Dall’introduzione del regime speciale, i detenuti sono stati collocati nel cosiddetto circuito per i detenuti in 41-bis, apposita sezione loro dedicata dove sono separati dagli altri allo scopo di eseguire adeguatamente il regime speciale250.
Le circolari che regolamentano i circuiti contengono indicazioni sulle caratteristiche strutturali e logistiche delle sezioni, ad esempio il fatto che i detenuti devono essere collocati sempre in cella singola o che le sale colloquio devono essere attrezzate in modo da impedire il passaggio di oggetti. Le disposizioni hanno lo scopo di recidere i contatti con l’associazione criminale cui appartengono251.
All’interno del circuito per i detenuti in 41-bis esistono le cosiddette
249 Corte di cassazione, sentenza n. 20355, 15 maggio 2014
250 Cfr. F. Falzone, F. Picozzi, L’organizzazione della vita penitenziaria delle
sezioni speciali (art. 41-bis ord. penit.), in Archivio Penale, n. 1, 2016, p. 3
251 Cfr. S. Ardita, Le disposizioni sulla sicurezza penitenziaria, in Rassegna
“aree riservate”, non previste né dalla legge, né da regolamenti o circolari, di cui si è venuti a conoscenza tramite le sentenze giudiziarie emesse a seguito dei ricorsi dei detenuti che vi sono stati inclusi e ai rapporti del Comitato per la Prevenzione della Tortura. Si caratterizzano per la presenza del boss mafioso in compagnia di uno o due reclusi in 41 bis, appartenenti ad altri gruppi e non al suo e di livello inferiore, così da consentire la socialità del boss. I gruppi sono quindi ancora più ristretti; si aggiunge il divieto per la polizia penitenziaria di comunicare con tali detenuti. La Cassazione ha ritenuto più volte che le aree riservate siano previste per meri fini organizzativi interni, in realtà si tratta di un inasprimento dell’isolamento del detenuto, che determina un’ulteriore disumanizzazione del trattamento252.
L’espressione “circuito penitenziario” indica “entità di tipo logistico dotata di determinati requisiti di sicurezza e rappresentate da un insieme di ambienti”253, nel quale i detenuti sono inclusi in ragione del
loro livello di pericolosità o in funzione di esigenze trattamentali; regime penitenziario si riferisce invece alle “regole di trattamento applicate alla vita penitenziaria”254.
L’esistenza dei circuiti è ricondotta agli artt. 13 e 14 della legge sull’ordinamento penitenziario255. Il primo dispone che il trattamento
penitenziario si fondi sull’osservazione scientifica della personalità dei soggetti reclusi. Il secondo prevede che l’assegnazione dei detenuti a singoli istituti e il raggruppamento nelle sezioni debba essere disposto al fine del buon esito del trattamento rieducativo all’esigenza di evitare influenze nocive reciproche. Sembrano così prevalere rispetto alle esigenze di sicurezza e di custodia256.
252 Cfr. S. Ardita, op. cit., p. 51 253 S. Ardita, op. cit., p. 43 254 S. Ardita, op. cit., p. 43
255 Cfr. F. Falzone, Il circuito detentivo alta sicurezza e il procedimento di
declassificazione, in Archivio Penale, n.3, 2015, pp. 2 ss.
Spesso però sono stati confusi i circuiti con i regimi penitenziari, in quanto solitamente i detenuti soggetti al medesimo regime sono collocati in un medesimo circuito.
La circolare originaria, la D.A.P. n. 3359/5809 del 21 aprile 1993 aveva sancito una classificazione in tre circuiti differenziati: un circuito penitenziario di primo livello, ossia di “alta sicurezza”, un circuito di secondo livello, ossia di sicurezza media e un circuito di terzo livello, ossia di custodia attenuata.
La circolare sottolinea che il primo è il circuito dove sono inclusi i detenuti più pericolosi. La differenziazione, tuttavia, non deve implicare una differenza nel regime penitenziario e si deve sempre rispettare la dignità personale dei detenuti257. Precisa regole per la
gestione di questi detenuti: i detenuti di primo livello devono essere assegnati o trasferiti sempre e soltanto negli istituti e nelle sezioni degli istituti di alta sicurezza, di cui quelli più pericolosi a istituti o sezioni di alta sicurezza lontane dalle loro regioni; non possono in alcuna ipotesi uscire dalle sezioni alle quali sono assegnati; i colloqui, l’ora d’aria, le attività trattamentali si svolgono all’interno della sezione; il personale di polizia penitenziaria esercita un’attenta sorveglianza; le ore d’aria e di socialità concesse ai detenuti di primo livello sono cinque; sono favorite attività scolastiche, di istruzione professionale, lavorative, culturali, religiose, sportive, purché siano garantite sicurezza e disciplina; in ciascuna camera vi sono massimo due detenuti e non devono esservi contatti tra i detenuti che potrebbero avvicinarsi per fini criminali ovvero che siano incompatibili; sono esclusi dai benefici penitenziari, salvo l’abbandono dei gruppi criminali e la collaborazione con la giustizia; sono ammessi alla liberazione anticipata purché abbiano dato prova di partecipare all’opera di rieducazione; i colloqui e le telefonate premiali siano sociologica e profili normativi, Milano, 1991, p. 95
concessi soltanto con provvedimento motivato del direttore; deve essere garantita la parità di condizioni di vita impedendo fenomeni di proselitismo, supremazia, subordinazione o intimidazione.
Qualora il Ministro della Giustizia sottoponga con decreto ministeriale tali detenuti al 41 bis le regole elencate si restringono ulteriormente, perché viene applicato un vero e proprio regime di rigore con legittima restrizione dei diritti previsti dall’ordinamento penitenziario258.
Il circuito penitenziario di terzo livello, ossia di custodia attenuata (C.A.) era destinato ai detenuti tossicodipendenti non particolarmente pericolosi, ossia più recuperabili.
Il circuito di secondo livello, ossia di sicurezza media era destinato a quanti non rientrassero negli altri, a detenuti cioè per i quali non sussistono specifici problemi di sicurezza. Tale circuito presupponeva un giusto equilibrio tra le esigenze di sicurezza e le esigenze trattamentali.
La circolare D.A.P. n. 3479/5929 del 9 luglio 1998, regolamentava il circuito per quanti fossero particolarmente pericolosi, ma non rientrassero nell’Alta Sicurezza, l’Elevato Indice di Vigilanza cautelativa259. Questi erano gli appartenenti alla criminalità terroristica
o eversiva nazionale o internazionale, ma la pericolosità emergeva anche dalla natura e dal numero dei fatti commessi, dal plurimo tentativo di evasione, dai fatti di violenza grave, dai fatti di grave nocumento per l’ordine e la sicurezza penitenziaria, ecc. Si trattava quindi di soggetti di pericolosità individuale e intramuraria.
Si applicavano tutte le disposizioni e le indicazioni vigenti per la sezione A.S., perché ritenuti di pari pericolosità.
I circuiti di Alta Sicurezza sono stati riformati dalla circolare D.A.P 2009 n. 3619/6069 che ha inoltre abolito il circuito dell’Elevato Indice di Sicurezza (E.I.V.), costantemente percepito come maggiormente
258 Cfr. Circolare D.A.P. n. 3359/5809 del 21 aprile 1993
259 C. Brunetti, M. Ziccone, Manuale di diritto penitenziario, Piacenza, 2005,
afflittivo tanto da essere definito un regime piuttosto che un circuito. Esiste oggi un unico circuito suddiviso in tre sottocircuiti, quello dell’Alta Sicurezza, con conseguente l’abolizione del circuito E.I.V. A tali tre sottocircuiti sono dedicate sezioni differenti, che prevedono impossibilità di comunicazione, essendo destinate a contenere altrettante tipologie di detenuti260.
Nel primo sono inclusi i detenuti appartenenti alla criminalità organizzata di tipo mafioso, nei cui confronti sia venuto meno il decreto di applicazione del regime di cui all'art. 41 bis; quelli per taluno dei delitti di cui al comma 1 dell'art. 4 bis o.p. e infine quanti siano stati considerati elementi di spicco e rilevanti punti di riferimento delle organizzazioni criminali di provenienza. Nel secondo (A.S. 2), sono inseriti i detenuti per delitti commessi con finalità di terrorismo, anche internazionale, o di eversione dell' ordine democratico mediante il compimento di atti di violenza. Nel terzo (A.S. 3), i detenuti che hanno rivestito posti di vertice nelle associazioni dedite al traffico degli stupefacenti ed al contrabbando di tabacchi261.
Lo scopo è evitare fenomeni di assoggettamento dei detenuti comuni ai più pericolosi, di reclutamento criminale, di strumentalizzazione ai fini di turbamento della sicurezza degli istituti. L’istituzione di tali circuiti ha, dunque, un’indubbia finalità preventiva di tutela della sicurezza interna ed esterna.
La circolare ha precisato che non c’è alcuna differenza nel regime penitenziario in relazione ai diritti e ai doveri del detenuto, sono incrementate soltanto le misure di sicurezza262.
Lo strumento è peculiare e problematico perché concede un’ampissima discrezionalità all’amministrazione penitenziaria. Questa, infatti, inserisce i detenuti nel circuito sulla base del mero titolo detentivo. Il detenuto è perciò collocato in A.S. automaticamente senza che sia stata
260 Cfr. Circolare D.A.P 2009 n. 3619/6069 261 Cfr. F. Falzone, op. cit., p. 5
accertata la sua pericolosità. Le direzioni degli istituti penitenziari comunicano al Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria l’ingresso del detenuto e l’inserimento nel circuito A.S. e, da quel momento, la competenza sulla gestione penitenziaria del detenuto è avocata dal D.A.P263.
L’inserimento nel circuito A.S. può avvenire anche in assenza di un titolo detentivo riconducibile a fatti di criminalità organizzata: la circolare del 2009 ha infatti previsto la possibilità di inserire nel sotto- circuito A.S. 2 «i soggetti imputati o condannati per fatti non ricompresi fra i citati articoli, ma per i quali gli organi investigativi evidenziano elementi tali da farli ritenere organici a gruppi organizzati eversivi, ovvero se i fatti per i quali sono detenuti sono stati posti in essere con finalità dı̀ terrorismo od eversione»264. Per questi detenuti
l’inserimento nel circuito è valutato dalla Direzione Generale di detenuti e del trattamento (cui sarà conseguentemente attribuita anche la successiva gestione), previa acquisizione da parte delle Direzioni degli istituti delle informazioni degli organi investigativi.
Per quanto concerne la declassificazione del detenuto con la lettera circolare n. 20 del 9 gennaio 2007 la competenza dell’atto spetta alla Direzione generale dei detenuti e del trattamento. Si è ritenuto di dover cosı̀ intervenire alla luce del costante incremento del fenomeno del crimine organizzato, per consentire valutazioni coordinate ed uniformi. La procedura di declassificazione è attivabile d’ufficio dalla Direzione dell’istituto o su istanza del detenuto; in entrambi i casi, la Direzione dell’istituto acquisisce gli elementi informativi che provengono dal gruppo di osservazione e trattamento ed esprime il proprio parere. La direzione continua nell’istruttoria se la valutazione è favorevole e acquisisce i pareri delle competenti Direzioni distrettuali antimafia e degli altri organi investigativi, generalmente motivati sulla base delle informazioni sull’attualità dei collegamenti del soggetto con
263 Cfr. F. Falzone, op. cit., p. 5 264 Circolare D.A.P 2009 n. 3619/6069
l’associazione criminale di appartenenza. La proposta di declassificazione è inoltrata alla Direzione generale dei detenuti che emette il provvedimento amministrativo conclusivo, di rigetto ovvero di declassificazione e assegnazione al circuito ordinario265.
Manca la possibilità di proporre reclamo all’autorità giudiziaria. La Cassazione ha precisato che questo tipo di provvedimento si sottrae al controllo del magistrato di sorveglianza e che possono invece costituire oggetto di reclamo ex art. 14 ter o.p gli atti che incidano direttamente sui diritti soggettivi del detenuto266.
Questa impostazione è stata confermata nel 2009 da una sentenza della Corte Costituzionale267.
Il circuito di A.S. si pone poi fuori dalla logica della detenzione fondata sul trattamento risocializzante e sul rispetto della dignità del detenuto, perché, nonostante nelle circolari venga costantemente ribadita la legittimità dell’istituzione di tali circuiti, poiché ricondotta al potere discrezionale dell’amministrazione penitenziaria di raggruppare i detenuti al fine di assicurare il miglior trattamento individualizzato ex art 13 e 14 o.p., non si tratta in realtà di una mera sezione speciale. Risulta, al contrario, che il detenuto in A.S. subisce limitazioni nei rapporti con gli detenuti, nei colloqui e nelle telefonate, e quindi nei suoi diritti.
“Sembra che con l’istituzione dell’ A.S. l’amministrazione penitenziaria abbia voluto aggirare gli strumenti già predisposti dall’ordinamento penitenziario per risolvere il problema della sicurezza. Infatti è più vantaggioso per l’amministrazione agire autoritativamente e unilateralmente, senza dover emanare un provvedimento dai presupposti e contenuti predeterminati e suscettibili di controllo giurisdizionale” 268 . La giurisprudenza, invece, fin
265 Cfr. F. Falzone, op. cit., pp. 6-7
266 Cfr. Corte di Cassazione, sentenza n. 46260/2007 267 Cfr. Corte Costituzionale n. 266/2009
dall’introduzione, ha dato una conferma indiretta alla legittima esistenza dei circuiti creati dalla Amministrazione penitenziaria269.
4.7 Analogie e differenze con i regimi di massimo rigore spagnoli