonaka e Takeuchi (1995), la maggior parte delle innovazioni si originano proprio in questo livello poiché sono i manager funzionali a tenere le relazioni con i fornitori, clienti, enti e istituzioni, banche, potendo quindi osservare meglio di chiunque altro il mercato e analizzare la competizione.

Sono perciò adatti per identificare quelle aree dove sono necessari investimenti per lo sviluppo e l’assunzione di rischi, grazie appunto alla relazione con l’esterno che permette l’acquisto di nuove conoscenze e soprattutto la comprensione degli sforzi all’innovazione da parte di fornitori e concorrenti. 9

9 A. Rigolini, “Corporate Entrepreneurship and Corporate Governance” - The influence of board of

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Passiamo ora ad identificare come l’innovazione può svilupparsi da un punto di vista aziendale e soprattutto ad individuare gli artefici e i promotori di questo cambiamento.

1.3 Le fonti dell’innovazione

Figura 2: Le fonti dell’innovazione Fonte: Schilling, 2009:21

Dallo schema sopra indicato10 si notano le varie sorgenti da cui può scaturire l’innovazione, che secondo la visione di Schilling è possibile immaginare come un sistema complesso dove la singola intuizione deriva da uno o più partecipanti del sistema o dai legami tra i nodi del network. Può essere ideata nella mente di una singola persona, in genere coincidente con l’acquirente/cliente dell’azienda, il quale suggerisce all’ impresa un nuovo prodotto che soddisfa il mercato meglio di quanto non facciano quelli già commercializzati.

In secondo luogo può provenire dagli enti pubblici di ricerca o dalle università, dalle fondazioni private, da organizzazioni no profit, che, essendo agevolate nello svolgimento delle attività dei processi innovativi e possedendo quantitativi finanziari più elevati delle imprese e degli individui

10 Fonte: Schilling M.A., (2009), Gestione dell'innovazione, Milano, Ed. McGraw-Hill, Seconda edizione,

“cap.2”, p. 21

8

l’equilibrio. Esso è lo spontaneo ed improvviso mutamento dei canali del flusso, la perturbazione dell’equilibrio che altera e sposta lo stato di equilibrio precedentemente esistente “1.

Secondo Schumpeter quindi, l’innovazione assume il ruolo di determinante principale del mutamento industriale quale forza che distrugge il vecchio contesto competitivo per crearne uno completamente nuovo. È quindi “una risposta creativa che si verifica ogniqualvolta l’economia, un settore o le aziende di un settore, offrono qualcosa di diverso, qualcosa che è al di fuori della pratica esistente (distruzione creatrice)”2.

1.2 Le fonti dell’innovazione

Un aspetto fondamentale legato all’innovazione è la definizione delle diverse fonti dalle quali essa può scaturire.

SISTEMA DELLE FONTI DI INNOVAZIONE

Fonte: Schilling M.A., (2009), Gestione dell'innovazione, Milano, Ed. McGraw-Hill, Seconda edizione, “cap.2”, p. 21.

1 J.A. Schumpeter, “Teoria dello sviluppo economico”, RizzoliEtas 2013, p.49 2 J.A. Schumpeter, “Teoria dello sviluppo economico”, RizzoliEtas 2013, p.68

IMPRESE INDIVIDUI UNIVERSITA’ ORGANIZZAZIONI NO PROFIT E FONDAZIONI PRIVATE ENTI PUBBLICI DI RICERCA

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20 o comunque tecniche, risorse e competenze più elevate, riescono meglio di chiunque altro a finalizzare la creazione di nuovi prodotti.

Le imprese ovviamente sono generatrici di innovazione; esse infatti per ottenere un grado di differenziazione elevato nei confronti dei competitors, sviluppano internamente, tramite funzioni specifiche, conoscenze di business e apprendimento di ulteriori stimoli per l’individuazione di nuovi processi innovativi. Proprio l’apprendimento riguarda i processi di acquisizione ed accumulazione della conoscenza che avvengono attraverso la ricerca, l’attività produttiva e il marketing. Caratteristiche fondamentali sono anche la multidimensionalità e la cumulatività del processo, che unisce conoscenze formalizzate e condivise a quelle tacite e locali. Le tipologie di apprendimento sono: - Learning by doing - Learning by using - Learning by searching - Learning by interacting - Learning by monitoring

Figura 3: Curva dell’apprendimento

Fonte: M.A. Schilling, F.Izzo “ La gestione dell’innovazione nell’impresa”, McGraw-Hill 2013

E’ presente infine un’ulteriore fonte di innovazione, proveniente dall’interazione e dalle relazioni che possono instaurarsi tra i vari partners del network.

Secondo uno studio effettuato da Verganti e Pisano (2008), esistono quattro diversi tipi di innovazione collaborativa:

- network gerarchico chiuso (circolo d’elite)

- network gerarchico aperto (centro d’innovazione) - network piatto e aperto (comunità innovativa) - network piatto e chiuso (consorzio)

Essi dipendono dal tipo di governance (piatta o gerarchica) e dalle modalità di partecipazione dei membri (aperta o chiusa).

Le imprese ovviamente sono generatrici di innovazione; esse infatti per ottenere un grado di differenziazione elevato nei confronti dei competitors, sviluppano internamente, tramite funzioni specifiche, conoscenze di business e apprendimento di ulteriori stimoli per

l’individuazione di nuovi processi innovativi. Proprio l’apprendimento riguarda i processi di acquisizione ed accumulazione della conoscenza che avvengono attraverso la ricerca, l’attività produttiva e il marketing. Caratteristiche fondamentali sono anche la multidimensionalità e la cumulatività del processo, che unisce conoscenze formalizzate e condivise a quelle tacite e locali. Le tipologie di apprendimento sono:

- Learning by doing - Learning by using - Learning by searching - Learning by interacting - Learning by monitoring

Figura n: Curva dell’apprendimento

Fonte: M.A. Schilling, F.Izzo “ La gestione dell’innovazione nell’impresa”, McGraw-Hill 2013 E’ presente infine un’ulteriore fonte di innovazione, proveniente dall’interazione e dalle relazioni che possono instaurarsi tra i vari partners del network.

Secondo uno studio effettuato da Verganti e Pisano (2008), esistono quattro diversi tipi di innovazione collaborativa:

- network gerarchico chiuso (circolo d’elite)

- network gerarchico aperto (centro d’innovazione) - network piatto e aperto (comunità innovativa) - network piatto e chiuso (consorzio)

Essi dipendono dal tipo di governance (piatta o gerarchica ) e dalle modalità di partecipazione dei membri ( aperta o chiusa).

Questo nuove relazioni tra le imprese e l’esterno sono state oggetto di studio, tanto che nel 2003 l’economista statunitense Henry Chesbrough11 ha coniato un nuovo modello per spiegare

questo fenomeno: “l’Open Innovation”.

11 Henry Chesbrough è un docente di economia presso l’Università della California, a Berkeley. E’

stato colui che per primo ha condotto un dibattito sul rapporto tra innovazione interna ed innovazione esterna, per spiegare come la prima non fosse più economicamente valida per il conseguimento del

La Gestione dell’Innovazione nell’Impresa 17 Economia del Cambiamento Tecnologico

Le fonti dell’innovazione – l’apprendimento

L’apprendimento costituisce un’altra fondamentale fonte di innovazione per le imprese. Esso riguarda i processi di acquisizione ed accumulazione della conoscenza da parte delle imprese, che avvengono attraverso la ricerca, l’attività produttiva e quella di marketing. Caratteristiche fondamentali sono la multidimensionalità e la cumulatività del processo, che unisce conoscenze formalizzate e condivise a quelle tacite e locali.

Sono diverse le tipologie di apprendimento: - Learning by doing - Learning by using - Learning by searching - Learning by interacting - Learning by monitoring Tempo Quantità cumulata Costi medi C

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Questo nuove relazioni tra le imprese e l’esterno sono state oggetto di studio, tanto che nel 2003 l’economista statunitense Henry Chesbrough11 ha coniato un nuovo modello per spiegare questo fenomeno: “l’Open Innovation”.

1.3.1 Un accenno all’Open Innovation

Il modello tradizionale guardava l’innovazione come uno dei fattori principali di vantaggio concorrenziale nei confronti delle altre aziende che agivano sul mercato. Questo portava da una parte a mantenere alte le barriere con l’esterno producendo, attraverso settori di R&S interni, innovazioni delle quali l’azienda era l’unica proprietaria e generando così un vantaggio competitivo nei confronti dei concorrenti basato sulla commercializzazione della ricerca; dall’altro il ricorso a risorse esterne per migliorare e arricchire la ricerca interna veniva ridotto ai minimi termini, visto che l’accento ricadeva su quelle attività di tutela della proprietà intellettuale.

Henry Chesbrough (2003) per primo, nel suo saggio “The Era of Open Innovation”, ha focalizzato l’attenzione sulla trasformazione in atto del modello di innovazione tradizionale (Closed Innovation), ovvero la ricerca fatta all’interno dei confini di impresa, notando come nuovi paradigmi stavano spingendo la ricerca dell’innovazione fuori dalle mura delle aziende.

Secondo l’economista, le dinamiche del cambiamento dei mercati e dei modelli economici stanno rendendo svantaggioso e vulnerabile il modello tradizionale; la mobilità del nuovo mercato del lavoro comporta un irrigidimento della tenuta di conoscenze, know how e talenti all’interno dei confini aziendali, e inoltre si stanno affermando sempre più le filiere e le relazioni orizzontali tra le organizzazioni.

Per questo le aziende non ritengono più necessario sviluppare internamente e interamente la ricerca per generare valore, ma la tendenza diventa quella di puntare su un modello di business che sappia sfruttare e valorizzare le migliori innovazioni che offre il mercato all’esterno.

11 Henry Chesbrough è un docente di economia presso l’Università della California, a Berkeley. E’ stato

colui che per primo ha condotto un dibattito sul rapporto tra innovazione interna ed innovazione esterna, per spiegare come la prima non fosse più economicamente valida per il conseguimento del miglioramento.

(22)

L’innovazione chiusa offre benefici nel momento in cui il network interno è molto esteso da possedere tutte le risorse per poter sviluppare con continuità nuovi prodotti e servizi; quando però questo viene a mancare, diventa più vantaggioso per l’azienda mettere in atto un “networking” che includa agenti esterni come università, start up, istituti pubblici e privati, fornitori esterni, clienti, creando un flusso mobile di informazione e scambio più adattabile alla situazione attuale; un’importante componente che ha facilitato l’attuarsi dell’Open Innovation è stato sicuramente Internet.

Il concetto di Open Innovation nell’”Entrepreneurship” significa “creation of something of

economic value based on new jointly generated ideas that emerge from the sharing of information and knowledge” (Miles et al. 2006 p. 2).

Inoltre è importante osservare come il superamento della Closed Innovation porti all’affermazione di nuove forme di organizzazione caratterizzate dalla “minimizzazione della gerarchia” come meccanismo di coordinamento, anche se vi possono essere alcuni soggetti che mantengono sempre un ruolo baricentrico o di controllo.

Figura 4: Dalla Closed Innovation all’Open Innovation

Fonte: “Henry Chesbrough, Open Business Models: How to Thrive in the New Innovation Lanscape, Harvard Business School Press, 2006

(23)

Nel capitolo 3, quando analizzeremo l’Open Innovation in “Porcelanosa Grupo”, noteremo come questa visione dell’innovazione sia interpretata in modo passivo, con l’”Inbound Open Innovation”, dal momento che l’azienda si avvale di collaborazioni esterne che integrano le proposte indicate dal centro interno di R&S, e in modo attivo, con l’”Outbound Open Innovation”, in quanto la grande mole di conoscenze che genera sistematicamente vengono trasmesse, diffuse e offerte ai partners più disparati.

1.4 Tipologie di innovazione

E’ possibile ora, dopo aver indicato la definizione, le fonti e le componenti dell’innovazione, classificare quest’ultima in tutte le sue tipologie. Premettendo che essa può variare quanto a campo di applicazione, impatto organizzativo e societario, tempi di realizzazione, si cercherà di proporre una visione d’insieme delle principali tipologie, basandosi sull’oggetto dell’innovazione.

Schumpeter per primo, nella “Teoria dello sviluppo economico”, del 1934, aveva individuato:

- Innovazione di prodotto: è l’ introduzione sul mercato di un bene o servizio, nuovo o completamente migliorato, per ciò che riguarda le sue caratteristiche e gli usi per cui è concepito, compresi miglioramenti sostanziali nelle caratteristiche tecniche, nei componenti e materiali, nella facilità d’uso o in altre caratteristiche funzionali12.

- Innovazione di processo: rappresenta l’implementazione di un metodo di produzione o distribuzione nuovo o considerevolmente migliorato, incluse variazioni rilevanti nelle tecniche, nella tecnologia, nelle attrezzature e/o nel software; non è connessa necessariamente a uno o più prodotti.

- Innovazione organizzativa: è il superamento di un nuovo metodo organizzativo nelle pratiche commerciali dell’azienda, nel luogo di lavoro, nelle relazioni esterne, nei metodi di approvvigionamento e nella gestione delle risorse umane.

12 Ibid, 156, p 48

(24)

- Innovazione di marketing: è il miglioramento di un nuovo metodo di marketing che prevede significative modifiche nel design, nel packaging, nel posizionamento del mercato, nella promozione o nel prezzo del prodotto.

Il processo di innovazione viene normalmente innescato per resistere alle pressioni della concorrenza, e altresì per adeguarsi alle modifiche della domanda del mercato, per soddisfare i bisogni dei clienti, ma soprattutto per aumentare il successo dell’impresa, rendendola più competitiva in condizioni più efficaci, ovvero diminuendo i prezzi e i tempi di consegna e aumentando la qualità dei prodotti.

Quello che maggiormente è importante sottolineare è che non è tanto la presenza dell’innovazione che permette alle aziende di ottenere un vantaggio competitivo elevato, bensì un orientamento strategico a monte, che consente di guidare i manager e i membri delle aziende nelle loro decisioni.

1.4.1 Criteri di classificazione delle innovazioni

I criteri di classificazione delle innovazioni dipendono da una serie di fattori che devono essere analizzati uno ad uno.

- Natura intrinseca della novità

Essa riguarda il cambiamento dei processi in atto all’interno dell’azienda, con l’evoluzione e la diffusione di nuove tecnologie di produzione, commercializzazioni e differenti modalità di organizzazione della produzione. La possibilità infatti di:

possono generare un vantaggio competitivo interno.

Nuovi processi di fabbricazione Nuove materie prime

Nuove formulazioni Nuovi processi di distribuzione

(25)

Ma la natura intrinseca della novità può riguardare, oltre che al processo, anche direttamente il prodotto: potremmo avere nuove funzioni o nuovi servizi per il cliente, grazie all’apporto di una miglior risposta alle esigenze dello stesso, grazie a:

Nuove funzioni di base per il prodotto Nuove funzioni supplementari del prodotto

Riduzioni di costo per l’acquirente Questo porta indiscutibilmente ad un vantaggio competitivo esterno. - Intensità dell’innovazione

Le innovazioni possono essere distinte per il grado di novità rispetto alla tecnologia e all’organizzazione. Questa classificazione può essere analizzata a partire dal contenuto dell’innovazione e dall’ampiezza del vantaggio competitivo che comporta, con particolare riferimento all’orizzonte temporale in cui l’innovazione permette un ritorno economico.

Le radicali rappresentano una rottura con i prodotti o i processi esistenti. Da queste innovazioni

in alcuni casi si originano nuove industrie o segmenti di mercato. Sono più rare perché rappresentano un cambiamento totale dell’organizzazione aziendale. L’obiettivo è mettere fuori gioco i prodotti concorrenti attraverso una nuova tecnologia di rottura: per far ciò occorrono ingenti investimenti che porteranno risultati positivi solo nel medio-lungo periodo, ma l’attesa sarà ricompensata da un vantaggio competitivo difendibile: secondo la teoria radicale è ciò che comporta novità nelle usuali conoscenze della società13.

Questa innovazione si addice per l’alta mole dei costi di investimenti alle grandi imprese14.

13 Tohidi, Important factors in determination of innovation type, 2012 14 Malaguti, 2010

Innovazioni radicali

Innovazioni incrementali

(26)

Le incrementali, più diffuse, corrispondono alla realizzazione di nuovi prodotti che presentano

miglioramenti progressivi di prodotti esistenti, ottenuti tramite il potenziamento, la diversificazione o l’aggiunta di ulteriori funzioni rispetto a quelle che contraddistinguevano il prodotto precedente e che gli consentivano di rispondere ai bisogni per cui era stato ideato. Possono però far riferimento anche ad un nuovo e specifico design dominante, una diversa architettura di prodotto o un processo produttivo eterogeneo.

- Effetto sulle competenze all’interno dell’impresa

Le innovazioni “competence enhancing” consistono in una evoluzione della base di conoscenze preesistenti.

Quelle “competence destroying” invece riguardano l’originarsi di una nuova tecnologia da conoscenze e competenze sviluppate recentemente, e non già possedute all’interno dell’azienda.

- Ambito di destinazione

Le innovazioni modulari fanno riferimento a cambiamenti di uno o più componenti del prodotto senza modifiche sostanziali nella configurazione generale del sistema. A parità di architettura del prodotto, la prestazione viene migliorata tramite l’incorporamento di una nuova tecnologia o “modulo”15. 15 Baglieri, 2003 Competence destroying Competence enhancing Innovazioni architetturali Innovazioni modulari

(27)

Quelle architetturali invece riguardano il cambiamento nella struttura generale del sistema o del modo in cui i componenti interagiscono tra di loro. Quest’ultime si reputano più radicali e necessitano delle “competence destroying” rispetto a quelle modulari.

Ovviamente queste tipologie di innovazioni dipendono dall’intervallo temporale e dal contesto settoriale di riferimento16.

- Origine della novità

L’innovazione può nascere sotto la spinta di due macro-variabili:

Da questa classificazione si sono succeduti almeno 3 modelli.

Il primo è l’approccio “Technology Push” o “Science Push”, sviluppatosi introno agli ’50-‘60, dove il prodotto è spinto dall’impresa, frutto di un comportamento volontario e creativo. Il processo di innovazione nasceva prevalentemente dalla funzione R&S. Si seguiva un processo lineare articolato in fasi dove la scoperta scientifica rappresentava il motore dell’avvio dell’innovazione; successivamente i tecnologi la applicavano allo sviluppo di nuovi prodotti e i progettisti la trasformavano in prototipi da sottoporre al mercato. Agli esperti della produzione era lasciato il compito di individuare i procedimenti più efficienti per produrre, mentre al marketing il ruolo di convincere i potenziali compratori ad acquistare il prodotto. In questa visione però il bisogno del cliente ancora non si manifestava.

16 Henderson e Clark, 1990

IMPRESA MERCATO

(28)

Figura 5: Il modello Technology Push

Nel secondo, cosiddetto “Demand Pull”17 o “Market Pull”, adottato dagli anni ’70-’80, il nuovo

prodotto è tirato dal mercato e scaturisce dall’osservazione diretta dei bisogni dei consumatori. L’attività innovativa è rivolta alla soddisfazione di nuovi bisogni che il mercato in qualche modo riesce ad esprimere. In questo modo, secondo i teorici di stampo neoclassico, è possibile per le imprese operare una sorta di ricognizione degli eventuali bisogni insoddisfatti dei consumatori ed intraprendere un’attività di ricerca alla scopo di soddisfarli, tramite il miglioramento dei prodotti esistenti o la creazione di nuovi che si adattino meglio al desiderio del mercato.

Figura 6: Il modello Demand Pull

Questo approccio generalmente porta alla miglioria di prodotti già commercializzati dalle aziende, soddisfacendo un bisogno immediato o futuro del consumatore di cui esso stesso sente l’esigenza18.

17 G. Dosi, "Technological Paradigms and Technological Trajectories", Research Policy (1982), p.149 18 Faraglia, 2015:225

IL CICLO DELL’INNOVAZIONE – MARKET PULL

Ricerca

Ricerca ProgettazioneProgettazione

Produzione

Produzione

Mercato

Mercato

Prodotto

Prodotto ProcessoProcesso

Marketing

Marketing

Concetto

Concetto

Ricerca

Ricerca ProgettazioneProgettazione

Produzione

Produzione

Mercato

Mercato

Marketing

Marketing ProdottoProdotto

Processo

Processo

Concetto

Concetto

IL CICLO DELL’INNOVAZIONE – MARKET PULL Ricerca

Ricerca ProgettazioneProgettazione

Produzione

Produzione

Mercato

Mercato

Prodotto

Prodotto ProcessoProcesso

Marketing

Marketing

Concetto

Concetto

Ricerca

Ricerca ProgettazioneProgettazione Produzione

Produzione

Mercato

Mercato

Marketing

Marketing ProdottoProdotto

Processo

Processo

Concetto

(29)

Ciascuna fase della ricerca scientifica però deve possedere livelli differenti sia di Demand Pull che di Technology Push e proprio la realtà dei fatti dimostra come l’approccio tipicamente utilizzato dalle imprese sia un mix dei due modelli, a causa della elevata rigidità degli stessi19.

Gli studiosi però si sono convinti che esiste una terza tipologia di innovazione che coincide con l’approccio del “Design driven”. Esso sta a significare l’esplicitazione dei bisogni latenti del cliente in seguito ad uno studio dei modelli socio-culturali, agendo su aspetti emozionali e simbolici20. Un esempio su tutti possono essere i prodotti d’arredamento in plastica della Kartell21; a partire dagli anni ’60 la plastica viene reinterpretata fino ad assumere un significato di materiale “nobile”, infrangendo i modelli culturali dominanti che vedevano affermarsi nel settore dell’arredamento materiali come legno, acciaio, marmo, vetro. Il senso di modernità che l’imprenditore di Kartell e la sua organizzazione sono riusciti a dare ai propri prodotti rappresenta un esempio molto importante, che successivamente vedremo nel prossimo capitolo applicato a Porcelanosa, per l’utilizzo di nuovi approcci nella realizzazione dell’innovazione.

19 Rothwell et al., 1974

20 Verganti, 2009:14

21 Azienda italiana nata nel 1949 che produce esclusivamente mobili e oggetti di disegno industriale

(30)

Framework delle tipologie di innovazione22

Figura 7: Framework delle tipologie di Innovazione

Fonte: Schilling M.A., Gestione dell'innovazione, Milano, Ed. McGraw-Hill, II edizione, 2009 E’ possibile infine individuare un ultimo approccio innovativo, ovvero il “Design Thinking”: esso rappresenta un intermedio tra il “Market Pull” e il “Design Driven”. Le imprese cercano sempre di proporre sul mercato un prodotto che abbia significato e valore per il cliente, e perciò può capitare alle volte che quest’ultimo venga coinvolto direttamente nel processo di realizzazione; precisamente si cerca di soddisfare gli “extreme users”, cioè coloro che per primi richiedono un particolare bisogno che inizialmente non esternalizzano, ma di cui denunciano la necessità tramite particolari comportamenti.

1.5 Il processo innovativo

Il successo di un’innovazione è strettamente collegato alla performance finanziaria, poiché un’innovazione di successo può portare ad una riduzione dei costi di produzione di beni e servizi, all’apertura di ulteriori segmenti di mercato, alla diffusione di nuovi prodotti o servizi, che a loro volta possono creare maggiori profitti futuri23.

22 Verganti, “Design-driver innovation”, 2009

(31)

Il processo di sviluppo di un nuovo prodotto o progetto adottato dalle imprese innovative può avvenire in modo:

- sequenziale - parallelo

Nel primo si ha una serie di fasi, o stadi, dove il passaggio alla funzione successiva avviene solamente quando tutte le esigenze della precedente sono soddisfatte; il sopraggiungere di un ritardo in una delle fasi può bloccare l’intero processo. Allo stesso tempo però consente di ridurre l’errore al minimo e un risparmio di risorse dovuto all’azione “filtro” delle diverse fasi, ma non favorisce l’integrazione inter-funzionale; inoltre comporta lentezza nel processo, e questo può provocare e accrescere rischi di fallimento.

Tabella 1: Il processo sequenziale

Fonte: J.J. Lambin, “Market driven management”, Marketing strategico e operativo, McGraw-Hill, 2016

Stadio strategico

Diagnosi di portafoglio prodotti/mercato e scelta di sviluppo nuovi prodotti

Stadio dell’idea

Generazione di nuove idee, valutazione economica e filtraggio

Stadio del lancio

Mercato di prova, lancio, follow-up e analisi della diffusione

Stadio del concetto

Elaborazione del concetto, test del concetto, analisi economica e di rischio

Stadio del prototipo

Sviluppo prototipo, test, piani di marketing alternativi, test preliminari

(32)

Nel secondo invece si velocizza il processo basandosi su team di progetto i cui membri lavorano insieme durante il suo sviluppo. Questi team lavorano in modo totalmente autonomo e l’elaborazione del prodotto avviene mediante un’interazione continua e spontanea.

Questo permette un maggior coordinamento inter-funzionale, un’accelerazione notevole dello sviluppo e alle volte la costruzione di barriere all’entrata mediante i brevetti.

Tabella 2: Il modello Rugby o parallelo Fonte: Takeuchi & Nonaka, (1986)

La velocità diventa quindi un punto di forza per le aziende innovative; secondo S.P. Schnaars 24 essa è appunto fonte di vantaggio competitivo, poiché permette di:

- avere risposte rapide verso i cambiamenti del mercato

- evitare il bisogno di prevedere il futuro: questo perché se invece di provare ad indovinare in quale direzione si muoveranno i mercati, l’impresa si muove alla loro stessa velocità, la flessibilità si sostituisce alla previsione.

- profitti dai nuovi prodotti: le aziende che non commercializzano un flusso costante di nuovi prodotti o materiali tendono al declino.

- imitazioni incontrollate: i concorrenti rubano dai mercati di prova di continuo le idee di nuovi prodotti.

- alimentare il senso della creatività e della sperimentazione: una strategia in rapido sviluppo promuove una cultura del fare e del provare che si oppone all’eccessiva burocrazia e al lavoro da tavolino.

24 1994, Managing Imitation Strategy

Figura n: il modello Rugby o parallelo

Fonte: Takeuchi & Nonaka, (1986)

Sistema di controllo della tecnologia e della concorrenza Ricerca e selezione delle idee Test approvazione del concetto Sviluppo prototipo Sviluppo concetto

prodotto Analisi vendite e scelta obiettivi

Ricerca fornitori Specifica prodotto:

(33)

1.5.1 La generazione di idee di nuovi prodotti

Il processo di elaborazione delle innovazioni inizia dalla generazione di idee di nuovi prodotti che siano coerenti con la strategia di sviluppo scelta.

Alcune imprese adottano un approccio empirico, basandosi sul flusso spontaneo di idee originate da fonti interne/esterne. Il tasso di mortalità di queste è molto alto, e perciò è necessario continuare a produrne di nuove. In generale, le idee buone non arrivano spontaneamente ma occorre organizzarsi e stimolare continuamente la creatività e lo sviluppo.

Diversi sono i metodi che l’impresa può adottare per raccoglierle, cercando di anticipare cambiamenti nei bisogni e non semplicemente rispondendo alle richieste espresse dal mercato. In alcune grandi aziende, per non disperdere le grandi quantità di idee generate dai dipendenti e dai membri dell’organizzazione, è stata istituita la “idea session”, ovvero una sessione di presentazione di 10-15 minuti durante la quale coloro che hanno maturato spunti e iniziative lodevoli possono formalizzarle e confrontarle con i colleghi, ed essere perciò promotori dello sviluppo di un’innovazione.

Per la generazione di idee di nuovi prodotti è possibile utilizzare:

- metodi di analisi funzionale, studiando i prodotti per individuare i possibili miglioramenti - gruppi di creatività o brainstorming, fondati sull’immaginazione e sull’intuito

- generazione di idee da parte dei clienti, le quali si rivolgono a coloro che manifestano insoddisfazioni verso i prodotti esistenti.

(34)

Figura 8: L’imbuto delle idee

Fonte: Schilling M.A. “Gestione dell’innovazione”

Lo scopo di questo filtraggio è ovviamente quello di eliminare le idee incompatibili con le risorse e gli obiettivi dell’impresa, formulando analisi rapide interne e poco costose che individuino solo quelle idee che possono generare progetti o prodotti più meritevoli di studio e che siano scaturite successivamente a:

- ricerche quantitative sugli usi e le propensioni al consumo - tendenze della domanda

- analisi della concorrenza - indagini qualitative esplorative.

In questo modo è possibile individuare al meglio le opportunità di sviluppo.

(35)

1.5.2 Dal Concept alla commercializzazione del prodotto

Una volta eseguita la parziale scrematura è necessario uscire dal campo delle idee per entrare in quello dello sviluppo effettivo del nuovo prodotto.

E’ possibile articolare il procedimento in 7 steps:

1) Generazione e validazione del CONCEPT

Il Concept è la descrizione sintetica, in forma scritta dell’idea di un nuovo prodotto che definisce le principali caratteristiche ed i benefici che ne trarrà il potenziale acquirente.

Generalmente è un breve documento strutturato nella seguente maniera:

Figura 9: Il Concept di prodotto Fonte: Elaborazione personale

1

• Generazione e validazione del CONCEPT, l’idea di prodotto

2

• Progettazione preliminare

3

• Sviluppo del prodotto

4

• Sviluppo del processo

5

• Produzione pilota

6

• Commercializzazione e lancio

7

• Controllo

CONCEPT

CONSUMER INSIGHT (comprensione del consumatore) BENEFIT (beneZicio o promessa) REASON WHY (motivazione ) KEY ELEMENTS (elementi chiave) WRAP UP (conclusione) Eventuali ulteriori elementi addizionali

(36)

§ CONSUMER INSIGHT

Evidenzia un problema che è alla base della soluzione promessa.

Definire un “consumer insight” richiede uno sforzo creativo e non semplicemente di analisi.

§ BENEFIT

Esprime la promessa espressa dal prodotto e sviluppata sulla base del “consumer insight”. E’ un impegno dell’impresa a far si che il prodotto risolva il problema.

§ REASON WHY

Giustifica la promessa fatta dal prodotto e dall’impresa, per esempio:

- dichiarando la presenza di una nuova formula di materiali o componenti particolari - presentando una nuova tecnologia o un nuovo macchinario di produzione

- promuovendo un nuovo packaging - …

§ KEY ELEMENTS

E’ la descrizione di ulteriori elementi che influenzano la percezione del prodotto, rinforzando la promessa e la credibilità del “concept”. Possono essere:

- il brand

- la raccomandazione di un “opinion leader”, in grado di dominare l’opinione del settore

- il vantaggio rispetto ai concorrenti.

§ ELEMENTI ADDIZIONALI

Quando il “concept” ha già superato una serie di verifiche intermedie in termini di fattibilità economica e tecnica, (allineamento ai parametri di performance precedentemente elencati) e sono già state definite alcune caratteristiche del marketing mix, esso può prevedere ulteriori elementi addizionali, che possono essere:

(37)

- dimensione del prodotto - prezzo

- canale distributivo che si intende utilizzare - versioni e modelli disponibili del prodotto.

§ WRAP UP

E’ una specie di riassunto che rafforza la promessa, ricordando al consumatore come la sua esigenza verrà soddisfatta utilizzando il prodotto.

Quando l’obiettivo è quello di progettare un prodotto realmente innovativo o “breakthrough”, il modo di operare più corretto è quello che prevede la formulazione di un grande numero di idee.

2)Progettazione preliminare

La progettazione preliminare è la fase successiva alla generazione del Concept e riguarda una serie di accorgimenti che devono essere messi in atto prima dello sviluppo effettivo del prodotto. Si rende necessario:

- tradurre il concept in specifiche più dettagliate (aspetti tecnici e finanziari)

- piccoli test di produzione e di mercato: con il “Concept Test” si sottopone le domande ad un target group obiettivo, per cercare di estrapolare sostanzialmente due informazioni:

ü che tipo di correzioni possono essere fatte all’idea per renderla più efficace ü la propensione all’acquisto dei soggetti del campione

- targeting e positioning del prodotto - eventuali revisioni del concept.

3) Sviluppo del prodotto

Il primo step dello sviluppo del prodotto si sofferma sulle attività ingegneristiche, di marketing ed economiche. Predisporre queste linee guida è necessario per sviluppare piani di marketing completi, accompagnati da un’analisi economica e tecnica del prodotto. Questa attività va svolta con un orientamento almeno a medio-termine, in modo da effettuare una previsione abbastanza longeva del prodotto.

(38)

Dopodiché si passa alla realizzazione dei primi prototipi fisici e virtuali, ed ai test e simulazioni di laboratorio, in modo da verificare se l’analisi delle informazioni precedentemente elaborate e gli studi sin qui effettuati sono stati messi bene in atto. Occorrerà poi una definizione del marketing mix, inteso come individuazione di nome del prodotto, brand, package, pubblicità, distribuzione, il quale deve essere preceduto da:

- package test

- test del nome: analizzando l’originalità, facilità della pronuncia, memorizzazione.. - test di prezzo

- advertising test.

L’affinamento dell’analisi economico-finanziaria è indispensabile per mostrare sempre analisi costo-beneficio e costo-opportunità, in sostanza, se il lavoro svolto fino ad ora sta dando frutti o meno.

4) Sviluppo del processo

In questo passaggio viene studiata la fattibilità del progetto, in modo da definire: - cicli di lavorazione

- flussi di materiali necessari alla realizzazione del prodotto - layout

- stima dei costi di produzione.

5) Produzione pilota

Tutti i concetti vengono tradotti in prototipi al fine di:

- sottoporli ad un controllo di qualità in modo da ridurre i rischi

- raccogliere gli ultimi suggerimenti ed indicazioni dal target group obiettivo (Ramp up).

6) Commercializzazione e lancio

Sebbene il prodotto si sia realizzato questa rappresenta la fase più delicata dell’intero processo. Prima di immettere il prodotto sul mercato si deve mettere a punto il reale programma di marketing definitivo, effettuare una prova di lancio su una cerchia ristretta di mercato e infine effettuare il lancio vero e proprio, monitorando l’evoluzione dei risultati che si otterranno.

(39)

L’utilizzo di un mercato di prova può presentare dei rischi e dei punti deboli, come, per esempio: - rischio che le risposte del mercato non siano esaurienti in rapporto alla realtà

- possibilità di avere tempi troppo lunghi per feedback esaurienti

- visibilità e possibilità della concorrenza di vedere in anticipo il prodotto.

La difficoltà di questo momento non si limita solo a questo, ma al saper scegliere e definire: - quando: se il nuovo prodotto è destinato a sostituire un precedente, potrebbe essere

opportuno ritardare il lancio fino a quando le scorte del vecchio prodotto saranno esaurite - dove: occorre decidere se lanciare il prodotto in una località, regione, mercato nazionale o

internazionale

- a chi: scegliere i gruppi di potenziali clienti è di vitale importanza per orientare l’azione distributiva e promozionale

- piano promozionale

- piano di commercializzazione - aspetti logistici.

Al giorno d’oggi, è vero che arrivare prima di un concorrente può essere determinante per avere un buon vantaggio competitivo, ma se un’azienda adottasse un approccio simile rischierebbe il furto dell’idea da parte di un concorrente più rapido. E’ opportuno quindi che il sistema subisca delle modifiche, non tanto nelle funzionalità, ma nella forma dello svolgimento. Per questo ogni impresa deve utilizzare il modello implementandolo sulla propria struttura e organizzazione, secondo la visione manageriale dei suoi leader.

7) Controllo

Una volta conclusosi il lancio sul mercato, e trascorso il tempo necessario per effettuare rilevazioni, si rende necessario:

- monitorare e confrontare i risultati delle vendite con le previsioni - effettuare eventuali revisioni di processo

(40)

1.6 Il processo di elaborazione dell’Innovation Strategy

L’innovazione strategica si raggiunge quando un’impresa identifica un gap nel posizionamento strategico e decide di superarlo con una maggiore offerta di valore al cliente o con un miglioramento dell’efficienza.

Essa riguarda l’analisi dei modelli di business e dei concept di prodotto, nonché i sistemi gestionali organizzativi e logistico distributivi, l’esplorazione dei nuovi bisogni e dei nuovi mercati.

Esistono tre dimensioni di analisi di innovazione strategica:

1) WHO: chi sono i clienti target dell’azienda;

2) WHAT: che tipo di prodotto/servizio l’azienda vuole offrire alla clientela;

3) HOW: modo con cui l’azienda intende fornire un sistema di prodotto alla clientela, assicurando efficienza ed efficacia.

Questi tre parametri sono stati individuati da C.C. Markides25 alla fine degli anni ’90 con

l’intento che le aziende, per ridefinire il loro posizionamento competitivo, dovessero ridefinire queste tre domande fondamentali.

Figura 10: Le tre domande dell’innovazione strategica Fonte: Materiale didattico

Con la ridefinizione del Chi, l’azienda si interroga in merito a chi siano i clienti a cui vuole vendere un prodotto o un servizio, cercando di trovare nuovi spunti in termini di segmenti

25 Constantinos C. Markides è un economista cipriota nato nel 1960, professore di leadership strategica

presso la “London Business School”.

WHO

WHAT

(41)

specifici, collocazione geografica, e settore di vendita; una corretta analisi del target dei clienti è alla base di un buon posizionamento strategico. Molte imprese tendono infatti a trascurare e sottostimare le opportunità che possono nascere dalla ricerca di nuovi spazi di offerta.

La risposta alla seconda domanda Che cosa, consiste nel ridefinire l’offerta che l’azienda rivolge alla clientela o, più in generale, il valore che si vuole creare. Per perseguire una strategia di questo tipo è necessario intervenire sui prodotti e migliorarne le caratteristiche anche in virtù del tipo di cliente che si vuole servire. Le modifiche possono riguardare ad esempio prestazioni funzionali, design, facilità di utilizzo.

Nel prossimo capitolo, dedicato al caso “Porcelanosa Grupo”, vedremo come essa abbia agito nello sviluppo di un nuovo prodotto, il Krion, utilizzando proprio l’approccio dell’Innovation Strategy.

La terza ed ultima domanda si riferisce alla capacità dell’organizzazione di modificare i propri processi, più precisamente quelli di distribuzione del prodotto e di comunicazione.

Quando si elabora una strategia è importante avere la consapevolezza di come le attività ed i processi interagiscono tra loro, poiché mentre per i competitor è abbastanza semplice copiare un singolo processo, risulta più complesso replicare un intero sistema di attività.

Le imprese, per poter effettuare innovazione strategica, devono essere in grado di scegliere questi campi d’azione in modo differente dai competitors, e allo stesso tempo dovranno essere altrettanto abili a sviluppare innovazioni in tutte e tre le dimensioni contemporaneamente. Se si sviluppa una strategia innovatrice in un’unica direzione, molto probabilmente l’impresa è destinata al fallimento.

La strategia di innovazione si basa sulla vision della società; l’organizzazione attraverso essa formula ciò che è il suo obiettivo generale in termini di innovazione e chiarisce come intende posizionarsi nei mercati come player innovativo.

La strategia d’innovazione deve essere coerente ed integrata con la strategia aziendale, e perché essa risulti efficace ed efficiente deve essere concepita tra la priorità aziendali e diffusa a tutti i livelli dell’organizzazione.

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