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L'autonomia del diritto dell'Unione Europea alla prova degli arbitrati internazionali in materia di investimenti

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Academic year: 2021

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Dipartimento di Giurisprudenza

Corso di Laurea Magistrale a ciclo unico in Giurisprudenza

L’autonomia del diritto dell’Unione Europea

alla prova degli arbitrati internazionali in materia di investimenti

Il Candidato

La Relatrice

Carlo Favaretto

Prof.ssa Francesca Martines

Il Controrelatore

Prof. Giuseppe Martinico

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Tucked away in the fairyland Duchy of Luxembourg and blessed, until recently, with benign neglect by the powers that be and the mass media, the Court of Justice of the European Communities…

Eric Stein, 1981

Gone are the days of hagiography, when in the eyes of the academy and informed observers the Court could do no wrong. The pendulum has finally swung the other way.

The judicial darling, if there is one today, is Strasbourg, not Luxembourg.

(3)

ABSTRACT

Il principio dell’autonomia dell’ordinamento giuridico dell’Unione Europea è stato inizialmente elaborato dalla Corte di Giustizia in relazione al piano interno, per definire il rapporto con il diritto nazionale degli Stati membri. Successivamente, è stato applicato al piano esterno per filtrare l’influenza del diritto internazionale sul diritto dell’Unione. Nella sua giurisprudenza, la Corte ha ampliato la portata del profilo esterno del principio di autonomia fino a renderlo un impedimento per la partecipazione dell’Unione ai metodi di risoluzione delle controversie internazionali. Questa impostazione, basata principalmente sul monopolio interpretativo della Corte e particolarmente evidente nel Parere 2/13 sull’adesione alla CEDU, è stata utilizzata anche con riferimento agli arbitrati internazionali, in diversi contesti. L’obiettivo della presente tesi è analizzare il fenomeno in relazione agli arbitrati internazionali in materia di investimenti, che coinvolgono l’Unione o uno Stato membro da un lato, e una parte privata di un paese terzo dall’altro, o viceversa. Tali arbitrati derivano dagli accordi di libero scambio conclusi o in corso di negoziazione da parte dell’Unione, uno strumento fondamentale per la politica commerciale comune. Per questo motivo, l’impossibilità di prendervi parte potrebbe ostacolare una piena ed effettiva partecipazione dell’Unione alla comunità internazionale e alla formazione del diritto internazionale. La domanda di ricerca della tesi è quindi: come è possibile garantire che la giurisdizione dei tribunali arbitrali in materia di investimenti rispetti il monopolio interpretativo della Corte, in modo da non compromettere il principio di autonomia dell’ordinamento dell’Unione?

PAROLE CHIAVE

Unione Europea - ordinamento giuridico - autonomia - compatibilità - arbitrati internazionali - investimenti

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SOMMARIO

1 INTRODUZIONE ... 2

1.1 OGGETTO, SCOPO E DOMANDA DI RICERCA ... 2

1.2 DELIMITAZIONE, RAGIONI E CONTESTO ... 8

1.3 METODOLOGIA, STRUTTURA E PRECISAZIONI ... 16

2 I PROTAGONISTI ... 18

2.1 GLI ACCORDI INTERNAZIONALI DELL’UNIONE EUROPEA ... 18

2.1.1 Competenze dell’Unione e accordi misti ... 18

2.1.2 Negoziazione, conclusione e ratifiche nazionali ... 23

2.1.3 Ordinamento “neo-monistico” ed effetti diretti ... 28

2.2 GLI ARBITRATI INTERNAZIONALI IN MATERIA DI INVESTIMENTI ... 38

2.2.1 L’arbitrato come mezzo giuridico di risoluzione delle controversie internazionali ... 38

2.2.2 Origine, funzione e criticità dei sistemi ISDS ... 40

2.2.3 I sistemi ISDS extra-UE derivanti da accordi dell’Unione ... 45

2.2.4 La competenza dell’Unione a concludere accordi internazionali con clausole ISDS ... 48

2.2.5 Altri arbitrati internazionali in materia di investimenti: intra-UE, ECT, extra-UE derivanti da accordi degli Stati membri ... 52

2.3 LA CORTE DI GIUSTIZIA COME CUSTODE DELL’ORDINAMENTO ... 60

2.3.1 L’autonomia nelle relazioni esterne dell’Unione ... 60

2.3.2 Mura, guardiani e palloncini ... 61

3 LA CORTE DI GIUSTIZIA E GLI ARBITRATI INTERNAZIONALI: UNA RELAZIONE IN CRISI ... 64

3.1 I SISTEMI DI RISOLUZIONE DELLE CONTROVERSIE INTERNAZIONALI .... 64

3.2 I SISTEMI ISDS EXTRA-UE ... 68

4 IL TRIBUNALE MULTILATERALE DEGLI INVESTIMENTI COME SOLUZIONE? ... 72

5 CONCLUSIONI ... 74

BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA ... 76

(5)

1

INTRODUZIONE 1.1 Oggetto, scopo e domanda di ricerca

Il diritto dell’Unione Europea nasce come insieme normativo di un’organizzazione sovranazionale che, nel corso del tempo, ha acquisito delle caratteristiche e un livello di integrazione tali da differenziarsi da tutte le altre. Il significato dell’autonomia nell’ambito dell’ordinamento giuridico dell’Unione Europea si coglie in primo luogo proprio nella capacità dell’organizzazione di darsi delle regole proprie, in forza del trasferimento di poteri operato dagli Stati membri. Tuttavia, l’autonomia non deve essere considerata un concetto assoluto, ma relativo.1 Deve cioé essere valutata in relazione

a un diverso ordinamento giuridico. I Trattati non forniscono indicazioni in merito. È stata la Corte di Giustizia, nella sua giurisprudenza, a enucleare l’autonomia come principio inerente a tutto l’ordinamento giuridico dell’Unione. All’origine, il principio è stato elaborato in relazione al diritto nazionale degli Stati membri. Questo profilo interno dell’autonomia era strumentale a definire l’allora Comunità come «un ordinamento giuridico di nuovo genere nel campo del diritto internazionale»,2 che attraverso gli effetti diretti

e il primato del suo diritto aveva la possibilità di distinguersi e di prevalere sul diritto nazionale.

In seguito, il principio in questione si è arricchito di un profilo esterno, relativo ai rapporti con il diritto internazionale. La Corte infatti, nella sua funzione consultiva preventiva, volta a evitare possibili situazioni di incompatibilità con i Trattati di un accordo internazionale già concluso, ha posto l’autonomia come filtro

1 Carattere evidenziato da DE WITTE, Bruno, European Union Law: How

Autonomous is Its Legal Order?, Zeitschrift für öffentliches Recht, 65(1), 2010, 142.

2 C-26/62, Van Gend en Loos, 5 febbraio 1963, ECLI: EU:C:1963:1, [1963] ECR:

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all’influenza del diritto internazionale sul diritto dell’Unione. Il mantenimento dell’autonomia dell’ordinamento è quindi il metro con cui la Corte ha misurato sinora la «compatibilità dell’accordo previsto con i trattati».3

Nell’evoluzione giurisprudenziale, la portata di questo profilo esterno è stata notevolmente estesa. Funzionale a tale estensione è stato il nesso che la Corte ha introdotto tra l’autonomia del diritto dell’Unione e il proprio monopolio interpretativo. La Corte, infatti, dispone di una generale funzione nomofilattica all’interno dell’ordinamento dell’Unione. Essa si esplica nell’ambito dei rinvii pregiudiziali dalle giurisdizioni nazionali, mediante i quali la Corte può pronunciarsi «sull’interpretazione del diritto dell’Unione».4

Questa prerogativa della Corte acquista particolare rilevanza quando un accordo internazionale prevede l’interpretazione delle proprie disposizioni, necessaria per la risoluzione di controversie e vincolante per le parti, da parte di un organo giurisdizionale determinato o appositamente costituito dall’accordo stesso. Nel caso l’Unione Europea sia parte di questo accordo, i procedimenti dell’organismo potrebbero comportare l’interpretazione di norme di diritto dell’Unione, senza che tale attività sia svolta dalla Corte di Giustizia o si inserisca in alcun modo nel circuito del rinvio pregiudiziale. Per garantire la coerenza dell’interpretazione all’interno del sistema giuridico dell’Unione è invece necessario che questa sia uniforme.

Un ulteriore aspetto da tenere in considerazione è il monopolio giurisdizionale della Corte nella risoluzione delle dispute tra Stati membri. Questa giurisdizione le deriva dall’obbligo per gli Stati membri di «non sottoporre una controversia relativa all’interpretazione o all’applicazione dei trattati a un modo di

3 Art. 218, par. 11 TFUE, precedentemente art. 300, par. 6 TCE, precedentemente

art. 228, par. 1 TCEE.

4 Art. 19, par. 3 TUE, che ha sostituito l’art. 220 TCE, precedentemente art. 164

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composizione diverso da quelli previsti dal trattato stesso».5 Questa

eventualità può sorgere nel caso in cui un accordo tra Stati membri, o a cui partecipano gli Stati membri, devolva la risoluzione delle dispute relative allo stesso accordo a un organo giurisdizionale estraneo ai Trattati. E tale «competenza giurisdizionale esclusiva della Corte […] rappresenta un mezzo per garantire l’autonomia dell'ordinamento giuridico».6

In breve, da un lato il legame tra autonomia e monopolio interpretativo, e dall’altro il nesso di strumentalità tra monopolio giurisdizionale e autonomia, fanno già capire come la partecipazione dell’Unione Europea a trattati internazionali che prevedono al loro interno metodi di risoluzione delle controversie sia attentamente presidiata.

Tuttavia, numerosi accordi internazionali di cui è parte l’Unione Europea prevedono al loro interno meccanismi di risoluzione delle controversie tra le parti ad opera di un organo terzo. Essi regolano la costituzione di organismi giurisdizionali per la risoluzione delle controversie stato-stato (o, più precisamente, nel caso dell’Unione, Unione-stato terzo) sia in ambito multilaterale, come è il caso del Dispute Settlement Body dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) e delle diverse opzioni previste dalla Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare (UNCLOS), sia in ambito bilaterale, come nel caso degli accordi di associazione. La Corte ha precisato più volte che «un accordo internazionale che preveda l’istituzione di un giudice incaricato dell’interpretazione delle sue disposizioni e le cui decisioni vincolino le istituzioni, ivi compresa la Corte, non è, in linea di principio, incompatibile con il

5 Art. 344 TFUE, precedentemente art. 292 TCE, precedentemente art. 219 TCEE. 6 AG MADURO, 18 gennaio 2006, in C-459/03, MOX Plant, ECLI:

EU:C:2006:42, [2006] ECR: I-04635, par. 10. Per gli argomenti contrari a tale ricostruzione si veda infra.

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diritto dell’Unione».7 Anzi, «la competenza dell’Unione in materia di

relazioni internazionali e la sua capacità di concludere accordi internazionali comportano necessariamente la facoltà di assoggettarsi alle decisioni di un organo giurisdizionale istituito o designato in forza di tali accordi, per quanto concerne l’interpretazione e l’applicazione delle loro disposizioni».8 Con un altro limite, oltre alle

problematiche legate all’interpretazione: «un accordo internazionale non può pregiudicare l’ordinamento delle competenze stabilito dai Trattati» tra Unione e Stati Membri.9 Diversamente, un accordo

internazionale può incidere sulle competenze della Corte di Giustizia, «a condizione che siano soddisfatte le condizioni essenziali per la preservazione della natura di tali competenze e che dunque non venga pregiudicata l’autonomia dell’ordinamento giuridico dell’Unione».10 Per soddisfare queste condizioni essenziali,

un accordo non deve prevedere che «le soluzioni fornite dalla Corte […] siano prive di valore vincolante»,11 né che venga «messo in

discussione il monopolio del sindacato di legittimità degli atti delle istituzioni comunitarie».12

Delineato l’approccio della Corte, va sottolineato che il rischio di pregiudizio dell’autonomia è reso più concreto da tre fattori che caratterizzano il sistema giuridico dell’Unione sul piano del diritto internazionale: in primo luogo, la classificazione dell’ordinamento giuridico dell’Unione, rispetto al diritto internazionale, come ordinamento monistico, con la conseguenza che ogni accordo

7 C-284/16, Achmea, 6 marzo 2018, ECLI: EU:C:2018:158, par. 57, ma già con

simile formulazione il parere 1/91, EEA/SEE I, 14 dicembre 1991, ECLI: EU:C:1991:490, [1991] ECR: I-06079, parr. 40 e 70, il parere 1/09, Tribunale dei

brevetti europeo, 8 marzo 2011, ECLI: EU:C:2011:123, [2011] ECR: I-01137, par.

74, il parere 2/13, CEDU II, 18 dicembre 2014, ECLI: EU:C:2014:2454, par. 182 e il parere 2/15, EUSFTA/Accordo libero scambio Singapore, 16 maggio 2017, ECLI: EU:C:2017:376, par. 298.

8 Parere 2/13, CEDU II, cit., par. 182. 9 Parere 2/13, CEDU II, cit., par. 201. 10 Parere 2/13, CEDU II, cit., par. 183. 11 Parere 1/91, EEA/SEE I, cit., par. 61.

12 Parere 1/00, ECAA/SACE, 18 aprile 2002, ECLI: EU:C:2002:231, [2002] ECR:

(9)

internazionale ratificato dall’Unione Europea diventa parte dello stesso diritto dell’Unione;13 in secondo luogo, il fatto che gli accordi

che prevedono meccanismi di risoluzione delle controversie con stati terzi non siano ratificati solo dall’Unione Europea, ma anche dai suoi Stati membri, e rientrino quindi nella categoria degli accordi misti;14

in terzo luogo, gli effetti diretti attribuiti in alcuni casi agli accordi internazionali, e quindi alle decisioni degli organismi giurisdizionali creati da tali accordi. Si può quindi capire come, nonostante l’apertura di principio formulata nella giurisprudenza, l’impostazione seguita in concreto dalla Corte relativa al profilo esterno dell’autonomia si riveli uno stringente impedimento per la partecipazione dell’Unione ai meccanismi di risoluzione internazionale delle controversie e agli accordi internazionali che li prevedono.

In linea generale, questi meccanismi sono modellati sull’arbitrato internazionale, con varianti più o meno elaborate. Il modello tipico degli arbitrati internazionali tra stati prevede un collegio giudicante nominato appositamente dalle parti per la risoluzione della controversia insorta. Le regole per la nomina dei giudici sono generalmente volte ad assicurare un numero pari di giudici a ciascuna parte, spesso scelti da liste tenute dai principali organismi internazionali di definizione delle controversie, e un presidente del collegio, già identificato o scelto dagli altri giudici tra personalità imparziali. L’Unione Europea è regolarmente parte di arbitrati internazionali contro altri stati, ad esempio in ambito OMC,15 anche

13 O neo-monistico, secondo la definizione di CANNIZZARO, Enzo, The

Neo-Monism of the European Legal Order, in CANNIZZARO, Enzo, PALCHETTI, Paolo e WESSEL, Ramses A. (a cura di), International Law as Law of the

European Union, Studies in EU External Relations 5, Leida-Boston, Martinus

Nijhoff, 2012, pp. 35-58, su cui infra.

14 Come pure, in tale categoria rientrano gli accordi che prevedono meccanismi di

risoluzione delle controversie con parti private di Stati terzi, come ha accertato il parere 2/15, EUSFTA/Accordo libero scambio Singapore, cit..

15 Complessivamente l’Unione Europea, in ambito OMC, è stata parte di 99 casi

(10)

se la Corte di Giustizia non ha mai avuto occasione di verificarne la compatibilità con i Trattati.16

Al contrario, la Corte ha avuto recentemente occasione di esaminare la compatibilità di accordi internazionali che prevedono arbitrati in cui le parti non siano entrambe stati, bensì una delle due sia una parte privata. In particolare, lo scopo della presente tesi è analizzare il principio di autonomia in relazione agli arbitrati internazionali in materia di investimenti, inclusi negli accordi di libero scambio conclusi o in corso di negoziazione da parte dell’Unione insieme ai suoi Stati membri. Il loro inserimento è stato possibile dopo il Trattato di Lisbona, con l’aggiunta degli investimenti esteri diretti tra gli ambiti della politica commerciale comune,17 di competenza

esclusiva dell’Unione.18 Essi coinvolgono da un lato l’Unione e/o

uno Stato membro, e dall’altro una parte privata, un investitore, di un Paese terzo, oppure da un lato un Paese terzo, e dall’altra una parte privata, un investitore, di uno Stato membro dell’Unione Europea. Per questo sono classificati come meccanismi di risoluzione delle controversie investitore-stato (ISDS). La loro funzione è quella di garantire agli investitori un metodo giurisdizionale efficiente, che operi come incentivo e come garanzia degli investimenti. Per raggiungere questi risultati le controversie in oggetto vengono sottratte alla giurisdizione ordinaria per essere demandate ai tribunali arbitrali, non inclusi nel circuito del rinvio pregiudiziale. Il rischio per l’autonomia dell’ordinamento deriva dalla possibile lesione del riparto di competenze tra Unione e Stati membri e, soprattutto,

https://www.wto.org/english/thewto_e/countries_e/european_communities_e.htm [ultimo accesso: 24 aprile].

16 Né il parere 1/94 relativo all’OMC, né il caso MOX Plant relativo all’UNCLOS

avevano come oggetto la compatibilità con i Trattati della partecipazione dell’Unione Europea ai meccanismi di risoluzione delle controversie previsti nei due accordi.

17 Art. 207, par. 1 TFUE. Non mancano le critiche al comprendere nella nozione di

investimenti esteri diretti anche la risoluzione delle controversie investitore-stato, su cui infra.

(11)

dell’uniformità di interpretazione del diritto, l’aspetto su cui si concentra la presente tesi. Tuttavia, molte critiche di natura politica rendono la questione più delicata rispetto agli arbitrati stato-stato. La domanda di ricerca della tesi è quindi la seguente: come è possibile garantire che la giurisdizione dei tribunali arbitrali in materia di investimenti rispetti il monopolio interpretativo della Corte, in modo da non compromettere il principio di autonomia dell’ordinamento dell’Unione?

1.2 Delimitazione, ragioni e contesto

La presente tesi, pur adottando una prospettiva di diritto dell’Unione Europea, si colloca per oggetto, trattando di arbitrati internazionali, sia nell’ambito del diritto dell’Unione Europea che in quello del diritto internazionale. Più precisamente, il profilo esterno del principio di autonomia è idoneo a delineare proprio il confine tra i due contesti normativi. Al contempo, l’analisi del principio di autonomia non può che essere un’analisi della stessa struttura, autonoma appunto, dell’ordinamento giuridico. In questo senso, la connotazione sistematica data al principio dalla Corte di Giustizia potrebbe far rientrare questa tesi in un possibile ambito più specifico: il diritto “costituzionale” dell’Unione Europea.

La tesi si concentrerà sugli arbitrati internazionali in materia di investimenti, rientranti nei meccanismi ISDS. In particolare, si concentrerà sugli arbitrati extra-UE derivanti dagli accordi di libero scambio conclusi dall’Unione insieme ai suoi Stati membri, su cui la Corte di Giustizia ha recentemente statuito in merito alla competenza19 e sta ora riflettendo in merito alla compatibilità con i

19 Parere 2/15, EUSFTA/Accordo libero scambio Singapore, 16 maggio 2017,

(12)

Trattati.20 Inevitabilmente, pur non rientrando nell’oggetto della

trattazione, si accennerà anche agli arbitrati internazionali extra-UE derivanti dagli accordi conclusi dagli Stati membri con stati terzi prima dell’attribuzione della competenza all’Unione,21 come pure

agli arbitrati internazionali intra-UE, derivanti dagli accordi bilaterali o multilaterali di investimento tra Stati membri.22 Su questi ultimi la

Corte di Giustizia si è espressa in maniera definitiva, con spunti applicabili anche all’ambito extra-UE.23 Inoltre, alcune questioni

giuridiche che pongono gli investimenti sono comuni agli arbitrati internazionali stato-stato (o, nel caso dell’Unione, Unione-stato terzo), quindi nel ripercorrere la giurisprudenza si farà riferimento anche a pronunce relative a questi ultimi, pur non costituendo l’obiettivo dell’analisi. Rispetto all’ambito degli investimenti infatti, gli arbitrati stato-stato presentano maggiore eterogeneità di modelli e meno contestazioni di natura politica. In generale, le minacce all’autonomia dell’ordinamento giuridico non derivano solo dallo strumento arbitrale, ma da tutti i sistemi di risoluzione internazionale delle controversie, includendo in questa nozione anche sistemi elaborati come la Corte Europea dei Diritti Umani (CEDU). Tuttavia, sono gli arbitrati in materia di investimento lo strumento all’attenzione della Corte in questo momento. Il taglio scelto si limiterà ai risvolti degli arbitrati internazionali sull’autonomia dell’ordinamento giuridico dell’Unione Europea, ponendo in secondo piano le questioni più procedurali di rappresentanza nelle controversie e di allocazione della responsabilità per i risarcimenti.

20 Parere 1/17, CETA/Accordo libero scambio Canada, pendente.

21 Si tratta di 1384 accordi bilaterali in vigore tra Stati membri e stati terzi, come

pure dell’unico accordo multilaterali di cui sono membri gli Stati membri insieme all’Unione, il Trattato sulla Carta dell’Energia, noto con l’acronimo inglese ECT (Energy Charter Treaty). I dati sugli accordi di investimento e sugli arbitrati sono aggiornati al 31 dicembre 2018 e sono tratti dalle banche dati dell’Investment Policy Hub dell’UNCTAD, disponibili su:

https://investmentpolicyhubold.unctad.org [ultimo accesso: 24 aprile].

22 Si tratta di 196 accordi bilaterali tra Stati membri, a cui dopo la sentenza Achmea

gli investitori non possono più fare ricorso.

(13)

Infine, il profilo dell’autonomia analizzato è quello relativo al rispetto del monopolio interpretativo della Corte di Giustizia. Non è l’unico requisito per il mantenimento dell’autonomia enucleato dalla Corte, come si mostrerà, ma è quello che risulta più complesso da soddisfare e che ricorre in tutte le pronunce in materia, facilitando la comparazione della giurisprudenza.

Perché dunque occuparsi di arbitrati internazionali in materia di investimenti? Si tratta di una questione di rilevanza solo giuridica? La risposta alla prima domanda in parte risiede in quello a cui si accennava nell’inquadramento della materia. Essa permette di partire da un tema specifico di diritto internazionale per arrivare al diritto dell’Unione Europea, giungendo fino ai fondamenti del suo ordinamento giuridico. Quindi, in primo luogo, si tratta di un ottimo argomento per capire a fondo la struttura del sistema giuridico dell’Unione. Per altro verso, questa analisi ha anche un risvolto utile alla pratica del diritto. Attualmente infatti è solo uno l’accordo in vigore che prevede arbitrati tra Unione e investitori,24 ma sono le

clausole inserite negli accordi di libero scambio dell’Unione, conclusi o in corso di negoziazione e non ancora conclusi, a costituire per la Corte la sfida all’autonomia dell’ordinamento europeo, la minaccia di far divenire quest’ultimo la produzione di un’organizzazione sovranazionale non separata dal resto del contesto internazionale.25 Sono questi i cosiddetti accordi di libero scambio di

nuova generazione, di cui il Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP) con gli Stati Uniti doveva essere il prototipo. Essi comprendono non solo l’annullamento o la forte riduzione dei dazi doganali, ma anche la tutela delle indicazioni geografiche, il riconoscimento di diritti di proprietà intellettuale, l’apertura delle procedure di appalti pubblici e, appunto, l’incentivo e la protezione

24 L’ECT.

25 Ad esempio, per limitarsi a quelli giunti all’attenzione della Corte, l’accordo di

(14)

degli investimenti attraverso sistemi alternativi di risoluzione delle controversie. Per la risoluzione di queste controversie arbitrali di elevata complessità e per rispondere alle critiche di natura politica mosse a questo modello, sarà necessario un ulteriore sviluppo dei sistemi giurisdizionali e dei metodi decisionali elaborati finora negli arbitrati stato-investitore.26 Non è un caso che la proposta di riforma

complessiva del sistema internazionale di protezione degli investimenti, attualmente in discussione nell’ambito degli organismi delle Nazioni Unite, sia nata proprio dalle difficoltà di partecipazione dell’Unione Europea agli attuali arbitrati stato-investitore.27

Passando alla seconda domanda, la rilevanza della questione, l’importanza del fenomeno non è limitata solo alla sfera giuridica. Si può evidenziare un profilo economico e un profilo politico che ne influenzano lo sviluppo. Innanzitutto, va ricordato come le clausole ISDS nascano come tutela per gli investitori, più incentivati a compiere investimenti avendo la certezza di un sistema di risoluzione delle controversie tendenzialmente più efficiente del sistema giurisdizionale domestico dello stato dove sono stati effettuati gli investimenti (cosiddetto stato ospite). I sistemi ISDS sono quindi una dei pochi mezzi di risoluzione internazionale delle controversie che, al pari del sistema CEDU, garantiscono un diritto d’azione all’individuo contro lo stato. Si tratta quindi della sottrazione alla giurisdizione nazionale di una certa categoria di controversie. Una categoria particolare, data l’importanza delle cifre economiche in gioco. Dal 1987 a oggi, il valore medio dei risarcimenti attribuiti agli investitori, quando lo stato convenuto in giudizio è stato ritenuto responsabile, ha raggiunto i 125 milioni di dollari.28 Presso

26 Dal 1987 a oggi si sono svolti 855 arbitrati stato-investitore, come riportato su

UNCTAD, Investor-State Dispute Settlement: Review of Developments in 2017, IIA Issues Note - International Investment Agreements, giugno 2018, p. 2.

27 Si fa riferimento al progetto di Tribunale Multilaterale degli Investimenti, su cui

infra.

28 UNCTAD, Investor-State Dispute Settlement: Review of Developments in 2017,

(15)

l’opinione pubblica, queste cifre si scontrano con il sospetto e la scarsa fiducia in procedure spesso confidenziali. Per questo motivo gli arbitrati investitore-stato sono diventati anche oggetto di scontro politico, rientrando tra le ragioni di opposizione ai grandi accordi come TTIP e CETA. La Commissione Europea, sostenitrice fin dall’inizio dell’integrazione dei meccanismi ISDS negli accordi di libero scambio, all’inizio della presidenza Juncker ha cercato di smarcarsi da questa posizione. Cecilia Malmström, attuale commissario europeo al commercio, favorevole agli arbitrati investitore-stato, prima della votazione di investitura del Parlamento Europeo fu oggetto di una vicenda curiosa. La sera prima del suo intervento davanti alla commissione parlamentare competente, la bozza del discorso fu modificata a sua insaputa e inviata ai parlamentari da Martin Selmayr, all’epoca capo di gabinetto del presidente Juncker. Il discorso modificato prendeva una netta posizione contro i meccanismi ISDS, costringendo il commissario Malmström ad ammettere durante l’audizione che il sistema poteva essere sottoposto a revisioni.29 L’episodio dimostra come anche

all’interno delle istituzioni europee e tra gli Stati membri (in questo caso, la Germania) la tematica sollevi opposizioni. Non è un caso che l’anno scorso il presidente della Corte Internazionale di Giustizia, davanti all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, abbia annunciato che i giudici della Corte non siederanno più negli organi giudicanti di arbitrati internazionali, in particolare arbitrati investitore-stato.30 L’annuncio, pur motivato dalla riduzione del

carico di lavoro della Corte, è volto in realtà a preservare l’integrità e

29 La vicenda è raccontata in SPIEGEL, Peter, Malmström vs Selmayr: the tale of

the track changes, Financial Times, 30 settembre 2014, [online] disponibile su:

https://www.ft.com/content/324d5207-84cd-315e-80a2-7fbc61fb939e [ultimo accesso: 24 aprile].

30 YUSUF, Abdulqawi Ahmed, Speech by H.E. Mr. Abdulqawi A. Yusuf, President

of the International Court of Justice, on the occasion of the Seventy-Third Session of the United Nations General Assembly, 25 ottobre 2018, disponibile su:

https://www.icj-cij.org/files/press-releases/0/000-20181025-PRE-02-00-EN.pdf [ultimo accesso: 24 aprile].

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l’indipendenza della Corte rispetto agli arbitrati internazionali, ritenuti invece privi di tali caratteristiche. Una conseguenza pratica di questa decisione è che il novero delle persone con esperienza nominabili nei collegi arbitrali si riduce, richiedendo nuove competenze proprio nel momento in cui si cerca di riformare il sistema ISDS.31

Nell’analisi si terrà quindi conto delle criticità che presentano gli arbitrati internazionali investitore-stato, soprattutto dal punto di vista della trasparenza e della tutela dei diritti. Si vedrà infatti come non in tutti i casi i luoghi comuni sono fondati, ma è chiaro fin da ora che il quadro politico e lo sviluppo giuridico della materia sono legati. Volendo contestualizzare il tema, vale la pena evidenziare che i sistemi ISDS sono funzionali a una politica commerciale di apertura. Pur derivando principalmente da trattati bilaterali, sono volti alla tutela di un libero flusso di investimenti e per molti aspetti sono complementari al sistema multilaterale dell’Organizzazione Mondiale del Commercio o si appoggiano alle regole di altre organizzazioni internazionali.32 Ora, con il cambio di

31 Sulle conseguenze della decisione dei giudici della Corte Internazionale di

Giustizia si vedano le due pronte reazioni di MUSTO, Callum, New Restrictions on

Arbitral Appointments for Sitting ICJ Judges, EJIL: Talk!, 5 novembre 2018,

[online] disponibile su: https://www.ejiltalk.org/new-restrictions-on-arbitral-appointments-for-sitting-icj-judges/ [ultimo accesso: 24 aprile] e SOURGENS, Frédéric Gilles, Failing the Hague Stress Test, EJIL: Talk!, 6 novembre 2018, [online] disponibile su: https://www.ejiltalk.org/failing-the-hague-stress-test/ [ultimo accesso: 24 aprile]. Per una genesi della decisione, con i dati dell’effettiva partecipazione dei giudici ai collegi arbitrali, si veda DAVOISE, Marie, Can’t

Fight the Moonlight? Actually, You Can: ICJ Judges to Stop Acting as Arbitrators in Investor-State Disputes, EJIL: Talk!, 5 novembre 2018, [online] disponibile su:

https://www.ejiltalk.org/cant-fight-the-moonlight-actually-you-can-icj-judges-to-stop-acting-as-arbitrators-in-investor-state-disputes/ [ultimo accesso: 24 aprile].

32 Sul tema della convergenza tra sistema OMC e diritto degli investimenti

KURTZ, Jürgen, The WTO and International Investment Law. Converging

Systems, Cambridge, Cambridge University Press, 2016. Una versione più sintetica

della tesi della convergenza del diritto degli investimenti e del sistema OMC è fornita dallo stesso autore in KURTZ, Jürgen, Charting the Future of the Twin Pillars of International Economic Law, Jerusalem Review of Legal Studies, 9(1), 2014, 36-51 e CHO, Sungjoon e KURTZ, Jürgen, Converging Divergences: A Common Law of International Trade and Investment, Chicago - Kent College of Law Research Paper No. 2, [online] disponibile su: https://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=2546326 [ultimo accesso: 24

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amministrazione negli Stati Uniti, la chiusura delle trattative per la conclusione del TTIP e l’introduzione di dazi sulle importazioni, il sistema multilaterale del commercio internazionale è seriamente in pericolo. Rischia di essere definitivamente compromesso il prossimo 10 dicembre 2019, quando due dei tre membri rimanenti dell’Organo di Appello dell’OMC cesseranno il loro secondo mandato. L’organismo necessita di almeno tre giudici per emettere validamente le proprie decisioni e fisiologicamente dovrebbe essere costituito da sette membri, ma da mesi gli Stati Uniti non danno il proprio assenso alla nomina di nuovi componenti.33 Il definitivo

stallo del sistema giurisdizionale OMC aprirebbe la strada al libero comportamento non sanzionato degli stati negli scambi internazionali.34 Gli accordi di libero scambio rappresentano perciò

per l’Unione un’alternativa sempre più concreta nel prossimo futuro per mantenere un proprio sistema commerciale regolato e rispettato. Infine, per quanto riguarda il contesto accademico in cui si inserisce la questione, il tema dell’autonomia dell’ordinamento giuridico dell’Unione Europea è stato notevolmente approfondito, sotto diversi punti di vista, dai maggiori studiosi di diritto dell’Unione Europea. Molti di loro negli ultimi anni, a seguito delle pronunce della Corte, hanno dedicato diversi articoli specificamente alla compatibilità dei diversi sistemi di risoluzione delle controversie con il principio di

aprile]. Quest’ultimo contributo è stato poi rielaborato in CHO, Sungjoon e KURTZ, Jürgen, Convergence and Divergence in International Economic Law and Politics, European Journal of International Law, 29(1), 2018, 169-203.

33 Per l’inquadramento della vicenda si veda SACERDOTI, Giorgio, Lo stallo

dell’Organizzazione Mondiale del Commercio davanti alla sfida di Trump: difficoltà passeggere o crisi del multilateralismo?, Diritto Pubblico Comparato ed

Europeo, XX(1), 2018, V-XII.

34 Sul rischio di una spirale di comportamenti gravemente illegali degli stati nel

commercio internazionale (“black lies”), seguiti da atti meno gravi ma comunque contrari al diritto OMC (“white lies”), si veda WEILER, Joseph Halevi Horowitz, Editorial, European Journal of International Law, 29(2), 2018, 339-344, pubblicato anche come WEILER, Joseph Halevi Horowitz, Black Lies, White Lies

and Some Uncomfortable Truths in and of the International Trading System, EJIL:

Talk!, 25 luglio 2018, [online] disponibile su https://www.ejiltalk.org/black-lies- white-lies-and-some-uncomfortable-truths-in-and-of-the-international-trading-system/ [ultimo accesso: 24 aprile].

(18)

autonomia.35 La principale posizione secondo cui possono essere

raggruppati è la seguente: un primo gruppo, minoritario, ritiene che l’atteggiamento della Corte di estrema tutela dell’autonomia sia giustificato e si ponga in continuità con la giurisprudenza precedente;36 un secondo gruppo, maggioritario, ritiene che quella

della Corte sia una deriva “egoista”,37 non del tutto coerente con la

precedente giurisprudenza, che rischia di allontanare l’Unione dal suo ruolo di protagonista dello scacchiere internazionale e il suo ordinamento dal resto del diritto internazionale.38 La presente tesi si

potrebbe inquadrare nel secondo orientamento. Questo lavoro giunge in un momento di attesa per la decisione della Corte sulla compatibilità degli arbitrati extra-UE, dopo che ha già avuto l’ultima parola sugli arbitrati intra-UE.39 Il momento è quindi opportuno per

valutare lo stato della riflessione della Corte. L’originalità del lavoro è data, da un lato, dall’analisi delle possibili soluzioni per garantire che i sistemi ISDS non compromettano il principio di autonomia, e dall’altro, dalle conclusioni che collegano l’ostilità politica e il conseguente sviluppo giuridico, e lo sviluppo giuridico con l’andamento del ricorso agli arbitrati.

35 Tanto da far scrivere a Joseph Weiler in un recente editoriale per lo European

Journal of International Law: «For example, we may not wish to publish in one year five articles on, say, […] investment arbitration». Si veda WEILER, Joseph Halevi Horowitz, Editorial, cit., 343-344, pubblicato anche come WEILER, Joseph Halevi Horowitz, Authors of EJIL – Customer Care, EJIL: Talk!, 24 luglio 2018, [online] disponibile su: https://www.ejiltalk.org/authors-of-ejil-customer-care/ [ultimo accesso: 24 aprile].

36 In questo primo gruppo potrebbero essere ricomprese Eckes e Govaere.

37 Il riferimento è all’espressione coniata da DE WITTE, Bruno, A Selfish Court?

The Court of Justice and the Design of International Dispute Settlement Beyond the European Union, in CREMONA, Marise e THIES, Anne (a cura di), The

European Court of Justice and External Relations Law. Constitutional Challenges,

Modern Studies in European Law 49, Oxford-Portland, Hart, 2014, pp. 33-46.

38 In questo secondo gruppo potrebbero essere ricompresi Cremona, De Witte,

Mavroidis, Wessel, Thies, Hillion, Odermatt e Cantore.

39 Almeno per gli arbitrati derivanti da accordi bilaterali intra-UE. Per gli arbitrati

derivanti da accordi multilaterali intra-UE, quelli derivanti dall’ECT, le conseguenze della sentenza Achmea sono contestate. In proposito infra.

(19)

1.3 Metodologia, struttura e precisazioni

La metodologia di ricerca utilizzata è prevalentemente il metodo dottrinale, consistente nell’analisi della giurisprudenza e dei documenti ufficiali. Quest’analisi è bilanciata dai riferimenti alle riflessioni della dottrina e dal ragionamento elaborato secondo il taglio del lavoro. Dove opportuno, specialmente nella presentazione del sistema degli arbitrati internazionali, nella descrizione delle possibili soluzioni e nelle conclusioni, questa metodologia è combinata con l’approccio “law in context”, con riferimento al contesto storico e politico, per permettere una migliore comprensione delle ragioni delle scelte giurisprudenziali e dell’evoluzione giuridica.

La struttura del lavoro, escluse l’introduzione e le conclusioni, si compone di tre parti. La prima parte è destinata alla presentazione dei protagonisti della questione giuridica: le disposizioni di diritto dell’Unione Europea sugli accordi internazionali, gli arbitrati internazionali in materia di investimento, il ruolo della Corte di Giustizia come custode dell’ordinamento giuridico dell’Unione. La seconda parte prende in analisi gli accordi di libero scambio e la giurisprudenza della Corte, per identificare principi e limiti che, partendo dal rispetto dell’autonomia dell’ordinamento, regolano ad ora la partecipazione dell’Unione agli arbitrati in materia di investimento. Infine, la terza parte cerca di identificare e proporre, sulla base di quanto affermato dalla giurisprudenza, le possibili soluzioni per rendere compatibili i sistemi ISDS con il principio di autonomia.

È opportuno infine chiarire alcune scelte terminologiche, a partire dall’utilizzo dell’espressione “autonomia del diritto dell’Unione Europea” nel titolo. A rigore, la traduzione dei testi delle sentenze della Corte parla di “autonomia dell’ordinamento giuridico”, ma

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nella dottrina italiana è più usuale parlare di “autonomia del diritto”. Qui le due espressioni sono utilizzate come sinonimi, come pure, per esigenze di scorrevolezza del testo, talvolta si utilizza la formula meno tecnica “autonomia del sistema giuridico”. Inoltre, la caratteristica dell’autonomia è stata attribuita inizialmente all’allora Comunità Europea. Si farà quindi riferimento alla Comunità quando necessario per questioni temporali, altrimenti con il riferimento all’Unione Europea si riterrà incluso anche il periodo temporale antecedente al Trattato di Lisbona. Ugualmente, i principi rilevanti sono stati elaborati dalla Corte di Giustizia, ma alcune pronunce sono state emesse dal Tribunale, che sarà citato quando necessario, altrimenti il riferimento alla Corte comprenderà tutte le pronunce. Per gli articoli sarà specificata in nota la numerazione antecedente al Trattato di Lisbona solo quando essa è riportata dalla giurisprudenza citata, in modo da evitare confusione, ma nel testo verrà utilizzata la numerazione attualmente in vigore.

Infine, un’ultima precisazione riguardante l’oggetto della tesi. La negoziazione di accordi di libero scambio e, al loro interno, di clausole che prevedono arbitrati in materia di investimenti è una scelta politica, come tale soggetta a critiche, ed è una scelta che rispecchia certe politiche economiche e commerciali. Nella presentazione del tema e nelle conclusioni si cercherà quindi di non darla per scontata. Allo stesso tempo però, si terrà conto del fatto che anche i presupposti su cui questa scelta si fonda, quelli della libera circolazione nel mercato interno e della politica commerciale comune dell’Unione, non sono scelte neutre nella loro genesi.

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2 I PROTAGONISTI 2.1 Gli accordi internazionali dell’Unione Europea

2.1.1 Competenze dell’Unione e accordi misti

Per contestualizzare gli arbitrati internazionali in materia di investimenti a cui partecipa l’Unione è opportuno introdurre sinteticamente gli strumenti giuridici dai quali derivano: gli accordi internazionali conclusi dall’Unione Europea o dall’Unione Europea insieme ai suoi Stati membri. Infatti, la competenza dell’Unione di concluderli, esclusiva o concorrente, e le loro caratteristiche all’interno dell’ordinamento una volta conclusi, influenzano il rischio che secondo la Corte i sistemi ISDS possono rappresentare per l’autonomia.

L’art. 216, par. 1 TFUE stabilisce che «l’Unione può concludere un accordo con uno o più paesi terzi o organizzazioni internazionali qualora i trattati lo prevedano o qualora la conclusione di un accordo sia necessaria per realizzare, nell’ambito delle politiche dell’Unione, uno degli obiettivi fissati dai trattati, o sia prevista in un atto giuridico vincolante dell’Unione, oppure possa incidere su norme comuni o alterarne la portata». La disposizione evidenzia un ambito di competenze esplicite o espresse a concludere accordi internazionali («qualora i trattati lo prevedano […] o sia prevista in un atto giuridico vincolante dell’Unione») e uno di competenze implicite («qualora la conclusione di un accordo sia necessaria per realizzare, nell’ambito delle politiche dell’Unione, uno degli obiettivi fissati dai trattati […] oppure possa incidere su norme comuni o alterarne la portata»).

(22)

Il riferimento alle competenze implicite costituisce la positivizzazione di una lunga evoluzione giurisprudenziale,40

cominciata con la sentenza ERTA/AETR/AETS.41 Tale orientamento,

denominato teoria dei poteri impliciti o delle competenze implicite,42

inizialmente sosteneva che l’adozione di un atto comunitario rendeva possibile la formazione di corrispondenti competenze della Comunità sul piano esterno.43 Successivamente, la Corte ha ritenuto, secondo

un principio di complementarietà,44 che la semplice previsione

espressa di competenze comunitarie sul piano interno permetteva di fondare competenze esterne implicite della Comunità.45 Infine, la

Corte è giunta a concludere, in base al principio del parallelismo,46

che la Comunità disponeva di competenze sul piano esterno qualora

40 ADAM, Roberto e TIZZANO, Antonio, Manuale di diritto dell’Unione

Europea, Torino, Giappichelli, 2017II, p. 823 e CRAIG, Paul e DE BÚRCA,

Gráinne, EU Law. Text, Cases and Materials, Oxford-New York, Oxford University Press, 2015VI, pp. 309 e 319.

41 C-22/70, ERTA/AETR/AETS, 31 marzo 1971, ECLI: EU:C:1971:32, [1971]

ECR: 00263.

42 Un’espressione presa a prestito dal lessico dei sistemi federali, come ricorda

MARTINICO, Giuseppe, The Federal Language and the European Integration Process: the European Communities viewed from the US, Politique européenne, 53(3), 2016, 51, utilizzata già da WEILER, Joseph Halevi Horowitz, The Transformation of Europe, Yale Law Journal, 100, 1991, 2416, contributo poi confluito in WEILER, Joseph Halevi Horowitz, The Constitution of Europe. “Do

the new clothes have an emperor?” and other essays on European integration,

Cambridge, Cambridge University Press, 1999, pp. 10-101.

Per un inquadramento del ruolo della dottrina ERTA/AETR/AETS nello sviluppo delle caratteristiche federali dell’ordinamento dell’Unione si veda da ultimo SCHÜTZE, Robert, Foreign Affairs and the EU Constitution, Cambridge, Cambridge University Press, 2014, pp. 287-298 e, prima ancora, di nuovo WEILER, Joseph Halevi Horowitz, Mixity and the Federal Principle: external

legal relations of non-unitary actors, in SCHERMERS, Henry G. e O’KEEFFE,

David (a cura di), Mixed Agreements, Deventer-Boston, Kluwer Law and Taxation, 1983, pp. 35-83, poi confluito in WEILER, Joseph Halevi Horowitz, The

Constitution of Europe. “Do the new clothes have an emperor?” and other essays on European integration, cit., pp. 130-187.

43 C-22/70, ERTA/AETR/AETS, cit., par. 28.

44 Nel senso che le competenze esterne della Comunità erano intese come

complementari alle competenze interne. Così denominato da DASHWOOD, Alan e HELISKOSKI, Joni, The Classic Authorities Revisited, in DASHWOOD, Alan e HILLION, Christophe (a cura di), The General Law of EC External Relations, Londra, Sweet and Maxwell, 2000, pp. 9-11.

45 C-3,4,6/76, Kramer, [1976] ECR: 1279, par. 30.

46 TRIDIMAS, Takis e EECKHOUT, Piet, The External Competence of the

Community and the Case-Law of the Court of Justice: Principle versus Pragmatism, Yearbook of European Law, 14, 1994, 151.

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le fossero attribuite dai Trattati sul piano interno per raggiungere un determinato obiettivo e la partecipazione della Comunità all’accordo internazionale fosse necessaria per raggiungere quell’obiettivo.47

Questa è la costruzione giuridica che supporta tuttora le competenze implicite dell’Unione Europea nel campo delle relazioni esterne secondo il Trattato di Lisbona e che le garantisce unità nell’azione esterna.48 Ai fini della presente tesi, è utile notare come la dottrina

ERTA/AETR/AETS, per salvaguardare le competenze interne

dell’Unione, valorizzi la necessità di unità ed efficacia della sua azione esterna.49 Si vedrà che questa considerazione sulla presenza

dell’Unione sul piano internazionale, giuridica e politica allo stesso tempo, qui funzionale all’estensione delle competenze dell’Unione, risulti molto ridimensionata nella valutazione della compatibilità con i Trattati dei meccanismi di risoluzione delle controversie contenuti in accordi internazionali dell’Unione.50

Per altro verso, la stessa esigenza di unità dell’azione esterna sembrerebbe comportare che il riconoscimento di competenze implicite in capo all’Unione per la conclusione di un accordo internazionale richieda un trasferimento di queste a favore dell’Unione, e quindi una sua competenza esclusiva.51 In realtà, le

competenze implicite dell’Unione sul piano esterno possono essere sia esclusive che concorrenti. Le competenze implicite esclusive sono quelle che, riecheggiato dall’art. 216, par. 1 TFUE, prevede l’art. 3, par. 2 TFUE: «L’Unione ha […] competenza esclusiva per la conclusione di accordi internazionali allorché tale conclusione è

47 Parere 1/76, Accordo fondo europeo navigazione interna, 26 aprile 1977, ECLI:

EU:C:1977:63, [1977] ECR: 00741, parr. 3-4.

48 POST, Robert, Constructing the European Polity: ERTA and the Open Skies

Judgement, in POIARES MADURO, Miguel e AZOULAI, Loïc (a cura di), The

Past and Future of EU Law, Oxford-Portland, Hart, 2010, pp. 242-243.

49 Come nota CREMONA, Marise, EU External Relations: Unity and Conferral of

Powers, in AZOULAI, Loïc (a cura di), The Question of Competence in the

European Union, Oxford-New York, Oxford University Press, 2014, p. 68.

50 Infra.

51 CREMONA, Marise, EU External Relations: Unity and Conferral of Powers,

(24)

prevista in un atto legislativo dell’Unione o è necessaria per consentirle di esercitare le sue competenze a livello interno o nella misura in cui può incidere su norme comuni o modificarne la portata». Le competenze implicite concorrenti sono quelle non rientranti negli altri ambiti di competenza, secondo quanto afferma l’art. 4, par. 1 TFUE, e non elencate all’art. 4, par. 2 TFUE, la cui individuazione è quindi assicurata dalla giurisprudenza.

Chiaramente, anche le competenze esplicite possono essere sia esclusive che concorrenti. Le competenze esplicite esclusive sono elencate all’art. 3, par. 1 TFUE, le competenze esplicite concorrenti sono elencate all’art. 4, par. 2 TFUE e in altre disposizioni dei Trattati.52

Infine, pur costituendo la teoria dei poteri impliciti una torsione del principio di attribuzione, anche sul piano esterno vige la regola per cui «qualsiasi competenza non attribuita all'Unione nei trattati

52 Ci si limita a questi sintetici cenni sull’articolazione delle competenze esterne

dell’Unione, utili all’inquadramento delle competenze dell’Unione nell’ambito dei meccanismi ISDS. Per approfondire, si segnalano i relativi capitoli dei due principali punti di riferimento della letteratura sulle relazioni esterne: EECKHOUT, Piet, EU External Relations Law, Oxford-New York, Oxford University Press, 2011II, pp. 70-164 e il più aggiornato KOUTRAKOS, Panos, EU

International Relations Law, Modern Studies in European Law 52,

Oxford-Portland, Hart, 2015II, pp. 75-130.

Sono poi molto chiari tre contributi scritti in successione da Marise Cremona, che ricapitolano la giurisprudenza in prospettiva storica e ne seguono l’andamento dopo Lisbona: dal più risalente CREMONA, Marise, Defining Competence In EU External Relations: Lessons from the Treaty Reform Process, in DASHWOOD, Alan e MARESCEAU, Marc (a cura di), Law and Practice of EU External

Relations Law: Salient Features of a Changing Landscape, Cambridge, Cambridge

University Press, 2008, pp. 34-69, a CREMONA, Marise, External Relations and External Competence of the European Union. The Emergence of an Integrated Policy, in CRAIG, Paul e DE BÚRCA, Gráinne (a cura di), The Evolution of EU

Law, Oxford-New York, Oxford University Press, 2011II, pp. 217-268, al già citato

CREMONA, Marise, EU External Relations: Unity and Conferral of Powers, cit., pp. 65-85.

Infine, sul perché la distinzione tra competenze esclusive e concorrenti ha ragione di sussistere nel campo delle relazioni esterne si veda il ragionamento di ROSAS, Allan, Exclusive, shared and national competence in the context of EU external relations: do such distinctions matter?, in GOVAERE, Inge, LANNON, Erwan, VAN ELSUWEGE, Peter e ADAM, Stanislas (a cura di), The European Union in

the World. Essays in Honour of Marc Maresceau, Leida-Boston, Martinus Nijhoff,

(25)

tiene agli Stati membri».53 Accanto alle competenze esclusive e

concorrenti dell’Unione, residuano perciò le competenze nazionali degli Stati membri, pur non esistendo una “lista negativa” che le elenchi.54

Per quanto riguarda l’oggetto della tesi, l’ambito di interesse è quello della politica commerciale comune, indicata all’art. 3, par. 1, lett. e) TFUE e delineata in dettaglio all’art. 207 TFUE. In principio, la politica commerciale comune, oltre a essere una competenza espressa, è anche una competenza esclusiva dell’Unione, comprendente gli investimenti esteri diretti.55 Si vedrà fino a che

punto gli arbitrati in materia di investimenti possono rientrare in questa nozione e qual è la competenza dell’Unione in proposito.56

La distinzione tra competenze esclusive e competenze concorrenti non è priva di conseguenze per gli accordi internazionali dell’Unione. Gli accordi internazionali che ricadono solamente nell’ambito della competenza esclusiva dell’Unione sono infatti conclusi solo dall’Unione Europea. Al contrario, gli accordi internazionali che non ricadono solamente nella competenza esclusiva dell’Unione sono conclusi e ratificati dall’Unione e dai suoi Stati membri. Lo stabilisce una disposizione del Trattato Euratom, ben presto applicata, secondo una prassi confermata dalla giurisprudenza,57 a tutti gli ambiti delle relazioni esterne

dell’Unione.58 Sono questi gli accordi misti, chiamati così proprio

perché contengono sia disposizioni di competenza esclusiva dell’Unione che di competenza esclusiva nazionale, oppure sia

53 Art. 4, par. 1 TUE.

54 ROSAS, Allan e ARMATI, Lorna, EU Constitutional Law. An introduction,

Oxford-Portland, Hart, 2018III, p. 262. 55 Art. 207, par. 1 TFUE.

56 Infra p. 48.

57 Parere 1/78, Accordo internazionale gomma naturale, 4 ottobre 1979, ECLI:

EU:C:1979:224, [1979] ECR: 02871.

58 Si tratta dell’art. 102 Trattato Euratom. In proposito SCHÜTZE, Robert,

European Constitutional Law, Cambridge, Cambridge University Press, 2015II, p.

(26)

disposizioni di competenza esclusiva dell’Unione che di competenza concorrente con gli Stati membri. Nel primo caso si ritiene che il carattere misto dell’accordo sia obbligatorio, e che quindi obbligatoriamente l’accordo debba essere concluso e ratificato sia dall’Unione che dagli Stati membri. Nel secondo caso si ritiene che il carattere misto dell’accordo sia facoltativo, e che quindi sia nella discrezionalità del legislatore europeo, e nello specifico del Consiglio su proposta del negoziatore specifico, decidere con quale modalità concludere l’accordo, se solo da parte UE o come accordo misto.59 La Corte di Giustizia è sembrata rifiutare tale discrezionalità

all’Unione, intendendo che la presenza di disposizioni rientranti nella competenza concorrente implicava obbligatoriamente il carattere misto dell’accordo.60 Tuttavia, ha successivamente precisato che non

intendeva rigettare tale facoltatività, la quale rimane perciò il principio che regge gli accordi internazionali dell’Unione in cui siano presenti competenze concorrenti.61

Le problematiche conseguenti alla conclusione e alla ratifica degli accordi misti riguardano i sistemi ISDS, perché, come si vedrà, la loro inserzione nel testo di un accordo determina il carattere misto dello stesso.62

2.1.2 Negoziazione, conclusione e ratifiche nazionali

Uno degli elementi al quale porre attenzione nell’analisi degli effetti dell’autonomia dell’ordinamento dell’Unione, come formulata dalla

59 PRETE, Luca, Some Thoughts on Facultative and Obligatory Mixity after

Singapore and COTIF, and before CETA, Verfassungsblog, 13 ottobre 2018,

[online] disponibile su: https://verfassungsblog.de/some-thoughts-on-facultative-and-obligatory-mixity-aftersingapore-

and-cotif-and-before-ceta/ [ultimo accesso: 24 aprile].

60 Parere 2/15, EUSFTA/Accordo libero scambio Singapore, cit., par. 244. 61 C-600/14, COTIF, 5 dicembre 2017, ECLI: EU:C:2017:935, par. 68. La

facoltatività del carattere misto rimane comunque un tema di grande attualità anche dopo queste pronunce e in futuro la Corte dovrebbe fornire ulteriori precisazioni.

(27)

Corte, è la partecipazione dell’Unione alla formazione e allo sviluppo del diritto internazionale. Per verificare tale partecipazione è necessario delineare come essa si svolge, accennando brevemente alle procedure di negoziazione, conclusione e ratifica degli accordi internazionali dell’Unione Europea.

L’art. 218 TFUE delinea la procedura ordinaria di negoziazione e conclusione.63 Essa è ispirata alla procedura legislativa di

approvazione degli atti di diritto derivato e coinvolge tutte le tre istituzioni che partecipano anche alla procedura legislativa ordinaria: Consiglio, Commissione e Parlamento europeo.

L’attore centrale nella conclusione degli accordi internazionali dell’Unione è, come in tutto l’ambito delle relazioni esterne dell’Unione, il Consiglio.64 Tuttavia, secondo l’art. 218, par. 3

TFUE l’iniziativa spetta alla Commissione, che detiene il potere esclusivo di raccomandare al Consiglio l’apertura delle negoziazioni per un trattato in un ambito estraneo alla politica estera e di sicurezza comune (PESC). Qualora invece l’oggetto di un accordo ricada esclusivamente o principalmente nell’ambito della PESC, la competenza a raccomandare l’apertura delle negoziazioni spetta all’Alto Rappresentante.

Una volta ricevuta la raccomandazione, il Consiglio può autorizzare l’apertura dei negoziati e nominare un negoziatore che segua le trattative per conto dell’Unione, «in funzione della materia dell’accordo previsto».65 Perciò la Commissione dovrebbe essere

indicata come negoziatore per conto dell’Unione per tutti quegli accordi che non ricadano principalmente o esclusivamente nel campo della PESC, mentre l’Alto Rappresentante e il Servizio Europeo per

63 Accanto ad essa sono individuabili due procedure speciali: una riguardante gli

accordi internazionali relativi alla politica commerciale comune, di cui all’art. 207 TFUE, su cui infra, e una relativa agli accordi sul sistema di tassi di cambio dell’euro con valute di Stati terzi, la cui procedura è disciplinata all’art. 219 TFUE.

64 CANNIZZARO, Enzo, Il diritto dell’integrazione europea. L’ordinamento

dell’Unione, Torino, Giappichelli, 2018II, p. 392. 65 Art. 218, par. 3 TFUE.

(28)

l’Azione Esterna (SEAE) dovrebbero seguire gli accordi relativi ai loro ambiti di competenza.66 Il Consiglio inoltre potrà impartire le

direttive per il negoziato e designare un comitato speciale da consultare nella conduzione delle trattative.67

Dopo la parafatura del progetto di accordo, sulla base di una proposta del negoziatore, il Consiglio ne autorizza la firma e, se opportuno, dispone anche la sua applicazione provvisoria prima dell’entrata in vigore.68

Sempre su proposta del negoziatore, il Consiglio adotta anche la decisione relativa alla conclusione dell’accordo.69 Durante tutta la

procedura le deliberazioni del Consiglio avvengono a maggioranza qualificata,70 salvo i casi in cui il Trattato richiede l’unanimità.71

Prima della decisione del Consiglio sulla conclusione dell’accordo, il Parlamento europeo deve essere coinvolto, «tranne quando l’accordo riguarda esclusivamente la politica estera e di sicurezza comune».72

Nelle materie al di fuori della PESC, al Parlamento può quindi essere richiesta l’approvazione dell’accordo (in inglese, consent) o una semplice consultazione (in inglese, consultation). La seconda categoria è residuale e si applica a tutti i casi non esplicitamente assegnati alla prima dall’art. 218, par. 6 TFUE.73 La differenza

risiede nel fatto che per l’approvazione è richiesta una votazione

66 Così EECKHOUT, Piet, EU External Relations Law, cit., p. 196. 67 Art. 218, par. 4 TFUE.

68 Art. 218, par. 5 TFUE. 69 Art. 218, par. 6, al. 1 TFUE. 70 Art. 218, par. 8, al. 1 TFUE.

71 Secondo l’art. 218, par. 8, al. 2 TFUE, nella procedura ordinaria di conclusione

degli accordi internazionali il Consiglio procede all’unanimità quando si tratti di accordi di associazione, di accordi di cooperazione economica, finanziaria e tecnica con stati candidati all’adesione, dell’accordo di adesione alla CEDU e degli accordi riguardanti un settore per il quale sul piano interno è richiesta l’unanimità.

72 Art. 218, par. 6, al. 2 TFUE.

73 Per la procedura di approvazione da parte del Parlamento europeo passano: i) gli

accordi di associazione, ii) l’accordo sull’adesione alla CEDU, iii) gli accordi che creano un quadro istituzionale specifico organizzando procedure di cooperazione, iv) gli accordi che hanno ripercussioni finanziarie, v) gli accordi che riguardano settori ai quali si applica la procedura legislativa ordinaria oppure la procedura legislativa speciale qualora sia necessaria l’approvazione del Parlamento europeo.

(29)

senza possibilità di emendamenti74 sul progetto di accordo, mentre la

consultazione consiste nella formulazione di un parere, che il Consiglio deve ottenere ma di cui può non tenere conto.75 Gli accordi

internazionali che contengono meccanismi ISDS, solitamente accordi di libero scambio contenenti una vasta congerie di materie, passano per la prima procedura di approvazione.76 Infine, il Parlamento viene

tenuto informato in tutte le fasi della procedura.77

In via parzialmente derogatoria rispetto all’art. 218 TFUE, l’art. 207 TFUE delinea una procedura speciale per gli accordi relativi alla politica commerciale comune, all’interno dei quali rientrano i meccanismi ISDS.78 Due sono le principali differenze rispetto alla

procedura ordinaria. In primo luogo, solo la Commissione può presentare l’iniziale raccomandazione al Consiglio e solo essa può essere autorizzata ad avviare i negoziati.79 La Commissione li

conduce in consultazione con un comitato speciale designato dal Consiglio per assisterla, al quale riferisce periodicamente sull’andamento dei negoziati, come pure al Parlamento europeo.80 In

secondo luogo, pur rimanendo la maggioranza qualificata la regola di votazione del Consiglio, si aggiungono altri casi di delibera all’unanimità.81

74 Art. 108, par. 7, in congiunzione con art. 99, par. 4 Regolamento Parlamento

europeo.

75 SCHÜTZE, Robert, European Union Law, Cambridge, Cambridge University

Press, 2018II, p. 256.

76 Il CETA, ad esempio, è stato approvato dal Parlamento europeo il 15 febbraio

2017.

77 Art. 218, par. 10 TFUE.

78 La conclusione del CETA, ad esempio, ha seguito questa procedura. Cfr.

Decisione (UE) 2017/37 del Consiglio relativa alla firma, a nome dell'Unione europea, dell'accordo economico e commerciale globale (CETA) tra il Canada, da una parte, e l'Unione europea e i suoi Stati membri, dall'altra, [2017] OJ: L11/1.

79 Art. 207, par. 3, al. 2 TFUE. 80 Art. 207, par. 3 al. 3 TFUE.

81 L’art. 207, par. 4 TFUE afferma che l’unanimità è richiesta per gli accordi sullo

scambio di servizi, sugli aspetti commerciali della proprietà intellettuale e sugli investimenti esteri diretti qualora contengano disposizioni per le quali è prevista l’unanimità sul piano interno; all’unanimità sono sottoposte anche le procedure per la conclusione di accordi per scambi di servizi culturali e audiovisivi, qualora rischino di arrecare pregiudizio alla diversità culturale e linguistica dell’Unione;

(30)

Il carattere misto di un accordo internazionale, attribuito agli accordi contenenti clausole ISDS,82 complica la procedura. Durante la

negoziazione di un accordo misto, infatti, il negoziatore dell’Unione è affiancato dallo Stato che ricopre in quel momento la presidenza di turno del Consiglio.83 Inoltre, una volta autorizzata la firma, perché

l’accordo sia concluso dal Consiglio è necessaria la ratifica di tutte le assemblee parlamentari competenti degli Stati membri. Questo implica una notevole dilazione temporale tra il momento della firma e il momento della conclusione dell’accordo. Il periodo minimo intercorrente, nell’Unione a ventotto Stati membri, si è ormai assestato a tre anni84 e questo meccanismo condiziona l’efficacia

dell’azione esterna dell’Unione.85 La Corte ha tuttavia bloccato i

tentativi di rendere la procedura più snella, come l’adozione da parte del Consiglio e degli Stati membri insieme di “atti ibridi” che, mescolando competenze dell’Unione e degli Stati, cercavano di indurre gli Stati membri a procedere alla ratifica all’interno della decisione dell’Unione relativa alla firma. La necessità di una stretta collaborazione tra Unione e Stati membri nell’adempimento degli impegni contratti sul piano internazionale, in questo caso le ratifiche nazionali di un accordo firmato dall’Unione, non può portare a discostarsi dalle procedure previste dall’art. 218 TFUE.86

infine, il Consiglio delibera all’unanimità anche per accordi relativi allo scambio di servizi nell’ambito sociale, dell’istruzione e della sanità qualora rischino di perturbare seriamente l’organizzazione nazionale di tali servizi e di arrecare pregiudizio alla competenza degli Stati membri riguardo alla loro competenza.

82 Infra.

83 ADAM, Roberto e TIZZANO, Antonio, Manuale di diritto dell’Unione

Europea, cit., p. 840.

84 KUIJPER, Pieter Jan, WOUTERS, Jan, HOFFMEISTER, Frank, DE BAERE,

Geert e RAMOPOULOS, Thomas, The Law of EU External Relations. Cases,

Materials and Commentary on the EU as an International Legal Actor,

Oxford-New York, Oxford University Press, 2015II, p. 157.

85 In proposito, sulle vicende dell’accordo associazione con l’Ucraina e sul CETA,

KÜBEK, Gesa, The Non-Ratification Scenario: Legal and Practical Responses to Mixed Treaty Rejection by Member States, European Foreign Affairs Review, 23 (1), 2018, 21-40.

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