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I regimi di massimo rigore nelle carceri spagnole Affinità e differenze con il "carcere duro" in Italia

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

Dipartimento di Giurisprudenza

Corso di Laurea Magistrale in Giurisprudenza

I REGIMI DI RIGORE NELLE CARCERI

SPAGNOLE

AFFINITÀ E DIFFERENZE CON IL “CARCERE DURO” IN ITALIA

Il Candidato

Il Relatore

Viola Pelosini

Chiar.mo Prof. Luca Bresciani

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INDICE

INTRODUZIONE ... 1

CAPITOLO I ORDINAMENTO PENITENZIARIO SPAGNOLO: CLASSIFICAZIONE DEI DETENUTI E PRIMER GRADO 1.1 Origine ed evoluzione normativa ... 3

1.2 Régimen penitenciario, caratteri generali ... 13

1.3 Attuale classificazione dei detenuti ... 15

1.3.1 Criteri ... 18 1.3.2 Procedimento ... 21 1.3.3 Revisione ... 22 1.3.4 Rimedi giurisdizionali ... 24 1.4 Primer grado ... 27 CAPITOLO II RÉGIMEN CERRADO, MODALITÀ DI VITA DEI DETENUTI 2.1 I regimi di rigore nella normativa europea ... 32

2.2 Régimen cerrado ... 36

2.2.1 Specificità del regime di massima sicurezza ... 37

2.3 Disposizioni generali sulle condizioni di vita dei detenuti in régimen cerrado ... 41

2.4 Condizioni di vita nei departamentos especiales ... 43

2.4.1 Ore d’aria ... 44

2.4.2 Perquisizioni e ispezioni quotidiane ... 47

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2.4.5 Restrizione delle comunicazioni... 55

2.4.6 Permessi d’uscita ... 58

2.5 Condizioni di vita nei centros o modulos de régimen cerrado ... 59

2.5.1 Ore d’aria ... 59

2.5.2 Perquisizioni e ispezioni quotidiane ... 61

2.5.3 Accesso ai mezzi di comunicazione e alla cultura ... 62

2.5.4 Restrizione delle comunicazioni... 62

2.6 I limiti del régimen cerrado ... 63

CAPITOLO III L’AMBIGUO SISTEMA DEI FICHEROS DE INTERNOS DE ESPECIAL SEGUIMIENTO 3.1 Origine ed evoluzione normativa ... 65

3.1.1 Creazione non legale dei Ficheros ... 66

3.1.2 Sentenza 2555/2009 del Tribunal Supremo: dichiarazione di nullità ... 71

3.1.3 Real Decreto 419/2011 e Instrucción 12/2011: legalizzazione e disciplina dei Ficheros... 73

3.2 Destinatari... 75

3.3 Finalità e competenza ... 77

3.4 Rimedi ... 79

3.5 Condizioni di vita degli appartenenti a gruppi terroristici e di delinquenza organizzata ... 80

3.5.1 Speciali norme di sicurezza ... 81

3.5.2 Visite mediche ... 83

3.5.3 Norme di intervento nelle comunicazioni ... 84

3.5.4 Previsioni sul controllo delle pubblicazioni ... 85

3.5.5 Riconoscimento della relazione sentimentale ... 86

3.6 I limiti dei Ficheros de Internos de Especial Seguimiento: ragioni di illegalità e creazione di un nuovo régimen penitenciario ... 86

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CAPITOLO IV

REGIMI DI MASSIMO RIGORE A CONFRONTO: IL 41 BIS ITALIANO, IL RÉGIMEN CERRADO E GLI ATIPICI FIES

SPAGNOLI

4.1 Origine ed evoluzione normativa del regime speciale ... 92

4.2 Destinatari... 96

4.3 Finalità e competenza ... 99

4.4 Rimedi giurisdizionali nel 41 bis o.p. ...101

4.5 I detenuti nel 41 bis ...105

4.6 I circuiti penitenziari ...118

4.7 Analogie e differenze con i regimi di massimo rigore spagnoli ...125

4.8 Ancora un problema di effettiva finalità rieducativa ...131

CONCLUSIONI ... 136

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INTRODUZIONE

Il presente lavoro nasce dall’interesse verso il sistema penitenziario spagnolo sorto durante la permanenza presso la Universidad Pablo de Olavide di Siviglia per il progetto Erasmus plus da gennaio a luglio 2015.

Posto che l’ordinamento penitenziario spagnolo è fondato su tre gradi di classificazione, ciascuno dei quali comporta, per i detenuti che vi siano inclusi, l’applicazione di specifiche norme, l’attenzione si è concentrata sui regimi di massimo rigore, che impongono ferree restrizioni alla vita dei reclusi, limitandone i diritti, con gravi conseguenze fisiche e psichiche sui singoli soggetti e, soprattutto, col rischio di non realizzare il principale obiettivo su cui l’intero sistema è fondato, quello della rieducazione dei detenuti.

La ricerca, compiuta presso la Universidad Complutense di Madrid nel giugno 2017, configura il sistema di classificazione spagnolo, dalle origini, per giungere alle attuali norme della Ley Orgánica General Penitenciaria e del Reglamento Penitenciario, che ne disciplinano criteri, modalità e rimedi.

La classificazione in primo grado comporta l’applicazione delle modalità di vita più ferree e restrittive dell’ordinamento, quelle del régimen cerrado. Questo è suddiviso in departamentos especiales cui sono destinati quanti siano “estremamente pericolosi” e i centros o modulus de régimen cerrado in cui sono inclusi, al contrario, i detenuti “inadatti” agli altri regimi di vita, sottoposti a misure relativamente meno rigide.

Il lavoro ha inteso, inoltre, esaminare i tratti essenziali dei Ficheros de Internos de Especial Seguimiento, definiti dal legislatore e dall’Amministrazione penitenziaria come sorte di banche dati contenenti le informazioni relative ai detenuti più pericolosi. Le origini

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di tali schedari che prevedevano norme di rigore, creati tramite la Instrucción 21/1996, sono state discusse, tanto che il Tribunal Supremo li ha dichiarati illegali nel 2011 per violazione del principio di legalità e di gerarchia normativa. Il legislatore, per evitare nuovamente una simile pronuncia, li ha introdotti nel Reglamento Penitenciario dichiarandone nuovamente il carattere di strumento per l’attenta osservazione di detenuti pericolosi. La disciplina oggi vigente, alla luce della Instrucción 12/2011, ne fa emergere invece il carattere di “regime penitenziario”, un regime differente da quelli legalmente previsti e più rigido.

A questo fa seguito l’esame del “carcere duro” italiano, con attenzione alla situazione di emergenza che ne ha giustificato l’introduzione all’art. 41 bis, ai tratti essenziali e alle modalità di vita dei detenuti, per evidenziarne così le analogie e differenze con i regimi di massima sicurezza spagnoli.

L’attenzione è rivolta anche ai circuiti di sicurezza, disciplinati dalle circolari del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, che determinano restrizioni non tipizzate alla vita di quanti vi siano inclusi, meccanismo adottato anche per i Ficheros.

Le limitazioni ed effetti nocivi sui reclusi derivanti dal régimen cerrado e dai FIES, da un lato, e dal “carcere duro” e dai circuiti penitenziari, dall’altro, sono similari e la finalità rieducativa della pena è messa in discussione.

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Capitolo I

Ordinamento penitenziario spagnolo: classificazione dei

detenuti e primer grado

Sommario: 1.1 Origine ed evoluzione normativa 1.2 Régimen penitenciario, caratteri generali 1.3 Attuale classificazione dei detenuti 1.3.1 Criteri 1.3.2 Procedimento 1.3.3 Revisione 1.3.4 Rimedi giurisdizionali 1.4 Primer grado

1.1 Origine ed evoluzione normativa

Il régimen cerrado è, insieme al régimen ordinario e al régimen abierto, un regime di vita previsto dall’ordinamento penitenziario spagnolo, cui sono sottoposti i detenuti, i quali hanno determinati diritti e doveri; è costituito da ferrei limiti alla convivenza, agli orari, alle comunicazioni. Il régimen cerrado, in particolare, è quello di massima sicurezza che si applica a quei soggetti che siano stati classificati in primo grado1.

Il raggiungimento del sistema attuale di classificazione, sancito dalla Ley Orgánica Penitenciaria del 1979, è il prodotto di un’evoluzione normativa particolarmente intensa a partire dagli ultimi anni del XVIII e i primi del XIX secolo. L’obiettivo è stato la creazione di un sistema penitenziario di classificazione dei detenuti fondato su un unico corpo normativo di rango legislativo ma, vista la diversità di stabilimenti penitenziari quali le prigioni civili, militari e navali, è stato di difficile conseguimento. Le fonti che regolavano la materia erano inoltre ordinanze, decreti e regolamenti.

Le prime erano state le ordinanze del 1804 e del 1834, rivolte rispettivamente alle prigioni navali e a quelle civili.

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La prima, di fondamentale importanza, anticipava il “sistema progressivo di classificazione”, in quanto l’organizzazione delle prigioni si fondava su un sistema di individuazione e classificazione dei detenuti che progredivano di classe nel corso del trattamento penitenziario2. L’ordinanza, a parere di Lasala Navarro, “esprimeva in

modo chiaro la riforma e creava un vero sistema progressivo, un sistema correzionale e genuinamente spagnolo”3.

I detenuti erano così distinti in tre classi in funzione della durata della pena e delle mansioni svolte: la prima e la seconda classe comprendevano i manovali, la terza i marinai e gli operai. Nella prima classe erano inclusi quanti avrebbero dovuto scontare la prima parte della condanna e, nella seconda e terza, le due successive. Era la prima a prevedere un rigido regime carcerario in quanto, fin dall’inizio dell’entrata nello stabilimento penitenziario, tutti i detenuti passavano da quella fase o vi avevano ingresso successivamente per gravi motivi. Gli stessi erano sottoposti a punizioni corporali, ridotte nella seconda classe ed escluse nella terza4.

Questa ordinanza è stata considerata la prima Ley Orgánica dell’ordinamento spagnolo e, a fondamento della classificazione, stava l’attenzione al delitto commesso e alla personalità del detenuto. Quest’ultimo poteva progredire o retrocedere sulla base del comportamento mantenuto all’interno dello stabilimento penitenziario5.

La seconda si caratterizzava per essere la prima ordinanza regolatrice dell’organizzazione delle prigioni civili, fondata tuttavia su caratteri militari. Erano quindi previsti nuovi stabilimenti di natura civilistica,

2 Cfr. V. Cervelló Donderis, Derecho penitenciario, Ivi, pp. 67-68

3 G. Lasala Navarro, Condena a obras y presidios de arsenales, in Revista de

estudios penitenciarios, n.119, 1955, p. 21

4 Cfr. E. Arribas López, El régimen cerrado en el sistema penitenciario

español, Premio Nacional Victoria Kent, Madrid, 2009, p. 35

5 Cfr. S. Leganés Gómez, La evolución de clasificación penitenciaria,

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nonostante il personale fosse composto, in gran parte, da militari, questo fino al momento della creazione di un apposito organo nel 1881, il Cuerpo Especial de Establecimientos Penitenciarios.

I detenuti erano assegnati agli stabilimenti in funzione della durata della pena e divisi nuovamente in tre classi: depósitos correccionales per i condannati fino a due anni di reclusione, presidios peninsulares se la pena variava da un minimo di due anni a un massimo di otto e i presidios africanos per coloro la cui condanna avesse oltrepassato gli otto anni6.

La suddetta ordinanza si può definire come la Ley penitenciaria maggiormente completa fino al XIX secolo in quanto non solo si aveva conferma di un programma individualizzato di trattamento, ma questo si fondava anche sulla durata della pena.

La Ley de prisones del 1849 confermava la distinzione fra prigioni civili, militari e navali. Introduceva maggiori garanzie per i detenuti quali comunicazioni con i parenti e amici secondo quanto stabilito dai regolamenti, colloqui con il difensore, divieto di essere sottoposti a maltrattamenti. Dall’altro lato era riconosciuta al personalef penitenziario la possibilità di svolgere ispezioni ritenute necessarie, decidere il trasferimento dei detenuti in altri locali e adottare le misure di sicurezza convenienti per il mantenimento dell’ordine interno7.

Il Real Decreto del primo settembre 1879 ordinava la distinzione dei detenuti per reati politici dai restanti; conseguentemente la classificazione variava per delitti politici, privati e pubblici.

Il sistema progressivo di classificazione fu introdotto ufficialmente per la prima volta nel Real Decreto del 23 dicembre 1889, in forma limitata alla Colonia di Ceuta, nel quale si distingueva la reclusione in

6 Cfr. E. Sanz Delgado, El humanitarismo penitenciario español del siglo

XIX, Madrid, 2003, p. 220

7Cfr. L. Garrido Guzmán, Compendio de Ciencia Penitenciaria, Valencia,

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quattro periodi successivi l’uno all’altro: il primo era quello dell’isolamento assoluto e lavoro in cella, il secondo permetteva lo svolgimento dell’attività scolastica e di quelle in comune, il terzo era il cosiddetto periodo intermedio caratterizzato dal lavoro del detenuto esternamente al carcere e dal rientro in cella per il riposo notturno; il quarto ed ultimo era quello denominato della “libera circolazione” all’interno della colonia e fondato sulla vita in famiglia del condannato che, periodicamente, era sottoposto a controlli. Il terzo e quarto periodo costituivano l’anticipazione del régimen abierto e della libertà condizionale, mentre la prima fase riproduceva soltanto in parte quella che oggi è la collocazione nei departamentos especiales del régimen cerrado. I detenuti erano espressamente classificati in base alla tipologia di reato commesso e ad altri precedenti, alla durata della pena, all’età, al sesso e alla personalità8.

Era altresì previsto uno strumento utile alla determinazione della progressione o regressione nei periodi cui i detenuti erano destinati: i vale de conducta. Si trattava di riconoscimenti di buona condotta qualora l’internato avesse tenuto un comportamento idoneo. Ne era riconosciuto uno per ogni giorno di reclusione se lo stesso avesse tenuto una condotta né meritevole di sanzioni né di premi; aumentavano nel caso in cui la condotta fosse stata eccezionale così da passare al periodo successivo; viceversa si perdevano e si retrocedeva al periodo precedente9.

Il XX secolo si caratterizza per ulteriori sviluppi nella disciplina della classificazione dei detenuti e si approda a fondamentali riforme.

Il Real Decreto del 3 giugno 1901 instaurava definitivamente il sistema progressivo per la penisola spagnola, distinguendo le stesse quattro fasi

8 Cfr. S. Leganés Gómez, op. cit., pp. 35-36

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dell’evoluzione trattamentale del detenuto fissate dal Real Decreto del 188910.

Il testo del Decreto è pioniere nella disciplina di questioni che saranno sempre oggetto di attenzione come i regimi di vita, le modalità di compimento della pena, il trattamento dei detenuti. Il sistema di regressione e progressione, in particolare, era simile al previgente per la colonia di Ceuta ma, come premio per la buona condotta, si prevedevano alcune “note”. Una nota era attribuita a un soggetto per ciascun giorno di compimento della pena se lo stesso aveva mantenuto un comportamento né particolarmente meritevole né negativo; si potevano ottenere più note se invece questo fosse stato eccezionale o perderne, in caso contrario, e regredire11.

Il sistema progressivo permetteva un’organizzazione graduata del regime di vita del detenuto a partire dall’isolamento per giungere alla libertà. Lo stesso decreto iniziava sottolineando l’adozione di tale sistema proveniente dall’Irlanda, denominato anche di Crofton, un direttore di prigione irlandese che ne era stato l’ideatore12.

Lo confermava il Regolamento di organizzazione e funzionamento del 5 maggio 1913. L’art. 237 prevedeva che il periodo d’isolamento in cella potesse avere una durata massima di dodici mesi e una minima di

10 Cfr. V. Cervelló Donderis, Derecho penitenciario, cit., p.69 11 Cfr. E. Arribas López, El régimen cerrado , cit., p. 43

12Sir Walter Crofton ideò il sistema penitenziario irlandese che fu il risultato

della fusione fra gli antecedenti sistemi di Montesinos e Maconochie.

Il primo, ideato dal caporale dell’esercito spagnolo, era distinto in tre momenti: del ferro caratterizzato dall’isolamento e catene con cui il detenuto era legato; del lavoro nel quale il detenuto prestava la propria opera a favore della collettività; della libertà intermedia ottenuta dai detenuti che avessero osservato una buona condotta, i quali potevano uscire dal carcere per lavorare e rientrare per la notte.

Il sistema di Maconochie, ideato dal capitano della marina inglese, era a sua volta distinto in tre periodi: l’isolamento continuo in cella per ventiquattr’ore al giorno; l’isolamento notturno in cella con lavoro diurno in comune e la libertà condizionale, ottenibile grazie alla buona condotta del soggetto recluso. Cfr. E. Sanz Delgado, op. cit., pp. 168 ss.

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sei in caso di buona condotta con una consistente riduzione delle comunicazioni con i familiari, limitate a due al mese, e della corrispondenza limitata a tre volte al mese. L’art 238 riguardava il secondo periodo, quello della “educazione”, caratterizzato dall’isolamento in cella durante la notte e attività in comune durante il giorno. Questa fase era di durata pari alla metà della condanna ancora da scontare. L’art 239 prevedeva, per il terzo periodo definito “intermedio”, la coincidenza della durata e delle modalità di vita con il momento precedente, tuttavia il detenuto svolgeva lavori meno impegnativi; gli erano concessi fino a tre colloqui al mese con i familiari e quattro volte al mese poteva scrivere loro. Era la fase di prova di conformità del detenuto alla libertà e la più importante novità in quanto, in passato, il passaggio dalla reclusione alla libertà era eccessivamente brusco. Il quarto e ultimo periodo era disciplinato all’art 240 che comportava la coincidenza con la libertà condizionale. Questo periodo aveva durata pari alla condanna ancora da scontare una volta che si fosse conclusa la permanenza nel momento precedente. La progressione nei distinti gradi era di competenza della Junta de disciplina, che valutava la condotta del detenuto, lo svolgimento del lavoro e i miglioramenti nella sua istruzione. Dalla cattiva condotta scaturiva invece la regressione di grado13.

Garrido Guzmán ritiene che si tratti del primo regolamento penitenziario moderno dell’ordinamento spagnolo sul quale si modellarono tutti i successivi14.

I due Regolamenti del 1948 e del 1956, successivi alla guerra civile spagnola, mantennero il sistema progressivo rigido secondo il quale il

13 Cfr. L. Fernández Arévalo, J. Nistal Burón, Manual de derecho

penitenciario, Madrid, 2012, pp. 261-262

14 Cfr. L. Garrido Guzmán, Manual de ciencia penitenciaria, Madrid, 1983, p.

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reo, per estinguere la condanna, avrebbe dovuto attraversare tutti i periodi del sistema penitenziario15.

Una maggiore flessibilità fu adottata nel 1968 con una riforma del Codice penale del 1944 al cui articolo 84, oltre alla distinzione dei regimi di vita penitenziari in régimen cerrado, ordinario, abierto e della libertà condizionale, si ammetteva la possibilità di una inclusione immediata nel régimen ordinario, senza passare da quello cerrado in base alla valutazione della personalità del detenuto.

Un ulteriore elemento di flessibilità fu sancito dalla Ley Orgánica General Penitenciaria approvata nel 1979 che adottava espressamente il sistema di individualización científica, precisando che i detenuti possono essere classificati, fin dall’inizio, in ciascun grado, salvo quello della libertà condizionale16.

Questa riforma non mutava in apparenza il sistema penitenziario ma, come rilevano Fernández Arévalo e Nistal Burón, in realtà se ne modifica la sostanza visto come, oltre al passaggio di denominazione da “periodo” a “grado”, il detenuto non avrebbe dovuto necessariamente attraversare i diversi periodi precedentemente previsti17.

Possiamo dunque affermare che il sistema progressivo rigido sia stato il fondamento della classificazione penitenziaria fino alla riforma del 1968 quando il legislatore ha riconosciuto una maggiore flessibilità, sancita definitivamente dalla LOGP18.

In sede parlamentare, durante la discussione del progetto della Ley General Penitenciaria, insorsero critiche rispetto alla mancanza di garanzie per coloro i quali fossero inclusi nel régimen cerrado. Di particolare rilievo la posizione dei socialisti e dei comunisti. I primi richiedevano che fosse prevista l’autorizzazione del giudice per

15 Cfr. V. Cervelló Donderis, Derecho penitenciario, cit., p. 69 16 Cfr. V. Cervelló Donderis, Derecho penitenciario, Ivi, p.28 17Cfr. L. Fernández Arévalo, J. Nistal Burón, op. cit., p. 264 18 Cfr. S. Leganés Gómez, op. cit., p. 42

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l’applicazione delle modalità di vita del régimen cerrado ai detenuti in via preventiva, mentre sottolineavano la vaghezza dei motivi per i quali un detenuto avrebbe dovuto essere sottoposto a tale regime: l’essere inadatti ai regímenes abierto e ordinario o estremamente pericolosi avrebbe dovuto, per i socialisti, essere associato a violazioni disciplinari molto gravi. I secondi chiedevano che l’inclusione dei detenuti in via preventiva fosse proposta dall’Amministrazione penitenziaria e approvata dal giudice mentre, per i già condannati, l’autorizzazione del giudice di vigilanza. Le proposte non furono accolte; diventava così di competenza dell’Amministrazione penitenziaria l’inserimento di un detenuto nel regime di massima sicurezza.

Il progetto della Legge penitenziaria, prima dell’approvazione della Costituzione nel 1978, fu discusso come legge ordinaria, per poi essere votato dal Congresso e adattato così alle esigenze dell’articolo 81 della Costituzione. Quest’ultimo prevede che le limitazioni della libertà personale debbano essere approvate con Ley Orgánica in ragione del fatto che riguardano un diritto fondamentale. Si aveva così la prima Ley Orgánica successiva all’entrata in vigore della Costituzione e, in tal modo, la reclusione non era più disciplinata da norme di rango regolamentario, ma dalla legge19.

Gli obiettivi erano molteplici: il reinserimento sociale come finalità della prigionia, un ampliamento delle relazioni con l’esterno, la creazione di meccanismi giuridici di difesa dei detenuti, la necessità di sottoporre l’esecuzione della pena a un controllo giudiziale. Nasceva, per il conseguimento di tali fini, un sistema flessibile fondato sul rigoroso rispetto dei diritti umani.

Nella disposizione finale della legge era inoltre prevista la delega al Governo per l’approvazione di un Reglamento di sviluppo della legge stessa cui si giunse con il Real Decreto 1201/81, che regolava

19 Cfr. S. Carou García, Primer grado penitenciario y Estado de derecho,

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minuziosamente le tre tipologie di regime penitenziario, per diventare, però, oggetto di una profonda riforma nel 1984, per l’esigenza di adattare il Reglamento agli sviluppi della LOGP. Si conferivano maggiori poteri al Juez de vigilancia per il controllo dell’attività dell’Amministrazione penitenziaria; era inoltre abolita la distinzione interna al régimen cerrado fra quello comune e speciale, perché si parlasse di un’unica tipologia di regime di massima sicurezza20.

Le esigenze di adattamento e innovazione del Reglamento non cessavano nel 1984, tanto che quello del 1981 fu ulteriormente

derogato dal Reglamento del 1996, approvato per un nuovo adattamento alla LOGP che esigeva la regolazione delle Unità di madri recluse, delle visite familiari, un miglioramento dell’organizzazione interna e delle garanzie spettanti ai detenuti e, in particolare, un’innovazione in funzione del nuovo Codice penale del novembre 1995.

Il Reglamento vigente ridefinisce, in materia di regime penitenziario, due modalità del régimen cerrado: quella dei departamentos especiales con controllo diretto per i detenuti particolarmente pericolosi, e i Centri di régimen cerrado in senso stretto per i detenuti inadatti a quelli ordinario e aperto. Da questa sottoclassificazione emergono due diversi profili di detenuti: quelli che, per pericolosità, necessitano di un rigoroso controllo e sono sottoposti a ferree limitazioni e quanti richiedono soltanto una certa vigilanza, data la loro inadeguatezza agli altri regimi di vita carceraria.

Il regime di massimo rigore era stato così sottoposto, con il Reglamento del 1981, a una distinzione fra regime comune e speciale, bipartizione poi abrogata nel 1984, per poi essere reintrodotta definitivamente nel 1996 21.

Ne è derivato un dibattito in quanto l’art 10 LOGP, nel suo primo comma, fa riferimento a “stabilimenti di régimen cerrado e

20 Cfr. V. Cervelló Donderis, Derecho penitenciario, cit., pp. 70-71 21 Cfr. S. Leganés Gómez, op. cit., pp. 53-54

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departamentos especiales”, ma non a differenti modalità di vita a questi interne. Il terzo comma prevede, per questi Centri, una limitazione delle attività in comune e un maggior controllo e vigilanza secondo quanto stabilito in via regolamentaria, senza tuttavia sancire alcuna differenza fra i detti stabilimenti. Parte della dottrina ritiene perciò che la distinzione fissata dalla Ley Orgánica General Penitenciaria abbia soltanto valenza architettonica. Ciò sarebbe dovuto non solo al testo normativo, ma anche alla collocazione della disposizione all’interno del titolo I della legge inerente gli Stabilimenti penitenziari22. Leganés Gómez sostiene che solo un’interpretazione

molto ampia dello stesso articolo potrebbe motivare la distinzione fra due regimi di vita all’interno del primo grado; sarebbe necessaria una riforma dell’articolo per impedire al Reglamento Penitenciario di ledere la LOGP23. Di parere contrario risultano Fernández Arévalo e

Nistal Burón convinti che il primo comma dell’art 10 LOGP vada a identificare due modalità di vita distinte all’interno del régimen cerrado e non che si tratti di una distinzione meramente architettonica, come conferma l’art. 91 del Reglamento Penitenciario che destina ai moduli di régimen cerrado in senso stretto quanti siano inadatti agli altri regimi di vita e, ai dipartimenti speciali, chi sia particolarmente pericoloso per la sicurezza degli stabilimenti24.

La Riforma più recente è quella del Real Decreto 419 del 25 marzo 2011 realizzata per sopperire ad alcune carenze del regime di massima sicurezza. Il régimen cerrado si caratterizza in generale per rigide limitazioni delle relazioni e gravose misure di sicurezza e controllo; di conseguenza il reinserimento sociale dei detenuti appare più difficoltoso rispetto a quello di chi sia sottoposto agli altri regimi di vita fondati su molte attività di risocializzazione. Per tali caratteri del regime, sarebbero stati necessari, come più volte evidenziato dalla

22 Cfr. S. Carou García, op. cit.., p. 62 23 Cfr. S. Leganés Gómez, op. cit., p.54

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giurisprudenza, programmi di attenzione personalizzata a questi detenuti25.

1.2 Régimen penitenciario, caratteri generali

L’art 1 LOGP stabilisce che i principali scopi dell’Istituzione penitenziaria sono la rieducazione e il reinserimento sociale del detenuto. L’attuazione spetta agli Organi amministrativi della prigione attraverso il regime di vita, il trattamento e i servizi assistenziali garantiti ai detenuti, le tre proiezioni dell’attività penitenziaria.

Il regime penitenziario, oggetto della nostra attenzione, si fonda sul principio de oficialidad in quanto solo l’Amministrazione penitenziaria si occupa dell’applicazione delle regole di vita fissate dal legislatore. Il trattamento e i servizi assistenziali sono invece oggetto di coordinamento fra l’Amministrazione penitenziaria e le Istituzioni extrapenitenziarie.

Il regime consiste in un complesso di attività di controllo della popolazione reclusa, cui si applicano due principi, quello della custodia che determina la necessità di regolazione dell’ingresso, dei trasferimenti, della futura libertà dei detenuti, e il principio della ordinata convivenza, conseguibile tramite la puntuale disciplina dei modelli regimentali, la separazione dei detenuti, l’adozione di misure di prevenzione e controllo sulla sicurezza e di ricompense come stimolo per una buona condotta26.

Il regime è al servizio del trattamento penitenziario come sancito dall’art 71 comma 1 LOGP il quale stabilisce che il fine del regime di vita cui sono sottoposti i detenuti è la creazione di un ambiente

25 Sul punto si vedano STC 27/2001 del 29 Gennaio, Auto del 3 Settembre

2004 della nona sezione della Audiencia Provincial (AAP) di Barcellona, Auto del Juzgado de Vigilancia Penitenciaria (AJP) di Jaén del 22 Febbraio 2005

26 Cfr. L. Fernández Arévalo, J. Nistal Burón, Manual de derecho

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adeguato all’esito positivo del trattamento, da cui emerge chiaramente la preponderanza del trattamento. Il secondo comma rafforza questo rapporto fissando la necessità di coordinamento tra le attività legate al regime di vita e quelle di trattamento. Quest’ultimo consta di attività di rieducazione e di reinserimento sociale.

Le prime tengono conto del reato compiuto e mirano al miglioramento delle potenzialità positive del detenuto.

Le seconde cercano di ridurre al minimo gli effetti nocivi della carcerazione, favorendo contatti con il mondo esterno, centrati soprattutto sulle comunicazioni e permessi d’uscita.

Il principio di strumentalità risulta anche all’art 73 comma 1, in cui é definita la nozione di regime come insieme di norme che perseguono la convivenza ordinata e pacifica in vista del buon esito del trattamento. I distinti regimi sono previsti dall’Ordinamento in rapporto a differenti condizioni processuali cui sono sottoposti i detenuti (i quali possono essere condannati, detenuti in via preventiva, sottoposti a misure di sicurezza) e soprattutto, sulla base del principio di individualizzazione scientifica, esigenze distinte di trattamento27.

I fini si fondano su un rapporto di strumentalità e possono essere distinti, secondo Fernández Arévalo e Nistal Burón, tra fine mediato e immediato. Il primo, fissato all’art. 71 comma 1, già citato, rimanda alla creazione di un ambiente adeguato per il compimento della pena così da ottenere un esito positivo del trattamento e può essere definito come il fine mediato del regime penitenziario. Il fine immediato è invece quello sancito all’art 73 comma 2, che sottolinea la necessità del mantenimento della sicurezza, ordine e disciplina interne che dovranno essere proporzionali al fine perseguito. Così quello

27 Cfr. L. Fernández Arévalo, J. Nistal Burón, Manual de derecho

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immediato sarà strumentale al fine mediato del buon esito del trattamento28.

1.3 Attuale classificazione dei detenuti

La classificazione dei detenuti è quel procedimento che permette l’inclusione nel primo, secondo o terzo grado e cui si associa un determinato regime di vita dell’internato. Alarcón Bravo la definisce come “l’insieme delle azioni dell’Amministrazione penitenziaria da cui scaturisce la classificazione iniziale o un cambio rispetto al grado già assegnato (progressione o regressione) che determinano lo statuto giuridico penitenziario del detenuto”29.

È importante tener presente, in primo luogo, la distinzione rispetto alla separazione dei detenuti. Quest’ultima è la fase in cui si assegna al detenuto una determinata ubicazione nel Centro penitenziario affinché non si mischino individui incompatibili fra loro.

L’art 16 LOGP prevede infatti che, fino dall’entrata in carcere del detenuto, sia immediatamente disposta la separazione in base al sesso, all’età, ai precedenti, allo stato fisico e mentale e alle esigenze di trattamento. Saranno quindi separati gli uomini dalle donne, salvo casi eccezionali previsti dal Regolamento; i condannati dai detenuti in via preventiva, i recidivi da coloro che abbiano commesso un reato per la prima volta, i giovani dagli adulti, gli infermi fisici e psichici da quanti non presentino questi problemi, detenuti che abbiano commesso reati con dolo da quelli che li abbiano compiuti per colpa. La decisione del “modulo” cui assegnare il detenuto è di competenza del Director del Centro penitenciario, ex art. 280 secondo comma.

La separazione risponde quindi all’esigenza di una corretta

28 Cfr. L. Fernández Arévalo, J. Nistal Burón, Manual de derecho

penitenciario, Ivi, pp. 421 ss.

29 J. Alarcón Bravo, La clasificación penitenciaria de los internos, in Poder

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organizzazione interna con la finalità di raggruppare i detenuti in modo omogeneo e compatibile, a differenza della classificazione fondata sull’analisi della personalità del detenuto30.

Il sistema penitenziario spagnolo ha, infatti, un doppio carattere: da un lato, la pena privativa della libertà non mira a rendere innocuo il detenuto, piuttosto a far sì che la reclusione risulti utile, dall’altro, si procede a una individualización científica del detenuto, a sua volta articolata in gradi.

Nel primo caso lo scopo è quello della risocializzazione e del reinserimento del recluso, previsti all’art. 25 comma 2 della Costituzione, che si realizzano tramite un programma di trattamento cui lo stesso può aderire. L’art. 59 della LOGP definisce il trattamento come “l’insieme delle attività dirette alla rieducazione e reinserimento sociale dei condannati”, cui si aggiunge l’art. 65 secondo comma, che sottolinea come, al termine della reclusione, il detenuto debba avere “l’intenzione e la capacità di vivere nel rispetto della legge”. L’Amministrazione penitenziaria fissa programmi formativi costituiti da attività terapeutiche, educative e sportive utili a tale finalità.

Nel secondo caso ciascun detenuto, una volta entrato in carcere, è soggetto a una classificazione operata su proposta della Junta de tratamiento 31.

Il grado può essere definito una categoria penitenziaria che permette l’applicazione di un concreto regime di vita e la base per l’esecuzione di un programma di trattamento individualizzato. In ciò si concretizza la individualización científica 32.

I gradi sono tre, ciascuno con modalità di vita differenti cui sono soggetti i carcerati: il primo grado di classificazione, da cui deriva

30 Cfr. V., Cervelló Donderis, Derecho penitenciario, cit., p. 120

31 Cfr. F. Racionero Carmona, Derecho penitenciario y privación de libertad,

una perspectiva judicial, Madrid, 1999, p. 126

32 Cfr. F. J. Armenta González-Palenzuela, V. Rodríguez Ramírez,

Reglamento Penitenciario Comentado: análisis sistemático y recopilación de la legislación, Siviglia, 2008, p. 202

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l’inclusione nel già introdotto regime di massima sicurezza, quello cerrado, il secondo grado di classificazione dalla cui individuazione consegue l’inclusione nel regime ordinario e il terzo ed ultimo grado con l’inclusione nel regime abierto. Dall’inserimento in uno dei tre gradi scaturisce quindi l’applicazione di uno di detti regimi e, di conseguenza, anche le attività trattamentali cui è sottoposto il detenuto. I due profili sono dunque interconnessi33.

Fino alla Ley Orgánica 1/2015 era previsto un quarto grado, quello della libertà condizionale. Oggi la sua natura giuridica è radicalmente mutata, essendo passata la libertà condizionale dall’essere l’ultimo grado di classificazione a una sospensione della condanna che resta da compiere, tanto che, in caso di revocazione della stessa, il tempo trascorso non sarà computato quale tempo di compimento della condanna, come accadeva quando questa era inclusa fra i gradi di classificazione.

Sono classificati in primo grado, secondo l’art.10 LOGP, i detenuti di estrema pericolosità o inadatti agli altri gradi. Si dovrà ponderare, in particolare, se il delitto commesso denoti una particolare aggressività, abbia leso la vita altrui o l’integrità fisica o la proprietà o ancora la libertà sessuale, se siano state commesse infrazioni disciplinari molto gravi, se il soggetto appartenga a bande armate, se abbia partecipato a rivolte.

Sono inseriti nel secondo grado coloro che, a seguito del periodo di osservazione, risultino poter condurre una normale convivenza, nonostante non ancora idonei alla vita in semilibertà. È questo il grado cui appartiene la maggioranza dei detenuti.

Sono infine classificati in terzo grado quanti, per circostanze personali e penitenziarie, siano in grado di vivere in semilibertà. Solitamente questo si concede fin dall’inizio a detenuti non recidivi che non abbiano condanne elevate e come progressione di grado a coloro che

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presentino un’evoluzione penitenziaria positiva e abbiano partecipato attivamente al trattamento 34.

Dall’introduzione all’art.73 comma 3 della individualización científica separata in tali gradi, sostitutiva del sistema progressivo rigido, è derivato che il detenuto, fin dall’ingresso in prigione, può essere classificato in qualsiasi grado; potrà inoltre progredire, regredire oppure permanere nel medesimo grado per tutta la durata della condanna. Non esiste più un periodo temporale determinato di permanenza in un certo grado, ma la durata dipende dalle variabili su cui si fonda la classificazione35.

1.3.1 Criteri

L’art 63 LOGP, nella sua parte finale, individua i fattori condizionanti i gradi di classificazione, richiamati anche all’art. 102 secondo comma RP.

Questi possono essere raggruppati in criteri penali, penitenziari, scientifici e indeterminati.

La durata della condanna, il reato commesso, la condanna imposta, i precedenti identificano i criteri penali.

I criteri penitenziari sono invece quelli relativi alla condotta penitenziaria del detenuto, nel senso che quest’ultimo abbia o meno commesso violazioni disciplinari, a una valutazione del suo percorso penitenziario nel senso del comportamento da lui tenuto all’interno dello stabilimento.

I criteri scientifici sono inerenti il profilo psicologico, sociologico e criminologico, quindi quei caratteri che riguardano la personalità, la storia individuale, familiare, sociale e delittiva del detenuto.

34 Cfr. V., Cervelló Donderis, Derecho penitenciario, cit., pp. 121-122 35 Cfr. V., Cervelló Donderis, Derecho penitenciario, Ivi, p. 141

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I criteri indeterminati, infine, rimandano alla facilità o difficoltà dell’esito del trattamento e la probabile evoluzione in senso positivo così che il detenuto possa successivamente progredire nella classificazione 36.

L’art 64 secondo comma LOGP fornisce altre specificazioni: una volta che il soggetto sia stato condannato, le informazioni ottenute attraverso documenti e domande si completeranno con lo studio della personalità di colui che è sottoposto a osservazione, al fine di destinarlo allo stabilimento a lui più adatto, formulare una valutazione della “capacità criminale” e della “adattabilità sociale” che permettono un giudizio di pericolosità del detenuto37.

Per la valutazione della capacità criminale, lo studio si concentrerà su alcuni possibili rischi: l’egocentrismo, nel senso della difficoltà per il detenuto di assimilare i valori del contesto in cui vive; l’aggressività, intesa come energia criminale che spinge il soggetto a commettere un reato; la labilità nel senso di incapacità del soggetto a realizzare progetti a lungo termine, difficoltà propria, in particolare, dei recidivi; l’indifferenza affettiva, quindi la freddezza nel commettere il reato. L’adattabilità sociale indica la facilità con cui il detenuto si inserirà nuovamente nel contesto sociale extracarcerario, una volta riacquistata la libertà. Verrà valutato, per questo motivo, l’appoggio familiare o lavorativo, tali per cui egli possa ottenere di nuovo una normale vita senza delitti.

Dall’analisi dei criteri indicati agli artt. 63 e 64 consegue, come risultato, la conoscenza della personalità del condannato, soprattutto di quei fattori che permettono di rilevare la possibilità di recidività38.

Questi elementi sono valutati dalla Junta de tratamiento, essendo di questo organo la competenza nella proposta di classificazione. Il giurista esamina la storia penale e penitenziaria del detenuto; lo

36 Cfr. L. Fernández Arévalo, J. Nistal Burón, op. cit., pp. 457-458 37 Ley Orgánica General Penitenciaria, art. 64 comma 2

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psicologo studia i diversi fattori scientifici della sua personalità; l’educatore si occupa della valutazione della condotta del recluso con particolare attenzione alla sua partecipazione alle attività programmate. Si aggiungono ulteriori criteri per la classificazione in ciascuno dei tre gradi.

Sono classificati in secondo grado coloro che ancora non siano ritenuti idonei alla vita in semilibertà, ma che, in base alla valutazione personale e penitenziaria, risultino conformi a una “normale convivenza”39.

Rientrano nel terzo grado quanti siano ritenuti idonei a una vita in semilibertà cui si sono aggiunte ulteriori condizioni a seguito dell’emanazione della LO 7/2003 e della Instrucción 9/2007.

La prima ha introdotto l’esperimento del periodo di sicurezza, consistente nel tempo che intercorre fra la condanna e la classificazione in terzo grado, soggetta all’esperimento della metà della pena per condanne superiori a cinque anni, per l’attuazione di determinati reati e il soddisfacimento della responsabilità civile derivata dal reato.

La seconda ha sancito che saranno direttamente classificati in terzo grado quanti presentino una buona capacità di reinserimento sociale fin dall’inizio o, successivamente, se mostrano tale positiva evoluzione nel corso del trattamento penitenziario.

Sono classificati in primo grado, secondo l’art.10 LOGP, i detenuti di estrema pericolosità o che siano inadatti agli altri gradi.

Il legislatore ha comunque stabilito ulteriori caratteri per la classificazione in primo grado, che dipendono dal regime di vita cui saranno sottoposti i detenuti inclusi in questo grado di classificazione (vedi par. 1.3)40.

39 Cfr. A. Ferrer Gutiérrez, Manual práctico sobre ejecución penal y derecho

penitenciario, Valencia, 2011, p.327

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1.3.2 Procedimento

“L’atto di classificazione è quell’atto normativo unilaterale, singolare ed espresso, consistente in una dichiarazione di volontà, diretto a un destinatario determinato, che può ampliare o restringere notevolmente i diritti soggettivi dell’individuo. È, allo stesso tempo, un atto amministrativo complesso, su cui intervengono almeno due organi, oltre ad essere definitivo e tecnico”41.

L’art. 63 LOGP impone un’adeguata osservazione del detenuto affinché ne sia determinata la classificazione e gli possa essere assicurato un programma di trattamento individualizzato. L’art. 102 primo comma del Reglamento penitenciario conferma la stessa previsione.

Il procedimento di classificazione, in particolare, è disciplinato all’art 103 RP che individua, al primo comma, la competenza della Junta de tratamiento nella formulazione di una proposta di classificazione iniziale del detenuto dal momento della ricezione della sentenza di condanna. Il comma successivo s’incentra sul contenuto del protocollo di classificazione.

Il soggetto entrato in carcere è sottoposto in primo luogo a un periodo di osservazione, concluso il quale la Junta de tratamiento procede alla proposta di classificazione. L’art 64 LOGP, al suo primo comma, sottolinea come questo periodo consista nella raccolta di dati documentali e nell’osservazione diretta del comportamento del detenuto. Si formula così la proposta motivata da fondare su dati personali, familiari, sociali, contenente un programma individualizzato di trattamento con le attività, i piani educativi e di lavoro che il detenuto dovrà seguire.

Da questo studio dipende non soltanto il regime di vita interno allo stabilimento penitenziario, ma anche la possibilità di usufruire o meno

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di benefici quali, fra i principali, i permessi d’uscita. L’approvazione della proposta spetta all’Organo amministrativo competente che è il Centro Directivo, il quale procederà per iscritto, nel termine di due mesi dalla sua ricezione, con possibilità di estenderli a due ulteriori mesi per una migliore osservazione della condotta e per un consolidamento dei fattori positivi del detenuto secondo quanto sancito dallo stesso art. 103 comma 6.

La decisione adottata viene comunicata al detenuto in modo che egli possa ricorrere al Juez de Vigilancia, organo competente 42.

1.3.3 Revisione

Un importante principio della classificazione penitenziaria è quello della sua rivedibilità periodica. L’art 72 comma 4 LOGP sancisce che un detenuto in nessun caso debba permanere in un grado di classificazione inferiore a quello corrispondente alla sua evoluzione. Ogni sei mesi, come limite massimo, cita l’art. 65 comma 4 LOGP, obbligatoriamente la Junta de tratamiento dovrà valutare di nuovo ciascun detenuto, sulla base degli stessi elementi con cui formula la proposta di classificazione iniziale, affinché egli possa o meno regredire di grado. È necessaria quindi la continua osservazione dell’evoluzione della personalità del detenuto, principio che sta alla base del corretto funzionamento del sistema di individualización cientifica come perno dell’intero sistema penitenziario.

Il limite massimo dei sei mesi si calcola dalla data della sessione in cui la Junta de tratamiento fissa la classificazione iniziale o l’ultima revisione della stessa43.

42 Cfr. J. C. Ríos Martín, Manual de ejecución penitenciaria: defenderse de la

cárcel, Madrid, 2004, pp. 82 ss. e V., Cervelló Donderis, Derecho penitenciario, cit., pp. 119 ss.

43 Cfr. L. Fernández Arévalo, J. Nistal Burón, Manual de derecho

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Il procedimento di revisione consta di quattro fasi: la prima è di competenza del Equipo Técnico, formato almeno da uno psicologo, un giurista, un educatore e un lavoratore sociale, che presenta alla Junta de tratamiento un’informativa sull’evoluzione del detenuto.

In seguito la Junta, riunita formalmente, compie la sua valutazione di mantenimento, progressione o regressione di grado. Nella terza fase, qualora non abbia disposto il mantenimento, invia la stessa al Centro Directivo. L’ultima fase è di competenza del Centro Directivo il quale, secondo le medesime modalità stabilite per la classificazione iniziale, approva o meno la proposta44.

Il risultato potrà essere il mantenimento, la progressione o la regressione di grado.

Il mantenimento si ha quando non si siano verificate modifiche di alcun tipo rispetto alla proposta di classificazione, tanto che la Junta de tratamiento non informa il Centro Directivo.

La decisione è notificata al detenuto con l’indicazione del suo diritto a ricorrere al Juez de vigilancia penitenciaria.

La progressione di grado è il primo effetto pratico ottenuto dal detenuto quando, rispetto alla classificazione iniziale, le circostanze siano variate in senso positivo. Ciò si manifesta in un miglioramento della condotta che permette l’affidamento al detenuto di maggiori responsabilità e un certo margine di libertà. Questa evoluzione fa sì che gli internati siano inclusi non solo in un grado differente, ma si aggiungerà l’applicazione di diverse modalità di vita corrispondenti al regime di cui essi faranno parte.

La regressione di grado è infine disposta quando si verifichino un peggioramento della condotta del detenuto, una mancata evoluzione della sua personalità e della finalità di integrazione sociale.

La Junta de tratamiento, nel caso della progressione e della regressione, osserva le medesime formalità fissate dall’art. 103 per la

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classificazione iniziale: proposta, nel termine di due mesi, al Centro Direttivo, stesso termine per l’approvazione, possibilità di ricorso al Juez de Vigilancia. Se dispone il mantenimento di grado, non è necessaria la comunicazione al Centro directivo, ma potrebbe essere il detenuto a sollecitare lo stesso per risolvere la questione45.

1.3.4 Rimedi giurisdizionali

Nel procedimento di classificazione, per evitare l’arbitrio o eccessi dell’Amministrazione penitenziaria, la Ley Orgánica General Penitenciaria ha stabilito due tipologie di intervento giurisdizionale: uno si caratterizza per la generalità ed è fissato all’art. 76 secondo comma lettera f), l’altro alla lettera j), che riguarda soltanto il regime di massima sicurezza.

Il primo dispone che, sulla base dell’osservazione del detenuto, qualora vi siano ricorsi contro la classificazione iniziale, la regressione o la progressione di grado, la competenza spetti al Juez de Vigilancia Penitenciaria. La possibilità di ricorso da parte del detenuto è infatti espressamente prevista all’art. 103 comma 5 RP, una volta che lo stesso sia posto a conoscenza, da parte del Centro Directivo, del grado di classificazione attribuitogli.

A questo si accompagna la possibilità di esperire il ricorso da parte del Ministerio Fiscal, organo di rilevanza costituzionale competente in materia di promozione dell’azione all’Autorità giudiziale per il rispetto della legalità, dei diritti dei cittadini e dell’interesse pubblico46.

Il termine per la presentazione del ricorso non è fissato dalla legge, tanto da aver sollevato un dibattito sul modo in cui colmare questa lacuna normativa.

45 Cfr. L. Fernández Arévalo, J. Nistal Burón, Manual de derecho

penitenciario, cit., pp. 471-472

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Le possibilità individuate sono quattro: un termine di cinque giorni a partire dalla notifica dell’accordo di classificazione, in analogia con quanto stabilito all’art 248 RP, che fissa questo termine per la interposizione di un ricorso giurisdizionale contro un atto dell’Amministrazione penitenziaria; un termine di tre giorni proprio del ricorso di riforma di atti dell’Amministrazione dettato all’art 211 LECR; un termine di due mesi indicato per i ricorsi contenzioso-amministrativi e uno di dieci giorni per la protezione dei diritti fondamentali in ambito contenzioso-amministrativo dettati dalla LJCA. Racionero Carmona ritiene che quest’ultimo sia quello più ragionevole trattandosi di un atto amministrativo che incide su una situazione di privazione della libertà, mentre gli altri termini sarebbero rispettivamente troppo breve, previsto per una decisione di un Organo giudiziale, ed eccessivamente lungo considerato che ogni sei mesi si ha una revisione della classificazione47.

Cervelló Donderis è invece convinta che il termine debba essere di cinque giorni in analogia al suddetto art. 248 RP, che si richiama al ricorso contro provvedimenti sanzionatori48.

Nel 2003 si era svolta la XII Riunione dei giudici di vigilanza e, in merito all’impugnazione di un atto amministrativo, questi si erano accordati nell’affermare che il termine per impugnare un atto dell’Amministrazione penitenziaria fosse di un mese, salve eventuali deroghe della legge o del Reglamento penitenciario49.

La decisione del giudice avrebbe potuto essere oggetto di appello di fronte al Tribunal che ha emesso la sentenza di condanna secondo quanto stabilito dalla quinta disposición adicional della Ley Orgánica del Poder Judicial. Su questo punto è intervenuto il Tribunal Supremo

47Cfr. F. Racionero Carmona, op. cit., p. 155

48Cfr. V., Cervelló Donderis, Derecho penitenciario, cit., p. 124

49Cfr. A. Téllez Aguilera, Sobre la creación del Juzgado Central de Vig

ilancia Penitenciaria y el nuevo sistema de recursos en la jurisdicción penitenciaria, in Rivista SEPIN Práctica Penal n. 5, Settembre-Ottobre, 2003, p. 11

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nel 2002 il quale ha riconosciuto la competenza del Tribunal sentenciador e non quella delle Audiencias Provinciales come previsto dall’art. 82 comma 1 della LOPJ. Tra le due disposizioni richiamate esiste infatti una contraddizione, ormai risolta dall’Alto Tribunale che ha motivato la sua decisione considerando che le Audiencias Provinciales, in quanto organi dell’Amministrazione penitenziaria, non possono decidere su una materia così sensibile come quella della classificazione. Attribuire la competenza a tali organi avrebbe significato fondare la decisione in merito alla destinazione del detenuto sull’orientamento giurisprudenziale di quell’organo50.

Un problema rilevante in materia di ricorso al Tribunale che ha emesso la sentenza era la determinazione di quale fosse l’organo competente quando un soggetto fosse stato condannato da Tribunali diversi per più cause. Limitando la lettura alla quinta disposizione addizionale LOPJ, emerge la competenza del Tribunale che abbia imposto la pena più grave, da non intendersi però come quella di maggior durata. In molti casi il criterio utilizzato diventava quello della sentenza di condanna più recente. La Ley Orgánica 15/2003, entrata in vigore l’anno successivo, risolveva questa situazione d’incertezza stabilendo come gravi quelle pene la cui durata fosse superiore ai cinque anni e meno gravi quelle inferiori51.

Il secondo ricorso, ex art. 76 secondo comma lettera j), è ancora rivolto al Juez de Vigilancia penitenciaria, il quale è competente a conoscere la decisione del direttore dello stabilimento sul passaggio a uno stabilimento di régimen cerrado. L’interpretazione del testo normativo porta a concludere, come sottolinea Carou García, che il giudice non si limita alla conoscenza, quanto piuttosto decide di tale questione affermandone o meno la legalità52.

50 Cfr. S. Carou García, op. cit., p. 172 51 Cfr. A. Téllez Aguilera, op. cit., p. 11 52 Cfr. S. Carou García, op. cit., p. 172

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Una simile disposizione è quella dell’art. 95 comma 1 RP, che fa riferimento alla suddetta conoscenza, da interpretare tuttavia come decisione. L’articolo è però maggiormente garantista in quanto è prevista la comunicazione al Juez de Vigilancia Penitenciaria del trasferimento a uno stabilimento di régimen cerrado entro 72 ore dalla decisione del Centro directivo53.

In materia di classificazione il detenuto può ricorrere anche alla Corte europea dei diritti dell’uomo se ritiene che il grado di classificazione attribuitogli leda il suo diritto alla libertà. Tale ricorso può essere esperito, in accordo ai principi di diritto internazionale, soltanto nel momento in cui si siano esaurite le vie di tutela interne nel termine di sei mesi dalla pronuncia definitiva del tribunale interno, quindi il Tribunal Constitucional.

La Corte europea non ammette ricorsi anonimi o contenenti domande già esaminate anteriormente o che siano oggetto di altra istanza. Rigetta inoltre le domande ritenute manifestamente infondate54.

1.4 Primer grado

Il primo grado di classificazione è considerato quello cui sono destinati quanti rispondano alternativamente a due requisiti: la pericolosità estrema e l’inadeguatezza agli altri regimi. Essere individuati come estremamente pericolosi o inadeguati comporta l’applicazione delle regole di vita del régimen cerrado55.

Entrambe queste espressioni risultano tuttavia molto astratte, soprattutto a causa della rilevanza della materia che incide sui diritti fondamentali dell’individuo.

53 Cfr. S. Carou García, op. cit., p. 172 54 Cfr. S. Leganés Gómez, op. cit., p. 202

55 Cfr. C. Mir Puig, Derecho penitenciario. El cumplimiento de la pena

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L’art. 10 comma 1 della LOGP sottolinea la necessaria verifica dell’assenza di eventuali patologie psichiche che influenzino la condotta del detenuto.

La pericolosità non è definita espressamente, ma si può ricavare dall’art. 95 comma 1 n. 2 del Codice Penale, che la identifica con la probabilità di nuovi reati, una volta che siano stati valutati i fatti e le circostanze di comportamento del soggetto. Sembrerebbe, di conseguenza, che lo scopo della classificazione in primo grado sia la protezione di interessi giuridici che, in caso di reiterazione di una condotta, sarebbero lesi.

Questi, secondo l’interpretazione di Carou García, sono diritti essenziali protetti dal Diritto penale e non consistono semplicemente nel mantenimento dell’ordine interno allo stabilimento penitenziario56.

La tutela dei diritti si riferisce specialmente alla vita e all’integrità fisica dettate all’art 3 LOGP e 4 RP e, in generale, l’art 25 comma 2 della Costituzione dichiara che la condanna non può incidere su tutti i diritti della persona reclusa; è compito dell’Amministrazione penitenziaria tutelarli.

La pericolosità è definita sia dalla Ley Orgánica sia dal Reglamento penitenciario come “estrema”, ma anche in questo caso non esiste un criterio oggettivo per cui possa distinguersi la pericolosità da quella estrema con conseguenti ulteriori incertezze che uno Stato di diritto non dovrebbe presentare.

La pericolosità può essere originaria o sopraggiunta, un soggetto può essere allora classificato in primo grado fin dall’inizio o successivamente, una volta che avvenga la revisione della valutazione iniziale.

I problemi d’incertezza sono stati oggetto di critiche da parte di professionisti che valutano la pericolosità del detenuto convinti di dover sostituire il termine “pericolosità” con “rischio di violenza”,

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concetto che permette di apprezzare fattori psicologici, ma anche fattori inerenti il momento e il luogo dell’azione57.

L’inadeguatezza, a differenza della pericolosità che è qualificata come estrema, non è oggetto di gradazioni nella Ley Orgánica General Penitenciaria. Sembra che da una violazione delle regole dei regimi aperto od ordinario possano scaturire l’inclusione nel primo grado di classificazione e la conseguente applicazione delle regole di vita del régimen cerrado.

La carenza di una limitazione dell’inadeguatezza e una forte esigenza di mantenimento della sicurezza e ordine interno sono sicuramente la risultante del contesto storico nel quale fu approvata la LOGP e del continuo susseguirsi di rivolte all’interno degli stabilimenti. Il Reglamento Penitenciario del 1996 intervenne sul punto, prevedendo all’art. 102 comma 5 che l’inadeguatezza agli altri regimi dovesse essere “grave e manifesta”; grave nel senso che il detenuto deve aver posto in essere infrazioni disciplinari gravi o molto gravi, e manifesta da intendersi come assenza di dubbi sulla sua responsabilità da parte della Junta de tratamiento e del Centro Directivo, organi competenti a valutarle. La decisione va quindi fondata su cause oggettive e provvista di motivazione.

L’Instrucción 9/2007 ha completato i requisiti stabilendo che l’inadeguatezza debba permanere nel tempo e attestare la tendenza del detenuto all’attuazione d’infrazioni tali da renderlo inadatto alla vita nel regime ordinario e, ancor più, in quello aperto. Si valutano quindi aspetti fattuali di attuazione di infrazioni di disciplina, ma anche psicologici di evoluzione o meno della personalità. Non può quindi essere classificato in primo grado colui che, nonostante violazioni disciplinari multiple, non denoti un’involuzione nel programma di trattamento58.

57 Cfr. S. Carou García, op. cit., p. 129 58 Cfr. S. Carou García, Ivi, pp. 130 ss.

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Attraverso le varie modifiche che hanno limitato il concetto di inadeguatezza per la classificazione in primo grado è stato garantito il rispetto di due principi definiti per l’applicazione delle regole del régimen cerrado: il principio di eccezionalità e quello di sussidiarietà59.

Dalla valutazione di estrema pericolosità e dall’inadeguatezza emerge così la necessità di stabilire maggiori controlli e limitazioni, in quanto il detenuto non è preparato e soprattutto idoneo allo svolgimento di attività programmate in vista del suo reinserimento extrapenitenziario. L’attuale Reglamento, come il precedente del 1981, stabilisce una lista aperta di criteri di classificazione in primo grado; l’art. 102, infatti, aggiunge ai requisiti sopra esaminati, la ponderazione di factores tales como60, a indicare che ai fattori riportati nell’articolo se ne potranno

aggiungere altri; si hanno quindi sia cause tipiche che atipiche. La dottrina non appare unanime in questa interpretazione, ma negare la possibilità di inclusione di altri criteri quali, ad esempio, la reiterazione di incidenti disciplinari, significa limitare il lavoro della Junta de tratamiento, in particolare del Trabajador penitenciario, che non può collocare un detenuto nocivo nel grado più restrittivo della classificazione per la mancanza di requisiti determinati. Questi sono fissati dalle lettere a-f dell’art 102 comma 5 RP.

La lettera a si riconnette strettamente all’estrema pericolosità e inadeguatezza; si analizza non soltanto il comportamento del detenuto all’entrata in carcere, ma anche il suo sviluppo e la persistenza di una personalità aggressiva, violenta e antisociale.

59 Si veda cap. 2 par. 2.1 per la definizione dei principi caratterizzanti il

régimen cerrado

60 Così art. 102 comma 5 “Conforme a lo dispuesto en el artículo 10 de la

Ley Orgánica General Penitenciaria, se clasificarán en primer grado a los internos calificados de peligrosidad extrema o inadaptación manifiesta y grave a las normas generales de convivencia ordenada, ponderando la concurrencia de factores tales como”

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La lettera b tratta di atti contro la vita, l’integrità fisica, la libertà sessuale e la proprietà, criterio d’inclusione nel primo grado introdotto in base all’esperienza degli Istituti penitenziari.

La lettera c, già vigente nel Codice del 1981, si riferisce all’inclusione nel grado più restrittivo di quanti appartengono alla criminalità organizzata o a bande armate.

La lettera d comporta la partecipazione ad aggressioni fisiche e sommosse affinché l’internato sia inserito nel primo grado così da punirlo per tali gravi infrazioni.

La lettera e comprende quanti abbiano compiuto violazioni disciplinari che non abbiano carattere lieve, in quanto non avrebbero altrimenti rilevanza giuridica; le stesse non sono determinate nel numero e non vi è la necessità della reiterazione.

La lettera f, sesto e ultimo fattore, tratta dell’introduzione e possesso di armi da fuoco e droghe, essendo tali detenzioni altamente rischiose per l’integrità fisica degli altri detenuti e dei funzionari. Il possesso di droga per uso personale non è invece incluso fra i requisiti che permettono la classificazione in primo grado di tali soggetti.

Se ne ricava che quanti sia riconducibili alle lettere a-d sono collocati nei departamentos especiales del régimen cerrado, mentre i detenuti che commettono violazioni disciplinari o posseggono armi o droghe sono inclusi nei moduli di régimen cerrado in senso stretto61.

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CAPITOLO II

Régimen cerrado, modalità di vita dei detenuti

Sommario: 2.1 I regimi di rigore nella normativa europea 2.2 Régimen cerrado 2.2.1 Specificità del regime di massima sicurezza 2.3 Disposizioni generali sulle condizioni di vita dei detenuti 2.4 Condizioni di vita nei departamentos especiales 2.4.1 Ore d’aria 2.4.2 Perquisizioni e ispezioni quotidiane 2.4.3 Visite mediche 2.4.4 Accesso ai mezzi di comunicazione e alla cultura 2.4.5 Restrizione delle comunicazioni 2.4.6 Permessi d’uscita 2.5 Condizioni di vita nei centros o modulos de régimen cerrado 2.5.1 Ore d’aria 2.5.2 Perquisizioni e ispezioni quotidiane 2.5.3 Accesso ai mezzi di comunicazione e alla cultura 2.5.5 Restrizione delle comunicazioni 2.6 I limiti del régimen cerrado

2.1 I regimi di rigore nella normativa europea

L’Organizzazione delle Nazioni Unite ha approvato, nel 1955, le Regole minime di trattamento dei detenuti, “regole che non intendono descrivere in modo minuzioso un sistema penitenziario modello, ma soltanto stabilire i principi generali e le regole minime di una buona organizzazione penitenziaria e di una buona pratica di trattamento dei detenuti”62. A queste si sono ispirate le numerose raccomandazioni del

Consiglio d’Europa, in particolare quella del 1973 sul trattamento dei detenuti, recepita integralmente da ben 17 Paesi del Consiglio d’Europa.

Nel 1987 il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa ha adottato, all’unanimità, la raccomandazione R(87)3 sulle Regole Penitenziarie europee, che assumono un ruolo fondamentale per assicurare un buon

62 Regole minime per il trattamento dei detenuti O.N.U 30.08.1955,

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livello di umanità e dignità dei detenuti, occupandosi di ogni aspetto della loro vita quotidiana quali le visite mediche, l’istruzione, il tempo libero. Le regole non sono vincolanti, essendo parte di una raccomandazione, ma sono da sempre punto di riferimento per la Corte europea dei diritti dell’uomo. L’attuale versione è stata adottata l’11 gennaio 2006 con Raccomandazione R(2006)2, in ordine alle sempre più necessarie disposizioni di sicurezza. Le Regole penitenziarie europee si applicano alle persone collocate in carcere preventivo o private della libertà a seguito di una condanna. Da queste emerge l’importanza delle comunicazioni che devono svolgersi il più frequentemente possibile in accordo alle esigenze di sicurezza e ordine, delle ore d’aria, delle visite mediche63. La regola 49 precisa

che “l’ordine nel carcere deve essere mantenuto tenendo conto delle esigenze di sicurezza, di protezione e di disciplina, assicurando inoltre ai detenuti condizioni di vita che rispettino la dignità umana e offrano loro un programma completo di attività, secondo quanto previsto dalla Regola 25”. La regola 53 aggiunge che le misure di sicurezza rinforzata sono concesse solo in circostanze eccezionali; il diritto interno deve determinarne durata e motivi. In ogni caso, l’applicazione delle misure va approvata dall’Autorità competente per un periodo determinato e a singoli detenuti e non a gruppi di detenuti. Ogni detenuto sottoposto a tali misure ha il diritto di reclamo64.

Il documento europeo più importante è sicuramente la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali adottata nell'ambito del Consiglio d'Europa nel 1950 ed entrare in vigore nel 1953. Questa prevede la tutela giurisdizionale dell’individuo leso nei suoi diritti davanti alla Corte Europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo. La Corte, nella sua funzione di verificare il

63 Cfr. L. Daga, Le nuove regole penitenziarie europee, pp. 446 ss., in

http://www.rassegnapenitenziaria.it/cop/37658.pdf

64 Cfr. Consiglio d’Europa Comitato dei Ministri, Raccomandazione R

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