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Spunti di riflessione per il dibattito sulle dichiarazioni anticipate di trattamento

6. Guida fine vita del Consiglio d’Europa

Il Consiglio d’Europa è un'organizzazione internazionale il cui scopo è promuovere la democrazia, i diritti dell'uomo, l'identità culturale europea e la ricerca di soluzioni ai problemi sociali in Europa.161Lo strumento principale

d'azione consiste nel predisporre e favorire la stipulazione di accordi o convenzioni internazionali tra gli Stati membri e, spesso, anche fra Stati terzi. Le iniziative del Consiglio d'Europa non sono vincolanti e vanno ratificate dagli Stati membri. Proprio in virtù degli scopi per i quali agisce ed in particolare per la promozione dei diritti degli individui e della salvaguardia della dignità umana, recentemente è intervenuta sulla materia del fine vita, delineando una “Guida sul procedimento decisionale dei trattamenti medici

nelle situazioni di fine vita.”162Il testo evidenzia i principi che possano e

soprattutto devano essere applicati nel processo decisionale inerente alla scelta dei trattamenti sanitari in specifiche situazioni di fine vita, a prescindere della legislazione nazionale dei singoli stati. La guida è indirizzata agli Stati, ma è anche una fonte di informazione per i pazienti e i loro familiari, nonché un eccezionale ispirazione per i dibattiti sul fine vita. I principi che devono esser rispettati e valorizzati sono l’autonomia, beneficenza, non-maleficenza e la giustizia.

161 Il Consiglio d'Europa fu fondato il 5 maggio 1949 col Trattato di Londra e conta oggi 47 stati membri. 162“Guide on the decision-making process regarding medical treatment in end-of-life situations”

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Il principio di autonomia nelle decisioni sul fine vita, consiste nella possibilità di scegliere i trattamenti sanitari ai quali intende sottoporsi e quali rifiutare, mediante l’espressione di un libero e informato consenso.

La guida sottolinea quali devono essere le condizioni necessarie affinché il consenso sia realmente informato; una reale comprensione del paziente di quelli che sono i trattamenti prospettabili, la situazione clinica in cui versa e il possibile decorso della malattia. Il medico, inoltre, nell’espletamento del suo dovere di informazione dovrà tenere conto della situazione di vulnerabilità del soggetto e dell’impatto psicologico che ogni notizia infausta potrebbe provocare. Il principio di “beneficence and non-maleficence” impone al professionista sanitario una duplice obbligazione, da un lato di massimizzare gli aspetti benefici e dall’altro di limitare i danni che potrebbero derivare dall’intervento medico. Dovranno pertanto essere resi noti al paziente i benefici e i rischi che seguiranno al trattamento sanitario che saranno commisurati alla “qualità di vita del paziente e il benessere psicologico e

spirituale”. Questo perché la malattia costituisce per ciascuno un percorso

caratterizzato da aspetti di carattere soggettivo, con cui il curante deve inevitabilmente confrontarsi.163Infine, il principio di giustizia che consiste

innanzitutto nell’assenza di discriminazioni. Affinché tale principio possa trovare piena cittadinanza è necessario che le cure siano accessibili a tutti e che vi sia una corretta dislocazione e accessibilità delle risorse.

163 L. PASCUCCI L’erogazione della prestazione medica tra autodeterminazione del paziente e autonomia professionale del medico: quali i confini della libertà di scelta terapeutica del malato? in Rivista trimestrale di diritto e procedura civile,2013, p. 223.

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La guida dedica un intero capitolo al procedimento decisionale, alle parti coinvolte e ai rispettivi ruoli. Parte principale del procedimento decisionale inerente ai trattamenti medici è il paziente, che per esprimere un valido consenso o dissenso informato deve essere in grado di comprendere le informazioni essenziali relative alla diagnosi e ai trattamenti. Il soggetto deve anche essere in grado di valutare la situazione in cui si trova, conoscere l’entità del problema e comprendere i possibili esiti dei trattamenti. Dovrà inoltre essere in grado di comparare le varie opzioni e di formulare una scelta. Ma laddove il paziente versi in una situazione di incapacità parziale o totale di autodeterminarsi, la decisione potrà essere assunta da una terza parte designata dal soggetto. Ed è proprio a questo punto che entrano in gioco le direttive anticipate di trattamento, infatti, nel caso di specie dovranno essere tenuti in considerazione i precedenti documenti scritti, redatti dal paziente capace, contenenti previsioni relative ai trattamenti medici nel caso di perdita della capacità di autodeterminarsi. La guida definisce tali documenti come “il

modo più sicuro e affidabile per far conoscere i desideri espressi in precedenza” e che quando esistono devono avere la precedenza su ogni altra

“non-medical opinion”.164 Per quanto riguarda la rilevanza attribuita alle

164 La guida si focalizza sugli espedienti per l’applicazione delle direttive anticipate; distinguendo “quando scrivere il living will” riconoscendo tale facoltà non solo ai soggetti ai quali è stata diagnosticata una patologia invalidante, ma anche ai soggetti sani che decidano di esprimere le proprie volontà e soprattutto che desiderano che esse siano tenute in considerazione nel caso in cui a causa di un trauma invalidante perdano la capacità di autodeterminarsi. Il documento si sofferma anche sui “Termini di validità e i periodici rinnovi” sottolineando che è sempre possibile per il testatore revocare o modificare il proprio documento. Infine, evidenzia la “necessità di formalismo”, primo tra tutti documento redatto per scritto e autentificato. Inoltre è prevista la possibilità di dare forza vincolante alle direttive in questione mediante la convalida del medico e la controfirma di due testimoni.

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direttive anticipate, il Consiglio d’Europa attribuisce un peso maggiore rispetto alla semplice richiesta di “tenere in considerazione” le precedenti dichiarazioni dal disponente contenuta nella Convenzione dei diritti umani e biomedicina. Il Consiglio esorta gli Stati membri di promuovere

l’autodeterminazione degli adulti capaci in ordine alla futura incapacità mediante le direttive anticipate e stabilisce che sono gli Stati a decidere la forza vincolante da attribuire alle direttive anticipate, ma anche nel caso in cui non sia attribuita loro forza vincolante, devono essere considerate come delle manifestazioni dei desideri e come tali devono essere rispettate.

Entrando nel merito dei procedimenti decisionali, la guida evidenzia la centralità della decisione del paziente, laddove si tratta di soggetto pienamente capace di intendere e volere. Nel caso opposto, di soggetto incapace di autodeterminarsi, la decisione sarà presa “on a collettive

dimension”. Ma la guida non si limita a questa enunciazione, vengono

dichiarate le varie fasi del procedimento decisionale; la prima è costituita dal “punto di partenza del procedimento” che è rappresentato dalle indicazioni mediche in ordine ai rischi e ai benefici del trattamento considerato ed in particolare dall’equipe medica. Al paziente, familiari o ogni terza persona designata dall’interessato è data a possibilità di reclamare commentare o porre domande in ordine al piano medico. La seconda fase di tale procedimento è “la definizione del problema”, fase che entra in gioco laddove il paziente, un familiare o una terza persona abbiano formulato dei commenti. E’ necessario,

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infatti, che vi sia la massima chiarezza in ordine ai trattamenti scelti, ai rischi che potrebbero conseguire. Un ulteriore fase consiste nello “stabilire una

linea unica di discussione”, il personale sanitario dovrà cercare di essere il più

possibile oggettivo e basare la propria argomentazione su elementi concreti quali, la condizione patologica in cui versa il soggetto, ed in particolare al fatto che il soggetto ha aderito, perché ancora capace di autodeterminarsi al procedimento decisionale, oppure alla situazione di incapacità che ha ostacolato la sua partecipazione. Ma anche alle varie possibilità di cura esistenti per quella determinata patologia.

Infine, l’ultima fase del procedimento è rappresentata dalla “decisione”, se il paziente è capace di intendere e volere e quindi di esprimere il consenso informato, sarà perfettamente in grado di decidere. Nell’ipotesi opposta di decisione presa dal medico sulla base delle conclusioni emerse nel dibattito collettivo dovrà annunciarla all’equipe, ai familiari e alle eventuali terze parti. Per quel che concerne le direttive anticipate, il documento riveste un importanza fondamentale, perché scuote la coscienza del nostro legislatore, lo esorta a legiferare in materia se pur indirettamente e sicuramente riaccende gli animi della dottrina.165

165Anche a livello interno, qualcosa di importante stà succedendo, il 23 Maggio ci sarà una discussione sui “I

confini dei territori alla fine della vita” promossa dalla fondazione Cortile dei Gentile alla Camera dei

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GIURISPRUDENZA

Cassazione Civile 16 ottobre 2007 n. 21748.

Sentenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo del 29.4.2002, Pretty vs The United Kingdom

Il tribunale di Lecco con decreto 2 Marzo 1999 dichiara inammissibile la richiesta del tutore poiché in contrasto con i principi fondamentali dell’ordinamento vigente, in particolare dell’articolo 2 della Costituzione, alla luce del principio di indisponibilità del diritto alla vita.

Principio riaffermato nel 2006 dalla Corte d’Appello di Milano, con decreto 16 dicembre 2006; “Il bilanciamento tra il bene giuridico della vita e la dignità e l'autodeterminazione non può che risolversi a favore del primo”.

La Corte d’Appello rigetta il reclamo proposto dal tutore poiché ritiene che una decisione non sia possibile a causa del dibattito ancora aperto in ambito medico e giuridico in ordine alla qualificazione del trattamento somministrato, idratazione e nutrizione artificiali a Eluana Englaro. Sul tema dell'idratazione e alimentazione artificiale la Corte tuttavia omette di pronunciarsi rilevando la necessità di attendere un ponderato pronunciamento in sede internazionale, in realtà il pronunciamento era avvenuto nel 1996 quando il Consiglio d' Europa ha approvato la Convenzione di Oviedo sui diritti dell'uomo e la biomedicina, ove afferma la necessità del consenso ad ogni atto medico e l'importanza di evitare l'accanimento terapeutico in casi come il coma vigile. A seguito di tale sentenza, il Ministro della sanità Veronesi nell'ottobre del 2000 ha istituito un Gruppo di lavoro su idratazione e nutrizione nei soggetti in stato di irreversibile perdita della coscienza. Il documento elaborato da detta commissione ha affermato la centralità della volontà del paziente nella decisione di sospensione delle cure, anche in stato di incoscienza da esprimersi o attraverso direttive anticipate o espressamente dal legale rappresentante o del tutore considerandola diagnosi di sicura irreversibilità espressa da una commissione medica.

Il tribunale di Lecco con decr. 2 febbraio 2006 ha escluso che tra i compiti del tutore possa rientrare la scelta di sospensione di un trattamento che è condizione essenziale per la sopravvivenza della persona.

Corte Costituzionale sentenza 471/90 “il valore costituzionale dell’inviolabilità della persona è costruito nel precetto di cui all’articolo 13, primo comma, Costituzione come libertà nella quale è postulata la sfera di esplicazione del potere della persona di disporre del proprio corpo.”

Il caso Quinlan deciso dalla Suprema Corte del New Jersey nel 1976, noto leading cases relativo a persona in stato vegetativo irreversibile, la Corte ritiene che l’unica via per non calpestare il diritto riconosciuto, è riconoscere al tutore e alla famiglia di esprimere il loro miglior giudizio, sul se la donna avrebbe esercitato il proprio diritto di interrompere le cure in quelle precise circostanze.

Caso Bland deciso dalla House of Lords nel 1993.

La conseguenza dell’applicazione di questo criterio al caso delle persone in stato vegetativo permanente è che non è necessario procedere ad una valutazione casistica attraverso cui bilanciare i pro e i contro della decisione di sospendere i trattamenti di sostegno vitale. Questi trattamenti sono considerati, infatti, inutili perché con nessuna finalità terapeutica e futili, perché il paziente è incosciente e non si prospetta alcun possibile miglioramento della sua condizione.

Tribunale di Cagliari, 22.10.2009 e Appello Firenze, 3.7.2009 in Nuova Giur. Civ. comm. , 2010, p. 441.

Tribunale di Modena, il 13-5-2008 è quello di una donna affetta da tempo da sclerosi laterale amiotrofica, patologia degenerativa e progressiva del sistema nervoso, produttiva dell'irreversibile perdita del controllo

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dei muscoli scheletrici, fino alla definitiva compromissione dei muscoli respiratori, con probabili esiti di morte per soffocamento, ma priva di effetti sulla intelligenza, memoria o personalità del paziente.

La paziente, informata dai sanitari della prospettiva di eseguire nel lasso di breve tempo un intervento urgente di ventilazione forzata invasiva a mezzo di tracheotomia, verosimilmente in condizioni di incoscienza, a causa dello stato confusionale prodotto dalla sopraggiunta assenza di ossigenazione cerebrale, esprimeva a più riprese il proprio fermo rifiuto alla sottoposizione al trattamento. Il diniego veniva, in particolare, raccolto in occasione di una visita psichiatrica, nel contesto della quale si certificava la persistenza della capacità di intendere e volere in capo alla paziente e ripetuto in plurime occasione ai prossimi congiunti.

Questi ultimi depositavano ricorso per la nomina di amministratore di sostegno, in previsione della futura incapacità della paziente, con designazione di soggetto, individuato nella persona del ricorrente e marito delle beneficiaria che, in conformità con la volontà della beneficiaria, iterata al giudice tutelare in sede di esame ed audizione ex art. 407 comma 2 c.c., negasse il consenso al predetto trattamento salvifico.

In accoglimento del ricorso, il giudice tutelare nominava il marito amministratore di sostegno autorizzandolo a negare il consenso alla pratica di ventilazione forzata mediante tracheotomia all'atto in cui, senza che fosse manifestata volontà contraria della beneficiaria, l'evolversi della malattia avesse imposto la specifica terapia, ed a richiedere ai sanitari di apprestare le cure palliative più efficaci alla minimizzazione della sofferenza della persona.

La cronaca narra che, a due settimane di distanza dal decreto di nomina, aggravatosi il quadro clinico della paziente e sopraggiunta una grave crisi respiratoria, la medesima sia deceduta.

Trib. di Cagliari 22.10. 2009 e Corte di Appello di Firenze 3.7.2009 in Nuova Giur Civ. Comm, 2010, p. 431.

Tribunale fi Firenze 22.12.2010 in Nuova Giurispr. Civ. Comm. 2011, 6, 483 s, con nota di D. INFANTINO, Direttive anticipate e Amministrazione di sostegno e tra le tante, Trib. Di Modena 14.5.2009 Dir. Fam. e Pers., 2009, p.1837. La giurisprudenza ha ammesso la nomina dell’amministrazione di sostegno, quale soggetto deputato a garantire l’osservanza delle direttive anticipate di trattamento formalizzate nell’atto di designazione.

Reg. notizia di reato n.19065/08 RG. GIP n. 14446/12

Ordinanza di archiviazione 15 Gennaio 2013

C. Cost., 2008, n. 438, in Associazionedeicostituzionalisti.it con nota di R. BALDUZZI e D. PARIS Corte costituzionale e consenso informato tra diritti fondamentali e ripartizione delle competenze legislative. La Corte ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 3 della legge regionale Piemonte 6 Novembre 2007, n. 21 che prevedeva, in caso di trattamenti terapeutici comportanti la somministrazione di sostanze psicotrope ai minori, la necessaria espressione del consenso informato dei genitori.