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Problematiche di protezione delle Microgrid: analisi delle principali soluzioni impiantistiche

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Academic year: 2021

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(1)

DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA DELL’ENERGIA,

DEI SISTEMI, DEL TERRITORIO E DELLE COSTRUZIONI

CORSO DI LAUREA IN INGEGNERIA ELETTRICA

Tesi di Laurea Magistrale

Problematiche di protezione delle Microgrid:

analisi delle principali soluzioni impiantistiche

Relatori

Candidato

Prof. Davide Poli

Stefano Faraoni

Ing. Davide Fioriti

Anno Accademico 2017/2018

26/04/2018

(2)

I

Sommario

Introduzione 1

1 Dalle rinnovabili alle Microgrid 2

1.1 Problemi nell’implementazione delle microgrid 6

1.1.1 Aspetti normativi, economici e sociali 6

1.1.2 Funzionamento in isola e connesso alla rete 8

1.1.3 Controllo di potenza e frequenza 8

1.2 Microgrid in bassa tensione 9

1.2.1 Configurazione 10

1.2.2 Sistemi di terra 12

1.2.3 Generazione distribuita 14

1.3 Controllo della Microgrid 17

1.3.1 Controllo primario 17

1.3.2 Controllo secondario 19

1.3.3 Controllo terziario 20

1.3.4.1 Controllo complessivo 21

2 Protezione dai guasti e problematiche in presenza di generazione distribuita 24

2.1 Guasti nei sistemi di potenza 24

2.2 Caratteristiche del sistema di protezione 25

2.3 Risposta ai guasti della generazione distribuita 27

2.4 Problemi delle protezioni in presenza di generazione distribuita 29

2.4.1 Perdita del coordinamento tra le protezioni 30

2.4.2 Loss of Main 35

2.4.3 Modifica del livello della corrente di guasto 36

2.4.4 Flusso bidirezionale 37

2.4.5 Selettività 37

2.4.6 Intervento indesiderati delle protezioni 39

2.4.7 Blinding delle protezioni 40

2.4.8 Overreach dei relay ad impedenza 42

(3)

II

3 Tecniche e strategie per la protezione delle Microgrid 44

3.1 Schemi di protezione differenziali e basati sulle componenti di sequenza 44

3.1.1 Componenti di sequenza della corrente 44

3.1.2 Protezioni differenziali 46

3.2 Protezioni distanziometriche e ad impedenza differenziale 49

3.2.1 Protezione distanziometrica con relay ad ammettenza 49

3.2.2 Protezione basata sull’impedenza differenziale 52

3.3 Schema di protezione basato sulla tensione 56

3.4 Total Harmonic Distortion 59

3.5 Protezione basata sull’energia differenziale 61

3.6 Protezione mediante dispositivi limitatori della corrente di guasto 64 3.7 Schemi di protezione basati su sistemi Multi Agente 68 3.8 Schemi di protezione basati su onde progressive ed intelligenza artificiale 72

3.9 Schemi di protezione adattivi 75

3.10 Schema di protezione per microgrid in BT con relay a microprocessore

e coordinamento temporalmente graduato 79

3.11 Schema di protezione onnicomprensivo per microgrid in BT

con generazione ad inverter e generatori distribuiti convenzionali 85

3.11.1 Struttura della microgrid in BT 85

3.11.2 Protezioni delle linee e dei feeder della microgrid 86

3.11.3 Protezione della generazione distribuita 89

3.11.4 Point of Common Coupling 92

3.11.5 Coordinamento delle protezioni 94

3.11.6 Simulazioni 99

4 Discussione delle soluzioni proposte per la protezione delle Microgrid 104

4.1 Confronto ed analisi critica degli schemi di protezione analizzati 104 4.2 Considerazioni inerenti le applicazioni nei Paesi industrializzati 109 4.3 Considerazioni inerenti le applicazioni nei Paesi in via di sviluppo 110

5 Conclusioni 112

Ringraziamenti 114

(4)

1

Introduzione

L’incremento dell’efficienza energetica, la riduzione delle emissioni nocive, il miglioramento della qualità e dell’affidabilità, nonché la riduzione delle perdite in linea, sono alcuni dei più importanti vantaggi dell’installazione di generatori distribuiti vicino ai centri di carico. Con l’incremento del livello di penetrazione di tale generazione, si pongono problematiche inerenti il comportamento dinamico, il controllo e la sicurezza delle le reti elettriche in media e bassa tensione, originariamente non progettate per ospitare alcun tipo di generazione.

Queste nuove sfide possono essere affrontate propriamente mediante il riutilizzo delle infrastrutture attuali in logica “Microgrid”, ossia con una gestione intelligente di aree più o meno estese in modo integrato, capaci di alimentare il carico ed eventualmente offrire sevizi alla rete agendo su unità di produzione, gestione del carico e/o accumulo, ivi presenti. Tali sistemi rappresentano un approccio sistematico per l’integrazione della generazione distribuita nelle reti di distribuzione, ed offrono inoltre una promettente soluzione per l’accesso all’energia elettrica nei Paesi in via di sviluppo grazie alla capacità di funzionare in isola, ovvero in assenza di rete elettrica nazionale dedicata. Tuttavia, si presentano una serie di problematiche, sia a carattere economico e normativo, come la necessità di finanziamenti e regole per la determinazione del prezzo dell’energia scambiata tra la rete e la microgrid, che a carattere tecnico, come la regolazione di tensione e frequenza oltre che all’efficienza del sistema di protezione, nel rispetto dei vincoli qualità e sicurezza del servizio.

In questa tesi viene discusso uno dei principali problemi tecnici riguardanti l’implementazione pratica delle microgrid, ossia quello delle protezioni. La bi-direzionalità dei flussi di potenza e la variazione della corrente di guasto nel passaggio dal funzionamento connesso alla rete a quello in isola, comportano infatti l’inefficienza dei schemi tradizionali, solitamente basati su protezioni di sovracorrente. I nuovi sistemi di protezione devono quindi garantire il funzionamento nel rispetto dei criteri di sensibilità, selettività e sicurezza in entrambe le configurazioni operative.

Vengono dunque riportati e discussi in questa sede, sia i principali problemi delle protezioni legati alla presenza di generazione distribuita che le varie soluzioni proposte nella letteratura recente, esaminandone vantaggi, aspetti critici e limiti applicativi, in relazione ai numerosi parametri che influiscono sul corretto funzionamento di un adeguato sistema di protezione nelle microgrid.

(5)

2

1.

Dalle rinnovabili alle Microgrid

Alla luce della crescente domanda energetica ed il conseguente rischio dell’aumento di emissione di gas inquinanti, in tutto il mondo si stanno implementando target atti a limitare la produzione di suddetti gas, riguardanti il miglioramento dell’efficienza energetica e l’incremento della produzione di energia pulita. Questo ha portato ad un aumento progressivo dell’installazione di generazione distribuita (DG), ovvero fonti energetiche efficienti e/o rinnovabili, distribuite appunto nel sistema di potenza. Tali fonti sono state classicamente considerate come risorsa supplementare, a causa della limitata capacità di controllo da parte degli operatori dei sistemi di trasmissione/distribuzione, portando a sistemi prevalentemente passivi e poco flessibili, non permettendo inoltre di massimizzare l’efficienza dell’installazione dei generatori distribuiti: gli impianti convenzionali, infatti, devono essere mantenuti operativi, spesso al minimo, come riserva [1]. Il carattere intermittente della generazione da rinnovabile, inoltre, complica il bilancio di potenza della rete elettrica; tuttavia, a fronte del crescente livello penetrazione di produzione da rinnovabile, appare sempre più indispensabile dare il giusto peso al ruolo della generazione distribuita.

Portando il caso dell’Italia, i dati del Gestore Servizi Energetici (GSE)mostrano che tra il 2003 e il 2016 la potenza efficiente lorda installata in Italia è passata da 19.663 MW a 52.273 MW, con un incremento di 32.610 MW e un tasso di crescita medio annuo della potenza complessiva pari al 7,2%; gli anni caratterizzati da incrementi maggiori di potenza sono il 2011 e il 2012. Relativamente al 2016, risultano 742.340 impianti alimentati da fonti rinnovabili installati sul territorio nazionale (per una potenza complessiva di 51.475 MW), i quali hanno generato una produzione effettiva di energia elettrica di 108.022 GWh (37,3% della produzione lorda complessiva nazionale), che aumentano a 110,5 TWh (9,05 Mtep) applicando le regole di calcolo previste dalla Direttiva 2009/28/CE. La fonte rinnovabile che nel 2016 ha fornito il contributo più importante alla produzione elettrica effettiva è quella idraulica (39% della produzione elettrica da FER), seguita dalla fonte solare (20,5%), dalle bioenergie (18%), dalla fonte eolica (16,4%) e da quella geotermica (6,1%). Dimensioni e potenza degli impianti variano significativamente a seconda della fonte rinnovabile che li alimenta. Il 94% circa degli impianti fotovoltaici installati in Italia ha potenza inferiore a 50 kW, mentre il 94,1% di quelli geotermoelettrici supera i 10 MW; gli impianti alimentati con biogas e con bioliquidi hanno in genere una potenza compresa tra 200 kW e 1 MW (il 68,9% e il 72,6% rispettivamente). Per gli impianti idroelettrici la classe più rilevante, con il 32,0% degli impianti, è quella con potenza tra 200 kW e 1 MW; gli impianti di piccola taglia sono generalmente ad acqua fluente.

(6)

3 Oltre l’80% degli impianti eolici di piccola taglia, infine, ha potenza inferiore a 200 kW; il 44,7% degli impianti ha una potenza compresa tra i 50 kW e 200 kW [2].

Figura 1.1: Evoluzione della potenza installata degli impianti a fonti rinnovabili in Italia (fonte GSE)

(7)

4 L’integrazione di queste risorse energetiche distribuite (DERs, Distribuited Energy Resources) nelle “Microgrid”, gioca dunque un ruolo fondamentale nell’ottica del raggiungimento dei target di efficienza oltre che al bilanciamento della potenza in rete.

Genericamente, una microgrid è un sistema elettrico in scala ridotta costituito da fonti energetiche tradizionali e rinnovabili, assieme ad unità di stoccaggio, dotata di apposito sistema di gestione dell’energia. Nel 2002 Lasseter definì la microgrid come “un insieme di carichi e risorse distribuite operanti come singolo sistema controllabile, che fornisce sia potenza che calore all’area locale asservita” [3]. Questo significa che il consumatore può potenzialmente coprire totalmente o in parte il proprio fabbisogno energetico mediante lo sfruttamento della propria fonte di potenza, ma continuare ad essere connesso alla rete principale. Dal punto di vista dell’utente finale, l’implementazione delle microgrid può portare ad un aumento di affidabilità e qualità, nonché una diminuzione dei costi dell’energia elettrica del 20-25% [4]. Per quanto riguarda invece le utilities, le microgrid permetterebbero il ripristino del sistema senza influire sul carico dei clienti, fornendo carico dispacciabile durante le condizioni di picco, e quindi diminuendo lo stress sul sistema di trasmissione e distribuzione; questo comporta una maggiore efficienza, in quanto l’aumento della produzione “on-site” può minimizzare le perdite di trasmissione e distribuzione fino al 7% dell’energia generata [5].

L’implementazione delle microgrid giocherà un ruolo fondamentale anche per quanto riguarda l’elettrificazione delle aree rurali nei Paesi in via di sviluppo; molti di essi in Asia, incluse India ed Indonesia, stanno investendo molto ai fini dell’accesso universale all’energia elettrica, e si prevede che quest’area raggiungerà un tasso di elettrificazione del 99% entro il 2030. Analogamente si prevede che America Latina e Medio Oriente conseguiranno un livello rispettivamente pari al 99% e al 95%. Tuttavia, nonostante i progressi compiuti negli ultimi anni, l’attuale livello di elettrificazione dell’Africa sub-sahariana è pari ad appena il 43%. Al 2030, dei 674 milioni di persone ancora prive di energia elettrica a livello globale, circa 600 milioni saranno concentrate nell’Africa sub-sahariana, principalmente nelle aree rurali [6]. L’analisi basata sui dati della International Energy Agency (IEA) rivela che, dal 2000 al 2016, quasi tutti coloro che hanno ottenuto l’accesso all’energia elettrica nel mondo lo hanno fatto attraverso nuovi allacciamenti alla rete, principalmente alimentati da centrali a fonti fossili. Negli ultimi cinque anni, tuttavia, le energie rinnovabili hanno cominciato a guadagnare terreno, così come i sistemi off-grid e microgrid, e questa transizione è prevista accelerare.

(8)

5 Entro il 2030, le fonti rinnovabili alimenteranno oltre il 60% dei nuovi accessi e saranno i sistemi off-grid e microoff-grid a consentire la metà dei nuovi allacciamenti, anche grazie ad innovativi modelli di business che utilizzano tecnologie mobili e digitali.

Le energie rinnovabili, dal 2012, hanno alimentato il 34% dei nuovi allacciamenti, ed i sistemi off-grid e microoff-grid hanno contato per il 6% [6]. Da qui al 2030, l’ampliamento della rete porterà energia elettrica ad oltre la metà di coloro che vi accederanno per la prima volta e rappresenterà la modalità di accesso più economica nelle aree urbane; nelle aree rurali, invece, i sistemi di produzione decentralizzata rappresentano la soluzione più conveniente per oltre il 70% di coloro che acquisiranno l’accesso all`energia, guidata da sistemi off-grid e microgrid alimentati dal solare fotovoltaico.

L’elettrificazione di tali zone significherebbe migliori condizioni igienico sanitarie mediante l’accesso all’acqua potabile e possibilità dell’utilizzo di frigoriferi per la conservazione di alimenti e medicinali, sviluppo delle attività agricole con potenziale aumento dei posti di lavoro, accesso alle informazioni e sviluppo del settore commerciale; nel complesso dunque un netto miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni locali, con tutto ciò che ne consegue.

(9)

6

1.1

Problemi nell’implementazione delle microgrid

Elencati i pregi delle microgrid, riscontrati anche in applicazioni reali di successo, permangono una serie di problematiche a carattere tecnico, economico e normativo che devono essere affrontate al fine di raggiungere una maggiore efficienza nella loro implementazione. Tali problemi si presentano sia nei paesi industrializzati che in quelli in via di sviluppo, benché in entità e misure differenti. Specialmente per i problemi tecnici esistono un vasto numero di potenziali soluzioni: alcune sono attualmente oggetto di studio, altre trovano già spazio in ambito applicativo.

1.1.1

Aspetti normativi, economici e sociali

Una normativa adeguata risulta essenziale per la diffusione e lo sfruttamento delle potenzialità della generazione distribuita e la sua integrazione nelle reti preesistenti: molti aspetti legislativi limitano l’attuale utilizzo e diffusione delle microgrid, tuttavia negli ultimi anni nei paesi industrializzati si stanno muovendo passi avanti verso il paradigma delle smart grid.

Riprendendo l’esempio dell’Italia, la nuova norma CEI 0-21 del 2016 (in riferimento dunque ad utenti attivi per reti in BT), elenca i servizi che tutti gli utenti attivi permanentemente funzionanti in parallelo alla rete devono essere in grado di fornire per garantire il sicuro esercizio della rete di Distribuzione in presenza di ingenti quantità generazione distribuita, introducendo le prescrizioni anche per i sistemi di accumulo. Tali prescrizioni riguardano l’insensibilità agli abbassamenti di tensione, la loro partecipazione alla regolazione di tensione e la limitazione della potenza attiva generata; in particolare negli impianti di taglia complessiva superiore a 11,08 kW, le unità di GD utilizzate, in presenza di un opportuno sistema di comunicazione, potranno essere asservite a una regolazione centralizzata. Esse dovranno operare secondo le logiche specificate ed i segnali esterni di regolazione e controllo remoto che verranno erogati a cura del Distributore secondo quanto stabilito dalla norma stessa. La norma comunque non prevede ancora la possibilità da parte dell’impianto di utente di alimentare in isola una parte della rete del Distributore; l’esercizio in isola intenzionale può avvenire stipulando accordi con titolari di impianti di produzione e/o eventuali Utenti passivi (per esempio carichi disturbanti o di potenza rilevante) connessi alla porzione di rete BT interessata.

L’aspetto normativo costituisce un tassello fondamentale ai fini del corretto esercizio della rete; a fronte dei cambiamenti in atto riguardanti la diffusione e l’utilizzo di fonti rinnovabili, un opera di

(10)

7 revisione ed aggiornamento è in atto praticamente in tutti i Paesi dove la penetrazione di generazione distribuita sta acquisendo sempre più peso.

L’altro aspetto che necessita di un ammodernamento in quanto a regole è quello commerciale: ipoteticamente una microgrid dovrebbe poter funzionare come “cittadino ideale”, ovvero poter comprare e vendere potenza attiva e reattiva, da e verso la rete sul mercato; attualmente invece risulta preferita la politica del “buon cittadino”, cioè la possibilità di poter solo importare potenza attiva, ma non esportarla. La possibile bi-direzionalità del flusso di potenza, infatti, comporta dei problemi a carattere tecnico sulle line MT e non solo, quali ad esempio la necessità di rivedere le logiche di protezione. Si può dunque guardare all’attuale impossibilità da parte dell’utente di vendere energia con conseguente ritorno economico, come ad un freno che limita l’incentivo necessario al far compiere passi avanti nell’implementazione delle microgrid.

Il processo di elettrificazione delle aree rurali in paesi in via di sviluppo si trova anch’esso a dover fronteggiare problemi economici e normativi, ma di altra portata: si tratta inizialmente di stimare il carico di aree scelte secondo precisi criteri, per poi arrivare a definire un piano di investimento che risolva il problema tecnico-economico-finanziario. Per coloro che si occupano dello sviluppo delle microgrid in tale ambito, o più in generale di soluzioni off-grid, l’ostacolo principale che si presenta è il reperimento del capitale da investire necessario al sostentamento a lungo termine del progetto. Tali risorse economiche possono arrivare sia da privati che dalle istituzioni del Paese interessato, ma anche da Organizzazioni Non Governative operanti a scopo sociale senza guardare al profitto.

Occorre inoltre considerare l’aspetto burocratico e normativo, ovvero la necessità di regole chiare e tali da permettere una rapida attuazione. In determinati paesi, la presenza di utility verticalmente integrate, può complicare il processo di concessione dei permessi necessari agli operatori di microgrid, oppure il verificarsi di ritardi per quanto concerne le autorizzazioni; tutti questi aspetti gravano sulla capacità di ritorno degli investimenti e di conseguenza diminuiscono l’attrattività del settore.

Portare l’energia elettrica laddove prima era assente significa anche dover gestire i cambiamenti nelle abitudini dei consumatori finali, il che implica una complicazione della stima del carico nel lungo periodo. In alcuni casi poi, tali consumatori diventano anche gli operatori del sistema stesso: si presenta cioè la necessità di addestrare personale locale, il quale può essere privo di nozioni ed esperienza nel settore.

(11)

8 Una più completa ed approfondita analisi di questi problemi esula dallo scopo e dai contenuti di questa tesi; è tuttavia importante notare che anche nell’ipotesi di riuscire a far fronte ai problemi a carattere tecnico che verranno di seguito esaminati, gli aspetti normativi ed economici si intrecciano a creare un livello di complessità che rende ancora più impegnativa la sfida delle microgrid.

1.1.2

Funzionamento in isola e connesso alla rete

Un aspetto interessante delle microgrid riguarda la potenziale capacità di poter passare dal funzionamento connesso alla rete a quello in isola, sia intenzionalmente che a seguito di guasti, in presenza di adeguata capacità di generazione sufficiente almeno alla copertura dei carichi critici. Questa transizione può avvenire principalmente in due modi: black start, che consente un breve periodo di non alimentazione prima di re-energizzare il sistema in isola, oppure con continuità in un breve lasso di tempo, soluzione tuttavia di complicata realizzazione [7].

Nel caso in cui la rete sia presente, vi sarà poi l’eventuale necessità di ricollegare la microgrid alla rete stessa, il che pone ulteriori problematiche. Affinché avvenga la ri-sincronizzazione tra le due reti dopo che il guasto è stato risolto, è necessario scegliere accuratamente l’istante in cui richiudere l’interruttore tra la rete e la microgrid, il che potrebbe richiedere ulteriori controllori di tensione e/o frequenza, dato che queste transizioni causano forti squilibri tra carico e generazione [5]

Anche lo studio degli inverter dual-mode e delle loro tecniche di controllo è dunque oggetto di ricerca, ed alcune soluzioni trovano già applicazione con risultati postivi [7].

1.1.3

Controllo di potenza e frequenza

Per quanto riguarda l’implementazione delle microgrid laddove sia già presente la rete, il distributore deve garantire gli standard di qualità di tensione e frequenza a tutti i consumatori. Per le microgrid connesse alla rete vengono poste dunque delle costrizioni, le quali possono essere difficili da mitigare per via del carattere aleatorio della potenza derivante dalla generazione distribuita. Il bilancio della di potenza attiva e reattiva istantanea tra la rete e la microgrid, diviene difficile da gestire dal punto di vista del profilo di tensione, a causa dell’elevato rapporto tra la resistenza e la reattanza della rete in BT: questo porta all’accoppiamento della potenza attiva e reattiva, il quale va contro lo stato tecnicamente accettabile di separazione delle potenze durante le operazioni [5].

(12)

9 La presenza di generazione distribuita comporta anche problematiche riguardanti contenuto armonico di tensione e correnti. Per quanto riguarda il caso italiano, tutti gli aspetti sopra elencati sono trattati nell’ultima edizione della già citata Norma CEI 0-21.

1.2

Microgrid in Bassa Tensione

Verranno dunque esposte le caratteristiche generiche di una microgrid in BT, questo perché trovano larga diffusione nei laboratori e nei progetti dimostrativi oltre ad essere, per esempio, le più idonee per l’elettrificazione delle zone rurali.

Si tratta in genere di un gruppo di utenti in BT il cui fabbisogno viene soddisfatto mediante produzione da risorse distribuite, con carichi che possono arrivare anche alla soglia del MW. A causa della mancanza di standard ben definiti, esistono diverse tipologie di microgrid BT in termini di dimensione e livello di tensione, in base alla geografia, alle tecnologie disponibili ed alle tipologie di carico; in alcuni casi possono funzionare completamente in isola, in altri può esser prevista la possibilità di connettersi alla rete principale. La tipologia di generatori ed elementi di stoccaggio ne determina le caratteristiche fisiche e di controllo, le quali possono variare anche in funzione della prestazione che si intende ottimizzare: affidabilità, sicurezza, costi, riduzione delle emissioni [8].

(13)

10

1.2.1

Configurazione

Le reti BT tradizionali sono radiali, costituite da un certo numero di feeder i quali partono dalle rispettive sbarre della sottostazione MT/BT a monte (qualora presente). Tali feeder possono avere uno o più rami, con utenti potenzialmente collegati ovunque: la presenza di linee e carichi monofase rende quindi le reti BT intrinsecamente sbilanciate.

Principalmente le sottostazioni MT/BT sono dotate di trasformatore di taglia fino ad 1 MVA, tipicamente con primario a triangolo e secondario a stella con centro stella accessibile (Dyn11), così da permettere il collegamento a terra dei carichi monofase [14].

La fig. 1.5 presenta un modello di riferimento per la modellazione e la simulazione delle operazioni della microgrid, con focus più sulla struttura che non sulle singole componenti [15]. In partenza dalle sbarre, il feeder è equipaggiato con interruttore per permettere la connessione/disconnessione dalla rete.

Componenti Microgrid AC Tensione Frequenza

(Hz)

Taglia

Isola Greca di Kythnos [9]: impianto fotvoltaico, generatore diesel,

banco di batterie

BT monofase 50 12 kWp da fotovoltaico 85 kWh da banco di batterie

Hachinohe, Giappone [10]:

impianto fotovoltaico, turbine eoliche impianto a digestione e banco di batterie al piombo

Non specificato 50 150 kW da eolico e fotovoltaico,

510 kW da impianto a digestione, 100kW dalle batterie

Aree rurali del Senagal [11]: impianto fotovoltaico e pacchi di batterie

220 V 50 0.5-10 kW

per utenza domestica Porto, Portogallo [12]:

fuel cells, impianto fotovoltaico, turbine eoliche, sistema di stoccaggio

400 V 50 50 - 200 kW

Huatacondo, Chile [13]:

impianto fotovoltaico, generatore diesel, micro-turbine eoliche

Non specificato 50 Complessivamente 150 kW

(14)

11

(15)

12

1.2.2 Sistemi di terra

Un sistema di messa terra efficace è indispensabile nel sistema elettrico al fine di ottenere un adeguato livello di sicurezza: esso infatti permette di ridurre la durata delle sovratensioni, diminuendo dunque il rischio di conseguenze dannose per il corpo umano. Per le microgrid, è fondamentale che l’efficienza del sistema di terra non venga alterata nel passaggio al funzionamento in isola.

Mediante i sistemi di terra, i sistemi di distribuzione in BT possono essere identificati in: 1) TT: neutro del trasformatore a terra e masse collegate a terra

2) IT: neutro del trasformatore isolato da terra e masse collegate a terra 3) TN: neutro del trasformatore a terra e masse collegate al neutro.

Il sistema TN può a sua volta diversificarsi in tre sottosistemi:

- TN- C, dove “C” sta per combinato, indicando la presenza di unico conduttore (PEN), avente si funzione di neutro che di conduttore di protezione equipotenziale

- TN-S, dove “S” sta per separato, ovvero neutro e conduttore di protezione equipotenziale (PE) sono due conduttori distinti

- TN-C-S, ovvero un sistema che in parte è TN-C ed in parte TN-S

(16)

13 Le fonti [14],[16] indicano il sistema TN come miglior soluzione in ambito microgrid, sia in isola che nel funzionamento connesso alla rete; per brevità, dunque, dei sistemi TT e IT si riportano esclusivamente gli schemi, rispettivamente illustrati in fig. 1.7 e 1.8.

In caso di guasto all’isolamento, nei sistemi TN la corrente di guasto Id è limitata esclusivamente

dall’impedenza dell’anello di guasto. Genericamente la protezione dal cortocircuito a seguito del cedimento dell’isolamento è garantita da interruttori o fusibili, con apertura automatica secondo tempistiche specifiche, dipendenti dalla tensione U0 tra fase e neutro.

Figura 1.7: Sistema di terra TT

Figura 1.8: Sistema di terra IT

(17)

14 I tempi di intervento tipici del sistema TN vengono riportati in tabella, in accordo alla norma IEC 60364, dove UL è la tensione limite di sicurezza.

I principali vantaggi dell’utilizzo del sistema TN sono dunque[14]:

1) Correnti di guasto sufficientemente elevate per poter attivare le protezioni di sovracorrente. 2) Interconnessione tra la terra del trasformatore e quella dei dispositivi di utente, la quale

fornisce sempre una via di richiusura per i guasti nella rete BT.

3) Risulta necessaria una minore resistenza di terra per il conduttore PEN.

4) Nel caso di guasti all’isolamento, le tensioni di contatto sono in genere più basse che nel sistema TT.

In [14] vengono testati i tre sistemi di terra in caso di guasto monofase a terra su di un modello di microgrid funzionante in isola. I risultati di tale test indicano che la corrente di guasto nel sistema TN assume valori decisamente maggiori che nei sistemi TT e IT; inoltre a tensione di contatto al bus dove è avvenuto il guasto si mantiene a valori molto inferiori rispetto al sistema TT, e lo stesso dicasi per le tensioni ai bus intatti.

In [16] la stessa microgrid viene testata in funzionamento collegata alla rete, portando sostanzialmente ai medesimi risultati sopra elencati.

1.2.3

Generazione distribuita

Tipicamente nelle microgrid vengono impiegati sia generatori distribuiti di tipo tradizionale sia quelli controllati mediante inverter (IGBDs, Inverter Based Distribuited Generators). La descrizione dettagliata delle varie tipologie non rientra nello scopo di questa tesi, perciò di seguito si esporranno

(18)

15 brevemente le caratteristiche di controllo di tre categorie di generazione distribuita: convenzionale, IGBDs a controllo di potenza costante, IBDGs a controllo di tensione e frequenza.

1) Generazione convenzionale: si tratta tipicamente di generazione sincrona (cogenerazione, motori

diesel, piccole idroturbine, eolico a velocità costante); contribuiscono maggiormente alla corrente di guasto rispetto ai generatori interfacciati alla rete mediante inverter. Gli effetti derivanti dalla loro installazione vanno valutati attentamente, in quanto potrebbero disturbare il coordinamento delle protezioni nonché la stabilità della microgrid.

2) IGBDs a controllo di potenza costante: impiegata ai fini dello scambio di una predeterminata

quantità di potenza attiva e reattiva tra la rete e la microgrid, non è disposta al controllo di tensione e frequenza. Può quindi essere rappresentata come un generatore di corrente costante che inietta potenza nella rete [1]; richiede un appropriato algoritmo di sincronizzazione per operare correttamente [17], ed il controllo della potenza generata può essere comandato dall’ algoritmo MPPT (inseguimento del punto di massima potenza). Questo tipo di IGBDs viene indicato come grid-feeding, e può operare in parallelo a convertitori dello stesso tipo quando sono connessi alla rete; non può invece operare in isola in assenza di altri convertitori o generatori sincroni locali che costituiscano i riferimenti di tensione e frequenza.

La struttura del controllore presenta due anelli: un anello di corrente interno, che regola la corrente iniettata nella rete, ed uno esterno che fissa la corrente di riferimento al fine di regolare la potenza consegnata alla rete. Tale corrente è tipicamente un segnale feed-forward funzione delle potenze di riferimento P* e Q* [17].

(19)

16

3) IBDGs a controllo di tensione e frequenza: operano come generatori di tensione controllabili, in

cui i riferimenti di tensione e frequenza provengono da un livello di controllo superiore, come quello dello statismo [1]. Pur contribuendo significativamente al controllo delle grandezze, la qualità della tensione nella microgird non dipende esclusivamente da questi convertitori, in quanto la connessine di carichi e generazione distribuita su di una linea BT relativamente debole inficia sul profilo della tensione. Si parla di convertitori grid- forming: un esempio pratico possono essere gli UPS, che funzionano disconnessi dalla rete ed in caso di disservizio stabiliscono la tensione di riferimento per il resto del sistema.

La fig. 1.11 mostra un esempio del controllore del convertitore, realizzato mediante due controllori sincroni in cascata lavoranti sul piano dq. Gli ingressi di controllo sono l’ampiezza v* e la frequenza ω* della tensione che il convertitore dovrà instaurare al PCC1 (Point of Common

Coupling). L’anello interno regola la corrente fornita dal convertitore, la quale circola attraverso l’induttanza LF caricando il condensatore CF. In questo modo la tensione in uscita viene mantenuta

al valore di riferimento imposto dall’anello esterno, il quale controlla che la tensione della rete sia pari al suo valore di riferimento. Si noti che tale anello esterno è abilitato esclusivamente nel funzionamento in isola della microgrid [1].

1 Insieme di interruttore rapido di tipo statico e trasformatore di isolamento, che interfaccia la rete alla microgrid. In caso

di guasti o disturbi sulla rete principale si apre isolando la microgrid dalla rete stessa.

(20)

17

1.3

Controllo della microgrid

I diversi tipi di generazione distribuita con i rispettivi convertitori e controllori sono dunque collegati tra loro in parallelo all’interno della microgrid. Nel caso di inverter collegati in parallelo, il metodo di controllo applicato, consiste nel sottrarre parti proporzionali al valor medio di potenza attiva e reattiva in uscita alla frequenza e all’ampiezza di ogni modulo, simulando così delle inerzie virtuali.

La necessità delle microgrid di funzionare sia in isola che connesse alla rete richiede una certa flessibilità, il che pone delle problematiche all’implementazione di tale metodo, quali il controllo della frequenza del sistema, mantenimento del sincronismo e stabilità della tensione. Per di più si deve tenere di conto della necessità di monitoraggio dei guasti, protezione, integrazione di diverse tecnologie e necessità di comunicazione.

Per far fronte a tutto ciò viene applicato un controllo gerarchico organizzato in tre livelli: primario, secondario e terziario.

1.3.1

Controllo primario

Aggiusta la frequenza e l’ampiezza delle tensioni di riferimento, le quali vengono fornite agli anelli interni di controllo della tensione e della corrente dei vari convertitori. Richiama il comportamento di un generatore sincrono che riduce la frequenza all’aumentare della potenza attiva. Le formule di riferimento sono dunque:

(1) ω=ω* - GP(s)·(P-P*)

(2) E=E* - GQ(s)·(Q-Q*)

Dove ω ed E sono la frequenza e l’ampiezza della tensione di riferimento in uscita, ω* ed E* i valori di riferimento, P e Q la potenza attiva e reattiva, P* e Q* i loro valori di riferimento, GP(s) e GQ(s) le

corrispondenti funzioni di trasferimento. L’impedenza in uscita in applicazioni BT è puramente resistiva, e dipende dalla tipologia di controllo del convertitore. Alle equazione (1) e (2) può essere applicata la trasformata di Park, ottenendo:

(3) ω=ω* - GP(s)·[(P-P*)sin Ɵ - (Q-Q*)cos Ɵ]

(21)

18 Il controllo primario può includere anche l’anello d’impedenza d’uscita virtuale, nel quale la tensione di uscita può essere espressa come:

(5) v0= vref – ZD(s)·i0

Dove vref = Esin(ωt) è la tensione di riferimento data da (3) e (4), e ZD(s) è la funzione di trasferimento

dell’impedenza di uscita, che assicura il comportamento induttivo alla frequenza di rete.

L’impedenza virtuale di uscita ZD è quindi equivalente all’impedenza in serie del generatore sincrono.

Figura 1.12: Anello dell'impedenza virtuale

Figura 1.13: Circuito equivalente di un inverter con anello d'impedenza virtuale (G(s) è il funzione di trasferimento guadagno ad anello chiuso della tensione)

(22)

19

1.3.2

Controllo secondario

Tale livello di controllo, assicura che le deviazioni di tensione e frequenza siano nulle dopo ogni variazione di carico o di generazione all’interno della microgrid. Misurati i loro valori EMG e ωMG,

vengono comparati ai valori di riferimento E*MGe ω*MG; gli errori δω e δEsono processati mediante

compensatore ed inviati a tutte le unità per ripristinare tensione e frequenza in uscita: (6) δ = kpω (ω*MG - ωMG) + kiω

(ω*MG - ωMG) dt + ΔωS

(7) δ = kpE (E*MG - EMG) + kiE

(E*MG - EMG) dt

Dove kpω , kiω, kpE e kiE sono i parametri di controllo del compensatore e ΔωS è un termine che rimane

nullo in assenza di rete.

Tensione e frequenza della rete saranno i valori di riferimento per la connessione della microgrid alla rete stessa; la sincronizzazione della fase tra le due avviene convenzionalmente mediante PLL2(phase

loked loop ).

2 Circuito elettronico costituente un sistema di controllo automatico che consente di generare un segnale periodico la

cui fase è in relazione fissa con quella di un segnale di riferimento; è un esempio di applicazione all'elettronica del controllo in retroazione. Non esiste una traduzione italiana univoca del termine: è difatti possibile trovare le forme "anello ad aggancio di fase", "circuito ad aggancio di fase" oppure "maglia ad aggancio di fase".

(23)

20

1.3.3 Controllo terziario

Controlla il flusso di potenza attiva e reattiva tra la rete e le microgrid nel funzionamento in connessione, agendo su frequenza (cambiando la fase in modo statico) e tensione della microgrid. Misurando P e Q al PCC, PG e QG possono essere confrontate con P*G e Q*G. La funzione dei

controllori PIPe PIQ è:

(8) ω*MG = kpP (P*G - PG) + kiP ∫(P*G - PG) dt

(9) E*MG = kpQ (Q*G - QG) + kiQ

(Q*G - QG) dt

Dove kpP, kiP, kpQ e kiQ sono i parametri di controllo del compensatore terziario.

In isola ω*MG = ω*i e E*MG = E*MG sono generate automaticamente dal controllore secondario.

In presenza di rete viene avviato il processo di sincronizzazione e ω*MG ed E*MG sono quelli della

rete stessa, e saranno anche frequenza ed ampiezza della tensione nella microgrid.

Dopo la sincronizzazione tali segnali verranno dunque forniti dal controllo terziario mediante (8) e (9); si noti che in base al segno di P*G e Q*G, il flusso di potenza attiva e reattiva può essere

indipendentemente importato oppure esportato.

(24)

21

1.3.4 Controllo complessivo

Ci si riferisce a tale controllo con il termine supervisory control , e può essere distinto i due tipologie: (A) schema centralizzato [18], [19] e (B) schema decentralizzato [20]. Nelle seguenti sotto-sezioni se ne descrivono brevemente le caratteristiche.

A.

Controllo centralizzato

Tipicamente sono definiti tre livelli di controllo:

- Controllori locali ( Local Controllers, LCs) che possono essere sia controllori locali del carico (Local Load Controllers, LLCs) che controllori locali della generazione (Local DER

Controllers, LDRCs);

- Controllore centrale della Microgrid (Microgrid Central Controller, MCC) - Sistema di Gestione della Distribuzione (Distribution Management System, DMS)

Nel controllo centralizzato i controllori locali controllano la generazione ed i carichi controllabili all’interno della microgrid, mediante comandi impartiti dal MCC attraverso appositi canali di comunicazione. Tali comandi sono determinati in base a diversi criteri, come ad esempio segnali di mercato, necessità interne della microgrid, richieste del gestore di rete ecc. Si presuppone quindi che il ruolo del MCC vari dall’ottimizzazione al coordinamento dei parametri dei LCs.

Quando la microgrid è connessa alla rete il livello di tensione è imposto del gestore di rete, dunque la funzione di supervisione è quella di fornire i comandi relativi alla potenza attiva e reattiva ai LDRCs. Viceversa, nel funzionamento in isola la generazione viene controllata principalmente al fine di mantenere adeguati parametri di tensione e frequenza, in modo da non compromettere il funzionamento dei dispostivi evitando di danneggiarli. In più, il controllo di supervisione può impartire comandi di alleggerimento del carico, in funzione della potenza generata ed altri criteri di gestione della microgrid.

Il DMS3 è un controllore di livello superiore, responsabile di coordinare l’attività di più microgrid, e

si interfaccia a ciascuna di esse mediante il corrispondente MCC.

3 In letteratura anche Operatore della Rete di Distribuzione (Distribution Network Operator, DNO) oppure Operatore di

(25)

22 La fig 1.16 mostra l’architettura del sistema di controllo.

Il controllo centralizzato richiede un esteso sistema di comunicazione al fine di connettere il controllore centrale a tutte le unità controllabili, il che lo rende poco pratico per zone geograficamente molto estese. Inoltre un malfunzionamento del sistema di comunicazione rischia di compromettere il funzionamento dell’intero meccanismo.

(26)

23

B. Controllo decentralizzato

In aree remote le distanze tra i generatori che costituiscono la microgrid risultano particolarmente grandi, dunque per le considerazioni precedentemente fatte, il controllo centralizzato risulterebbe costoso e poco pratico. Per far fronte a questi limiti si preferisce utilizzare in tali situazioni il controllo decentralizzato. In questo tipo di approccio, decisioni quali ottimizzazione tra potenza generata e carico o quantità di potenza esportata verso la rete principale in base ai costi di mercato, vengono prese dai LDRCs. Inoltre, ciascuna unità deve essere in grado di funzionare indipendentemente, senza intercomunicazione; gli LLCs devono quindi assicurare la corretta operatività dei carichi a cui sono associati. Nel controllo decentralizzato il compito principale di ciascun LC è non solo massimizzare il rendimento della corrispondente unità, ma anche quello di migliorare la performance complessiva della microgrid. Quindi l’architettura di controllo deve essere in grado di includere funzioni economiche, fattori ambientali e requisiti tecnici.

(27)

24

2.

Protezione dai guasti e problematiche in presenza di

generazione distribuita

Dopo un breve richiamo ai guasti ed alle caratteristiche delle protezioni nelle reti radiali standard, si procede dunque ad esaminare quali ostacoli ci si trova a dover affrontare nell’implementazione delle microgrid dal punto di vista delle protezioni e della loro efficienza nelle reti preesistenti, essendo queste tarate con logica di flusso di potenza monodirezionale.

2.1

Guasti nei sistemi di potenza

Per cortocircuito si intende una condizione di funzionamento anomala, verificatasi a seguito del contatto indesiderato tra i conduttori ed il sistema, tra questi e la terra o in genere tra parti a differente livello di tensione di macchine e apparecchi. I cortocircuiti si distinguono in franchi qualora l’elemento che li determina abbia impedenza trascurabile, con impedenza di guasto in caso contrario; possono avere carattere simmetrico (cortocircuito trifase) e non simmetrico (monofase a terra, bifase con o senza contatto a terra, ecc.). Il verificarsi di queste condizioni di guasto determina normalmente nei sistemi di potenza correnti di valore più elevato di quelle di esercizio. Vi è tuttavia la possibilità che tali correnti di guasto assumano valori addirittura inferiori a quelle nel normale funzinamento, come ad esempio nelle linee MT a neutro isolato in caso di guasti monofase a terra [21].

Che si tratti di guasti franchi o ad elevata impedenza, il cortocircuito va comunque sempre considerato come condizione indesiderata da eliminare rapidamente, a causa dalle gravi conseguenze per il sistema che possono così essere riassunte:

- disalimentazione (per guasti trifase) o alimentazione anomale (per cortocircuiti monofase) di carichi a valle;

- sollecitazioni termiche ed elettrodinamiche inammissibili sui componenti di impianto (linee, apparecchiature, etc.);

- peggioramento della stabilità del sistema; - interferenze sui sistemi di telecomunicazione; - sovratensioni di manovra e/o sostenute;

(28)

25

2.2 Caratteristiche del sistema di protezione

Le funzioni base dei sistemi di protezione sono ampiamente trattate nella letteratura standard [21]. Lo scopo principale è quello di assicurare l’operatività in sicurezza del sistema, ovvero la sicurezza delle persone, del personale addetto e dei dispositivi. Inoltre il loro compito è quello di minimizzare l’impatto dei guasti che inevitabilmente si presenteranno nel sistema.

Dal punto di vista elettrico, le conseguenze dei guasti elencate nella precedente sezione, possono sostanzialmente essere ricondotte a sovratensioni e sovracorrenti: ad esempio l’accoppiamento asincrono di due reti comporta elevate correnti, mentre i guasti a terra si traducono in elevate tensioni di contatto e quindi situazioni di pericolo per le persone.

Per la progettazione e la coordinazione delle protezioni in rete, le caratteristiche largamente accettate sono dunque [22]:

Selettività: La protezione deve cioè disconnettere solo la parte di sistema interessata dal

guasto (o comunque la minima porzione che lo contiene), in modo da limitare il più possibile le conseguenze del guasto stesso.

Ridondanza: Il sistema di protezione deve garantire quindi elevata affidabilità mediante

ridondanza di relays, ottenuta anche attraverso dispositivi aventi diversi principi di funzionamento (distanziomentrica, differenziale, etc.). Si parala dunque di funzione di

back-up.

Gradualità: al fine di garantire le due funzioni sopraelencate, le caratteristiche dei relays

devono rispettare una certa gerarchia. Questa misura permette di ottenere elevata ridondanza senza compromettere la selettività.

Sicurezza: intesa come “la capacità di far fronte a tutti gli eventi e transitori che non siano

guasti, in modo da evitare la disconnessione non necessaria delle componenti sane del sistema” [23].

Affidabilità: ovvero “la capacità di individuare e disconnettere tutti i guasti all’interno della

(29)

26 Prima di passare all’analisi dei problemi delle protezioni delle microgrid, si richiama un esempio di coordinamento delle protezioni in un sistema radiale. In generale vengono impiegati interruttori e recloser automatici, posizionati rispettivamente in partenza e a metà del feeder principale; i fusibili vengono impiegati nei feeder secondari.

La coordinazione è necessaria affinché in caso di guasti autoestinguenti (il 70% - 80% dei guasti in linea) o temporanei, il recloser si apra rapidamente (fast mode) isolando il feeder. Il fusibile deve intervenire esclusivamente in caso di guasti permanenti e, nel caso in cui questo fallisca, il recloser funge da back-up mediante la sua caratteristica di richiusura lenta. Il relay dell’interruttore è chiamato ad intervenire esclusivamente nel caso entrambe falliscano [24].

La fig. 2.2 mostra come tipicamente viene realizzata la coordinazione: per tutti i guasti tra Ifmin

(minima corrente di guasto de feeder) e Ifmax (massima corrente di guasto del feeder), la caratteristica

di intervento rapido del recloser sta sotto la Curva di Pre-arco (in figura Minimum Melting Time, MMT) del fusibile, mentre la caratteristica di richiusura lenta del recloser sta al di sopra della Curva di Funzionamento del fusibile (in figura Total Clearing Time, TCT). Quindi il recloser apre prima che il fusibile inizi a fondere, dando la possibilità di auto-estinguersi ai guasti temporanei; comunque, per guasti permanenti, il fusibile interviene prima dell’apertura lenta del recloser. La figura inoltre mostra la funzione di back-up del relay, in quanto la sua curva caratteristica giace al di sopra di tutte le altre. Quindi, affinché vi sia coordinazione, è necessario che (i) la corrente che attraversa i dispostivi si mantenga entro i limiti Ifmin e Ifmax e (ii) che il valore di tale corrente differisca di poco

per tutti i dispositivi di protezione. Si può inoltre notare la perdita del coordinamento nel caso in cui la differenza tra la corrente di guasto del fusibile (IF) e quella del recloser (IR) sia maggiore del

margine.

(30)

27

2.3

Risposta ai guasti della generazione distribuita

Durante i guasti i generatoti distribuiti sono soggetti ad un buco di tensione. La loro risposta dipende dalla tipologia di generatore, in particolar modo se sono direttamente collegati in rete (macchina sincrona) oppure interfacciati mediante convertitore elettronico di potenza, tipicamente un inverter. Le due tipologie hanno infatti risposte completamente diverse [25].

La risposta della macchina sincrona è determinata dalle leggi elettromeccaniche, dalle sue caratteristiche costruttive e dal sistema di eccitazione. Il valore massimo della corrente di corto iniziale è legato alla reattanza sub-transitoria della macchina, la quale è progettata per far fronte agli sforzi dinamici associati [25].

Nel caso di generatori interfacciati mediante inverter, la risposta in termini di corrente non è determinata dalle caratteristiche costruttive del convertitore, ma dal suo sistema di controllo [25].

(31)

28 Durante il normale funzionamento hanno infatti bassa impedenza di uscita, e ciò implica che in assenza di controllo fornirebbero un elevata corrente a fronte di un buco di tensione.

Tuttavia il controllo di corrente del convertitore limita (tipicamente 1-2 p.u.) il valore della corrente stessa, evitando che questa superi la capacità di turn-off dei commutatori a semiconduttore [25].

La fig. 2.3 aiuta dunque a comprendere come il contributo alla corrente di guasto della generazione sincrona sia maggiore rispetto a quello della generazione interfacciata mediante inverter. Le conseguenze di tale aspetto verranno analizzate nei paragrafi successivi.

Figura 2.3: risposta tipica in termini di corrente in p.u. a seguito di un buco di tensione: (a) generazione sincrona; (b) interfacciata mediante inverter.

(32)

29

2.4

Problemi delle protezioni in presenza di generazione distribuita

L’integrazione della generazione distribuita nella rete, nonché il loro crescente livello di penetrazione, comportano cambiamenti nel livello e nella direzione della corrente di guasto nella rete stessa [26], [27] . Inoltre le microgrid hanno struttura dinamica e diverse modalità di funzionamento, in quanto in ogni istante possono connettersi e disconnettersi sia generazione che carico. Gli schemi di protezione tradizionali ai quali si è accennato devono quindi essere rivisti, in modo da far fronte a tali cambiamenti.

Nei sistemi di potenza tradizionali, il flusso di potenza scorre dal livello di tensione superiore a quello inferiore. In caso di guasto, la corrente di corto diminuisce all’aumentare della distanza dalla sorgente. Ad ogni modo, la generazione distribuita cambia tali concetti, in quanto può verificarsi che il flusso di potenza sì diriga dalla microgrid verso la rete, qualora la generazione locale ecceda il consumo. Inoltre, come mostrato in fig. 2.4, la generazione distribuita contribuisce al valore della corrente di guasto a valle.

(33)

30 Il contributo alla corrente di guasto del singolo generatore può non essere elevato, tuttavia l’effetto combinato di più generatori può raggiungere livelli significativi [28]. Determinare il contributo complessivo non è però un compito semplice, in quanto strettamente dipendente dal tipo di generatore distribuito. Inoltre l’impiego generatori interfacciati al sistema mediante inverter limita il valore della corrente di guasto che questo può fornire: se si abbassano le soglie del relay affinché questo sia sensibile alle correnti di guasto dovute alla presenza dell’inverter, si potrebbero verificare scatti indesiderate delle protezioni a causa dei transitori nel sistema [29]. Anche la posizione del guasto rispetto al generatore influisce sull’efficacia del sistema di protezione: può accadere che il relay misuri solamente una parte della corrente di guasto, poiché vi possono essere più percorsi possibili mediante i quali tale corrente si richiude [29].

Com’è possibile osservare, i problemi legati ai guasti ed alle protezioni nelle microgrid sono dunque molteplici. Nei paragrafi successivi verranno esaminati i principali.

2.4.1 Perdita del coordinamento tra le protezioni

In riferimento a quanto descritto nella sezione introduttiva del capitolo, si prende in considerazione l’impatto che la generazione distribuita ha sul coordinamento recloser/fusibile e fusibile/fusibile.

A. Perdita coordinamento recloser/fusibile.

A seguito della connessione di generatori distribuiti cambiano i valori della corrente massima e minima di guasto nel feeder; per ogni guasto al carico, dunque, il fusibile vede una corrente più elevata del recloser. Inoltre i guasti temporanei, i quali occorrono più frequentemente nei feeder secondari, devono essere discriminati dalla caratteristica rapida del recloser, ma questo può non avvenire qualora il generatore sia installato al termine del feeder. In tal caso può accadere che il guasto temporaneo venga eliminato dal fusibile laterale, trasformandosi in guasto permanente. Si parla di fenomeno di “fuse blowing” il quale impatta negativamente sull’affidabilità del sistema.

Per comprendere il comportamento del sistema si prenda in considerazione la fig. 2.5, nella quale si assume il funzionamento di un solo generatore distribuito per volta [29].

(34)

31 Si prendono in considerazione dunque quattro casi, a seconda del generatore in funzione e della posizione del guasto, riportati in tabella 2.1. Qui, Ire If indicano rispettivamente la corrente di guasto

viste dal recloser e dal fusibile, mente Is e Idg indicano la corrente di guasto dalla sottostazione e dal

generatore.

Nel caso 1, la corrente di guasto vista dal recloser è pari a quella derivante dalla sottostazione, mentre la corrente di guasto vista dal fusibile è uguale alla somma della corrente della sottostazione e di quella del generatore. Quindi il problema del “fuse blowing” si verifica ogni qual volta che sia il generatore che il guasto si trovino oltre il recloser [30].

Nel caso 2 il generatore ed il guasto sono rispettivamente a valle ed a monte del recloser, il quale è attraversato da corrente in direzione opposta. Quindi stavolta è il fusibile a dover operare per primo. Tuttavia è possibile che intervenga la caratteristica rapida del recloser causando l’interruzione dei circuiti a valle dello stesso; in tal caso comunque l’alimentazione verrà ripristinata automaticamente dopo pochi cicli a seguito dell’eliminazione del guasto ad opera del fusibile, dando luogo cioè ad un interruzione trascurabile [30].

Caso Generatore Posizione guasto Descrizione 1 DG1 Guasto 1 Ir = Is e If= Is+ Idg 2 DG1 Guasto 2 Ir = Idg e If = Is + Idg

3 DG2 Guasto 1 Ir = If = Is+ Idg

4 DG2 Guasto 2 No Ir e If= Is+ Idg

Tabella 2.1: Descrizione della corrente di guasto vista dal recloser e dal fusibile Figura2.5: Esempio di sistema radiale con generazione distribuita

(35)

32 Nel caso 3, la stessa corrente attraversa sia il recloser che il fusibile, mantenendo apparentemente inalterata la coordinazione. Ad ogni modo, il contributo del generatore alla corrente di guasto comporta un aumento della corrente massima; in base alla taglia del generatore stesso è dunque necessario rivedere il range di coordinamento, pena l’inefficienza delle protezioni [30].

Nel caso 4, la corrente di guasto dalla sottostazione e dal generatore interessano direttamente il fusibile, per cui il recloser non rileva niente.

B. Perdita coordinamento fusibile/fusibile.

Le figure 2.6 e 2.7 mostrano come viene solitamente ottenuta la coordinazione tra fusibili nelle reti radiali con generazione distribuita.

Figura 2.6: Disposizione fusibili in rete radiale

(36)

33 Per ogni guasto nel feeder secondario, il fusibile1 deve operare prima che si danneggi il fusibile2: ciò avviene se la curva di funzionamento del primo (Fuse1 TC, fig. 2.7) sta sotto la curva di pre-arco del secondo (Fuse2 MM, fig.2.7), mantenendo un certo margine per ogni guasto sul feeder secondario. Riferendosi sempre alla fig. 2.7, questo significa che il coordinamento tra i due fusibili è garantito per ogni valore di corrente di guasto del feeder secondario compreso tra Ifmax e Ifmin [31].

La fig. 2.8 mostra una tipica rete di distribuzione con più fusibili: in assenza di generazione distribuita, le coppie di fusibili F1-F2, F2-F3, F3-F4, F5-F6 sono tra loro coordinate come precedentemente descritto.

Dopo la connessione dei generatori DG1, DG2 e DG3 si riscontrano i seguenti cambiamenti [31]:

1. Il minimo ed il massimo della corrente di guasto nella sezione HI incrementeranno per via della connessione di generazione a monte; F5 ed F6 non saranno comunque soggetti a correnti in direzioni opposte.

2. Per guasti nella sezione CD, F3 ed F4 saranno attraversati da corrente diretta a valle, mentre per guasti nella sezione AB la corrente si dirige a monte. L’intensità della corrente di guasto vista dai fusibili sarà la stessa sia per guasti nella sezione AB che in quella CD. La coppia di fusibili F1 ed F2 sarà soggetta alla medesima situazione per guasti a monte o a valle.

3. Per guasti nella sezione DE, la corrente di guasto (diretta a valle) vista da F2 sarà maggiore di quella vista da F3, mentre per guasti nella sezione BC la situazione si inverte (corrente diretta a monte).

Nel punto (1), la coordinazione tra fusibili non è influenzata dall’incremento della corrente di guasto, in quanto quest’ultima non inverte il proprio flusso rispetto all’assenza di generazione distribuita. Ciò che cambia è esclusivamente il range di coordinazione a seguito della variazione del minimo e

(37)

34 massimo valore della corrente di guasto stessa. Qualora poi l’incremento dovesse esser tale da eccedere l’estensione delle curve dei fusibili, allora ovviamente si avrebbe la perdita del coordinamento.

Nel punto (2) appare evidente il conflitto, in quanto viene meno la capacità del sistema di protezione di isolare esclusivamente la parte del sistema soggetta a guasto. Infatti, secondo tale principio, F3 dovrebbe intervenire prima di F4 per guasti nella sezione CD, mentre l’ordine di intervento dei fusibili dovrebbe invertirsi per guasti nella sezione AB. Poiché entrambe i fusibili sono soggetti alla medesima corrente, sia per guasti a monte che a valle, la condizione di intervento descritta non potrà essere rispettata. Le stesse osservazioni si possono ripetere per la coppia di fusibili F1-F2 in relazione ai guasti nelle sezioni EF e CD.

Nel caso (3) è presente un certo margine. La fig. 2.9 mostra le caratteristiche di F2 ed F3 senza considerare la generazione distribuita.

Per un guasto a valle, la corrente (IF2)che attraversa il fusibile F2 risulta maggiore di quella che

interessa F3 (IF3), di una quantità dipendente dal tipo e dalla taglia del generatore DG2. Fintanto che

IF2 > IF3 si mantiene dunque la coordinazione, in quanto F2 interviene sempre prima che F3 si

danneggi. Per guasti a monte è invece IF3 ad essere maggiore di IF2; se la differenza tra le correnti

risulta maggiore del margine mostrato in fig. 2.9, allora stavolta è F3 ad interviene prima che F2 si danneggi e quindi a mantenere la coordinazione. Se invece la differenza è minore del margine, allora la coordinazione tra fusibili viene compromessa.

(38)

35

2.4.2 Loss of Main

Con tale termine ci si riferisce alla situazione nella quale parte della rete principale è in isola mentre è ancora collegata generazione distribuita. In fig. 2.10 è possibile osservare un esempio: a seguito di un guasto sulla linea di distribuzione tra A e B, le protezioni nei rispettivi punti sono chiamate ad intervenire per isolare la linea stessa. A valle di B è presente un generatore distribuito, il quale continua ad alimentare il suo carico locale, nonché la rimanente rete dell’utility ed il suo carico.

Quando ciò avviene, tensione e frequenza non sono più controllate dalla rete. Solitamente il funzionamento in isola è conseguente ad un guasto nella rete: se la generazione distribuita continua a funzionare dopo che la rete principale si è disconnessa, l’arco elettrico potrebbe non estinguersi proprio perché ancora alimentato, con conseguente mancata eliminazione del guasto. In tale situazione il sistema rimane energizzato, mettendo a serio rischio l’incolumità delle persone.

Inoltre, qualora si verifichi uno sbilanciamento di potenza attiva a seguito della disconnessione della rete con conseguente variazione di frequenza, la funzione di richiusura automatica del recloser potrebbe portare all’accoppiamento di due sistemi asincroni, con conseguente rischio di danneggiamenti alle macchine ed ai dispositivi [32].

Per questi motivi è importante che la generazione distribuita venga disconnessa dalla rete principale quando si ha la formazione di un’isola a seguito di un guasto sulla rete. Una volta isolato dall’utility, il generatore distribuito può continuare ad alimentare l’impianto del proprietario, così some stabilito ad esempio nella norma IEEE 1547.4

(39)

36

2.4.3 Modifica del livello della corrente di guasto

Tale aspetto è principalmente legato alla necessità della microgrid di poter operare sia connessa alla rete che in isola. Nel primo caso, infatti, le sorgenti che alimentano il corto sono plurime in presenza di generazione distribuita, in quanto queste contribuiscono ad alimentare il guasto in modo analogo alla rete a monte, con conseguente aumento del livello del guasto stesso. Nel funzionamento in isola invece, la rete è esclusa ed il corto viene alimentato solamente dalla generazione distribuita, il che comporta una diminuzione del livello di guasto. Le modalità con cui vengono impostate le soglie di intervento dei relay devono dunque essere riviste rispetto al sistema originario.

La figura 2.11 mostra quanto detto: prendendo in considerazione un guasto a valle del relay R3, nel caso di funzionamento collegato alla rete principale, la soglia deve essere impostata ad un valore che tenga conto di IGrete, IGdg1 e IGdg2. Nel caso di funzionamento in isola (Relay R1 aperto) alla corrente

di guasto contribuiscono solo da IGdg1 e IGdg2, conseguentemente il valore di soglia del relay dovrà

essere rivisto.

Si noti che, il livello di guasto ed il conseguente scarto nel passaggio tra le due configurazioni, sono influenzati dal numero e dalla diversa tipologia di generazione distribuita, in quanto il contributo alla corrente di corto varia a seconda che si tratti di generazione sincrona oppure interfacciata mediante inverter: nel caso in cui siano installati esclusivamente generatori di quest’ultimo tipo, si ha di fatto la variazioni più marcata, in relazione a quanto osservato nel paragrafo 2.3

(40)

37

2.4.4 Flusso bidirezionale

Una delle caratteristiche della microgrid è la capacità di scambiare potenza con la rete, il che implica l’inversione del flusso di potenza qualora la generazione locale ecceda il carico. In modo analogo, anche la corrente di corto può dirigersi in entrambe le direzioni nelle linee di distribuzione[29], [33]. In un simile scenario le protezioni unidirezionali tradizionalmente impiegate nei sistemi BT e MT perdono di efficacia, mentre risultano sicuramente più adeguate soluzioni che prevedono l’impiego di relay di tipo direzionale.

In riferimento alla precedente fig. 2.11, inoltre, si può osservare come in caso di guasto esterno alla microgrid, il relay R1 debba aprirsi isolando la microgrid stessa, al fine di preservarne la stabilità. Affinché ciò sia possibile, R1 deve essere in grado di rilevare non solo guasti a valle, ma anche a monte. Dato che sia i guasti che i generatori possono trovarsi in posizioni qualsiasi, risultano anche in questo caso più adeguati relays di tipo direzionali.

2.4.5

Selettività

Tale caratteristica è stata descritta nella sezione 2.2. In termini operativi ciò comporta che, nel caso di fallimento di un interruttore a valle, quello a monte di maggiore capacità debba garantire l’isolamento del guasto. Si deve dunque fare in modo che in caso di mancato intervento di un interruttore, quello immediatamente più a vicino funga da back-up, così da isolare comunque la minima parte del sistema interessato dal guasto.

Questo concetto può esser meglio compreso riferendosi alla fig. 2.4. Al guasto che si verifica al di sotto del relay R8 concorrono correnti da tutti i lati della rete. Un adeguata selettività richiede che tale relay rimuova il guasto senza alterare la rete restante. Tuttavia, si deve opportunamente settare il valore di intervento di R2, in quanto soggetto ad elevata corrente di guasto, il che potrebbe determinarne l’apertura indesiderata. Se ciò accadesse, infatti, verrebbe disconnesso l’intero bus inferiore invece che il solo bus n°8 interessato dal guasto. Quindi, oltre a disalimentare sezioni integre del sistema, i generatori DG3 e DG4 potrebbero comunque continuare ad alimentare il guasto, con conseguenti gravi rischi per l’incolumità degli utenti.

Si presenta dunque la necessità di controllare dinamicamente non solo il livello di corrente, ma anche la costante di tempo dei relays, in quanto cambiare i livelli di corrente operativi di R2 e R8 non è sufficiente a garantire completa protezione. Ritardando l’intervento di R2, però, si può attendere e

(41)

38 vedere se R8 è in grado di isolare il guasto. Passato tale intervallo di tempo e fallito l’intervento di R8 (per malfunzionamento o insufficiente capacità), allora R2 può intervenire in modo da prevenire ulteriori danni alla microgrid. Il tempo di ritardo nell’intervento delle protezioni di back-up (R2 in questo caso) è limitato a valori predefiniti, atti ad evitare che si verifichino condizioni di instabilità nella microgrid [34].

Al fine di garantire la selettività sono inoltre necessari relays di tipo direzionale. Ciò può essere compreso osservando la fig. 2.12.

Qualora il guasto avvenga alla connessione tra rete e microgrid, la corrente non solo ha direzione opposta rispetto al caso esaminato precedentemente, ma anche la sua l’ampiezza risulta sensibilmente diversa. Quindi è importante notare che una microgrid con data topologia e composta dai medesimi elementi, richiede parametri operativi delle protezioni diversi per guasti interni o esterni alla microgrid stessa.

(42)

39 La necessità di selettività in questo caso richiede che R1 intervenga per primo, isolando il guasto e disconnettendo la microgrid dalla rete principale. Dunque molta attenzione va riservata alla differenza tra la corrente diretta e quella inversa a cui è soggetto il relay, in quanto la prima (IGrete)è di elevata

entità, mentre la seconda, data dalla combinazione delle correnti di guasto fornite dalla generazione distribuita, sarà di ampiezza sensibilmente inferiore. Nel caso in cui R1 non si apra, una selettività delle protezioni opportunamente impostata prevede l’intervento di R2, R3 ed R5, le quali disconnettono la microgrid dalla rete al fine di prevenire possibili danni ai generatori.

2.4.6

Intervento indesiderato delle protezioni

Riprendendo in esame la microgrid rappresentata in fg.2.12 è possibile analizzare un altro problema, riscontrabile anche in assenza di guasti. Se infatti viene scelto un valore di soglia di intervento del relay R2 molto basso, questo potrebbe aprirsi a seguito di piccole oscillazioni o addirittura in condizioni di normale funzionamento. Ci si riferisce a questo fenomeno con il termini nuisance

tripping, e può comportare l’isolamento indesiderato di sezioni della microgrid, disalimentando il

carico benché non vi siano guasti [35]. A seconda della dimensione e della complessità della microgrid, in assenza dei necessari accorgimenti, tali aperture indesiderate possono presentarsi con una certa frequenza, compromettendo dunque l’affidabilità della rete.

Altro scenario che può portare all’intervento non necessario delle protezioni è rappresentato in fig. 2.13: il guasto verificatosi nel feeder 2 viene alimentato mediante il bus della sottostazione dal generatore connesso al feeder

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