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come corollario del progresso in ambito medico e scientifico

3. La capacità di redigere un progetto esistenziale

Di fondamentale importanza è l’individuazione dei requisiti della capacità di esprimere le ultime volontà rispetto ai trattamenti sanitari in un testamento biologico. Per comprendere le condizioni e il momento di accertamento di tali requisiti si deve far riferimento alla caratteristica funzionale dell’istituto, quella di spiegare i propri effetti nel momento in cui il disponente perda la

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capacità di intendere e volere. Per questa ragione per valutare la capacità del soggetto di fare testamento si dovrà considerare il momento in cui il disponente ha redatto il testamento. Al fine di poter individuare la categoria dei soggetti ai quali è riconosciuta la possibilità di formare un testamento biologico si deve anzitutto valutare l’oggetto delle direttive anticipate, vale a dire la scelta di sottoporsi ad un determinato trattamento sanitario o il rifiuto dello stesso. La costituzione all’articolo 32 sancisce che nessuno può essere sottoposto a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge, in accordo con il principio fondamentale, affermato dall’art. 13 della stessa carta costituzionale, della inviolabilità della libertà personale intesa anche quale libertà morale, vale a dire il diritto dell’individuo all’autodeterminazione e all’integrità della propria coscienza.

Dalle norme costituzionali discende la regola generale secondo cui qualsiasi intervento sanitario necessita del consenso della parte interessata e connota il rapporto tra medico e paziente: la “facoltà di curare” del medico di attuare cioè i trattamenti che ritiene opportuni nell’interesse del malato incontra come limite invalicabile il consenso del paziente, il quale ha diritto di essere adeguatamente informato, perché possa esprimere coscientemente e liberamente la propria volontà. Il diritto alla salute è un diritto inviolabile della persona è un diritto pieno e assoluto, limitabile solo ex art 32, secondo comma, “per disposizione di legge” laddove sussistono esigenze primarie di salvaguardia della intera collettività, come nel caso di profilassi obbligatorie

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contro malattie epidemiche, in cui lo stato patologico di un individuo mette a rischio non solo la sua salute ma la salute di tutta la collettività; ma anche in questo caso i limiti del rispetto e della dignità della persona non possono essere violati. L’ordinamento giuridico riconosce quindi al soggetto, la facoltà di autodeterminarsi in ordine ai trattamenti sanitari, è quindi auspicabile che in una futura disciplina, il legislatore individui tassativamente le situazioni di incapacità che impediscono la formazione di un testamento biologico. Analizzando l’articolo 2 del codice civile si può affermare che, con il compimento del diciottesimo anno di età si possono compiere tutti gli atti per i quali non è prevista un’età diversa, da tale norma si potrebbe quindi concludere che per i minori non è possibile esprimere validamente un testamento biologico. Ma arrivare a questa conclusione senza aver analizzato l’intero complesso normativo sarebbe riduttivo, perché vi sono altresì numerose norme che riconoscono al minore la facoltà di scegliere in ordine a trattamenti sanitari. A livello sovranazionale l’articolo 6 della Convenzione di Oviedo invita a tenere in considerazione il parere del minore rispetto agli interventi medici, come fattore determinante in funzione della sua età e della sua maturità.73 La convenzione di New York sui diritti dell’infanzia, prevede

che le parti contraenti debbano garantire al fanciullo capace il diritto di esprimere liberamente la sua opinione su ogni questione che lo interessa e che

73 Convenzione del Consiglio d'Europa sui diritti dell'uomo e sulla biomedicina, fatta a Oviedo il 4 Aprile 1997, resa esecutiva con la legge di autorizzazione alla ratifica 28 Marzo 2011 n.145. Ad oggi, i decreti attuativi non sono stati ancora emanati nonostante i numerosi solleciti al Governo da parte del Comitato Nazionale di Bioetica.

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le opinioni del fanciullo siano debitamente prese in considerazione tenendo conto della sua età e del suo grado di maturità.74 La Carta dei diritti

fondamentali dell’Ue riconosce ai bambini all’articolo 24 il diritto di esprimere liberamente la propria opinione, che “viene presa in considerazione sulle questioni che li riguardano in funzione della loro età e della loro maturità”.75Sempre in deroga al principio della maggiore età la legge

sull’interruzione volontaria della gravidanza riconosce alcune importanti facoltà alla minore, in particolare l’articolo 12 sancisce che “Se la donna è di età inferiore ai diciotto anni, per l'interruzione della gravidanza è richiesto l'assenso di chi esercita sulla donna stessa la potestà o la tutela”. Tuttavia,

nei primi novanta giorni, “quando vi siano seri motivi che impediscano o

sconsiglino la consultazione delle persone esercenti la potestà o la tutela, oppure queste, interpellate, rifiutino il loro assenso o esprimano pareri tra loro difformi, il consultorio o la struttura socio-sanitaria, o il medico di fiducia, rimette la relazione al giudice tutelare. Il giudice tutelare, entro cinque giorni, sentita la donna e tenuto conto della sua volontà, delle ragioni che adduce e della relazione trasmessagli, può autorizzare la donna, con atto non soggetto a reclamo, a decidere la interruzione della gravidanza” e

addirittura qualora il medico accerti l'urgenza dell'intervento a causa di un

74 La convenzione di New York sui diritti dell’infanzia, introdotta in Italia dalla legge 27 Maggio del 1991. 75 La Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea è stata solennemente proclamata una prima volta il 7

dicembre 2000 a Nizza. Con l'entrata in vigore del trattato di Lisbona, la Carta di Nizza ha il medesimo valore giuridico dei trattati, ai sensi dell'art. 6 del Trattato sull'Unione europea, e si pone dunque come pienamente vincolante per le istituzioni europee e gli Stati membri e, allo stesso livello di trattati e protocolli ad essi allegati, come vertice dell'ordinamento dell'Unione europea.

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grave pericolo per la salute della minore di diciotto anni, indipendentemente dall'assenso di chi esercita la potestà o la tutela e senza adire il giudice tutelare, certifica l'esistenza delle condizioni che giustificano l'interruzione della gravidanza. Tale certificazione costituisce titolo per ottenere in via d'urgenza l'intervento e, se necessario, il ricovero.76Nel codice deontologico

del 2006 nell’ articolo 38 si prevede altresì che il medico compatibilmente con l’età, con la capacità di comprensione e con la maturità del soggetto debba tener conto della volontà del minore”. Dalla disamina di queste fonti non si può ammettere una capacità tout court del minore di redigere il testamento biologico, perché sarà sempre necessario che il minore abbia una maturità tale da comprendere il significato della malattia e della sofferenza e delle conseguenze delle scelte in ambito medico, ma soprattutto che sia in grado di apprendere in modo consapevole il valore della vita e della morte. In linea con tale conclusione è anche il Parere dato dal Comitato nazionale per la Bioetica che ha escluso che, sotto i sette anni si possa formare un consenso o dissenso

informato e consapevole, mentre ha ritenuto che a partire dall’età adolescenziale il minore possa esplorare in modo consapevole le proprie motivazioni e confrontarle con quelle degli altri. Sempre riferendosi ad una futura legislazione che colmi il vuoto normativo esistente in materia di direttive anticipate sarebbe auspicabile che per il minore fossero previste delle

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cautele procedurali, di modo da poter garantire a tali soggetti la protezione che l’ordinamento costituzionale riconosce all’articolo 31 e 30 della Carta.

Per quanto riguarda invece il caso dei soggetti interdetti, che ai sensi

dell’articolo 414 e seguenti del codice civile, è un istituto previsto per “Il

maggiore di età e il minore emancipato, i quali si trovano in condizioni di abituale infermità di mente che li rende incapaci di provvedere ai propri interessi, sono interdetti quando ciò è necessario per assicurare la loro adeguata protezione”. L’interdizione è un istituto previsto per tutelare il

soggetto che versa in una condizione di infermità abituale, al fine di prevedere che un altro soggetto, il suo rappresentante legale possa provvedere ai suoi interessi. In questi casi è perciò escluso che il soggetto possa esprimere le proprie volontà in ordine ai trattamenti sanitari perché non in grado di autodeterminarsi, in tal senso sia il codice deontologico del 2006 all’articolo 37, sia la Convenzione di Oviedo all’articolo 6, prevedono la necessaria autorizzazione del legale rappresentante. Seguendo questa logica si può affermare la possibilità per l’interdetto legale di formare un testamento biologico; l’istituto in questione prescinde dall’infermità di mente, si tratta di una pena accessoria per chi sia stato condannato all’ergastolo o alla pena della reclusione per un tempo non inferiore a cinque anni. La natura dell’interdizione legale non ha di mira la protezione di un soggetto incapace, si tratta, in questo caso, di legale incapacità di agire che la legge ricollega direttamente alla condanna penale insorgendo automaticamente, senza

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necessità di instaurare un giudizio; e di uno stato di incapacità stabilito non a protezione dell'interdetto, come nel caso dell’infermo di mente, ma vessatorio, per una più intensa punizione del condannato.

Per quanto riguarda i soggetti inabilitati vi è stata una modifica nel codice deontologico, nel codice precedente del 1998 il soggetto inabilitato veniva ricompreso nella categoria dei soggetti che non potevano esprimere il proprio consenso validamente e che necessitavano di una espressione in tal senso da parte del rappresentante legale. Il nuovo codice del 2006 invece non fa riferimento a tale categoria di soggetti ma si limita, all’articolo 37 a richiedere il consenso del rappresentante legale per il minore e l’interdetto. Per questa ragione non si può escludere la facoltà dell’inabilitato di redigere un testamento biologico, l’inabilitato, infatti, è un istituto che esclude parzialmente la capacità d’agire, la differenza rispetto all’interdetto consiste nella minore gravità dell’infermità, che consente al soggetto di compiere da solo gli atti di ordinaria amministrazione, mentre deve essere assistito da un curatore per gli atti di straordinaria amministrazione.

Per quanto riguarda, infine, le persone sottoposte ad amministrazione di sostegno, istituto previsto per le persone che per effetto di una menomazione sia fisica che psichica si trovano nell’impossibilità di provvedere, anche in via temporanea, ai propri interessi; anziani, disabili fisici o psichici, alcolisti, tossicodipendenti, malati che non hanno la piena autonomia nella vita quotidiana. Si dovrà perciò guardare se nei compiti dell’amministratore di

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sostegno vi rientra anche quello di esprimere il consenso ai trattamenti medici, ex articolo 410, comma secondo. Poiché la finalità di tale istituto è

quella di tutelare, con la minore limitazione possibile della capacità di agire,

le persone prive in tutto o in parte di autonomia nell’espletamento delle funzioni della vita quotidiana mediante interventi di sostegno temporaneo o permanente in grado di andare incontro alle loro esigenza, anche aiutandole ad affrontare problemi concreti, si deve ritenere che se residui una capacità al beneficiario, sia data a lui la possibilità di provvedere personalmente alla pianificazione anticipata delle cure.Si può pertanto ritenere che la prima cosa da dover valutare è se il soggetto abbia una capacità tale da poter comprendere la scelta in ambito a trattamenti medici e alle conseguenze che ne deriveranno, capacità di comprensione che può esser sicuramente esclusa solo per le infermità abituali protette dall’istituto dell’interdizione legale, mentre in tutti gli altri casi si è favorevoli nel ritenere che la volontà espressa in una direttiva anticipata debba considerarsi validamente espressa.