I detenuti sottoposti al regime speciale di detenzione sono ristretti, ai sensi del comma 2 quater, all'interno di Istituti loro dedicati o in sezioni speciali e logisticamente separate dal resto dell'Istituto; sono custoditi da reparti specializzati della polizia penitenziaria. La
220 A. Della Bella, Il “carcere duro”, cit., p. 307
previsione è funzionale all’efficace custodia e controllo dei detenuti; i reparti specializzati sono quelli del Gruppo operativo mobile della polizia penitenziaria.
Il suddetto comma dell'art. 41 bis, introdotto dall'art. 2 legge n. 279 del 2002, stabilisce che il regime differenziato possa comportare l'adozione di misure di elevata sicurezza interna ed esterna, la limitazione dei colloqui e delle telefonate, quella delle somme e dei beni ricevuti dall'esterno, la censura della corrispondenza, la limitazione della permanenza all'aperto, l'esclusione dalle rappresentanze dei detenuti e degli internati.
“In ordine ai contenuti del regime detentivo differenziato è convinzione unanime della Commissione che essi debbano essere definiti dalla legge, in modo compiuto e dettagliato[…] lasciando un ridotto limite di discrezionalità alla Amministrazione, per ragioni connesse a speciali particolarità del detenuto[…]Auspica, quindi, la Commissione, che il Parlamento voglia procedere alla tassativa definizione del contenuto delle singole misure restrittive che, evidentemente, dovranno trovare applicazione concorrente e non in forma alternativa. Una siffatta disciplina è indispensabile per evitare che la misura nel suo complesso possa perdere di efficacia, e per impedire, nel contempo, applicazioni disomogenee che potrebbero alimentare aspettative di trattamenti attenuati. Da tale premessa discende l’impossibilità di irrogare ogni e qualsiasi restrizione delle ordinarie facoltà riconosciute al detenuto, che rivestano solo il carattere di mera afflittività non riconducibile alla funzione attribuita al decreto ministeriale, poiché le limitazioni sono esclusivamente finalizzate a impedire che il detenuto continui a mantenere in vita i contatti con i sodalizi criminali di appartenenza”222.
La legge 94/2009 ha comportato limitazioni ancora più rigide:
222 Si esprime così la Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno
della criminalità organizzata mafiosa o similare nel Resoconto stenografico della 25a seduta, giovedì 18 luglio 2002
“L’inasprimento del regime carcerario, l’ampliamento del novero dei destinatari e la neutralizzazione della discrezionalità dei Tribunali di sorveglianza costituiscono le direttrici lungo le quali muove la riforma normativa”223. L’irrigidimento dei contenuti è sancito allo scopo di
assicurare il soddisfacimento delle esigenze di ordine e sicurezza cui il regime speciale è preordinato.
La medesima riforma ha modificato l’espressione “può prevedere” del comma 2 quater relativa alla sospensione delle regole di trattamento con “prevede”, andando così a tipizzare le misure da adottare nei confronti del detenuto sottoposto al 41 bis. La previsione corrisponde alla riforma del comma 2 sexies, che ha limitato i poteri del Tribunale di sorveglianza impossibilitato a esprimersi sulla congruità del contenuto del decreto, ma soltanto sulla sussistenza dei presupposti per la sua adozione. Tale variazione sintattica sembra aver voluto superare le incertezze interpretative, prevedendo misure da adottare congiuntamente, così da ridurre sensibilmente gli spazi di discrezionalità dell’Amministrazione, con lo scopo di uniformità delle misure da adottare nei confronti dei detenuti inclusi nel regime speciale224.
La tipizzazione, in realtà, non è effettiva; non è stato creato uno “zoccolo duro”225 di posizioni soggettive intoccabili, in quanto la
lettera a) del comma 2 quater prevede l'adozione di misure di elevata sicurezza interna ed esterna, disposizione a carattere generico, cui si aggiunge la lettera f) per la quale sono adottate le necessarie misure di sicurezza, volte a garantire l’assoluta impossibilità di comunicazione tra detenuti appartenenti a diversi gruppi e di scambio di oggetti e
223 C. Fiorio, La stabilizzazione delle “carceri-fortezza”, cit., p. 403
224 Cfr. L. Bresciani, art.2 comma 25, in G. De Francesco, A. Gargani, D.
Manzione, A. Pertici, Commentario al “Pacchetto sicurezza” l. 15 luglio 2009, n. 94, Torino, 2011, p. 290 e M. Canepa, S. Merlo, Manuale di diritto penitenziario. Le norme, gli organi, le modalità dell'esecuzione delle sanzioni penali, cit., p. 218
225 D. Petrini, Il regime di “carcere duro” diventa definitivo: L. 23.12.2002 n.
cottura di cibi.
La prima delle restrizioni tipizzate tratta delle comunicazioni, quindi di relazioni che il detenuto intrattiene con l’esterno, previste alla lettera b) del comma 2 quater. I detenuti possono fruire di un unico colloquio mensile con familiari e conviventi, salvo casi eccezionali di colloqui con terzi determinati dal Direttore dello Stabilimento o dall’Autorità procedente per gli imputati; prima della riforma del 2009 si aggiungeva un eventuale secondo colloquio, oggi escluso, consentito in casi eccezionali.
L’articolo non prevede quali soggetti possano considerarsi familiari; si fa così riferimento all’art. 14 quater che vi include il coniuge convivente, i figli, i genitori e i fratelli226.
I colloqui si svolgono in locali attrezzati di vetro divisorio affinché sia impedito il passaggio di oggetti; sono controllati solitamente a vista da parte della polizia penitenziaria e sono registrati e controllati via audio, previa autorizzazione dell’Autorità giudiziaria procedente. Tale previsione è stata attenuata da Circolari ministeriali che hanno permesso il colloquio senza vetro divisorio, ma videoregistrato con esclusione del sonoro, tra il detenuto e il figlio o il nipote minore di dodici anni con durata di dieci minuti al mese, tempo comunque insufficiente per il mantenimento del rapporto genitore-figlio227.
Il controllo auditivo ha destato molti dubbi perché deroga alla previsione generale dell’art. 18 o.p.; la previsione è necessaria per impedire ai familiari di farsi tramite fra il detenuto e l’organizzazione criminale, nonostante vengano limitate la libertà e segretezza delle comunicazioni. Sembra però sussistere una violazione dell’art 25 comma 1 Cost. perché, a seguito della sentenza di primo grado, l’autorizzazione a registrare spetta al Magistrato di sorveglianza e non
226 Cfr. L. Cesaris, op. cit., p.427
227 Cfr. F. Fiorentin, I colloqui dei detenuti “41-bis” con i figli e i nipoti
minori di anni dodici la (non) inderogabile presenza del vetro divisorio, in Rassegna penitenziaria e criminologica, n.2, 2015, pp. 159 ss. http://www.rassegnapenitenziaria.it/
al giudice procedente; non si rispetta inoltre l’art. 15 Cost. nella parte in cui non sono previste la durata, la finalità e i presupposti per l’ascolto e la registrazione dei colloqui228.
La durata non è espressamente indicata; si rinvia all’art. 37 del Regolamento penitenziario che la fissa nel massimo di un’ora. La Corte di cassazione ha di recente ritenuto che il colloquio con congiunti o conviventi possa essere prolungato di due ore se nel mese precedente questo non sia stato effettuato229.
Restrizioni sono previste anche per le comunicazioni telefoniche, che possono essere autorizzate solo per quanti non effettuino colloqui, dopo i primi sei mesi di applicazione del decreto, con provvedimento motivato del Direttore dello Stabilimento ovvero, per gli imputati fino alla pronuncia della sentenza di primo grado, dall'Autorità giudiziaria procedente. In presenza dei suddetti presupposti può essere concesso un colloquio telefonico mensile con i familiari e conviventi della durata massima di dieci minuti sottoposto a registrazione su autorizzazione dell’autorità giudiziaria. I colloqui sono comunque video-registrati230.
Le modifiche apportate dalla legge 94/2009 sembrano ispirate, più che a esigenze preventive, a un peggioramento delle condizioni di vita dei detenuti ritenuti particolarmente pericolosi e che, anche dal carcere, possono nuocere alla collettività, affinché non siano attivate comunicazioni con gli affiliati all’esterno, come accaduto in passato attraverso linguaggi codificati. I detenuti sono, di conseguenza, controllati non solo tramite video-registrazioni e sistema auditivo, ma anche tramite osservazione diretta da parte dei funzionari.
I colloqui con i difensori sono soggetti a una diversa disciplina. L’ultima proposizione della lettera b) prevede, infatti, che le disposizioni precedenti non si applichino ai colloqui con i difensori
228 Cfr. L. Filippi, G. Spangher, op. cit., p. 180 229 Cfr. A. Della Bella, Il “carcere duro” cit., p. 237 230 Cfr. F. Della Casa, G. Giostra, op. cit., pp. 460-461
con i quali potranno effettuarsi, fino a un massimo di tre volte la settimana, una telefonata o un colloquio della stessa durata di quelli previsti con i familiari. Prima del 2009 i colloqui con i difensori potevano avvenire liberamente; il diritto di difesa era pienamente tutelato in quanto non soggetto a controlli o limitazioni, come invece attualmente.
La Corte costituzionale ha affermato un’illegittimità parziale della previsione in quanto, ai sensi del diritto di difesa, ex art. 24 Cost., è legittimo che la limitazione sia prevista per impedire i contatti del detenuto con l’organizzazione di appartenenza, generalizzazione però inammissibile, poiché gli avvocati appartengono a un ordine professionale che deve rispettare un codice deontologico e perché, qualora essi fossero un tramite, la limitazione dei colloqui non impedirebbe il passaggio di informazioni. Ai sensi dell’art. 111 Cost, inoltre, la previsione priva l’imputato del tempo idoneo alla preparazione della difesa. La Corte costituzionale ha precisato però che il diritto di difesa non ha valore assoluto, qualora debbano essere tutelati altri diritti fondamentali, ma che nel caso di specie questo è compromesso231. La tutela del diritto di difesa è così pienamente
ristabilita con riguardo ai colloqui personali tra difensore e detenuto. La lettera d) del comma 2 quater prevede l'esclusione dalle rappresentanze dei detenuti e degli internati. Alcuni aspetti della vita all’interno del carcere sono organizzati e gestiti con il contributo di una rappresentanza dei detenuti, designata periodicamente per sorteggio. L’esperienza giuridica ha dimostrato che i detenuti provenienti da associazioni di criminalità organizzata tendono a riprodurre all’interno degli istituti penitenziari la struttura associativa esistente all’esterno, sfruttando le occasioni di contatti con i detenuti per far circolare informazioni e scambiarsi favori, concludere affari o consolidare il
proprio rapporto di potere232.
La lettera e) del comma 2 quater prevede limitazioni alla corrispondenza, altro strumento di comunicazione con l'esterno.
L’enunciato potrebbe sembrare incostituzionale non essendovi riferimenti al consenso da parte dell'Autorità giudiziaria alla limitazione della corrispondenza, ma al solo decreto ministeriale, con conseguente violazione dell'art. 15 Cost., contenente la previsione secondo cui l'autorizzazione, perché possa essere limitato il diritto alla libertà e segretezza della corrispondenza, deve provenire dal giudice233.
La lacuna è tuttavia colmata in quanto, nonostante la previsione di un controllo speciale alla corrispondenza per i detenuti soggetti al regime speciale, non si ha una deroga alla disciplina generale di cui agli artt. 18 e 18 ter o.p. Ne deriva che, quando il Ministro abbia emanato il decreto che impone, fra l'altro, la limitazione della corrispondenza, il Direttore del Centro richiede l'autorizzazione al giudice per sottoporre a visto di controllo la corrispondenza fra il detenuto e i familiari234.
L'integrazione dell'art. 41 bis tramite il 18 ter comporta più conseguenze: la necessità di una motivazione chiara e puntuale del provvedimento giudiziale; così ad esempio la Corte di cassazione, con sentenza 22554/2015, ha annullato il provvedimento del giudice per insufficienza di motivazione, non essendo esplicate idoneamente le ragioni per le quali la corrispondenza avrebbe causato un pericolo per l'ordine e sicurezza pubblica235.
L'uso eccessivo di tale limitazione ha recentemente portato la Corte costituzionale a dichiarare il diritto dei detenuti alla continuità dei rapporti con i familiari, nel caso in cui non sussistano pericoli per la
232 Cfr. A. Della Bella, Il “carcere duro”, cit., p. 258 233 Cfr. L. Filippi, G. Spangher, op. cit., p. 180
234 Cfr. A. Bernasconi, L’emergenza diviene norma: un ambito e discutibile
traguardo per il regime ex art. 41 bis comma 2 ord. penit., in G. Di Chiara, Il processo penale tra politiche della sicurezza e nuovi garantismi, Torino, 2003, p. 305
pubblica sicurezza.
I provvedimenti che limitano la corrispondenza possono essere impugnati di fronte al Tribunale di sorveglianza se emessi dal Magistrato di sorveglianza o, negli altri casi, davanti al Tribunale nel cui Circondario si trova il giudice che ha emesso il provvedimento. La disposizione, se così attuata, rispetta la riserva di giurisdizione di cui all'art 15 Cost.
Si aggiunge il controllo sulle pubblicazioni e libri che il detenuto riceve; è infatti impedito che terzi possano inviarne ai sensi della Circolare ministeriale 8845/2011, allo scopo di evitare che il detenuto riceva o trasmetta messaggi; potrà così acquistarli in libreria tramite il personale penitenziario. È limitata anche la ricezione di quotidiani locali affinché il detenuto non abbia informazioni sulle attività delle organizzazioni criminali. Sono sorti dubbi su eccessive limitazioni ai diritti all'informazione e istruzione sanciti agli artt. 33 e 34 Cost., ma la Corte costituzionale ha dichiarato infondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 41 bis co. 2 quater o. p., laddove si consente all’Amministrazione penitenziaria di vietare la ricezione e l’invio di libri e riviste tra i detenuti sottoposti al regime detentivo speciale e l’esterno, considerando legittima tale limitazione perché si tratta di una restrizione prevista per esigenze di prevenzione e che non compromette il diritto del detenuto a informarsi 236 . Risulta
incomprensibile, alla luce della suddetta Circolare, la ragione per cui il detenuto possa disporre in cella di massimo cinque libri, dodici per quanti siano iscritti a un percorso di studi.
La limitazione non si applica alla corrispondenza con i membri del Parlamento o con le Autorità nazionali o europee con competenza in materia di giustizia. La previsione si completa ancora una volta con l'art 18 ter o.p., in cui si dispone che sia vietata ogni forma di controllo sulla corrispondenza indirizzata a difensori, Autorità giudiziaria,
membri del Parlamento, delle rappresentanze diplomatiche o consolari dello Stato e agli Organismi internazionali.
La corrispondenza ai sensi dell'art. 18 ter può essere trattenuta una volta che sia stata controllata qualora emergano rischi per l'ordine e la sicurezza pubblica, dandone però comunicazione al detenuto.
Accade spesso che gli Organi investigativi fotocopino la corrispondenza prima di consegnarla al detenuto. Le Sezioni Unite hanno sancito l'obbligo di comunicazione all'interessato nel caso in cui si proceda al trattenimento della corrispondenza. La giurisprudenza, però, non si è attenuta alla pronuncia ritenendo legittima l'apprensione occulta237.
La lettera f) del comma 2 quater tratta della permanenza all'aperto dei detenuti sottoposti al regime speciale dell'art. 41 bis, ridotta da quattro a due ore; il numero di detenuti che possono uscire congiuntamente è passato da cinque a quattro a seguito della riforma del 2009. I gruppi sono individuati dal personale penitenziario tramite scelte fondate sulla omogeneità e affinità; questo suscita dubbi perché aumenta il rischio della prosecuzione dell'attività associativa e dei problemi di gestione del Centro penitenziario238.
I decreti di applicazione del carcere duro precisano che, in concreto, un'ora trascorre all'aperto, mentre l'altra al chiuso in appositi spazi quali la biblioteca e la palestra. Il richiamo all'art 10 o.p. introduce la previsione secondo cui, in casi eccezionali, le due ore d'aria possono essere ridotte a una. Si disegna così una detenzione contraria al senso di umanità. Il decreto ministeriale è soggetto a reclamo davanti al Tribunale di sorveglianza per violazione di un diritto soggettivo, come può accadere per il diritto alla salute239.
Risulta di difficile comprensione il motivo della riduzione delle ore e del numero di detenuti “compagni d'aria”; sarebbe stato più
237 Cfr. L. Cesaris, op. cit., p. 465 238 Cfr. L. Cesaris, Ibidem
ragionevole, anche se assolutamente incostituzionale, prevederne l'azzeramento e fondare un sistema di isolamento non solo in cella, ma anche all'aperto240.
Il comma 2 quater lettera c) prevede che siano limitate le somme, i beni e gli oggetti che i detenuti possono ricevere dall’esterno e quindi detenere. Non sono precisate le quantità; si evince dai decreti attuativi che i reclusi possono ricevere la metà dei pacchi rispetto a quelli spettanti agli altri detenuti così da ridurre il rischio che questi vengano utilizzati per comunicare con gli affiliati.
La lettera f) esclude la possibilità di comunicare tra detenuti appartenenti a diversi gruppi di socialità, scambiare oggetti e cuocere cibi. Quest’ultimo riferimento sembra motivato dalla necessità di evitare che il detenuto, i mafiosi in particolare, ricevano cibi costosi che essi poi spartiscono con gli altri detenuti, così da affermare il loro potere all’interno del Centro.
Non sono previsti divieti per l’invio di somme od oggetti da parte del detenuto; tuttavia la possibilità di inviare denaro è sicuramente limitata in funzione del rischio che questo possa servire per alimentare attività illecite241.
L’entità delle limitazioni è affidata alla discrezionalità dell’Amministrazione penitenziaria. È giustificata la limitazione alla detenzione di oggetti pericolosi per la sicurezza poiché funzionali al mantenimento dei collegamenti esterni, quali le radio con modulazioni di frequenza e computer, nonostante l’uso di tali strumenti possa essere autorizzato dal Direttore dello stabilimento242.
La lettera a) dell’art. 41 bis contiene una previsione “aperta”; indica gli obiettivi perseguiti attraverso le restrizioni imposte mediante il decreto ministeriale e, pur essendo collocata all’inizio delle limitazioni alle
240 Cfr. C. Fiorio, op. cit., p. 416
241 Cfr. S. Ardita, Il regime detentivo speciale 41 bis, cit., p.104
242 Cfr. P. Corvi, Trattamento penitenziario e criminalità organizzata, cit., p.
modalità di vita dei detenuti, risulta una norma di chiusura tale da dar luogo a misure ulteriori rispetto a quelle previste successivamente. Non si tratta tuttavia di una norma che deroga alle ordinarie regole di trattamento.
La discrezionalità lasciata al Ministro appare comunque eccessiva243;
la sua attività dovrebbe trovare equilibrio fra la misura adottata e lo scopo di tutela dell’ordine e pubblica sicurezza cui si aggiunge il limite, evidenziato dalla Corte costituzionale, di divieto di incidere sul residuo della libertà personale del detenuto.
Si aggiunge la previsione della lettera f), per l’adozione di “necessarie misure di sicurezza”, anch’essa vaga nel contenuto.
Le restrizioni fondate sulle lettere a) e f) derivano da Circolari ministeriali o da ordini di servizio. Nelle prime rientrano ad esempio i divieti di detenzione di radio, specchi, computer, ma anche di cucinare; nei secondi si collocano il divieto di indossare abiti di lusso ma, soprattutto, l’obbligo di perquisizione con denudamento prima e dopo la traduzione all’esterno dei detenuti sottoposti al regime speciale. Queste misure aggiuntive, a differenza di quelle tipizzate alle altre lettere del comma 2 quater, possono essere sindacate davanti al Tribunale di sorveglianza qualora non congrue al rispetto degli obiettivi del regime244.
L’applicazione del regime speciale, di cui all’art. 41 bis, si ripercuote sulla partecipazione del detenuto, in veste di imputato, all’udienza cui si applicano, ai sensi del comma 2 septies, le disposizioni di cui all’art. 146 bis delle disposizioni di attuazione del c.p.p. Tale modalità di partecipazione è stata estesa anche ai procedimenti in Camera di consiglio, dunque anche a quelli di reclamo di fronte al Tribunale di sorveglianza. Il detenuto presenzia tramite videoconferenza per il rischio di contatti con altri detenuti durante la permanenza nelle aule delle udienze o la sosta in Istituti non attrezzati a ospitare tali
243 Cfr. S. Ardita, Il regime detentivo speciale 41bis, cit., p. 10 244 Cfr. A. Della Bella, Il “carcere duro”, cit., pp. 262-263
detenuti245.
Il provvedimento è adottato d’ufficio dal Presidente del Collegio con decreto motivato preliminarmente al dibattimento o dal giudice con ordinanza nel corso dello stesso. Se adottato prima dell’udienza, è comunicato alle parti e ai difensori almeno dieci giorni prima.
La decisione è assunta senza contraddittorio fra le parti; il detenuto solo successivamente potrà farne valere la nullità se non sono rispettate le ipotesi dell’art 146 o sollevare questione incidentale contestando l’ordinanza dibattimentale o ancora impugnare l’ordinanza con la sentenza, una volta concluso il giudizio.
La partecipazione a distanza ha destato alcune perplessità perché “si rompe comunque la necessaria dimensione spaziale del contesto processuale: l'imputato presente a distanza non è nella stessa situazione dell'imputato fisicamente presente; non è libero di concentrare la sua attenzione sull'uno o l'altro aspetto della scena, né di percepire realmente tutto ciò che accade”246.
Il difensore può scegliere se presenziare in aula o assieme al cliente tramite videoconferenza. Nel primo caso sarà limitato nel contatto con il detenuto; nel secondo, nell’esercizio della sua attività che potrà essere meno incisiva. È indubbiamente limitato il diritto di difesa. La Corte costituzionale ha negato la violazione del diritto di difesa precisando che presenza fisica e possibilità di difendersi non sono inscindibili purché vi siano mezzi tecnici idonei, e la videoconferenza lo è247. La Corte europea, negli stessi termini, ha affermato che il
diritto di difesa è parzialmente pregiudicato, ma ha sancito l’idoneità della disciplina al diritto di difesa in funzione degli scopi di prevenzione del crimine, tutela della sicurezza e ordine pubblico,