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1. Caso Englaro

La Suprema Corte torna a pronunciarsi nel 2007 sulla nota e delicata vicenda di una giovane donna, Eluana Englaro interdetta a cagione dello stato vegetativo in cui versa da anni, il cui tutore, nonché padre, si è reiteratamente rivolto all’autorità giudiziaria chiedendone l’interruzione del trattamento di alimentazione artificiale, in quanto la stessa, in epoca anteriore alla perdita della capacità, aveva verbalmente manifestato il desiderio di non esser sottoposta a protocolli rianimativi in grado di protrarre un eventuale stato di

coma vigile.93Questa pronuncia si presenta quindi come un importante svolta

perché la magistratura per ben sette volte, in vari gradi di giudizio e a vario titolo aveva respinto la richiesta di sospendere l'idratazione e la nutrizione artificiale della giovane donna di Lecco. La richiesta di sospensione delle cure avanzata dal tutore venne ripetutamente rigettata dai giudici di merito sulla scorta di diverse motivazioni: il carattere indisponibile della vita,94 l’incertezza

circa la natura del trattamento di alimentazione artificiale, suscettibile di interruzione solo ove qualificabile come atto terapeutico concretante

93 R. CAMPIONE Stato vegetativo permanente e diritto all’identità personale in un’importante pronuncia della suprema Corte in Famiglia e diritto, 2008, pag.1.

94 Il tribunale di Lecco con decreto 2 Marzo 1999 dichiara inammissibile la richiesta del tutore poiché in contrasto con i principi fondamentali dell’ordinamento vigente, in particolare dell’articolo 2 della Costituzione, alla luce del principio di indisponibilità del diritto alla vita.

Principio riaffermato nel 2006 dalla Corte d’Appello di Milano, con decreto 16 dicembre 2006; “Il bilanciamento tra il bene giuridico della vita e la dignità e l'autodeterminazione non può che risolversi a favore del primo”.

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accanimento nelle cure95, esclusione del potere di rappresentanza del tutore in

ordine agli atti personalissimi 96e infine i dubbi circa l’opportunità e la

legittimità di una pronuncia che dichiarasse l’efficacia delle direttive anticipate. La Corte di Cassazione con tale sentenza ha escluso che l’idratazione e la nutrizione artificiale costituiscano, in sé, oggettivamente una forma di accanimento terapeutico, pur essendo indubbiamente un trattamento sanitario, e ha deciso che il giudice può, su istanza del tutore, autorizzarne l’interruzione soltanto in presenza di due circostanze concorrenti; la prima condizione si compone di due elementi; la sussistenza di uno stato vegetativo e l’irreversibilità, ovvero l’impossibilità di un recupero della coscienza. La

seconda circostanza necessaria è che sia univocamente accertato, sulla basedi

elementi tratti dal vissuto del paziente, dalla sua personalità, e dai convincimenti etici, religiosi, culturali, e filosofici che ne orientavano i comportamenti e le decisioni, che questi, se cosciente, non avrebbe prestato il

suo consenso alla continuazione del trattamento.97

95 La Corte d’Appello rigetta il reclamo proposto dal tutore poiché ritiene che una decisione non sia possibile a causa del dibattito ancora aperto in ambito medico e giuridico in ordine alla qualificazione del trattamento somministrato, idratazione e nutrizione artificiali a Eluana Englaro. Sul tema dell'idratazione e alimentazione artificiale la Corte tuttavia omette di pronunciarsi rilevando la necessità di attendere un ponderato pronunciamento in sede internazionale, in realtà il pronunciamento era avvenuto nel 1996 quando il Consiglio d' Europa ha approvato la Convenzione di Oviedo sui diritti dell'uomo e la biomedicina, ove afferma la necessità del consenso ad ogni atto medico e l'importanza di evitare l'accanimento terapeutico in casi come il coma vigile. A seguito di tale sentenza, il Ministro della sanità Veronesi nell'ottobre del 2000 ha istituito un Gruppo di lavoro su idratazione e nutrizione nei soggetti in stato di irreversibile perdita della coscienza. Il documento elaborato da detta commissione ha affermato la centralità della volontà del paziente nella decisione di sospensione delle cure, anche in stato di incoscienza da esprimersi o attraverso direttive anticipate o espressamente dal legale rappresentante o del tutore considerandola diagnosi di sicura irreversibilità espressa da una commissione medica.

96 Il tribunale di Lecco con decr. 2 febbraio 2006 ha escluso che tra i compiti del tutore possa rientrare la scelta di sospensione di un trattamento che è condizione essenziale per la sopravvivenza della persona.

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Il supremo collegio con la pronuncia in commento, statuisce l’esigenza di salvaguardare le volontà manifestate dall’individuo, in forma espressa o attraverso il suo complessivo stile di vita, prima di cadere in uno stato totale o

assoluto di incapacità.98La seconda condizione costituisce il fulcro di tutto il

ragionamento della Corte di Cassazione, essendo Eluana incapace la Corte chiede al tutore di decidere “non al posto dell’incapace né per l’incapace ma

con l’incapace” ricostruendo la volontà della tutelata, desumendola dalla sua

concezione di vita e della dignità.99Centrale è divenuta la figura del tutore,

quale strumento attraverso cui l’incapace può far valere le proprie determinazioni. I giudici iniziano la disamina del caso di Eluana Englaro con una consistente premessa dedicata proprio al principio del consenso. Esprimendo “una scelta di valore nel modo di concepire il rapporto tra

medico e paziente, nel senso che detto rapporto appare fondato prima sui diritti del paziente e sulla sua libertà di autodeterminazione terapeutica che sui doveri del medico”, tale principio è considerato costituire “di norma, legittimazione e fondamento del trattamento sanitario: senza il consenso informato l’intervento del medico è sicuramente illecito, anche quando è nell’interesse del paziente; la pratica del consenso libero e informato rappresenta una forma di rispetto per la libertà dell’individuo e un mezzo per

98 R. CAMPIONE Stato vegetativo permanente e diritto all’identità personale in un’importante pronuncia della suprema Corte in Famiglia e diritto, 2008, p. 2.

99 R. ROMBOLI Il caso Englaro: la Costituzione come fonte immediatamente applicabile dal giudice in Quaderni Costituzionali,2009 p. 98.

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il perseguimento dei suoi migliori interessi”.100Se esistono casi eccezionali in

cui il trattamento va eseguito anche in assenza della manifestazione di volontà della persona, la Corte sostiene che il principio del consenso “è ben saldo

nella giurisprudenza di questa Corte”. Su queste basi, si precisano anche i

confini della responsabilità del medico, il cui intervento cessa di essere obbligatorio ed anzi risulta vietato laddove manchi il consenso. Tale principio, quindi, viene ricostruito dalla Corte di Cassazione in termini generali come dato collegato alla dignità del malato e vincolante la legittimità e la liceità dell’intervento medico; dato costituzionale basato su un’interpretazione sistematica che congiunge l’articolo 2, che tutela i “diritti

fondamentali della persona umana, della sua identità e dignità”, l’articolo 13,

che qualifica inviolabile la libertà personale nella quale è postulata la sfera di

esplicazione del potere della persona di disporre del proprio corpo101 e

l’articolo 32 che prevede per i trattamenti sanitari obbligatori una riserva di legge qualificata dal necessario rispetto della persona umana.

Attraverso questa interpretazione, i giudici della prima sezione civile della Corte ricostruiscono in ambito terapeutico un concetto costituzionale di dignità in termini plurali e soggettivi. Il suo contenuto, più precisamente, appare non fisso, definito o definibile a priori, sulla base di valutazioni

100 Cit. Sentenza Corte di Cassazione n. 21748/2007.

101 Corte Costituzionale sentenza 471/90 “il valore costituzionale dell’inviolabilità della persona è costruito nel precetto di cui all’articolo 13, primo comma, Costituzione come libertà nella quale è postulata la sfera di esplicazione del potere della persona di disporre del proprio corpo.”

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mediche o anche morali di carattere generale ed a prescindere dai convincimenti e dalla volontà della persona, ma va ricostruito in termini variabili, prendendo a riferimento le più profonde convinzioni soggettive del paziente cui il trattamento è proposto. In merito ai trattamenti di sostegno vitale, così, la sentenza chiarisce che, accanto a quanti ritengono nel proprio miglior interesse essere tenuto in vita artificialmente il più a lungo possibile, anche in stato vegetativo, “c’è chi, legando indissolubilmente la propria

dignità alla vita di esperienza e questa alla coscienza, ritiene che sia assolutamente contrario ai propri convincimenti sopravvivere indefinitamente in una condizione di vita priva della percezione del mondo esterno. Uno Stato, come il nostro, organizzato, per fondamentali scelte vergate nella Carta costituzionale, sul pluralismo dei valori, e che mette al centro del rapporto tra paziente e medico il principio di autodeterminazione e la libertà di scelta, non può che rispettare anche quest’ultima scelta”.102

Nell’ambito delle scelte terapeutiche, uno dei principi fondamentali della Costituzione italiana è quello personalistico, che induce a respingere l’imposizione di una definizione di cosa sia dignitoso e di cosa non lo sia che sia valida in tutto e per tutti. Il principio del consenso, utilizzando le parole

della sentenza “ha come correlato la facoltàanche di eventualmente rifiutare

la terapia e di decidere consapevolmente di interromperla, in tutte le fasi della vita, anche in quella terminale. Ciò è conforme al principio

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personalistico che anima la nostra Costituzione, la quale vede nella persona umana un valore etico in sé, vieta ogni strumentalizzazione della medesima per alcun fine eteronomo ed assorbente, concepisce l’intervento solidaristico e sociale in funzione della persona e del suo sviluppo e non viceversa, e guarda al limite del rispetto della persona umana in riferimento al singolo individuo, in qualsiasi momento della sua vita e nell’integralità della sua persona, in considerazione del fascio di convinzioni etiche, religiose, culturali e filosofiche che orientano le sue determinazioni volitive”103.

La Corte pone in luce come il principio di autodeterminazione non si esplichi in via esclusiva nella possibilità di optare tra diverse soluzioni terapeutiche, ma anche nella possibilità di opporre rifiuto ai trattamenti medici. Il supremo collegio riconosce per la prima volta a chiare lettere che, pur nell’ipotesi in cui il diniego del paziente abbia ad oggetto cure indispensabili per la sopravvivenza, il diritto all’autodeterminazione vada rispettato in ogni caso,

non trovando alcun ostacolo nel sacrificio della vita.104

La Corte fonda il proprio convincimento sia sulla matrice personalista della nostra Costituzione, la cui effettiva attuazione impone il rispetto dell’individuo in ogni momento della vita, quanto sulla nuova dimensione assunta dal diritto alla salute, quale “complessivo stato di benessere fisico e

psichico, e quindi coinvolgente, in relazione alla percezione che ciascuno ha

103 Cit. Sentenza Corte di Cassazione n. 21748/2007.

104 R. CAMPIONE Stato vegetativo permanente e diritto all’identità personale in un’importante pronuncia della suprema Corte in Famiglia e diritto, 2008, p. 3.

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di sé, anche gli aspetti interiori della vita avvertiti e vissuti dal soggetto nella sua esperienza”.105 Subentra così la dimensione soggettiva della salute, in cui

assumono rilievo le valutazioni insindacabili formulate dal paziente sulla propria condizione fisica e psichica. Il discorso assume maggiore evidenza se si esamina la Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione europea e la Convenzione sui diritti umani e la biomedicina. Esse pongono la salute in relazione con la dignità, l’identità e l’integrità. In particolare dall’interpretazione degli articoli 1, 2 e 3 della Carta si evince come la salute sia espressione dell’identità personale e al contempo dimensione

dell’integrità. 106 Se, infatti, soltanto il consenso informato legittima un

trattamento nel campo della medicina e della biologia, se la dignità umana deve essere rispettata e se ogni persona ha diritto alla propria integrità fisica e psichica, si deve ammettere che al centro del rapporto terapeutico si trova l’identità dell’uomo e il valore della libertà. Proprio questa centralità ha costituito il punto decisivo della motivazione della Cassazione nel caso Englaro.

105 Definizione legale di salute redatta dall’Organizzazione Mondiale della sanità; il d.lgs. 1068/ 1947, Approvazione del protocollo concernente la costituzione dell’OMS stipulato a New York il 22 luglio 1946. 106 Articolo 1 “La dignità umana è inviolabile. Essa deve essere rispettata e tutelata. Articolo 2 “Ogni individuo ha diritto alla vita, Nessuno può essere condannato alla pena di morte, né giustiziato.”

Articolo 3“Ogni individuo ha diritto alla propria integrità fisica e psichica. Nell'ambito della medicina e della biologia devono essere in particolare rispettati: il consenso libero e informato della persona interessata, secondo le modalità definite dalla legge, il divieto delle pratiche eugenetiche, in particolare di quelle aventi come scopo la selezione delle persone, il divieto di fare del corpo umano e delle sue parti in quanto tali una fonte di lucro, il divieto della clonazione riproduttiva degli esseri umani.

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2. Il ruolo del tutore

Il principio di autodeterminazione viene valorizzato come strumento a presidio dell’individuo, concepito quale autonomia decisionale in campo sanitario quale espressione delle convinzioni del singolo e promozione della personalità. Nel caso in esame la donna era impossibilitata ad esprimersi perché in stato vegetativo e per questa ragione viene riconosciuto un ruolo essenziale al tutore. In caso di incapacità del paziente la doverosità medica trova il proprio fondamento legittimante nei principi costituzionali di ispirazione solidaristica, che consentono ed impongono l'effettuazione di quegli interventi urgenti che risultino nel miglior interesse terapeutico del paziente. Superata l'urgenza dell'intervento medico derivante dallo stato di necessità, l'istanza personalistica alla base del principio del consenso informato ed il principio di parità di trattamento tra gli individui, a prescindere del loro stato di capacità, impongono di ricercare il dualismo dei soggetti nel processo di elaborazione della decisione medica: tra medico che deve informare in ordine alla diagnosi e alle possibilità terapeutiche, e paziente che, attraverso il legale rappresentante possa accettare o rifiutare trattamenti sanitari. Nei casi di incapacità di intendere e volere, infatti, deve essere ristabilita la simmetria nel rapporto terapeutico, attribuendo al tutore il diritto/dovere di contraddire con il personale medico e pertanto, il potere di

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rappresentanza per diritti personalissimi. Si evince non soltanto dalla sentenza in questione, ma altresì dalle fonti interne e internazionali.107

Centrale è l’articolo 357 del codice civile che letta in connessione con

l'articolo 424 del codice civile attribuisce al tutore la cura della persona

dell'interdetto, così investendo il tutore della legittima posizione di soggetto interlocutore del medico nel decidere sui trattamenti sanitari da praticare in favore dell'incapace. Poteri di cura del disabile spettano altresì alla persona che sia stata nominata amministratore di sostegno, art. 404 e seguenti del codice civile introdotti dalla legge n. 6/2004, nell’atto di designazione, infatti, possono essere inserite indicazioni di vario genere che possono orientare l’amministratore nelle scelte, destinate a realizzare la volontà del beneficiario in ambito sanitario. Per quel che concerne la legislazione speciale, fondamentale è l'art.13 della legge sulla tutela sociale della maternità e sull'interruzione volontaria della gravidanza, legge 22 maggio 1978 n.194, che disciplinando il caso della donna interdetta per infermità di mente, dispone: che “la richiesta di interruzione volontaria della gravidanza, sia

entro i primi 90 giorni che trascorso tale periodo, può essere presentata, oltre che dalla donna personalmente, dal tutore e dal marito non tutore. Nel caso di richiesta avanzata dall’interdetta o dal marito deve essere sentito il parere del tutore. La richiesta formulata dal tutore o dal marito deve esser confermata dalla donna.” Più direttamente l'articolo 6 della Convenzione di

107 E.PALMERINI Cura degli incapaci e tutela dell’identità nelle decisioni mediche in Rivista di diritto Civile, 2008, p. 374.

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Oviedo afferma chiaramente che un intervento su di una persona priva della capacità di consentire può essere compiuto con il consenso del rappresentante legale solo per suo diretto beneficio. La notissima pronuncia ha affrontato un ulteriore nodo cruciale, vale a dire, la possibilità di ricostruire la volontà di un soggetto che non abbia lasciato direttive anticipate di trattamento. Il punto centrale del ragionamento dei giudici è l’individuazione dei vincoli cui è sottoposto il soggetto investito del potere di cura, e, di conseguenza il giudice stesso nel controllo della relativa decisione.108 Il sostituto deve, infatti, agire

“nell’esclusivo interesse dell’incapace e nella ricerca del best interest

decidere non al posto dell’incapace ma con l’incapace, quindi ricostruendo la presunta volontà del paziente incosciente, già adulto prima di cadere in tale stato, tenendo conto dei desideri da lui espressi prima della perdita di coscienza.” Best interests e substituted judgment, sono utilizzati come

modelli di decisione alternativi nel diritto inglese e statunitense; il ricorso al secondo è giustificato dal riconoscimento del diritto della persona capace di rifiutare il trattamento medico e dalla necessità di non disconoscere tale diritto solo perché la condizione della persona le impedisce di esercitarlo

consapevolmente.109

108 M. PICCININI Il problema della sostituzione nelle decisioni di fine vita in Nuova Giurispr. Civ. Comm, 2013, p. 216.

109 Il caso Quinlan deciso dalla Suprema Corte del New Jersey nel 1976, noto leading cases relativo a persona in stato vegetativo irreversibile, la Corte ritiene che l’unica via per non calpestare il diritto riconosciuto, è riconoscere al tutore e alla famiglia di esprimere il loro miglior giudizio, sul se la donna avrebbe esercitato il proprio diritto di interrompere le cure in quelle precise circostanze.

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Questa soluzione permette che le decisioni sull’incapace in situazioni critiche possano essere prese di caso in caso, nel rispetto della concreta personalità del singolo. Ma se si esclude che il tutore possa decidere sostituendosi al rappresentato, qualora non si abbiano precisi elementi indiziari, si deve riconoscere che, seguendo questa strada vi saranno estreme difficoltà di accertamento della presunta volontà, essendo quella tra la vita e la morte una scelta estremamente personale.110 Il criterio del best interest viene inteso in

un’ottica oggettiva ed affidato, in definitiva, al giudizio medico ed al

successivo controllo del giudice.111112 Nel nostro ordinamento i due criteri sono

utilizzati dalla Cassazione in senso composito, in modo da poter individuare la scelta che meglio risponda all’interesse dell’adulto incapace.113Quanto al

miglior interesse questo non è inteso in senso meramente oggettivo, non viene in rilievo esclusivamente la condizione clinica in cui si trova il malato, ma anche in senso soggettivo, così da valorizzare l’identità del paziente, i suoi bisogni, le sue aspirazioni e le sue preferenze.

110 M. PICCININI Il problema della sostituzione nelle decisioni di fine vita in Nuova Giurispr. Civ. Comm, 2013, p. 216.

111 E. PALMERINI Cura degli incapaci e tutela dell’identità nelle decisioni mediche in Rivista di diritto civile, 2008, p. 376.

112 Caso Bland deciso dalla House of Lords nel 1993.

La conseguenza dell’applicazione di questo criterio al caso delle persone in stato vegetativo permanente è che non è necessario procedere ad una valutazione casistica attraverso cui bilanciare i pro e i contro della decisione di sospendere i trattamenti di sostegno vitale. Questi trattamenti sono considerati, infatti, inutili perché con nessuna finalità terapeutica e futili, perché il paziente è incosciente e non si prospetta alcun possibile miglioramento della sua condizione.

113 E. PALMERINI Cura degli incapaci e e tutela dell’identità nelle decisioni mediche in Rivista di diritto civile, 2008, p. 376.

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La Cassazione riconosce al tutore il compito di ricostruire la scelta ipotetica che l'individuo avrebbe assunto ove fosse stato capace, basandosi sui precedenti desideri e dichiarazioni dell'interessato, dal suo stile di vita, dalle convinzioni e soprattutto dal modo di concepire il valore di dignità della persona.114 Nella ricostruzione della presunta incapacità della persona affetta

da incapacità al momento in cui la stessa è chiamata ad esprimere un consenso ai trattamenti, acquistano particolari rilievo le dichiarazioni anticipate manifestate dall’interessato.115

114 S.C. “La ricerca della presunta volontà della persona in stato di incoscienza, ricostruita alla stregua di chiari, univoci e convincenti elementi di prova, non solo alla luce dei precedenti desideri espressi dell’interessato, ma anche sulla base dello stile di vita, del carattere della sua vita, del suo senso di dell’integrità e dei suoi interessi critici e di esperienza- assicura che la scelta in questione non sia espressione del giudizio sulla qualità della vita proprio del rappresentante, e che non sia in alcun modo condizionata dalla gravità della situazione, ma sia rivolta, esclusivamente, a dare sostanza e coerenza all’identità complessiva del paziente e al suo modo di concepire, prima di cadere in stato di incoscienza, l’idea stessa di dignità della persona”.

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Capitolo IV

Amministrazione di sostegno quale