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Dichiarazioni anticipate di trattamento nel sistema giuridico attuale. Dall'amministrazione di sostegno ai "Principi per un diritto della dignità del morire"

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INTRODUZIONE

Testamento Biologico e ordinamento giuridico italiano

Il testamento biologico che nella letteratura bioetica nazionale e internazionale viene indicato con l’espressione inglese living will,1 è un

documento con il quale una persona dotata di piena capacità esprime la sua volontà circa i trattamenti ai quali desidererebbe o non desidererebbe esser sottoposta nel caso in cui nel corso di una malattia o a causa di traumi improvvisi non fosse in grado di esprimere il proprio consenso o dissenso informato.2 Le dichiarazioni anticipate servono a dare indicazioni in merito

alla volontà del paziente, utilizzabili quando questi non potrà più far valere di persona le proprie scelte, sono indicazioni tendenti a garantire il diritto della persona all’autodeterminazione in ordine a scelte terapeutiche.3Il progresso

tecnologico in ambito medico ha trasformato le capacità di cura e ha reso possibile la guarigione di malattie che, in passato conducevano ineluttabilmente alla morte, ma ha comportato altresì il prolungamento della vita mediante tecniche di rianimazione, ventilazione artificiale e nutrizione e

1 E. CALO’, Testamento biologico e direttive anticipate, le disposizioni in previsione dell’incapacità, Milano, 2000, p. 8.

2 Parere CNB del 18 dicembre 2003, Dichiarazioni anticipate di trattamento, in www. Palazzochigi.it/bioetica/pareri.html.

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idratazione artificiale. Le tecniche di differimento della morte, se molte volte riescono a salvare vite umane, altre volte consentono di prolungare l'esistenza del soggetto in situazioni di mera sopravvivenza. Le prospettive offerte dalla biomedicina contemporanea di protrarre sempre più indefinitamente l’esistenza, anche in situazioni nelle quali non vi è alcuna possibilità di guarigione, pongono nuove sfide al diritto.

In passato il diritto poteva limitarsi, infatti ad assumere la morte e la nascita come evento, fatto giuridicamente rilevante, oggi invece si chiede al diritto di misurarsi con istanze profondamente nuove, di definire il confine tra l'essere e l'esistere e in particolare di stabilire se la mera sopravvivenza resa possibile da macchinari artificiali può esser qualificata come vita.45

Nelle situazioni di prolungamento della vita, mediante l'utilizzo di macchinari artificiali, la morte può esser posticipata di molti anni, ma potrà realizzarsi nel giro di pochi giorni laddove vi sia il distacco del macchinario che riproduce la funzione biologica lesa dalla malattia o dal trauma invalidante. La morte potrà dunque essere il risultato di una scelta di tipo sanitario, ma una scelta che il paziente si troverebbe a dover subire in condizione di incapacità di autodeterminarsi e che proprio per questa ragione chiede di poter progettare in

4 Così F.G. PIZZETTI, Alle frontiere della vita: il testamento biologico tra valori costituzionali e promozione della persona, Milano 2008, p. 383.

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anticipo mediante la redazione di un testamento biologico.6 La persona potrà

decidere in anticipo a quali trattamenti sottoporsi nel caso in cui diventi incapace di intendere e volere e “non restare prigioniera dei macchinari artificiali, quasi resa oggetto e non più pieno soggetto rispetto ad una sopravvivenza artificialmente sostenuta dalle terapie intensive con scarse o nulle possibilità di ripresa, la quale non corrisponde affatto alla sua concezione della dignità del vivere frutto della sua personale identità”.7

Le direttive anticipate rappresenterebbero un adeguato strumento volto ad estendere il principio di autodeterminazione ai soggetti che, pur versando in stato di incapacità nel momento in cui si rendono necessarie le cure mediche, abbiano preventivamente indicato le scelte inerenti alla propria salute. Si tratta di un diritto a poter scegliere la vita che si vuol vivere, accettando, o rifiutando in anticipo le cure alle quali si vorrà essere assoggettati, quale corollario del principio di volontarietà dei trattamenti sanitari e quale estensione del diritto alla salute inteso in termini di libertà di curarsi e non curarsi, anche se tale scelta condurrà alla morte come si desume dalla Carta, articolo 2 e 32.

L’ordinamento giuridico italiano riconosce all’individuo la capacità di autodeterminarsi in ordine alle scelte mediche, di scegliere a quali trattamenti

6 G. ALPA, Il principio di autodeterminazione e le direttive anticipate sulle cure mediche, in AA. VV. Testamento biologico. Riflessioni di dieci giuristi, Fondazione Umberto Veronesi- Il sole 24 Ore, Milano, 2006, p. 89.

7 Così F.G. PIZZETTI, Alle frontiere della vita: il testamento biologico tra valori costituzionali e promozione della persona, Milano 2008, p. 375.

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sottoporsi e quali rifiutare anche se tale scelta condurrà alla morte, l’articolo 32 della Costituzione, infatti, “tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e stabilisce al secondo comma che “nessuno può esser obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”. Stessa cosa non può dirsi per il caso in cui il paziente non sia in

grado di autodeterminarsi perché in stato di incapacità di intendere e volere;

non esiste, infatti, nel nostro ordinamento una norma che direttamente disciplini tale ipotesi. Gli unici riferimenti normativi in tal senso sono presenti nella Convenzione di Oviedo sui diritti dell'uomo e la biomedicina e il Codice deontologico. Di fondamentale importanza è il preambolo della Convenzione all’interno del quale gli Stati firmatari si dichiarano “decisi a prendere, nel campo delle applicazioni della biologia e della medicina, le misure proprie a garantire la dignità dell’essere umano e i diritti e le libertà fondamentali della persona”, in quanto “consapevoli dei rapidi sviluppi della biologia e della medicina; convinti della necessità di rispettare l’essere umano sia come individuo che nella sua appartenenza alla specie umana e riconoscendo l’importanza di assicurare la sua dignità; consapevoli delle azioni che potrebbero mettere in pericolo la dignità umana da un uso improprio della biologia e della medicina; desiderosi di ricordare a ciascun membro del corpo sociale i suoi diritti e le sue responsabilità”. La Convenzione è stata firmata il 4 Aprile 1997 e ratificata in Italia con legge 28 Marzo 2001 n.145, e nonostante l’articolo 3 di tale legge dispone che “il governo è delegato ad

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adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi recanti ulteriori disposizioni occorrenti per l’adattamento dell’ordinamento giuridico italiano ai principi e alle norme della Convenzione”. Ad oggi, i decreti attuativi non sono ancora stati adottati, nonostante deleghe successive all’esecutivo. 8 L’altra fonte è il Codice

deontologico del 2006, che però è una fonte di soft law e come tale priva di efficacia vincolante diretta.9 Allo stato attuale della legislazione non esiste

infatti una disciplina puntuale delle direttive anticipate che consenta di dar voce alle volontà dell'individuo, di dare spazio alla libera esplicazione della sua personalità/identità in un momento in cui non sarà più capace di autodeterminarsi, nonostante siano stati presentati numerosi progetti di legge in parlamento e sia avvertita l’esigenza di una normazione in tale senso dalla dottrina maggioritaria e dall’opinione pubblica scossa dai numerosi casi di

8 il Governo italiano, esercitando la legittima facoltà di decidere se dare o meno attuazione alla legge di autorizzazione alla ratifica del trattato in esame, non ha ancora perfezionato il procedimento di ratifica, non essendo stato depositato lo strumento di ratifica presso il Consiglio d’Europa e non avendo, di conseguenza, prestato il consenso ad essere vincolato dal trattato ex art. 16 della Convenzione di Vienna, il quale sancisce che «a meno che il trattato disponga diversamente, gli strumenti di ratifica, di accettazione, di approvazione o di adesione stabiliscono il consenso di uno Stato a essere vincolato da un trattato al momento del loro deposito presso il depositario» Ciò che sembra non sussistere è quindi la condizione stessa di efficacia

dell’esecuzione e dell’adattamento, rappresentata dalla formale ratifica a livello internazionale della Convenzione di Oviedo, elemento necessario a garantire l’operatività dell’«ordine di esecuzione della Convenzione, necessariamente condizionato all'entrata in vigore della convenzione medesima», che può perfezionarsi per lo Stato italiano esclusivamente con il deposito dello strumento di ratifica «presso il depositario approvazione o di adesione stabiliscono il consenso di uno Stato a essere vincolato da un trattato al momento del loro deposito presso il depositario» Nonostante l’adozione della legge 145 del 28 marzo 2001 di ratifica ed esecuzione della Convenzione, non possa ancora dirsi parte della stessa Convenzione che, pertanto, la stessa non può essere considerata, in se stessa, diritto vigente in Italia. Nonostante ciò, parte della giurisprudenza, fra cui la Cassazione civile proprio nella sentenza 21748, ne tratta come di un ausilio interpretativo: «esso dovrà cedere di fronte a norme interne contrarie, ma può e deve essere utilizzato nell’interpretazione di norme interne al fine di dare a queste una lettura il più possibile ad esso conforme».

9 Cit. M. SESTA Riflessione sul testamento biologico, in Famiglia e diritto, 2008, p. 407.

Così L. BALESTRA, Efficacia del testamento biologico e ruolo del medico, in AA. VV, Testamento biologico. Riflessioni di dieci giuristi, Fondazione Umberto Veronesi- Il sole 24 Ore, Milano 2006, p. 89.

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cronaca verificatesi nel panorama italiano e internazionale. (caso Welby, caso Englaro).10 Ipotesi di questa ricerca sarà quella di valutare se il vuoto

legislativo in materia sia colmabile mediante un’attenta e puntuale interpretazione dell'ordinamento costituzionale e delle fonti europee che consentano di confermare la configurabilità del testamento biologico.

Sarà inoltre fondamentale analizzare alcune decisioni dei giudici di merito che a vario titolo si sono trovati a dover decidere del valore da riconoscere alle direttive anticipate redatte da soggetti in condizioni di piena lucidità e presentate ai giudici dai familiari, amministratori di sostegno o tutori. Il punto di partenza della disamina delle soluzioni giurisprudenziali sarà la ben nota sentenza Englaro nella quale si ha il primo riconoscimento implicito del testamento biologico.11 Tale sentenza è stata fondamentale perché non vi era

stata la redazione da parte di Eluana di un documento che attestasse la propria volontà di non esser mantenuta in vita artificialmente, nel caso in cui avesse perduto la capacità di intendere e volere. I giudici della corte di cassazione nonostante l’assenza di un documento in tal senso, riconoscono al tutore la

10 P. WELBY, fu affetto da distrofia muscolare in forma progressiva dall'età di 16 anni. La malattia,

progredendo lentamente, non gli consentì più di parlare, di compiere movimenti e lo costrinse, nello stadio finale, a stare immobile su un letto, sempre a mente lucida. Chiese ufficialmente la propria morte nel 20°6Il 16 dicembre 2006 il tribunale di Roma respinse la richiesta dei legali di Welby di porre fine all'accanimento terapeutico, dichiarandola «inammissibile», per via del vuoto legislativo su questa materia. Secondo il giudice esiste il diritto di chiedere l'interruzione della respirazione assistita, previa somministrazione della sedazione terminale, ma è un «diritto non concretamente tutelato dall'ordinamento». Il 20 dicembre 2006 secondo la sua volontà, è stato sedato e gli è stato staccato il respiratore Il 1º febbraio 2007 l'Ordine dei medici di Cremona ha riconosciuto che il dottor Mario Riccio ha agito nella piena legittimità del comportamento etico e professionale, chiudendo la procedura aperta nei suoi confronti. L'8 giugno 2007 il giudice per le indagini preliminari ha comunque imposto al pm l'imputazione del medico per omicidio del consenziente, respingendo la richiesta di archiviazione del caso, ma il 23 luglio 2007 il GUP di Roma, Zaira Secchi, lo ha definitivamente prosciolto ordinando il non luogo a procedere perché il fatto non costituisce reato.

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facoltà di richiedere la disattivazione dell’alimentazione e dell’idratazione artificiale che rappresenta l’unico mezzo di sostentamento della malata che le permette di rimanere in stato vegetativo permanente e persistente, di vivere una vita che la stessa non avrebbe mai accettato di vivere se fosse stata in grado di esprimere il proprio dissenso informato. La Cassazione non si arresta dinanzi all’incapacità di Eluana di autodeterminarsi ma ricostruisce la sua volontà “in base ad elementi di prova chiari, univoci e convincenti, tratti dalle precedenti dichiarazioni della donna, dalla sua personalità, dal suo stile di vita, e dai suoi convincimenti, della sua identità e del suo modo di concepire la dignità della persona.”12 Un altro passaggio ineluttabile sarà

esaminare il tentativo di porre le basi del testamento biologico mediante l’istituto dell’Amministrazione di sostegno introdotto con legge 6/2004, e analizzare le varie soluzioni giurisprudenziali adottate nei casi concreti.13La

figura dell'amministrazione di sostegno mira oltre alla promozione della persona in difficoltà, anche alla promozione della personalità e alla tutela della dignità dell'individuo.

Per le finalità cui è rivolto e per la flessibilità dell'istituto in questione che, ex articolo 408 codice civile, primo comma prevede la facoltà per l'interessato di nominare ora per allora, “in previsione della propria eventuale futura

12 E. PALMERINI, Cura degli incapaci e tutela dell'identità nelle decisioni mediche, in Rivista di diritto civile, 2008, p. 363.

13 G. BONILINI, Testamento per la vita, in AA. VV. Testamento biologico. Riflessioni di dieci giuristi, Fondazione Umberto Veronesi- Il sole 24 Ore, Milano 2006, p.89.

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incapacità, mediante atto pubblico o scrittura privata” l'amministrazione di sostegno, si è utilizzato l'istituto in questione per permettere al beneficiario di redigere l'atto di designazione accompagnato da una serie di indicazioni contenenti le scelte terapeutiche alle quali vorrà esser sottoposto il beneficiario nel caso di perdita di coscienza. 14Sarà inoltre interessante

analizzare le riflessioni innovative contenute nel Diritto Gentile; un gruppo di lavoro “Un diritto gentile” si è formato nella primavera del 2012 attorno ad una proposta di “Principi per un diritto della dignità del morire” avanzata da P. Zatti, alla quale hanno aderito numerosi bioeticisti, medici e giuristi e che, in data 15 Marzo 2013, è divenuta a firma del Senatore Luigi Manconi, disegno di legge “Norme in materia di relazione di cura, consenso, urgenza

medica, rifiuto e interruzione di cure, dichiarazioni anticipate”. Infine, sarà

di grande interesse, analizzare il panorama internazionale con particolare

riferimento alla legge Tedesca dove il testamento biologico ha trovato piena cittadinanza in una legge puntuale e precisa.15

14 A. SCALERA, Direttive anticipate e disabilità, in Famiglia e diritto, 2012, p. 413.

15 Il 01.09.2009 è entrata in vigore in Germania la legge sulle “disposizioni del paziente” (die patientenverfungung).

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Capitolo I

La cornice giuridica delle direttive

anticipate di trattamento

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1. Valorizzazione dell’autodeterminazione nelle scelte di fine vita

Il testamento biologico è un documento con il quale una persona, dotata della piena capacità, esprime la propria volontà in ordine alle scelte terapeutiche alle quali vorrà esser sottoposta nel caso in cui, a causa di una malattia o di un trauma invalidante, non sarà in grado di esprimere il suo consenso informato.16

Il testamento biologico si articola in due tipologie; il soggetto può esprimere in anticipo, rispetto ad una futura situazione di incapacità, le proprie decisioni circa i trattamenti cui intende o non intende esser sottoposto, oppure può prevedere una delega ad un terzo soggetto, il fiduciario, al quale attribuisce l'incarico di prendere le decisioni terapeutiche al suo posto, una volta che non sarà più in grado di farlo autonomamente.17

Le direttive anticipate sono funzionali a garantire la libera esplicazione della personalità dell’individuo e della sua volontà in ordine ai trattamenti sanitari.18

Con il testamento biologico il soggetto chiede, nel caso in cui dovesse trovarsi in una situazione di incapacità a manifestare il consenso, di non esser

16 Parere CNB del 18 dicembre 2003, Dichiarazioni anticipate di trattamento, In www. Palazzochigi.it/bioetica/pareri.html.

17 È’ necessario ricordare che, nell’esperienza nordamericana di pianificazione anticipata delle cure (Advance health care planning), le direttive anticipate (Advanced directives) costituiscono una categoria più ampia all’interno della quale si distinguono modelli diversi di dichiarazioni di volontà. Tra questi, il living will si caratterizza per essere un documento scritto, da compilarsi in situazioni di malattia terminale, attraverso il quale l’interessato esprime la propria volontà rispetto alle misure terapeutiche che ragionevolmente gli potrebbero essere somministrate. Si possono ricordare, poi, i Do-Not-Resuscitate Orders che riguardano, appunto, l’ordine di non rianimare il paziente quando questa pratica sia considerata inutile o non in accordo con il suo migliore interesse. Infine, il soggetto può compilare il Durable Power of Attorney for Health Care che consiste nella designazione di un rappresentante che assuma, in favore e per conto del paziente, le decisioni sui trattamenti terapeutici laddove si concretizzi la situazione di incapacità decisionale del rappresentato.

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sottoposto a trattamenti medici lesivi della propria dignità, o contrari alla propria morale, e/o ai propri convincimenti religiosi, per cui la sospensione di questi trattamenti lascia spazio al decorso della malattia e al sopraggiungere della morte.19 Il problema del fine vita, nel cui spazio il testamento biologico

si inserisce, è emerso in tutta la sua drammaticità negli ultimi anni grazie al progresso tecnico scientifico della medicina: la scoperta e la realizzazione di tecniche sanitarie sempre più complesse e sofisticate, sia grazie alla scoperta di nuovi farmaci sia all'elaborazione di macchinari tecnologicamente avanzati, “hanno reso sempre più mobili le frontiere della vita e della morte”.20 Si pensi

in via esemplificativa, allo stato vegetativo permanente, uno spazio di vita artificiale all'interno del quale son state messe in crisi tutte le concezioni e le convenzioni umane sul significato della vita e della morte coinvolgendo problemi morali, filosofici, giuridici e religiosi.21

Ad oggi, a differenza che altri paesi Europei, non esiste una legge che disciplini in maniera specifica la materia del testamento biologico, ma lo spazio giuridico creato dai principi costituzionali, dalle Convenzioni internazionali e dai principi di deontologia medica sembrano già sufficienti ad affermarne la piena legittimità nel nostro ordinamento.22

19 Cfr F.G. PIZZETTI, Alle frontiere della vita: il testamento biologico tra valori costituzionali e promozione della persona, Milano, 2008, p. 375.

20 L’espressione è di S. RODOTA’, Tecnologie e diritti, Bologna, 1995, p.144.

21 Così A. SCALERA Direttive anticipate di trattamento e disabilità, in Famiglia e diritto, 2013, p. 413. E. PALMERINI Bioetica e diritto privato, in Il dir. Enciclopedia giuridica del sole 24 ore, Milano, p. 579. 22 Cfr G. FERRANDO, Il diritto di rifiutare le cure e le direttive anticipate, in Bioetica 2008, p. 338.

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2.

Il consenso informato nell’evoluzione del rapporto

medico-paziente

Il principio cardine dal quale prender le mosse per affrontare questa controversa materia è quello del consenso informato, secondo cui nessuno può essere sottoposto ad un trattamento sanitario senza che abbia espresso il proprio consenso in piena libertà, e con la piena consapevolezza circa i rischi e le conseguenze a cui andrebbe incontro sia nel caso di sottoposizione al trattamento sanitario che nel caso di rifiuto dello stesso.23 Il principio del

consenso informato è lo specchio del nuovo rapporto che si instaura tra medico e paziente, non più basato su una visione paternalistica dell'intervento medico ma su un rapporto dialettico tra i due soggetti della relazione: il medico deve informare il paziente e questo a sua volta deve dare il suo consenso alla terapia e agli interventi. Attraverso il consenso informato si crea un’alleanza terapeutica tra medico e paziente.24 Negli ultimi decenni, infatti,

abbiamo assistito ad un ribaltamento del rapporto medico-paziente.25Sino agli

anni settanta vigeva una impostazione in senso paternalistico: il paziente, cioè, era concepito come un mero soggetto destinatario delle terapie e per tale

23 Così L. COSENTINI, la relazione medico-paziente: rapporto tra dovere di cura e autodeterminazione della persona destinataria della cura, indisponibilità del diritto alla salute, in Giur. Di merito, 2009, p. 2697

24 G. FERRANDO, Stato vegetativo permanente e sospensione dei trattamenti medici, in AA.VV,

Testamento biologico. Riflessioni di dieci giuristi, Fondazione Umberto Veronesi- Il sole 24 Ore, Milano 2006, p.141.

25 Così L. BALESTRA, Efficacia del testamento biologico e ruolo del medico, in AA. VV, Testamento biologico. Riflessioni di dieci giuristi, Fondazione Umberto Veronesi- Il sole 24 Ore, Milano 2006, p. 89.

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motivo in una posizione di vera e propria soggezione. Vi era una totale asimmetria di posizione tra le parti del rapporto, era il medico a scegliere per il paziente. A partire dagli anni settanta del secolo scorso inizia ad affermarsi l'idea che fa perno sull' autodeterminazione dell'individuo, che nonostante sia sfornito di qualsiasi competenza di natura medica, non può non esser chiamato a esprimere le proprie opinioni e/o preferenze in ordine ai trattamenti sanitari ai quali voglia o meno esser sottoposto.26All'atteggiamento

26 Cfr P. ZATTI Il diritto a scegliere la propria salute (in margine al caso s. Raffaele), in Nuova Giur Civile Commentata, 2000, p. 3.

Il progressivo ribaltamento del rapporto medico-paziente è documentato dal succedersi dei codici deontologici; nel codice del 1978 si considerava già l'importanza del consenso e della sua validità, ma la volontà del paziente era considerata semplicemente come ispiratrice del comportamento del medico.

Nel codice del 1989 si assiste invece una sorta di rivoluzione perché la richiesta del consenso diventa un dovere vero e proprio per il medico da attivarsi sempre sia per le attività terapeutiche che diagnostiche. L'art. 39 infatti è molto chiaro nell'indicare al medico che è suo dovere dare un’informazione, specificando anche su cosa egli debba informare: la diagnosi, la prognosi, le prospettive terapeutiche e le loro conseguenze. Il rapporto medico-paziente diviene così un rapporto alla pari, dove il paziente non è più colui che si affida alle cure mediche, ma al contrario chiede e pretende dal medico di ottenere tutte le informazioni necessarie in modo che da solo possa decidere con tutti gli elementi a disposizione, a quale trattamento aderire. Di grande importanza è l'art. 44 perché afferma che “ove si accompagni difetto di coscienza, il medico dovrà agire secondo scienza e coscienza perseguendo nella terapia finché ragionevolmente utile”. Per la prima volta viene presa in considerazione, quale parametro di comportamento nel caso di malati terminali, la qualità della vita. Nel 1995 con l’approvazione di un nuovo codice deontologico si affinano nell' art. 29 le indicazioni contenute nell' art.39 del codice precedente, su come debbono essere fornite le indicazioni per un valido consenso precisando che il medico deve tenere conto oltre che del livello di cultura del paziente, anche della sua condizione psicologica.

Con la pubblicazione del codice deontologico nel 1998 l'art 30 definisce i requisiti dell'informazione da fornire ai fini di un consenso al trattamento: diagnosi, prognosi, prospettive, eventuali alternative terapeutiche, prevedibili conseguenze delle scelte operate. Stabilisce che l'informazione deve essere idonea, quindi aderente alla realtà e data tenendo conto delle capacità di comprensione del paziente, in modo da favorirne la massima adesione alle proposte diagnostiche-terapeutiche. L'art. 34 stabilisce che “Il medico deve attenersi nel rispetto della dignità, della libertà, dell'indipendenza professionale, alla volontà liberamente espressa della persona, il medico, se il paziente non è in grado di esprimere la propria volontà in caso di grave pericolo, non può non tenere conto di quanto precedentemente manifestato dallo stesso”. Con la pubblicazione dell'ultimo codice deontologico del 2006 viene dedicato al consenso un intero capo, intitolato “Informazione e consenso”; in particolare all' articolo 33 viene delineato l'oggetto dell'informazione del medico che “deve fornire al paziente la più idonea informazione sulla diagnosi, prognosi, prospettive e eventuali alternative terapeutiche e sulle prevedibili conseguenze delle scelte operate. Il medico dovrà comunicare con il soggetto tenendo conto delle sue capacità di comprensione al fine di promuoverne la massima partecipazione alle scelte decisionali e

l'adesione alle proposte diagnostiche-terapeutiche” L' articolo 35 disciplina nello specifico le modalità di acquisizione del consenso e stabilisce che il “medico non deve intraprendere attività diagnostica e/o terapeutica senza l'acquisizione del consenso esplicito e informato del paziente. Il consenso, espresso in forma scritta nei casi previsti dalla legge e nei casi in cui per la particolarità delle prestazioni diagnostiche e/o terapeutiche o per le possibili conseguenze delle stesse sulla integrità fisica si renda opportuna una manifestazione documentata della volontà della persona, è integrativo e non sostitutivo del processo informativo di cui all'art. 33. Il procedimento diagnostico e/o il trattamento terapeutico che possano comportare grave rischio per l'incolumità della persona, devono essere intrapresi solo in caso di estrema

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paternalistico che per lungo tempo ha connotato l'esercizio della professione medica, si sostituisce una visione del rapporto medico-paziente di tipo collaborativo in cui il medico è chiamato a colmare il vuoto conoscitivo del paziente e dunque, a illustrare, informare, prospettare, affinché il paziente, titolare dell'interesse che la prestazione medica è volta a salvaguardare, sia in grado di esprimere consapevolmente il proprio consenso. 27 Il valore

dell’autonomia è assolutamente centrale, il rapporto medico-paziente non viene più intesa come relazione asimmetrica fondata su un unico pilastro, bensì come rapporto simmetrico in cui agiscono due centri di valutazione e decisione. Si instaura un processo circolare di partecipazione che inizia con l’informazione, tendenzialmente dal medico al paziente, e termina con la scelta di quest’ultimo. La scelta del paziente costituisce il presupposto del rapporto. Tali principi ridisegnano la relazione terapeutica come rapporto tra soggetti aventi pari dignità, in cui il consenso informato appare strumentale all’effettività dell’autonomia del malato. 28

necessità e previa informazione sulle possibili conseguenze, cui deve far seguito una opportuna documentazione del consenso. In ogni caso, in presenza di documentato rifiuto di persona capace, il medico deve desistere dai conseguenti atti diagnostici e/o curativi, non essendo consentito alcun trattamento medico contro la volontà della persona. Il medico deve intervenire, in scienza e coscienza, nei confronti del paziente incapace, nel rispetto della dignità della persona e della qualità della vita, evitando ogni accanimento terapeutico, tenendo conto delle precedenti volontà del paziente.

27 Così L. BALESTRA, Efficacia del testamento biologico e ruolo del medico, in AA. VV, Testamento biologico. Riflessioni di dieci giuristi, Fondazione Umberto Veronesi- Il sole 24 Ore, Milano, 2006, p. 89. 28 S. ROSSI Il consenso informato, in Digesto delle discipline Privatistiche Sezione Civile.

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3. Il consenso informato tra diritto alla salute e autodeterminazione

del paziente

La realizzazione dell’uguaglianza sostanziale comporta, come è espressamente disposto dall’articolo 3 della Carta Costituzionale, il dovere dello Stato di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori alla organizzazione politica, economica e sociale del paese. Al cittadino devono esser garantite le prestazioni pubbliche necessarie per il raggiungimento di livelli minimi di esistenza civile. Fra i diritti sociali essenziale è quello all’assistenza sanitaria, che assicura uno dei più importanti diritti dell’individuo: il diritto alla salute disciplinato

dall'articolo 32 della Costituzione29 che dice espressamente “la Repubblica

tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti. Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”. L' articolo 32 pone innanzi tutto un principio di libertà e di autodeterminazione dell'individuo stabilendo espressamente il divieto di imporre un determinato trattamento sanitario senza che il paziente esprima il suo libero consenso a riceverlo; l'eccezione può esser disposta solo con norma

29 ROMBOLI, limiti alla libertà del proprio corpo nel suo aspetto attivo ed in quello passivo, in Foro It.

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di legge, e quindi con norma pur sempre sottoposta al vaglio di legittimità costituzionale quando sussistono esigenze primarie di salvaguardia dell'intera collettività.30La Costituzione afferma quindi il principio di volontarietà dei

trattamenti sanitari e fonda oltre che un diritto sociale ad esser curati anche un diritto di libertà di non curarsi, di rifiutare le cure o interromperle anche qualora queste decisioni possano mettere a repentaglio la vita del paziente.31

La norma costituzionale rappresenta un perfetto equilibrio tra rispetto dell'autonomia e della volontà del singolo e esigenze della società e trova i suoi corollari nelle altre norme della costituzione e precisamente nell'articolo 2 che tutela e promuove i diritti fondamentali della persona umana, della sua identità e dignità, nell'articolo 13 che proclama l'inviolabilità della libertà personale nella quale è ricompreso la sfera di esplicazione del potere della persona di disporre del proprio corpo. 32 Il valore costituzionale

dell'inviolabilità della persona è costruito nell'articolo 13, 1° comma, Costituzione, come libertà nella quale è postulata la sfera di esplicazione del potere della persona di disporre del proprio corpo. Il diritto alla salute ha una duplice natura; prima di tutto costituisce un diritto fondamentale dell’individuo e ha per contenuto la tutela dell’integrità fisica e psichica della persona umana e può essere fatto valere dai cittadini sia nei confronti dello

30 Cfr. M.PETRI, Il consenso informato all'atto medico, in Corr. Merito, 2005, p.150.

31 Così R. CECCHI, Il testamento biologico: perché'?, in AA. VV, Testamento biologico. Riflessioni di dieci giuristi, Fondazione Umberto Veronesi- Il sole 24 Ore, Milano, 2006, p.107.

32 E. CALO’, Testamento biologico e direttive anticipate, le disposizioni in previsione dell’incapacità, Milano, 2000, p. 8.

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Stato e degli enti pubblici sia nei confronti dei privati o dei datori di lavoro. Inoltre il diritto alla salute, tutela anche un interesse collettivo della società a non subire conseguenze negative da situazioni igienico-sanitarie non controllate che potrebbero portare alla diffusione di malattie contagiose o epidemie. Solo in questi casi lo Stato può limitarlo imponendo trattamenti sanitari obbligatori. Per nessun motivo però si possono violare i limiti imposti

dal rispetto dovuto alla persona umana.33 Accanto alla garanzia costituzionale

accordata al diritto alla salute nella sua natura di diritto fondamentale sociale, che fonda la pretesa soggettiva di servizi pubblici sanitari e socio-assistenziali giuridicamente garantita quella, altrettanto fondamentale, di ‘libertà negativa’, e con essa la natura di diritto della persona a non essere obbligata a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge e comunque nel rispetto di una precisa alleanza terapeutica con il medico che lascia al paziente il diritto inviolabile di autorizzare con il suo consenso l’intervento sul proprio corpo.34 In questo quadro la regola deve ravvisarsi

nella libertà di rifiutare i trattamenti sanitari, cioè nella volontarietà di tali trattamenti, mentre l’eccezione è rappresentata dall’obbligatorietà di essi

33 Il diritto alla salute è stato per lungo tempo stato concepito non come un diritto fondamentale, ma alla stregua di diritto sociale, con un suo evidente depotenziamento: come se la tutela del diritto alla salute fosse soltanto questione di prassi, di volontà politica attuativa e dunque condizionata, e non di garanzia e promozione di norma costituzionale fondamentale. Soltanto con la legge istitutiva della riforma sanitaria del 1978 si è avuto un pieno recepimento del dettato costituzionale che vede nella tutela della salute un fondamentale diritto dell’individuo e un interesse della collettività, entrambi collegati inscindibilmente non solo, come è ovvio, alla dignità e libertà della persona umana, ma anche all’eguaglianza senza distinzione di condizioni individuali.

34 Cfr P. ZATTI Il diritto a scegliere la propria salute (in margine al caso s. Raffaele), in Nuova Giur Civ. Com. ,2000, p. 5.

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eventualmente disposta dal legislatore per tutelare l’interesse della collettività alla salute. Intorno al concetto di autonomia si sviluppano due diverse interpretazioni volte a individuare le radici costituzionali del consenso informato. Un primo orientamento dottrinale esclude che il consenso al trattamento rappresenti il contenuto di un diritto autonomo e distinto dal diritto alla salute. La ratio di questa interpretazione risiede nell’assunto che il diritto alla salute si esplica e si svolge mediante l’espressione di un consenso ai trattamenti medici.

Una diversa ricostruzione teorica tende a ricostruire il principio del consenso, come integrante la dignità del malato e vincolante per la legittimità e liceità dell’intervento medico, attraverso un interpretazione sistematica che mette in relazione il riconoscimento dei diritti inviolabili alla qualificazione come inviolabile della libertà personale, inquadrando tale sfera di libertà nella combinazione tra il diritto fondamentale alla salute e il generale divieto di imposizione dei trattamenti sanitari. Punto di partenza di tale elaborazione è rappresentata dalla parallela espansione del concetto di salute che si distacca dalla mera integrità fisica e che tiene conto della componente psichica oltre a quella fisica, in ossequio ad uno dei requisiti espressi nella definizione dell'OMS; la salute è lo “stato di completo benessere fisico, mentale e

sociale”, cui si è aggiunto alla fine degli anni Ottanta l'aggettivo “spirituale” e perciò la salute non consiste esclusivamente nell'assenza di una malattia o di

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un infermità.35 36Anche la Corte Costituzionale aderisce a questa seconda

lettura, Il consenso informato, definito come “espressione della consapevole adesione al trattamento sanitario proposto dal medico” viene riconosciuto dalla Corte come “vero e proprio diritto della persona” che “trova fondamento nei Principi espressi dall' articolo 2 e negli articoli 13 e 32 della Costituzione”.37 Le affermazione più innovative e inattese sono quelle con cui

la Corte costruisce l'istituto del consenso informato, affermandone la “funzione di sintesi di due diritti fondamentali della persona: quello all'autodeterminazione e quello alla salute, in quanto, se è vero che ogni individuo ha il diritto di essere curato, egli ha, altresì, il diritto di ricevere le opportune informazioni in ordine alla natura e ai possibili sviluppi del

35Questa tendenza viene approfondita oltre che dalla legge prima citata, L.833/1978 istitutiva del servizio

sanitario nazionale anche dalla legge 180/1978 sull'assistenza psichiatrica e la L. 194/1978 sulla tutela sociale della maternità e l'interruzione volontaria della gravidanza. Nella legge istitutiva del servizio sanitario nazionale non viene definito esplicitamente il concetto di salute ma vengono dettate all'articolo 1 le condizioni secondo le quali deve avvenire la protezione della salute fisica e psichica; l'articolo 19, che stabilisce che “Ai cittadini è assicurato il diritto alla libera scelta del medico e del luogo di cura” e dall’articolo 33 dove si ricava il diritto-dovere di essere informati e di prestare il proprio consenso. Nella legge sull'assistenza psichiatrica il malato di mente viene equiparato con gli altri malati, viene posta l'attenzione sulla volontarietà del trattamento sanitario e nel caso di trattamenti sanitari obbligatori dovranno “essere accompagnati da iniziative rivolte ad assicurare il consenso e la partecipazione da parte di chi vi è

obbligato” nonché dovranno esser effettuati nel rispetto “della dignità della persona e dei diritti civili e politici garantiti dalla Costituzione”. Significativa è la legge sulla tutela sociale della maternità e

sull'interruzione volontaria della gravidanza perché il concetto di salute non è imperniato esclusivamente sulla corretta funzionalità delle funzioni biologiche dell'organismo umano bensì sull'idea di un bene complessivo della donna, con riguardo anche agli aspetti psicologici, morali e sociali. Fondamentale è a questo proposito l'articolo 4 che stabilisce la possibilità della donna di praticare l'aborto laddove “il parto o la

maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica e psichica”.

36 In giurisprudenza si afferma l'idea di salute fedelmente alla definizione dell'OMS nei suoi due aspetti, quello dell'unità della persona e quello della negazione dell'equivalenza tra salute e assenza di malattia. Ma si inserisce nella definizione di salute un valore aggiunto determinante, che segna una piccola rivoluzione copernicana: la salute si centra sulla percezione che la persona ha di sé. La Cassazione nel 1988 stabilisce il principio per cui la salute non si esaurisce nell'assenza di malattia, ma è “uno stato di completo benessere che coinvolge gli aspetti interiori della vita quali avvertiti e vissuti dal soggetto stesso”.

37 C. Cost., 2008, n. 438, in Associazionedeicostituzionalisti.it con nota di R. BALDUZZI e D. PARIS Corte costituzionale e consenso informato tra diritti fondamentali e ripartizione delle competenze legislative. La Corte ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 3 della legge regionale Piemonte 6 Novembre 2007, n. 21 che prevedeva, in caso di trattamenti terapeutici comportanti la somministrazione di sostanze psicotrope ai minori, la necessaria espressione del consenso informato dei genitori.

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percorso terapeutico cui può esser sottoposto, nonché delle eventuali terapie alternative; informazioni che devono essere le più esaurienti possibili, proprio al fine di garantire la libera e consapevole scelta da parte del paziente e, quindi, la sua stessa libertà personale, conformemente all'articolo 32, secondo comma, della Costituzione”.38

4. Il consenso informato nel sistema multilivello

Nella normativa Italiana di attuazione e di integrazione della Costituzione emerge chiaramente l’assenza di una disciplina generale sul consenso informato, tale condizione, tuttavia, rappresenta l’occasione per analizzare l’interazione tra fonti, giurisprudenza e diritto vivente.

Un primo riconoscimento, a livello normativo, del ruolo del consenso si è avuto in due leggi del 1967, la l. n. 458 sul trapianto del rene tra persone viventi e la n. 592 sulla raccolta, conservazione e distribuzione del sangue umano. Nel disciplinare il procedimento di formazione del consenso la legge prevede che possa esser approvata la donazione dal Tribunale soltanto ove si accerti che il donatore si è determinato liberamente e spontaneamente e che

38 Ciò che rileva è che per la prima volta la Corte afferma l'esistenza di un diritto autonomo all'autodeterminazione in ordine alla propria salute, distinto dal diritto alla salute stesso, il che lascerebbe pensare ad un ambito di applicazione più ampio del diritto alla salute e che porterebbe in tema di direttive anticipate alla possibilità di giungere ad una disciplina positiva delle stesse. Occorre però sottolineare che le conclusioni a cui arriva la Corte non sono lineari perché successivamente ricondurrà tale diritto nell'alveo del diritto alla salute e anche perché sono contenute in un obiter dictum.

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l’atto deve essere gratuito e non deve prevedere l’apposizione di condizioni o di altre determinazioni accessorie di volontà. L’articolo 4, inoltre richiede che il trapianto del rene non può avere luogo senza il consenso del ricevente, il quale è da intendersi come consenso al trattamento chirurgico.

Ma è nella legge 22 Maggio 1978 n.194, in tema di tutela sociale della maternità e interruzione volontaria della gravidanza, che si delinea, nella relazione che lega la donna che richiede l’interruzione di gravidanza e il medico, un chiaro percorso di consenso informato. In questo contesto si colloca la legge istitutiva del Servizio sanitario nazionale, legge 23 dicembre 1978 n. 833, la quale dopo avere premesso all'art. 1 che “la tutela della salute fisica e psichica deve avvenire nel rispetto della dignità e della libertà della persona umana”, sancisce all'art 33, il carattere di norma volontario degli accertamenti e dei trattamenti sanitari.39

La l. 135 del 1990 dettando il piano degli interventi urgenti in materia di prevenzione e lotta all’AIDS stabilisce che “nessuno può essere sottoposto, senza il suo consenso, ad analisi tendenti ad accertare l’infezione da HIV, se non per motivi di necessità clinica nel suo interesse.”

Ma è nel diritto convenzionale che troviamo l’espressione più esplicita e pregnante del consenso informato. Nella Carta dei diritti fondamentali

39 V. DURANTE Dimensione della salute: dalla definizione dell’OMS al diritto attuale, in Nuova Giur. Civile Commentata, 2001, p. 138.

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dell'Unione europea,40adottata a Nizza il 7 dicembre 2000, si evince come il

consenso libero e informato del paziente all'atto medico debba esser considerato non soltanto sotto il profilo della liceità del trattamento, ma prima di tutto come un vero e proprio diritto fondamentale del cittadino europeo, afferente al più generale diritto all'integrità della persona.41 Il medesimo

principio trova riconoscimento nella Convenzione del Consiglio d' Europa sui diritti dell'uomo e sulla biomedicina, fatta a Oviedo il 4 Aprile 1997, resa esecutiva con la legge di autorizzazione alla ratifica 28 Marzo 2011 n.145.42

La Convenzione di Oviedo stabilisce alcuni principi fondamentali; all'articolo 5 ribadisce il concetto già espresso dalla Carta Costituzionale che un intervento nel campo della salute non può esser effettuato se non dopo che il soggetto sottoposto a tale intervento abbia espresso il suo consenso libero e informato. Inoltre all'articolo 6 stabilisce che, qualora un soggetto, per qualsiasi motivo, non possa esprimere il proprio consenso all'intervento, questo debba esser espresso dalla persona che secondo la legge rappresenta la persona in quel momento incapace. Fondamentale è il principio contenuto nell'articolo 9 ove si afferma che “Le volontà relative a un trattamento

40 L’articolo 3 della Carta Europea dei diritti fondamentali “Dritto all’integrità della persona” dopo aver affermato che ogni individuo ha diritto alla propria integrità fisica e psichica, stabilisce che Nell'ambito della medicina e della biologia devono essere in particolare rispettati: il consenso libero e informato della persona interessata, secondo le modalità definite dalla legge”.

41 E. PALMERINI Bioetica e diritto privato, in Il dir. Enciclopedia giur. del sole 24 ore, Milano, p. 577. 42 Il Governo italiano non ha ancora perfezionato il procedimento di ratifica, non essendo stato depositato lo strumento di ratifica presso il Consiglio d’Europa, pertanto la Convenzione non può considerarsi diritto vigente in Italia. Nonostante ciò, parte della giurisprudenza, fra cui la Cassazione civile proprio nella sentenza 21748 del 2007, ne tratta come di un ausilio interpretativo: “esso dovrà cedere di fronte a norme

interne contrarie, ma può e deve essere utilizzato nell’interpretazione di norme interne al fine di dare a queste una lettura il più possibile ad esso conforme”.

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medico, precedentemente espresse dal paziente il quale al momento dell'intervento, non è in grado di esprimere la propria volontà, devono essere tenute in considerazione”.43

Infine, giova ricordare anche gli articoli 5, 6 e 7 della Dichiarazione Universale sulla bioetica e i diritti umani approvata dall'UNESCO il 19 ottobre 2005 in cui si proclama la necessità di rispettare l'autonomia della persona nel compimento di scelte sanitarie, purché esercitata in modo responsabile e purché tale autonomia non invada la sfera giuridica e personale altrui, inoltre si afferma che anche le persone incapaci possono esercitare il loro diritto e tutelare i loro interessi auspicando che “la persona interessata dovrebbe esser coinvolta nella forma più estesa possibile nel processo decisionale del consenso, così come in quello del ritiro del consenso”.

5. Requisiti del consenso e del dissenso informato

Il consenso per essere valido deve avere delle caratteristiche imprescindibili; deve essere informato, nel senso che il paziente deve aver ricevuto tutte le informazioni circa la diagnosi, la prognosi, le possibili scelte terapeutiche e le

43 Cfr P. ZATTI Il diritto a scegliere la propria salute (in margine al caso s. Raffaele) in Nuova Giur Civile Commentata, 2000, p.3. Così L. BALESTRA, Efficacia del testamento biologico e ruolo del medico, in AA. VV, Testamento biologico. Riflessioni di dieci giuristi, Fondazione Umberto Veronesi- Il sole 24 Ore, Milano, 2006, p.89.

Così L. BALESTRA, Efficacia del testamento biologico e ruolo del medico, in AA. VV, Testamento biologico. Riflessioni di dieci giuristi, Fondazione Umberto Veronesi- Il sole 24 Ore, Milano, 2006, p.89.

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conseguenze attese. Deve essere consapevole, nel senso che questi abbia effettivamente compreso quello che gli è stato detto e possa operare una scelta ragionata e personale, infatti, deve essere espressione di un solo centro di interessi, quello del paziente che autonomamente decide in ordine alla propria salute. Vi possono però essere dei casi in cui il soggetto non è in grado di esprimere il proprio consenso, si tratta in primo luogo, del caso dei minorenni che rientrano, al pari degli anziani, i malati gravi, le persone con handicap nella categoria dei soggetti vulnerabili.

Lo svolgimento coerente dei principi sanciti a livello costituzionale comporta la piena valorizzazione della personalità del minore, consentendo che questi esplichino liberamente la loro volontà. 44

44 Analizzando l’articolo 2 del codice civile si può affermare che, con il compimento del diciottesimo anno di età si possono compiere tutti gli atti per i quali non è prevista un’età diversa, da tale norma si potrebbe quindi concludere che per i minori non è possibile esprimere validamente il consenso informato. Ma arrivare a questa conclusione senza aver analizzato l’intero complesso normativo sarebbe riduttivo, perché vi sono altresì numerose norme che riconoscono al minore la facoltà di scegliere in ordine a trattamenti sanitari. A livello sovranazionale l’articolo 6 della Convenzione di Oviedo invita a tenere in considerazione il parere del minore rispetto agli interventi medici, come fattore determinante in funzione della sua età e della sua maturità.44 La convenzione di New York sui diritti dell’infanzia, prevede che le parti contraenti debbano garantire al fanciullo capace il diritto di esprimere liberamente la sua opinione su ogni questione che lo interessa e che le opinioni del fanciullo siano debitamente prese in considerazione tenendo conto della sua età e del suo grado di maturità. La Carta dei diritti fondamentali dell’Ue riconosce ai bambini all’articolo 24 il diritto di esprimere liberamente la propria opinione, che “viene presa in considerazione sulle questioni che li riguardano in funzione della loro età e della loro maturità”. Sempre in deroga al principio della maggiore età la legge sull’interruzione volontaria della gravidanza riconosce alcune importanti facoltà alla minore, in particolare l’articolo 12 sancisce che “Se la donna è di età inferiore ai diciotto anni, per l'interruzione della gravidanza è richiesto l'assenso di chi esercita sulla donna stessa la potestà o la tutela”. Tuttavia, nei primi

novanta giorni, “quando vi siano seri motivi che impediscano o sconsiglino la consultazione delle persone

esercenti la potestà o la tutela, oppure queste, interpellate, rifiutino il loro assenso o esprimano pareri tra loro difformi, il consultorio o la struttura socio-sanitaria, o il medico di fiducia, rimette la relazione al giudice tutelare. Il giudice tutelare, entro cinque giorni, sentita la donna e tenuto conto della sua volontà, delle ragioni che adduce e della relazione trasmessagli, può autorizzare la donna, con atto non soggetto a reclamo, a decidere la interruzione della gravidanza” e addirittura qualora il medico accerti l'urgenza dell'intervento a causa di un grave pericolo per la salute della minore di diciotto anni, indipendentemente dall'assenso di chi esercita la potestà o la tutela e senza adire il giudice tutelare, certifica l'esistenza delle condizioni che giustificano l'interruzione della gravidanza. Tale certificazione costituisce titolo per ottenere in via d'urgenza l'intervento e, se necessario, il ricovero. Nel codice deontologico del 2006 nell’ articolo 38

si prevede altresì che il medico compatibilmente con l’età, con la capacità di comprensione e con la maturità del soggetto debba tener conto della volontà del minore”.

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Per quel che concerne, gli interdetti, il consenso viene espresso dal tutore, mentre per gli inabilitati e i minori emancipati, potranno validamente esprimersi senza l’assistenza del curatore. Altro requisito del consenso informato è la revocabilità, il paziente può infatti, fino all’inizio dell’intervento ritirare il proprio assenso. Il consenso deve essere altresì manifesto, in alcuni casi previsti dalla legge, deve rispettare vincoli di forma.45

L’ultimo requisito richiesto è l’attualità che coincide con il momento in cui viene eseguito il trattamento, ma non deve essere inteso in senso meramente cronologico ma logico, quindi dovrà ritenersi attuale anche la volontà manifestata prima del sopraggiungere di una situazione di incoscienza, non revocata prima d verificarsi di siffatta condizione.46

Si deve ritenere che il rifiuto delle cure debba presentare in via tendenziale gli stessi presupposti, atti a validare il consenso informato, quindi il dissenso deve essere oggetto di manifestazione espressa, inequivoca, attuale, informata. E’ da distinguere il caso del paziente che versi in una condizione di capacità di autodeterminarsi dall’ipotesi opposta di incoscienza.

Nel primo caso il paziente ha diritto di non essere sottoposto ad un trattamento sanitario contro la sua volontà, salvo i casi previsti da legge. Nel

45 Nella prassi è invalso l’uso dei cosiddetti “moduli di consenso”, che, spesso è teso più a garantire il medico, facendo prova della liceità del suo operato, che ad assicurare l’effettività del consenso del paziente al trattamento terapeutico. Proprio al fine di arginare tale eventualità, in dottrina e in giurisprudenza si è consolidata l’opinione per cui la semplice sottoscrizione del modulo non costituisca di per sé prova dell’avvenuta informazione, essendo altresì necessario valutare la completezza, la specificità e l’intelligibilità del modulo stesso.

46 Se infatti l’attualità fosse intesa come stretta contestualità con l’atto terapeutico da compiere, il risultato sarebbe quello di negare rilievo alle determinazioni del paziente ogniqualvolta l’atto medico fosse eseguito in sedazione.

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secondo caso, tendenzialmente viene riconosciuta la possibilità di espressione della volontà mediante varie strumenti, quali l’amministrazione di sostegno, l’istituto del tutore e delle direttive anticipate. Ma non sempre la giurisprudenza si mostra favorevole a tale inclusione e spesso avverte l’esigenza di una normazione in tale ipotesi.

Un caso esemplare,47 tra i tanti verificatesi in giurisprudenza, è costituito da

soggetto cosciente, lucido e orientato che è stato vittima di un infortunio sul lavoro consistente nello schiacciamento della mano destra. Sin dall’ingresso in pronto soccorso dichiarò di essere Testimone di Geova ed espresse categorico dissenso alla trasfusione di sangue ed emoderivati.48 Le trasfusioni

avvennero mentre il paziente era sedato, 49a seguito di una risposta alla

richiesta di parere inoltrata alla Procura della Repubblica che a firma della Dottoressa Donatella Masia comunicava che “a fronte del pericolo grave ed imminente per la vita segnalato, può fondamentalmente ritenersi sussistente lo stato di necessità che nel nostro ordinamento giuridico consente di effettuare le cure necessarie a salvaguardare la vita sia pure in presenza di opposizione da parte dell’interessato.” Un anno e mezzo dopo il paziente presentò querela in relazione ai reati di cui agli articoli 590 c.p. lesioni

47 Reg. notizia di reato n.19065/08 RG. GIP n. 14446/12

Ordinanza di archiviazione 15 Gennaio 2013

48 La sua volontà fu ribadita circa 20 volte durante la degenza ospedaliera anche con dichiarazioni riportate e sottoscritte in cartella clinica, anche successivamente all’intervento effettuatogli il 22 Novembre 2006, consistito in un tentativo di reimpianto dell’indice e sino alla data del 30 Novembre del 2006, allorquando, durante il decorso post operatorio a seguito del progressivo aggravarsi delle sue condizioni, in particolare a causa di una grave anemizzazione, egli fu trasfuso.

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personali colpose, 610 c.p. violenza privata, e 613 c.p. stato di incapacità procurato mediante violenza. 50 La questione di notevole spessore è il quesito

se la condotta del medico che sottoponga il paziente, innanzi ad un valido dissenso dello stesso, a trattamenti sanitari possa esser qualificato come violenza privata o ex articolo 613 c.p. Infine, laddove ritenuti esistenti, l’ulteriore questione da risolvere, è se possano essere scriminati dallo stato di necessità dovuto all’imminente e grave pericolo di vita. Il giudice stabilisce che in tale ipotesi, la disposizione che regola lo stato di necessità non può essere invocata, non essendo riferibile a tutte quelle ipotesi nelle quali il pericolo è conosciuto ed accettato da chi lo subisce. La scriminante dello stato di necessità non è pensata per tale ipotesi e prescinde totalmente dal consenso. Infatti, “nel nostro ordinamento non trova dimora una clausola di esclusione dell’antigiuridicità che si fondi sulla pretesa necessità di salvare chi si opponga al trattamento salvifico.”

Il giudice non ritiene configurabile, nell’ipotesi di trattamento medico eseguito in assenza del consenso, il delitto di violenza privata, come in precedenza la Cassazione, a Sezioni Unite, n. 2437 del 18 dicembre 2008 aveva affermato.51 “La nota caratterizzante della violenza personale diretta

50 Per quel che concerne il reato di lesioni, vennero richiamate le convincenti e condivise osservazioni formulate dai consulenti tecnici del p.m. che asserivano la non imputabilità della progressiva anemizzazione, che condusse alla trasfusione, a condotte colpose dei medici. Né tantomeno è da imputarsi a condotte colpose degli indagati, l’amputazione della mano che è da imputarsi alla non tempestiva trasfusione.

51Ai fini della configurabilità del delitto di violenza privata, il requisito della violenza si identifica in qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente l’offeso della libertà di determinazione e azione ben potendo trattarsi di violenza fisica, propria, che si esplica direttamente nei confronti della vittima o di violenza

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deve essere ravvisata nella idea della aggressione fisica, vale a dire nella lesione o immediata esposizione a pericolo dei beni più direttamente attinenti alla dimensione fisica della persona, quali la vita, l’integrità fisica o la libertà di movimento del soggetto passivo”. La Corte afferma, inoltre, che “la violenza è un connotato essenziale di una condotta che, a sua volta, deve atteggiarsi alla stregua di mezzo destinato a realizzare un evento ulteriore: la costrizione della vittima a fare, tollerare, od omettere qualche cosa; deve trattarsi comunque di qualcosa di diverso dal fatto in cui si esprime la violenza. Ma in tale ipotesi l’evento coazione risiederebbe nel fatto di tollerare il trattamento sanitario, se ne deve dedurre che la coincidenza tra violenza ed evento di costrizione a tollerare rende tecnicamente impossibile la configurabilità del delitto di cui all’articolo 610 c.p. Il giudice muovendo dalle conclusioni espresse dalla Cassazione, ritiene che il delitto di cui all’articolo 610 c.p., deve essere escluso, non sussistendo nella condotta posta in essere dai sanitari dell’Ospedale, gli estremi del fatto tipico del reato di violenza privata. Il giudice sottolinea, infatti, che il medico a fronte del dissenso non poteva più intervenire, ma che l’atteggiamento soggettivo che ha spinto gli indagati ad effettuare la trasfusione, è stato l’intento di salvare il paziente. Ma è la parte finale dell’ordinanza di archiviazione, a rivestire un’importanza fondamentale, il giudice, infatti sottolinea le carenze dell’attuale sistema e la necessità di un intervento normativo che disciplini il

impropria, che si attua attraverso l’uso di mezzi anomali diretti ad esercitare pressioni sulla volontà altrui, impedendone la libera determinazione.

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delicato caso “del trattamento arbitrario”, in modo da “colmare quel vuoto che troppo spesso, viene invocato al fine di giustificare condotte che sono e rimangono gravemente lesive della libertà morale del paziente.”

6. Limiti alla libertà di disporre del proprio corpo

Gli atti di disposizione del corpo trovano una disciplina specifica nell'articolo 5 del codice civile, occasionato e ispirato al momento storico in cui fu approvato.52La norma afferma che “gli atti di disposizione del proprio corpo

sono vietati quando cagionino una diminuzione permanente della integrità fisica, quando siano altrimenti contrari alla legge, all'ordine pubblico o al buon costume”, evidenziando la concezione che si aveva dell'uomo e in particolare del corpo, visto come qualcosa di separato dalla persona, come oggetto su cui esercitare il potere di disposizione.53Con l'entrata in vigore

della Costituzione, alla visione che era stata ricostruita sulla base della norma in questione, dell'integrità fisica come concetto statico, espressione di

52 La norma trae origine dal noto caso giurisprudenziale, che molto scalpore suscitò all'epoca, avente ad oggetto la cessione, a titolo oneroso, di un testicolo da parte di un giovane studente ad un anziano, facoltoso signore che intendeva così, attraverso il trapianto dello stesso sul corpo, riacquistare la perduta virilità.

53 Cfr. R. ROMBOLI I limiti alla facoltà di disporre del proprio corpo nel suo aspetto attivo e in quello passivo, in Foro It., 1991,1, c.17.

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qualcosa di esteriore da conservare, viene sostituito il concetto dinamico di salute, idoneo a realizzare il pieno sviluppo della personalità umana.54

Di fondamentale importanza nella Costituzione è l'affermazione del principio personalista e quindi del primato della persona umana, considerata come soggetto di diritti anteriori a qualsiasi riconoscimento da parte dello stato. Sulla base del principio personalista si opera una rivoluzione del pensiero e della concezione degli atti di disposizione, non più basati sulla visione del corpo come oggetto, bensì come libertà di disporre del proprio corpo, sul presupposto del valore unitario e inscindibile della persona come tale e quindi in termini di libertà di decidere e di autodeterminarsi in ordine a comportamenti che in vario modo coinvolgono ed interessano il proprio corpo.55 La libertà che, viene ricompresa tra i diritti inviolabili dell'uomo,

diritto dell'individuo di decidere liberamente e volontariamente in ordine a attività che coinvolgono il suo corpo, cosi come il diritto a non subire atti o trattamenti contro la propria volontà. 56

La libertà di autodeterminazione della persona rispetto al proprio corpo e ai trattamenti di cui può esser oggetto costituisce un vero e proprio diritto inviolabile rientrante tra i valori supremi, quale nucleo essenziale dell'individuo; la qualifica di diritto fondamentale inserisce la salute tra i

54 Così G. ANZANI Identità personale e atti di disposizione della persona, in Nuova Giur. Civ. Com, 2008, p. 207.

55 G. ANZANI Gli atti di disposizione della persona nel prisma dell’identità personale in Nuova Giur. Civ. Com., 2009, p. 89.

56 Cfr. ROMBOLI I limiti alla facoltà di disporre del proprio corpo nel suo aspetto attivo e in quello passivo, in Foro It., 1991, 1, c.1.

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diritti che non possono non predicarsi della persona, perché nell'idea stessa di persona sono iscritti e di quella idea costituiscono connotati imprescindibili. Il principio del consenso informato non riguarda solo i trattamenti terapeutici ma in generale ogni atto medico invasivo della sfera fisica della persona.

7. Il difficile bilanciamento tra diritto all’autodeterminazione e la

tutela dei soggetti incapaci

Come abbiamo visto, il principio cardine che governa i trattamenti sanitari è quello del consenso informato, ampiamente riconosciuto e tutelato dalla Corte Costituzionale agli articoli 32 e 2 e da numerosi fonti normative nazionali e sovranazionali. Da tali fonti emerge con chiarezza che, in tema di scelte concernenti la salute, vada rispettata la volontà dell’interessato tanto nelle ipotesi in cui sia indirizzata ad ottenere un trattamento terapeutico, quanto nell’opposta eventualità che si sostanzi in un diniego di cure.57 Il problema è

stabilire in che termini tale principio trovi applicazione anche nei confronti del paziente incapace, in modo tale da poter derivare, conseguentemente, un diritto a pianificare anticipatamente i trattamenti sanitari in tutti i casi in cui non possa esprimere le proprie preferenze di cura a causa della sopravvenuta

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incapacità d’intendere e volere.58 Non si può però chiaramente consentire un

cambiamento della posizione giuridica del paziente non in grado di esprimere una volontà consapevole, da soggetto pienamente capace di poter scegliere e realizzare il proprio progetto di cura a “oggetto” sottoponibile a qualsivoglia trattamento deciso dai medici, sulla base della sola valutazione tecnica di quale sia il suo miglior interesse astratto. Il paziente incapace, infatti, anche se perde la capacità di intendere e volere e conseguentemente di autodeterminarsi in ambito medico, è comunque un soggetto di diritto e come tale dotato di diritti fondamentali ineliminabili. Tant’è che il comma 2 dell’articolo 32 Costituzione affida allo Stato il compito di “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della personalità”.59

E’ proprio lungo le coordinate della dignità umana, del libero sviluppo della personalità e del principio di uguaglianza che si svolge la tutela di chi è debole: laddove si consentisse solo al soggetto pienamente capace di autodeterminarsi di poter realizzare il suo progetto esistenziale, di poter scegliere a quali trattamenti sanitari sottoporsi e quali rifiutare e invece lo si negasse al soggetto debole e incapace di autodeterminarsi, si realizzerebbe una lesione del principio di uguaglianza. Corollario del principio di uguaglianza è il più generale principio di ragionevolezza alla luce del quale la

58 Così F.G. PIZZETTI, Alle frontiere della vita: il testamento biologico tra valori costituzionali e promozione della persona, Milano, 2008, p. 93.

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